Leonardo Magini • Mario Negri • Erika Notti OMERO Il cielo e il mare A R C I P E L A G O EDIZIONI LEONARDO MAGINI • MARIO NEGRI • ERIKA OMERO IL CIELO E IL MARE Milano 2012 A R C I P E L A G O EDIZIONI Noni INDICE Introduzione Audentes fortuna iuvat di Erika Notti 7 Capitolo 1 OMERO E IL CIELO. Astronomìa e geometria dei tempi eroici di Leonardo Magini Capitolo 2 17 di Mario Negri ed Erika Notti 95 OMERO E IL MARE Capitolo 3 LE LORO NAVI di Erika Notti 129 18 Omero il cielo e il mare del padre dell'astronomia, Talete di Mileto (ca. 630-547 a.C). Comprendiamo subito che già al suo primo apparire l'astronomia, come l'alfabeto e la scrittura, ha una lunga storia dietro le spalle. Tant'è vero che, se per noi tutto inizia con Talete, per gli antichi tutto iniziava da molto più indietro: "... sphaeram ipsam ante multo Atlas" - dice Plinio 3 - "...molto tempo prima Atlante (delineò) la sfera." E comprendiamo anche che tutta la sapienza greca - scrittura, astronomia, filosofìa - nasce sulla sponda egea dell'Anatolia, cioè in Ionia, là dove avviene il contatto tra il mondo ellenico e quello orientale, semitico o egiziano che sia; un contatto che si avvia in età micenea, se non addirittura minoica, e che quindi all'alba della storia ha già circa un millennio di vita. Semiti e egiziani dispongono di un materiale infinito, di astronomia, matematica e geometria, messo insieme da secoli e secoli di dati osservati e registrati con cura; i greci - ma non solo loro, visto che proprio Talete è "di stirpe fenicia"4 - vi si applicano con un'ottica interamente nuova c, col loro "genio" di stampo indeuropeo, ne estrapolano le regole, le leggi e i teoremi che li governano, per trasmetterli fino a noi, loro lontani successori. Il caso esemplare è quello di Pitagora di Samo (ca. 575-495 a.C), forse non greco neanche lui.5 Noi lo conosciamo soprattutto per il "suo" teorema; ma Pitagora vive Plinio Storia naturale 2.31 Diogene Laerzio Le vite dei filosofi 1.28-33. Le testimonianze lo danno per siriano di Tiro, o per tirreno di Lemno. e ricordano che Pitagora "avrebbe appreso le scienze cosiddette matematiche dagli egizi, dai caldei e dai fenici - perché gli egizi sin dall'antichità si erano occupati della geometria, i fenici della scienza dei numeri e del calcolo, i caldei dell'osservazione della volta celeste."; Porfirio Vita di Pitagora 1-2 e 6, in Giangiulio 2000, voi. II, pp. 257 e 259. 3 4 5 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 19 nel VI secolo, mentre a Babilonia la Tavoletta Plimpton 322 e in Egitto il Papiro Rhind rimandano almeno a mille anni prima la conoscenza di tutta una serie di "terne pitagoriche" con le quali è facile realizzare un triangolo rettangolo, cioè un angolo retto. 6 Però, nessuno ha mai potuto parlare di "teorema di Assurbanipal" o di "legge di Ramsete"! Talete è un personaggio storico; ma Atlante no, né lo si può collocare temporalmente. Si può solo osservare che il mito lo pone, assieme al fratello Prometeo, all'origine del genere umano: Prometeo scopre il fuoco, Atlante la sfera celeste e, di conseguenza, l'astronomia. Qui, comunque, ci limiteremo a esaminare in breve quelle che dovrebbero esser state le conoscenze astronomiche nell'arco di tempo finale che precede l'invenzione della scrittura alfabetica; ci limiteremo cioè alla "protostoria dell'astronomia", all'intervallo che va dagli eroi di Omero a Omero stesso, a quei 4 o 5 "secoli bui" che corrono, più o meno, dal XII all'VIII secolo. E cercheremo di fornire, più che dei dati acquisiti, degli spunti per ulteriori ricerche. È chiaro che il quadro che tenteremo di fare resterà frammentario, perché frammentaria è la documentazione superstite, tra dettagli 6 Vedi Joseph 2000, p. 122 e seg. Le "terne pitagoriche" sono gruppi di tre numeri interi che rispondono alla regola del teorema di Pitagora: il quadrato costruito sull'ipotenusa è pari alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. Le terne "quasi pitagoriche" portano a un risultato arrotondato: 8, 9, 12 formano una terna "quasi pitagorica", perché 82 + 9 2 non è esattamente pari a 122, ma a 122 + 1 = 145. La più piccola terna pitagorica è 3, 4, 5, dove 3 2 + 4 2 = 5 2 . L'importanza delle terne deriva dalla facilità con cui permettono di costruire angoli di 90°: per esempio, se si prende una fune e la si divide in 12 (= 3 + 4 + 5) parti uguali, basta disporre il primo tratto di 3 parti in una direzione qualsiasi, il secondo tratto di 4 ali'incirca a angolo retto, e sarà il terzo tratto di 5, una volta teso, a indicare con esattezza l'ampiezza dell'angolo retto. Vedi ancora, più avanti, § 14. 20 Omero il cielo e il mare più o meno precisi e particolari quasi indistinti. In compenso, il quadro comprenderà anche elementi di aritmetica c di geometria che, assieme all'astronomia, costituiscono le scienze che nascono nel meltingpoi della Ionia ellenica tra la fine della preistoria e l'alba della storia; del resto, al tempo di Pitagora, il nome di Lia9n,uaTioi indica contemporaneamente "studiosi di scienze matematiche", "astronomi" e "astrologi". Ora, la prima domanda da farsi è: su quale materiale ci si può basare per un'indagine su un periodo in cui la nuova scrittura alfabetica non è ancora nata? La risposta è: su tre diversi tipi di materiale. Primo, i monumenti con gli orientamenti e con le misure e i loro rapporti; secondo, i miti con il loro tipico fraseggio, a volte esplicito e a volte simbolico; terzo, le formule "fossilizzate" della poesia. Questo significa che avremo a che fare, da un lato, con le semplici ma inequivocabili leggi della razionalità e, dall'altro, con il più ambiguo e complesso linguaggio della fantasia. In ogni caso, si dovranno tener presenti le illuminanti parole del fisico Ernst Mach (18381916): "La concezione del mondo degli enciclopedisti ci appare una mitologia meccanica in contrasto con la mitologia animistica delle religioni antiche. Tutte e due sono estensioni indebite e fantasiose di una conoscenza parziale." 7 È della conoscenza parziale dell'astronomia nei tempi eroici che ora andremo in cerca; aprendo con cura ifìles di quella "scatola nera dell'umanità" - l'espressione è di Marcel Detienne - che è la mitologia. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 1 L A D E A D E L L ' A M O R E E L E C A R I T I , IL P I A N E T A V E N E R E E L A LUNA Nei primi versi della Teogonia* Esiodo definisce Afrodite éÀiKo(3ÀÉòapoc;. Il termine è esplicito: si tratta di un composto di zkxt,, "spirale, voluta", 9 e di PÀé(j)apov, "palpebra, occhio", e sta a indicare il moto "a spirale" che soltanto - attenzione a questo "soltanto" - il pianeta Venere, rappresentante in cielo della dea dell'amore, compie in circa 260 giorni, alternatamente e con dei brevi intervalli una volta come stella del mattino e un'altra volta come stella della sera (Fig. 1). In altre parole, non vi è alcuna ragione di intendere é^tKoPÀéòapoq come lo si è inteso finora, "dagli occhi belli, splendenti, guizzanti": il sole e la luna sono più belli e splendenti - forse non più guizzanti di Venere, eppure sono il pXéòctpov, T'occhio" del giorno e, rispettivamente, l"'occhio" della notte, mentre l'Orsa Maggiore, che è meno bella e splendente del pianeta, è'EliKq, perché "si avvolge, ruota a spirale" attorno al Polo. Quanto alle Cariti, spiega Karoly Kerényi: "Le Cariti erano come una triplicazione di Afrodite. Anch'esse vennero raffigurate nude soltanto più tardi. Si conoscevano in questa forma di raggruppamento: due di loro voltate in avanti, mentre la mediana mostra le spalle allo spettatore... Nella Beozia dove Esiodo e un altro grande poeta beota, Pindaro, le avevano cantate, esse erano tre... In Laconia dove si veneravano due Cariti, una si chiamava Cleta (Pausania 9.35.1), 'Invocata', l'altra Faenna, 'Splendente'. Questi erano nomi adatti a dee che apparivano nelle fasi della luna; infatti nelle notti buie delle Esiodo Teogonia 16. 9 'EÀ.I£ è anche l'aggettivo che descrive i gioielli della dea nell'Inno omerico a Afrodite 5.87 e 163. 8 7 Citato da Garin 1996, p. XV. 21 22 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO Omero il cielo e il mare feste del novilunio la luna veniva invocata con gran chiasso e con gran chiasso veniva salutata 'Splendente'. Anche gli ateniesi conoscevano due sole Cariti (Pausania 9.35.2): Auxo, 'Colei che cresce', e Egemone, 'Colei che precede', poiché nella seconda metà del mese la luna precede il sole."10 Dunque, la prima delle Cariti è "Colei che precede", ovvero la luna calante della seconda metà del mese, che precede il sole nel sorgere al mattino a est e nel tramontare alla sera a ovest. La seconda delle Cariti è "Colei che cresce", ovvero la luna crescente - che dà ancora oggi il nome ai nostri "cornetti" o, alla francese, croissants. La terza, quella che a Atene manca per completare il trio e che sta al centro tra le altre due volgendoci - come spiega il pudico Kerényi - le spalle, è la luna nuova, la luna delle notti buie del novilunio, Cleta, T'Invocata". Esiodo la chiama Eu^poaùvn, "Gioia", ma a Roma, molto più tardi, prenderà il nome di Fortuna, sarà sempre al centro del gruppo delle Grazie, preceduta da Necessitas e seguita da Spes, e resterà costantemente associata alle... spalle (Fig. 2). Il mito, poi, propone e ripropone l'associazione tra la dea dell'amore e le Cariti/Grazie. L'associazione si basa su un dato astronomico che riguarda il pianeta Venere e la luna: il periodo sinodico di Venere è di circa 584 giorni, il mese sinodico" è di circa 29,53 giorni, e 584 29,53 « 20. Il rapporto numerico quasi intero indica che il pianeta e la luna tornano periodicamente a incontrarsi nei loro movimenti in cielo, come in tanti successivi passi di danza con cui i due protagonisti si Kerényi 1978, voi. l,p. 95-6. 11 II periodo sinodico è l'intervallo di tempo dopo il quale un pianeta, visto dalla terra, torna nella posizione iniziale rispetto al sole: il mese sinodico è il periodo sinodico della luna. 10 23 avvicinano, si uniscono e si allontanano ritmicamente: a volte sarà la luna calante a trovarsi in congiunzione con Venere / Lucifero quando il pianeta sarà visibile come "stella del mattino" a oriente prima del sorgere del sole,12 altre volte sarà la luna crescente a trovarsi in congiunzione con Venere / Espero quando il pianeta sarà visibile come "stella della sera" a occidente dopo il tramonto del sole.1-' 2 AFRODITE E LA STELLA A CINQUE PUNTE Un'altra associazione la cui origine si perde nella notte dei tempi è quella tra una divinità femminile e la stella a cinque punte, e anche questa associazione si basa su un dato astronomico; il dato astronomico è semplice, la nascita dell'associazione è più difficile da individuare. Il dato astronomico consiste in questo: visto da un osservatore terrestre, per tornare alla stessa posizione rispetto alle stelle fisse il sole impiega circa 365 giorni, il pianeta Venere per compiere l'intero percorso intorno al sole ne impiega circa 584. E i due numeri arrotondati - 584 e 365 - stanno tra loro in un rapporto esatto di 8 a 5; in altre parole, 8 x 365 = 5 x 584 = 2.920. Questo significa che Venere torna per la quinta volta alla posizione iniziale rispetto al sole in 8 anni solari, proprio quando il sole torna per l'ottava volta alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse; così che, contemporaneamente, anche 12 La falce di luna calante, visibile prima dell'alba, in congiunzione con Venere / Lucifero è il simbolo dell'Islam. 