Omero e il cielo - Leonardo MAGINI

Leonardo Magini • Mario Negri • Erika Notti
OMERO
Il cielo e il mare
A R C I P E L A G O EDIZIONI
LEONARDO MAGINI • MARIO NEGRI • ERIKA
OMERO
IL CIELO E IL MARE
Milano 2012
A R C I P E L A G O EDIZIONI
Noni
INDICE
Introduzione
Audentes fortuna iuvat
di Erika Notti
7
Capitolo 1
OMERO E IL CIELO.
Astronomìa e geometria dei tempi eroici
di Leonardo Magini
Capitolo 2
17
di Mario Negri ed Erika Notti
95
OMERO E IL MARE
Capitolo 3
LE LORO NAVI
di Erika Notti
129
18 Omero il cielo e il mare
del padre dell'astronomia, Talete di Mileto (ca. 630-547 a.C).
Comprendiamo subito che già al suo primo apparire
l'astronomia, come l'alfabeto e la scrittura, ha una lunga storia
dietro le spalle. Tant'è vero che, se per noi tutto inizia con
Talete, per gli antichi tutto iniziava da molto più indietro: "...
sphaeram ipsam ante multo Atlas" - dice Plinio 3 - "...molto
tempo prima Atlante (delineò) la sfera." E comprendiamo
anche che tutta la sapienza greca - scrittura, astronomia,
filosofìa - nasce sulla sponda egea dell'Anatolia, cioè in Ionia,
là dove avviene il contatto tra il mondo ellenico e quello
orientale, semitico o egiziano che sia; un contatto che si avvia
in età micenea, se non addirittura minoica, e che quindi all'alba
della storia ha già circa un millennio di vita.
Semiti e egiziani dispongono di un materiale infinito, di
astronomia, matematica e geometria, messo insieme da secoli
e secoli di dati osservati e registrati con cura; i greci - ma non
solo loro, visto che proprio Talete è "di stirpe fenicia"4 - vi si
applicano con un'ottica interamente nuova c, col loro "genio"
di stampo indeuropeo, ne estrapolano le regole, le leggi e i
teoremi che li governano, per trasmetterli fino a noi, loro
lontani successori. Il caso esemplare è quello di Pitagora di
Samo (ca. 575-495 a.C), forse non greco neanche lui.5 Noi lo
conosciamo soprattutto per il "suo" teorema; ma Pitagora vive
Plinio Storia naturale 2.31
Diogene Laerzio Le vite dei filosofi 1.28-33.
Le testimonianze lo danno per siriano di Tiro, o per tirreno di Lemno.
e ricordano che Pitagora "avrebbe appreso le scienze cosiddette matematiche
dagli egizi, dai caldei e dai fenici - perché gli egizi sin dall'antichità si erano
occupati della geometria, i fenici della scienza dei numeri e del calcolo, i
caldei dell'osservazione della volta celeste."; Porfirio Vita di Pitagora 1-2
e 6, in Giangiulio 2000, voi. II, pp. 257 e 259.
3
4
5
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
19
nel VI secolo, mentre a Babilonia la Tavoletta Plimpton 322 e
in Egitto il Papiro Rhind rimandano almeno a mille anni prima
la conoscenza di tutta una serie di "terne pitagoriche" con le
quali è facile realizzare un triangolo rettangolo, cioè un angolo
retto. 6 Però, nessuno ha mai potuto parlare di "teorema di
Assurbanipal" o di "legge di Ramsete"!
Talete è un personaggio storico; ma Atlante no, né lo si può
collocare temporalmente. Si può solo osservare che il mito lo
pone, assieme al fratello Prometeo, all'origine del genere
umano: Prometeo scopre il fuoco, Atlante la sfera celeste e, di
conseguenza, l'astronomia. Qui, comunque, ci limiteremo a
esaminare in breve quelle che dovrebbero esser state le
conoscenze astronomiche nell'arco di tempo finale che precede
l'invenzione della scrittura alfabetica; ci limiteremo cioè alla
"protostoria dell'astronomia", all'intervallo che va dagli eroi di
Omero a Omero stesso, a quei 4 o 5 "secoli bui" che corrono,
più o meno, dal XII all'VIII secolo. E cercheremo di fornire,
più che dei dati acquisiti, degli spunti per ulteriori ricerche. È
chiaro che il quadro che tenteremo di fare resterà frammentario,
perché frammentaria è la documentazione superstite, tra dettagli
6 Vedi Joseph 2000, p. 122 e seg. Le "terne pitagoriche" sono gruppi
di tre numeri interi che rispondono alla regola del teorema di Pitagora: il
quadrato costruito sull'ipotenusa è pari alla somma dei quadrati costruiti
sui cateti. Le terne "quasi pitagoriche" portano a un risultato arrotondato:
8, 9, 12 formano una terna "quasi pitagorica", perché 82 + 9 2 non è
esattamente pari a 122, ma a 122 + 1 = 145. La più piccola terna pitagorica
è 3, 4, 5, dove 3 2 + 4 2 = 5 2 . L'importanza delle terne deriva dalla facilità
con cui permettono di costruire angoli di 90°: per esempio, se si prende una
fune e la si divide in 12 (= 3 + 4 + 5) parti uguali, basta disporre il primo
tratto di 3 parti in una direzione qualsiasi, il secondo tratto di 4 ali'incirca
a angolo retto, e sarà il terzo tratto di 5, una volta teso, a indicare con
esattezza l'ampiezza dell'angolo retto. Vedi ancora, più avanti, § 14.
20
Omero il cielo e il mare
più o meno precisi e particolari quasi indistinti. In compenso,
il quadro comprenderà anche elementi di aritmetica c di
geometria che, assieme all'astronomia, costituiscono le scienze
che nascono nel meltingpoi della Ionia ellenica tra la fine della
preistoria e l'alba della storia; del resto, al tempo di Pitagora,
il nome di Lia9n,uaTioi indica contemporaneamente "studiosi
di scienze matematiche", "astronomi" e "astrologi".
Ora, la prima domanda da farsi è: su quale materiale ci si
può basare per un'indagine su un periodo in cui la nuova
scrittura alfabetica non è ancora nata? La risposta è: su tre
diversi tipi di materiale. Primo, i monumenti con gli orientamenti e con le misure e i loro rapporti; secondo, i miti con il
loro tipico fraseggio, a volte esplicito e a volte simbolico; terzo,
le formule "fossilizzate" della poesia. Questo significa che
avremo a che fare, da un lato, con le semplici ma inequivocabili
leggi della razionalità e, dall'altro, con il più ambiguo e
complesso linguaggio della fantasia. In ogni caso, si dovranno
tener presenti le illuminanti parole del fisico Ernst Mach (18381916): "La concezione del mondo degli enciclopedisti ci appare
una mitologia meccanica in contrasto con la mitologia
animistica delle religioni antiche. Tutte e due sono estensioni
indebite e fantasiose di una conoscenza parziale." 7 È della
conoscenza parziale dell'astronomia nei tempi eroici che ora
andremo in cerca; aprendo con cura ifìles di quella "scatola
nera dell'umanità" - l'espressione è di Marcel Detienne - che
è la mitologia.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
1
L A D E A D E L L ' A M O R E E L E C A R I T I , IL P I A N E T A V E N E R E E L A
LUNA
Nei primi versi della Teogonia* Esiodo definisce Afrodite
éÀiKo(3ÀÉòapoc;. Il termine è esplicito: si tratta di un composto
di zkxt,, "spirale, voluta", 9 e di PÀé(j)apov, "palpebra, occhio",
e sta a indicare il moto "a spirale" che soltanto - attenzione a
questo "soltanto" - il pianeta Venere, rappresentante in cielo
della dea dell'amore, compie in circa 260 giorni, alternatamente
e con dei brevi intervalli una volta come stella del mattino e
un'altra volta come stella della sera (Fig. 1). In altre parole, non
vi è alcuna ragione di intendere é^tKoPÀéòapoq come lo si è
inteso finora, "dagli occhi belli, splendenti, guizzanti": il sole
e la luna sono più belli e splendenti - forse non più guizzanti di Venere, eppure sono il pXéòctpov, T'occhio" del giorno e,
rispettivamente, l"'occhio" della notte, mentre l'Orsa Maggiore, che è meno bella e splendente del pianeta, è'EliKq,
perché "si avvolge, ruota a spirale" attorno al Polo.
Quanto alle Cariti, spiega Karoly Kerényi: "Le Cariti erano
come una triplicazione di Afrodite. Anch'esse vennero
raffigurate nude soltanto più tardi. Si conoscevano in questa
forma di raggruppamento: due di loro voltate in avanti, mentre
la mediana mostra le spalle allo spettatore... Nella Beozia dove
Esiodo e un altro grande poeta beota, Pindaro, le avevano
cantate, esse erano tre... In Laconia dove si veneravano due
Cariti, una si chiamava Cleta (Pausania 9.35.1), 'Invocata',
l'altra Faenna, 'Splendente'. Questi erano nomi adatti a dee
che apparivano nelle fasi della luna; infatti nelle notti buie delle
Esiodo Teogonia 16.
9 'EÀ.I£ è anche l'aggettivo che descrive i gioielli della dea nell'Inno
omerico a Afrodite 5.87 e 163.
8
7
Citato da Garin 1996, p. XV.
21
22
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
Omero il cielo e il mare
feste del novilunio la luna veniva invocata con gran chiasso e
con gran chiasso veniva salutata 'Splendente'. Anche gli
ateniesi conoscevano due sole Cariti (Pausania 9.35.2): Auxo,
'Colei che cresce', e Egemone, 'Colei che precede', poiché
nella seconda metà del mese la luna precede il sole."10
Dunque, la prima delle Cariti è "Colei che precede", ovvero
la luna calante della seconda metà del mese, che precede il sole
nel sorgere al mattino a est e nel tramontare alla sera a ovest.
La seconda delle Cariti è "Colei che cresce", ovvero la luna
crescente - che dà ancora oggi il nome ai nostri "cornetti" o,
alla francese, croissants. La terza, quella che a Atene manca
per completare il trio e che sta al centro tra le altre due
volgendoci - come spiega il pudico Kerényi - le spalle, è la
luna nuova, la luna delle notti buie del novilunio, Cleta,
T'Invocata". Esiodo la chiama Eu^poaùvn, "Gioia", ma a
Roma, molto più tardi, prenderà il nome di Fortuna, sarà
sempre al centro del gruppo delle Grazie, preceduta da
Necessitas e seguita da Spes, e resterà costantemente associata
alle... spalle (Fig. 2).
Il mito, poi, propone e ripropone l'associazione tra la dea
dell'amore e le Cariti/Grazie. L'associazione si basa su un dato
astronomico che riguarda il pianeta Venere e la luna: il periodo
sinodico di Venere è di circa 584 giorni, il mese sinodico" è di
circa 29,53 giorni, e 584 29,53 « 20. Il rapporto numerico
quasi intero indica che il pianeta e la luna tornano
periodicamente a incontrarsi nei loro movimenti in cielo, come
in tanti successivi passi di danza con cui i due protagonisti si
Kerényi 1978, voi. l,p. 95-6.
11 II periodo sinodico è l'intervallo di tempo dopo il quale un pianeta,
visto dalla terra, torna nella posizione iniziale rispetto al sole: il mese
sinodico è il periodo sinodico della luna.
10
23
avvicinano, si uniscono e si allontanano ritmicamente: a volte
sarà la luna calante a trovarsi in congiunzione con Venere /
Lucifero quando il pianeta sarà visibile come "stella del
mattino" a oriente prima del sorgere del sole,12 altre volte sarà
la luna crescente a trovarsi in congiunzione con Venere / Espero
quando il pianeta sarà visibile come "stella della sera" a
occidente dopo il tramonto del sole.1-'
2
AFRODITE E LA STELLA A CINQUE PUNTE
Un'altra associazione la cui origine si perde nella notte dei
tempi è quella tra una divinità femminile e la stella a cinque
punte, e anche questa associazione si basa su un dato
astronomico; il dato astronomico è semplice, la nascita
dell'associazione è più difficile da individuare.
Il dato astronomico consiste in questo: visto da un
osservatore terrestre, per tornare alla stessa posizione rispetto
alle stelle fisse il sole impiega circa 365 giorni, il pianeta Venere
per compiere l'intero percorso intorno al sole ne impiega circa
584. E i due numeri arrotondati - 584 e 365 - stanno tra loro in
un rapporto esatto di 8 a 5; in altre parole, 8 x 365 = 5 x 584 =
2.920. Questo significa che Venere torna per la quinta volta alla
posizione iniziale rispetto al sole in 8 anni solari, proprio
quando il sole torna per l'ottava volta alla posizione iniziale
rispetto alle stelle fisse; così che, contemporaneamente, anche
12 La falce di luna calante, visibile prima dell'alba, in congiunzione
con Venere / Lucifero è il simbolo dell'Islam.
13 Molti calendari - come il babilonese e il maya - conoscono
l'associazione periodica di Venere e luna; vedi Aveni 1 9 9 4 , pp. 5 1 - 1 6 2 .
24
Omero il cielo e il mare
Venere torna alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse.
Ecco come nasce il pentagramma di Venere, la stella a cinque
punte che indicano le cinque costellazioni zodiacali e i cinque
momenti dell'anno in cui il pianeta, visto dalla terra, ritorna a
una stessa configurazione.
Tale ritmo regolare nel movimento dei due corpi celesti
trova un riscontro agevole in una qualsiasi delle Effemeridi
moderne: 14 ad esempio, Venere sarà a 3° del Toro l'8 marzo
2012, a 26° dello Scorpione il 4 ottobre 2013, a 20° del Cancro
il 27 maggio 2015, a 7° dell'Acquario il 14 dicembre 2016, a
23° della Vergine il 31 luglio 2018, e di nuovo nel Toro - ma a
0° - il 5 marzo 2020 (Fig. 3). In tutte queste posizioni, il
pianeta sarà 45° a est del sole e lo seguirà tramontando tre ore
più tardi, mentre splende come "stella della sera'Y'ErjTrspoq.
Nel II millennio il ritmo è già conosciuto a Babilonia, come
mostra la Tavoletta 63 di Venere del re Ammisaduqa ( 17021682 a.C.),15 dove si ha chiara l'idea che "stella della sera" e
"stella del mattino" sono lo stesso astro, cioè il pianeta Venere
sempre prossimo al sole, o alla sera dopo il tramonto o al
mattino prima dell'alba. Anche in questo caso il povero
Pitagora non ha inventato nulla: se per la tradizione greca è lui
"il primo a sostenere che Vespero e Lucifero sono lo stesso
astro",16 noi oggi sappiamo che quello che "sostiene" lo ha
14 Vedi The Complete Ephemerides
1920-2020, a cura di Francis
Santoni, Aureas Editions Paris.
