IL TRATTAMENTO E LA VALUTAZIONE
DEI CINQUE DIAFRAMMI.
IL RESPIRO SISTEMICO.
Bruno Bordoni
In Collaborazione Con
Bruno Morabito, Fabiola Marelli, Beatrice Sacconi
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CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
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IL TRATTAMENTO E LA VALUTAZIONE DEI CINQUE
DIAFRAMMI. IL RESPIRO SISTEMICO.
Bruno Bordoni
Prima Edizione digitale: dicembre 2016
Isbn 978-88-6982-469-2
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
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Impaginazione e grafica LFA Publisher Napoli
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INDICE
Presentazione ………………………………………….…………………….9
Introduzione………………………………………………………….……..11
Capitolo primo:
Descrizione anatomica del muscolo diaframma………..………15
Capitolo secondo:
Il percorso del nervo frenico e le sue connessioni…………….22
Capitolo terzo:
Il percorso del nervo vago e le sue connessioni………………..28
Capitolo quarto:
Funzioni e funzionalità del muscolo diaframma……………….34
Capitolo quinto:
Descrizione anatomica del pavimento pelvico……………….....43
5.1 Anatomia miofasciale del pavimento pelvico…………..
…..45
5.2 Funzioni e disfunzioni……………………………………………….48
Capitolo sesto:
Descrizione anatomica dello stretto toracico……………………62
6.1 Eziologia…………………………………………………………………...65
Capitolo settimo:
Descrizione anatomica della lingua…………………………….……72
Capitolo ottavo:
Descrizione anatomica del tentorio del cervelletto...…………76
Capitolo nono:
Le anomalie anatomiche più comuni del diaframma…………86
9.1 La sindrome del legamento arcuato
mediano……………...86
9.2 Ernia di Bochdalek………………………………………….…………88
9.3 Ernia di Morgagni……………………………………………………...91
9.4 Altre anomalie…………………………………………………………..92
5
Capitolo decimo:
Le connessioni anatomiche del diaframma respiratorio e il
sistema corporeo: i 5 diaframmi……………………………………...94
Capitolo undici:
Adattamenti della muscolatura diaframmatica in presenza di
patologie sistemiche……………………………………………………..108
11.1 La malattia di Pompe……………………………………………..108
11.2 Distrofia di Duchenne……………………………………………109
11.3 Diaframma e diabete……………………………………………..110
11.4 Invecchiamento………………………………………………….....112
11.5 Cachessia tumorale…………………………………..…………...114
11.6 HIV e AIDS…………………………………………………………….115
11.7 Insufficienza renale cronica…………………………..……….116
11.8 Sclerosi multipla………………….………………………………..117
11.9 Ictus e diaframma……………………………………………...….118
11.10 Fibromialgia…………………………………………………..…...119
Capitolo dodici:
Come palpare e valutare il diaframma………………...
………….120
12.1 Lavoro manuale in letteratura per il
diaframma……...121
12.2 Fisioterapia e diaframma……………...…………...…………..122
12.3 Proposta di valutazione manuale
per il muscolo diaframma……………………………..………………122
Capitolo tredici:
Come palpare e valutare il pavimento pelvico……..
………….130
13.1 Trattamento consueto…………………………………………...133
13.2 Proposta di valutazione…………………………………………135
Capitolo quattordici:
6
Come palpare e valutare lo stretto
toracico…………………….166
14.1 Trattamento vigente………………….……..……………………169
14.2 Nuova proposta di valutazione manuale
dello stretto toracico………………..……………….…………………..171
Capitolo quindici:
Come palpare e valutare la lingua…………………….…..………..199
15.1 Le relazioni anatomiche della lingua
con il sistema corporeo…………………………….…………………...202
15.2 Valutazione consueta della lingua e
terapia riabilitativa…………………………………………………..
…...208
15.3 Nuova proposta di valutazione del
complesso linguale…………………………………………………….....211
Capitolo sedici:
Come palpare e valutare il tentorio del cervelletto………....233
Capitolo diciassette:
Valutare i 5 diaframmi nel loro insieme………………….……...255
Capitolo diciotto:
Tecniche manuali per trattare il diaframma e gli altri distretti
correlati………...………………………………………………………….…259
Capitolo diciannove:
Esempi clinici………………………………………………………...……..266
19.1 I cinque diaframmi in pazienti con
sternotomia: studio osservazionale………………………...……..266
19.2 Il trattamento osteopatico della lingua
dopo colpo di frusta. Case report……………………………..…….294
19.3 Trattamento osteopatico in paziente
portatore di Left-Ventricular Assistant
Device con brachialgia sinistra. Case report………...…………303
7
Capitolo venti:
L’indeterminabile resilienza del sistema fasciale.
Il respiro nella fascia………………………………………………..……315
20.1 Disordine fasciale………………………………….…………...….319
20.2 Ordine Fasciale………………………………………………...……
323
20.3 Il comportamento entropico della fascia
e l’approccio manuale……………………………………………….…..328
Capitolo ventuno:
Il respiro emotivo e analgesico………………………………………336
21.1 Il respiro analgesico……………………………………...……….336
21.2 Il respiro emotivo…………………………….…….. …………….339
Capitolo ventidue:
Il diaframma nella Sindrome da
Chirurgia Fallita della Schiena …………………………...………….344
22.1 Il diaframma nel contesto della sindrome
della chirurgia fallita della schiena…………………………….…..346
Capitolo ventitré:
Le influenze dell’innervazione diaframmatica
sui sintomi non respiratori nello scompenso
cardiaco cronico e nella broncopneumopatia
cronica ostruttiva.
Depressione, ansietà e dolore cronico……………………………351
23.1 Adattamento del diaframma in pazienti
affetti da BPCO e SCC…………………………...……………….……….353
23.2 Depressione, ansietà e dolore cronico
i n C H F e C O PD … …… … … … … … … … … … … … … … … … … … .
………...354
23.3 Nuove ipotesi e considerazioni per capire
il dolore cronico e lo stato psichatrico……………………………357
Capitolo ventiquattro:
8
Il diaframma e la sindrome del colon irritabile………………368
24.1 Correlazioni tra le funzioni del diaframma
e i sintomi della IBS………………………………………………………371
24.2 Ansietà, depressione e dolore percepito…………….…...375
24.3 Il nervo vago e il nervo frenico:
dolore e infiammazione………………………………………………...377
24.4 L’osteopatia e l’IBS………………………………..
…………….....380
Capitolo venticinque:
Il diaframma e il reflusso gastroesofageo in
osteopatia…...387
Capitolo ventisei:
Il trattamento del diaframma in cardiochirurgia…………….391
Capitolo ventisette:
L’uso del taping per il diaframma……………..
…………………....397
27.1 Tecnica di inibizione muscolare del diaframma……....399
Capitolo ventotto:
Il respiro yoga…………………………..…………………………………..401
Capitolo ventinove:
Postura e salute…………………..………………………………………..405
29.1 Diaframma e colonna………………..…………………………...408
Capitolo trenta:
MED Scale: Scala di valutazione manuale
del diaframma respiratorio…………….……………………………..412
30.1 Diaframma e terapia manuale, fisioterapia……………..414
30.2 Manual Evaluation of the
Diaphragm Scale – MED Scale…………………………………..…...416
30.3 Esempio clinico..…………………………………………………...419
Capitolo trentuno:
Il diaframma nel Parkinson…………………………………………...426
31.1 Malattia di Parkinson…………………………………….……....426
9
31.2 Complicanze pneumologiche nella
malattia di Parkinson…………………………………………………....427
31.3 Disfunzioni respiratorie nella
MP…………………………...428
31.4 Terapia dei disturbi respiratori nella MP.
………………..431
31.5 Le cause della respirazione superficiale………………….432
31.6 La respirazione e la circolazione
linfatica………………..434
31.7 La respirazione e la stitichezza………………………………435
31.8 La respirazione e la fonazione. La disartria…………….435
Capitolo trentadue:
Il comportamento del diaframma nello sport…………………437
Capitolo trentatrè:
IPM: il primo respiro…………………………………………………….439
33.1 Io respiro. Cosa c’è di strano?……………………..…...……..440
33.2 Meccanica della respirazione…………………………………444
33.3 I polmoni fetali……………………………………………………...445
33.4 Respira. Nessuno può farlo per te…………………………..448
33.5 Il primo respiro……………………………………...……………..453
Capitolo trentaquattro:
Trattamento del diaframma respiratorio
nelle donne gravide………………………………………………………456
34.1 Approccio osteopatico al trattamento
del diaframma toracico nella gravidanza…………………….….457
34.2 Importanza del diaframma nell’aspetto
psicologico della donna gravida…………………………………….465
34.3 Trattamento del diaframma respiratorio
per favorire il rivolgimento del bimbo
da podalico e cefalico…………………...……………………………….466
34.4 Conclusioni…………………………………………………….……..468
Capitolo trentacinque:
10
Diaframma e canto………………………………………………………..470
Capitolo trentasei:
Immagini radiologiche del diaframma……………………..…….473
Capitolo trentasette:
Aforismi……………………………………………………………………….481
Conclusioni………………………………………………………………... 510
Ringraziamenti………………………………………………………..….511
Presentazione.
Per me è veramente un grande piacere scrivere la prefazione
del quinto libro di Bruno Bordoni.
Ho conosciuto Bruno attraverso facebook. Questa è la prova
che i social network possono essere un eccellente mezzo di diffusione del pensiero culturale. Quando li utilizziamo con coscienza.
Bordoni ha due qualità che troviamo raramente in una sola
persona: capacità analitica e capacità sintetica. In generale siamo
orientati naturalmente verso una delle due.
Dopo uno scambio di messaggi via internet ho chiesto a Bruno di amministrare la nostra pagina facebook “Osteopathy”. E
devo dire che in poco tempo i suoi articoli hanno raccolto un
consenso internazionale. Per molti di noi è un appuntamento
quotidiano che aspettiamo con grande interesse.
11
I cinque diaframmi sono l’emblema di una Osteopatia che
prende le sue radici nella filosofia dei Maestri del passato e aggiunge una visione nuova, sinergica al pensiero moderno delle
ricerche più avanzate al livello mondiale. E questo senza snaturare il pensiero del Dottor Still. Anzi, direi che il lavoro di Bruno rinforza le grandi intuizioni di Still.
Sono convinto che “il vecchio Dottore” avrebbe apprezzato “i
cinque diaframmi”.
Le relazioni tra il diaframma respiratorio, pelvico, toracico superiore, pavimento buccale e tentoriale non sono metaforici. Ha
le sue fondamenta nell’anatomia descrittiva e funzionale, nella
neurofisiologia, nella biologia (epigenetica), nella meccanica dei
sistemi (tensegrità), nella sistemica (dinamica non lineare) e nella fisica moderna (non località).
La posturologia e l’Osteopatia mi hanno insegnato che la visione globale dell’essere umano deve appoggiare su delle basi
solidi.
Il libro di Bruno Bordoni “i 5 diaframmi” risponde perfettamente a questi requisiti. E’ un invito a conoscere l’Osteopatia
del XXImo secolo.
Grazie Bruno.
Philippe Caiazzo DO (Fra). DOP
Professore ac Università di Pisa (Master di Posturologia Clinica)
Presidente On. Accademia Italiana di Terapia Osteopatico Posturale (AITOP)
12
Introduzione.
Noi siamo come respiriamo.
Il respiro è la storia della persona, da un punto di vista di valori anatomici, biochimici, emotivi. Il respiro trasuda dall’intero
corpo, emanando l’impronta di ciò che quella persona è e di ciò
di cui ha necessità. Imparare a osservare il respiro, equivale a
capire lo status di salute, di postura e dello stato psichico del paziente. Non solo il respirare è un’azione di trasmissione dall’interno verso l’esterno, ma è un atto dove, indipendentemente dalla volontà del soggetto, quello che è all’esterno penetra nei recessi più profondi dell’individuo. Uno scambio continuo di quello che siamo rispetto a quello che ci ammanta e con cui ci confrontiamo nella quotidianità. Il respiro è comunicazione.
Lavorare sul muscolo diaframma e i diaframmi connessi rientra nel modello osteopatico “respiratorio-circolatorio”, laddove
l’importanza della gestione dei liquidi corporei e il muscolo respiratorio per eccellenza sono la base per capirne il concetto: la
13
salute è permessa grazie alla libera circolazione dei liquidi come
il liquor, il sangue e la linfa, stimolata dalla corretta funzione
diaframmatica.1
La prima osteopata che parlò del trattamento dei tre diaframmi fu Viola Frymann, nel lontano 1968; il collega Gordon J
Zink scrisse in seguito dell’approccio osteopatico dei 4 diaframmi, fondando il modello respiratorio-circolatorio, con articoli dal
1977 sull’argomento.1,2 Per ritrovare il primo articolo indicizzato sui 4 diaframmi però, occorre aspettare il 2001, con un lavoro Americano (libro).3
Solo recentemente (2013 e nel 2015) compaiono degli articoli
scientifici che provano la relazione anatomica e funzionale del
modello osteopatico dei 5 diaframmi (diaframma respiratorio;
pavimento pelvico; stretto toracico; pavimento linguale; tentorio
del cervelletto), descrivendo anche un’ipotesi di trattamento.4,5
Questi due articoli hanno gettato le fondamenta per la storia dell’osteopatia in ambito respiratorio-circolatorio. In letteratura
scientifica indicizzata non esiste un testo che realizzi una valutazione manuale dei 5 diaframmi in ambito patologico. Occorrerà
aspettare il 2017 per un articolo che valuta la disposizione dei 5
diaframmi in pazienti cardiologici (300 pazienti), comparandone
lo status clinico (emoglobina, frequenza di eiezione, e altri parametri clinici), costruendo ancora un pezzetto di storia osteopatica mondiale.6 Il testo di questo articolo sarà messo nel Capitolo
19.1.
Il libro discute delle connessioni sistemiche del diaframma e
di come sia utile considerare il diaframma non come un segmento, ma un sistema: il respiro sistemico. Ogni capitolo è ricco di
bibliografia scientifica, conferme pratiche e teorie innovative; si
affrontano anche numerose tecniche manuali, sia di valutazione,
sia di trattamento per i vari diaframmi. Alcuni capitoli racchiu-
14
dono gli articoli che sono stati accettati o che vedranno la pubblicazione nell’ambito del respiro sistemico.
È il primo libro al mondo che tratta l’argomento dei cinque
diaframmi, e di come si possa osservare e lavorare manualmente
un paziente con l’ottica sistemica. Il testo si avvale della collaborazione di osteopati e medici esperti e con grande esperienza:
Bruno Morabito, Fabiola Marelli e Beatrice Sacconi. Non bisogna dimenticare il grande lavoro dell’osteopata Erio Mossi e di
Fabiola Marelli, sempre un passo avanti rispetto ai tempi osteopatici, i cui libri introducevano e affrontavano già i 5 diaframmi.7
Il libro si rivolge agli operatori manuali che cercano di ottenere degli strumenti pratici e teorici su come si possa lavorare il
diaframma e le sue connessioni, dagli osteopati ai chiropratici,
dai fisioterapisti ai terapisti manuali, dalle ostetriche e ai medici
che desiderano o hanno la necessità di valutare manualmente il
paziente.
Il libro termina, come consuetudine dell’autore, con un capitolo di Aforismi, pieno di riflessioni scientifiche e di nuovi
spunti per stimolare future ricerche in ambito osteopatico.
I proventi dell’autore andranno in beneficienza: FONDAZIONE OPERA DON BOSCO onlus, CF 97659980151; Credito
Valtellinese, Sede di Milano Stelline, IBAN: IT29 H052 1601
6140 0000 0011 725, BIC-SWIFT: BPCVIT2S; Banca Popolare
di Sondrio Filiale Sondrio Sede, IBAN: IT26 L056 9611 0000
0000 6516 X17, BIC-SWIFT: POSOIT22; CONTO CORRENTE POSTALE: 001024360107, oppure, 001024361832.
Bibliografia.
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Editrice Ambrosiana, 2015.
15
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Academy of Applied Osteopathy Yearbook 1968. Indianapolis,
IN: Academy of Applied Osteopathy, 1968.
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Osteopathic Manipulative Techniques for the Body. Seattle,
WA: Eastland Press, 2001:93,146–147, 161–168.
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Med. 2015; 21(4):237-42.
6. Bordoni B, Marelli F, Morabito B, Sacconi B. The five
diaphragms in patients following cardiac surgery in sternotomy:
An Observational Study. In submission, 2017.
7. Mossi E, Marelli F. Elementi di Osteopatia organica, viscerale e tecniche di trattamento; fondamenti teorici ed applicazione pratica, primo e secondo volume, Edizioni CRESO.