13 Molti calendari - come il babilonese e il maya - conoscono l'associazione periodica di Venere e luna; vedi Aveni 1 9 9 4 , pp. 5 1 - 1 6 2 . 24 Omero il cielo e il mare Venere torna alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse. Ecco come nasce il pentagramma di Venere, la stella a cinque punte che indicano le cinque costellazioni zodiacali e i cinque momenti dell'anno in cui il pianeta, visto dalla terra, ritorna a una stessa configurazione. Tale ritmo regolare nel movimento dei due corpi celesti trova un riscontro agevole in una qualsiasi delle Effemeridi moderne: 14 ad esempio, Venere sarà a 3° del Toro l'8 marzo 2012, a 26° dello Scorpione il 4 ottobre 2013, a 20° del Cancro il 27 maggio 2015, a 7° dell'Acquario il 14 dicembre 2016, a 23° della Vergine il 31 luglio 2018, e di nuovo nel Toro - ma a 0° - il 5 marzo 2020 (Fig. 3). In tutte queste posizioni, il pianeta sarà 45° a est del sole e lo seguirà tramontando tre ore più tardi, mentre splende come "stella della sera'Y'ErjTrspoq. Nel II millennio il ritmo è già conosciuto a Babilonia, come mostra la Tavoletta 63 di Venere del re Ammisaduqa ( 17021682 a.C.),15 dove si ha chiara l'idea che "stella della sera" e "stella del mattino" sono lo stesso astro, cioè il pianeta Venere sempre prossimo al sole, o alla sera dopo il tramonto o al mattino prima dell'alba. Anche in questo caso il povero Pitagora non ha inventato nulla: se per la tradizione greca è lui "il primo a sostenere che Vespero e Lucifero sono lo stesso astro",16 noi oggi sappiamo che quello che "sostiene" lo ha 14 Vedi The Complete Ephemerides 1920-2020, a cura di Francis Santoni, Aureas Editions Paris. 15 Britton-Walker 1996, p. 42. Sulle osservazioni di Venere registrate a Ninive in un'epoca molto più recente, vedi Schiaparelli 1998, voi. Ili, pp. 121-60. Da notare che Venere/Afrodite/Ishtar nei kudurru, le pietre di fondazione o di confine babilonesi, è normalmente rappresentata da una stella a otto punte. 16 Diogene Laerzio Vite dei filosofi 8.14, in Giangiulio 2000, voi. II, p. 211. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 25 appreso in Oriente, probabilmente dai Caldei. Più di un millennio è necessario a far pervenire il dato da Babilonia a Pitagora, altri duemila anni occorreranno perché Niccolò Copernico (1473-1543) ne dia la prima spiegazione scientifica: tanto la terra quanto Venere ruotano attorno al sole, ma Venere in un'orbita "interna", più vicina all'astro maggiore. Vista dalla terra, Venere sarà sempre vicino al sole, a sinistra o a destra, a est o a ovest: tramonterà e sorgerà dopo o sorgerà e tramonterà prima; in un caso sarà visibile come Vespero solo al momento in cui tramonta, nell'altro sarà visibile come Lucifero solo al momento in cui sorge. Se sorge dopo o tramonta prima del sole, la luminosità straripante di questo ne impedirà la vista. Tra l'altro, a Babilonia il pianeta che appare in due situazioni così diverse, per non dire opposte, rappresenta anche due divinità diverse e quasi opposte: come stella della sera è la ben nota dea femminile dell'amore, ma come stella del mattino rappresenta un dio maschio e bellicoso, un dio della guerra. Quanto alla stella a cinque punte, le sue prime attestazioni isolate e non associate a una divinità femminile - si riscontrano nella scrittura ideografica di Uruk (3.500 a.C); appare invece su un'impronta per fusione associata a una dea nuda di origine anatolica del 2.100 a.C; ritorna isolata in un sigillo minoico da Festo del Medio Minoico IIB (circa 1.700 a.C); e infine - per quel che ci riguarda - ricompare, quasi contemporaneamente ma a 5.000 km di distanza, in una applique in oro, lapislazzuli e madreperla dall'est del Kazakistan e in due vasi rinvenuti in Etruria ma realizzati, almeno in un caso, da un greco di nome Aristonothos nella prima metà del VII secolo a.C.17 17 La stella a cinque punte nella scrittura di Uruk in D. Silvestri-L. Tonelli-V. Valeri The Earliest Script of Uruk, Napoli 1990, voi I, p. 171 e voi. II, p. 275; associata a una dea nuda in K. Bittel Gli ittitì, Rizzoli Milano 26 Omero il cielo e il mare (rispettivamente Fig, 4a, 4b, 4c, 4d, 4e e 4f). Nel vaso firmato, la stella appare in un contesto bellico, di scontro navale; nell'altro, in un contesto che si direbbe matrimoniale, per la presenza di due figure, una maschile e una femminile. Dunque, la conoscenza della stella a cinque punte circoscrive il mondo ellenico all'inizio del primo millennio a.C; nello spazio - Anatolia, Creta, Kazakistan e Etruria - e nel tempo - 2.100, 1.700 e 700 a.C. Eppure tale conoscenza non sembra più essere del tutto consapevole: la stella è ancora viva e la sua associazione con l'elemento femminile anche, ma il dato astronomico da cui sono nate stella e associazione appare dimenticato. Lo stesso dicasi per l'associazione con l'elemento maschile, destinata a giungere per vie misteriose fino a oggi, con tutta una serie di stelle a cinque punte, da quella dello sceriffo americano a quella dell'eroe dell'Unione Sovietica fino alle più familiari "stellette" dei militari di casa nostra. Dal legame basato sui dati astronomici tra il pianeta e la stella a cinque punte nasce l'altro legame tra la dea dell'amore e la pianta a lei dedicata, il mirto;18 un legame basato sui dati di 1977, p. 96. n. 85; il sigillo minoico in P. Yule Early Cretan Seals: a Study of Chronology, voti Zabern Mainz am Rhein, p. 150 con riproduzione a Tavola 20; Vapplique dal tumulo di Chilikty, Kazakistan orientale, in Kazakhstan - hommes, bétes et dieta de la steppe, (a cura di M.C. Rey), éditions Artlys Versailles 2010, p. 81, n. 44; i vasi trovati in Etruria (Cerveteri) in R. Bianchi Bandinelli-A. Giuliano Etruschi e italici prima del dominio di Roma, Rizzoli Milano 1976, pp. 152-3, n. 176 c 177. Non mi risulta resistenza di uno studio sulla "stella a cinque punte", e i casi qui indicati - compreso quello a n. 18 sono i soli che ho potuto rintracciare; confido in nuove indicazioni da studiosi più esperti e più fortunati, come Aspesi con la idria del X I I secolo da Naxos (vedi Aspesi 2011, p. 43 con illustrazione). 18 La stella a cinque punte, inserita in una corona aurea di mirto, proviene dalla tomba macedone di Stavroupolis della fine del IV secolo: Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 27 natura, perché il mirto non solo cresce spontaneamente fin quasi sulla riva di quel mare da dove è nata la dea, ma ha dei fiori a cinque petali, candidi e profumatissimi. 3 ATENA ED EFESTO Passiamo al mito, in particolare ai due miti successivi che vedono Atena nascere dalla testa di Zeus (Fig. 5), senza l'intervento dell'elemento femminile, e Efesto messo al mondo da Era, senza l'intervento dell'elemento maschile. In apparenza, si tratta di una androgenesi a cui segue, in risposta polemica, una partenogenesi; in realtà, è la rappresentazione simbolica della luna in eclissi, Atena, e del sole in eclissi, Efesto. In altre parole, la visione mitica personifica in Atena la luna in eclissi e in Efesto il sole in eclissi. Che Atena rappresenti la luna in eclissi ce lo dice l'aggettivo "protocollare" FÀauKcoKK; con cui è definita dai versi di Omero e di Esiodo; e ce lo conferma Plutarco quando spiega che la luna "si chiama Glaucopide perché con una eclissi ormai prossima all'alba assume il colorito bluastro ceruleo che è la ragione principale dell'epiteto r^aoK&Tnc;, 'occhiazzurra', attribuitole dai poeti... e per amor del sole essa è mossa a percorrere la sua orbita e a congiungersi con lui nello spasimo di accoglierne l'essenza fecondatrice."19 Che Efesto rappresenti il sole in eclissi ce lo dice il mito narrato da Omero su "gli amori di Ares e Afrodite dal bel diadema, / come in segreto si unirono nelle case di Efesto / la vedi The GoldofMacedon, Archaeological Museum of Thessaloniki 2008, p. 23, fig. 9. 19 Plutarco defacie 934C e 944E; trad. L, Lehnus. Omero il cielo e il mare 28 prima volta: molti doni le diede e il letto oltraggiò / di Efesto signore. Ma andò da lui come nunzio / il Sole che li vide unirsi in amore." 20 Soprattutto, ce lo conferma l'esperienza reale: chiunque abbia visto un'eclissi totale di sole sa che, nel fuggevole intervallo di tempo della totalità, le stelle e i pianeti diventano pienamente visibili di giorno, come se fosse notte. Ecco che - non in tutti i casi, certo - ma durante un'eclissi totale Ares/Marte e Afrodite/Venere possono venir colti sul fatto, esser sorpresi mentre i pianeti che li rappresentano in cielo sono "in congiunzione" tra loro (Fig. 6). E l'uso di questo termine, dai connotati esplicitamente sessuali, non è nato per caso. 4 ATENA E POSEIDONE Ancora nelle vesti di luna in eclissi, Atena è la protagonista di un altro mito famoso, che la vede scontrarsi con Poseidone per la tutela della nascente città di Atene. Eccone il racconto nelle parole di Apollodoro: "Cecrope... fu il primo re dell'Attica... Fu allora - dicono - che gli dei decisero di insediarsi nelle città, dove ognuno di loro avrebbe avuto il suo culto personale. Poseidone per primo si recò in Attica, vibrò un colpo di tridente in mezzo all'acropoli e fece apparire un mare che oggi chiamano mare Eretteide. Dopo di lui, venne Atena che prese Cecrope come testimone del suo insediamento e piantò un olivo, quello che ancora oggi si vede nel Pandroseio. Scoppiò una contesa fra i due per il possesso del territorio, e Zeus volle comporta dando loro come giudici... i dodici dei. Essi decisero che il territorio fosse assegnato a Atena, perché Cecrope 20 Omero Odissea 8.267-71 ; trad. G.A. Privitera. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 29 testimoniò che la dea per prima aveva piantato l'ulivo. Atena diede quindi il suo nome alla città e Poseidone, furibondo, inondò la pianura di Tiria e sommerse l'Attica intera."21 Il lato interessante del racconto non sta nel fatto che Atena ottenga la vittoria solo sulla base della falsa testimonianza di Cecrope. Il lato interessante sta neh'aver stabilito una relazione tra la dea e l'ulivo, tra la doppia tonalità di colore che assume la superficie della luna nel corso dell'eclissi, con una parte già spenta dall'ombra della terra e un'altra parte ancora accesa dalla luce del sole, e la doppia tonalità di colore delle foglie dell'ulivo, "verde pallido sopra e argentee sotto".22 E poi, un effetto dell'approssimarsi della totalità dell'eclissi di sole è la proiezione sotto forma di crescenti lunari delle foglie lanceolate come quelle di ulivo (Fig. 7); e crescenti lunari adornano lo scudo della Minerva/Atena di Lavinio. Ancora più interessante è la contesa tra la luna in eclissi di Atena e lo "scuotitor di terre" Poseidone, che riproduce nel mito greco una concezione tipicamente orientale / mesopotamica, che lega eclissi e terremoti, ovvero macro- e microcosmo. 23 Ma questo è solo uno dei tanti casi in cui concezioni o miti semitici sono entrati a far parte integrante di concezioni e miti greci: d'altra parte, i nomi di Poseidone e Atena, come quelli di Efesto e Afrodite, non sono di origine greca né indeuropea.24 Apollodoro / miti greci 3.14.1 ; trad. M.G. Ciani. 22 Vedi Grieve 1977, p. 598. 23 II legame tra eclissi e terremoti si riscontra - ad esempio - nel discorso di Cristo sul Monte degli Ulivi del Vangelo secondo Marco 13, nel Libro di Amos 8.9 e aéìl'Enuma Ann Enlil babilonese. 24 Se si potesse stabilire una relazione tra il nome del dio delle acque sotterranee e dei terremoti babilonese Apsa-Tiamat c il nome dello "scuotitor di terre" greco, rioaeiScòv, forse si chiarirebbe meglio la provenienza del mito ateniese. 21 30 5 ATREO E TIESTE Le eclissi sono dei fenomeni naturali straordinari e meravigliosi che hanno attirato gli uomini di ogni tempo e paese. Con la loro improvvisa rottura della regolarità del creato, le eclissi - in particolare se di sole e totali - costituiscono anche una seria fonte di preoccupazione e di paura; perciò, da una parte vanno esorcizzate ma, dall'altra parte, la loro conoscenza, anche embrionale, può determinare la priorità nella scala del potere. Come ci insegna la storia che segue: "I fratelli Atreo e Tieste, non potendo nuocersifinchéerano in disaccordo, finsero di rappacificarsi; in quell'occasione Tieste giacque con la moglie del fratello. Ma Atreo gli servì in pasto il figlio durante un banchetto; e il sole, per non essere contaminato da quello spettacolo orrendo, fuggì. Ma di vero c'è questo: Atreo, a Micene, fu il primo a scoprire l'eclissi di sole e il fratello, invidioso, se ne andò dalla città."25 Nel racconto di Igino (I sec. a.C.) leggiamo che lo stesso Atreo "fu il primo a scoprire l'eclissi di sole": sarà vero? sarà falso? La risposta non importa molto - in questo contesto. Quel che interessa è che Talete e la previsione dell'eclissi del 585 a.C. arriva almeno secondo, e molto staccato. 6 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO Omero il cielo e il mare GLAUKOS Tornando al tema del transito di miti dal mondo semitico a quello ellenico, il lavoro è appena iniziato e molto, moltissimo 25 Igino Miti 258; trad. G. Guidorizzi. Del mito esistono versioni differenti: Strabone 1.2.15; Servio In Verg. Aen. ; Luciano de astrologia 12. 31 resta ancora da fare.26 Segnalo - ma segnalo solo - il caso di quel tale Glaukos che la leggenda vuole prima cacciatore sul monte Oreie in Etolia e poi pescatore e "genio del mare, QaXàGoioq SCCÌLICOV" che "una volta l'anno fa il giro di tutte le rive e delle isole, insieme ai mostri marini". 27 Perché un essere in parte montanaro e in parte marino possiede le inconsuete, ma specifiche, caratteristiche del segno zodiacale del Capricorno, mezzo capra e mezzo pesce. E l'origine babilonese del Capricorno è certa, come mostrano le sole immagini (Fig. 8). Ai casi di Afrodite, di Atena e di Efesto, si aggiunge così quello di un personaggio minore del mito che sembra latore di un significato astronomico nascosto, o almeno non esplicito. Quasi certamente non si tratta dell'unico caso, ma al momento questo resta un intero campo di studi ancora da arare. 7 CAPRICORNO E CANCRO Nella visione degli antichi, il Capricorno e il Cancro sono i segni che raccordano micro- e macrocosmo: nel microcosmo ciascun uomo vive la propria vita mortale, nel macrocosmo le anime degli umani vivono la loro vita immortale. Il primo è su questa terra, il secondo nell'alto dei cieli, o sulla luna, e i due segni permettono il perpetuo girotondo delle anime, la discesa dall'aldilà alla terra, l'ascesa dalla terra all'aldilà. Più 26 Vedi Penglase 1994, con bibliografia precedente. Il recente lavoro di Aspesi 2011 mostra quanto indietro nel tempo e a quale livello di profondità giungano i rapporti tra mondo mediterraneo e mondo orientale - nella fattispecie minoico e siro-palestinese - legati, a est come a ovest, a un comune sostrato linguistico egeo-cananaico. 27 Vedi Corsano 1992, in particolare pp. 11-36. 32 Omero il cielo e il mare precisamente: passando dalla porta del Cancro - o di Borea le anime scendono sulla terra alla nascita; passando dalla porta del Capricorno - o di Noto - le anime risalgono in cielo alla morte degli uomini. 28 Una tale concezione è presente in Omero e nei suoi celebri versi: "... e acque perenni vi sono. Due entrate ha la grotta, / una a Borea (Fig. 9) è accessibile agli uomini, / l'altra a Noto è serbata agli dei: da lì non entrano / uomini, ma è la via degli eterni."29 Versi ripresi e commentati nell'Antro delle Ninfe dal fenicio di nascita, ma greco di cultura, Porfirio di Tiro (230305 d.C). In queste parole la concezione sembra addirittura preesistere in Grecia alla vera e propria 'invenzione' - meglio, 'codificazione' - dello Zodiaco, che gli studiosi collocano in Mesopotamia e datano, nella versione finale di 12 segni di 30° ciascuno, attorno alla metà del V sec. a.C.30 Così come - per tornare al mito di Afrodite e Ares - sembra che Omero già conosca i corpi erranti del cielo, i "pianeti", e li abbia associati secondo il modello babilonese; con Venere che da "stella di Ishtar" diventa "stella di Afrodite", e Marte che da "stella di Nergal" diventa "stella di Ares". Va considerato anche l'altro aspetto astronomico, che consiste nel ruolo giocato dalla luna e da Saturno. Come si sa, si tratta di due corpi 'erranti', due pianeti opposti: la luna è il più vicino alla terra e il più lontano dalle stelle fisse; Saturno è il più lontano dalla terra e il più vicino alle stelle fisse. I due astri sono legati tra loro da una serie di corrispondenze che non 28 Come per i tropici, la porta del Cancro o di Borea è settentrionale, la porta del Capricorno o di Noto è meridionale. 29 Omero Odissea 13.109*12. 30 Britton-Walker 1996, p. 49. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 33 possono essere sfuggite, anche se con delle grossolane approssimazioni, ai primi osservatori del cielo: la luna impiega circa 29 giorni e mezzo per compiere il suo ciclo mensile e per tornare alla posizione iniziale rispetto al sole; Saturno impiega circa 29 anni e mezzo per compiere la sua orbita e per tornare alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse; nei circa 29 anni e mezzo in cui Saturno compie l'orbita e torna alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse, la luna compie circa 365 dei suoi cicli di 29 giorni e mezzo e torna per altrettante volte alla posizione iniziale rispetto al sole; sempre in quei 29 anni e mezzo il sole compie, appunto, circa 29 e mezzo dei suoi cicli annuali di 365 giorni ciascuno e torna per altrettante volte alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse. Così che, anche ai nostri lontani predecessori, sarà apparsa chiara la reale e progressiva distanza dalla terra dei tre astri - della luna, del sole e di Saturno; allo stesso tempo, avrà iniziato a rivelarsi quella segreta armonia delle sfere celesti che troverà la sua più completa affermazione con Pitagora prima e poi con Keplero (1571-1630). Al contrario, solo alla fantasia degli antichi - una fantasia non del tutto avulsa dai dati di realtà - si deve l'altro legame che unisce la luna al tropico del Cancro e Saturno al tropico del Capricorno. Il testimone di una tale visione è ancora Porfirio: "Vi sono due estremità nel cielo: una non è più a sud del tropico d'inverno, l'altra non è più a nord del tropico d'estate. Il tropico d'estate è in corrispondenza del Cancro, il tropico d'inverno in corrispondenza del Capricorno. Il Cancro venne logicamente attribuito alla luna, che è la più vicina alla terra, perché è oltremodo vicino a noi. Il Capricorno venne assegnato al pianeta più lontano e più alto di tutti, dato che il polo sud è invisibile."31 Porfirio L'antro delle Ninfe 21; trad. L. Simonini. 34 Omero il cielo e il mare L'astrologia - nata in Mesopotamia, assieme all'astronomia - conserva inalterata una simile visione delle cose: Saturno ha il domicilio nel Capricorno e l'esilio nel Cancro, la luna ha il domicilio nel Cancro e l'esilio in Capricorno. Ora, se tra il corpo celeste più vicino alla terra e quello più distante, tra luna e Saturno, vi è un'opposizione, un'altra opposizione si riscontra tra i solstizi: il solstizio d'estate è l'unico momento dell'anno in cui il sole tocca il tropico del Cancro: il solstizio d'inverno è l'unico momento dell'anno in cui il sole tocca il tropico del Capricorno. Nel primo si hanno i giorni più lunghi e le notti più brevi, nell'altro si hanno i giorni più brevi e le notti più lunghe. Soprattutto, nell'intero ciclo annuo è a mezzogiorno del solstizio d'estate che il sole è alla sua massima altezza sull'orizzonte terrestre; e a mezzanotte del solstizio d'estate la luna - se è nuova e dunque in congiunzione col sole32 - è alla sua minima altezza. Perciò - nel caso in cui sia nuova - la luna del solstizio d'estate è alla minima altezza sull'orizzonte e si trova nel punto più vicino alla terra, ossia nel segno del Cancro. Ecco che l'opposizione tra luna e Saturno si esalta, e acquista i suoi valori massimi, proprio ai due solstizi, quando i due astri della notte si scambiano di ruolo: al solstizio d'estate è la luna alla - del tutto ideale - minima distanza dalla terra che favorisce la discesa delle anime su di essa; al solstizio d'inverno è Saturno, il pianeta più distante dalla terra e più vicino alle stelle fisse, che svolge il compito opposto, favorendo la risalita delle stesse anime dalla terra in cielo. Più o meno, come vorrebbe Omero. 32 II ciclo lunare non concorda con quello solare. La luna sarà nuova il 24 giugno solo ogni 19 anni; prima e dopo sarà in una diversa fase. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 8. 