15 Britton-Walker 1996, p. 42. Sulle osservazioni di Venere registrate
a Ninive in un'epoca molto più recente, vedi Schiaparelli 1998, voi. Ili,
pp. 121-60. Da notare che Venere/Afrodite/Ishtar nei kudurru, le pietre di
fondazione o di confine babilonesi, è normalmente rappresentata da una
stella a otto punte.
16 Diogene Laerzio Vite dei filosofi 8.14, in Giangiulio 2000, voi. II, p.
211.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
25
appreso in Oriente, probabilmente dai Caldei. Più di un
millennio è necessario a far pervenire il dato da Babilonia a
Pitagora, altri duemila anni occorreranno perché Niccolò
Copernico (1473-1543) ne dia la prima spiegazione scientifica:
tanto la terra quanto Venere ruotano attorno al sole, ma Venere
in un'orbita "interna", più vicina all'astro maggiore. Vista dalla
terra, Venere sarà sempre vicino al sole, a sinistra o a destra, a
est o a ovest: tramonterà e sorgerà dopo o sorgerà e tramonterà
prima; in un caso sarà visibile come Vespero solo al momento
in cui tramonta, nell'altro sarà visibile come Lucifero solo al
momento in cui sorge. Se sorge dopo o tramonta prima del sole,
la luminosità straripante di questo ne impedirà la vista.
Tra l'altro, a Babilonia il pianeta che appare in due situazioni
così diverse, per non dire opposte, rappresenta anche due
divinità diverse e quasi opposte: come stella della sera è la ben
nota dea femminile dell'amore, ma come stella del mattino
rappresenta un dio maschio e bellicoso, un dio della guerra.
Quanto alla stella a cinque punte, le sue prime attestazioni isolate e non associate a una divinità femminile - si riscontrano
nella scrittura ideografica di Uruk (3.500 a.C); appare invece
su un'impronta per fusione associata a una dea nuda di origine
anatolica del 2.100 a.C; ritorna isolata in un sigillo minoico da
Festo del Medio Minoico IIB (circa 1.700 a.C); e infine - per
quel che ci riguarda - ricompare, quasi contemporaneamente
ma a 5.000 km di distanza, in una applique in oro, lapislazzuli
e madreperla dall'est del Kazakistan e in due vasi rinvenuti in
Etruria ma realizzati, almeno in un caso, da un greco di nome
Aristonothos nella prima metà del VII secolo a.C.17
17 La stella a cinque punte nella scrittura di Uruk in D. Silvestri-L.
Tonelli-V. Valeri The Earliest Script of Uruk, Napoli 1990, voi I, p. 171 e
voi. II, p. 275; associata a una dea nuda in K. Bittel Gli ittitì, Rizzoli Milano
26
Omero il cielo e il mare
(rispettivamente Fig, 4a, 4b, 4c, 4d, 4e e 4f). Nel vaso firmato,
la stella appare in un contesto bellico, di scontro navale;
nell'altro, in un contesto che si direbbe matrimoniale, per la
presenza di due figure, una maschile e una femminile.
Dunque, la conoscenza della stella a cinque punte
circoscrive il mondo ellenico all'inizio del primo millennio
a.C; nello spazio - Anatolia, Creta, Kazakistan e Etruria - e
nel tempo - 2.100, 1.700 e 700 a.C. Eppure tale conoscenza
non sembra più essere del tutto consapevole: la stella è ancora
viva e la sua associazione con l'elemento femminile anche, ma
il dato astronomico da cui sono nate stella e associazione appare
dimenticato. Lo stesso dicasi per l'associazione con l'elemento
maschile, destinata a giungere per vie misteriose fino a oggi,
con tutta una serie di stelle a cinque punte, da quella dello
sceriffo americano a quella dell'eroe dell'Unione Sovietica fino
alle più familiari "stellette" dei militari di casa nostra.
Dal legame basato sui dati astronomici tra il pianeta e la
stella a cinque punte nasce l'altro legame tra la dea dell'amore
e la pianta a lei dedicata, il mirto;18 un legame basato sui dati di
1977, p. 96. n. 85; il sigillo minoico in P. Yule Early Cretan Seals: a Study
of Chronology, voti Zabern Mainz am Rhein, p. 150 con riproduzione a
Tavola 20; Vapplique dal tumulo di Chilikty, Kazakistan orientale, in
Kazakhstan - hommes, bétes et dieta de la steppe, (a cura di M.C. Rey),
éditions Artlys Versailles 2010, p. 81, n. 44; i vasi trovati in Etruria
(Cerveteri) in R. Bianchi Bandinelli-A. Giuliano Etruschi e italici prima
del dominio di Roma, Rizzoli Milano 1976, pp. 152-3, n. 176 c 177. Non
mi risulta resistenza di uno studio sulla "stella a cinque punte", e i casi qui
indicati - compreso quello a n. 18 sono i soli che ho potuto rintracciare;
confido in nuove indicazioni da studiosi più esperti e più fortunati, come
Aspesi con la idria del X I I secolo da Naxos (vedi Aspesi 2011, p. 43 con
illustrazione).
18 La stella a cinque punte, inserita in una corona aurea di mirto,
proviene dalla tomba macedone di Stavroupolis della fine del IV secolo:
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
27
natura, perché il mirto non solo cresce spontaneamente fin
quasi sulla riva di quel mare da dove è nata la dea, ma ha dei
fiori a cinque petali, candidi e profumatissimi.
3
ATENA ED EFESTO
Passiamo al mito, in particolare ai due miti successivi che
vedono Atena nascere dalla testa di Zeus (Fig. 5), senza
l'intervento dell'elemento femminile, e Efesto messo al mondo
da Era, senza l'intervento dell'elemento maschile. In
apparenza, si tratta di una androgenesi a cui segue, in risposta
polemica, una partenogenesi; in realtà, è la rappresentazione
simbolica della luna in eclissi, Atena, e del sole in eclissi,
Efesto. In altre parole, la visione mitica personifica in Atena la
luna in eclissi e in Efesto il sole in eclissi.
Che Atena rappresenti la luna in eclissi ce lo dice l'aggettivo
"protocollare" FÀauKcoKK; con cui è definita dai versi di
Omero e di Esiodo; e ce lo conferma Plutarco quando spiega
che la luna "si chiama Glaucopide perché con una eclissi ormai
prossima all'alba assume il colorito bluastro ceruleo che è la
ragione principale dell'epiteto r^aoK&Tnc;, 'occhiazzurra',
attribuitole dai poeti... e per amor del sole essa è mossa a
percorrere la sua orbita e a congiungersi con lui nello spasimo
di accoglierne l'essenza fecondatrice."19
Che Efesto rappresenti il sole in eclissi ce lo dice il mito
narrato da Omero su "gli amori di Ares e Afrodite dal bel
diadema, / come in segreto si unirono nelle case di Efesto / la
vedi The GoldofMacedon, Archaeological Museum of Thessaloniki 2008,
p. 23, fig. 9.
19 Plutarco defacie 934C e 944E; trad. L, Lehnus.
Omero il cielo e il mare
28
prima volta: molti doni le diede e il letto oltraggiò / di Efesto
signore. Ma andò da lui come nunzio / il Sole che li vide unirsi
in amore." 20 Soprattutto, ce lo conferma l'esperienza reale:
chiunque abbia visto un'eclissi totale di sole sa che, nel
fuggevole intervallo di tempo della totalità, le stelle e i pianeti
diventano pienamente visibili di giorno, come se fosse notte.
Ecco che - non in tutti i casi, certo - ma durante un'eclissi
totale Ares/Marte e Afrodite/Venere possono venir colti sul
fatto, esser sorpresi mentre i pianeti che li rappresentano in
cielo sono "in congiunzione" tra loro (Fig. 6). E l'uso di questo
termine, dai connotati esplicitamente sessuali, non è nato per
caso.
4
ATENA E POSEIDONE
Ancora nelle vesti di luna in eclissi, Atena è la protagonista
di un altro mito famoso, che la vede scontrarsi con Poseidone
per la tutela della nascente città di Atene. Eccone il racconto
nelle parole di Apollodoro: "Cecrope... fu il primo re
dell'Attica... Fu allora - dicono - che gli dei decisero di
insediarsi nelle città, dove ognuno di loro avrebbe avuto il suo
culto personale. Poseidone per primo si recò in Attica, vibrò un
colpo di tridente in mezzo all'acropoli e fece apparire un mare
che oggi chiamano mare Eretteide. Dopo di lui, venne Atena che
prese Cecrope come testimone del suo insediamento e piantò un
olivo, quello che ancora oggi si vede nel Pandroseio. Scoppiò
una contesa fra i due per il possesso del territorio, e Zeus volle
comporta dando loro come giudici... i dodici dei. Essi decisero
che il territorio fosse assegnato a Atena, perché Cecrope
20
Omero Odissea 8.267-71 ; trad. G.A. Privitera.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
29
testimoniò che la dea per prima aveva piantato l'ulivo. Atena
diede quindi il suo nome alla città e Poseidone, furibondo,
inondò la pianura di Tiria e sommerse l'Attica intera."21
Il lato interessante del racconto non sta nel fatto che Atena
ottenga la vittoria solo sulla base della falsa testimonianza di
Cecrope. Il lato interessante sta neh'aver stabilito una relazione
tra la dea e l'ulivo, tra la doppia tonalità di colore che assume
la superficie della luna nel corso dell'eclissi, con una parte già
spenta dall'ombra della terra e un'altra parte ancora accesa
dalla luce del sole, e la doppia tonalità di colore delle foglie
dell'ulivo, "verde pallido sopra e argentee sotto".22 E poi, un
effetto dell'approssimarsi della totalità dell'eclissi di sole è la
proiezione sotto forma di crescenti lunari delle foglie lanceolate
come quelle di ulivo (Fig. 7); e crescenti lunari adornano lo
scudo della Minerva/Atena di Lavinio.
Ancora più interessante è la contesa tra la luna in eclissi di
Atena e lo "scuotitor di terre" Poseidone, che riproduce nel mito
greco una concezione tipicamente orientale / mesopotamica, che
lega eclissi e terremoti, ovvero macro- e microcosmo. 23 Ma
questo è solo uno dei tanti casi in cui concezioni o miti semitici
sono entrati a far parte integrante di concezioni e miti greci:
d'altra parte, i nomi di Poseidone e Atena, come quelli di Efesto
e Afrodite, non sono di origine greca né indeuropea.24
Apollodoro / miti greci 3.14.1 ; trad. M.G. Ciani.
22 Vedi Grieve 1977, p. 598.
23 II legame tra eclissi e terremoti si riscontra - ad esempio - nel
discorso di Cristo sul Monte degli Ulivi del Vangelo secondo Marco 13,
nel Libro di Amos 8.9 e aéìl'Enuma Ann Enlil babilonese.
24 Se si potesse stabilire una relazione tra il nome del dio delle acque
sotterranee e dei terremoti babilonese Apsa-Tiamat c il nome dello
"scuotitor di terre" greco, rioaeiScòv, forse si chiarirebbe meglio la
provenienza del mito ateniese.
21
30
5
ATREO E TIESTE
Le eclissi sono dei fenomeni naturali straordinari e
meravigliosi che hanno attirato gli uomini di ogni tempo e
paese. Con la loro improvvisa rottura della regolarità del creato,
le eclissi - in particolare se di sole e totali - costituiscono anche
una seria fonte di preoccupazione e di paura; perciò, da una
parte vanno esorcizzate ma, dall'altra parte, la loro conoscenza,
anche embrionale, può determinare la priorità nella scala del
potere. Come ci insegna la storia che segue: "I fratelli Atreo e
Tieste, non potendo nuocersifinchéerano in disaccordo, finsero
di rappacificarsi; in quell'occasione Tieste giacque con la
moglie del fratello. Ma Atreo gli servì in pasto il figlio durante
un banchetto; e il sole, per non essere contaminato da quello
spettacolo orrendo, fuggì. Ma di vero c'è questo: Atreo, a
Micene, fu il primo a scoprire l'eclissi di sole e il fratello,
invidioso, se ne andò dalla città."25
Nel racconto di Igino (I sec. a.C.) leggiamo che lo stesso
Atreo "fu il primo a scoprire l'eclissi di sole": sarà vero? sarà
falso? La risposta non importa molto - in questo contesto. Quel
che interessa è che Talete e la previsione dell'eclissi del 585
a.C. arriva almeno secondo, e molto staccato.
6
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
Omero il cielo e il mare
GLAUKOS
Tornando al tema del transito di miti dal mondo semitico a
quello ellenico, il lavoro è appena iniziato e molto, moltissimo
25 Igino Miti 258; trad. G. Guidorizzi. Del mito esistono versioni
differenti: Strabone 1.2.15; Servio In Verg. Aen. ; Luciano de astrologia 12.
31
resta ancora da fare.26 Segnalo - ma segnalo solo - il caso di
quel tale Glaukos che la leggenda vuole prima cacciatore sul
monte Oreie in Etolia e poi pescatore e "genio del mare,
QaXàGoioq SCCÌLICOV" che "una volta l'anno fa il giro di tutte
le rive e delle isole, insieme ai mostri marini". 27 Perché un
essere in parte montanaro e in parte marino possiede le
inconsuete, ma specifiche, caratteristiche del segno zodiacale
del Capricorno, mezzo capra e mezzo pesce. E l'origine
babilonese del Capricorno è certa, come mostrano le sole
immagini (Fig. 8).
Ai casi di Afrodite, di Atena e di Efesto, si aggiunge così
quello di un personaggio minore del mito che sembra latore di
un significato astronomico nascosto, o almeno non esplicito.
Quasi certamente non si tratta dell'unico caso, ma al momento
questo resta un intero campo di studi ancora da arare.
7
CAPRICORNO E CANCRO
Nella visione degli antichi, il Capricorno e il Cancro sono i
segni che raccordano micro- e macrocosmo: nel microcosmo
ciascun uomo vive la propria vita mortale, nel macrocosmo le
anime degli umani vivono la loro vita immortale. Il primo è su
questa terra, il secondo nell'alto dei cieli, o sulla luna, e i due
segni permettono il perpetuo girotondo delle anime, la discesa
dall'aldilà alla terra, l'ascesa dalla terra all'aldilà. Più
26 Vedi Penglase 1994, con bibliografia precedente. Il recente lavoro
di Aspesi 2011 mostra quanto indietro nel tempo e a quale livello di
profondità giungano i rapporti tra mondo mediterraneo e mondo orientale
- nella fattispecie minoico e siro-palestinese - legati, a est come a ovest, a
un comune sostrato linguistico egeo-cananaico.
