NIHIL SUB ASTRIS NOVUM N. 7 – 27 OTTOBRE 1996 a cura di Cristina Bernasconi, Elia Cozzi e Massimo Zoggia ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– A Newsletter of Gruppo Astrofili “Giovanni e Angelo Bernasconi” Via S. Giuseppe, 34–36 21047 Saronno (VA) Italy http://www.logicom.it/personal/Bernasconi ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– studiare le loro tradizioni. Visti dall’esterno ben poco distingue i WE ARE THE WORLD!!! Dogon dalle altre popolazioni dell’Africa. L’enigma inizia quando i Dogon affermano che Sirio ha una compagna più piccola e che è la stella più pesante con un’orbita ellittica. I Dogon, oltre a molte altre notizie astronomiche, sono a conoscenza del fatto che Saturno è circondato da anelli. Queste conoscenze possono essere state acquisite solo con l’ausilio di telescopi. Ma da chi hanno avuto queste notizie? Il fatto sorprendente è che affermano l’esistenza, intorno al sistema Sirio, di un altro oggetto, tutt’oggi non ancora scoperto. Questo è quello che hanno riportato i due antropologi, ora sta ad ognuno di noi credere che siano leggende; ma la cosa certa è che Sirio è sempre stata collegata alla storia dell’umanità, a miti e religioni antiche. UNA LUMINOSA REGIONE DI FORMAZIONE STELLARE IN UNA GALASSIA DEBOLE TRA REALTÀ E MITO di Gianfranco Bonfiglio Sirio è la stella più luminosa del cielo; ha una magnitudine –1.37, è di colore bianco brillante, dista dalla Terra 8.6 anni luce. È ventisei volte più luminosa e due volte più grande del Sole. Sirio ha una stella compagna che è stata scoperta nel 1862 da Alvan Clark. Quest’ultima varia la sua distanza da Sirio da 2” a 11” durante il periodo orbitale di 48 anni. La sua luminosità è 1/10000 di quella di Sirio e splende con una magnitudine apparente di 8.4. Il suo diametro è soltanto tre volte quello della Terra, ma la sua massa è 250000 volte superiore, e la sua densità 36000 volte maggiore. Sirio, in molti cataloghi e registrazioni dell’antichità, viene riportata di colore rosso; Tolomeo la catalogò arancione. Questo fatto ha creato molte teorie, visto che ora è bianca; mentre per il resto, dal punto di vista scientifico, non presenta alcun mistero. Cambiando ora scenario, spostiamoci in Africa, a 180 chilometri a sud ovest di Timbuctu, dove vivono i Dogon, una tribù che ha mantenuto le proprie tradizioni fino al 1930–1940, quando due antropologi francesi, M. Griaule e G. Dieterlen, decisero di Nell’immagine di destra è visibile un ammasso stellare e una nube di gas luminescente di NGC 2363, una regione gigante di formazione stellare nella galassia magellanica NGC 2366. Nonostante la sua distanza di 10 milioni di anni luce, l’Hubble Space Telescope è stato in grado di risolvere dettagli paragonabili alle nebulose presenti nella nostra Galassia. Questa regione è luminosa tanto quanto la nebulosa gigante 30 Doradus, nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea. La stella più luminosa visibile in questa immagine appartiene a una rara classe di stelle denominata “Luminos Blue Variable” (Variabile Blu Luminosa – LBV). Queste stelle mostruose, con una massa compresa tra le 30 e le 60 masse solari, si trovano in una fase molto instabile ed eruttiva della loro vita. 1 Le immagini del Telescopio Spaziale sono le uniche in grado di mostrare le stelle isolate dal resto dell’ammasso. Solamente quattro LBV giganti eruttive erano state individuate nella storia, la più famosa delle quali è quella di Eta Carinae (1837–1860) e P Cygni (1600), all’interno della nostra Galassia. Questa LBV venne scoperta nelle immagini di Hubble riprese nel gennaio 1996, confrontandole con immagini riprese da telescopi terrestri. Una ricerca negli archivi delle immagini precedenti mostra che questa stella ha aumentato la sua luminosità di 40 volte (dalla magnitudine 21.5 alla maginitudine 17.8) in meno di tre anni, diventando ora la stella più luminosa della sua galassia. L’immagine di Hubble, ripresa con la Wide Field Planetary Camera–2 (WFPC2), mostra anche due densi ammassi di stelle massive, che si trovano in due fasi diverse della loro evoluzione. I venti stellari e le esplosioni di supernovae hanno “spazzato” via il gas dall’ammasso più vecchio (4–5 milioni di anni) visto nella parte alta dell’immagine. Questo fenomeno ha creato una cavità all’interno della nebulosa. In contrasto, l’ammasso più luminoso (nella parte bassa del centro dell’immagine) ha un’età probabilmente inferiore a 2 milioni di anni e presenta ancora resti di gas e polvere dal quale si è formato. Le osservazioni di galassie come NGC 2366 aiuteranno gli astronomi a capire meglio perché le galassie irregolari deboli presentano questo tipo di attività di formazione stellare e quali processi determinano il limite delle dimensioni delle regioni di formazione stellare appartenenti ad un determinato ambiente galattico. Una possibilità è che il gas orbitante intorno alla galassia formi una struttura a barra al termine della quale il gas si accumula causando la formazione di una nube gigante. L’immagine di sinistra, ottenuta il 7 febbraio 1996 con il telescopio da 3.6 metri dell’osservatorio Canada–France–Hawaii, situato sul Mauna Kea, mostra la galassia irregolare NGC 2366. Il riquadro bianco (nero nell’immagine in negativo) evidenzia il campo ripreso nell’immagine della WFPC2 del Telescopio Spaziale Hubble. UN RITRATTO DI IO E GIOVE pianeta ad una velocità di 17 chilometri al secondo. I più piccoli dettagli visibili su Io e su Giove hanno una dimensione di circa 160 chilometri. Le zone luminose visibili sul satellite sono regioni di ossido di zolfo ghiacciato. Io ha circa le stesse dimensioni della nostra Luna, ma si trova ad una distanza duemila volte maggiore. Quest’immagine fa parte di una serie di riprese eseguite da Hubble per coadiuvare le immagini ravvicinate eseguite dalla sonda Galileo, attualmente in orbita intorno al Giove. Sebbene le immagini della Galileo mostrino dettagli più piccoli, Hubble fornisce informazioni complementari in quanto può osservare Io nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto, non viste dalla Galileo, e può vedere Io da una prospettiva diversa. Questa immagine è stata ripresa in luce violetto dalla Wide Field Planetary Camera 2. CASSINI–HUYGENS Meeting Bologna, 19th – 21st November 1996 A Meeting on the CASSINI–HUYGENS Mission will be held at the Institute of Radioastronomy in Bologna from November 19th to 21st, 1996. The Meeting will be focussed on the presentation of the payload instruments, with particular attention to hardware development and scientific achievements in Europe. In addition, our present knowledge of Saturn system will be reviewed. Main topics : • The CASSINI–HUYGENS Mission • Saturn system origin and evolution • The icy satellites and rings • Titan and the Huygens probe • Saturn • Radio Science • The Cassini exploration of the Solar System • The role of the ground segment in support to Cassini–Huygens The Scientific Organizing Commitee (SOC) is composed by: R. Ambrosini, IRA–CNR Bologna, Italy; B. Bertotti, Un. Pavia, Italy; R. H. Brown, JPL, USA; P. Cerroni, IAS–CNR, Rome, Italy; A. Coradini, IAS–CNR Rome, Italy; M. Coradini, ESA, Paris, France; M. Fulchignoni, Un. Paris 7, France; J. P. Lebreton, ESTEC, Holland; D. Matson, JPL,USA; T. McCord, Un. Hawaii, USA; R. Pernice, ASI, Rome, Italy; G. Picardi, Un. Rome, Italy; In charge of Local Organization will be: Dr. Roberto Ambrosini CNR, Istituto di Radioastronomia Via Gobetti 101, 40129 Bologna, (Italy) phone:39–51–6399361, fax:39–51–6399431 E–Mail: [email protected] Proceedings will be published. I SATELLITI MINORI DI GIOVE Questa immagine, ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble il 24 luglio 1996, riprende il satellite vulcanico di Giove, Io, in transito sopra le turbolente nuvole del pianeta gigante. L’evidente macchia scura (bianca nell’immagine in negativo) su Giove è l’ombra di Io. Quest’ombra ha circa le stesse dimensioni del satellite (3640 km di diametro) e si sposta sul 2 Oltre ai Satelliti Galileiani, Giove possiede altri 12 piccoli satelliti. Amalthea, il quinto più grande, ha un diametro di soli 170 km ed è il più grande dei quattro piccoli satelliti che orbitano tra Giove e Io. Methis, Arastea e Thebe hanno un diametro compreso tra i 25 e i 100 km. Altri quattro satelliti sono situati oltre i galileiani. Le loro dimensioni variano tra i 15 e i 185 km. Ancora più all’esterno ci sono altri quattro satelliti con diametri compresi tra i 30 e i 50 km. Queste ultime lune, rispetto alle altre dodici, presentano un’orbita più ellittica e più inclinata sul piano equatoriale. Inoltre la loro orbita è retrograda, cioè ruotano intorno al pianeta in direzione opposta a quella di Giove. Queste caratteristiche fanno supporre che questi satelliti non facessero originariamente parte del sistema gioviano, ma che siano asteroidi catturati dall’intenso campo gravitazionale di Giove. L’ANELLO DI GIOVE Il Pioneer 11 sorprese gli scienziati quando le sue immagini indicarono l’evidenza di un anello intorno a Giove. Successivamente, il Voyager 2 confermò l’esistenza di anelli estremamente sottili, invisibili da Terra. L’anello principale è largo circa 7000 chilometri e ha uno spessore di solamente 30 km. Il suo bordo interno è situato a circa 123000 km di distanza dalla sommità delle nuvole di Giove. Questo anello contiene oggetti che potrebbero essere frammenti di piccoli satelliti distrutti agli impatti, oppure si tratta di materiale che non è mai riuscito ad accrescere per formare un satellite. Un anello più tenue si trova 20000 km all’interno dell’anello principale. E uno ancora più sottile è situato 85000 km all’esterno dell’anello principale. Questi due anelli sottili sono formati da particelle piccolissime (poco più di un micron di diametro). A causa delle loro ridotte dimensioni, le particelle sfuggono all’anello in tempi relativamente brevi; quindi la presenza degli anelli indica un continuo rifornimento di questo materiale che viene probabilmente prodotto durante gli impatti tra micrometeoriti e i corpi più grandi dell’anello principale; inoltre, anche le particelle perse dai satelliti potrebbero entrare a far parte degli anelli. LA NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY–PALOMAR OBSERVATORY SKY SURVEY DISPONIBILE IN 8 CD–ROM Lo Space Telescope Science Institute (STScI) e l’Astronomical Society of the Pacific (ASP) hanno messo a disposizione, su 8 CD– ROM, denominati RealSky CD, la Palomar Observatory Sky Survey digitalizzata e compressa di un fattore 100. Per la prima volta, astrofili, insegnanti e appassionati di astronomia possono aver accesso alle lastre fotografiche utilizzate per più di trent’anni dagli astronomi professionisti. Il livello di dettagli raggiungibile è senza precedenti, soprattutto per quanto riguarda gli oggetti estesi come galassia, ammassi e nebulose, e non è disponibile in nessun altro software. Le immagini sono digitalizzazioni delle lastre E della prima NGS–POSS (National Geographic Society–Palomar Observatory Sky Survey) eseguita con il telescopio Oschin (uno Schmidt di 48 pollici) all’Osservatorio di Monte Palomar durante gli Anni ’50. La NGS–POSS venne fondata in seguito ad una sponsorizzazione del California Institute of Technology da parte della National Geographic Society. Con i fondi della NASA, le immagini di più di 750 lastre sono state digitalizzate dagli astronomi dello Space Telescope Science Institute, con un intenso lavoro durato otto anni che aveva lo scopo di preparare il Guide Star Catalogue per essere utilizzato come sorgente di stelle di riferimento e di puntamento per il Telescopio Spaziale Hubble. I RealSky CD sono una versione più compressa della Sky Survey digitalizzata (Digitized Sky Survey (DSS)) divenuta disponibile due anni fa su 102 CD–ROM. Sebbene la DSS sia stata compressa di un fattore 10, fornisce immagini che sono quasi indistinguibili dai dati originali. Un fattore di compressione così elevato (100) non è adatto per le attività di ricerca professionale, ma fornisce un considerevole e inestimabile strumento per gli insegnanti e la comunità astrofila. I RealSky CD offrono un’immagine ad un colore dell’intero emisfero nord, fino alla declinazione –15 (circa la posizione di Sirio), e con una risoluzione di 1.7 secondi d’arco. La magnitudine stellare raggiunta è la 19. Il software incluso, denominato RealSky View, permette agli utenti di visualizzare e gestire le immagini in ambiente Windows (3.1, ‘95 e NT) o con sistemi operativi Macintosh). In entrambe le versioni sono disponibili i software per UNIX e VMS. Sia i RealSky CD sia l’originale Digitized Sky Survey possono essere gestiti direttamente con il software TheSky (versione 4) della Software Bisque semplicemente “clickando” sulla prescelta area di cielo e specificando la dimensione dell’immagine. I CD–ROM vengono forniti con relative istruzioni e software di gestione. I RealSky CD sono disponibili dal 1° luglio 1996. Il costo degli 8 CD–ROM è di 250 dollari a cui deve essere aggiunta una spesa di spedizione per l’Europa di 50 dollari. L’ordine può essere eseguito tramite carta di credito (VISA o Mastercard) telefonando al numero 001–800–335–2624 o inviando un ordine a: The Astronomical Society of the Pacific RealSky CD Orders 390 Ashton Avenue San Francisco, USA tel: 415/337–1100 fax: 415/337–5205 e–mail: [email protected] STADI SUPERIORI DEI LANCIATORI Gli stadi superiori o Upper Stages vengono aggiunti per incrementare la capacità di lancio dei vettori per missioni spaziali più complesse. Gli upper stage vengono accesi dopo il distacco del carico dal veicolo principale. Agena Il più vecchio upper stage americano, l’Agena, alimentato a combustibile liquido, ha riscontrato un grande successo, compreso il suo utilizzo per la prima missione di aggancio nello spazio. In quella missione, il 16 marzo 1965, l’equipaggio della Gemini VIII si avvicinò e agganciò uno stadio Agena precedentemente lanciato. Gli Agena lanciarono anche le sonde Mariner verso Marte e Venere e numerosi satelliti spia militari. Gli Agena sono stati utilizzati come stadi superiori degli Atlas, dei Thor e dei Titan IIIB. Centaur Lo scopo principale i questi upper stage a combustibile liquido, il cui nome deriva alla leggendaria creatura metà uomo e metà cavallo, è stato il lancio delle sonde per le missioni planetarie. Quando la NASA venne fondata, nel 1958, lo sviluppo dei Centaur fu uno dei suoi obiettivi principali. Utilizzato dal 1963 in avanti, fu il primo stadio superiore ad usare idrogeno ed ossigeno liquidi. Lo stadio superiore del Titan III è un Centaur. La versione più potente degli Atlas è un Atlas–Centaur. Gli Atlas–Centaur vennero utilizzati per il lancio delle sonde Surveyor verso la Luna, dei Mariner verso Marte e verso Mercurio, e per mettere in orbita terrestre grandi satelliti per telecomunicazioni. A causa di una maggior sicurezza dei razzi a combustibile solido rispetto a quelli a propellente liquido, la NASA ha cancellato l’utilizzo dei Centaur nelle missioni Shuttle e li ha rimpiazzati con l’Inertial Upper Stage (Stadio Superiore Inerziale). Inertial Upper Stages (IUS) Gli IUS sono progettati per lanciare carichi pesanti sia dai Titan che dallo Space Shuttle. Possono immettere carichi in orbita geostazionaria o su una traiettoria appropriata per le missioni interplanetarie. 3 Gli IUS sono stati utilizzati per la missione Magellano verso Venere, per la missione Galileo verso Giove e per la missione Ulysses verso il Sole via Giove. Gli IUS sono veicoli a due stadi con una spinta combinata di più di 27220 kg. Ogni stadio ha un motore a combustibile solido. Gli IUS sono lunghi 5 metri, hanno un diametro di 2.5 metri e un peso di 14750 kg. Transfer Orbit Stages (TOS) I TOS, Stadi per il Trasferimento di Orbita, sono upper stage che possono portare carichi compresi tra 2700 e 5900 kg dallo Space Shuttle ad un orbita di trasferimento geosincrona. Vengono utilizzati anche come stadi superiori dei Titan. I TOS hanno una lunghezza di 3.4 metri, un diametro di 3.4 metri e un peso di 10980 kg. decisione della comunità dei ricercatori NEO di dar vita ad una “Spaceguard Foundation” per coordinare gli sforzi a livello internazionale – come passi importanti verso lo sviluppo di un programma di osservazione su scala mondiale avente lo scopo di scoprire tutti i NEO potenzialmente pericolosi e di seguire le loro orbite mediante computer in modo che ogni impatto possa essere previsto con qualche anno di anticipo, permettendo lo svolgimento di tutte le necessarie azioni preventive. 6. Esistono due grandi categorie di oggetti spaziali che presentano un potenziale impatto con il nostro pianeta: le comete e gli asteroidi. Essi sono generalmente conosciuti dai planetologi come Near–Earth Objects (NEOs). La loro popolazione totale è sconosciuta, ma il numero di Earth–Crossing Asteroids con una dimensione di circa un chilometro è stimata in circa 2000 esemplari. Questi oggetti sono i più pericolosi e, fino ad oggi, solo una ridotta frazione di essi è stata rivelata. L’Assemblea invita i Governi degli Stati membri del Consiglio d’Europa e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) a velocizzare la definizione e lo sviluppo della sopra menzionata “Spaceguard Foundation” e a dare il sostegno necessario ad un programma internazionale che dovrebbe: 1. produrre un inventario dei NEO il più completo possibile con maggior attenzione agli oggetti più grandi di 500 metri; 2. migliorare la nostra conoscenza sulla natura fisica dei NEO, analogamente alla determinazione dei fenomeni associati ad un possibile impatto, a vari livelli di energia cinetica e composizione del corpo impattante; 3. monitorizzare regolarmente gli oggetti scoperti su un periodo di tempo sufficientemente lungo a consentire un accurato calcolo della loro orbita, in modo tale che ogni collisione possa essere prevista con largo anticipo; 4. assicurare il coordinamento delle iniziative nazionali, la raccolta e la distribuzione dei dati e la dislocazione omogenea degli osservatori tra emisfero nord e sud; 5. partecipare alla progettazione di piccoli satelliti a basso costo per l’osservazione di quei NEO che non possono essere individuati da terra e alla ricerca che può essere condotta più efficacemente dallo spazio; 6. contribuire ad una strategia globale a lungo termine per i rimedi contro un possibile impatto. 2. Strasburgo, 20 marzo 1996 CONSIGLIO D’EUROPA ASSEMBLEA PARLAMENTARE RISOLUZIONE SULLA RIVELAZIONE DI ASTEROIDI E COMETE POTENZIALMENTE PERICOLOSE PER L’UMANITÀ 1. Considerato che l’esplosione vicino alla superficie di un oggetto di soli 50 metri può avere un effetto paragonabile a quello di un’esplosione nucleare di 10 megatoni, le conseguenze dell’impatto di un oggetto più grande sarebbero disastrose su scala globale. Gli esempi recenti più conosciuti sono l’esplosione di un NEO di 60 metri di diametro sopra Tunguska (Siberia) nel 1908, il cui risultato è stata la devastazione di più di 2000 chilometri quadrati di foresta inabitata; e i violenti impatti dei frammenti della cometa Shoemaker–Levy 9 sul pianeta Giove nel luglio 1994. Questi frammenti avevano una dimensione i soli 500 metri, ma causarono la devastazione di un’area più grande di quella della Terra. Tracce di altri piccoli impatti sul nostro pianeta vengono scoperte frequentemente analogamente a registrazioni fossili di impatti catastrofici avvenuti nel passato. 3. Il significativo ammontare di informazioni raccolte durante gli ultimi anni sulle collisioni di asteroidi e comete indicano che essi possono causare catastrofi ecologiche su grande scala che talvolta portano all’estinzione di massa; di conseguenza tali impatti rappresentano un considerevole pericolo per la civiltà umana. 4. Sebbene, statisticamente parlando, il rischio di impatti maggiori nel prossimo futuro sia basso, le possibili conseguenze sono così vaste che ogni ragionevole sforzo per minimizzarle dovrebbe essere incoraggiato. 5. L’Assemblea di conseguenza accoglie varie iniziative – ad esempio il rapporto sulla Spaceguard Survey pubblicato alla NASA, la creazione di un Gruppo di Lavoro sugli oggetti Near– Earth (Working Group on Near–Earth Objects) da parte dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU), e la recente 4 SETTEMBRE NELLA STORIA DELLO SPAZIO 1 settembre 1947 Un razzo V–2, catturato ai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale viene lanciato dalla Marina degli Stati Uniti dalla portaerei Midway. 1 settembre 1979 Il Pioneer 1 diventa la prima sonda a sorvolare Saturno. 1 settembre 1992 Gli Stati Uniti emettono un nuovo francobollo per commemorare i successi di Theodore Von Karman, il fondatore del Jet Propulsion Laboratory. 2 settembre 1804 Karl Harding scopre l’asteroide Juno. 2 settembre 1971 La sonda sovietica Luna 18 impatta sulla Luna. La missione avrebbe dovuto riportare a terra alcuni campioni di suolo lunare. 3 settembre 1976 Il Viking 2 diventa la seconda sonda ad atterrare con successo sul pianeta Marte. 5 settembre 1962 Alcuni pezzi di un satellite sovietico precipitano vicino a Manitowoc, nel Wisconsin. 5 settembre 1964 La NASA lancia il primo satellite della serie Orbiting Geophysical Observatory (OGO–1) (Osservatorio Geofisico Orbitante). 