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SUGGERIMENTI AD HOC. Il primo consiglio che
vorremmo dare al negoziante specializzato,
pertanto, è: suggerite a ogni cliente il filtro
adatto alle specifiche esigenze del suo
acquario. Si tratta di un passaggio quasi
ovvio, ma di non poca importanza, poiché
dal funzionamento del filtro dipenderanno in
ultima analisi successi e insuccessi del nostro
cliente e, dunque, la possibilità di conservarlo.
Meglio suggerire un impianto che renderà
poco al negoziante, in termini di margine
immediato, ma in grado di soddisfare a lungo
l’appassionato, che vendere subito un filtro
costosissimo e poco efficiente, e perdere il
contatto in poche settimane.
ASSOCIAZIONI BATTERICHE. Tornando all’argomento centrale della nostra discussione di
oggi, appare evidente che i risultati ottenibili mediante l’utilizzo di un determinato filtro dipendono completamente da
due fattori essenziali: il filtro e l’attivatore batterico. Tuttavia, mentre il filtro può essere relativamente facile da comprendere e giudicare per un esperto, l’attivatore batterico conserva per tutti noi un carattere di totale assenza di informazioni.
Sono disponibili ovviamente le informazioni del produttore, che dichiara il proprio prodotto come il più innovativo, completo, efficace, basato sull’attività di decine di ceppi batterici. Di fatto, però, noi non abbiamo alcun mezzo per verificarlo: è possibile dunque che venga venduto un ottimo filtro assieme a un pessimo attivatore e i risultati, in questo
caso, saranno molto deludenti per l’acquirente.
Alcuni attivatori commerciali sono basati su associazioni batteriche estratte da acque reflue di grossi impianti idrici.
Data la diffusione di queste applicazioni industriali, simili prodotti hanno un prezzo all’origine molto contenuto e possono
dunque essere commercializzati, in capsule o in soluzioni, con ottimi margini per i produttori.
Purtroppo, i ceppi batterici che lavorano bene in impianti di smaltimento di reflui urbani non sono sempre gli stessi che
possono fornire all’acquariofilo performances elevate. Tutti gli anaerobi, per esempio, quando aggiunti in un filtro biologico totalmente ossidato, non potranno svilupparsi. Di pari, una gran quantità di degradatori della materia organica,
nelle condizioni di un acquario medio, troveranno poco substrato sul quale lavorare.
QUESTIONE DI QUALITÀ. Un elemento fondamentale è perciò costituito dalla qualità dell’attivatore, difficilmente misurabile dal negoziante specializzato o dal semplice utente finale.
Si potrebbe pensare di ricorrere a laboratori di analisi chimiche per individuare la qualità e quantità di batteri presenti in
un attivatore, ma sarebbe costoso e poco determinante: infatti, a prescindere dai costi elevati di una simile analisi,
bisogna osservare che ceppi diversi della stessa specie di batteri possono lavorare in condizioni molto diverse e, dunque, i risultati di un’analisi batteriologica non potrebbero spiegarci se quel determinato attivatore funzionerà bene o
meno nel nostro acquario. Quindi, l’unico modo per accertarlo è provare quel determinato attivatore nel nostro filtro e
misurare quanto tempo impiega per farlo
maturare completamente.
C’è di peggio, però, ed è un punto in genere
scarsamente considerato dal negoziante specializzato. Gli attivatori batterici, anche quelli
di ottima marca, sono prodotti di origine biologica e, dunque, soggetti ad ampia variabilità. Al momento della produzione alcune
condizioni possono variare e far sì che quello
che solo pochi mesi prima era un eccellente
prodotto, divenga totalmente inefficace.
TRASPORTO E CONSERVAZIONE. Dobbiamo poi
considerare le modalità di trasposto e conservazione. In genere queste associazioni batteriche risultano stabili a temperature di 20-30
gradi e possono resistere bene sino a una
cinquantina di gradi. Eppure l’esposizione prolungata a temperature di 55-60 gradi può
determinare l’inattivazione di uno o più ceppi,
rendendo il prodotto meno efficace, se non
totalmente inutile.