27 Vedi Corsano 1992, in particolare pp. 11-36.
32
Omero il cielo e il mare
precisamente: passando dalla porta del Cancro - o di Borea le anime scendono sulla terra alla nascita; passando dalla porta
del Capricorno - o di Noto - le anime risalgono in cielo alla
morte degli uomini. 28
Una tale concezione è presente in Omero e nei suoi celebri
versi: "... e acque perenni vi sono. Due entrate ha la grotta, /
una a Borea (Fig. 9) è accessibile agli uomini, / l'altra a Noto
è serbata agli dei: da lì non entrano / uomini, ma è la via degli
eterni."29 Versi ripresi e commentati nell'Antro delle Ninfe dal
fenicio di nascita, ma greco di cultura, Porfirio di Tiro (230305 d.C).
In queste parole la concezione sembra addirittura preesistere
in Grecia alla vera e propria 'invenzione' - meglio,
'codificazione' - dello Zodiaco, che gli studiosi collocano in
Mesopotamia e datano, nella versione finale di 12 segni di 30°
ciascuno, attorno alla metà del V sec. a.C.30 Così come - per
tornare al mito di Afrodite e Ares - sembra che Omero già
conosca i corpi erranti del cielo, i "pianeti", e li abbia associati
secondo il modello babilonese; con Venere che da "stella di
Ishtar" diventa "stella di Afrodite", e Marte che da "stella di
Nergal" diventa "stella di Ares".
Va considerato anche l'altro aspetto astronomico, che
consiste nel ruolo giocato dalla luna e da Saturno. Come si sa,
si tratta di due corpi 'erranti', due pianeti opposti: la luna è il
più vicino alla terra e il più lontano dalle stelle fisse; Saturno è
il più lontano dalla terra e il più vicino alle stelle fisse. I due
astri sono legati tra loro da una serie di corrispondenze che non
28 Come per i tropici, la porta del Cancro o di Borea è settentrionale,
la porta del Capricorno o di Noto è meridionale.
29 Omero Odissea 13.109*12.
30 Britton-Walker 1996, p. 49.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
33
possono essere sfuggite, anche se con delle grossolane
approssimazioni, ai primi osservatori del cielo: la luna impiega
circa 29 giorni e mezzo per compiere il suo ciclo mensile e per
tornare alla posizione iniziale rispetto al sole; Saturno impiega
circa 29 anni e mezzo per compiere la sua orbita e per tornare
alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse; nei circa 29 anni
e mezzo in cui Saturno compie l'orbita e torna alla posizione
iniziale rispetto alle stelle fisse, la luna compie circa 365 dei
suoi cicli di 29 giorni e mezzo e torna per altrettante volte alla
posizione iniziale rispetto al sole; sempre in quei 29 anni e
mezzo il sole compie, appunto, circa 29 e mezzo dei suoi cicli
annuali di 365 giorni ciascuno e torna per altrettante volte alla
posizione iniziale rispetto alle stelle fisse. Così che, anche ai
nostri lontani predecessori, sarà apparsa chiara la reale e progressiva
distanza dalla terra dei tre astri - della luna, del sole e di Saturno;
allo stesso tempo, avrà iniziato a rivelarsi quella segreta armonia
delle sfere celesti che troverà la sua più completa affermazione con
Pitagora prima e poi con Keplero (1571-1630).
Al contrario, solo alla fantasia degli antichi - una fantasia non
del tutto avulsa dai dati di realtà - si deve l'altro legame che unisce
la luna al tropico del Cancro e Saturno al tropico del Capricorno. Il
testimone di una tale visione è ancora Porfirio: "Vi sono due
estremità nel cielo: una non è più a sud del tropico d'inverno, l'altra
non è più a nord del tropico d'estate. Il tropico d'estate è in
corrispondenza del Cancro, il tropico d'inverno in corrispondenza
del Capricorno. Il Cancro venne logicamente attribuito alla luna,
che è la più vicina alla terra, perché è oltremodo vicino a noi. Il
Capricorno venne assegnato al pianeta più lontano e più alto di tutti,
dato che il polo sud è invisibile."31
Porfirio L'antro delle Ninfe 21; trad. L. Simonini.
34
Omero il cielo e il mare
L'astrologia - nata in Mesopotamia, assieme all'astronomia - conserva inalterata una simile visione delle cose: Saturno
ha il domicilio nel Capricorno e l'esilio nel Cancro, la luna ha
il domicilio nel Cancro e l'esilio in Capricorno. Ora, se tra il
corpo celeste più vicino alla terra e quello più distante, tra luna
e Saturno, vi è un'opposizione, un'altra opposizione si riscontra
tra i solstizi: il solstizio d'estate è l'unico momento dell'anno
in cui il sole tocca il tropico del Cancro: il solstizio d'inverno
è l'unico momento dell'anno in cui il sole tocca il tropico del
Capricorno. Nel primo si hanno i giorni più lunghi e le notti
più brevi, nell'altro si hanno i giorni più brevi e le notti più
lunghe. Soprattutto, nell'intero ciclo annuo è a mezzogiorno
del solstizio d'estate che il sole è alla sua massima altezza
sull'orizzonte terrestre; e a mezzanotte del solstizio d'estate la
luna - se è nuova e dunque in congiunzione col sole32 - è alla
sua minima altezza. Perciò - nel caso in cui sia nuova - la luna
del solstizio d'estate è alla minima altezza sull'orizzonte e si
trova nel punto più vicino alla terra, ossia nel segno del Cancro.
Ecco che l'opposizione tra luna e Saturno si esalta, e
acquista i suoi valori massimi, proprio ai due solstizi, quando i
due astri della notte si scambiano di ruolo: al solstizio d'estate
è la luna alla - del tutto ideale - minima distanza dalla terra
che favorisce la discesa delle anime su di essa; al solstizio
d'inverno è Saturno, il pianeta più distante dalla terra e più
vicino alle stelle fisse, che svolge il compito opposto, favorendo
la risalita delle stesse anime dalla terra in cielo. Più o meno,
come vorrebbe Omero.
32 II ciclo lunare non concorda con quello solare. La luna sarà nuova il
24 giugno solo ogni 19 anni; prima e dopo sarà in una diversa fase.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
8.
35
ODISSEO E IL CICLO DI METONE 33
Potrà sembrare strano che Omero già conosca l'opposizione
luna-Saturno e l'esistenza dei tropici con l'altra opposizione
Cancro-Capricorno. In realtà una certa diffidenza al riguardo è
stata espressa, ma - a mio parere - senza fondamento. Del
resto, già da tempo è stato osservato che "le indicazioni
cronologiche contenute nel testo omerico non lasciano dubbi
sul fatto che Odisseo rimetta piede sull'isola di Itaca nel
momento stesso in cui si compiono i diciannove anni dal giorno
in cui l'aveva lasciata e ha inizio il ventesimo." 34
Ora, questi "diciannove anni" esatti non sono un numero
qualsiasi, ma hanno un preciso valore astronomico: 19 anni
tropici durano quanto 235 mesi sinodici. In termini reali, 19
anni x 365,2422 giorni = 235 mesi x 29,530589 giorni ~ 6.940
giorni. Questo vuol dire che, se il 24 dicembre 2011 la luna è
nuova, dopo 19 anni, il 24 dicembre 2030, la luna sarà nuova;
cosa che non avverrà nei diciotto 24 dicembre intermedi.
Attualmente il ciclo di 19 anni prende il nome di "ciclo
metanico", perché fu utilizzato dall'astronomo greco Metone
per il calendario luni-solare che entrò in vigore a Atene nel 432
a.C; e gli storici dell'astronomia sostengono che questo
avvenne "certamente per influenza babilonese". 35 Ma allora,
cinquecento anni prima, anche Omero avrà usufruito
dell'influenza babilonese? o invece la conoscenza più o meno
33 Per questo paragrafo e i successivi § 9 e § 10 sono debitore a Chiarini
2005; vedi pp. 186-8.
34 Chiarini 2005, p. 186, che cita Gilbert Murray The Rise ofthe Greek
Epic (TV ed. 1934).
35 Toomer 1996, p. 70.
36
Omero il cielo e il mare
precisa del ciclo - senza che portasse all'ideazione di un
calendario - era diffusa da più parti in giro per il mondo?
Così fa suppore la famosa testimonianza di Diodoro Siculo
(Agyrion, ca. 90 a.C.-ca. 27): "Ecateo [Abdera, ca. 550 a.Cca. 476; n.d.a.] e alcuni altri affermano che dalle parti che sono
oltre la Celtica, nell'Oceano, vi è un'isola, non più piccola della
Sicilia; essa si trova sotto le Orse e è abitata da quelli che son
chiamati Iperborei... Sull'isola vi è anche uno splendido
recinto di Apollo e un grande tempio di forma sferica... Dicono
poi che da quest'isola la luna appaia a pochissima distanza dalla
terra, e con alcuni rilievi visibili, simili a quelli della terra. Si
dice inoltre che il dio venga nell'isola ogni diciannove anni,
periodo nel quale si compie il ritorno alla medesima posizione
degli astri."36
Ecco che a Stonehenge - secondo i più, questo è il "grande
tempio di forma sferica" - conoscono il ciclo di 19 anni, assai
prima che lo conosca Omero. Sarà arrivata fin là T'influenza
babilonese", magari veicolata da qualche preistorico templare?
Questo potrebbero a mala pena crederlo, in perfetta buona fede,
soltanto i più assidui adepti di trasmissioni tipo Voyager.
Chiunque altro sarà portato a pensare, con maggiore verosimiglianza, che quello che oggi è chiamato "ciclo di Metone"
abbia alle spalle una lunga vita.
Lo stesso vale per un'altra delle storie che sono state
trasmesse, per secoli e secoli, solo ed esclusivamente a voce,
la storia del numero 108. Perché 108 assieme ai suoi multipli e
sottomultipli - da 12 a 36, 54, 72 fino a 216, 360, 432, 540,
756, ecc. - costituisce uno dei numeri magici più diffusi al
mondo, dalla Magna Grecia di Pitagora al tempio di Angkor
36
Diodoro Siculo Biblioteca storica 2.47; trad. G. Cordiano-M. Zorat.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
37
Wat fino alle porte del Valhalla e ai grani del rosario indiano,
ecc. ecc. (chi vuole saperne di più, vada su Internet e clicchi
"108"). E 108 è - in Omero - il numero dei pretendenti alla
mano di Penelope: "Cinquantadue giovani scelti / di Dulichio... ; / ventiquattro sono di Same; / sono di Zacinto venti
figli di achei; / dodici di Itaca stessa."37
9.
ODISSEO, LA DISCESA E L'ASCESA PLANETARIA38
Omero non conosce solo i tropici, il ciclo di 19 anni, il
numero 108. Omero scandisce il percorso di Odisseo da Troia
a Itaca in 15 tappe, e queste 15 tappe corrispondono a una
discesa delle sette orbite planetarie dall'orbita di Saturno alla
terra e a una successiva ascesa dalla terra all'orbita di Saturno.
A due a due, le tappe iniziali e finali contrapposte percorrono
le successive orbite: la tappa 1 e la 15 si svolgono nell'orbita
di Saturno a Troia e Itaca, la 2 e la 14 in quella di Giove dai
Ciconi e dai Feaci, la 3 e la 13 in quella di Marte dai Lotofagi
e da Calipso, la 4 e la 12 in quella del sole dal Ciclope e in
Trinachia, la 5 e la 11 in quella di Venere da Eolo e da Scilla e
Cariddi, la 6 e la 10 in quella di di Mercurio dai Lestrigoni e
alle Rupi Erranti, la 7 e la 9 in quella della luna da Circe e dalle
Sirene; mentre la tappa centrale - la numero 8 - è quella
dell'Ade, che trova posto sulla nostra bassa terra (Fig. 10).
Senza ripercorrerle tutte, basterà rivedere le tappe centrali
della discesa e della salita: la 4 e la 12, nell'orbita del sole dal
Omero Odissea 16.247-51.
La dimostrazione più dettagliata in Chiarini 2005, in particolare pp.
194-222. Chiarini mostra anche come la stessa struttura di discesa e ascesa
planetaria supporti VEneide di Virgilio e le Metamorfosi di Ovidio.
37
38
Omero il cielo e il mare
38
Ciclope e in Trinachia. Già lo stesso nome Ciclope, KUKAXOI|/,
alla lettera "(Quello) dall'occhio rotondo", rimanda al sole,
alT'occhio" del giorno. Ma la descrizione che Odisseo dà del
suo accecamento è anche più esplicita: "Allora spinsi il palo
sotto la cenere /finchési scaldò... e quando il palo di ulivo,
che pure era verde, / stava per incendiarsi - era terribilmente
rovente - / lo trassi dal fuoco. I compagni mi stavano / vicini:
un dio ci diede enorme coraggio. / Afferrato il palo d'ulivo,
aguzzo in punta, / essi lo ficcarono dentro il suo occhio; io,
dall'alto, lo girai / da sopra, come si fa per forare col trapano il
legno di una nave... / Come quando, per temprarle, un fabbro
immerge nell'acqua fredda / una grande scure o un'ascia, / e
stridono acutamente - questa è la forza del ferro - / cosi il suo
occhio sfrigolava attorno al palo d'ulivo." 39 Del tutto
anacronistico - al tempo di Odisseo la tempra del ferro è
sconosciuta e le armi degli eroi sono tutte e solo di bronzo - il
paragone trasforma l'eroe in fabbro, come Efesto. Efesto, sole
in eclissi, acceca il sole, e Odisseo/Efesto acceca il Ciclope,
"(Quello) dall'occhio rotondo"; solo l'eclissi, cioè
l'accecamento, può salvarlo.
Questo per la tappa 4 della discesa; quanto alla
corrispondente tappa 12 dell'ascesa, c'è poco da dire, dato che
si svolge tra le "Vacche del sole". Va notato, invece, è che in
questa discesa e ascesa dell'eroe la sequenza delle orbite
planetarie è quella cosiddetta "caldea", 40 di origine orientale.
Omero Odissea 9.375-84 e 391-4.
Plinio Storia naturale 2.84 la attribuisce a Pitagora, che l'avrà
appresa dai babilonesi. Lo stesso ordine è nel ciceroniano Sogno di Scipione
in De Re Pubìica 6.4.