35 ODISSEO E IL CICLO DI METONE 33 Potrà sembrare strano che Omero già conosca l'opposizione luna-Saturno e l'esistenza dei tropici con l'altra opposizione Cancro-Capricorno. In realtà una certa diffidenza al riguardo è stata espressa, ma - a mio parere - senza fondamento. Del resto, già da tempo è stato osservato che "le indicazioni cronologiche contenute nel testo omerico non lasciano dubbi sul fatto che Odisseo rimetta piede sull'isola di Itaca nel momento stesso in cui si compiono i diciannove anni dal giorno in cui l'aveva lasciata e ha inizio il ventesimo." 34 Ora, questi "diciannove anni" esatti non sono un numero qualsiasi, ma hanno un preciso valore astronomico: 19 anni tropici durano quanto 235 mesi sinodici. In termini reali, 19 anni x 365,2422 giorni = 235 mesi x 29,530589 giorni ~ 6.940 giorni. Questo vuol dire che, se il 24 dicembre 2011 la luna è nuova, dopo 19 anni, il 24 dicembre 2030, la luna sarà nuova; cosa che non avverrà nei diciotto 24 dicembre intermedi. Attualmente il ciclo di 19 anni prende il nome di "ciclo metanico", perché fu utilizzato dall'astronomo greco Metone per il calendario luni-solare che entrò in vigore a Atene nel 432 a.C; e gli storici dell'astronomia sostengono che questo avvenne "certamente per influenza babilonese". 35 Ma allora, cinquecento anni prima, anche Omero avrà usufruito dell'influenza babilonese? o invece la conoscenza più o meno 33 Per questo paragrafo e i successivi § 9 e § 10 sono debitore a Chiarini 2005; vedi pp. 186-8. 34 Chiarini 2005, p. 186, che cita Gilbert Murray The Rise ofthe Greek Epic (TV ed. 1934). 35 Toomer 1996, p. 70. 36 Omero il cielo e il mare precisa del ciclo - senza che portasse all'ideazione di un calendario - era diffusa da più parti in giro per il mondo? Così fa suppore la famosa testimonianza di Diodoro Siculo (Agyrion, ca. 90 a.C.-ca. 27): "Ecateo [Abdera, ca. 550 a.Cca. 476; n.d.a.] e alcuni altri affermano che dalle parti che sono oltre la Celtica, nell'Oceano, vi è un'isola, non più piccola della Sicilia; essa si trova sotto le Orse e è abitata da quelli che son chiamati Iperborei... Sull'isola vi è anche uno splendido recinto di Apollo e un grande tempio di forma sferica... Dicono poi che da quest'isola la luna appaia a pochissima distanza dalla terra, e con alcuni rilievi visibili, simili a quelli della terra. Si dice inoltre che il dio venga nell'isola ogni diciannove anni, periodo nel quale si compie il ritorno alla medesima posizione degli astri."36 Ecco che a Stonehenge - secondo i più, questo è il "grande tempio di forma sferica" - conoscono il ciclo di 19 anni, assai prima che lo conosca Omero. Sarà arrivata fin là T'influenza babilonese", magari veicolata da qualche preistorico templare? Questo potrebbero a mala pena crederlo, in perfetta buona fede, soltanto i più assidui adepti di trasmissioni tipo Voyager. Chiunque altro sarà portato a pensare, con maggiore verosimiglianza, che quello che oggi è chiamato "ciclo di Metone" abbia alle spalle una lunga vita. Lo stesso vale per un'altra delle storie che sono state trasmesse, per secoli e secoli, solo ed esclusivamente a voce, la storia del numero 108. Perché 108 assieme ai suoi multipli e sottomultipli - da 12 a 36, 54, 72 fino a 216, 360, 432, 540, 756, ecc. - costituisce uno dei numeri magici più diffusi al mondo, dalla Magna Grecia di Pitagora al tempio di Angkor 36 Diodoro Siculo Biblioteca storica 2.47; trad. G. Cordiano-M. Zorat. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 37 Wat fino alle porte del Valhalla e ai grani del rosario indiano, ecc. ecc. (chi vuole saperne di più, vada su Internet e clicchi "108"). E 108 è - in Omero - il numero dei pretendenti alla mano di Penelope: "Cinquantadue giovani scelti / di Dulichio... ; / ventiquattro sono di Same; / sono di Zacinto venti figli di achei; / dodici di Itaca stessa."37 9. ODISSEO, LA DISCESA E L'ASCESA PLANETARIA38 Omero non conosce solo i tropici, il ciclo di 19 anni, il numero 108. Omero scandisce il percorso di Odisseo da Troia a Itaca in 15 tappe, e queste 15 tappe corrispondono a una discesa delle sette orbite planetarie dall'orbita di Saturno alla terra e a una successiva ascesa dalla terra all'orbita di Saturno. A due a due, le tappe iniziali e finali contrapposte percorrono le successive orbite: la tappa 1 e la 15 si svolgono nell'orbita di Saturno a Troia e Itaca, la 2 e la 14 in quella di Giove dai Ciconi e dai Feaci, la 3 e la 13 in quella di Marte dai Lotofagi e da Calipso, la 4 e la 12 in quella del sole dal Ciclope e in Trinachia, la 5 e la 11 in quella di Venere da Eolo e da Scilla e Cariddi, la 6 e la 10 in quella di di Mercurio dai Lestrigoni e alle Rupi Erranti, la 7 e la 9 in quella della luna da Circe e dalle Sirene; mentre la tappa centrale - la numero 8 - è quella dell'Ade, che trova posto sulla nostra bassa terra (Fig. 10). Senza ripercorrerle tutte, basterà rivedere le tappe centrali della discesa e della salita: la 4 e la 12, nell'orbita del sole dal Omero Odissea 16.247-51. La dimostrazione più dettagliata in Chiarini 2005, in particolare pp. 194-222. Chiarini mostra anche come la stessa struttura di discesa e ascesa planetaria supporti VEneide di Virgilio e le Metamorfosi di Ovidio. 37 38 Omero il cielo e il mare 38 Ciclope e in Trinachia. Già lo stesso nome Ciclope, KUKAXOI|/, alla lettera "(Quello) dall'occhio rotondo", rimanda al sole, alT'occhio" del giorno. Ma la descrizione che Odisseo dà del suo accecamento è anche più esplicita: "Allora spinsi il palo sotto la cenere /finchési scaldò... e quando il palo di ulivo, che pure era verde, / stava per incendiarsi - era terribilmente rovente - / lo trassi dal fuoco. I compagni mi stavano / vicini: un dio ci diede enorme coraggio. / Afferrato il palo d'ulivo, aguzzo in punta, / essi lo ficcarono dentro il suo occhio; io, dall'alto, lo girai / da sopra, come si fa per forare col trapano il legno di una nave... / Come quando, per temprarle, un fabbro immerge nell'acqua fredda / una grande scure o un'ascia, / e stridono acutamente - questa è la forza del ferro - / cosi il suo occhio sfrigolava attorno al palo d'ulivo." 39 Del tutto anacronistico - al tempo di Odisseo la tempra del ferro è sconosciuta e le armi degli eroi sono tutte e solo di bronzo - il paragone trasforma l'eroe in fabbro, come Efesto. Efesto, sole in eclissi, acceca il sole, e Odisseo/Efesto acceca il Ciclope, "(Quello) dall'occhio rotondo"; solo l'eclissi, cioè l'accecamento, può salvarlo. Questo per la tappa 4 della discesa; quanto alla corrispondente tappa 12 dell'ascesa, c'è poco da dire, dato che si svolge tra le "Vacche del sole". Va notato, invece, è che in questa discesa e ascesa dell'eroe la sequenza delle orbite planetarie è quella cosiddetta "caldea", 40 di origine orientale. Omero Odissea 9.375-84 e 391-4. Plinio Storia naturale 2.84 la attribuisce a Pitagora, che l'avrà appresa dai babilonesi. Lo stesso ordine è nel ciceroniano Sogno di Scipione in De Re Pubìica 6.4. 39 40 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 39 10. LE SETTE PORTE DI TEBE 41 Ai pianeti e al loro ordine di distanza crescente dalla terra rimanda anche il celebre mito della fondazione di Tebe, la "città dalle sette porte". Ce lo raccontano Le Dionisiache di Nonno di Panopoli, del V sec. d.C: "(Cadmo) consacrò poi le sette porte, pari di numero e forma / ai pianeti celesti. Costruita per prima la porta verso ponente, / la dedicava a Mene dagli occhi splendenti, con il nome di Onchea / dal muggito della giovenca, giacché la stessa luna, / cornigera al pari della razza taurina e auriga di buoi, / s'identifica con Atena Tritonide nel suo triplice aspetto. / A Ermes, splendente vicino di Mene, diede il privilegio / della seconda. Tracciata la quarta, la chiamò Elettra, / nome che evoca Fetonte, poiché quando sorge / i suoi raggi rifulgono con la luce dell'elettro. / A Elio fiammante consacrò la porta verso oriente, / quella di mezzo, come esso sta al centro tra i pianeti. / Ad Ares dedicò la quinta porta, ad Afrodite la terza, / perché si trovassero ai due lati di Fetonte che separa, / stando al centro, Afrodite da Ares, impetuoso vicino. La sesta porta, vanto di Zeus, la eresse tale / da sovrastare le altre, ed ebbe i più preziosi ornamenti. / All'ultima porta, la settima, toccò in sorte l'astro di Crono." 42 Ecco qui, nell'ordine, Mene/Luna, Ermes/Mercurio, Afro dite/Venere, Elio/Sole, Ares/Marte, Zeus/Giove e Crono/Saturno (Fig. 11); però, questo "ordine" - com'è facile vedere - non è quello nostro dei giorni della settimana, ma di nuovo quello naturale, detto anche "caldeo" perché nato in Mesopotamia. Dove è nata l'idea di base che guida Cadmo, che con "la sua 41 Per una descrizione più particolareggiata, vedi Chiarini 2005, in particolare pp. 133-53. 42 Nonno di Panopoli Le Dionisiache 5.68-85 e, più sotto, 87-8; trad. M. Maletta. 40 Omero il cielo e il mare arte / aveva riprodotto sulla terra l'immagine screziata dell'Olimpo": Tebe vista come un microcosmo che ripete sulla terra il macrocosmo celeste. Sulla testimonianza delle Dionisiache vi è stata un'accesa discussione tra gli studiosi. Alcuni la interpretano come un prodotto tardo dell'erudizione ellenistica; altri come un ricordo attendibile dell'epoca della fondazione, che il mito fa risalire a ben prima della guerra di Troia, attorno al 1600 a.C. Resta il fatto che, mille anni prima di Nonno e ancora a ridosso dell'età eroica, Eschilo (Eleusi, 525-456 a.C.) nei Sette contro Tebe conosce il motivo in una forma leggennente diversa: a ciascuno dei sette eroi assegna una porta e, soprattutto, un pianeta. Qui ci contenteremo di leggere la descrizione dello scudo del primo degli eroi, Tideo: "Sullo scudo ha questo stemma superbo: un fulgido cielo punteggiato di stelle e, al centro, luminosa in tutto il suo splendore, spicca la luna, l'astro più fulgido, l'occhio della notte." 43 Poche parole, che potrebbero fare da didascalia al Disco di Nebra (Fig. 12), dove però, oltre alla luna, troviamo il sole, le Pleiadi e stelle varie. Il Disco, rinvenuto nel 1999 sul monte Mittelberg in Sassonia-Anhalt, viene datato tra il 2100 e il 1700 a.C. e - particolare non secondario - è di fabbricazione locale. Esso rappresenta la più antica raffigurazione del cosmo, che anticipa di 200 anni la datazione del primo reperto egizio. Il Disco di Nebra dimostra come la storia dell'astronomia inizi prima, molto prima, della storia della scrittura. Mentre la discesa e l'ascesa planetaria di Odisseo, assieme alle sette porte e ai sette eroi di Tebe, indicano come il passaggio di determinate informazioni da una cultura a un'altra - in questo 43 Eschilo Sette a Tebe 387-90; trad. M. Centanni. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 41 caso, dalla cultura mesopotamica alla ellenica - sia avvenuto assai prima della rinascita della scrittura in forma alfabetica. D'altra parte, il mito dei Sette contro Tebe conserva il ricordo della provenienza dalla Fenicia del fondatore della città, e il suo nome greco KMLIOC; è un prestito dal fenicio qadm, "est, oriente". Mentre il mito stesso sembra avere un parallelo in un testo accadico del IX o Vili secolo, il cosiddetto Poema di Erra.44 Anche qui sette "campioni incomparabili", figli del cielo e della terra, assaltano una città; ma la storia è troppo complicata per tentare di riassumerla... 11. OSSERVAZIONE DEI SOLSTIZI "C'è un'isola che chiamano Siria, se mai ne hai sentito, / al di sopra di Ortigia, dove sono i solstizi del sole..., Nfjoóq TIC; Eupir| KiKÀqcjKSTat, e'iTtou ctKoueiq, / 'Opxoyir|£; KaOùTiepOev, 0O1 xpoTCri rpUoio...", scrive Omero.45 E scrive il commentatore moderno: "Già nell'antichità, Aristarco, Erodiano e Strabone avevano tentato di identificare l'isola. Anche recentemente sono continuati i tentativi, ma è opinabile che i dati 'geografici' in questi versi corrispondano a qualche luogo reale. Né i corrispondenti candidati, EOpoq e lupàKooacu, possono essere sostenuti per la forma dei nomi."46 44 II Poema di Erra è in Bottéro-Kramer 1992, pp. 723-73. Sui rapporti tra i Sette contro Tebe e il Poema di Erra, vedi Burkert 1995, pp. 106-14. 45 Omero Odissea 15.403-4. La forma avverbiale Ka8Ó7t£p6ev vale "al di sopra", e corrisponde geograficamente a "a nord di"; ma vale anche "dall'alto, da una posizione superiore", e le osservazioni dei solstizi vanno fatte dall'alto. 46 Hoekstra 1987, p. 264. 42 Omero il cielo e il mare Ovviamente il commentatore moderno avrà ragione, e noi saremo nel torto se andiamo a controllare i dati dei solstizi visti dalla moderna isola di Siros, 30 chilometri a ovest di Ortigia/Delos. Siros giace grosso modo a 37°30'N e 25°00'E, e permette queste osservazioni: il 23 giugno 800 a.C, il sole sorge con Azm 59° e tramonta con Azm 301°; il 21 dicembre 800 a.C, il sole sorge con Azm 121° e tramonta con Azm 239°.47 Da Siros, dunque, i fenomeni delle levate e dei tramonti ai due solstizi, associati a Nord e a Sud geografici, dividono l'angolo giro in parti uguali, con l'approssimazione di 1°: dal Nord vero a 60° - dove sorge il sole al 23 giugno; da 60° a 120° - dove sorge il 21 dicembre; da 120° al Sud vero; dal Sud vero a 240° - dove tramonta il sole il 21 dicembre: da 240° a 300° - dove tramonta il sole al 23 giugno; e da 300° di nuovo al Nord vero. Sulla carta geografica - anche senza conoscere quale fosse il punto preciso di Siros da cui venivano osservati i fenomeni e, di conseguenza, quali fossero i punti traguardati sull'orizzonte orientale - vediamo che le levate dei solstizi d'estate e d'inverno avvengono in direzione delle isole di Tinos la prima e di Naxos la seconda. Con Tinos che dista poco più di 20 chilometri e arriva a 650 metri sul livello del mare, e Naxos, a circa 40 chilometri, che tocca i 1000 metri (Fig. 13). 47 Qui e più avanti, i dati astronomici sono del programma Cosmos. Altri programmi, come Cortes eh cielISkymap scaricabili da Internet, forniscono dati non perfettamente identici; ma quello che qui interessa non è tanto la precisione del dato quanto il procedere del ragionamento. L'azimut è l'angolo dell'orizzonte tra il grado 0° del Polo Nord e il punto in cui si osserva la levata o il tramonto (su cui vedi la nota 67) di una stella, contato in senso orario. Si noti che il sole mantiene quasi inalterati nei secoli i punti di levata e di tramonto di ciascun giorno dell'anno, che però variano con la latitudine. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 43 Sembrano grandi distanze, ma non lo sono. Perché già gli antichi avevano notato che, dalla più orientale delle punte della Penisola Calcidica, l'ombra del monte Athos, coi suoi 2000 metri di altezza, può arrivare a 70 chilometri di distanza, fino a colpire Myrina sull'isola di Lemnos: "All'alba, ai naviganti si levò la montagna trace dell'Athos, / che anche su Lemnos, lontana lo spazio percorso / da una nave da carico da mattino a sera, proietta / l'ombra della sua altissima vetta fino a Myrina, 'Hpi 5è viaouévotcnv 'AOco àvsxsÀ,À.s KOAcóvq / OpqiKiq, r\ TÓrjCTov à7TÓ7ipo9i Aquvov éoùaav / o a a o v éq svSióv KSV éÓGToÀoc óÀ.Kàq àvóaaat, / àKpoxàxr) Kopu(j)fj cuciasi Kaì éaàxpi Mopivric." 48 Però, a Myrina, che si trova a 39°50'N, 25°00'E, il 23 giugno 800 a.C. - e anche oggi sostanzialmente - il sole tramonta con Azm 303°, mentre il monte Athos risulta in direzione 297°; di conseguenza, al tramonto il monte proietta la sua ombra sulla città due volte l'anno, diversi giorni prima e dopo il sostizio d'estate (Fig. 14). Quanto al solstizio vero e proprio, si tratta di un fenomeno che non è poi così facile da osservare. "Avvicinandosi ai tropici o allontanandosi da essi, il sole rimane sempre vicinissimo, e la lunghezza del giorno e della notte non varia quasi affatto per lo spazio di quaranta giorni": scrive lo storico Polibio, nel II secolo a.C, nella sua opera perduta Delle abitazioni sotto l'equatore.*9 La tradizione, invece, attribuisce proprio a Talete non solo la prima misura dell'intervallo di tempo tra un solstizio e l'altro, ma anche l'imbarazzante scoperta che 48 Apollonio Rodio Le argonautiche 1.601-4; trad. G. Paduano. Dell'ombra del monte Athos su Lemnos parlano anche Plinio Storia naturale 4.12.73; Plutarco de facie 935F, che cita un verso di Sofocle; Proclo In Tìmaeum 56b. 49 Da Schiaparelli 1998, p. 240. 44 Omero il cielo e il mare l'intervallo tra il solstizio d'estate e quello d'inverno è diverso da quello tra il solstizio d'inverno e quello d'estate. 50 Questo dipende - come sappiamo oggi - dal fatto che l'orbita della terra attorno al sole non è un cerchio percorso a velocità costante, come avrebbe voluto l'astratta ideologia perfezionista codificata da Aristotele e in voga per millenni, ma una ellissi compiuta a velocità variabile. E della sua scoperta, Talete "può essere debitore agli egiziani", come commenta Heath,51 visto che qualche secolo più tardi, tra III e II a.C, "gli astronomi non hanno ancora potuto calcolare con sicurezza a quanti giorni corrisponda il periodo di tempo impiegato dal sole a percorrere i 12 segni dello zodiaco e a ritornare al punto da cui si è mosso."52 Il fatto certo è che, dopo Talete, le osservazioni aumentano, assieme ai luoghi di osservazione: Matriceta da Metimna sull'isola di Lesbo traguarda il monte Lepetimno; Cleostrato di Tenedo traguarda dal monte Ida della Troade; Faino Ateniese dal Licabetto a Atene e, infine, Anassagora di Clazomene dal monte Mimas.53 Ma sull'osservazione diretta di un solstizio la testimonianza più bella, e che a noi italiani dovrebbe essere più cara, rimane quella celeberrima di Galilei: "Io, stando in una mia villa vicino a Firenze, osservai manifestamente l'arrivo e la partita del sole dal solstizio estivo, mentre che una sera nel suo tramontare si addopò a una rupe delle montagne di Pietrapiana, lontana circa 60 miglia, lasciando di sé scoperto Diogene Laerzio Vite dei filosofi 1.24 e Teorie di Smirne Exp. rerum math. p. 198 Hiller, che si rifa a Eudemo. 51 Heath 1932, p. XIX. 52 Censorino // giorno natalizio 19.1-2; trad. V. Fontanella. 53 Da Schiaparelli 1998, voi. 2, p. 251, che si rifa a Teofrasto de signis 4. 50 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 45 un sotti 1 filo verso tramontana, la cui larghezza non era la centesima parte del suo diametro, e la seguente sera in simil occaso mostrò pur di sé scoperta una simil parte, ma notabilmente più sottile, argomento necessario dell'aver egli cominciato a discostarsi dal tropico; ed il regresso del sole dalla prima alla seconda osservazione non importò sicuramente un minuto secondo nell'orizonte..." 54 12. SALVARE i FENOMENI L'osservazione dei solstizi ci offre il destro di fare qualche considerazione sull'astronomia e la sua storia. L'astronomia è il frutto di una serie di operazioni finalizzate a un preciso risultato: capire cosa è avvenuto davanti ai nostri occhi per spiegare o - come dicono gli antichi - "salvare il fenomeno". 55 Prima operazione, una serie di osservazioni di fenomeni; seconda, la registrazione dei dati delle osservazioni; terza, la riflessione e il calcolo sulle registrazioni; quarta, il tentativo, più o meno azzeccato, di spiegare i fenomeni osservati. E la spiegazione sarà tanto più complicata quanto più complicato è "quel che si è reso visibile", cioè il "fenomeno" osservato. Il risultato è che, a ogni stadio della storia dell'astronomia, si tende a fare il punto della situazione, e che questo punto verrà poi modificato, corretto e riproposto perfezionato, e costituirà 54 Galileo Galilei Dialogo dei Massimi sistemi, Giornata terza. La "villa vicino a Firenze" è quella di Arcetri dove Galileo visse fino alla morte; "addopò" equivale a "porsi dietro a"; le "montagne di Pietrapiana" sono le Apuane. 55 II termine italiano "fenomeno" viene dal greco tj>aivóp.evov, "ciò che appare, diviene visibile". 46 Omero il cielo e il mare il nuovo stadio, provvisorio anche questo e anche questo soggetto a modifiche, correzioni e perfezionamenti. Così, con un faticoso processo millenario, si passerà da quello che potrebbe essere il più antico modello di sistema solare conosciuto (Fig. 15) via via fino ai nostri, moderni e - forse definitivi. E davvero è emblematico di come possa e debba procedere la ricerca in questo settore di sUidi il fatto che, invece di trovare questo più antico modello di sistema solare in Mesopotamia o in Egitto o nella Ionia, a noi capita di rinvenirlo in un'estrema periferia di quello che continuiamo a considerare - a torto - il "mondo civilizzato": sulle sponde del remoto lago Sevan, nell'Armenia del X-IX sec. a.C, in un territorio che di lì a poco apparterrà al regno di Urartu, ma che all'epoca quasi certamente non è ancora indeuropeo né semitico, ma è semmai hurrico o preindeuropeo! In definitiva, l'intera storia dell'astronomia - che nasce e procede parallela a quella del calendario - si riduce a questa esigua ma ostica serie infinita di passaggi, intrecciati l'uno all'altro: l'osservazione del "fenomeno", la sua registrazione, la riflessione e i calcoli sui dati registrati, e finalmente un tentativo di spiegazione di quel che si è osservato. Da ultimo - questo è sempre il punto più delicato - si verifica se la spiegazione proposta consente o meno di "salvare il fenomeno". Nel caso dei solstizi, il "fenomeno" che si osserva è il mutamento, giorno dopo giorno, del punto dell'orizzonte orientale da cui sorge il sole: per circa sei mesi, dal solstizio d'inverno al solstizio d'estate, questo punto si sposta verso nord; per circa altri sei mesi, dal solstizio d'estate al solstizio d'inverno, questo punto si sposta verso sud. La prima osservazione di questo fenomeno certamente risale a molto tempo innanzi Talete, che - stando alla tradizione - è il primo Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 47 uomo a misurarlo e a accorgersi che l'intervallo di tempo tra solstizio d'inverno e d'estate è diverso dall'intervallo tra solstizio d'estate e d'inverno; ma solamente le leggi di Keplero permetteranno di comprendere appieno come "salvare il fenomeno". Un tempo indeterminato, certo molto lungo, passa dalla prima osservazione alla misurazione, altri duemila anni serviranno per giungere dalla misurazione alla spiegazione. 13. OSSERVAZIONE DELLE STELLE E DEL SOLE La rotazione della terra intorno al proprio asse fa sì che tutti gli astri sorgano dalla stessa direzione - il levante o est - e tramontino nella direzione opposta - il ponente o ovest. Questo è vero per le stelle fisse che, grazie alla straordinaria distanza dalla terra, mantengono costanti i loro punti di levata e di tramonto giorno dopo giorno, modificandoli solo lievemente nel corso dei secoli. E questo è vero per il sole e per la luna, che li modificano, invece, giorno dopo giorno grazie all'inclinazione dell'asse terrestre rispetto al piano su cui la terra gira attorno al sole; la luna, per di più, con un ritmo tutto suo, legato all'ulteriore inclinazione del piano su cui gira attorno alla terra. Il risultato è che - lasciando da parte la luna col suo moto particolarissimo - l'osservatore terrestre può considerare stabili per un tempo non breve sia i punti da cui si levano e tramontano le stelle fisse, sia i punti da cui il sole si leva e tramonta ai solstizi. Ma questi ultimi non coincidono sempre con le direzioni est e ovest geografici. Per individuare est e ovest geografici, l'uomo ha ideato un metodo semplicissimo che porta il nome di "cerchi indiani"; un nome del tutto convenzionale, dato che il metodo è così 48 Omero il cielo e il mare antico e diffuso che nessuno è più in grado di stabilirne l'origine: 1 - si pianta un palo ben dritto in un punto al centro di un terreno piano; 2 - si aspetta che il sole sia prossimo al punto più alto che potrà raggiungere quel giorno in cielo, e si segna il punto A, dove cade l'estremità dell'ombra del palo; 3 - poi si disegna un cerchio col centro nel punto in cui si trova il palo e che passi per il punto A; 4 - infine si aspetta che, trascorso il mezzogiorno, l'estremità dell'ombra del palo tocchi il cerchio nel punto B. La retta che congiunge A con B è orientata est-ovest; la perpendicolare è orientata nord-sud (Fig. 16). Utilizzando questo metodo elementare, l'uomo ha eretto tutti i grandi monumenti fin dalla più lontana preistoria, in Egitto come a Stonehenge, a Babilonia come in Messico, in Cambogia come in Sardegna. Sempre con questo metodo è stato definito l'orientamento verso nord dell'apertura del cerchio delle tombe reali nella cittadella di Micene, e quello di una delle diagonali del megaron della reggia di Nestore a Pilos (Fig. 17). Ragion per cui se, nel caso dei palazzi di Festo, di Cnosso e di Mallia, l'orientamento dei piazzali non è perfetto, si può esser abbastanza tranquilli: non si tratta di misure prese male. 14. ASTRONOMIA E GEOMETRIA DEL PALAZZO DI NESTORE A PILOS 56 La costruzione del Palazzo di Nestore a Pilos è datata agli ultimi anni del XIV secolo, la distruzione agli ultimi del XIII. La superficie scoperta è di oltre 7.000 m 2 , e il rilievo è 56 Per i § 14 e § 15 dipendo interamente da Marcello Ranieri; per il Palazzo di Nestore, vedi Ranieri 2010. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 49 particolarmente attendibile, perché nei successivi 3300 anni, fino ai nostri giorni, niente di importante vi è mai stato sovrapposto. Ora, a Pilos succede che non è solo l'orientamento di una delle diagonali del megaron a essere esattamente nord-sud; è l'intera geometria del Palazzo che mostra la competenza di chi la costruì. Come si misura questa geometria? Non è complicato, e vedremo di spiegarlo in pratica. Prendiamo il megaron e misuriamone i lati in una qualsiasi unità di misura, metri o yarde, piedi o cubiti: troveremo sempre che il rapporto tra lato lungo e lato corto è di 10,5 a 10. Ma a noi servono numeri interi, come interi devono essere i cateti del triangolo rettangolo per Pitagora. Allora il rapporto diventa di 21 a 20 e, se indichiamo con py l'ignota unità di lunghezza usata, abbiamo che il lato lungo misura 21 py, il lato corto 20 py. Nel nostro caso, 20 2 + 21 2 = 841, e 841 = 29 2 ; di conseguenza la diagonale/ipotenusa57 del megaron ha lunghezza 29, mentre la terna costituita dai tre numeri interi 20, 21, 29 è una "terna pitagorica". Analogo discorso si può ripetere per altre parti del Palazzo (ancora Fig. 17), che derivano da "terne pitagoriche" come 3, 4, 5, o da terne "quasi pitagoriche" come 8, 9, 12 o 24, 54, 59.58 Queste ultime - come si è già visto sono dette "quasi pitagoriche", perché 82 + 92 dà 145 che non è esattamente pari a 122, mentre 24 2 + 542 dà 3.492 che non è esattamente pari a 59 2 . 57 La diagonale di un quadrilatero rettangolo è, contemporaneamente, l'ipotenusa dei due triangoli rettangoli formati da due suoi lati adiacenti. 58 Sulle "terne pitagoriche" e "quasi pitagoriche", vedi la precedente n. 6. In Fig. 17 la terne pitagoriche 20, 21, 29 e 3, 4 e 5 sono indicate rispettivamente con V e con D; le terne "quasi pitagoriche" 8, 9, 12 e 24, 54, 59 con S e con 3/D. 50 Omero il cielo e il mare Nella costruzione del Palazzo, di queste terne base a volte sono stati utilizzati i multipli: per esempio, l'intero complesso palaziale è realizzato con il multiplo 14 della terna "quasi pitagorica" S data da 8, 9, 12. Questo significa solo che le misure, invece di essere 8, 9, 12, vanno moltiplicate per 14 e diventano: lunghezza 14 x 8 = 112; larghezza 14 x 9 = 126 e diagonale/ ipotenusa 14 x 12 = 168. E anche i tre nuovi numeri 112, 126 e 168 costituiscono una terna "quasi pitagorica": 1122 + 1262 = 28.420, che non è esattamente pari a 1682. Arrivati a questo punto, non è difficile nemmeno calcolare l'unità di misura adottata dai costruttori: avendo a disposizione tutti questi numeri interi che costituiscono una piccola serie di terne pitagoriche o quasi pitagoriche, e conoscendo la relativa misura in metri, decimetri e centimetri delle diverse parti del Palazzo, basterà fare una semplice divisione. Se la larghezza totale è di 126 py e corrisponde ai nostri 86,562 metri, l'unità di misura sarà di 86,562 126 = 0,687 metri.59 In questo caso, l'unità di 0,687 metri non corrisponde a nessuna misura nota tra quelle utilizzate nel mondo antico, ma trova una ottima approssimazione soltanto col piede fenicio di 0,515 metri, di cui rappresenta i quattro terzi.60 L'intero Palazzo di Nestore mostra una pianificazione attenta e una volontà precisa di conseguire un risultato ottimale, e chi l'ha costruito conosce orientamento astronomico e terne pitagoriche. E tutto questo 700 anni prima di Talete e 800 prima di Pitagora. 59 Per ottenere un risultato attendibile è indispensabile un rilievo accurato e affidabile. 60 4/3 x 0,515 = 0,6866... Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 51 15. GEOMETRIA DEL TESORO DI ATREO Il cosiddetto Tesoro di Atreo fa parte di un gruppo di nove tombe a tholos disposte a occidente della cittadella di Micene. Le tombe costituiscono il più importante gruppo di sepolture monumentali legato a un singolo sito, e risalgono all'intervallo tra 1500 e 1250 a.C. Orientate nelle più diverse direzioni, esse sono disposte perpendicolarmente al declivio della pendice che le ospita, in modo da affacciarsi alla piana sottostante; questo dovrebbe indicare che i loro orientamenti non hanno una base astronomica, ossia non sono diretti verso un particolare punto dell'orizzonte. Nel loro complesso, le tombe sono divise in tre parti: 1 - il lungo dromos, o "corridoio", di accesso; 2 - la camera circolare a volta; 3 - uno stomion, o "andito", che la precede; e le tre parti andranno studiate in pianta e in sezione. La volta è, nei fatti, una falsa volta, in cui ogni masso sovrastante sporge rispetto al masso sottostante, fino a chiudere la struttura in alto con una cupola in cui manca la chiave di volta. Qui, ci occuperemo nel dettaglio solo del Tesoro di Atreo (Fig. 18), datato al 1350-1250 a.C, che costituisce la più grande cupola dell'antichità, superata soltanto 1300 anni più tardi dal Pantheon romano. Abbiamo i seguenti risultati,61 raccolti nella Tabella 1: • il dromos in pianta ha un rapporto tra larghezza e lunghezza di 5 a 12, con diagonale/ipotenusa 13, e dà la "terna pitagorica" W formata da 5, 12, 13, in cui 5 2 + 122 = 132 = 169; Analoghi risultati danno anche le altre tholoi del gruppo. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO Omero il cielo e il mare 52 • il dromos in alzato ha un rapporto tra altezza e lunghezza di 7 a 24, con diagonale/ipotenusa 25, e dà la "terna pitagorica" GA formata da 7, 24, 25, in cui 7 2 + 242 = 25 2 = 625; • lo stomion in pianta ha un rapporto tra larghezza e lunghezza di 18 a 6, con diagonale/ipotenusa 19, e dà la tema "quasi pitagorica" 3Q formata da 6, 18, 19, in cui 62 + 182 dà 192 1 = 360; • lo stomion e la camera circolare in pianta hanno un rapporto tra larghezza e lunghezza di 18 a 24, con diagonale/ ipotenusa 30, e dà la terna "pitagorica" D formata dal multiplo 6 della 3, 4, 5, ovvero da 18, 24, 30, in cui 182 + 24 2 = 302 = 900; • la camera circolare in pianta ha un rapporto tra larghezza e lunghezza di 12 a 12, con diagonale/ipotenusa 17, e dà la terna "quasi pitagorica" Q formata da 12, 12, 17, in cui 122 + 122 dà 17 2 - 1 =288; • la camera circolare in alzato, cioè la falsa cupola, ha un rapporto tra raggio e altezza di 8 a 15, con diagonale/ipotenusa 17, e dà la "terna pitagorica" M formata da 8, 15, 17, in cui 8 2 + 152 = 172 = 289. Di queste sei terne, la D, la W, la M e la GA costituiscono, nell'ordine, i primi quattro termini di una serie di "terne pitagoriche" generate da un procedimento aritmetico - un algoritmo62 - noto all'ultimo dei grandi matematici ellenistici, Diofanto di Alessandria (III-IV secolo d.C), che lo descrive nel Problema 8 del Libro II della sua Aritmetica. Ma l'algoritmo era conosciuto dai babilonesi, come dimostra la già citata Tavoletta Plimpton 322, che risale al 1800-1650 a.C. Dati m e n primi tra loro, con m > n, se A = m 2 - n 2 , B = 2 m n, C = m 2 + n 2 , allora si avrà A 2 + B 2 = C 2 . 62 53 A differenza del Palazzo di Nestore, nel caso del Tesoro di Atreo l'unità di misura utilizzata dagli ignoti costruttori rimanda al mondo babilonese. Dall'analisi dei dati, essa risulta essere di 0,496 metri, con un errore di ± 0,004 m; un valore che corrisponde bene al cubito assiro di 0,494 m., al sumero di 0,500 m. e al cubito di Gudea di Lagash di 0,496 m. Solo che Gudea di Lagash regna nel XXII sec. a.C. nel sud della fvlesopotamia, a 2000 km a est di Micene e mille anni prima di Atreo. A conferma di come i contatti culturali tra Oriente e mondo greco siano iniziati assai prima che la Ionia diventasse un meltingpot e che Omero iniziasse a cantare i re di Micene... TABELLA 1 AMBIENTE DEL "TESORO" LARGHEZZA LUNGHEZZA DIAGONALE/ O RAGGIO OALTEZZA IPOTENUSA SIGLA BELLA TERNA dromos in pianta 5 12 13 pitagorica w dromos in alzato 7 24 25 pitagorica GA 6 19 quasi pitagorica 3Q 24 30 pitagorica D 17 quasi pitagorica Q 17 pitagorica M stomion in pianta stomion e camera circolare in pianta 18 18 camera circolare in pianta 12 camera circolare in alzato 8 |_ TIPO DI TERNA - I 12 15 54 Omero il cielo e il mure Tra questi ultimi - come abbiamo visto prima" - Atreo aveva una passione per l'astronomia, se è vero quel che dice Igino e se fu lui a battere Tieste azzeccando la previsione di un'eclissi. Adesso vediamo che aveva anche una grande passione per la geometria, e in particolare per le "terne pitagoriche", se è vero che il "tesoro" è proprio suo, Però dobbiamo ammetterlo - noi non sappiamo, e forse non sapremo mai, se Igino dice il vero e se il "tesoro" è di Atreo! 16. LE STELLE DI OMERO E DI ESIODO E LA NAVIGAZIONE L Odissea è il racconto di un viaggio per mare, una sorta di lontano precedente di Ventimila leghe sopra i mari. Eppure l'unico episodio in cui Omero parla di navigazione notturna guidata dalle stelle è quello, celebre, del quinto libro in cui Odisseo lascia Calipso e la sua isola per tornare "alla terra dei padri": "Egli dunque col timone guidava destramente, / seduto; né il sonno gli cadeva sugli occhi / guardando le Pleiadi, Boote che tardi tramonta, / e l'Orsa che chiamano anche col nome di Carro, che ruota in un punto e spia Orione: / è la sola esclusa dai lavacri di Oceano. / Gli aveva ingiunto Calipso, chiara fra le dee / di far rotta avendola a manca. / Diciassette giorni navigò, traversandolo, il mare, / al diciottesimo apparvero i monti ombrosi / della terra dei Feaci, la parte a lui più vicina... " 64 Vedi § 5. 64 Omero Odissea 5.270-80. Nel passo in esame Sirio non è nominala, anche se Omero la conosce e la cita in Iliade 5.5-6: "l'astro d'autunno che splende di fulgida luce quando sorge dalle acque di Oceano"; e in Iliade 22.26-9: "splendido come l'astro che sorge in autunno, che brilla di fulgida luce in mezzo a miriadi di stelle; lo chiamano il cane di Orione ed è il più 63 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 55 Il passo è studiatissimo, ma i commentatori sono divisi. C'è chi lo confronta con l'analogo passo di Iliade 18.486-9 sulla decorazione dello scudo di Achille e con le parole di Giobbe 9.9: "(Dio) crea l'Orsa e Orione, / le Pleiadi e i penetrali del cielo australe", e lo considera una descrizione per sommi capi del cielo, insomma - come direbbero gli inglesi - dei "brevi cenni sull'universo". C'è chi ricorda le parole di Plinio, che non sembrano rinviare così indietro nel tempo la nascita della navigazione astronomica: "L'osservazione delle stelle durante la navigazione (fu introdotta) dai fenici, Siderum observationem in navigando Phoenices.65 E chi, in ogni caso, fa notare che Omero sa almeno che l'Orsa è "la sola esclusa dai lavacri di Oceano", ossia è una costellazione circumpolare, che non sorge e non tramonta mai; e che "facendo rotta avendola a manca" significa navigare, dal più al meno, da ovest verso est, e forse più propriamente dalla presunta Gozo di Calipso verso l'altrettanto presunta Corfù dei Feaci. Al contrario, chi ritiene che si tratti di un'indicazione dell'epoca dell'anno in cui avviene la navigazione di Odisseo, si basa su dati come quelli della Tabella 2, relativi alla posizione di Itaca, 38°26'N 20°39'E, e all'anno 1200 a.C. luminoso". L'assenza di Sirio potrebbe significare che il poeta non sta indicando l'epoca della navigazione. Quanto a Boote, è la costellazione che ha come stella più luminosa Arturo, il "custode dell'Orsa (Maggiore)"; Arturo è la stella più luminosa dell'emisfero settentrionale. 65 Plinio Storia naturale 7.209. 56 Omero il cielo e il mare Leonardo Magini | OMERO TABELLA 266 ASTRO GIORNO L MESE ARTURO ( a BOOTE) sorge / 6 settembre alle 04:23 tramonta alle 20:41 sorge 1 ottobre alle 03:24 PLEIADI (T| TAURI) ORIONE (Q ORIOMS) sorgono alle 18:35 tramontano alle 08:il tramontano alle 07:12 sorge alle 21:55 tramonta alle 09:35 tramonta alle 08:36 SIRIO ( a CANIS MAIOR) SOLE sorge sorge alle 23:50 alle 05:13 tramonta tramonta alle 10:26 alle 18:04 tramonta sorge alle 09:27 alle 05:29 15 ottobre sorge tramontano tramonta tramonta sorge alle 02:29 alle 06:17 alle 07:41 alle 08:32 alle 05:44 31 ottobre sorge tramontano tramonta tramonta sorge alle 01:26 alle 05:14 alle 06:38 alle 07:29 alle 06:01 [ - - L Dalla Tabella 2 si ricava che: • il 16 settembre si ha la levata eliaca67 di Arturo, che sorge 50' prima del sole, quando già Pleiadi, Orione e Sirio sono visibili; 66 I dati di Sirio, che Omero non cita in questo passo, servono al confronto con i versi di Esiodo esaminati subito dopo. 67 La rotazione giornaliera della terra attorno al proprio asse è da ovest verso est (e il movimento apparente del cielo nel corso delle 24 ore è da est verso ovest), mentre la rivoluzione della terra attorno al sole è in direzione oraria (e il moto apparente del sole nel corso dell'anno è in direzione opposta, antioraria). Ogni giorno la rotazione della terra rispetto alle stelle fisse è di 23 ore e 56 minuti, e la terra deve ruotare ancora 4 minuti per tornare alla stessa posizione rispetto al sole. Quando il sole si allontana da E IL CIELO 57 • il 1 ottobre si osservano insieme Arturo, Pleiadi, Orione e Sirio dalle 03:24 alle 04:45, quando mancano tre quarti d'ora al sorgere del sole e iniziano a svanire le stelle; • il 15 ottobre si osservano Arturo, Pleiadi, Orione e Sirio dalle 02:29 alle 05:00; • il 31 ottobre si osservano Arturo, Pleiadi, Orione e Sirio dalle 01:26 alle 05:15 (Fig. 19). Da questi dati la navigazione - se di questo si tratta - si sarebbe verificata nel mese di ottobre, appena prima della stagione pericolosa. Perché Esiodo parla chiaro: "Ma se desideri navigare pericolosamente, / quando le Pleiadi fuggono la forza terribile / di Orione e si gettano nell'oscurità del mare / viene il tempo in cui infuriano tutti i soffi dei venti. / Non lasciare le navi sul mare color del vino, allora, / ma ricorda di lavorare la terra, come ti consiglio; / tira la nave in secco, e fermala tutt'intorno / con pietre, perché resista all'impeto degli umidi venti, / e togli il tappo dalla sentina, in modo che non marcisca per le piogge di Zeus." una determinata stella, essa inizia a essere visibile sull'orizzonte orientale proprio prima dell'alba - levata eliaca; da questo momento la stella guadagna 4 minuti al giorno sul sole, e sorge ogni notte più presto, fino a che raggiunge il sole al tramonto, che la renderà invisibile - levata vespertina. Analogamente avverrà per il tramonto della stella a ovest. Per ciascuna stella i quattro eventi - prima e ultima apparizione a est; prima apparizione, che precede il sorgere del sole, e ultimo tramonto, che segue il tramonto del sole - avvengono una sola volta l'anno e, per una latitudine data, vanno considerati costanti. Ma le date e gli azimut dei quattro fenomeni variano lentamente nel tempo a causa della precessione degli equinozi. Per esempio, le rispettive date per Sirio in Atene (38° N) nel 43 a.C. sono: levata eliaca 28 luglio; levata vespertina 31 dicembre; tramonto mattutino, 5 maggio; tramonto vespertino, 26 novembre. Così, Sirio sarà invisibile tra il 5 maggio e il 28 luglio (da Bickerman 1980, p. 54). 58 Omero il cielo e il mare In realtà, secondo il poeta delle Opere e giorni il periodo migliore per la navigazione inizia assai prima, attorno al 10 agosto: "Cinquanta giorni dopo il solstizio, / quando finisce il tempo spossante dell'estate, / per gli uomini è il momento giusto per navigare: / non perderai la barca, e il mare non ti toglierà i marinai... / A quell'epoca i venti soffiano regolari e il mare è sicuro; / tranquillo, metti la nave veloce / in mare, caricala tutta, / e affidati ai venti, affrettandoti a tornare a casa al più presto. / Non aspettare il vino novello e la pioggia d'autunno, / l'inverno in arrivo e i soffi cattivi del vento da sud / che, dopo le forti piogge inviate da Zeus in autunno, / agita il mare e rende pericolosi i flutti." E ancor prima dell'estate vi è un altro breve periodo propizio, che però può riservare sgradevoli sorprese di natura meteorologica: "Ma a primavera per gli uomini c'è un'altra navigazione: / quando sui rami del fico le foglie / diventano grandi come l'impronta lasciata dalla cornacchia / che si posa, allora il mare è navigabile. / Questa è la navigazione di primavera; ma io non la raccomando, perché è rischiosa."68 Questo per quanto riguarda il periodo propizio per navigare. Per quanto riguarda invece la navigazione con le stelle, in tutta la letteratura antica - per quel che mi risulta - si trovano 68 Esiodo Opere e giorni 618-26,663-6 e 670-7, 678-83. Le indicazioni di Esiodo coincidono, grosso modo, con quelle fornite mille anni più tardi da Vegezio (L'arte della guerra 4.39; trad. M. Formisano): "Dopo la levata delle Pleiadi, dal 27 maggio fino alla levata di Arturo, il 14 settembre, si ritiene sicuro navigare... Dopo questo periodo, fino all'I 1 novembre, la navigazione si fa più incerta e rischiosa, visto che dopo il 13 settembre si leva Arturo, l'astro più violento, e il 24 inizia il tempo avverso dell'equinozio di autunno... Dal mese di novembre, poi, il tramonto burrascoso delle Pleiadi rende agitata la navigazione con continue tempeste. Perciò, dall'I 1 novembre al 10 marzo i mari sono impraticabili." Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 59 soltanto testimonianze di una navigazione notturna basata esclusivamente sulle Orse. Così, ad esempio, né Le Argonautiche di Apollodoro né quelle di Valerio Fiacco né, tanto meno, le Orfiche, a parte qualche fuggevole cenno a altre poche stelle, danno delle indicazioni che non si riferiscano alle Orse. Anzi, da un certo momento in poi diventa un luogo comune, un vero e proprio topos letterario, la notazione che i greci continuano a orientarsi con l'Orsa Maggiore, mentre i fenici già da tempo si basano sull'Orsa Minore: "Ma/or Pelasgis apta, Sidoniis minor, la Maggiore va bene ai greci, la Minore ai fenici.", afferma Seneca concisamente. 69 E visto che la Maggiore è, allora come oggi, più distante dal Polo Nord della Minore, la notazione serve a sottolineare l'imperizia dei greci rispetto ai rivali levantini. Solo nel poema di Lucano (Cordova, 39-65 d.C.) Bellum civile, meglio conosciuto come Farsaglia, si trova un passo che sembra dare indicazioni diverse. In fuga da Lesbo, Pompeo Magno "interroga il pilota su tutti gli astri, / che cosa distingua le terre, quale sia nel cielo / il punto di riferimento per la rotta, quale costellazione gli indichi / la Siria, quale tra le stelle del Carro guidi con precisione / alla Libia." E il pilota risponde: "Non seguiamo gli astri che scorrono scivolando in cielo; / essi ingannano i poveri naviganti con il perpetuo movimento / della volta celeste; ma il polo che non tramonta e non si tuffa nelle onde / e risplende di continuo con le luci delle due Orse, / quello guida le navi. Finché lo vedo sopra di me, / con l'Orsa Minore sopra la punta delle antenne, / ci dirigiamo verso il Bosforo e il Ponto con le rive arcuate / della Scizia. Quando Boote lascia la sommità dell'albero / e l'Orsa Minore si Seneca Medea 697. 60 Omero il cielo e il mare avvicina alla superfìcie del mare, / la nave è diretta ai porti della Siria. Da quel momento segue Canopo, astro appagato di muoversi nel cielo australe, / e che rifiuta Borea; se superi Faro tenendola a sinistra, arriverai al centro del mar della Sirte..." 70 Certo, anche Lucano cita l'Orsa Minore e Boote, di cui Arturo è la più luminosa, come stelle fondamentali per orientarsi, ma poi si lascia sfuggire il nome di Canopo, stella ancora più luminosa di Arturo, ma tanto meridionale da costituire, per il navigante nel sud del Mediterraneo, una sorta di "Polo Sud". Quest'unico accenno potrebbe far pensare che i marinai dell'epoca si siano presto resi conto di quello che sapevano già, più o meno allo stesso livello culturale, gli "argonauti" della lontana Polinesia. Navigatori tanto esperti da stupire il capitano James Cook (1728-79) per la capacità di orizzontarsi con sicurezza nell'immensità dell'Oceano Pacifico, tra isole distanti anche 3 o 4.000 chilometri in latitudine e/o in longitudine, sulla base delle osservazioni dei punti di levata e di tramonto delle stelle più luminose.71 TABELLA 3 STELLA ARTURO ( a BOOTE) - AZIMUT DI LEVATA AZIMUT DI TRAMONTO 47° 313° PLEIADI (Tj TAURI) 70° ORIONE (C, ORIONIS) 94° SIRIO ( a CAMS MAIOR) 108° CANOPO ( a CARINAE) 175° 290° 266° 252° 185° Lucano La guerra civile o Farsaglia 8.167-84, trad. I. ("anali Vedi Schiaparelli 1998, voi. 3, pp. 55-8. Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 61 Si deve ricordare poi che i nomadi abituati a muoversi negli spazi sterminati dei deserti, come i contadini sedentari che si sostentano con i prodotti dei propri limitati campicelli, da secoli devono aver osservato levata e tramonto delle stelle; il calendario agricolo di Esiodo, e quello molto più tardo del Virgilio delle prima Georgica, non nascono dall'estro subitaneo del poeta, ma dall'uso continuato nel tempo, nel lungo tempo, di ben note regole arcaiche. In conclusione, la mancanza di una tradizione letteraria sull'osservazione di altre stelle che non siano le Orse non basta a concludere che questa osservazione non ci fosse, e può dipendere soprattutto da altri motivi. Primo, che l'osservazione delle stelle è un aspetto quanto mai tecnico dell'arte della navigazione, un aspetto di cui i soli piloti erano a conoscenza, tramandato di padre in figlio e tenuto il più possibile segreto al mondo esterno. Secondo, che questa arte - meglio, questa specifica sezione dell'arte della navigazione - può essere andata persa nei cosiddetti "secoli bui", ovvero proprio nel periodo che va dalla guerra di Troia a Omero. A ben guardare, succede lo stesso per l'arte delle costruzioni e per l'astronomia e la geometria che la governano: esse sono presenti - e come presenti! - a Pilo e a Micene, e certo in tanti altri siti della stessa epoca, eppure sembrano dimenticate in età storica. D'altra parte, la tradizione attribuisce già al padre dell'astronomia, a Talete, un testo di Navigazione astronomica,72 e questo manuale, andato perduto, avrà ben fornito qualche indicazione in più di quella di osservare l'Orsa per sapere dov'è il Nord. Ecco perché, nella Tabella 3, abbiamo registrato i punti da cui sorgono e in cui tramontano le stelle nominate in 72 Diogene Laerzio Vite dei filosofi : che in alternativa a Talete fa il nome di Foco di Samo. 62 Omero il cielo e il mare precedenza da Omero, da Esiodo e da Lucano, come viste da Itaca nell'800 a.C. (Fig. 20) In pratica, mentre le Pleiadi, che fanno parte della costellazione del Toro, e dunque giacciono in prossimità della fascia zodiacale, indicano con grande approssimazione l'est alla levata e l'ovest al tramonto, Arturo molto più a nord e Sirio un po' più sud danno degli orientamenti intermedi, mentre Canopo - come si è detto - nel brevissimo intervallo di tempo in cui è visibile funge quasi da "stella polare del sud". In più, dai dati della Tabella 2 relativi al 16 settembre, vediamo che, nell'arco di 24 ore, si verificano i seguenti fenomeni: alle 04:23 sorge Arturo, alle 05:13 sorge il sole, alle 08:11 tramontano le Pleiadi, alle 09:35 tramonta Orione, alle 10:26 tramonta Sirio, alle 18:04 tramonta il sole, alle 18:35 sorgono le Pleiadi con Azm 70°, alle 20:41 tramonta Arturo, alle 21:55 sorge Orione, alle 23:50 sorge Sirio. Tolti i fenomeni oscurati dalla luce del sole, ne restano pur sempre cinque - solo considerando queste poche stelle - che sono ben visibili e che finiscono per scandire con una certa regolarità la notte: alle 18:35 sorgono le Pleiadi con Azm 70°, alle 20:41 tramonta Arturo con Azm 313°, alle 21:55 sorge Orione con Azm 94°, alle 23:50 sorge Sirio con Azm 104°, alle 04:23 sorge Arturo con Azm 47°. E questo, in orari diversi ma sempre con i medesimi azimut, si ripete ogni notte per tutte le notti dell'anno. Naturalmente, seguire l'azimut di Arturo che sorge, e dunque tenere prua su 47°, comporterà un determinato risultato se si parte da Siracusa e tutto un altro risultato se si doppia capo Malea, estrema punta orientale del Peloponneso, diretti verso il mar Egeo. Però, se ci si basa sul punto dell'orizzonte da cui si leva Arturo, e si tiene una rotta di 45° a sinistra si punterà in ogni caso a nord, mentre se si tiene una rotta di 45° a destra si Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 63 punterà a est. Beninteso, con una approssimazione del tutto accettabile. 17. LE STELLE DI OMERO E DI ESIODO E IL CALENDARIO Oltre a quelle appena viste, Omero cita anche la "stella del mattino" e la "stella della sera".73 Ma il poeta non mostra di sapere che si tratta in tutti e due i casi del pianeta Venere d'altra parte la tradizione attribuisce a Pitagora la scoperta. Come tutti i pianeti, Venere non mantiene una posizione fìssa in cielo, dunque non è utile né per la datazione né per l'orientamento; la "stella del mattino" indica molto genericamente l'est, la "stella della sera" l'ovest. Enea viaggia da Troia a Lavinio, da est a ovest, seguendo la "stella della sera", la stella "occidentale", "Earcspoq. Per il resto, Omero non dà mai l'idea di conoscere il nome di un mese, né lunare né, tanto meno, come dodicesima parte di un anno luni-solare. Invece, tutta la parte centrale - il cosiddetto "calendario agricolo" - delle Opere e giorni di Esiodo è dedicata all'astronomia e, in particolare, al legame tra moto degli astri e vita dei campi. Del sole il poeta conosce i solstizi, delle stelle le levate e i tramonti, mattutini e vespertini. Così, il calendario di Esiodo può iniziare con questi versi: "Quando sorgono le Pleiadi, figlie di Atlante, / comincia a mietere; quando tramontano, ad arare; / per quaranta notti e quaranta giorni, / esse non sono visibili, ma poi, volgendosi l'anno, / riappaiono al momento in cui si devono affilare i ferri." E più avanti: "Quando la vampa bruciante del sole / che fa sudare si attenua, e il grande Zeus porta le pioggie di autunno, / il corpo 73 Rispettivamente in Odissea 13.93 e Ilìade 23.226 e in Iliade 22.317. Omero il cielo e il mare dell uomo s. muove più agile. Allora la stella di Sirio / per un PO ruota di giorno sopra le teste degli uomini / nati per morire ma occupa una parte più grande della notte; / la legna tagliata TABELLA 4 N.B. i numeri tra parentesi si riferiscono ai versi di Opere e giorni MESI E GIORNI MODERNI MOTI DELLE STELLE 18 febbraio levata 60 giorni dopo vespertina di il solstizio arrivano le Arturo (566) d'inverno (565) rondini (568) gennaio marzo SOLSTIZI E EQUINOZI tramonto vespertino delle Pleiadi levata mattutina 17 maggio delle Pleiadi (383) 21 giugno mattutini di Orione (598)LI e di Sirio (587) levata 10 agosto * settembre 28 ottobre novembre 9 novembre 1 / 9 dicembre Orione e Sirio al centro del cielo - levata mattutina di Arturo (609-10) tramonto mattutino delle Pleiadi (384 e 615) delle [adi e di Orione (615) ATTIVITÀ DELL'UOMO canta il cuculo (486) 7 aprile / luglio 15luglio VITA DELLA NATURA solstizio d'estate 50 giorni dopo il solstizio d'estate si può navigare (663) inizia la il fico mette le mietitura (383) foglie (680) inizia la trebbiatura inizia la vendemmia (610) solstizio si tirano le navi migrano le gru in secco (624) (448) inizia aratura (384) e semina Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 65 dal ferro adesso resiste di più ai tarli, / riversa a terra le sue fronde e i rami smettono di crescere, / questo è il momento di tagliare i tronchi..." E ancora: "Quando saranno passati sessanta giorni dopo il solstizio d'inverno / allora la stella di Arturo lascia la sacra corrente di Oceano / e, tutta splendente, si leva al calare della sera; / la segue la rondine, figlia di Pandione, e al mattino lamentosa si innalza / verso la luce della primavera, che torna di nuovo per gli uomini."74 Di tutte le indicazioni fornite da Esiodo, la più interessante dal punto di vista astronomico è l'ultima appena citata, che dà l'intervallo di tempo tra la levata vespertina di Arturo e il solstizio d'inverno: assolutamente indipendenti l'uno dall'altro, due fenomeni celesti vengono legati tra loro - coi "sessanta giorni" - a fini esclusivamente calendariali. Anche interessante è l'associazione tra fenomeni celesti e eventi naturali, tra la levata vespertina di Arturo - "la stella di Arturo... si leva al calar della sera" - e l'arrivo delle rondini, che segna l'inizio della primavera (Fig. 21). E il rapporto tra levata di Arturo, arrivo delle rondini e inizio della primavera è noto anche a Roma, diversi secoli più tardi.75 Da indicazioni di questo genere, che qui eviteremo di riferire per intero, l'astronomo Giovanni Schiaparelli 76 ricavò i dati riportati nella Tabella 4. Però, attenzione: questi dati, come quelli della Tabella 2, sono soltanto indicativi: troppe sono le incertezze sulla posizione da cui venivano fatte le osservazioni, e dunque sulla latitudine e sull'altezza sul livello del mare. Del resto, un altro grande storico dell'astronomia, l'inglese Thomas H. Heath dice espressamente: "Con Esiodo la primavera inizia Esiodo Opere e giorni 383-7, 414-22, 564-9. Vedi Ovidio Fasti 2.853-4 e Plinio Storia naturale 18.237. