Aterosclerosi e metabolismo delle lipoproteine

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Aterosclerosi
e metabolismo
delle lipoproteine
ASPETTI GENERALI
La malattia ateromatosa è ubiquitaria e costituisce la base
della più diffusa causa di morte (per esempio, l’infarto del
miocardio causato da trombosi – si veda il Capitolo 24 – che
si verifica a causa della rottura di una placca ateromatosa di
un’arteria coronarica) e di disabilità (ictus e insufficienza
cardiaca) nelle società industriali. L’ipertensione è uno dei
fattori di rischio più importanti in caso di ateroma ed è stata
trattata nel Capitolo 22. Qui verranno presi in considerazione
altri fattori di rischio, specialmente le dislipidemie,1 che, come
l’ipertensione, sono trattabili farmacologicamente. In questo
capitolo vengono descritti brevemente la formazione dell’ateroma e il processo di trasporto dei lipidi, che costituiscono la
base per comprendere l’azione dei farmaci che abbassano i
livelli dei lipidi. Vengono descritti i farmaci più importanti
(statine, fibrati, inibitori dell’assorbimento del colesterolo,
derivati dell’acido nicotinico e i derivati dell’olio di pesce);
maggiore enfasi viene posta sulle statine, che riducono l’incidenza delle malattie delle arterie e prolungano la vita.
INTRODUZIONE
In questo capitolo riassumiamo il processo patologico dell’aterogenesi e gli approcci alla prevenzione della patologia aterosclerotica. Conoscere il trasporto delle lipoproteine è la base per
la comprensione dell’attività dei farmaci utilizzati per trattare le
dislipidemie. Viene posta un’attenzione particolare sulle statine,
che rappresentano una grande storia di successo terapeutico, dal
momento che non solo abbassano la colesterolemia ma riducono
anche gli eventi cardiovascolari del 25-50% circa e prolungano
la vita. Tuttavia, in alcuni pazienti la loro tollerabilità è ridotta
o non sono efficaci. Rispetto a quanto accade per le statine, le
evidenze disponibili a favore di un miglioramento dell’outcome
clinico per gli altri farmaci che influenzano le dislipidemie sono
più deboli. Inoltre due ostacoli recentemente emersi, e descritti
in seguito, mettono in discussione l’affidabilità delle variazioni
della concentrazione di lipidi circolanti come parametro predittivo di un miglioramento clinico in risposta ai farmaci. In assenza di una forte evidenza di miglioramento clinico, le altre classi
di farmaci ipolipidemizzanti restano una seconda linea di trattamento rispetto alle statine, quindi in questa parte del testo le
parti in “caratteri piccoli” sono piuttosto numerose.
1
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Il termine dislipidemia è preferito a iperlipidemia poiché si ritiene che una
bassa concentrazione plasmatica del complesso colesterolo-lipoproteina ad alta
densità possa essere dannosa ed è un bersaglio terapeutico.
ATEROGENESI
L’ateroma è una malattia focale dell’intima delle arterie di
grandi e medie dimensioni. Le lesioni si sviluppano nel giro di
decadi, durante le quali, per la maggior parte del tempo, sono
clinicamente silenti; la presenza dei sintomi segnala lo stadio
avanzato della malattia.
Lesioni presintomatiche sono spesso di difficile rilevamento attraverso tecniche non invasive, benché gli ultrasuoni forniscano risultati utili nel caso di arterie accessibili quali le
carotidi, e dei cambiamenti associati come la riduzione della
compliance aortica e la calcificazione delle arterie possono
essere rilevati misurando rispettivamente la velocità dell’onda
sfigmica aortica e la calcificazione delle arterie coronarie.
Fino a poco tempo fa non avevamo a disposizione modelli
sperimentali che utilizzassero specie animali che non fossero
primati, ma l’introduzione di topi transgenici (si veda il Capitolo 7) che mancano di apolipoproteine o di recettori che ricoprano un ruolo chiave nel metabolismo delle lipoproteine
stanno trasformando rapidamente lo scenario. Nonostante tutto,
buona parte delle nostre conoscenze dell’aterogenesi derivano
dall’epidemiologia, dalla patologia umana e da studi clinici.
Gli studi epidemiologici hanno identificato numerosi fattori di rischio per la malattia ateromatosa. Alcuni di questi non
possono essere modificati (per esempio, una storia familiare
di malattia cardiaca ischemica), ma altri lo sono (Tabella 23.1)
e rappresentano bersagli potenziali per la terapia farmacologica. Studi clinici hanno mostrato che il miglioramento di
fattori di rischio può ridurre le conseguenze delle patologie
ateromatose.
Molti fattori di rischio (per esempio, diabete di tipo 2, displidemia, tabagismo) determinano una disfunzione endoteliale (si veda il Capitolo 22), che viene evidenziata da una
ridotta risposta vasodilatatoria all’acetilcolina o all’aumento
del flusso ematico (la cosiddetta “dilatazione flusso-mediata”;
queste risposte vengono inibite da farmaci che bloccano la
sintesi di NO (si veda il Capitolo 20).
L’endotelio sano produce NO e altri mediatori che prevengono la formazione degli ateromi. Da questo consegue che i
fattori di rischio cardiovascolare di tipo metabolico agiscono
probabilmente causando una disfunzione endoteliale.
I seguenti processi sono coinvolti nell’aterogenesi:
1. La disfunzione endoteliale, associata a biosintesi alterata di
NO (si veda il Capitolo 20), predispone all’aterosclerosi.
2. La lesione di un endotelio funzionalmente alterato promuove
l’espressione di molecole di adesione. Questo promuove
l’adesione dei monociti e la loro migrazione dal lume all’intima.
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ATEROSCLEROSI E METABOLISMO DELLE LIPOPROTEINE
Tabella 23.1 Fattori di rischio modificabili
per la malattia ateromatosa
Aumentati livelli di lipoproteine-colesterolo a bassa densità
Ridotti livelli di lipoproteine-colesterolo ad alta densità
Ipertensione (si veda il Capitolo 22)
Diabete mellito (si veda il Capitolo 30)
Tabagismo (si veda il Capitolo 48)
Ipertensione (si veda il Capitolo 31)
Inattività fisica
Aumento della proteina C reattivaa
Aumento dei fattori di coagulazione (per esempio, fattore VII,
fibrinogeno)
Aumento dell’omocisteina
Aumento delle lipoproteine(a)b
a
Associata fortemente con patologie ateromatose, ma non è noto
se ciò sia fortuito.
Potenzialmente modificabile ma fortemente determinato
geneticamente: l’acido nicotinico abbassa i livelli delle lipoproteine(a).
b
Le lesioni si formano preferenzialmente in regioni dei vasi che
presentano un flusso perturbato, come i siti di ramificazione
dell’aorta.
3. Le particelle di lipoproteine a bassa densità (LDL) sono
trasportate nelle pareti dei vasi. Le cellule endoteliali e i
monociti/macrofagi producono radicali liberi che ossidano
le LDL (oxLDL), determinando la perossidazione lipidica.
4. Le oxLDL vengono catturate dai macrofagi per mezzo dei
loro recettori “scavenger” (recettori-spazzini). Questi macrofagi sono detti cellule schiumose a causa del loro aspetto
istologico prodotto dall’accumulo citoplasmatico di vescicole lipidiche e sono caratteristici dell’ateroma. L’internalizzazione delle oxLDL attiva i macrofagi e porta al rilascio
di citochine proinfiammatorie.
5. Le cellule schiumose e i linfociti T si raggruppano nel sottoendotelio formando delle strisce di grasso.
6. Il colesterolo può essere mobilizzato dalla parete arteriosa
e trasportato nel plasma sotto forma di lipoproteine a elevata densità (HDL), un meccanismo chiamato “trasporto inverso del colesterolo”.
7. Le piastrine attivate, i macrofagi e le cellule endoteliali liberano citochine e fattori di crescita, i quali inducono la
proliferazione delle cellule muscolari e la deposizione di
componenti del tessuto connettivo. Questa risposta fibroproliferativa infiammatoria porta alla formazione di un
cappello fibroso di tessuto connettivo denso che ricopre la
parte centrale costituita da lipidi; nel suo complesso questa
struttura viene chiamata placca ateromatosa.
8. La placca può fissurarsi, formando il substrato per una
trombosi (si vedano le Figure 24.1 e 24.10). La presenza
di un gran numero di macrofagi predispone la placca alla
rottura, mentre la muscolatura liscia vasale e le proteine
della matrice tendono a stabilizzarla.
Per comprendere come i farmaci prevengano la malattia ateromatosa, è necessario prima rivedere brevemente il trasporto
lipoproteico.
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TRASPORTO LIPOPROTEICO
I lipidi e il colesterolo sono trasportati nel torrente sanguigno
sotto forma di complessi macromolecolari di lipidi e proteine
chiamati lipoproteine. Le lipoproteine sono costituite da un
nucleo centrale di lipidi idrofobici (trigliceridi ed esteri del
colesterolo) racchiuso da un involucro più idrofilico, che è
costituito da sostanze polari come i fosfolipidi, il colesterolo
non esterificato e le apolipoproteine.
Vi sono quattro classi principali di lipoproteine, che differiscono tra loro per la composizione del nucleo lipidico e per il
tipo di apoproteina (tipologie differenti di apoA e apoB; si veda
oltre). Le apoproteine si legano a recettori specifici che mediano la captazione delle particelle lipoproteiche nel fegato, nel
sangue o in altri tessuti.
Le lipoproteine variano per dimensione e densità e proprio
quest’ultima proprietà, misurata originariamente tramite ultracentrifugazione ma attualmente comunemente stimata con
metodi più semplici, è la base per la loro classificazione in:
particelle HDL (contengono apoA1 e apoA2), diametro
7-20 nm
particelle LDL (contengono apoB-100), diametro 20-30 nm
particelle lipoproteiche a bassissima densità (VLDL) (contengono apoB-100), diametro 30-80 nm
chilomicroni (contengono apoB-48), diametro 100-1.000 nm.
Ognuna di queste classi di lipoproteine svolge un ruolo specifico nel trasporto dei lipidi e ci sono vie di trasporto diverse
per i lipidi endogeni e per quelli esogeni, così pure vie per il
trasporto inverso del colesterolo (Figura 23.1). Nella via
esogena, il colesterolo e i trigliceridi assorbiti dall’ileo sono
trasportati come chilomicroni nella linfa e, successivamente,
nel sangue per giungere attraverso i capillari nei muscoli e nel
tessuto adiposo. Qui, i trigliceridi vengono idrolizzati dalle
lipasi per le lipoproteine e il tessuto capterà gli acidi grassi
liberi e il glicerolo. I chilomicroni rimanenti, contenenti ancora
la loro dotazione completa di esteri del colesterolo, giungono
al fegato dove si legano ai recettori posti sugli epatociti e
vengono internalizzati per endocitosi. All’interno delle cellule
epatiche viene liberato il colesterolo, che può essere accumulato, ossidato ad acidi biliari, secreto inalterato nella bile o
entrare nella via endogena.
Nella via endogena, il colesterolo e i trigliceridi di nuova
sintesi vengono trasportati come VLDL dal fegato ai muscoli e al tessuto adiposo, dove si verifica l’idrolisi dei trigliceridi ad acidi grassi e glicerolo; questi poi entrano nei
tessuti come è stato descritto in precedenza. Durante questo
processo le particelle lipoproteiche diventano più piccole ma
conservano una gamma completa di esteri del colesterolo e
diventano particelle LDL. Le LDL costituiscono una fonte di
colesterolo per le membrane cellulari e per la sintesi degli
steroidi (si vedano i Capitoli 32 e 34), ma hanno anche un
ruolo chiave nell’aterogenesi. Le cellule internalizzano le
LDL tramite endocitosi attraverso i recettori per le LDL che
riconoscono apoB-100. Il colesterolo può tornare al plasma
dai tessuti nelle particelle HDL (trasporto inverso del colesterolo). Il colesterolo viene esterificato con acidi grassi a
catena lunga nelle particelle HDL e i risultanti esteri del colesterolo vengono successivamente trasferiti alle particelle
VLDL o LDL per mezzo di una proteina trasportatrice presente nel plasma e chiamata proteina transfer dell’estere del
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colesterolo (CEPT). La lipoproteina(a), o Lp(a), è un tipo di
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PARTE III
FARMACOLOGIA DEI PRINCIPALI SISTEMI D’ORGANO
Via endogena
Legame
delle resine
Via esogena
EPATOCITI
Le statine riducono
la sintesi di C
HMG-CoA
reduttasi
HMG-CoA
MVA
“Invaginazione
a canestro”
Le statine,
le resine e i fibrati
aumentano
I fibrati
riducono
la secrezione
C
DOTTO BILIARE
Acidi biliari
eC
Acidi biliari
VENA PORTA
Recettori
LDL
Colesterolo
e grassi
nella dieta
FEGATO
L’ezetimibe riduce
l’assorbimento di C
Acidi grassi
+
Glicerolo
+
C
NPC1L1
INTESTINO
Chilomicroni
rimanenti
VLDL
CETP
HDL
I fibrati
aumentano
LDL
Chilomicroni
Eliminazione fecale
degli acidi
biliari
Lipasi lipoproteica
ENDOTELIO VASALE
C dal turnover Captazione
delle cellule
di C
Acidi grassi
liberi
Acidi grassi
liberi
TESSUTI PERIFERICI
(GRASSO, MUSCOLI)
Figura 23.1 Diagramma schematico del trasporto di colesterolo nei tessuti, con i siti di azione dei principali farmaci attivi
sul metabolismo lipoproteico.