16
Capitolo primo: Descrizione anatomica del muscolo
diaframma.
Il diaframma respiratorio è il muscolo più importante per la
respirazione. Collabora a diversi processi come l’espettorazione
tramite la tosse, l’azione del vomito, la defecazione e la deglutizione. Facilita il ritorno venoso e linfatico, permette ai visceri
sotto e sopra-diaframmatici di funzionare correttamente e collabora per l’azione della minzione. E’ un distretto muscolare fondamentale per la postura e per i cambi di posizione corporea. È
in grado di condizionare la percezione del dolore e lo stato emotivo.1
Il più importante stimolo per la generazione del respiro è fornito dai chemocettori per la gestione dell’equilibrio biochimico
dell’organismo. Il respiro è influenzato anche dalle condizioni
ambientali interne ed esterne del corpo, e si pensa debba avere
altre vie di stimolo neurale rispetto alla stimolazione chemorecettoriale. L’azione del diaframma non è controllata unicamente
dalle domande metaboliche, ma anche dagli stati emotivi, come
tristezza, paura, ansietà e rabbia. Il respiro stimola i meccanocettori del diaframma e i viscerocettori degli organi mossi dall’in17
spirazione-espirazione, i quali costituiscono il meccanismo dell’interocezione. Quest’ultima è la consapevolezza della condizione corporea dalle informazioni che derivano direttamente dal
corpo. L’ascesa e discesa del diaframma stimola anche la pelle e
gli organi del mediastino e questa complessità di strutture afferenti determinerà la differente rappresentazione centrale del respiro. È indubbio che un disturbo respiratorio possa alterare il
quadro emotivo, come depressione e ansietà, ed è altrettanto
vero che uno stato emotivo alterato peggiori la funzione respiratoria.1
Il respiro è un atto sistemico, capace di coinvolgere tutto le
strutture corporee. La salute del muscolo diaframma diventa
fondamentale per molte tipologie di pazienti, non solamente
quelli correlati a patologie franche respiratorie.1
Il diaframma è una formazione muscolo-tendinea, cupuliforme, di sottile spessore, concava in basso, e che divide la cavità
toracica da quella addominale; possiamo distinguere una parte
tendinea centrale o centro frenico, ed una parte periferica o muscolare che si diparte proprio dal centro frenico.2 Tenendo conto
delle inserzioni, possiamo considerare una parte costale, lombare e sternale.2 E’ innervato dal nervo frenico e dal nervo
vago.1,2
Il diaframma deriva dalle cellule progenitrici mesodermiche
che si trasformano in mioblasti, per fondersi in seguito in miotubi e poi in miofibre; molto probabilmente, i mioblasti migrano
dai somiti cervicali (regione del plesso brachiale), e raggiungono
la piega pleuroperitoneale (destra e sinistra), dove si irradiano in
un substrato mesenchimale.3 La maturazione in miofibre e il
loro comportamento finale potrebbe essere determinata, oltre
che dall’ambiente e dai muscle regulatory factors (MRFs), anche
dalle tensioni passive presenti (stimoli meccanici).3 Un altro fattore che determinerebbe la maturazione e la funzione del dia18
framma è il nervo frenico. Il controllo neurale del diaframma
inizia nel periodo perinatale, e tale influenza neurale determina
il processo di maturazione dei miotubi in miofibre, probabilmente grazie all’attività elettrica e ai fattori neurotrofici trasportati
dal nervo.3 Lo sviluppo del diaframma avviene tra la settima e
la decima settimana; oltre alle pieghe pleuroperitoneali, ritroviamo come precursosi del muscolo il setto trasverso e il mesentere
dorsale dell’esofago.4 Il setto trasverso è una struttura anteriore
che diventerà il tendine centrale; il mesentere dorsale (contenente l’aorta primitiva, la vena cava inferiore, l’esofago) diventerà
la porzione postero-mediale.4 Le pieghe pleuroperitoneali (composte da quello che sarà il tessuto pleurico e pericardiale) si fonderanno con il resto delle strutture pre-diaframmatiche.5
Sussiste una stretta relazione bi-univoca di mutua cooperazione nello sviluppo del diaframma e il nervo frenico; i miotubi
crescono e si sviluppano parallelamente alla crescita assonale
frenica.6 Durante lo sviluppo embrionale, dei pre-assoni frenici
escono dall’area cervicale, per unirsi in un unico nervo, guidando i precursori miogenici verso le pieghe pleuroperitoneali (prediaframma); l’assone del nervo è circondato dai mioblasti.3 Solo
quando la struttura che diventerà il diaframma inizia a discendere caudalmente per l’allargamento del cuore e dei polmoni, il
nervo inizia a ramificarsi.6 Il nervo frenico influenza quella che
sarà la forma e la funzione del diaframma.6 I neuroni frenici si
pensa siano derivati dalla colonna motoria ipoassiale (HMC, localizzato a livello spinale), che innerveranno i muscoli della parete addominale.7
La relazione tra il nervo vago e il diaframma nello sviluppo è
ancora oscura, e solo recentemente il vago ha assunto un ruolo
nella funzione contrattile del muscolo.8-10 Non abbiamo dati su
quando e come il vago penetra il diaframma. Il nervo vago origina dalle creste neurali, in particolare dai somiti 1-7; dalle stesse
19
aree nasceranno anche i neuroni enterici.11 Probabilmente, queste cellule lasciano il tubo neurale con una direzione ventrale,
poiché i neuroni che si formano per il sistema enterico e per il
sistema nervoso periferico, iniziano la loro migrazione in una
via ventrale.11 Sempre probabilmente, i nervi vaghi che si riscontrano ai lati dell’intestino primitivo, daranno dei rami specializzati per il diaframma.
Le pieghe pleuroperitoneali che migrano sopra la superficie
del fegato, sono la fonte del setto trasverso del diaframma e dei
fibroblasti al suo interno; precedono i mioblasti per creare lo
spazio per le cellule contrattili e sono quindi responsabili della
forma del diaframma.12 Questo accade anche per i muscoli appendicolari, dove i fibroblasti creano lo spazio e quindi la futura
forma.12
Tenendo conto delle inserzioni, possiamo considerare una
parte costale, lombare e sternale. La parte sternale sorge con due
piccoli fasci dalla faccia posteriore del processo xifoideo, in
prossimità dell’apice; la parte costale o laterale prende origine
dalla faccia interna e dal margine superiore delle ultime sei coste, tramite digitazioni che si incrociano con quelle del muscolo
trasverso dell’addome.1,2 La parte lombare trae origine dai pilastri diaframmatici, mediali, intermedi e laterali. I pilastri mediali
prima di fissarsi sui somi vertebrali, delimitano con i loro fasci
muscolari interni, a livello di D11, l’orifizio esofageo per il passaggio dell’esofago ed i nervi vaghi. Il pilastro mediale destro,
più spesso e lungo della controparte, termina in un tendine appiattito sulla faccia anteriore di L2-L3 (talvolta sino a L4).1,2
Lateralmente al pilastro destro esiste un piccolo fascio (pilastro
accessorio o medio o pilastro intermedio), il cui tendine si inserisce tra L1-L2. Tra questo pilastro e il mediale destro si riscontra una fessura verticale, attraverso la quale passano il nervo
grande splancnico e la radice mediale della vena di azigos.8 Il
20
pilastro mediale di sinistra termina con un tendine appiattito tra
L2-L3; si riscontra anche in questo caso un pilastro accessorio,
formante una fessura per il nervo grane splancnico e la radice
mediale della vena emiazigos.8 I tendini di questi due formano,
davanti a D12 un arco tendineo (legamento arcuato mediano),
attraverso il quale passa l’aorta e il dotto toracico (per la
linfa).1,2 I pilastri laterali si inseriscono all’interno. Con due robusti tendini si dividono sull’arcata del muscolo psoas, costituendo il legamento arcuato mediale, il quale passa a ponte al di
sopra del muscolo, unendo il corpo vertebrale di L1 e la sua apofisi trasversa, e più lateralmente formando il legamento arcuato
laterale, sull’arcata del muscolo quadrato dei lombi, unendo il
processo trasverso di L1 e l’apice della dodicesima costa.1,2
Possiamo riscontrare due muscoli all’interno del diaframma,
anche se in realtà, sono strisce muscolari facenti parte del muscolo respiratorio.