39
40
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
39
10. LE SETTE PORTE DI TEBE 41
Ai pianeti e al loro ordine di distanza crescente dalla terra
rimanda anche il celebre mito della fondazione di Tebe, la "città
dalle sette porte". Ce lo raccontano Le Dionisiache di Nonno
di Panopoli, del V sec. d.C: "(Cadmo) consacrò poi le sette
porte, pari di numero e forma / ai pianeti celesti. Costruita per
prima la porta verso ponente, / la dedicava a Mene dagli occhi
splendenti, con il nome di Onchea / dal muggito della giovenca,
giacché la stessa luna, / cornigera al pari della razza taurina e
auriga di buoi, / s'identifica con Atena Tritonide nel suo triplice
aspetto. / A Ermes, splendente vicino di Mene, diede il
privilegio / della seconda. Tracciata la quarta, la chiamò Elettra,
/ nome che evoca Fetonte, poiché quando sorge / i suoi raggi
rifulgono con la luce dell'elettro. / A Elio fiammante consacrò
la porta verso oriente, / quella di mezzo, come esso sta al centro
tra i pianeti. / Ad Ares dedicò la quinta porta, ad Afrodite la
terza, / perché si trovassero ai due lati di Fetonte che separa, /
stando al centro, Afrodite da Ares, impetuoso vicino. La sesta
porta, vanto di Zeus, la eresse tale / da sovrastare le altre, ed
ebbe i più preziosi ornamenti. / All'ultima porta, la settima,
toccò in sorte l'astro di Crono." 42
Ecco qui, nell'ordine, Mene/Luna, Ermes/Mercurio, Afro dite/Venere, Elio/Sole, Ares/Marte, Zeus/Giove e Crono/Saturno
(Fig. 11); però, questo "ordine" - com'è facile vedere - non è
quello nostro dei giorni della settimana, ma di nuovo quello
naturale, detto anche "caldeo" perché nato in Mesopotamia.
Dove è nata l'idea di base che guida Cadmo, che con "la sua
41 Per una descrizione più particolareggiata, vedi Chiarini 2005, in
particolare pp. 133-53.
42 Nonno di Panopoli Le Dionisiache 5.68-85 e, più sotto, 87-8; trad.
M. Maletta.
40
Omero il cielo e il mare
arte / aveva riprodotto sulla terra l'immagine screziata
dell'Olimpo": Tebe vista come un microcosmo che ripete sulla
terra il macrocosmo celeste.
Sulla testimonianza delle Dionisiache vi è stata un'accesa
discussione tra gli studiosi. Alcuni la interpretano come un
prodotto tardo dell'erudizione ellenistica; altri come un ricordo
attendibile dell'epoca della fondazione, che il mito fa risalire a
ben prima della guerra di Troia, attorno al 1600 a.C. Resta il
fatto che, mille anni prima di Nonno e ancora a ridosso dell'età
eroica, Eschilo (Eleusi, 525-456 a.C.) nei Sette contro Tebe
conosce il motivo in una forma leggennente diversa: a ciascuno
dei sette eroi assegna una porta e, soprattutto, un pianeta. Qui
ci contenteremo di leggere la descrizione dello scudo del primo
degli eroi, Tideo: "Sullo scudo ha questo stemma superbo: un
fulgido cielo punteggiato di stelle e, al centro, luminosa in tutto
il suo splendore, spicca la luna, l'astro più fulgido, l'occhio
della notte." 43 Poche parole, che potrebbero fare da didascalia
al Disco di Nebra (Fig. 12), dove però, oltre alla luna, troviamo
il sole, le Pleiadi e stelle varie. Il Disco, rinvenuto nel 1999 sul
monte Mittelberg in Sassonia-Anhalt, viene datato tra il 2100
e il 1700 a.C. e - particolare non secondario - è di
fabbricazione locale. Esso rappresenta la più antica
raffigurazione del cosmo, che anticipa di 200 anni la datazione
del primo reperto egizio.
Il Disco di Nebra dimostra come la storia dell'astronomia
inizi prima, molto prima, della storia della scrittura. Mentre la
discesa e l'ascesa planetaria di Odisseo, assieme alle sette porte
e ai sette eroi di Tebe, indicano come il passaggio di
determinate informazioni da una cultura a un'altra - in questo
43
Eschilo Sette a Tebe 387-90; trad. M. Centanni.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
41
caso, dalla cultura mesopotamica alla ellenica - sia avvenuto
assai prima della rinascita della scrittura in forma alfabetica.
D'altra parte, il mito dei Sette contro Tebe conserva il ricordo
della provenienza dalla Fenicia del fondatore della città, e il
suo nome greco KMLIOC; è un prestito dal fenicio qadm, "est,
oriente". Mentre il mito stesso sembra avere un parallelo in un
testo accadico del IX o Vili secolo, il cosiddetto Poema di
Erra.44 Anche qui sette "campioni incomparabili", figli del cielo
e della terra, assaltano una città; ma la storia è troppo
complicata per tentare di riassumerla...
11. OSSERVAZIONE DEI SOLSTIZI
"C'è un'isola che chiamano Siria, se mai ne hai sentito, / al
di sopra di Ortigia, dove sono i solstizi del sole...,
Nfjoóq TIC; Eupir| KiKÀqcjKSTat, e'iTtou ctKoueiq, / 'Opxoyir|£;
KaOùTiepOev, 0O1 xpoTCri rpUoio...", scrive Omero.45 E scrive
il commentatore moderno: "Già nell'antichità, Aristarco,
Erodiano e Strabone avevano tentato di identificare l'isola.
Anche recentemente sono continuati i tentativi, ma è opinabile
che i dati 'geografici' in questi versi corrispondano a qualche
luogo reale. Né i corrispondenti candidati, EOpoq e
lupàKooacu, possono essere sostenuti per la forma dei
nomi."46
44 II Poema di Erra è in Bottéro-Kramer 1992, pp. 723-73. Sui rapporti
tra i Sette contro Tebe e il Poema di Erra, vedi Burkert 1995, pp. 106-14.
45 Omero Odissea 15.403-4. La forma avverbiale Ka8Ó7t£p6ev vale "al
di sopra", e corrisponde geograficamente a "a nord di"; ma vale anche
"dall'alto, da una posizione superiore", e le osservazioni dei solstizi vanno
fatte dall'alto.
46 Hoekstra 1987, p. 264.
42
Omero il cielo e il mare
Ovviamente il commentatore moderno avrà ragione, e noi
saremo nel torto se andiamo a controllare i dati dei solstizi visti
dalla moderna isola di Siros, 30 chilometri a ovest di
Ortigia/Delos. Siros giace grosso modo a 37°30'N e 25°00'E,
e permette queste osservazioni: il 23 giugno 800 a.C, il sole
sorge con Azm 59° e tramonta con Azm 301°; il 21 dicembre
800 a.C, il sole sorge con Azm 121° e tramonta con Azm
239°.47 Da Siros, dunque, i fenomeni delle levate e dei tramonti
ai due solstizi, associati a Nord e a Sud geografici, dividono
l'angolo giro in parti uguali, con l'approssimazione di 1°: dal
Nord vero a 60° - dove sorge il sole al 23 giugno; da 60° a
120° - dove sorge il 21 dicembre; da 120° al Sud vero; dal Sud
vero a 240° - dove tramonta il sole il 21 dicembre: da 240° a
300° - dove tramonta il sole al 23 giugno; e da 300° di nuovo
al Nord vero.
Sulla carta geografica - anche senza conoscere quale fosse
il punto preciso di Siros da cui venivano osservati i fenomeni
e, di conseguenza, quali fossero i punti traguardati
sull'orizzonte orientale - vediamo che le levate dei solstizi
d'estate e d'inverno avvengono in direzione delle isole di Tinos
la prima e di Naxos la seconda. Con Tinos che dista poco più
di 20 chilometri e arriva a 650 metri sul livello del mare, e
Naxos, a circa 40 chilometri, che tocca i 1000 metri (Fig. 13).
47 Qui e più avanti, i dati astronomici sono del programma Cosmos. Altri
programmi, come Cortes eh cielISkymap scaricabili da Internet, forniscono
dati non perfettamente identici; ma quello che qui interessa non è tanto la
precisione del dato quanto il procedere del ragionamento. L'azimut è
l'angolo dell'orizzonte tra il grado 0° del Polo Nord e il punto in cui si
osserva la levata o il tramonto (su cui vedi la nota 67) di una stella, contato
in senso orario. Si noti che il sole mantiene quasi inalterati nei secoli i punti
di levata e di tramonto di ciascun giorno dell'anno, che però variano con la
latitudine.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
43
Sembrano grandi distanze, ma non lo sono. Perché già gli
antichi avevano notato che, dalla più orientale delle punte della
Penisola Calcidica, l'ombra del monte Athos, coi suoi 2000
metri di altezza, può arrivare a 70 chilometri di distanza, fino
a colpire Myrina sull'isola di Lemnos: "All'alba, ai naviganti
si levò la montagna trace dell'Athos, / che anche su Lemnos,
lontana lo spazio percorso / da una nave da carico da mattino a
sera, proietta / l'ombra della sua altissima vetta fino a Myrina,
'Hpi 5è viaouévotcnv 'AOco àvsxsÀ,À.s KOAcóvq / OpqiKiq, r\
TÓrjCTov à7TÓ7ipo9i Aquvov éoùaav / o a a o v éq svSióv KSV
éÓGToÀoc óÀ.Kàq àvóaaat, / àKpoxàxr) Kopu(j)fj cuciasi Kaì
éaàxpi Mopivric." 48 Però, a Myrina, che si trova a 39°50'N,
25°00'E, il 23 giugno 800 a.C. - e anche oggi sostanzialmente
- il sole tramonta con Azm 303°, mentre il monte Athos risulta
in direzione 297°; di conseguenza, al tramonto il monte proietta
la sua ombra sulla città due volte l'anno, diversi giorni prima e
dopo il sostizio d'estate (Fig. 14).
Quanto al solstizio vero e proprio, si tratta di un fenomeno
che non è poi così facile da osservare. "Avvicinandosi ai tropici
o allontanandosi da essi, il sole rimane sempre vicinissimo, e
la lunghezza del giorno e della notte non varia quasi affatto per
lo spazio di quaranta giorni": scrive lo storico Polibio, nel II
secolo a.C, nella sua opera perduta Delle abitazioni sotto
l'equatore.*9 La tradizione, invece, attribuisce proprio a Talete
non solo la prima misura dell'intervallo di tempo tra un
solstizio e l'altro, ma anche l'imbarazzante scoperta che
48 Apollonio Rodio Le argonautiche
1.601-4; trad. G. Paduano.
Dell'ombra del monte Athos su Lemnos parlano anche Plinio Storia
naturale 4.12.73; Plutarco de facie 935F, che cita un verso di Sofocle;
Proclo In Tìmaeum 56b.
49 Da Schiaparelli 1998, p. 240.
44
Omero il cielo e il mare
l'intervallo tra il solstizio d'estate e quello d'inverno è diverso
da quello tra il solstizio d'inverno e quello d'estate. 50 Questo
dipende - come sappiamo oggi - dal fatto che l'orbita della
terra attorno al sole non è un cerchio percorso a velocità
costante, come avrebbe voluto l'astratta ideologia perfezionista
codificata da Aristotele e in voga per millenni, ma una ellissi
compiuta a velocità variabile. E della sua scoperta, Talete "può
essere debitore agli egiziani", come commenta Heath,51 visto
che qualche secolo più tardi, tra III e II a.C, "gli astronomi non
hanno ancora potuto calcolare con sicurezza a quanti giorni
corrisponda il periodo di tempo impiegato dal sole a percorrere
i 12 segni dello zodiaco e a ritornare al punto da cui si è
mosso."52
Il fatto certo è che, dopo Talete, le osservazioni aumentano,
assieme ai luoghi di osservazione: Matriceta da Metimna
sull'isola di Lesbo traguarda il monte Lepetimno; Cleostrato di
Tenedo traguarda dal monte Ida della Troade; Faino Ateniese
dal Licabetto a Atene e, infine, Anassagora di Clazomene dal
monte Mimas.53 Ma sull'osservazione diretta di un solstizio la
testimonianza più bella, e che a noi italiani dovrebbe essere più
cara, rimane quella celeberrima di Galilei: "Io, stando in una
mia villa vicino a Firenze, osservai manifestamente l'arrivo e
la partita del sole dal solstizio estivo, mentre che una sera nel
suo tramontare si addopò a una rupe delle montagne di
Pietrapiana, lontana circa 60 miglia, lasciando di sé scoperto
Diogene Laerzio Vite dei filosofi 1.24 e Teorie di Smirne Exp. rerum
math. p. 198 Hiller, che si rifa a Eudemo.
51 Heath 1932, p. XIX.
52 Censorino // giorno natalizio 19.1-2; trad. V. Fontanella.
53 Da Schiaparelli 1998, voi. 2, p. 251, che si rifa a Teofrasto de signis 4.
50
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
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un sotti 1 filo verso tramontana, la cui larghezza non era la
centesima parte del suo diametro, e la seguente sera in simil
occaso mostrò pur di sé scoperta una simil parte, ma
notabilmente più sottile, argomento necessario dell'aver egli
cominciato a discostarsi dal tropico; ed il regresso del sole dalla
prima alla seconda osservazione non importò sicuramente un
minuto secondo nell'orizonte..." 54
12. SALVARE i FENOMENI
L'osservazione dei solstizi ci offre il destro di fare qualche
considerazione sull'astronomia e la sua storia. L'astronomia è
il frutto di una serie di operazioni finalizzate a un preciso
risultato: capire cosa è avvenuto davanti ai nostri occhi per
spiegare o - come dicono gli antichi - "salvare il fenomeno". 55
Prima operazione, una serie di osservazioni di fenomeni;
seconda, la registrazione dei dati delle osservazioni; terza, la
riflessione e il calcolo sulle registrazioni; quarta, il tentativo,
più o meno azzeccato, di spiegare i fenomeni osservati. E la
spiegazione sarà tanto più complicata quanto più complicato è
"quel che si è reso visibile", cioè il "fenomeno" osservato.
Il risultato è che, a ogni stadio della storia dell'astronomia,
si tende a fare il punto della situazione, e che questo punto verrà
poi modificato, corretto e riproposto perfezionato, e costituirà
54 Galileo Galilei Dialogo dei Massimi sistemi, Giornata terza. La
"villa vicino a Firenze" è quella di Arcetri dove Galileo visse fino alla
morte; "addopò" equivale a "porsi dietro a"; le "montagne di Pietrapiana"
sono le Apuane.
55 II termine italiano "fenomeno" viene dal greco tj>aivóp.evov, "ciò
che appare, diviene visibile".
46
Omero il cielo e il mare
il nuovo stadio, provvisorio anche questo e anche questo
soggetto a modifiche, correzioni e perfezionamenti. Così, con
un faticoso processo millenario, si passerà da quello che
potrebbe essere il più antico modello di sistema solare
conosciuto (Fig. 15) via via fino ai nostri, moderni e - forse definitivi. E davvero è emblematico di come possa e debba
procedere la ricerca in questo settore di sUidi il fatto che, invece
di trovare questo più antico modello di sistema solare in
Mesopotamia o in Egitto o nella Ionia, a noi capita di rinvenirlo
in un'estrema periferia di quello che continuiamo a considerare
- a torto - il "mondo civilizzato": sulle sponde del remoto lago
Sevan, nell'Armenia del X-IX sec. a.C, in un territorio che di
lì a poco apparterrà al regno di Urartu, ma che all'epoca quasi
certamente non è ancora indeuropeo né semitico, ma è semmai
hurrico o preindeuropeo!
In definitiva, l'intera storia dell'astronomia - che nasce e
procede parallela a quella del calendario - si riduce a questa
esigua ma ostica serie infinita di passaggi, intrecciati l'uno
all'altro: l'osservazione del "fenomeno", la sua registrazione,
la riflessione e i calcoli sui dati registrati, e finalmente un
tentativo di spiegazione di quel che si è osservato. Da ultimo
- questo è sempre il punto più delicato - si verifica se la
spiegazione proposta consente o meno di "salvare il
fenomeno". Nel caso dei solstizi, il "fenomeno" che si osserva
è il mutamento, giorno dopo giorno, del punto dell'orizzonte
orientale da cui sorge il sole: per circa sei mesi, dal solstizio
d'inverno al solstizio d'estate, questo punto si sposta verso
nord; per circa altri sei mesi, dal solstizio d'estate al solstizio
d'inverno, questo punto si sposta verso sud. La prima
osservazione di questo fenomeno certamente risale a molto
tempo innanzi Talete, che - stando alla tradizione - è il primo
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
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uomo a misurarlo e a accorgersi che l'intervallo di tempo tra
solstizio d'inverno e d'estate è diverso dall'intervallo tra
solstizio d'estate e d'inverno; ma solamente le leggi di
Keplero permetteranno di comprendere appieno come
"salvare il fenomeno". Un tempo indeterminato, certo molto
lungo, passa dalla prima osservazione alla misurazione, altri
duemila anni serviranno per giungere dalla misurazione alla
spiegazione.
13. OSSERVAZIONE DELLE STELLE E DEL SOLE
La rotazione della terra intorno al proprio asse fa sì che tutti
gli astri sorgano dalla stessa direzione - il levante o est - e
tramontino nella direzione opposta - il ponente o ovest. Questo
è vero per le stelle fisse che, grazie alla straordinaria distanza
dalla terra, mantengono costanti i loro punti di levata e di
tramonto giorno dopo giorno, modificandoli solo lievemente
nel corso dei secoli. E questo è vero per il sole e per la luna,
che li modificano, invece, giorno dopo giorno grazie
all'inclinazione dell'asse terrestre rispetto al piano su cui la
terra gira attorno al sole; la luna, per di più, con un ritmo tutto
suo, legato all'ulteriore inclinazione del piano su cui gira
attorno alla terra. Il risultato è che - lasciando da parte la luna
col suo moto particolarissimo - l'osservatore terrestre può
considerare stabili per un tempo non breve sia i punti da cui si
levano e tramontano le stelle fisse, sia i punti da cui il sole si
leva e tramonta ai solstizi. Ma questi ultimi non coincidono
sempre con le direzioni est e ovest geografici.
Per individuare est e ovest geografici, l'uomo ha ideato un
metodo semplicissimo che porta il nome di "cerchi indiani";
un nome del tutto convenzionale, dato che il metodo è così
48
Omero il cielo e il mare
antico e diffuso che nessuno è più in grado di stabilirne
l'origine: 1 - si pianta un palo ben dritto in un punto al centro
di un terreno piano; 2 - si aspetta che il sole sia prossimo al
punto più alto che potrà raggiungere quel giorno in cielo, e si
segna il punto A, dove cade l'estremità dell'ombra del palo; 3
- poi si disegna un cerchio col centro nel punto in cui si trova
il palo e che passi per il punto A; 4 - infine si aspetta che,
trascorso il mezzogiorno, l'estremità dell'ombra del palo tocchi
il cerchio nel punto B. La retta che congiunge A con B è
orientata est-ovest; la perpendicolare è orientata nord-sud (Fig.
16).
Utilizzando questo metodo elementare, l'uomo ha eretto tutti
i grandi monumenti fin dalla più lontana preistoria, in Egitto
come a Stonehenge, a Babilonia come in Messico, in Cambogia
come in Sardegna. Sempre con questo metodo è stato definito
l'orientamento verso nord dell'apertura del cerchio delle tombe
reali nella cittadella di Micene, e quello di una delle diagonali
del megaron della reggia di Nestore a Pilos (Fig. 17). Ragion
per cui se, nel caso dei palazzi di Festo, di Cnosso e di Mallia,
l'orientamento dei piazzali non è perfetto, si può esser
abbastanza tranquilli: non si tratta di misure prese male.
14. ASTRONOMIA E GEOMETRIA DEL PALAZZO DI NESTORE A
PILOS 56
La costruzione del Palazzo di Nestore a Pilos è datata agli
ultimi anni del XIV secolo, la distruzione agli ultimi del XIII.
La superficie scoperta è di oltre 7.000 m 2 , e il rilievo è
56 Per i § 14 e § 15 dipendo interamente da Marcello Ranieri; per il
Palazzo di Nestore, vedi Ranieri 2010.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
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particolarmente attendibile, perché nei successivi 3300 anni,
fino ai nostri giorni, niente di importante vi è mai stato
sovrapposto.
Ora, a Pilos succede che non è solo l'orientamento di una
delle diagonali del megaron a essere esattamente nord-sud; è
l'intera geometria del Palazzo che mostra la competenza di chi
la costruì. Come si misura questa geometria? Non è complicato,
e vedremo di spiegarlo in pratica. Prendiamo il megaron e
misuriamone i lati in una qualsiasi unità di misura, metri o
yarde, piedi o cubiti: troveremo sempre che il rapporto tra lato
lungo e lato corto è di 10,5 a 10. Ma a noi servono numeri
interi, come interi devono essere i cateti del triangolo rettangolo
per Pitagora. Allora il rapporto diventa di 21 a 20 e, se
indichiamo con py l'ignota unità di lunghezza usata, abbiamo
che il lato lungo misura 21 py, il lato corto 20 py.
Nel nostro caso, 20 2 + 21 2 = 841, e 841 = 29 2 ; di
conseguenza la diagonale/ipotenusa57 del megaron ha lunghezza
29, mentre la terna costituita dai tre numeri interi 20, 21, 29 è
una "terna pitagorica". Analogo discorso si può ripetere per
altre parti del Palazzo (ancora Fig. 17), che derivano da "terne
pitagoriche" come 3, 4, 5, o da terne "quasi pitagoriche" come
8, 9, 12 o 24, 54, 59.58 Queste ultime - come si è già visto sono dette "quasi pitagoriche", perché 82 + 92 dà 145 che non
è esattamente pari a 122, mentre 24 2 + 542 dà 3.492 che non è
esattamente pari a 59 2 .
57 La diagonale di un quadrilatero rettangolo è, contemporaneamente,
l'ipotenusa dei due triangoli rettangoli formati da due suoi lati adiacenti.
58 Sulle "terne pitagoriche" e "quasi pitagoriche", vedi la precedente
n. 6. In Fig. 17 la terne pitagoriche 20, 21, 29 e 3, 4 e 5 sono indicate
rispettivamente con V e con D; le terne "quasi pitagoriche" 8, 9, 12 e 24,
54, 59 con S e con 3/D.
50
Omero il cielo e il mare
Nella costruzione del Palazzo, di queste terne base a volte
sono stati utilizzati i multipli: per esempio, l'intero complesso
palaziale è realizzato con il multiplo 14 della terna "quasi
pitagorica" S data da 8, 9, 12. Questo significa solo che le
misure, invece di essere 8, 9, 12, vanno moltiplicate per 14 e
diventano: lunghezza 14 x 8 = 112; larghezza 14 x 9 = 126 e
diagonale/ ipotenusa 14 x 12 = 168. E anche i tre nuovi numeri
112, 126 e 168 costituiscono una terna "quasi pitagorica": 1122
+ 1262 = 28.420, che non è esattamente pari a 1682.
Arrivati a questo punto, non è difficile nemmeno calcolare
l'unità di misura adottata dai costruttori: avendo a disposizione
tutti questi numeri interi che costituiscono una piccola serie di
terne pitagoriche o quasi pitagoriche, e conoscendo la relativa
misura in metri, decimetri e centimetri delle diverse parti del
Palazzo, basterà fare una semplice divisione. Se la larghezza
totale è di 126 py e corrisponde ai nostri 86,562 metri, l'unità
di misura sarà di 86,562 126 = 0,687 metri.59 In questo caso,
l'unità di 0,687 metri non corrisponde a nessuna misura nota
tra quelle utilizzate nel mondo antico, ma trova una ottima
approssimazione soltanto col piede fenicio di 0,515 metri, di
cui rappresenta i quattro terzi.60
L'intero Palazzo di Nestore mostra una pianificazione
attenta e una volontà precisa di conseguire un risultato ottimale,
e chi l'ha costruito conosce orientamento astronomico e terne
pitagoriche. E tutto questo 700 anni prima di Talete e 800 prima
di Pitagora.
59 Per ottenere un risultato attendibile è indispensabile un rilievo
accurato e affidabile.
60 4/3 x 0,515 = 0,6866...
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
51
15. GEOMETRIA DEL TESORO DI ATREO
Il cosiddetto Tesoro di Atreo fa parte di un gruppo di nove
tombe a tholos disposte a occidente della cittadella di Micene.
Le tombe costituiscono il più importante gruppo di sepolture
monumentali legato a un singolo sito, e risalgono all'intervallo
tra 1500 e 1250 a.C. Orientate nelle più diverse direzioni, esse
sono disposte perpendicolarmente al declivio della pendice che
le ospita, in modo da affacciarsi alla piana sottostante; questo
dovrebbe indicare che i loro orientamenti non hanno una base
astronomica, ossia non sono diretti verso un particolare punto
dell'orizzonte.
Nel loro complesso, le tombe sono divise in tre parti: 1 - il
lungo dromos, o "corridoio", di accesso; 2 - la camera circolare
a volta; 3 - uno stomion, o "andito", che la precede; e le tre parti
andranno studiate in pianta e in sezione. La volta è, nei fatti,
una falsa volta, in cui ogni masso sovrastante sporge rispetto
al masso sottostante, fino a chiudere la struttura in alto con una
cupola in cui manca la chiave di volta.
Qui, ci occuperemo nel dettaglio solo del Tesoro di Atreo
(Fig. 18), datato al 1350-1250 a.C, che costituisce la più grande
cupola dell'antichità, superata soltanto 1300 anni più tardi dal
Pantheon romano. Abbiamo i seguenti risultati,61 raccolti nella
Tabella 1:
• il dromos in pianta ha un rapporto tra larghezza e lunghezza
di 5 a 12, con diagonale/ipotenusa 13, e dà la "terna
pitagorica" W formata da 5, 12, 13, in cui 5 2 + 122 = 132 =
169;
Analoghi risultati danno anche le altre tholoi del gruppo.
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
Omero il cielo e il mare
52
• il dromos in alzato ha un rapporto tra altezza e lunghezza di
7 a 24, con diagonale/ipotenusa 25, e dà la "terna pitagorica"
GA formata da 7, 24, 25, in cui 7 2 + 242 = 25 2 = 625;
• lo stomion in pianta ha un rapporto tra larghezza e lunghezza
di 18 a 6, con diagonale/ipotenusa 19, e dà la tema "quasi
pitagorica" 3Q formata da 6, 18, 19, in cui 62 + 182 dà 192 1 = 360;
• lo stomion e la camera circolare in pianta hanno un rapporto
tra larghezza e lunghezza di 18 a 24, con diagonale/
ipotenusa 30, e dà la terna "pitagorica" D formata dal
multiplo 6 della 3, 4, 5, ovvero da 18, 24, 30, in cui 182 +
24 2 = 302 = 900;
• la camera circolare in pianta ha un rapporto tra larghezza e
lunghezza di 12 a 12, con diagonale/ipotenusa 17, e dà la
terna "quasi pitagorica" Q formata da 12, 12, 17, in cui 122
+ 122 dà 17 2 - 1 =288;
• la camera circolare in alzato, cioè la falsa cupola, ha un
rapporto tra raggio e altezza di 8 a 15, con
diagonale/ipotenusa 17, e dà la "terna pitagorica" M formata
da 8, 15, 17, in cui 8 2 + 152 = 172 = 289.
Di queste sei terne, la D, la W, la M e la GA costituiscono,
nell'ordine, i primi quattro termini di una serie di "terne
pitagoriche" generate da un procedimento aritmetico - un
algoritmo62 - noto all'ultimo dei grandi matematici ellenistici,
Diofanto di Alessandria (III-IV secolo d.C), che lo descrive
nel Problema 8 del Libro II della sua Aritmetica. Ma
l'algoritmo era conosciuto dai babilonesi, come dimostra la già
citata Tavoletta Plimpton 322, che risale al 1800-1650 a.C.
Dati m e n primi tra loro, con m > n, se A = m 2 - n 2 , B = 2 m n, C =
m 2 + n 2 , allora si avrà A 2 + B 2 = C 2 .
62
53
A differenza del Palazzo di Nestore, nel caso del Tesoro di
Atreo l'unità di misura utilizzata dagli ignoti costruttori
rimanda al mondo babilonese. Dall'analisi dei dati, essa risulta
essere di 0,496 metri, con un errore di ± 0,004 m; un valore che
corrisponde bene al cubito assiro di 0,494 m., al sumero di
0,500 m. e al cubito di Gudea di Lagash di 0,496 m. Solo che
Gudea di Lagash regna nel XXII sec. a.C. nel sud della
fvlesopotamia, a 2000 km a est di Micene e mille anni prima di
Atreo. A conferma di come i contatti culturali tra Oriente e
mondo greco siano iniziati assai prima che la Ionia diventasse
un meltingpot e che Omero iniziasse a cantare i re di Micene...