C = colesterolo; CETP = proteina di trasporto degli esteri del colesterolo; HDL = lipoproteina a elevata densità; HMG-CoA
reduttasi = 3-idrossi-3-metilglutaril-coenzima A reduttasi; LDL = lipoproteina a bassa densità; MVA = mevalonato;
NPC1L1 = un trasportatore di colesterolo nell’orletto a spazzola degli enterociti; VLDL = lipoproteine a bassissima densità.
LDL che è strettamente associata all’aterosclerosi ed è localizzata nelle lesioni aterosclerotiche. Lp(a) contiene una apoproteina unica, apo(a), che presenta una notevole somiglianza
strutturale con il plasminogeno (si veda il Capitolo 24). La
lipoproteina(a) compete con il plasminogeno, inibendone il
legame ai propri recettori localizzati sulle cellule endoteliali.
Normalmente il plasminogeno è il substrato dell’attivatore del
plasminogeno, che viene secreto e legato dalle cellule endoteliali dando origine all’enzima fibrinolitico plasmina (si veda
la Figura 24.10). L’effetto del legame di Lp(a) è quello di ridurre la produzione di plasmina, con conseguente inibizione
della fibrinolisi e promozione della trombosi.
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▼ L’interesse dei ricercatori è attualmente concentrato su quattro proteine di
trasporto dei lipidi che si ipotizza siano coinvolte nell’aterogenesi (si veda la
rassegna di Stein e Stein, 2005). ACAT (acil coenzima A: colesterolo aciltransferasi), che è espressa in due forme, catalizza la sintesi intracellulare del
colesteril estere nei macrofagi, nella corteccia surrenale, nello stomaco e
nel fegato. LCAT (lecitina colesterolo aciltransferasi) catalizza la sintesi del
colesteril estere nelle particelle HDL. CETP e PLTP (proteine di transfer dei
fosfolipidi) sono coinvolte nel trasferimento del colesterolo tra differenti
classi di lipoproteine del plasma. Il tamoxifene, utilizzato nel trattamento e
nella prevenzione del cancro della mammella (si vedano i Capitoli 34 e 55) è
un potente inibitore di ACAT (si veda de Medina et al., 2004).
DISLIPIDEMIA
Le dislipidemie possono essere primarie o secondarie. Le forme
primarie sono dovute a una combinazione di cause dietetiche
e genetiche (spesso, ma non sempre, sono poligeniche). Sono
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ATEROSCLEROSI E METABOLISMO DELLE LIPOPROTEINE
Tabella 23.2
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Classificazione delle iperlipoproteinemie secondo Frederickson/World Health Organization
Tipo
Lipoproteina aumentata Colesterolo
Trigliceridi Rischio di aterosclerosi
Trattamento farmacologico
I
Chilomicroni
+
+++
NE
Nessuno
IIa
LDL
++
NE
Alto
Statina ± ezetimibe
IIb
LDL + VLDL
++
++
Alto
Fibrati, statina, acido nicotinico
III
␤VLDL
++
++
Moderato
Fibrati
IV
VLDL
+
++
Moderato
Fibrati
V
Chilomicroni + VLDL
+
++
NE
Fibrati, niacina, olio di pesce
e combinazioni di statina
+ = aumento della concentrazione; LDL = lipoproteine a bassa densità; NE = non aumentato; VLDL = lipoproteina a bassissima densità;
␤VLDL = una forma qualitativamente anomala di VLDL identificata dal comportamento all’elettroforesi.
classificate in sei fenotipi (classificazione di Frederickson;
Tabella 23.2). Esiste un elevato rischio di malattia ischemica del
cuore nel sottotipo di tipo primario IIa, dovuta a un difetto
monogenico dei recettori LDL; questa è conosciuta come ipercolesterolemia familiare e in questi casi la concentrazione sierica
del colesterolo passa generalmente da >8 mmol/L negli eterozigoti a >12-25 mmol/L negli omozigoti. Lo studio di questa
malattia ha permesso a Brown e Goldstein (1986) di definire la
via del recettore delle LDL nell’omeostasi del colesterolo (lavoro per il quale condivisero il premio Nobel). I farmaci utilizzati per trattare le dislipidemie primarie sono descritti oltre.
Metabolismo delle lipoproteine e dislipidemie
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I lipidi, come il colesterolo e i trigliceridi, vengono trasportati
nel plasma come lipoproteine, di cui conosciamo quattro classi:
i chilomicroni trasportano trigliceridi e colesterolo
dal tratto gastrointestinale ai tessuti, dove vengono scissi
dalla lipasi lipoproteica rilasciando acidi grassi liberi
e glicerolo, che vengono captati dal muscolo e dalle cellule
adipose; i chilomicroni rimanenti vengono poi captati
dal fegato, dove il colesterolo viene accumulato, ossidato
ad acidi biliari o convertito a
lipoproteine a densità molto bassa (VLDL),
che trasportano colesterolo e trigliceridi di nuova sintesi
ai tessuti, dove i trigliceridi vengono rimossi come descritto
precedentemente, lasciando
particelle di lipoproteine a densità intermedia e bassa
(LDL), che contengono una grande quantità di colesterolo;
alcune LDL vengono captate in parte dai tessuti e in parte
dal fegato mediante endocitosi mediata dai recettori
specifici delle LDL
l particelle di lipoproteine ad alta densità (HDL),
che assorbono il colesterolo che deriva dalla degradazione
cellulare nei tessuti (comprese le arterie) e lo trasferiscono
alle particelle VLDL e alle LDL tramite la proteina
di transfer degli esteri del colesterolo (CETP)
Le dislipidemie possono essere primarie o secondarie
a una patologia (per esempio, ipotiroidismo). Vengono
classificate in sei fenotipi (classificazione di Frederickson)
in funzione di quale tipo di particella lipoproteica sia
interessato dall’anomalia. Il rischio di malattia ischemica del
cuore aumenta con il crescere della concentrazione plasmatica
di LDL-colesterolo e con il decrescere di HDL-colesterolo.
Le forme secondarie di dislipidemia sono una conseguenza di
altre condizioni quali il diabete mellito, l’alcolismo, la sindrome
nefrotica, l’insufficienza renale cronica, l’ipotiroidismo, le
epatopatie, l’assunzione di farmaci quali l’isotretinoina (un
isomero della vitamina A somministrato per via orale o per via
topica nel trattamento dell’acne grave), il tamoxifene (Mikhailidis
et al., 1997; si veda oltre), la ciclosporina (si veda il Capitolo
26) e gli inibitori delle proteasi che vengono utilizzati nel trattamento delle infezioni da virus dell’immunodeficienza umana
(si veda il Capitolo 51). Le forme secondarie sono trattate, laddove possibile, correggendone la causa.