Una striscia muscolare dal muscolo diaframma, conosciuta
come muscolo di Hilfsmuskel e innervata dal nervo frenico, si
estende dall’area esofagea sotto-diaframmatica (soprattutto da
destra), sino al muscolo di Treitz o muscolo sospensore del duodeno.13 Sono due strutture separate come entità, ma collegate da
un ponte di connettivo. Si attacca appena sopra la radice dell’arteria celiaca. Una delle problematiche di una tensione anomala
dell’area esofagea diaframmatica, è quella di incidere negativamente sul sistema arterioso celiaco, alterando la funzione dei visceri collegati.13 Quando si tratta l’ernia jatale, non si deve dimenticare il sistema vascolare sottostante.
Il muscolo di Low è una fascia contrattile del diaframma che
nasce dall’area superiore di destra, per andare caudalmente attraversando lo iato esofageo e fondendosi con il pilastro mediale di
sinistra. Assieme al muscolo trasverso intertendineo (posto dietro al muscolo di Low e nella porzione terminale dello iato), agi21
scono per migliorare la chiusura dello iato esofageo durante la
respirazione. Mentre il diaframma si abbassa, allargando lo iato,
contemporaneamente tali muscoli stringono la porzione inferiore
dell’esofago.14,15 Non solo il muscolo agisce da fattore meccanotrasduttivo per l'esofago, ma qualsiasi alterazione della porzione sopra-diaframmatica interesserà direttamente l'area sottodiaframmatica.
Bibliografia.
1. Bordoni B, Marelli F, Morabito B, Sacconi B. Manual
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2. Bordoni B, Zanier E. Anatomic connections of the diaphragm: influence of respiration on the body system. J Multidiscip Healthc. 2013; 6:281-91.
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Crossley M, Nowak M, Iacovino M, Kyba M, Chambers D,
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23
Capitolo secondo: Il percorso del nervo frenico e le
sue connessioni.
Il nervo frenico (C3-C5) riceve impulsi da gruppi di neuroni
midollari del complesso di pre-Botzinger e da neuroni del complesso parafaciale retrotrapezoide, i quali ricevono a loro volta
degli ordini superiori dal nucleo retroambiguo del bulbo, anche
se i meccanismi che stanno alla base di questi collegamenti non
sono completamente chiariti.1 È un nervo misto, capace di inviare efferenze e ricevere afferenze sensitive; manda informazioni motorie al diaframma, e avverte le informazioni derivanti
dalla vena cava, dal pericardio, dalle pleure, dalla capsula di
Glisson e dall’area peritoneale sotto-diaframmatica.2 Quando
esce dal midollo, percorre posteriormente il compartimento laterale del collo, appoggiandosi al sistema fasciale dello scaleno
anteriore, toccando nella sua direzione caudale il muscolo omoioideo inferiormente.3,4 Discende verso la porzione postero-laterale allo SCOM a livello claveare e tra la vena e l’arteria succlavia; a sinistra incontra il dotto toracico.5 Entra nel torace attraversando medialmente e frontalmente l’arteria mammaria interna; discende anteriormente all’ilo polmonare, tra il pericardio
e la pleura mediastinica, assieme ai vasi pericardiofrenici.41 Il
nervo frenico di destra è più verticale e di minore lunghezza.
Scende laterale alla vena brachiocefalica, alla vena cava superio24
re; viene ricoperto dal pericardio a livello dell’atrio destro.5,6 Il
nervo frenico di sinistra attraversa l’arteria toracica interna di sinistra e discende verso l’aspetto mediale dell’apice del
polmone/pleura sinistro, dietro la vena brachiocefalica di sinistra
per passare poi sopra l’arco aortico, anteriormente all’ilo polmonare sinistro; tocca la pleura polmonare e viene ricoperto dal pericardio in prossimità del ventricolo sinistro.5,6 Il nervo frenico
di destra penetra il diaframma a livello del tessuto connettivale
del centro frenico o attraversa il foro cavale e possiede una conduzione elettrica più rapida, mentre il nervo frenico di sinistra
penetra l’area muscolare del muscolo.1,7 Nella porzione sottodiaframmatica, il nervo frenico prosegue la sua corsa. A destra
forma uno o più gangli frenici, i quali sono connessi al ganglio
celiaco e la ghiandola sopra-renale, e in alcuni soggetti anche
con il ganglio mesenterico superiore simpatico; a sinistra forma
un ganglio frenico, il quale potrebbe connettersi ai gangli simpatici e alla ghiandola surrenale, in base alla soggettività anatomica.7 In questi gangli frenici si ritrovano dei corpi neurali di tipo
ortosimpatico, e sussiste evidenza che un sistema retrogrado di
informazione dai gangli simpatici viaggi a ritroso verso il nervo
frenico, influenzando il comportamento diaframmatico.7 Nel
suo percorso, il nervo frenico compie molte anastomosi, e in
percentuali diverse a seconda della variabilità della presenza dei
nervi frenici accessori: nervo vago, nervo succlavio, ansa cervicalis, ganglio stellato, nervo cranico XII e XI, nervo sopraclavicolare e nervo sternoioideo.8
Un test per valutare una disfunzione del nervo frenico è tramite una misurazione centimetrica, impiegando la lastra del paziente e valutando la posizione del muscolo diaframma; è una
pratica però medica.9 Altri test riguardano stimolazioni elettriche o elettromiografia, ma sempre tramite personale medico.10
25
Il punto indicato nel libro di Barrall non esiste in letteratura
(libri o articoli) come area dove si può palpare il nervo frenico,
il punto costale Guesnau de Mussy; piuttosto è un punto trigger
diaframmatico dove, se sussiste una sofferenza del muscolo a
causa della pertosse, tale area è dolente e dovrebbe relazionarsi a
un nervo intercostale o al sistema linfatico irritato.11
Possiamo trattare osteopaticamente il nervo periferico, così
come il nervo frenico.12
Prima di entrare nel torace lo possiamo palpare come una corda di chitarra lateralmente allo SCOM nella sua inserzione claveare; per trovare bene il punto, ruotiamo un poco la testa del
paziente supino, poniamo il dito con un vettore obliquo e mediale. Non si deve avere fretta, perché è un punto sensibile e che
può dare fastidio al paziente. Una volta individuato il punto, applichiamo una tecnica di ascolto.
Il nervo e le sue strutture cambiano e sono soggetti alla legge
della neuroplasticità: si adattano riflettendo lo stimolo presente
26
(meccanico, biochimico, elettrico, metabolico).12 La struttura
nervosa periferica è sottoposta a un carico tensionale meccanico
quotidiano, come quando un articolazione si muove, subendo
una compressione e uno stiramento.12 Lo scorrimento proprio
delle strutture fasciali che compongono il nervo e lo scivolamento del nervo tra i vari tessuti che attraversa e innerva diventa
fondamentale, in modo che lo stress meccanico possa dialogare
correttamente con la capacità di adattamento e rigenerazione del
nervo. Un impedimento di tale scorrimento porterà a disfunzione
e patologia. Tutte le informazioni biochimiche trasportate dal
nervo non hanno la mera funzione di operare solo sul sistema
nervoso, ma sono in grado anche aiutare il trofismo e la funzione dei tessuti che il nervo attraversa e innerva.12
I nervi nervorum, ovvero, il nervo del nervo, possono evocare
una locale neuro-infiammazione quando sussiste un danneggiamento o stress meccanico non fisiologico del tessuto nervoso,
cercando di aiutarne la riparazione. Il sistema fasciale nervoso
innervato dai nervi nervorum può diventare fonte di dolore locale. Un altro motivo del dolore causato dal sistema fasciale nervoso e collegato sempre a disfunzioni non fisiologiche assonali e
capaci di generare il dolore disestesico o distante (per fare un
esempio, quando si allunga la gamba e si evoca dolore derivante
dalla trazione del nervo sciatico, durante un test), deriva direttamente dalle strutture fasciali dell’assone. Le sue strutture fasciali
diventano più sensibili alla stimolazione meccanica e dopo pochi giorni d’infiammazione locale sono in grado di generare un
potenziale di azione simile allo stimolo meccanico che ne ha
causato la disfunzione, capace di andare per via anterograda e
retrograda. Questo meccanismo prende il nome di elettrogenesi
ectopica. Tale situazione non fisiologica può necessitare da una
settimana a 2 mesi per scomparire, e coinvolgerebbe solo l’epinevrio e il perinevrio. Possiamo fortemente ipotizzare che se
27
sussiste un impedimento di scorrimento del nervo, tra i suoi vari
strati e i tessuti che attraversa, il suo sistema fasciale potrà generare dolore locale e disestesico.12
L’osteopatia fasciale si pone come obiettivo di migliorare lo
scorrimento dei tessuti, implementando il trofismo e la salute dei
vari strati fasciali, con molteplici risposte locali e sistemiche. In
letteratura si riporta come il miglioramento dello scorrimento
dei differenti strati fasciali, tramite applicazioni manuali, sia in
grado di diminuire il quadro sintomatologico del dolore e ridurre
il livello infiammatorio locale.12
Lavorare il nervo frenico nell’ottica dei 5 diaframmi può accelerare la risoluzione di un disturbo, secondo la nostra esperienza clinica.
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29
Capitolo terzo: Il percorso del nervo vago e le sue
connessioni.
Il nervo vago (X nervo cranico) è il più lungo dei nervi cranici. Il nervo vago è misto, con competenze motorie (20% di fibre
efferenti) e sensitive (80% di fibre afferenti).1 Il vago si ritrova
a partire dal nucleo ambiguo, dal nucleo solitario e dal nucleo
motore dorsale del tronco encefalico, immediatamente caudale
al glossofaringeo; il nucleo dorsale (o nucleo cardiopneumoenterico) che si ritrova bel bulbo sotto il pavimento del quarto ventricolo, da origine alle fibre pregangliari parasimpatiche del
vago che escono dal tronco encefalico.2 Queste fibre andranno a
raggiungere i gangli parasimpatici dei diversi visceri presenti nel
mediastino e nell’addome. Il nervo in uscita dai suoi nuclei si
muove orizzontalmente in avanti e in obliquo, per raggiungere il
foro giugulare; a questo livello, posteriormente al nervo IX, attraversa il canale osseo formando due gangli.3 Il primo ganglio
nel foro giugulare del vago è il nodoso o superiore con compiti
sensoriali, mentre il secondo denominato giugulare o inferiore,
ha pertinenza somatica per la sensibilità della cute del padiglione auricolare.4 A livello cervicale, segue un percorso più mediale rispetto al frenico, tipicamente localizzato dentro il sistema
fasciale carotideo, posterolateralmente alla carotide comune e
posteromediale alla vena giugulare interna.5 Ritroviamo il nervo
ricorrente laringeo del vago, dove nella porzione cervicale passano in vicinanza della scalanatura tracheoesofagea, posterome30
dialmente ai lobi della tiroide, penetrando poi la laringe, posteriormente all’articolazione cricoaritenoide a livello della cartilagine tiroidea.5 Il nervo di sinistra, una volta penetrato nel torace,
al davanti dell’arteria succlavia e posteriore al nervo frenico,
emette un rametto sotto l’arco aortico per risalire per l’esofago e
la trachea; quello di destra è più diretto e curva a livello dell’arteria succlavia di destra.5,6,7 Le fibre parasimpatiche daranno
efferenze/afferenze ai visceri del mediastino, per attraversare e
innervare l’area cardiale diaframmatica (dove passa l’esofago);
nell’addome il nervo di destra si estende come tronco posteriore,
mentre quello di sinistra come tronco anteriore.8 Il vago compie
diverse anastomosi, tra cui citiamo solo il sistema simpatico a livello cervicale e addominale e il nervo frenico.9,8,10
Il nervo vago sia anastomizza con se stesso, sia a livello cervicale e sia in prossimità dei diversi visceri che innerva, come ad
esempio tra il ramo discendente dorsale o inferiore del nervo laringeale interno con una delle due terminazioni del nervo laringeale superiore e con l’unione della posteriore divisione del nervo ricorrente laringeale (questo trittico viene denominato ansa di
Galeno o anastomosi di Galeno).11 A livello dell’immediata
uscita del foro giugulare, ritroviamo dei rametti provenienti dal
ganglio superiore del vago che anastomizzano con il nervo XI,
denominato anastomosi di Lobstein.11 Il nervo ipoglosso nella
sua porzione esterna si anastomizza con il vago, probabilmente
con dei rametti provenienti dal ganglio superiore del vago; questa relazione servirebbe per i riflessi linguali e secondo alcuni
autori servirebbe per migliorare la funzione propriocettiva dei
muscoli innervati dall’ipoglosso.11
Il nervo vago riceve rami dalle prime due radici cervicali con
numerose variabili, anche se tali anastomosi non hanno ancora
una logica funzionale spiegata dai ricercatori. Il vago comunica
con il ganglio simpatico superiore cervicale, tramite un rametto
31
vagale denominato nervo giugulare, proveniente dal ganglio superiore del vago (comunica anche con il IX).11
Il nervo frenico e vago gestiscono le funzioni respiratorie del
diaframma, in perfetta sinergia.
La porzione del nervo vago che possiamo palpare, è quella del
nervo ricorrente laringeo superiore. Il nervo ricorrente laringeo
superiore ha un decorso diverso nei due emilati del corpo: a sinistra, una volta entrato nel mediastino e guidato dalla fascia profonda del collo, posteriormente al nervo frenico, passa davanti
all’arteria succlavia e sopra e davanti l’arco aortico, per ritornare
verso l’alto al di sotto del legamento arterioso (tra l’arco aortico
inferiormente e la porzione apicale del tronco dell’arteria polmonare superiormente), per poi ascendere nella scanalatura tracheo-esofagea per interessare l’esofago e la trachea; il nervo di
destra attraversa il mediastino passando attorno alla succlavia,
continua posteriore all’ilo polmonare, creando il plesso polmonare di destra, e risale infine verso l’esofago e la trachea.12,13 Il
nervo ricorrente laringeo di destra è posto normalmente anteriore all’arteria tiroidea, mentre quello di sinistra si ritrova postreiormente.12
Da ricordare che il nervo vago nel mediastino è ricoperto dal
pericardio, e che una disfunzione di tale struttura fasciale inficerà la funzione del vago.13 Interessante sottolineare che un rametto vagale si porta al ganglio stellato, e che il vago si anastomizza con il nervo frenico a livello cervicale.13
Esistono dei nervi vagali non ricorrenti laringeali, ovvero che
non ritornano dal mediastino alla laringe, ma che si dirigono alla
laringe direttamente dal tratto cervicale, oppure, coesistere dei
rami ricorrenti con rami non ricorrenti; questa variabile anatomica interessa circa il 0.3–1.6% della popolazione.14-16 Una delle
cause di problematiche del nervo vago e i suoi rami laringeali,
sono gli interventi chirurgici al tratto cervicale.
32
Quando sussiste la necessità di trattare il nervo vago, prima di
fare un approccio al rametto appena accennato, occorre capire se
le aree durale sottotentoriale e l’area cervicale siano libere.
Spesso occorre abbinare al trattamento del muscolo diaframma o
dei 5 diaframmi il lavoro osteopatico del frenico e del vago.
Come palpare il ramo laringeale superiore del vago? Lo possiamo trovare tra il grande corno dell’osso ioide lateralmente, o
tra l’osso ioide e la cartilagine tiroidea, sempre lateralmente e
sulla membrana tiroidea. Palpiamo le corna lateralmente e cerchiamo un rametto sottile, spesso dolente o sensibile per il paziente; se non lo individuiamo, ci spostiamo sotto, prima di toccare la cartilagine tiroidea, palpando la membrana tiroidea nello
scovare il rametto. Una volta sotto le dita, applichiamo una tecnica di ascolto.17
Come valutare clinicamente il nervo vago? Si esamina la sensibilità tattile dell’area innervata dell’orecchio (conca uditiva e
aree limitrofe del padiglione auricolare), con un bastoncino con
33
l’estremità cotonata. Si valuta il riflesso del vomito con un abbassa lingua. Una valutazione semeiotica dei visceri è difficile a
causa delle variabili influenze soprasegmentarie e ormonali.17
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35
Capitolo quarto: Funzioni e funzionalità del muscolo diaframma.
Il diaframma non ha la sola funzione respiratoria, ma interviene in diverse azioni per la salute corporea. Ogni volta che si fa
un respiro, tutto il corpo viene coinvolto, dal punto di vista dei
liquidi, del metabolismo, somatico, emotivo, di percezione del
se’ e del dolore, dei ritmi corporei. Il respiro sistemico è lo specchio della nostra salute.