TABELLA 1
AMBIENTE DEL
"TESORO"
LARGHEZZA LUNGHEZZA DIAGONALE/
O RAGGIO OALTEZZA IPOTENUSA
SIGLA
BELLA TERNA
dromos
in pianta
5
12
13
pitagorica
w
dromos
in alzato
7
24
25
pitagorica
GA
6
19
quasi
pitagorica
3Q
24
30
pitagorica
D
17
quasi
pitagorica
Q
17
pitagorica
M
stomion
in pianta
stomion
e camera circolare
in pianta
18
18
camera circolare
in pianta
12
camera circolare
in alzato
8
|_
TIPO DI
TERNA
-
I
12
15
54
Omero il cielo e il mure
Tra questi ultimi - come abbiamo visto prima" - Atreo
aveva una passione per l'astronomia, se è vero quel che dice
Igino e se fu lui a battere Tieste azzeccando la previsione di
un'eclissi. Adesso vediamo che aveva anche una grande
passione per la geometria, e in particolare per le "terne
pitagoriche", se è vero che il "tesoro" è proprio suo, Però dobbiamo ammetterlo - noi non sappiamo, e forse non sapremo
mai, se Igino dice il vero e se il "tesoro" è di Atreo!
16. LE STELLE DI OMERO E DI ESIODO E LA NAVIGAZIONE
L Odissea è il racconto di un viaggio per mare, una sorta di
lontano precedente di Ventimila leghe sopra i mari. Eppure
l'unico episodio in cui Omero parla di navigazione notturna
guidata dalle stelle è quello, celebre, del quinto libro in cui
Odisseo lascia Calipso e la sua isola per tornare "alla terra dei
padri": "Egli dunque col timone guidava destramente, / seduto;
né il sonno gli cadeva sugli occhi / guardando le Pleiadi, Boote
che tardi tramonta, / e l'Orsa che chiamano anche col nome di
Carro, che ruota in un punto e spia Orione: / è la sola esclusa
dai lavacri di Oceano. / Gli aveva ingiunto Calipso, chiara fra
le dee / di far rotta avendola a manca. / Diciassette giorni
navigò, traversandolo, il mare, / al diciottesimo apparvero i
monti ombrosi / della terra dei Feaci, la parte a lui più
vicina... " 64
Vedi § 5.
64 Omero Odissea 5.270-80. Nel passo in esame Sirio non è nominala,
anche se Omero la conosce e la cita in Iliade 5.5-6: "l'astro d'autunno che
splende di fulgida luce quando sorge dalle acque di Oceano"; e in Iliade
22.26-9: "splendido come l'astro che sorge in autunno, che brilla di fulgida
luce in mezzo a miriadi di stelle; lo chiamano il cane di Orione ed è il più
63
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
55
Il passo è studiatissimo, ma i commentatori sono divisi. C'è
chi lo confronta con l'analogo passo di Iliade 18.486-9 sulla
decorazione dello scudo di Achille e con le parole di Giobbe
9.9: "(Dio) crea l'Orsa e Orione, / le Pleiadi e i penetrali del
cielo australe", e lo considera una descrizione per sommi capi
del cielo, insomma - come direbbero gli inglesi - dei "brevi
cenni sull'universo". C'è chi ricorda le parole di Plinio, che
non sembrano rinviare così indietro nel tempo la nascita della
navigazione astronomica: "L'osservazione delle stelle durante
la navigazione (fu introdotta) dai fenici, Siderum
observationem in navigando Phoenices.65 E chi, in ogni caso,
fa notare che Omero sa almeno che l'Orsa è "la sola esclusa
dai lavacri di Oceano", ossia è una costellazione circumpolare,
che non sorge e non tramonta mai; e che "facendo rotta
avendola a manca" significa navigare, dal più al meno, da ovest
verso est, e forse più propriamente dalla presunta Gozo di
Calipso verso l'altrettanto presunta Corfù dei Feaci.
Al contrario, chi ritiene che si tratti di un'indicazione
dell'epoca dell'anno in cui avviene la navigazione di Odisseo,
si basa su dati come quelli della Tabella 2, relativi alla posizione
di Itaca, 38°26'N 20°39'E, e all'anno 1200 a.C.
luminoso". L'assenza di Sirio potrebbe significare che il poeta non sta
indicando l'epoca della navigazione. Quanto a Boote, è la costellazione che
ha come stella più luminosa Arturo, il "custode dell'Orsa (Maggiore)";
Arturo è la stella più luminosa dell'emisfero settentrionale.
65 Plinio Storia naturale 7.209.
56
Omero il cielo e il mare
Leonardo Magini | OMERO
TABELLA 266
ASTRO
GIORNO L
MESE
ARTURO
( a BOOTE)
sorge
/ 6 settembre alle 04:23
tramonta
alle 20:41
sorge
1 ottobre
alle 03:24
PLEIADI
(T| TAURI)
ORIONE
(Q ORIOMS)
sorgono
alle 18:35
tramontano
alle 08:il
tramontano
alle 07:12
sorge
alle 21:55
tramonta
alle 09:35
tramonta
alle 08:36
SIRIO
( a CANIS
MAIOR)
SOLE
sorge
sorge
alle 23:50 alle 05:13
tramonta tramonta
alle 10:26 alle 18:04
tramonta
sorge
alle 09:27 alle 05:29
15 ottobre
sorge tramontano tramonta tramonta
sorge
alle 02:29 alle 06:17 alle 07:41 alle 08:32 alle 05:44
31 ottobre
sorge tramontano tramonta tramonta
sorge
alle
01:26
alle
05:14
alle
06:38
alle
07:29
alle
06:01
[
- - L
Dalla Tabella 2 si ricava che:
• il 16 settembre si ha la levata eliaca67 di Arturo, che sorge
50' prima del sole, quando già Pleiadi, Orione e Sirio sono
visibili;
66 I dati di Sirio, che Omero non cita in questo passo, servono al
confronto con i versi di Esiodo esaminati subito dopo.
67 La rotazione giornaliera della terra attorno al proprio asse è da ovest
verso est (e il movimento apparente del cielo nel corso delle 24 ore è da est
verso ovest), mentre la rivoluzione della terra attorno al sole è in direzione
oraria (e il moto apparente del sole nel corso dell'anno è in direzione
opposta, antioraria). Ogni giorno la rotazione della terra rispetto alle stelle
fisse è di 23 ore e 56 minuti, e la terra deve ruotare ancora 4 minuti per
tornare alla stessa posizione rispetto al sole. Quando il sole si allontana da
E IL CIELO
57
• il 1 ottobre si osservano insieme Arturo, Pleiadi, Orione e
Sirio dalle 03:24 alle 04:45, quando mancano tre quarti d'ora
al sorgere del sole e iniziano a svanire le stelle;
• il 15 ottobre si osservano Arturo, Pleiadi, Orione e Sirio
dalle 02:29 alle 05:00;
• il 31 ottobre si osservano Arturo, Pleiadi, Orione e Sirio
dalle 01:26 alle 05:15 (Fig. 19).
Da questi dati la navigazione - se di questo si tratta - si
sarebbe verificata nel mese di ottobre, appena prima della
stagione pericolosa. Perché Esiodo parla chiaro: "Ma se
desideri navigare pericolosamente, / quando le Pleiadi fuggono
la forza terribile / di Orione e si gettano nell'oscurità del mare
/ viene il tempo in cui infuriano tutti i soffi dei venti. / Non
lasciare le navi sul mare color del vino, allora, / ma ricorda di
lavorare la terra, come ti consiglio; / tira la nave in secco, e
fermala tutt'intorno / con pietre, perché resista all'impeto degli
umidi venti, / e togli il tappo dalla sentina, in modo che non
marcisca per le piogge di Zeus."
una determinata stella, essa inizia a essere visibile sull'orizzonte orientale
proprio prima dell'alba - levata eliaca; da questo momento la stella
guadagna 4 minuti al giorno sul sole, e sorge ogni notte più presto, fino a
che raggiunge il sole al tramonto, che la renderà invisibile - levata
vespertina. Analogamente avverrà per il tramonto della stella a ovest. Per
ciascuna stella i quattro eventi - prima e ultima apparizione a est; prima
apparizione, che precede il sorgere del sole, e ultimo tramonto, che segue
il tramonto del sole - avvengono una sola volta l'anno e, per una latitudine
data, vanno considerati costanti. Ma le date e gli azimut dei quattro
fenomeni variano lentamente nel tempo a causa della precessione degli
equinozi. Per esempio, le rispettive date per Sirio in Atene (38° N) nel 43
a.C. sono: levata eliaca 28 luglio; levata vespertina 31 dicembre; tramonto
mattutino, 5 maggio; tramonto vespertino, 26 novembre. Così, Sirio sarà
invisibile tra il 5 maggio e il 28 luglio (da Bickerman 1980, p. 54).
58
Omero il cielo e il mare
In realtà, secondo il poeta delle Opere e giorni il periodo
migliore per la navigazione inizia assai prima, attorno al 10
agosto: "Cinquanta giorni dopo il solstizio, / quando finisce il
tempo spossante dell'estate, / per gli uomini è il momento
giusto per navigare: / non perderai la barca, e il mare non ti
toglierà i marinai... / A quell'epoca i venti soffiano regolari e
il mare è sicuro; / tranquillo, metti la nave veloce / in mare,
caricala tutta, / e affidati ai venti, affrettandoti a tornare a casa
al più presto. / Non aspettare il vino novello e la pioggia
d'autunno, / l'inverno in arrivo e i soffi cattivi del vento da sud
/ che, dopo le forti piogge inviate da Zeus in autunno, / agita il
mare e rende pericolosi i flutti."
E ancor prima dell'estate vi è un altro breve periodo
propizio, che però può riservare sgradevoli sorprese di natura
meteorologica: "Ma a primavera per gli uomini c'è un'altra
navigazione: / quando sui rami del fico le foglie / diventano
grandi come l'impronta lasciata dalla cornacchia / che si posa,
allora il mare è navigabile. / Questa è la navigazione di
primavera; ma io non la raccomando, perché è rischiosa."68
Questo per quanto riguarda il periodo propizio per navigare.
Per quanto riguarda invece la navigazione con le stelle, in tutta
la letteratura antica - per quel che mi risulta - si trovano
68 Esiodo Opere e giorni 618-26,663-6 e 670-7, 678-83. Le indicazioni
di Esiodo coincidono, grosso modo, con quelle fornite mille anni più tardi
da Vegezio (L'arte della guerra 4.39; trad. M. Formisano): "Dopo la levata
delle Pleiadi, dal 27 maggio fino alla levata di Arturo, il 14 settembre, si
ritiene sicuro navigare... Dopo questo periodo, fino all'I 1 novembre, la
navigazione si fa più incerta e rischiosa, visto che dopo il 13 settembre si
leva Arturo, l'astro più violento, e il 24 inizia il tempo avverso
dell'equinozio di autunno... Dal mese di novembre, poi, il tramonto
burrascoso delle Pleiadi rende agitata la navigazione con continue tempeste.
Perciò, dall'I 1 novembre al 10 marzo i mari sono impraticabili."
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
59
soltanto testimonianze di una navigazione notturna basata
esclusivamente sulle Orse. Così, ad esempio, né Le
Argonautiche di Apollodoro né quelle di Valerio Fiacco né,
tanto meno, le Orfiche, a parte qualche fuggevole cenno a altre
poche stelle, danno delle indicazioni che non si riferiscano alle
Orse. Anzi, da un certo momento in poi diventa un luogo
comune, un vero e proprio topos letterario, la notazione che i
greci continuano a orientarsi con l'Orsa Maggiore, mentre i
fenici già da tempo si basano sull'Orsa Minore: "Ma/or
Pelasgis apta, Sidoniis minor, la Maggiore va bene ai greci, la
Minore ai fenici.", afferma Seneca concisamente. 69 E visto che
la Maggiore è, allora come oggi, più distante dal Polo Nord
della Minore, la notazione serve a sottolineare l'imperizia dei
greci rispetto ai rivali levantini.
Solo nel poema di Lucano (Cordova, 39-65 d.C.) Bellum
civile, meglio conosciuto come Farsaglia, si trova un passo che
sembra dare indicazioni diverse. In fuga da Lesbo, Pompeo
Magno "interroga il pilota su tutti gli astri, / che cosa distingua
le terre, quale sia nel cielo / il punto di riferimento per la rotta,
quale costellazione gli indichi / la Siria, quale tra le stelle del
Carro guidi con precisione / alla Libia." E il pilota risponde:
"Non seguiamo gli astri che scorrono scivolando in cielo; / essi
ingannano i poveri naviganti con il perpetuo movimento / della
volta celeste; ma il polo che non tramonta e non si tuffa nelle
onde / e risplende di continuo con le luci delle due Orse, /
quello guida le navi. Finché lo vedo sopra di me, / con l'Orsa
Minore sopra la punta delle antenne, / ci dirigiamo verso il
Bosforo e il Ponto con le rive arcuate / della Scizia. Quando
Boote lascia la sommità dell'albero / e l'Orsa Minore si
Seneca Medea 697.
60
Omero il cielo e il mare
avvicina alla superfìcie del mare, / la nave è diretta ai porti della
Siria. Da quel momento segue Canopo, astro appagato di
muoversi nel cielo australe, / e che rifiuta Borea; se superi Faro
tenendola a sinistra, arriverai al centro del mar della Sirte..." 70
Certo, anche Lucano cita l'Orsa Minore e Boote, di cui
Arturo è la più luminosa, come stelle fondamentali per
orientarsi, ma poi si lascia sfuggire il nome di Canopo, stella
ancora più luminosa di Arturo, ma tanto meridionale da
costituire, per il navigante nel sud del Mediterraneo, una sorta
di "Polo Sud". Quest'unico accenno potrebbe far pensare che i
marinai dell'epoca si siano presto resi conto di quello che
sapevano già, più o meno allo stesso livello culturale, gli
"argonauti" della lontana Polinesia. Navigatori tanto esperti da
stupire il capitano James Cook (1728-79) per la capacità di
orizzontarsi con sicurezza nell'immensità dell'Oceano Pacifico,
tra isole distanti anche 3 o 4.000 chilometri in latitudine e/o in
longitudine, sulla base delle osservazioni dei punti di levata e
di tramonto delle stelle più luminose.71
TABELLA 3
STELLA
ARTURO ( a BOOTE)
-
AZIMUT DI LEVATA
AZIMUT DI TRAMONTO
47°
313°
PLEIADI (Tj TAURI)
70°
ORIONE (C, ORIONIS)
94°
SIRIO ( a CAMS MAIOR)
108°
CANOPO ( a CARINAE)
175°
290°
266°
252°
185°
Lucano La guerra civile o Farsaglia 8.167-84, trad. I. ("anali
Vedi Schiaparelli 1998, voi. 3, pp. 55-8.
Leonardo Magini | OMERO
E IL CIELO
61
Si deve ricordare poi che i nomadi abituati a muoversi negli
spazi sterminati dei deserti, come i contadini sedentari che si
sostentano con i prodotti dei propri limitati campicelli, da secoli
devono aver osservato levata e tramonto delle stelle; il
calendario agricolo di Esiodo, e quello molto più tardo del
Virgilio delle prima Georgica, non nascono dall'estro subitaneo
del poeta, ma dall'uso continuato nel tempo, nel lungo tempo,
di ben note regole arcaiche.
In conclusione, la mancanza di una tradizione letteraria
sull'osservazione di altre stelle che non siano le Orse non basta
a concludere che questa osservazione non ci fosse, e può
dipendere soprattutto da altri motivi. Primo, che l'osservazione
delle stelle è un aspetto quanto mai tecnico dell'arte della
navigazione, un aspetto di cui i soli piloti erano a conoscenza,
tramandato di padre in figlio e tenuto il più possibile segreto al
mondo esterno. Secondo, che questa arte - meglio, questa
specifica sezione dell'arte della navigazione - può essere
andata persa nei cosiddetti "secoli bui", ovvero proprio nel
periodo che va dalla guerra di Troia a Omero. A ben guardare,
succede lo stesso per l'arte delle costruzioni e per l'astronomia
e la geometria che la governano: esse sono presenti - e come
presenti! - a Pilo e a Micene, e certo in tanti altri siti della stessa
epoca, eppure sembrano dimenticate in età storica. D'altra
parte, la tradizione attribuisce già al padre dell'astronomia, a
Talete, un testo di Navigazione astronomica,72 e questo
manuale, andato perduto, avrà ben fornito qualche indicazione
in più di quella di osservare l'Orsa per sapere dov'è il Nord.
Ecco perché, nella Tabella 3, abbiamo registrato i punti da
cui sorgono e in cui tramontano le stelle nominate in
72 Diogene Laerzio Vite dei filosofi : che in alternativa a Talete fa il
nome di Foco di Samo.
62
Omero il cielo e il mare
precedenza da Omero, da Esiodo e da Lucano, come viste da
Itaca nell'800 a.C. (Fig. 20) In pratica, mentre le Pleiadi, che
fanno parte della costellazione del Toro, e dunque giacciono in
prossimità della fascia zodiacale, indicano con grande
approssimazione l'est alla levata e l'ovest al tramonto, Arturo
molto più a nord e Sirio un po' più sud danno degli orientamenti
intermedi, mentre Canopo - come si è detto - nel brevissimo
intervallo di tempo in cui è visibile funge quasi da "stella polare
del sud".
In più, dai dati della Tabella 2 relativi al 16 settembre,
vediamo che, nell'arco di 24 ore, si verificano i seguenti
fenomeni: alle 04:23 sorge Arturo, alle 05:13 sorge il sole, alle
08:11 tramontano le Pleiadi, alle 09:35 tramonta Orione, alle
10:26 tramonta Sirio, alle 18:04 tramonta il sole, alle 18:35
sorgono le Pleiadi con Azm 70°, alle 20:41 tramonta Arturo,
alle 21:55 sorge Orione, alle 23:50 sorge Sirio. Tolti i fenomeni
oscurati dalla luce del sole, ne restano pur sempre cinque - solo
considerando queste poche stelle - che sono ben visibili e che
finiscono per scandire con una certa regolarità la notte: alle
18:35 sorgono le Pleiadi con Azm 70°, alle 20:41 tramonta
Arturo con Azm 313°, alle 21:55 sorge Orione con Azm 94°,
alle 23:50 sorge Sirio con Azm 104°, alle 04:23 sorge Arturo
con Azm 47°. E questo, in orari diversi ma sempre con i
medesimi azimut, si ripete ogni notte per tutte le notti dell'anno.
Naturalmente, seguire l'azimut di Arturo che sorge, e
dunque tenere prua su 47°, comporterà un determinato risultato
se si parte da Siracusa e tutto un altro risultato se si doppia capo
Malea, estrema punta orientale del Peloponneso, diretti verso
il mar Egeo. Però, se ci si basa sul punto dell'orizzonte da cui
si leva Arturo, e si tiene una rotta di 45° a sinistra si punterà in
ogni caso a nord, mentre se si tiene una rotta di 45° a destra si
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
63
punterà a est. Beninteso, con una approssimazione del tutto
accettabile.
17. LE STELLE DI OMERO E DI ESIODO E IL CALENDARIO
Oltre a quelle appena viste, Omero cita anche la "stella del
mattino" e la "stella della sera".73 Ma il poeta non mostra di
sapere che si tratta in tutti e due i casi del pianeta Venere d'altra parte la tradizione attribuisce a Pitagora la scoperta.
Come tutti i pianeti, Venere non mantiene una posizione fìssa
in cielo, dunque non è utile né per la datazione né per
l'orientamento; la "stella del mattino" indica molto
genericamente l'est, la "stella della sera" l'ovest. Enea viaggia
da Troia a Lavinio, da est a ovest, seguendo la "stella della
sera", la stella "occidentale", "Earcspoq. Per il resto, Omero
non dà mai l'idea di conoscere il nome di un mese, né lunare
né, tanto meno, come dodicesima parte di un anno luni-solare.
Invece, tutta la parte centrale - il cosiddetto "calendario
agricolo" - delle Opere e giorni di Esiodo è dedicata
all'astronomia e, in particolare, al legame tra moto degli astri e
vita dei campi. Del sole il poeta conosce i solstizi, delle stelle
le levate e i tramonti, mattutini e vespertini. Così, il calendario
di Esiodo può iniziare con questi versi: "Quando sorgono le
Pleiadi, figlie di Atlante, / comincia a mietere; quando
tramontano, ad arare; / per quaranta notti e quaranta giorni, /
esse non sono visibili, ma poi, volgendosi l'anno, / riappaiono
al momento in cui si devono affilare i ferri." E più avanti:
"Quando la vampa bruciante del sole / che fa sudare si attenua,
e il grande Zeus porta le pioggie di autunno, / il corpo
73
Rispettivamente in Odissea 13.93 e Ilìade 23.226 e in Iliade 22.317.
Omero il cielo e il mare
dell uomo s. muove più agile. Allora la stella di Sirio / per un
PO ruota di giorno sopra le teste degli uomini / nati per morire
ma occupa una parte più grande della notte; / la legna tagliata
TABELLA 4
N.B. i numeri tra parentesi si riferiscono
ai versi di Opere e giorni
MESI E GIORNI
MODERNI
MOTI
DELLE STELLE
18 febbraio
levata
60 giorni dopo
vespertina di il solstizio
arrivano le
Arturo (566) d'inverno (565) rondini (568)
gennaio
marzo
SOLSTIZI
E EQUINOZI
tramonto
vespertino delle
Pleiadi
levata mattutina
17 maggio delle Pleiadi
(383)
21 giugno
mattutini
di Orione (598)LI
e di Sirio (587)
levata
10 agosto
* settembre
28 ottobre
novembre
9 novembre
1
/ 9 dicembre
Orione e Sirio
al centro del
cielo - levata
mattutina di
Arturo (609-10)
tramonto
mattutino delle
Pleiadi (384 e
615) delle [adi e
di Orione (615)
ATTIVITÀ
DELL'UOMO
canta il cuculo
(486)
7 aprile
/ luglio
15luglio
VITA
DELLA NATURA
solstizio
d'estate
50 giorni dopo
il solstizio
d'estate si può
navigare (663)
inizia la
il fico mette le mietitura (383)
foglie (680)
inizia la
trebbiatura
inizia la
vendemmia
(610)
solstizio
si tirano le navi
migrano le gru in secco (624) (448)
inizia aratura
(384) e semina
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
65
dal ferro adesso resiste di più ai tarli, / riversa a terra le sue
fronde e i rami smettono di crescere, / questo è il momento di
tagliare i tronchi..." E ancora: "Quando saranno passati
sessanta giorni dopo il solstizio d'inverno / allora la stella di
Arturo lascia la sacra corrente di Oceano / e, tutta splendente,
si leva al calare della sera; / la segue la rondine, figlia di
Pandione, e al mattino lamentosa si innalza / verso la luce della
primavera, che torna di nuovo per gli uomini."74
Di tutte le indicazioni fornite da Esiodo, la più interessante
dal punto di vista astronomico è l'ultima appena citata, che dà
l'intervallo di tempo tra la levata vespertina di Arturo e il
solstizio d'inverno: assolutamente indipendenti l'uno dall'altro,
due fenomeni celesti vengono legati tra loro - coi "sessanta
giorni" - a fini esclusivamente calendariali. Anche interessante
è l'associazione tra fenomeni celesti e eventi naturali, tra la
levata vespertina di Arturo - "la stella di Arturo... si leva al
calar della sera" - e l'arrivo delle rondini, che segna l'inizio
della primavera (Fig. 21). E il rapporto tra levata di Arturo,
arrivo delle rondini e inizio della primavera è noto anche a
Roma, diversi secoli più tardi.75
Da indicazioni di questo genere, che qui eviteremo di riferire
per intero, l'astronomo Giovanni Schiaparelli 76 ricavò i dati
riportati nella Tabella 4. Però, attenzione: questi dati, come
quelli della Tabella 2, sono soltanto indicativi: troppe sono le
incertezze sulla posizione da cui venivano fatte le osservazioni,
e dunque sulla latitudine e sull'altezza sul livello del mare. Del
resto, un altro grande storico dell'astronomia, l'inglese Thomas
H. Heath dice espressamente: "Con Esiodo la primavera inizia
Esiodo Opere e giorni 383-7, 414-22, 564-9.
Vedi Ovidio Fasti 2.853-4 e Plinio Storia naturale 18.237.
Schiaparelli 1998, pp. 245-6. Sul "calendario agricolo" di Esiodo,
vedi anche Aveni 1993, pp. 52-67.
74
75
76
66
Omero il cielo e il mare
con la levata vespertina di Arturo (che alla sua epoca e
latitudine avviene il 24 febbraio del calendario giuliano)." 77
Così, il 18 febbraio di Schiaparelli diventa il 24 dello stesso
mese per Heath, e già questo solo dato può bastare a indicare
l'ambito d'incertezza nel quale ci si muove.
18. LE OLIMPIADI, DAL MITO ALLA STORIA78
La tradizione romana ricorda con precisione la data di
fondazione della città, 21 aprile 753 a.C. La tradizione greca
ignora la data dell'avvenimento per Atene e Sparta, per Argo e
Micene, per Pilos e Tebe: non c'è una sola città del mondo
ellenico per la quale la fondazione non sia andata persa nel buio
della preistoria. Analogamente, la tradizione romana ricorda un
calendario attribuito al fondatore, Romolo, mentre ogni città
greca ha il suo calendario con il suo inizio in un certo momento
dell'anno - per lo più il solstizio d'inverno - e i suoi nomi di
mesi.
La storia in Grecia nasce con le Olimpiadi - estate del 776 e le Olimpiadi nascono dal mito; dunque sono le Olimpiadi il
trait d'union che, accompagnandoci dal mito alla storia, ci
permettono di concludere questo studio. Il mito da cui nascono
è quello di Pelope e Ippodamia; Ippodamia, figlia di Enomao,
è promessa in sposa a chi batterà il re suo padre in una corsa
sul carro. Dopo dodici sfortunanti pretendenti, che perdono la
gara e di conseguenza la vita, il tredicesimo, Pelope, conquista
Heath 1932, p. 12.
7S Sulla nascita e la struttura delle Olimpiadi, vedi Bickcrman 1980,
pp. 75-6. Vedi anche, su Internet, The Origìn of the Olympics: Ancient
Calendars and the Race against Time, di Valerie V'augnali.
77
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
67
la mano della bella, che lo ha aiutato bloccando la ruota del
carro paterno.
Sarà bene dir subito che Pelope è di origine orientale - lidia
per la precisione79 - e che da Pelope e Ippodamia nascono Atreo
e Tieste, che abbiamo già incontrato. Ma Atreo è il padre di
Agamennone e di Menelao, così che il mito di Pelope si colloca
nella seconda generazione prima della guerra di Troia, attorno
al 1250 a.C; il che significa che l'intervallo di tempo tra il mito
e le Olimpiadi copre interamente i "secoli bui" della protostoria
greca. In più è chiaro che i due numeri, 12 e 13, rimandano come vedremo subito - all'anno lunare, naturale di 12 lune o
intercalato a 13.
Un altro mito legato alla nascita delle Olimpiadi è diverso,
ma simile. Qui è Atalanta, giovane bionda, che sfida i
pretendenti alla corsa; non sappiamo quanti ne batte e uccide
prima di esser superata da Ippomene, "Cavallo sfrenato", che
la vince lasciando cadere durante la corsa tre mele d'oro avute
da Afrodite. Atalanta si ferma a raccoglierle e perde
inevitabilmente la gara...
Questo per il mito; per la storia, la nostra conoscenza su
quando e come nascano davvero le Olimpiadi è assai
approssimativa, e lo stesso vale per il calendario e per l'anno.
Certo è che Omero - come si è detto - non conosce né l'anno
né il mese inteso come dodicesima parte di anno solare, mentre
conosce la lunazione e il ritorno annuale delle stagioni. E
probabile, però, che in un momento imprecisato qualcuno abbia
ideato un ciclo di 8 anni intercalati. Ogni anno conta 12 mesi e
i mesi sono alternativamente di 30 e di 29 giorni, e cioè il più
vicino possibile ai 29 giorni e mezzo del mese lunare. In totale,
Pindaro Olimpiche 1.24.
68
Omero il cielo e il mare
Leonardo Magini | OMF.RO E IL CIELO
l'anno conta 354 giorni, e 8 anni ne contano 2.832. Il 3°, il 5°
e l'8° anno sono intercalati con un mese di 30 giorni, e ai 2.832
giorni se ne aggiungono altri 90, per un totale di 2.922 giorni.
Questo è Yottaeteride, "(il periodo) di otto anni", la cui
conoscenza potrebbe forse risalire già all'inizio dell'Vili
secolo, ma sicuramente è assai più recente.
TABELLA 5
ASTRO
N° DI CICLI X PERÌODO =
GIORNI (D.)
ERRORE
ASSOLUTO
ERRORE
PERCENTUALE
sole
(anno tropico)
8 x 365,2422 2.921.94 d.
+ 0,06 d.
0,00216%
luna
(mese sinodico)
99 x 29,5306 =
2.923.53 d.
- 1,53 d
0.0523%
luna
(mese siderale)
venere
(periodo sinodico)
107 x 27,3216 =
2.923,41 d.
- 1.41
d.