PREVENZIONE
DELLA MALATTIA ATEROMATOSA
Il trattamento farmacologico viene spesso giustificato per supplementare abitudini sane. Il trattamento dell’ipertensione (si
veda il Capitolo 22) e, a livello inferiore, del diabete mellito
(si veda il Capitolo 30) riduce l’incidenza delle patologie ateromatose sintomatiche e i farmaci antitrombotici (si veda il
Capitolo 24) riducono la trombosi arteriosa. La riduzione delle LDL è molto efficace ed è l’obiettivo principale del presente capitolo, ma molti altri passaggi dell’aterogenesi sono
potenziali bersagli per un attacco farmacologico.
▼ Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (si veda il
Capitolo 22) migliorano la funzione endoteliale e prolungano la vita del
paziente con patologie ateromatose. Altri farmaci che inoltre aumentano
la biosintesi o la disponibilità di NO sono sotto studio.
Provvedimenti per aumentare le HDL: un moderato consumo di alcol
aumenta le HDL e i dati epidemiologici sono a favore di un consumo moderato di alcol nelle persone anziane. Anche l’attività fisica regolare aumenta
le HDL circolanti; non sono certi i benefici dei trattamenti farmacologici per
aumentare le HDL. I fibrati e i derivati dell’acido nicotinico (si veda oltre)
aumentano moderatamente le HDL e riducono le LDL e i trigliceridi. Nei
soggetti con bassi livelli di HDL l’inibizione con il torcetrapib della proteina del transfer degli esteri del colesterolo (CETP) aumenta notevolmente le
HDL, ma aumenta anche la pressione sanguigna e la mortalità da tutte le
cause del 60% (questo ha interrotto bruscamente il suo sviluppo). Non è
chiaro se si tratti di un effetto attribuibile all’intera classe farmacologica, ma
l’anacetrapib aumenta notevolmente le HDL senza aumentare la pressione
sanguigna; il suo effetto sulla mortalità non è ancora noto. ApoA-I Milano è
una variante dell’apolipoproteina A-I identificata in individui dell’Italia
rurale con livelli di HDL molto bassi ma con prevalenza quasi nulla di pato291
logie cardiovascolari. L’infusione di un complesso costituito da fosfolipidi
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PARTE III
FARMACOLOGIA DEI PRINCIPALI SISTEMI D’ORGANO
FARMACI CHE RIDUCONO
I LIVELLI DI LIPIDI
Malattia ateromatosa
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L’ateroma è una malattia focale delle arterie di medio
e grosso calibro. Le placche ateromatose si riscontrano nella
maggior parte degli individui, progrediscono insidiosamente
nel corso dei decenni e sono alla base delle cause di morte
più comuni (infarto del miocardio) e della disabilità
(per esempio, da ictus) nei Paesi industrializzati.
Le strisce di lipidi sono il primo segno della lesione
e progrediscono a placca fibrosa o grassa. I sintomi
dipendono dal letto vascolare e si percepiscono solo
quando il flusso ematico si riduce al di sotto delle richieste
metaboliche del tessuto a valle dell’ostruzione.
I fattori di rischio più importanti, che sono modificabili,
sono rappresentati dall’ipertensione (si veda il Capitolo 22),
dalle dislipidemie (questo capitolo) e dal fumo
(si veda il Capitolo 48).
La fisiopatologia è un’infiammazione cronica in risposta
al danno. Le alterate funzioni endoteliali portano
a una perdita dei meccanismi protettivi, alla migrazione
dei macrofagi/monociti e delle cellule T, alla captazione
delle LDL-C e alla loro ossidazione, alla captazione
delle LDL ossidate da parte dei macrofagi, alla migrazione
e alla proliferazione delle cellule muscolari lisce
e alla deposizione del collagene.
La rottura delle placche porta all’attivazione delle piastrine
e alla trombosi (si veda il Capitolo 24).
e ApoA-I Milano ricombinante produce una regressione rapida dell’aterosclerosi in modelli animali e la sua somministrazione endovenosa causa regressione dell’aterosclerosi nei pazienti con sindrome coronarica acuta. È
costosa da produrre e deve essere somministrata per via endovenosa, ma
questa strategia continua a essere oggetto di grande interesse (si veda la
rassegna di Duffy e Rader, 2009).
Gli antiossidanti (per esempio, vitamine C ed E) rivestono un particolare interesse sia perché migliorano la funzione endoteliale in pazienti con
aumentato stress ossidativo, sia perché evidenze epidemiologiche indicano
che una dieta ricca in antiossidanti è associata a un ridotto rischio di malattie coronariche. I risultati degli studi clinici sono stati tuttavia negativi e
diversi antiossidanti riducono le HDL. Gli estrogeni, utilizzati per prevenire i sintomi della menopausa (si veda il Capitolo 34) e per prevenire
l’osteoporosi postmenopausale, hanno proprietà antiossidanti ed esercitano
altri effetti vascolari che potrebbero rivelarsi benefici. Le evidenze epidemiologiche suggeriscono che le donne che utilizzano questa terapia ormonale sostitutiva sono soggette a rischi ridotti di malattia ateromatosa, ma un
grosso studio clinico controllato ha mostrato significativi effetti avversi
sulla mortalità cardiovascolare (si vedano il Capitolo 34 e il commento di
Dubey et al., 2004).
Approcci antinfiammatori: il trattamento farmacologico volto a ridurre la proteina C reattiva è stato oggetto di dibattito, ma è possibile che la
proteina C reattiva ad alti livelli sia indicativa dello stato infiammatorio
vascolare e non indichi un suo coinvolgimento diretto nella progressione
della patologia. Altre misure antinfiammatorie sono sotto studio; per
esempio, un acil coenzima A e gli inibitori della colesterolo aciltransferasi (ACAT ).
Altre nuove terapie in corso di sviluppo comprendono i farmaci che
inibiscono la sintesi dello squalene, gli inibitori delle proteine di trasporto
microsomali (MTP) e farmaci che alterano la apoB. Tra i farmaci che alterano l’apoB, il mipomersen è particolarmente interessante: si tratta di
un oligonucleotide antisenso complementare alla regione codificante per
apoB-100 del suo mRNA. È un RNA di interferenza (iRNA; si veda il
Capitolo 59) modificato per renderlo resistente alle nucleasi. Iniettato una
volta a settimana mostra un marcato effetto di diminuzione delle LDL nei
pazienti con ipercolesterolemia familiare, che sono altamente resistenti ai
trattamenti farmacologici (Kastelein et al., 2006).
Diversi farmaci sono in grado di ridurre i livelli plasmatici di
LDL. La terapia farmacologica viene utilizzata in aggiunta ai
provvedimenti dietetici e alla correzione di altri fattori di rischio
cardiovascolari modificabili.
Le principali classi di farmaci utilizzati clinicamente sono:
le statine: inibitori delle 3-idrossi-3-metilglutaril-coenzima
A reduttasi (HMG-CoA)
i fibrati
gli inibitori dell’assorbimento del colesterolo
acido nicotinico o suoi derivati
derivati dagli oli di pesce.
L’olio di pesce può abbassare le concentrazioni di trigliceridi
plasmatici ma può aumentare il colesterolo plasmatico.
STATINE: INIBITORI
DELLA HMG-CoA REDUTTASI
L’enzima limitante la sintesi del colesterolo è la HMG-CoA
reduttasi, che catalizza la conversione di HMG-CoA ad acido
mevalonico (si veda la Figura 23.1). Simvastatina, lovastatina e pravastatina sono inibitori specifici, reversibili e competitivi della HMG-CoA reduttasi con valori di Ki di circa
1 nmol/L. Atorvastatina e rosuvastatina sono inibitori dall’azione prolungata. La riduzione della sintesi epatica del colesterolo promuove l’aumento della sintesi dei recettori delle
LDL e, di conseguenza, un aumento della clearance delle
LDL-C che dal plasma passano alle cellule epatiche. Il principale effetto biochimico delle statine è quindi quello di ridurre
le LDL plasmatiche. Determinano anche una certa riduzione
nei trigliceridi plasmatici e un aumento delle HDL. Diversi
grandi studi clinici controllati e randomizzati contro placebo
sugli effetti degli inibitori delle HMG-CoA reduttasi sulla
morbilità e sulla mortalità hanno dato risultati positivi.
▼ Lo Scandinavian Simvastatin Survival Study (4S) ha arruolato pazienti con cardiopatia ischemica e colesterolemia di 5,5-8,0 mmol/L: la simvastatina abbassò i livelli di LDL del 35% e i livelli di mortalità del 30%
(Figura 23.2). Questo ha determinato una riduzione del 42% della morte
per patologie coronariche con un follow-up medio di 5,4 anni. In altri
studi clinici con diverse statine è stata confermata una riduzione della
mortalità sia in pazienti con patologie cardiache ischemiche (per esempio,
Cholesterol And Recurrent Events, CARE) sia in persone sane a rischio di
patologie coronariche che presentavano valori piuttosto alti e variabili di
colesterolo e altri fattori di rischio (per esempio, West of Scotland Coronary Prevention Study, WOSCOPS, Heart Protection Study e AngloScandinavian Cardiac Outcomes Trial, ASCOT). La riduzione marcata dei
livelli di LDL osservata dopo trattamento con 80 mg di atorvastatina, era
di gran lunga superiore a quella osservata con la dose di 10 mg, ma con
una maggiore incidenza di livelli plasmatici anomali di attività della
transaminasi (si veda LaRosa et al., 2005). In alcuni studi di prevenzione
secondaria con le statine, gli eventi cardiovascolari scendono in maniera
correlata a quella dei livelli di LDL-C quando questi cadono tra 1,8 e
4,9 mmol/L, e a questi livelli la frequenza degli eventi cade sulla stessa
linea nei pazienti trattati con placebo e con le statine.
Altre azioni delle statine
I prodotti della via del mevalonato reagiscono con le proteine
(“lipidizzazione”, ovvero l’aggiunta a una proteina di gruppi
idrofobici come le componenti preniliche o farnesiliche). Diversi
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ATEROSCLEROSI E METABOLISMO DELLE LIPOPROTEINE
23
Uso clinico degli inibitori della HMG-CoA
reduttasi (statine: per esempio, simvastatina,
atorvastatina)
1,00
Proporzione di vivi
0,95
0,90
Simvastatina
0,85
Placebo
0,80
p = 0,0003
0,00
0
1
2
3
4
5
Anni dalla randomizzazione
6
Figura 23.2 Sopravvivenza di pazienti con patologia
coronarica e con livelli sierici di colesterolo compresi
tra 5,5-8,0 mmol/L e trattati con placebo o con simvastatina.
Il rischio relativo di morte nel gruppo trattato con simvastatina
era 0,70 (con il 95% di confidenza negli intervalli 0,58-0,85).
(Adattata da: 4S study, 1994, Lancet 344: 1383-1389.)
enzimi di membrana di ruolo rilevante (per esempio, la NO
sintasi endoteliale; si veda il Capitolo 20) vengono modificati
in questo modo. Queste catene di acidi grassi servono da ancoraggio, legando l’enzima alla membrana di organelli intracellulari come le caveole o l’apparato di Golgi. Di conseguenza,
ora si sta valutando l’azione delle statine indipendentemente
dai loro effetti principali legati all’abbassamento delle LDL-C
(talvolta riferite come effetti pleiotropici). Alcune di queste
azioni sono indesiderabili (per esempio, la HMG-CoA reduttasi guida la migrazione delle cellule germinali primordiali, e
l’uso della statina è controindicato durante la gravidanza), ma
molte altre rappresentano delle promesse terapeutiche, per
esempio nella malattia di Alzheimer, dove il ruolo della statine
è controverso (si veda la rassegna di Querfurth e LaFerla, 2010),
e nella prevenzione del cancro della prostata (si veda Shannon
et al., 2005). Questi effetti sono:
miglioramento della funzione endoteliale
riduzione dell’infiammazione vascolare
riduzione dell’aggregabilità piastrinica
aumento della neovascolarizzazione nei tessuti ischemici
aumento dei livelli ematici delle cellule endoteliali progenitrici
stabilizzazione della placca aterosclerotica
azione antitrombotica
aumento della fibrinolisi
inibizione della migrazione delle cellule germinali durante
lo sviluppo
immunosoppressione
protezione contro la sepsi.
Il grado con cui questi effetti contribuiscono all’azione antiateromatosa delle statine non è ancora noto.
Farmacocinetica
Le statine a breve durata di azione vengono somministrate per
via orale di notte prima di andare a letto, in modo tale da ridur-
C0115.indd 293
Prevenzione secondaria dell’infarto del miocardio e dell’ictus
nei pazienti che hanno malattia aterosclerotica sintomatica
(per esempio angina, attacchi ischemici transitori,
o dopo infarto acuto del miocardio o ictus).
Prevenzione primaria della malattia arteriosa nei pazienti
che sono ad alto rischio a causa degli elevati livelli sierici
di colesterolo, specialmente se ci sono altri fattori di rischio
per l’aterosclerosi. Vengono utilizzate delle tabelle
(disponibili, per esempio, nel British National Formulary)
per ottimizzare le terapie per i pazienti con rischio più grave.
L’atorvastatina abbassa il colesterolo sierico nei pazienti
con ipercolesterolemia familiare omozigote.
Nelle dislipidemie gravi e resistenti ai farmaci (per esempio,
ipercolesterolemia familiare eterozigote), in aggiunta
alla statina si utilizza l’ezetimibe.
Controindicate in gravidanza.
re il picco di sintesi del colesterolo che normalmente si osserva
di prima mattina. L’assorbimento è buono e così pure l’accumulo epatico, loro sito di azione; sono soggette a un esteso
metabolismo presistemico dal citocromo P450 e dalla glucoronidazione. La simvastatina è un lattone inattivo che agisce
da profarmaco; viene metabolizzato dal fegato nella sua forma
attiva, il corrispondente acido grasso ␤-idrossilato.
Effetti avversi
Le statine sono ben tollerate e gli effetti indesiderati di lieve
entità comprendono dolore muscolare (mialgia), disturbi gastrointestinali, un aumento della concentrazione plasmatica
degli enzimi epatici, insonnia e rash cutanei. Gli effetti avversi più seri sono rari, ma tra questi vi sono una miosite piuttosto
grave (rabdomiolisi) e l’angioedema.
La miosite è un effetto della classe delle statine, che si verifica anche con altri farmaci ipolipemizzanti (in particolare i
fibrati) ed è dipendente dalla dose.2 È più comune nei pazienti
con ridotta massa magra o ipotiroidismo non compensato.
FIBRATI
Sono disponibili diversi derivati dell’acido fibrico (fibrati), tra
i quali il bezafibrato, il ciprofibrato, il gemfibrozil, il fenofibrato e il clofibrato. Questi farmaci riducono marcatamente le
VLDL circolanti, e di conseguenza i trigliceridi, ma l’effetto di
riduzione sulle LDL è minore (del 10% circa). Le HDL vengono aumentate del 10%. Il loro meccanismo di azione è complesso (si veda la Figura 23.1). Sono agonisti dei recettori
nucleari PPAR␣3 (si veda il Capitolo 3), e nell’uomo gli effetti
2
La cerivastatina, una potente statina in uso a dosi relativamente alte, è stata
ritirata per le miositi severe provocate soprattutto nei pazienti trattati anche
con gemfibrozil, come discusso successivamente nel capitolo.
3
Sta per recettori di proliferazione dei perossisomi (ci sono delle incongruenze,
poiché i perossisomi sono organelli assenti nelle cellule umane, quindi qualche
cosa deve essere cambiato nel nome!). I farmaci come i tiazolidinedioni,
utilizzati per il trattamento del diabete, agiscono sui recettori PPAR␥ (si veda
293
il Capitolo 30).
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23
PARTE III
FARMACOLOGIA DEI PRINCIPALI SISTEMI D’ORGANO
Uso clinico dei fibrati (gemfibrozil, fenofibrato)
Dislipidemie miste (per esempio, livelli aumentati di trigliceridi
e di colesterolo), a meno che queste non siano causate
da un eccessivo consumo di alcol. Il fenofibrato
è un uricosurico, questo potrebbe essere utile dove
l’iperuricemia coesista con una dislipidemia mista.
In pazienti con bassi livelli di lipoproteine ad alta densità
e con alto rischio di malattia ateromatosa (spesso pazienti
diabetici di tipo II; si veda il Capitolo 30).
Combinato con altri farmaci che abbassano i livelli dei lipidi
nei pazienti con dislipidemia grave e resistente ai trattamenti.
Questo potrebbe, però, aumentare il rischio di rabdomiolisi.
FARMACI CHE INIBISCONO
L’ASSORBIMENTO DI COLESTEROLO
Storicamente le resine leganti gli acidi biliari (per esempio, la
colestiramina e il colestipolo) erano gli unici farmaci disponibili per ridurre l’assorbimento del colesterolo ed erano, anche,
tra i pochi mezzi disponibili per ridurre il colesterolo plasmatico. Dopo somministrazione orale, sequestrano gli acidi biliari
all’interno dell’intestino, prevenendo così il loro riassorbimento e il ricircolo enteroepatico (si veda la Figura 23.1). La concentrazione del colesterolo HDL-C rimane invariata e si può
osservare un aumento indesiderato dei trigliceridi.
▼ Lo studio delle “American Lipid Research Clinics” effettuato su uomini di media età con ipercolesterolemia primaria mostrò che l’aggiunta di
una resina al trattamento dietetico portava alla riduzione media del 13%
del colesterolo plasmatico e del 20-25% della malattia coronarica in 7 anni,
ma nessuno studio ha mostrato un miglioramento del grado di sopravvivenza. Il diminuito assorbimento del colesterolo esogeno e l’aumentato
metabolismo di quello endogeno per la sintesi degli acidi biliari nel fegato
portano a un aumento dell’espressione dei recettori per LDL negli epatociti e perciò a un aumento della clearance delle LDL-C dal sangue con la
conseguente riduzione della concentrazione della LDL-C plasmatica. Le
resine sono voluminose, poco palatabili e causano spesso diarrea. Interferiscono con l’assorbimento delle vitamine liposolubili e dei diuretici tiazidici (si vedano i Capitoli 22 e 28), della digossina (si veda il Capitolo 21)
e del warfarin (si veda il Capitolo 24), che dovrebbero pertanto venire
assunti almeno un’ora prima delle resine o 4-6 ore dopo. Con l’introduzione delle statine, il loro utilizzo nel trattamento delle dislipidemie è rimasto
relegato al ruolo di risorsa aggiuntiva nei pazienti con malattia grave (per
esempio, le ipercolesterolemie familiari) e (come utilizzo separato) nel
trattamento di sintomi correlati con gli acidi biliari quali prurito e diarrea
(si veda il box clinico). Il colesevelam (di recente introduzione) ha una
massa minore (la dose giornaliera arriva a 4 g rispetto ai 36 della colestiramina) ma è più costoso. Successivamente vari steroli e stanoli vegetali sono
stati introdotti sul mercato; vengono ricavati dalla pasta di legno e usati
come additivi a margarine e yogurt. Riducono lievemente il colesterolo
plasmatico e hanno un gusto migliore delle resine.5 Il loro meccanismo non
è chiaro; all’interno del tubo digerente, il sitostanolo compete con il colesterolo per il sito di assorbimento, mentre il sitosterolo interferisce con il
trasporto del colesterolo all’interno dell’enterocita.
principali sono l’aumento della trascrizione dei geni per la lipasi lipoproteica, per apoA1 e apoA5. Aumentano la captazione epatica delle LDL. Oltre agli effetti sulle lipoproteine, i
fibrati riducono i livelli plasmatici di proteina C reattiva e di
fibrinogeno, migliorano la tolleranza glucidica e inibiscono
l’infiammazione della muscolatura liscia vasale inibendo
l’espressione del fattore di trascrizione nucleare κB. Come
avviene per gli effetti pleiotropici delle statine (si veda sopra),
si tratta di azioni di grande interesse, sebbene ancora una volta
non sia chiaro se abbiano una corrispettiva rilevanza clinica.
▼ In uno studio contro placebo effettuato su uomini di mezza età con
iperlipoproteinemia primitiva, il gemfibrozil ha ridotto la coronaropatia
di circa un terzo. Con i fibrati non si è però osservato alcun effetto sulla
sopravvivenza. Uno sviluppo recente è emerso dallo studio clinico sulle
HDL-C compiuto dall’US Veterans Affairs Department coinvolgendo
circa 2.500 uomini con malattia coronarica e bassi livelli di HDL-C associati a bassi livelli di LDL-C. In questo studio si mostra come il
gemfibrozil aumenti le HDL-C e riduca la malattia coronarica e l’infarto.
La frequenza di questi eventi fu correlata con il cambiamento dei livelli
delle HDL-C ma non con quello dei trigliceridi o della LDL-C, suggerendo che l’aumento delle HDL-C determinato dai fibrati riduca il rischio
vascolare.
Effetti avversi
La miosite è un fenomeno abbastanza insolito, ma può essere
particolarmente grave (rabdomiolisi) ed essere accompagnato
da mioglobinuria e insufficienza renale acuta. Questo si verifica principalmente nei pazienti con ridotta funzionalità renale a causa del basso legame del farmaco alle proteine
plasmatiche e alla sua scarsa eliminazione. I fibrati dovrebbero essere evitati in questi pazienti e anche negli alcolisti che
sono predisposti all’ipertrigliceridemia, ma anche a rischio di
rabdomiolisi.4
La miosite può anche essere causata (raramente) dalle statine (si veda sopra) e l’uso combinato dei fibrati con questa
classe di farmaci è perciò generalmente sconsigliabile (sebbene qualche volta venga proposto da alcuni specialisti). I fibrati
possono causare una varietà di sintomi gastrointestinali, prurito e irritazioni cutanee molto più frequentemente delle statine.
Il clofibrato predispone all’insorgenza di calcoli biliari e il suo
uso è perciò limitato ai pazienti che hanno avuto colecistectomia
(rimozione della cistifellea).
294
4
Per molte ragioni, inclusa la tendenza a giacere immobili per periodi prolungati
seguita da convulsioni generalizzate – “rum fits” – e delirium tremens.
C0115.indd 294
Ezetimibe
L’ezetimibe fa parte del gruppo degli azetidoni che inibiscono
l’assorbimento del colesterolo ed è indicato come aggiunta alla
dieta e alle statine nell’ipercolesterolemia. Inibisce specificatamente l’assorbimento del colesterolo (e degli stanoli vegetali)
nel duodeno bloccando una proteina di trasporto (NPC1L1),
localizzata nell’orletto a spazzola degli enterociti, senza modificare l’assorbimento di vitamine lipofile, trigliceridi o acidi
biliari. A causa della sua elevata potenza rispetto alle resine
(dose giornaliera di 10 mg rispetto a una dose di resina che
arriva a 36 g nel caso della colestiramina), dovrebbe rappresentare un vero passo avanti rispetto alle resine come trattamento
aggiuntivo alle statine nei pazienti con dislipidemie gravi.
Tuttavia, uno studio svolto su 720 pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote, che metteva a confronto la simvastatina con la combinazione simvastatina ed ezetimibe, è
risultato abbastanza deludente. L’aggiunta di ezetimibe aveva
portato all’effetto desiderato sulle LDL (con una riduzione
ulteriore pari al 20% circa), ma non aveva ritardato l’ispessimento degli strati interni della carotide nei due anni di followup (si veda Kastelein et al., 2008). Questo ispessimento è
5
Tuttavia ciò non spiega molto.
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ATEROSCLEROSI E METABOLISMO DELLE LIPOPROTEINE
Come aggiunta alla statina quando la risposta è inadeguata
(ezetimibe).
Per le ipercolesterolemie quando le statine sono controindicate.
Gli usi non correlati all’aterosclerosi comprendono:
pruzrito nei pazienti con ostruzione biliare parziale
(proteine leganti gli acidi biliari)
diarrea da acidi biliari causata, per esempio,
dalla neuropatia diabetica (resine leganti gli acidi biliari).
strettamente legato all’aterosclerosi. Uno studio di dimensioni
maggiori per valutare i suoi effetti cardiovascolari è in corso e
vivamente (ansiosamente) atteso. Il suo meccanismo di azione
è distinto da quello degli esteri dei fitosteroli e dei fitostanoli,
che interferiscono con la presentazione delle micelle di steroli
alla superficie cellulare.
L’ezetimibe viene somministrato per via orale ed è assorbito
dalle cellule epiteliali intestinali; qui si localizza nell’orletto a
spazzola che presumibilmente è il sito di azione. Viene anche
ampiamente (>80%) metabolizzato a un metabolita attivo. Il
ricircolo enteroepatico ne determina un’eliminazione lenta.
L’emivita complessiva è di circa 22 ore. Giunge nel latte
(perlomeno negli studi su modelli animali) ed è controindicato per le donne che allattano. L’ezetimibe è generalmente ben
tollerato ma può causare diarrea, dolori addominali o mal di
testa; sono stati riportati anche rush cutanei e angioedemi.
Acido nicotinico
Acido nicotinico dopo aspirina (325 mg)
Acido nicotinico con laropiprant (300 mg)
Flusso ematico malare (unità arbitrarie)
Uso clinico di farmaci che riducono
l’assorbimento del colesterolo: ezetimibe
o resine leganti gli acidi biliari (per esempio,
colestiramina)
23
1,2
1,6
0
0
60
120
180
240
300
360
Tempo (min) dalla somministrazione di acido nicotinico
Figura 23.3 La vasodilatazione causata dall’acido
nicotinico (1,5 g, preparato a rilascio prolungato)
è attenuata dall’aspirina o dal laropiprant, un antagonista
della prostaglandina D2 (PGD2). Il flusso ematico
nelle guance dei soggetti umani è stato misurato tramite
Doppler laser dopo somministrazione di placebo o acido
nicotinico. Aspirina (325 mg 30 min prima dell’acido nicotinico)
o laropiprant (300 mg insieme all’acido nicotinico)
hanno ridotto l’aumento del flusso sanguigno malare
causato dall’acido nicotinico. (Ridisegnata da: Lai E et al., 2007,
Suppression of niacin-induced vasodilation with an antagonist
to prostaglandin D2 receptor subtype 1, Clin Pharmacol
Therap 81: 849-857.)
ACIDO NICOTINICO
L’acido nicotinico è una vitamina essenziale per numerosi e importanti processi metabolici. In maniera scollegata da questa, però,
è stato utilizzato a grandi dosaggi (grammi) come agente ipolipemizzante. Viene convertito a nicotinamide, che inibisce la secrezione epatica di VLDL (si veda la Figura 23.1), con una
conseguente riduzione nei trigliceridi circolanti e nelle LDL, compresa Lp(a) e un aumento nelle HDL.
Questo meccanismo è scarsamente compreso, ma si crede
che abbia inizio da un effetto sulla lipolisi attraverso un recettore orfano accoppiato a una proteina G che prende il nome di
HM74A ed è presente sulla membrana degli adipociti (si veda
la rassegna di Karpe e Frayn, 2004). In aggiunta, la nicotinamide influenza la diacilglicerolo transferasi epatica.
In uno studio a lungo termine su soggetti sopravvissuti
all’infarto miocardico (Coronary Drug Project) si è osservata la riduzione della mortalità, ma gli effetti indesiderati ne
limitano l’uso clinico. I preparati a rilascio modificato sono
meglio tollerati e rappresentano un progresso concreto benché
modesto.
Gli effetti avversi sono rappresentati da arrossamenti, palpitazioni e disturbi gastrointestinali. Gli arrossamenti sono associati alla produzione di PGD2 (si veda il Capitolo 17) e
vengono ridotti dall’assunzione concomitante di aspirina o laropiprant (un antagonista della PGD2) (Figura 23.3). Dosaggi
alti possono alterare la funzionalità epatica, ridurre la tolleranza al glucosio e far precipitare attacchi di gotta attraverso
l’aumento della concentrazione degli urati.
C0115.indd 295
Uso clinico dei derivati
dell’acido nicotinico
Come additivi alle statine e alla dieta nelle dislipidemie
specialmente quando associate a bassi livelli di HDL-C
e ad alti livelli di trigliceridi.
Quando le statine sono controindicate.
OLIO DI PESCE
Gli acidi grassi omega 3, presenti nei trigliceridi dei pesci
marini, riducono le concentrazioni plasmatiche dei trigliceridi
ma aumentano il colesterolo.
Le concentrazioni plasmatiche di trigliceridi hanno una
correlazione con la malattia coronarica minore rispetto a quella
del colesterolo, ma evidenze epidemiologiche indicano che una
dieta in cui viene ingerito il pesce regolarmente possa ridurre
l’incidenza di ischemia cardiaca e l’integrazione della dieta con
acidi grassi omega 3 polinsaturi (PUFA) migliora la sopravvivenza in pazienti che abbiano recentemente avuto un infarto
cardiaco (GISSI-Prevenzione Investigators, 1999).
Il meccanismo può essere dovuto al potente effetto antiaritmico dei PUFA (si veda la rassegna di Leaf et al., 2003). Il 295
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23
PARTE III
FARMACOLOGIA DEI PRINCIPALI SISTEMI D’ORGANO
Farmaci usati nella dislipidemia
I principali farmaci utilizzati nei pazienti con dislipidemie
sono i seguenti:
Inibitori della HMG-CoA reduttasi (statine, per esempio
la simvastatina): inibiscono la sintesi del colesterolo,
aumentano l’espressione dei recettori per le lipoproteine
a bassa densità (LDL) negli epatociti e quindi promuovono
l’aumento della captazione epatica delle LDL colesterolo
(LDL-C). Riducono gli eventi cardiovascolari e prolungano
la vita nelle persone a rischio e sono clinicamente la classe
più importante di farmaci utilizzati nelle dislipidemie.
Gli effetti avversi comprendono mialgia (raramente con danni
muscolari gravi) e aumento degli enzimi epatici.
Fibrati (per esempio, gemfibrozil): attivano i recettori PPAR␣,
aumentano l’attività della lipasi lipoproteica, diminuiscono
la produzione di VLDL e aumentano la clearance
delle LDL-C da parte del fegato. Abbassano notevolmente
la trigliceridemia e aumentano moderatamente il colesterolo
HDL. Gli effetti avversi comprendono il danno muscolare.
Agenti che interferiscono con l’assorbimento del colesterolo,
solitamente come additivi dietetici o in aggiunta alle statine:
ezetimibe
cibi arricchiti in stanoli
resine leganti gli acidi biliari (per esempio, colestiramina,
colesevelam).
Acido nicotinico a rilascio modificato. Gli arrossamenti
sono il principale effetto avverso; possono essere controllati
con l’aspirina o il laropiprant (un antagonista della PGD2).
Oli di pesce, etil esteri degli acidi omega 3.
meccanismo di azione in base al quale l’olio di pesce riduce le
concentrazioni plasmatiche di trigliceridi non è noto.
L’olio di pesce è ricco di acidi grassi polinsaturi, tra cui gli
acidi eicosapentaenoico e docosaesaenoico. Possiede anche
altri effetti potenzialmente importanti, come l’inibizione dell’aggregazione piastrinica, il prolungamento del tempo di
sanguinamento, un effetto antinfiammatorio e la riduzione dei
livelli di fibrinogeno plasmatico.
L’acido eicosapentaenoico sostituisce l’acido arachidonico
nella membrana cellulare e dà origine alla serie 3 delle prostaglandine e dei trombossani (prostanoidi con tre, anziché due,
doppi legami nelle catene laterali) e alla serie 5 dei leucotrieni.
Questo probabilmente spiega il loro effetto sull’emostasi, dal
momento che il trombossano A3 è molto meno attivo come
agente aggregante piastrinico del trombossano A2, mentre
PGI3 ha una potenza simile a PGI2 come inibitore della funzione piastrinica.
Le alterazioni nella biosintesi dei leucotrieni sono probabilmente alla base degli effetti antinfiammatori determinati dall’olio di pesce. L’olio di pesce è controindicato nei pazienti
affetti da iperlipoproteinemia di tipo IIa a causa dell’aumento
delle LDL da esso provocato.
Un preparato a base di etil esteri degli acidi omega 3 ha ricevuto nel Regno Unito l’autorizzazione all’utilizzo clinico per
la prevenzione degli eventi ricorrenti dopo infarto del miocardio in aggiunta al trattamento dell’ipertrigliceridemia; causa
un aumento minore nelle LDL e meno problemi relativi all’odore di pesce, all’aumento di peso e alla dispepsia rispetto ai
vecchi preparati a base di olio di pesce.
296
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