Il diaframma interviene nelle azioni del vomito. È un riflesso
derivato da afferenze vagali addominali, dal sistema vestibolare
o da ordini cerebrali più alti; la gestione di queste afferenze potrebbe derivare dal nucleo del tratto solitario – NTS. L’area
prossimale dello stomaco si rilassa per efferenze vagali, mentre
dal piccolo intestino arriva una forte contrazione, sempre gestita
da efferenze vagali; il diaframma durante il vomito ha rilascia
l’area peri-esofagea.1
Durante la deglutizione la crura diaframmatica non si contrae,
permettendo al bolo alimentare di entrare nello stomaco; questa
inibizione deriva da afferenze vagali sui neuroni respiratori del
midollo allungato.2
L’azione della tosse e della defecazione sono permesse dalla
coordinazione dei centri repiratori alti che gestiscono la contrazione di tutti i muscoli addominali, il diaframma e il pavimento
pelvico. Per la tosse c’è una prima fase compressiva (i muscoli
addominali, il diaframma e i muscoli del pavimento pelvico
sono contratti a glottide chiusa), e una seconda fase con la glottide aperta.3 La defecazione è possibile dalla contrazione del diaframma (e dai muscoli della parete addominale), dall’abbassa36
mento comtemporaneo del pavimento pelvico, incrementando la
pressione dell’addome.3
Il diaframma influenza la percezione del dolore, gli stati emozionali e l’interocezione, come descritto nel percorso del libro.4
Il respiro ha un’azione diretta sul movimento del liquor: un’espirazione spinge caudalmente il liquor, mentre il contrario accade con l’inspirazione. Questo accade con enfasi quando la fase
respiratoria coincide con il battito cardiaco. Il binomio ritmico
respiro-cuore e la sua influenza si riscontra non solo a livello
centrale, ma pure a livello spinale. Considerando le funzioni del
liquor e alla luce dei nuovi dati scientifici, sapere valutare e trattare l’area diaframmatica e cardiaca può incidere positivamente
su tutta la salute del paziente, nell’immediato e come prevenzione per patologie future.
Tra le funzioni del liquor, quella di pulizia delle scorie dell’attività cerebrale è fondamentale per la salute neurologica e la prevenzione di patologie. Il sistema di gestione vascolare autonomo
è di vitale importanza per la corretta pulizia da parte del liquor.
Sappiamo anche da letteratura che l’osteopatia è in grado di alterare positivamente la risposta autonomica vascolare. Possiamo
fortemente ipotizzare che l’approccio osteopatico per incrementare la capacità di pulizia del liquor potrebbe diventare un’arma
in più nel trattamento delle patologie neurologiche, acute e croniche.5-7 Ricordo che il liquor può defluire tramite due vie: tramite il sistema venoso nella vena giugulare; tramite i vasi linfatici presenti nella dura madre, i quali drenano il liquor verso il
piatto cribriforme e il nervo ottico (anteriormente) e seguendo i
nervi cranici posteriormente (nervo V, IX, X, XI), verso i vasi
linfatici profondi del collo.8
Come vedremo in seguito, il diaframma ha un’azione diretta
sui barocettori diminuendo l’intervento del sistema simpatico.
Una buona funzione respiratoria permette di controllare lo status
37
infiammatorio periferico, ad esempio a livello sinoviale, in
quanto la stimolazione barorecettoriale controlla la risposta dei
neutrofili e l’intervento del livello di citochine (TNF, IL-1β e
IL-6). La funzione respiratoria è collegata alla funzione immunitaria.9
Un’altra funzione che affronteremo in seguito è l’interocezione. Sappiamo che quando il diaframma si muove, stimola l’interocezione dei visceri. Una delle probabili motivazioni è quella di
“testare” il funzionamento e la posizione viscerale, così da avere
informazioni ulteriori per il sistema nervoso centrale.
Una funzione straordinaria del diaframma è quella relativa al
sistema linfatico. Il sistema linfatico rimuove efficacemente
l’eccesso di fluidi interstiziali, soluti e cellule varie, riportandoli
infine verso le vie sanguigne, mantenendo il volume di plasma e
dei fluidi interstiziali in equilibrio costante.10 Il sistema linfatico origina dal tessuto interstiziale denominato “initial lymphatics”, piccoli capillari delimitati da endotelio discontinuo e
membrana basale, offrendo bassa resistenza al passaggio di fluidi e sostanze (molecole idrofile, cellule, virus e batteri). Si attaccano alla superficie esterna delle cellule tramite fibrille di collagene (collagene di tipo VII).10 Questo collagene permette la trasmissione delle forze meccaniche verso il lume del capillare linfatico; in alcuni capillari si riscontra una contrazione autonoma,
grazie alla presenza di filamenti simili all’actina.10 Questi initial
lymphatics diventano più larghi, formando raccolte linfatiche o
dotti di raccolta, costituiti da collagene e cellule muscolari lisce,
fibre elastiche.10 I vasi linfatici hanno un proprio tono e probabilmente una propria autonomia di contrazione intrinseca, secondo dati recenti, con un’alta capacità di sensibilità alla variazione di flusso (funzioni sensoriali). Sono circondati da nervi del
sistema autonomo (soprattutto fibre simpatiche), i quali potrebbero agire nel coordinare meglio la funzione di trasporto linfati38
co. I vasi linfatici si adattano e cambiano la loro capacità elastica, migliorando o peggiorando la funzione.11 Sappiamo che le
tecniche indirette sollecitano il sistema parasimpatico e che lo
stesso sistema agirebbe per “rilassare” il vaso linfatico. Possiamo supporre che l’osteopatia fasciale sia in grado di migliorare
la capacità funzionale del sistema linfatico.
Possiamo individuare delle valvole primarie, formate dall’estensione citoplasmatica delle adiacenti cellule endoteliali collegate da stretti legami, le quali valvole protrudono verso l’interno; in questo modo quello che entra non può uscire. Infine, le
valvole intraluminari (più deboli), due foglietti attaccati sui lati
opposti del canale linfatico e connessi con zonule (giunzione perimetrale che coinvolge una banda che circonda la cellula).10 La
linfa si muove grazie alle compressioni meccaniche esterne, ad
esempio la compressione delle contrazioni muscolari, e alle proprie capacità intrinseche di contrazione.10 La linfa che deriva
dalle pleure e giunge al diaframma (circa il 40-60% del totale
linfatico pleurale), viene “succhiata” dal movimento del respiro
e non dai cambiamenti dei volumi polmonari.10 Il battito cardiaco collegato al respiro aiutano la linfa che deriva dalla pleura parietale e dall’area addominale a raggiungere il diaframma; se il
diaframma e il miocardio sono in difficoltà, il sistema linfatico
subisce un arresto importante, non completo, ma in grado di
creare edemi e minore capacità di guarigione del paziente.10 La
periferia del muscolo diaframma è organizzata come un “merletto”, la muscolatura nella sua porzione più periferica è frastagliata, perdendo la sua costituzione di semplice muscolo
contrattile.12 Il diaframma raccoglie la linfa che giunge dai polmoni e dall’area peritoneale; la prima tramite vasi linfatici posti
soprattutto sull’area tendinea del diaframma, e in minore parte
sulla zona mediale muscolare e sulle aree più periferiche (la
contrazione muscolare impedisce alla linfa di ritornare indietro),
39
mentre la seconda con meccanismi più complessi.13,14 La linfa
proveniente dall’area peritoneale sfrutta diversi vasi linfatici,
con forma e funzioni differenti, capaci di raccogliere la linfa anche dall’estrema periferia del muscolo, dove la forza contrattile
è minore; dalla merlettatura periferica, la linfa entra e viene poi
spostata verso vasi via via più profondi e verso il centro di muscolo.15 La linfa viene attirata verso la superficie del diaframma, dove risiedono dei micro pori o stomati, laddove, penetrando tali forellini giunge alle lacune linfatiche, dalla quali verrà
veicolata verso i vasi linfatici.12,16 La linfa raccolta arriva alla
cisterna del Chilo o la grande vena, da dove si incanalerà verso i
tronchi parasternali ai nodi linfatici parasternali/mediastinici,
sino al dotto toracico di destra.12
Foto: modellino che illustra l’area sottodiaframmatica.
40
La cisterna del Chilo raccoglie il materiale linfatico dell’intestino e anche delle vertebre lombari. Se sussiste un’infiammazione ai tessuti delle vertebre in presenza di una restrizione retrocrurale del diaframma, è fattibile ipotizzare che un’altra causa
di disfunzione e/o dolore lombare sia imputabile alla difficoltà
di raccolta linfatica, perpetuando lo status infiammatorio.17
Il diaframma aiuta la funzione e la salute del sistema nervoso
e circolatorio (sanguigno, linfatico e di liquor).
Poiché sussiste una stretta relazione con il sistema ipofisi-surrene, il nervo frenico e il sistema simpatico, possiamo ipotizzare
fortemente che le funzioni del diaframma incidano anche sull’ambiente metabolico, laddove un disturbo ormonale potrebbe
derivare da una sua alterata mobilità.18
Il diaframma durante il respiro è in grado di spostare anche un
litro di sangue tra il tronco e le estremità.19 Per fare questo,
deve accadere un decremento della pressione esofagea che facilita un declino della pressione dell’atrio destro, incrementando
quindi il gradiente tra le vene femorali e le camere destre del
cuore, facilitando infine il ritorno venoso dalle estremità, dalla
circolazione splancnica (soprattutto dal fegato), attraverso la
vena epatica nella vena cava inferiore, per proseguire verso il
cuore.19 Ogni respiro sposta circa 420ml di sangue. Il diaframma ha una funzione importante per la circolazione sanguigna e
per la salute del cuore, gestendo correttamente le pressioni.19
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44
Capitolo quinto: Descrizione anatomica del
pavimento pelvico.
Il pavimento pelvico è un’area anatomica dove l’equilibrio
delle differenti pressioni viscerali, muscolari e liquide, giocano
un ruolo fondamentale per il perseguimento fisiologico delle
funzioni di tutte le strutture in essa contenute. Il medesimo contenitore di ossa e articolazioni è soggetto a adattamenti e cambiamenti per permettere la continuità funzionale di ciò che trasporta e protegge. Quando l’equilibrio s’interrompe, insorgono
molteplici disturbi e patologie, approcciati con trattamenti conservativi o chirurgici multidisciplinari. Il focus del capitolo è la
proposta di un iter valutativo manuale delle strutture muscoloscheletriche che delimitano e costituiscono il pavimento pelvico
in quanto, attualmente, manca un esame palpatorio completo che
tenga conto dell’aspetto contrattile, di quello articolare e dei legamenti che circondano e supportano l’area pelvica. La necessità di conoscere l’area di alterata mobilità è un fattore determinante per organizzare correttamente il lavoro terapeutico perché,
conoscendo in dettaglio come organizzare lo schema riabilitativo e conservativo i risultati potrebbero essere ulteriormente migliorati.
Il pavimento pelvico è un’area anatomica dove l’equilibrio
delle differenti pressioni, viscerali, muscolari e liquide, giocano
un ruolo fondamentale per il perseguimento fisiologico delle
funzioni di tutte le strutture in essa contenute. Il medesimo contenitore di ossa e articolazioni è soggetto a adattamenti e cambiamenti, per permettere la continuità funzionale di ciò che trasporta e protegge.
Le pelvi sono considerate superiormente come lo spazio tra il
pube e il promontorio sacrale attraverso la linea innominata
(presente sulla porzione interna dell’osso iliaco), e inferiormente
45
il piano tra la tuberosità ischiatica e l’apice del coccige, chiusa
in basso dal perineo.1 Da un punto di vista anatomico descrittivo
il pavimento pelvico si può suddividere in quattro compartimenti: anteriore o urinario (vescica, collo della vescica, uretra); medio o genitale (vagina e utero per la donna, prostata per l’uomo);
posteriore o ano-rettale (ano, canale anale, sigmoide, retto); peritoneale (fascia endopelvica, muscolo elevatore dell’ano, membrana perineale).2,3 Si può considerare anche con una visione
funzionale anatomica: diaframma o pavimento pelvico (muscolo
ischio-coccigeo e elevator ani muscles), chiuso in alto dalla fascia endopelvica; il diaframma urogenitale o legamento triangolare o fascia di Carcassonne, è posto caudalmente, esternamente
e orizzontalmente al pavimento pelvico, tra i rami ischiatici e la
sinfisi pubica e attraversato dall’uretra e dalla vagina; il perineo
o membrana perineale è la continuazione posteriore della fascia
di Carcassonne, che mette in comunicazione lo strato profondo
della muscolatura del pavimento pelvico, il coccige e lo sfintere
anale.1,4
Nel proseguo del testo verranno discusse nozioni di anatomia
del pavimento pelvico, le problematiche che derivano da un’alterazione funzionale e patologica dell’area muscolare, le attuali
valutazioni strumentali e manuali più recenti riscontrabili in letteratura, e il trattamento conservativo usualmente perseguito. La
parte finale del testo riguarderà una proposta di una valutazione
manuale delle strutture muscolo-scheletriche che delimitano e
costituiscono il pavimento pelvico in quanto, attualmente, manca un esame palpatorio completo che tenga conto non solo dell’aspetto contrattile, ma anche strutturale delle articolazioni e dei
legamenti che circondano e supportano l’area pelvica. La necessità di conoscere l’area di alterata mobilità (iper o ipomobilità),
è un fattore determinante per organizzare correttamente il lavoro
terapeutico perché, conoscendo in dettaglio come organizzare lo
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schema riabilitativo e conservativo i risultati potrebbero essere
ulteriormente migliorati.
5.1 Anatomia miofasciale del pavimento pelvico.
Dal punto di vista embriologico, la coppa pelvica muscolare,
in concomitanza con i primi abbozzi dei visceri pelvici, si riconosce da due gruppi muscolari separati: il pubo-caudale e il muscolo di Gegenbauer (limitrofo alla cloaca).1
Dal primo deriveranno il muscolo ischio-coccigeo e l’elevatore dell’ano, i legamenti pubo-sacrale o pubo-uretro-vescico-rettosacrale nell’uomo e legamento o pubo-uretro-vescico-uterorettosacrale nella donna; dal secondo deriveranno, dopo la discesa del setto genito-urinario che separerà il retto (posteriormente
dalla vescica e dall’uretra e uretra e vagina nella donna), dividendo anteriormente i muscoli sfinteri (dell’ano e dell’uretra), e
successivamente i muscoli bulbo cavernoso, ischio cavernoso e
trasversi superficiale e profondo.1 Nel feto tali strutture muscolari e legamentose si presentano già come un’unità, sinergici
nelle loro contrazioni e funzioni.1
Il diaframma pelvico denominato per la prima volta nel 1861,
è costituito dall’elevatore dell’ano, a sua volta costruito dal muscolo coccigeo o ischiococcigeo, ileococcigeo, pubococcigeo e il
puborettale.5 I primi tre originano dalla linea pettinea dell’osso
pubico e dalla fascia del muscolo otturatore interno, per inserirsi
al coccige, passando per la spina ischiatica, l’ileo e il sacro, e il
legamento triangolare (o diaframma urogenitale); il puborettale
interessa la porzione inferiore media del ramo pubico.5,6 I muscoli pubococcigeo e rettale vengono chiamati anche muscoli
puboviscerali, poiché delle porzioni o filamenti contrattili sono
collegati direttamente all’uretra, alla vagina, al corpo perineale e
47
al canale anale, rispettivamente come pubouretrale, pubovaginale, puboperineale e puboanale.5,6
Il fenotipo principale delle fibre contrattili di tali muscoli si riconducono per 2/3 alle fibre rosse aerobiche o di tipo I, mentre il
restante è costituito da fibre bianche anaerobiche o di tipo II.1
Non solo questi muscoli lavorano come un’unica unità e sono
difficili da distinguere separatamente, ma anche la direzione vettoriale delle loro fibre è quanto mai difficile da descrivere, in
quanto, nella tridimensionalità anatomica funzionale il loro intervento comprende tutti i piani. Da immagini trattografiche si
evince l’organizzazione delle fibre contrattili, laddove la muscolatura appare come un’opera d’arte.7
Il diaframma urogenitale, posto al di sotto del pavimento pelvico, è costituito dalla fascia o aponeurosi perineale media, comprendente il muscolo trasverso profondo del perineo; è un rinforzo che unisce il diaframma pelvico al perineo.1 La sua porzione
anteriore è attraversata dai condotti urinari e genitali, distesa tra
le due branche ischio-pubiche e rivolta con l’apice verso la sinfisi pubica; l’area pre-uretrale o legamento trasverso del perineo
contatta le branche ischio-pubiche e alla fascia dell’otturatore,
mentre l’area retro-uretrale si divide in due foglietti (superiore e
inferiore), nel cui mezzo ritroviamo il muscolo di Gouthrie o trasverso profondo del perineo.1 La lamina aponeurotica superiore
continua verso il muscolo perineale trasverso superficiale, mentre la lamina più profonda si fonde con la fascia di Denonviller,
quest’ultima coprente la prostata e le vescicole seminali.1,8
Il perineo è la continuazione posteriormente del diaframma
urogenitale e dell’elevatore dell’ano inferiormente, e diventa artificioso cercarne i contorni precisi; unisce con fibre muscolari
l’uretra, la vagina o la prostata, e il retto, sino al coccige con un
rafe ano-coccigeo.1
48
La muscolatura e i visceri sono immersi in una ragnatela di
tessuto connettivale o fascia, dove proprio come il ragno percepisce la preda imprigionata nella tela grazie ai movimenti, tutte
le strutture immerse e avvolte dalla fascia avvertono i cambiamenti di tensione e di funzione, in un continuum che ricalca il
concetto della biotensegrità.9,10 La fascia è uno strumento di
trasmissione di forze meccaniche che coinvolge tutto il sistema
corporeo; un movimento di flessione cervicale ad esempio, coinvolgendo la fascia profonda cervicale, influenzerà la posizione
della fascia dell’arto inferiore, trascinando il tessuto connettivale
verso l’alto.11 Il sistema fasciale precede la nascita e l’organizzazione dei distretti contrattili.1 Sotto il peritoneo ritroviamo la
fascia endopelvica, la quale come un lenzuolo ricopre l’area superiore del pavimento pelvico: copre l’otturatore interno, il piriforme, l’elevatore dell’ano, per continuare con la fascia trasversalis fondendosi sul periostio pubico.12 Nel suo percorso si fonde con il legamento pubo-sacrale posteriormente, costruendo
una coppa connettivale che ricopre tutta la struttura viscero-muscolare del pavimento pelvico, diaframma uro-genitale e area
perineale.1
La fascia endopelvica incapsula i visceri del pavimento pelvico, connettendoli ulteriormente con la muscolatura e le strutture
ossee; guida le strutture vascolari in guaine connettivali come la
guaina ipogastrica (che unisce il pube al sacro), la guaina ombelico-prevescicale (che delimita lo spazio retropubico), la guaina
vescico-rettale per le arterie vescicolo-deferenziali, e la già citata fascia di Denonvillier che porta le due arterie medie emorroidarie.1,13 Tutti i vari legamenti viscerali derivano dalla fascia
endopelvica.13
L’innervazione della muscolatura pelvica è complessa, coinvolgendo il sistema autonomico e somatico: il plesso ipogastrico
superiore con i nervi ipogastrici, i nervi splancnici pelvici e il
49
plesso ipogastrico inferiore pelvico; il nervo pudendo e le sue
terminazioni.5,6,14 Il sistema autonomico, in particolare quello
parasimpatico (plesso ipogastrico inferiore) crea sinapsi con il
plesso mioenterico del retto e del canale anale.5 La muscolatura
pelvica ha un controllo volontario e involontario. Il pavimento
pelvico può essere indotto a contrarsi consapevolmente, come
durante la fisioterapia, o intervenire in automatico, come durante
i movimenti del braccio, del respiro, della tosse, degli arti inferiori e i muscoli del tronco.15-18 I centri neurali per tali sinergie
automatiche sono poco capite. La muscolatura pelvica è rappresentata nella parete pre-centrale mediale del gyrus, laddove viene attivata sia con movimenti volontari, sia con movimenti di altri muscoli che coinvolgono le pelvi; questo significa che esiste
una pre-attivazione motoria della corteccia pre-motoria, ma che
tale attivazione raggiunge la conclusione solo se i centri superiori accertano che la contrazione della muscolatura sia necessaria
o meno.17 Un’altra area che interviene nei movimenti involontari del pavimento pelvico relazionati al respiro, coinvolgendo il
diaframma respiratorio, la parete addominale e la lingua (durante l’inspirazione retrude, mentre protrude con l’espiro), è il nucleo retroambiguo del midollo allungato.19,20 Non conosciamo
correttamente i meccanismi neurologici che vi stanno alla base.
5.2 Funzioni e disfunzioni.
Un pavimento pelvico in salute mostra all’ispezione visiva, in
particolare l’area perineale, una posizione leggermente cefalica
rispetto alla tuberosità ischiatica.21 A riposo ha un atteggiamento cupuliforme, che ricorda il muscolo diaframma respiratorio;
quando si contrae si solleva antero-cranialmente (verso il pube e
le grandi pelvi), mentre al contrario quando si rilascia ha una direzione postero-caudale (verso l’osso sacro e le ossa
50
ischiatiche), con uno spostamento di circa 3 centimetri.3-5,2225 In quest’azione il coccige subisce un movimento ventralecraniale e dorsale-caudale, rispettivamente.5,22,24,25
Con risonanza magnetica si calcolano alcuni parametri per verificarne la posizione. La linea pubococcigea è misurata tra la
sinfisi pubica e il coccige, mentre l’angolo ano-rettale è costruito tra il bordo posteriore del retto e la linea che percorre l’asse
centrale del canale anale.3,4 Nel soggetto normale, la base della
vescica, il terzo superiore della vagina e la cavità peritoneale devono essere sopra o adiacenti la linea pubococcigea, con l’angolo ano-rettale craniale o adiacente la precedente linea; quando il
pavimento pelvico subisce una contrazione, i visceri risalgono,
mentre l’angolo diventa più acuto.3-5
Il pavimento pelvico offre supporto ai visceri maschili e femminili e al retto, permettendone una contenzione ottimale.4,24
Con contrazioni e rilassamento la muscolatura crea una serie di
pressioni che aiutano i visceri nelle loro funzioni; una tensione
contrattile adeguata del pavimento pelvico permette le funzioni
sessuali e l’atto sessuale.23 Quando il diaframma respiratorio si
abbassa in inspirazione, il diaframma pelvico subisce un movimento caudale, questo per permettere di incontrare nell’atto respiratorio meno resistenze da vincere; il movimento opposto accade durante l’espirazione.19,25 Il diaframma pelvico influenza
con il suo status contrattile la respirazione.
Un’altra funzione importante deputata al pavimento pelvico è
quella posturale, in sincronia nuovamente con il diaframma respiratorio e la muscolatura addominale. Per permettere i movimenti di torsione del tronco, alzarsi o sedersi o il semplice stare
in ortostatismo, il tossire e lo starnutire, devono essere attivati
dei distretti muscolari capaci di contenere la colonna dorso-lombare e lombo-sacrale; si attiva contemporaneamente tutta la muscolatura addominale (il diaframma respiratorio, il trasverso e
51
gli obliqui), il pavimento pelvico (e la muscolatura collegata
come gli otturatori, il piriforme, gli adduttori), il grande
gluteo.17,19,23,25-27 Sussiste continuità anatomica miofasciale
tra i distretti muscolari citati. Il muscolo diaframma tramite il
muscolo trasverso e la fascia trasversalis (anteriormente), e la
fascia toraco-lombare (posteriormente), si fonde con l’attacco
anteriore pubico del pavimento pelvico e posteriore a livello sacrale.19,26 Il retto dell’addome e il suo sistema fasciale si fondono a livello della sinfisi pubica con i muscoli adduttori, attivati entrambi con la contrazione del pavimento pelvico; il pavimento pelvico è in continuità anatomica con il grande gluteo,
anch’esso coinvolto in maniera sincrona nelle contrazioni pelviche.28,29
Le contrazioni del pavimento pelvico permettono la distribuzione dei carichi dal tronco e dagli arti superiori agli arti inferiori e viceversa, durante il cammino e nel mantenimento dell’ortostatismo, grazie ai collegamenti anatomici citati.27,28,30,31 La
stessa posizione del piede è influenzata dalla tensione muscolare
del pavimento pelvico che condiziona il tono dei muscoli rotatori dell’anca; la tensione del pavimento pelvico inciderà sul comportamento dei distretti contrattili limitrofi.23,32
Una tensione deficitaria della muscolatura del pavimento pelvico o un’alterazione elettrica di questi distretti, causerà molte
disfunzioni e patologie, tra cui il prolasso viscerale e l’incontinenza urinaria, la costipazione fecale. Si calcola che i disordini
muscolari del pavimento pelvico aumenteranno del 35% nei
prossimi due decenni, sino a una media di 1,6 milioni circa di
visite all’anno per il 2030.23
La patogenesi è molto variabile e multifattoriale: lesioni da
parto; avanzare dell’età; obesità; condizioni croniche patologiche che causano un incremento delle pressioni addominali; pregressi interventi chirurgici nell’area pelvica.3 Le maggiori pro52