5 settembre 1977 Il Voyager 1 viene lanciato verso Giove e Saturno. 5 settembre 1989 Plutone raggiunge il perielio, il punto dell’orbita più vicino al Sole. Plutone passa al perielio ogni 248 anni. Attualmente si trova più vicino al Sole del satellite Nettuno. Ridiventerà il pianeta più lontano nel 1999. 6 settembre 1989 I cosmonauti Alexander Viktorenko e Alexander Serbrov vengono portati sulla stazione Spaziale Mir da una Soyuz TM–9. Prima del loro arrivo, la Mir era rimasta inabitata per 132 giorni. 6 settembre 1991 La sonda Galileo trasmette la prima immagine di Gaspra, realizzando la prima ripresa ravvicinata di un asteroide. 8 settembre 1960 Apre ad Huntsville, in Alabama, il Marshall Space Center. 8 settembre 1966 La televisione trasmette il primo episodio della serie Star Trek. 8 settembre 1967 La sonda Surveyor 5 viene lanciata verso la Luna. 8 settembre 1992 La sonda Geotail compie un flyby della Luna. 9 settembre 1839 John Herschel esegue la prima fotografia a lastra di vetro. 9 settembre 1892 E. Barnard scopre un nuovo satellite di Giove: Amalthea. 9 settembre 1967 Viene compiuto il primo test di volo del razzo Saturno V. 9 settembre 1975 La sonda Viking 2 viene lanciata verso Marte dove vi atterrerà nel successivo mese di settembre. 9 settembre 1978 L’Unione Sovietica lancia la sonda Venera 11. Questa sonda atterrerà su Venere nel mese di dicembre. 9 settembre 1982 Viene lanciato Conestoga I, il primo razzo privato. 11 settembre 1985 La Interplanetary Cometary Explorer (ICE) con il sorvolo della cometa Giacobini–Zinner, diventa la prima sonda ad incontrare una cometa. 12 settembre 1959 L’URSS lancia Luna 2. Luna 2 diventa la prima sonda ad impattare contro la Luna, vicino al Mare Serenitatis, il 13 settembre dello stesso anno. 12 settembre 1966 La navicella Gemini 11, con gli astronauti Charles Conrad e Richard Gordon, compie due orbite terrestri dopo un aggancio in orbita con un vettore Agena. 12 settembre 1970 L’URSS lancia la sonda Luna 16 verso la Luna. Luna 16 diventa la prima sonda a portare a Terra campioni di suolo lunare. Dopo l’atterraggio sul nostro satellite, il 20 settembre, Luna 16 raccoglie 101 grammi di suolo lunare riportandoli a Terra il 24 settembre. 13 settembre 1959 La sonda sovietica Luna 2 diventa il primo oggetto costruito dall’uomo ad impattare con un altro corpo celeste: la Luna. 13 settembre 1961 Una capsula automatica Mercury viene lanciata con un razzo Atlas. La missione dura 1 ora e 49 minuti; durante questo periodo vengono compiuti test di controllo dell’orbita. 14 settembre 1968 L’URSS lancia la sonda Zond 5, che ritornerà a terra dopo aver orbitato la Luna. A bordo di questa sonda ci sono: tartarughe, insetti, piante e semi. 14 settembre 1974 Charles Kowal scopre la tredicesima luna di Giove: Leda. Leda ha un diametro di solamente 14 chilometri ed è sospettata essere un asteroide catturato. 14 settembre 1978 L’Unione Sovietica lancia Venera 12, che compierà un atterraggio morbido su Venere a dicembre trasmettendo dati dalla superficie del pianeta per 110 minuti. 14 settembre 1994 La sonda Ulysses completa il primo passaggio sul polo sud del Sole. 15 settembre 1990 La sonda Magellano inizia la mappatura radar di Venere. 15 settembre 1991 L’Upper Atmosphere Research Satellite (UARS) (satellite per la ricerca nell’alta atmosfera) viene rilasciato dallo Space Shuttle Discovery durante la missione STS–48. 17 settembre 1857 Nasce in Russia Konstantin Tsiolkovsky. 19 settembre 1848 William Bond scopre Hyperion, un satellite di Saturno. 19 settembre 1988 Israele, con il lancio del suo primo satellite, diventa l’ottava nazione nello spazio. 21 settembre 1974 Il Mariner 10 compie il suo secondo flyby del pianeta Mercurio. 22 settembre 1990 La sonda Pioneer 10 supera la 50 Unità Astronomiche di distanza dal Sole. 23 settembre 1846 J. Galle, dall’osservatorio di Berlino, scopre Nettuno, l’ottavo pianeta. 25 settembre 1992 Il Mars Observer viene lanciato verso Marte. Undici mesi più tardi, soltanto pochi giorni prima del suo arrivo al pianeta rosso, vengono persi i contatti. 26 settembre 1983 Il cosmonauti sovietici Gennadi Strekalov e Vladimir Titov sopravvivono miracolosamente all’esplosione della piattaforma di lancio. Entrambi i cosmonauti si trovano nella capsula sulla sommità di un razzo A–2 pronti per il lancio verso la Salyut 6, quando una fiammata emerge dai booster 90 secondi prima del lancio. Il razzo di salvataggio viene azionato via radio a causa della rottura dei cavi di comando separando la capsula appena prima dell’esplosione del vettore principale. I cosmonauti atterrano illesi a diverse miglia di distanza. 26 settembre 1991 Sette ricercatori entrano nella Biosphere II dove ci rimarranno per due anni. 26 settembre 1993 La sonda Galileo termina la trasmissione delle immagini di Ida, il secondo asteroide ad essere fotografato da vicino. Da queste immagini viene scoperto il primo satellite di un asteroide a cui viene dato il nome di Dactyl (vedi foto). 28 settembre 1971 L’Unione Sovietica lancia verso la Luna la sonda Luna 19. 29 settembre 1977 L’URSS lancia la stazione spaziale Salyut 6 29 settembre 1988 Viene lanciato il primo Space Shuttle dopo il disastro del Challenger. Il Discovery, durante la missione STS–26, mette in orbita un satellite della classe TDRS–C. 5 HUBBLE VEDE I BLOCCHI PRIMORDIALI DELLE GALASSIE DI OGGI Nuove immagini riprese dall’Hubble Space Telescope (HST) rivelano quelle che potrebbero essere galassie in formazione nell’universo primordiale. L’immagine dettagliata di Hubble, ripresa con la Wide Field Planetary Camera 2, rivela un gruppo di 18 ammassi stellari giganti che appaiono alla medesima distanza dalla Terra, e abbastanza vicini da fondersi eventualmente in pochi oggetti di taglia galattica. Sono così lontani, 11 miliardi di anni luce, che l’epoca della loro esistenza viene fatta risalire al periodo di inizio di formazione delle galassie. Questi risultati portano una maggior conferma della teoria che le galassie si formano partendo da ammassi stellari che, seguendo una complessa serie di incontri, si consolidano in formazioni maggiori fino a formare quelle che noi vediamo oggi come galassie. Questa scoperta rappresenta un altro passo indietro nel lontano passato, dove gli astronomi sperano di scoprire le prime evidenze della formazione galattica pochi “istanti” dopo il Big–Bang. Gli astronomi dell’Arizona State University (ASU), a Tempe, in Arizona, e quelli dell’Università dell’Alabama di Tuscaloosa hanno trovato 18 di questi “blocchi da costruzione” raggruppati in una area di circa 2 milioni di anni luce di diametro. “È la prima volta che qualcuno vede così tanti oggetti di formazione stellare in uno spazio così ridotto”, dice Rogier Windhorst dell’Arizona State University. Gli astronomi hanno pubblicato le loro scoperte in un articolo, firmato da Sam Pascarelle, uno studente dell’Arizona State University, sul numero del 5 settembre della rivista Nature. I coautori sono Rogier Windhorst e Stephen Odewahn, entrambi dell’ASU e William Keel dell’Università dell’Alabama di Tuscaloosa. I blocchi in costruzione visti da Hubble consistono solamente in circa un miliardo di stelle giovani ciascuno, e l’immagine ripresa da Hubble mostra come la formazione stellare sia ancora in corso grazie alla presenza di molte stelle blu e di gas luminescente. Gli oggetti misurano tipicamente solo 2000 anni luce di diametro. “Non sono molto grandi. La nostra Galassia ha un diametro di 100000 anni luce”, dice Odewahn. Gli oggetti sono molto più piccoli anche del rigonfiamento centrale della Via Lattea, che misura circa 8000 anni luce di diametro. “Riteniamo che con fusioni ripetute, questi blocchi di diventeranno sufficientemente grandi da diventare simili al bulge (il rigonfiamento centrale) delle galassie vicine”, sostiene Keel, citando altri studi eseguiti tramite l’HST che hanno mostrato come il tasso di fusione e di collisione tra galassie fosse più alto in passato di quanto lo sia attualmente. “In fatti, almeno quattro degli oggetti nel campo dell’immagine mostrano una doppia struttura centrale separata di poche migliaia di anni luce, come se fossero stati ripresi nell’istante della loro reciproca fusione.” Hubble mostra un ulteriore livello di dettagli per la determinazione della vera natura di questi oggetti “pre– galattici”. Il Telescopio Spaziale è in grado di risolvere strutture con una dimensione di 2000 anni luce, equivalenti, a quella distanza, ad un decimo di secondo d’arco. Questi dettagli sono risultati evidenti in un immagine, per la cui esposizione sono state necessarie 67 orbite, di una piccola regione di cielo nella parte nord della costellazione di Ercole, vicino al confine con la costellazione del Drago. “Non abbiamo mai visto così tanti di questi oggetti di questo tipo in una sola esposizione, dice Pascarelle. “Siamo convinti che questi oggetti non siano peculiari, ma facenti parte del processo generale di formazione galattica nell’universo primordiale.” Gli astronomi osservano la formazione stellare in quanto questo processo è in ancora in atto attualmente. Tuttavia , gli 6 astronomi non hanno mai visto direttamente la nascita delle galassie sia perché è avvenuta molto tempo fa, sia perché tale avvenimento non è così spettacolare come si credeva e quindi risulta molto più difficile da osservare. L’idea che le galassie si formino dalla coalescenza di piccoli pezzi, piuttosto che dal collasso di giganti nubi di gas, è stata formulata in base a precedenti lavori teorici eseguiti con l’ausilio delle osservazioni terrestri. Le osservazioni dell’Hubble Space Telescope offrono attualmente la migliore conferma diretta della realtà di questa ipotesi. Sebbene molti di questi oggetti appaiano nell’immagine come isolati, sono, secondo Windhorst, abbastanza vicini da permettere la fusione delle maggior parte di essi. Nonostante si parli di fusione o di collisione, è bene puntualizzare che le singole stelle non subiranno collisioni. Questi oggetti evolveranno per formare le numerose galassie blu: una popolazione distante di galassie vista dallo Space Telescope e da altri telescopi. Successivamente, l’idrogeno che le circonda si distribuirà formando il disco di una galassia a spirale. Se questa previsione di evoluzione risulta corretta, la Via Lattea contiene tutti i pezzi del processo di assemblaggio. Le vecchie stelle rosse nel bulge della nostra Galassia provengono da ammassi o “unità sub–galattiche” perfettamente simili a quelli visti da Pascarelle e dai suoi collaboratori. Il braccio a spirale in cui si trova il nostro Sole si formò quando l’idrogeno si stabilizzò nel disco. Alcuni dei 140 ammassi globulari che orbitano intorno alla Via Lattea potrebbero quindi essere piccoli blocchi galattici primordiali che si sono formati prima di quelli più grandi visti da Pascarelle e collaboratori, ma che non sono mai entrati a far parte di un assemblaggio maggiore. Analizzando alcune delle immagini più profonde dell’universo (se si esclude l’Hubble Deep Field) già ottenute dal Telescopio Spaziale, gli astronomi hanno trovato 18 oggetti nella stessa immagine, in prossimità della debole radio galassia che stavano studiando. I ricercatori hanno utilizzato un filtro ottico appositamente costruito per la rivelazione dell’emissione ultravioletta proveniente dalla luminescenza dell’idrogeno riscaldato dalle stelle appena nate che si formarono nell’universo primordiale; ovviamente la banda passante di tale filtro era spostata verso le lunghezze d’onda maggiori al fine di tenere in considerazione il redshift dovuto all’espansione generale dell’universo. “Questo è un caso in cui l’Hubble svolge un lavoro esclusivo e di primaria importanza”, dice Windhorst, “gli oggetti sub–galattici a situati a grandissima distanza come questi sono così compatti che sarebbe estremamente difficile riconoscerli per mezzo di osservazioni terrestri.” Successive osservazioni, eseguite con il Multi Mirror Telescope (MMT) del Monte Hopkins in Arizona, mostrano che almeno cinque di questi oggetti si trovano alla medesima distanza dalla Terra. Il team di ricerca ha confermato che, analizzando un’altra linea dell’idrogeno con l’Infrared Telescope Facility della NASA e mediante osservazioni spettroscopiche ottenute tramite il telescopio Keck da 10 metri entrambi sul Mauna Kea, nelle Hawaii, sono stati scoperti altri cinque oggetti che si trovano alla stessa distanza. Il valore del redshift corrisponde ad una distanza di 11 miliardi di anni luce, abbastanza lontano da sondare quel periodo dell’universo primordiale in cui la formazione della maggior parte delle galassie giganti sarebbe avvenuta. In un lavoro analogo, i cui risultati sono in stampa all’Astrophysical Journal Letters, Stephen Odewahn, Windhorst, Keel, e Simon Driver (dell’Università del Nuovo Galles del Sud, a Sydney, in Australia) mostrano che il conteggio dei deboli oggetti blu contenuti in questo campo non sono diversi da quelli ripresi nelle altre immagini profonde del Telescopio Spaziale. Ciò significa che in qualsiasi direzione venga rivolto lo sguardo, è possibile vedere la medesima attività di formazione graduale delle galassie partendo dai blocchi sub–galattici. Blocchi di Costruzione Galattica dicembre di quest’anno. Ogni riga inizia con il giorno del mese a cui si riferisce l’avvenimento; nel caso in cui non vi compaia alcun anniversario significa che l’anno considerato è il 1996 evento NOVEMBRE 1996 In questa immagine di galassie lontane, ripresa dal Telescopio Spaziale, sono visibile 18 giovani galassie o “blocchi di costruzione galattica”. Ognuno di questi oggetti si trova a 11 miliardi di anni luce dalla Terra. A questa distanza l’universo ha solamente il 16% dell’età attuale. Le 18 giovani galassie si trovano in un’area di circa 2 milioni di anni luce di diametro, equivalente alla distanza tra la Via Lattea e la Galassia di Andromeda. Alcuni astronomi credono che questi oggetti siano i blocchi da costruzione da cui sono nate le galassie, in quanto sono sufficientemente vicini da collidere ed eventualmente fondersi. L’immagine copre un diametro che è 13 volte più piccolo di quello della Luna piena. Deboli Oggetti Sub–Galattici Potrebbero Essere Galassie in Costruzione 2 – Perielio della Cometa Helin-Roman-Crockett (3.489 U.A.); 2 – Perielio di Venere; 2 – L’asteroide 584 Semiramis occulta PPM 067814 (mag. 11.2); 3 – Perielio della Cometa 1996 Q1 Tabur (0.84202 U.A.); 4 – Flyby della sonda Galileo con Callisto; 4 – Massimo delle Tauridi; 4 – 15° Anniversario del lancio della sonda sovietica Venera 14; 5 – L’asteroide 52 Europa occulta una stella di magnitudine 12; 5 – Perielio della Cometa Tritton; 5 – Fred Whipple compie 90 anni; 6 – Lancio della Mars Global Surveyor; 6 – 30° Anniversario del lancio del Lunar Orbiter 2; 8 – Giove occulta la sonda Galileo; 8 – Lancio dello Space Shuttle Columbia (STS–80); 8 – 340° Anniversario della nascita di Edmund Halley (1656); 9 – Perielio della Cometa Mrkos (1.413 U.A.); 10 – L’asteroide 3596 Meriones occulta PPM 207237 (mag. 9.7); 11 – 30° Anniversario del lancio della Gemini 12; 12 – Giove occulta la stella SAO 187632 (mag. 6.9); 13 – Lancio del satellite Hot Bird 2; 13 – Lancio dei satelliti Arabsat 2B e Measat-2 con un Ariane 4; 13 – L’asteroide 1074 Beljawskya occulta PPM 144149 (m. 8.8); 14 – Giove occulta la stella SAO 187669 (mag. 9.1); 14 – 25° Anniversario dell’entrata in orbita del Mariner 9; 14 – Massimo delle Andromedi; 15 – L’asteroide 752 Sulamitis occulta PPM 120231 (mag. 6.0); 15 – L’asteroide 838 Seraphina occulta PPM 154591 (m. 10.1); 16 – Lancio della missione Mars ‘96; 16 – 30° Anniversario della “Pioggia delle Leonidi”; 17 – Massimo delle Leonidi; 20 – Opposizione dell’asteroide Interamnia; 23 – Flyby ravvicinato con l’asteroide 1993WD (0.2466 U.A.); 23 – Opposizione dell’asteroide Davida; 25 – L’asteroide 1177 Gonnessia occulta PPM 181208 (m. 7.5); 27 – 25° Anniversario dell’entrata in orbita della Mars 2; 29 – Flyby con l’asteroide 4179 Toutatis (0.0354 U.A.); 29 – 35° Anniversario del lancio della Mercury 5. DICEMBRE 1996 Questi 18 piccoli oggetti blu potrebbero essere i punti di partenza della formazione delle galassie di oggi. Ognuno di essi ha un diametro di 2000–3000 anni luce: sono quindi più grandi degli ammassi stellari, ma più piccoli delle galassie attuali che hanno un diametro compreso tra 30000 e 100000 anni luce. Questi oggetti sono stati ripresi dal Telescopio Spaziale in una piccola area di cielo nella parte settentrionale della costellazione di Ercole, vicino al confine di quella del Drago. Nei due articoli seguenti abbiamo riportato alcuni interessanti eventi che si verificheranno durante i mesi di novembre e 2 – Lancio della Mars Pathfinder; 2 – 25° Anniversario dell’atterraggio della Mars 2; 6 – Perielio della Cometa Wilson-Harrington; 9 – Opposizione dell’asteroide Kalliope; 13 – Massimo delle Geminidi; 14 – 450° Annidversario della nascita di Tycho Brahe (1546); 15 – Massima elongazione est di Mercurio (20°); 15 – 30° Anniversario della scoperta della luna di Saturno Janus; 17 – Lancio del satellite Panamsat 6 con un vettore Ariane 4; 19 – Primo flyby della sonda Galileo con Europa; 20 – Lancio del Progress M–34; 20 – Flyby tra Giove e la Cometa Kojima Near; 21 – 30° Anniversario del lancio della sonda Luna 13; 27 – 425° Anniversario della nascita di Giovanni Keplero; 28 – L’asteroide 972 Cohnia occulta PPM 96490 (mag. 7.7); 29 – Giove occulta la stella SAO 188551 (mag. 7.5). LIBRI Ecco una breve rassegna dei libri presentati durante le ultime 7 riunioni: Moons and Planets William K. Hartmann Wadsworth 1993 510 pagine 392 illustrazioni $49.95 Lingua: inglese Livello: introduttivo Argomento: Sistema Solare, pianeti e satelliti. Planets – A Smithsonian Guide Thomas R. Watters McMillan 1995 256 pagine >280 illustrazioni Lingua: inglese Livello: introduttivo Argomento: planetologia. $24.95 Touching the Earth Roberta Bondar Key Porter Books 1994 144 pagine 100 illustrazioni $26.95 Lingua: inglese Livello: divulgativo Argomento: Astronautica, Space Shuttle, fotografia. Storia dell’Astronomia Jean–Pierre Verdet Longanesi & C. 1995 319 pagine 10–20 illustrazioni Lingua: italiano Livello: introduttivo Argomento: Storia dell’astronomia Lire 45.000 Sundials W. Albert Dover 1973 22 pagine 30 illustrazioni Lire 12.000 Lingua: inglese Livello: tecnico–introduttivo Argomento: meridiane La Meridiana Solare del Duomo di Milano Ferrari Da Passo, Monti, Mussio Veneranda Fabbrica del Duomo 1977 54 pagine numerose illustrazioni Lire 20.000 Lingua: italiano Livello: itroduttivo Argomento: meridiane Observing Comets, Asteroids, Meteors, and the Zodiacal Light Stephen Edberg e David Levi Cambridge University Press 1994 243 pagine 74 illustrazioni $29.95 Lingua: inglese Livello: tecnico–introduttivo Argomento: manuale per l’osservazione Astrophysical Data: Planets and Stars Kenneth R. Lang Springer–Verlag 1992 937 pagine $59.00 Lingua: inglese Livello: tecnico Argomento: dati fisici relativi ai pianeti, alle stelle e agli oggetti galattici Spaceflight – A Smithsonian Guide V. Neal, C. S. Lewis, F. H. Winter McMillan 1995 256pagine 289 illustrazioni $24.95 Lingua: inglese Livello: divulgativo Argomento: storia illustrata del volo spaziale Il Cielo – caos e armonia del mondo Jean–Pierre Verdet 8 Electa – Gollimard 1993 192 pagine >100 illustrazioni Lingua: italiano Livello: divulgativo Argomento: fenomeni celesti Newton e la meccanica celeste Jean–Pierre Maury Electa – Gollimard 1995 183 pagine >100 illustrazioni Lingu: italiano Livello: divulgativo Argomento: storia della fisica–astronomia Lire 20.000 Lire 20.000 Big Bang – Origine e destino dell’Universo Trinh Xuan Thuan Electa – Gollimard 1993 184 pagine >100 illustrazioni Lire 20.000 Lingua: italiano Livello: introduttivo Argomento: origine ed evoluzione dell’Universo Galileo messaggero delle stelle Jean–Pierre Maury Electa – Gollimard 1992 168 pagine >100 illustrazioni Lingua: italiano Livello: divulgativo Argomento: storia dell’astronomia I misteri del tempo Paul Davies Arnoldo Mondadori 1996 345 pagine Lingua: italiano Livello: introduttivo Argomento: fisica Lire 20.000 Lire 33.000 DEEP–SKY “ANDROMEDA” Come preannunciato la volta scorsa, iniziamo con questo mesa la pubblicazione della guida all’osservazione degli oggetti non stellari di una determinata costellazione. Abbiamo dedicato un paragrafo ad ogni oggetto, riportando per ciascuno di essi le principali caratteristiche: altre denominazioni, coordinate, tipo di oggetto, magnitudine, dimensioni angolari, angolo di posizione, costellazione, numero della carta dell’Uranometria e dello SkyAtlas su cui è possibile rintracciare l’oggetto, distanza e, infine, dati caratteristici della stella di guida (numero di catalogo, coordinate, magnitudine, distanza angolare e angolo di posizione) da utilizzare per un’eventuale ripresa fotografica con una guida fuori asse. Per alcuni oggetti siamo riusciti a reperire anche un’immagine, ma ci farebbe molto piacere che le immagini foste Voi a mostrarle durante le prossime riunioni. For further information about this paper please contact: Elia Cozzi Via Borghi 14 22076 Mozzate (CO) Italy Phone and Fax: +39–331–830704 Fidonet: 2:331/101 E–mail: [email protected] E–mail: [email protected]