0,0482%
5 x 583,92 =
2.919,6 d.
- 2,4 d.
0,0822%
venere
(periodo siderale)
39 x 224.63 =
2.920,19 d.
+ 1,81
0,062%
d.
Il fatto è che questo numero di 2.922 giorni è un numero che
nasce da una cospicua serie di conoscenze astronomiche,
riassunte nella Tabella 5. Senza entrare nel dettaglio, la Tabella
mostra come il ciclo di 8 anni intercalati e di 2.922 giorni tenga
conto insieme, abbastanza bene, dei moti del sole, della luna e
del pianeta Venere: alla fine degli 8 anni intercalati, i tre
principali luminari celesti, visti dalla terra, tornano a trovarsi
nella stessa posizione rispetto alle stelle fisse che hanno
69
all'inizio. E la corsa di Atalanta, che perde la gara con
Ippomene grazie al regalo di Afrodite, ci appare come il ricordo
mitico della rincorsa in cielo tra i tre astri, che prima si
distanziano e poi si ritrovano tutti assieme.
In questi 8 anni si tengono due Olimpiadi: una ogni 4 anni,
diciamo noi. No: una ogni 49 lune e mezzo, contavano i greci;
anzi, la prima dopo 49 lune e la seconda dopo 50, sempre
all'ottava luna piena dopo il solstizio d'inverno. 80 E dunque
sempre tra la seconda metà di luglio e la seconda metà di
agosto, quando i campi richiedono poca attenzione e gli
spostamenti via mare sono più sicuri.
Stando alla tradizione, l'uso di contare il tempo in base alle
Olimpiadi - "primo anno della terza Olimpiade", "terzo anno
della settima", ecc. - nacque tardi, con Eratostene (Cirene, 276194 a.C); e in realtà tutta la prima parte della lista canonica dei
vincitori, ricostruita a posteriori, è di dubbia attendibilità.
Il conteggio delle Olimpiadi fa iniziare l'anno in piena
estate; di conseguenza, quando si va a concordare le date greche
con quelle romane, basate su un anno che, a partire dal 153 a.C,
inizia il primo gennaio, quello che per i greci è - ad esempio il "primo anno della 180° Olimpiade" per i romani coincide con
la seconda metà dell'anno 60 e con la prima metà del 59 a.C;
da qui nasce l'indicazione alquanto ambigua 60/59 a.C. La
stessa ambiguità si riscontra all'interno dell'uso greco: l'anno
inizia quasi dappertutto col solstizio d'inverno, ma il conteggio
degli anni parte col mese estivo in cui viene a cadere
l'Olimpiade.
80 Ho riportato qui la lettura oggi comunemente accolta sull'origine e
il meccanismo delle Olimpiadi, ma temo che qualche punto sia ancora da
verificare.
70
Omero il cielo e il mare
CONCLUSIONE
L'insieme di conoscenze astronomiche dell'età eroica può
apparire abbastanza scoordinato e scombinato; in realtà è così
per diversi motivi. Il primo è che gli studi sull'astronomia, la
geometria e la matematica pre- e protostoriche sono iniziati solo
da una cinquantina d'anni, nel secolo appena trascorso, e quindi
non hanno ancora preso in esame tutta la incredibile quantità
di dati disponibili, in piccola parte in chiaro ma in massima
parte "criptati". Il secondo è la casualità con cui ci è pervenuta
la documentazione superstite, che fa ritenere che tante
informazioni interessanti siano andate perdute, forse per
sempre. Il terzo consiste nel fatto che le conoscenze
astronomiche costituiscono già allora - e costituiranno fino a
tempi recenti - un vero instrumentum regni, come dimostra il
risultato della contesa tra Atreo e Tieste per il regno di Micene;
e come tali circolano in un ambito ristrettissimo di iniziati,
quasi certamente passando di padre in figlio come a Babilonia
e restando sottoposte al più rigoroso segreto verso l'esterno.
Ma il motivo più importante è che, nell'età eroica, non è
ancora nata la scienza: l'uomo osserva, sì, i fenomeni della
natura e cerca di capire da cosa siano provocati, ma la quantità
di informazioni che ha a disposizione è ancora troppo esigua
per costruirci sopra una teoria più o meno affidabile. In più,
l'uomo è attratto dal fenomeno in sé, e intento solo a dame una
spiegazione fantasiosa - cioè mitica - che possa almeno servire
a comunicare a terzi quanto ha visto e come ha immaginato di
spiegarlo.
Resta il fatto che è su questo insieme scoordinato di antiche
conoscenze astronomiche, associate alle grandi novità
provenienti da Oriente, che verrà a poggiare la prima scienza,
Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO
71
e la prima filosofia, di età storica nel mondo greco. E resta
indiscutibile l'attrazione e l'interesse provato dall'uomo, fin
dai tempi più lontani, per le scienze naturali, e in particolare
per l'astronomia. È proprio parlando di questa che, nel suo
Dictionnaire des idées reques, Gustave Flaubert se ne esce
scrivendo: "Belle science, n'est utile que pour la marine."
Ahimé, quandoque dormitat Homerus, ovvero ogni tanto anche
un grande dice sciocchezze! Non è affatto vero che
l'astronomia serva solo alla navigazione, l'astronomia serve anche e soprattutto - a far sentire l'uomo meno solo all'interno
dello spazio e del tempo infiniti in cui vive, a fare di lui e del
suo microcosmo terreno un minuscolo ingranaggio
dell'immenso meccanismo dell'universo, del macrocosmo
celeste. E questo è un compito ben più vitale che non navigare.
Ecco perché l'astronomia assume tanto rilievo nella vita
dell'uomo, nelle abitazioni in cui deve trascorrere la vita
terrena, nei templi in cui tenta di entrare in contatto con la
divinità, nelle tombe con le quali prova a assicurarsi la vita
eterna, con un tranquillo passaggio verso l'aldilà e un felice, e
possibilmente rapido e indolore, ritorno nell'aldiqua.
POST SCRIPTUM. Il Five Millennium Canon of Solar
Eclipses: -1999 to +3000 della NASA dà per l'eclissi anulare
di sole N. 01892 la durata di 2'42" con massimo a 37.2° N
23.1° E, e cioè quasi esattamente sopra Micene (37.4° N
22.4° E). Potrebbe essere questa eclissi del 16 maggio 1207
a.C. quella che determinò la vittoria di Atreo su Tieste (vedi §
5, pag. 30).
72
Omero il cielo e il mare
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a volte, però, le ho rielaborate o per agevolarne la lettura o per adattarle
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Ranieri 2010
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a tholos del tesoro di Atreo a Micene, in // cielo e
l'uomo: problemi e metodi di astronomia culturale,
pp. 39-44, Atti del VII convegno Soc. It.
Archeoastronomia, Milano
Romano 1992
G. ROMANO, Archeoastronomia italiana, Cluep
Padova
Schiaparelli 1998
G. SCHIAPARELLI, Scritti
sulla
storia
dell'astronomia antica, voi. 2 e 3, Mimesis Milano
Tesori d'Eurasia 1987 Tesori d'eurasia, - 2000 anni di storia in 70 anni di
archeologia sovietica, (a cura di B.B. Piotrovskij),
Mondadori Milano
Toomer 1996
G.J. TOOMER, Ptolemy andhis
GreekPredecessors,
in Astronomy before the telescope, British Museum
Press (trad. it. L'astronomia prima del telescopio,
1997, Dedalo Bari)
/1
Omero il cielo e il mare
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FIG. 1
// moto di Venere
Come "stella del mattino", visibile prima dell'alba, o come "stella della sera",
visibile dopo il tramonto. Venere compie dei movimenti "a spirale" come quello
illustrato. Ciascun punto dista due settimane dal precedente, (da Aveni 1994)
FIG. 2
Le tre Cariti o Grazie
Le Cariti rappresentano tre fasi della luna: Egemone, "Colei che precede", è la luna
calante, Auxo, "Colei che cresce", la luna crescente. In Roma antica, la posizione
centrale è occupata da Fortuna, che mostra le spalle all'osservatore.
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b) accanto a una divinità femminile anatolica
FIG. 3
La stella a cinque punte, o il pentagramma di Venere
Le posizioni occupate successivamente da Venere nel corso di 8 anni solari e di 5
suoi movimenti sinodici formano il "pentagramma"
OD
331
Si BSa^sw
f W
1
• 23*
'32
453
liuto tìm
FIG. 4
// pentagramma di Venere in alcune rappresentazioni antiche
a) La stella a cinque punte:nella scrittura ideografica di Uruk
d) su una applique dal Kazakistan;
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FIG. 5
La nascita di Atena
Zeus siede in trono col fulmine in mano mentre Atena gli spunta dalla testa, annata
dì elmo, scudo e asta. Eileithya fa da levatrice, mentre Efesto si allontana con l'ascia
con la quale ha diviso in due il cranio di Zeus. Da un rilievo bronzeo di Olimpia, ca.
550 a.C, (da Carpenter 1996)
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Omero il cielo e il
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FIG. 6
Marte e Venere in congiunzione durante un 'eclissi di sole.
L'eclissi di sole dell'I 1 luglio 1991 vista da Baja California. 11 sole in eclissi
permette, tra l'altro, la visione in pieno giorno di Marte e Venere "in congiunzione",
(da Brewer 1991)
FIG. 7
/ crescenti lunari visibili durante un 'eclissi di sole
Le foglie lanceolate degli alberi vengono proiettate dal sole vicino alla totalità
dell'eclissi in altrettanti piccoli crescenti lunari, (da Brewer 1991)
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FIG. 8
// simbolo del Capricorno nei bassorilievi
mesopotamici
La creatura con testa e parte anteriore del corpo di
una capra e parte posteriore di un pesce è presente
in Mesopotamia per quasi tre millenni, dall'età
neosumerica alfellenistica. (da Black-Green 1998)
goat-fish
E IL CIELO
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[].] Saturno
Troia
[15] SATURNO
Itaca
[2.] GIOVE
[14.] Giove
Feaci
Ciconi
[13.] MARTE
Cf
Calipso
[3.] Marte
Lotofagi
o
[12.] Sole
Armenti
del Sole
[11.] VENERE
Rupi Erranti
Ciclope
[5.] Venere
Eolo
Scilla e Cariddi
[10.] Mercurio
[4.] SOLE
("5
[6.] MERCURIO
Lestrigoni
[9.] LUNA ^ [7.] Luna
Sirene
Circe
FIG. 9
L'entrata di Borea dell 'Antro delle Ninfe a Itaca
La grotta, tradizionalmente identificata con l'Antro delle Ninfe cantata da Omero,
e la sua entrata verso Nord. Oggi però gli archeologi ritengono che il vero Antro sia
quello sulla spiaggia di Polis, più vicino alla probabile Reggia di Ulisse e dove sono
stati rinvenuti dodici tripodi, (foto dell'autore)
[8.] TERRA
Ade
Fio. 1 0
Discesa e ascesa planetaria di Odisseo
Il viaggio di Odisseo e le sue tappe di discesa e ascesa planetaria dall'orbita
Saturno alla terra e ritorno, (da Chiarini 2005)
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N
6. Zeus (Giove)
FIG. 11
Le sette porte dì Tebe
Le porte di Tebe e le divinità associate a ciascuna porta, secondo Nonno di Panopoli;
le divinità seguono l'ordine "caldeo" dei pianeti, ovvero la loro progressiva distanza
dalla terra, (da Chiarini 2005)
FIG. 12
// Disco dì Nebra, Sassonia-Anhalt, 2100-1700 a.C.
Trovato nel 1999 in Germania, il Disco di Nebra è oggetto di infinite discussioni da
parte degli archeoastronomi: l'unica cosa certa è la rappresentazione del sole, della
luna e delle sette Pleiadi, (da Internet)
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FIG. 1 4
FIG. 13
Le levate del sole ai solstizi viste da Siros
Posta al centro delle Cicladi, da qualsiasi posizione l'osservatore si ponga su Siros
traguarderà il sorgere del sole al solstizio d'estate dietro Tinos e al solstizio d'inverno
dietro Naxos.
L'ombra del monte Athos e Myrina
Come avevano osservato gli antichi, l'ombra del monte Athos arriva fino a Myrina
70 km a sud-sud-est. Ciò avviene due volte l'anno, al tramonto, in prossimità del
solstizio d'estate.
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FIG. 15
Modello in bronzo del sistema solare,
dal lago di Sevan, Armenia, X-IXsec.
a.C.
Dall'Armenia, o forse proprio dal
regno di Lìrartu, proviene il modello
del sistema solare. In basso, la terra
circondata dai cerchi concentrici
dell'acqua e dell'aria; in alto, il sole
radiante; tra terra e sole, la luna e i
cinque pianeti visibili a occhio nudo,
(da Tesori d'Eurasia 1987)
Fio. 17
// Palazzo di Nestore a Pilos
Il megaron del Palazzo ha una diagonale perfettamente orientata nord-sud. L'intero
complesso è basato su teme pitagoriche o "quasi pitagoriche". L'unità di misura usata
è di 0,687 metri, pari a 4/3 di piede fenicio, (da Ranieri 2010)
meridiana
FIG. 16
/ "cerchi indiani " e la determinazione dei punti cardinali
La retta che congiunge A con B è orientata est-ovest, la perpendicolare nord-sud.
(da Romano 1992)
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Alt/AZ
Coord.
Apparenti
ITHAKI
BC1200-10-31
FIG. 18
// "tesoro di Atreo " a Micene
Tutti i componenti del "tesoro" - dromos, stomion e camera circolare - sono basati
su terne pitagoriche, tanto in pianta quanto in alzato. L'unità di misura è di 0.496
metri, pari al cubito assiro, (da Ranieri 2008)
180-00'
FIG. 19
// cielo visto da Itaca il 31 ottobre dell'anno 1200 alle 01:35
Arturo sta sorgendo, mentre Pleiadi, Orione e Sirio sono già alti in cielo: Arturo (a
Boote) appare a nord-est, le Pleiadi sono vicine a M45 nel Toro, Orione è al centro
in basso, Sirio (a Cane Maggiore) a est di Orione. Queste stelle resteranno visibili
fino a -% d'ora prima della levata del sole, che avverrà alle 06:01 (da Cortes du del
V3.0)
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FIG. 20
Azimut di levata e di tramonto delle stelle di Omero, Esiodo e Lucano
(da Cortes du Ciel V3.0)
FIG. 21
L'arrivo delle rondini segna l'inizio della primavera
Il ragazzo a sinistra dice: "Guarda la rondine"; l'uomo al centro esclama: "Vero, per
Ercole!"; il ragazzo a destra conclude: "È arrivata la primavera." (da Aveni 1993)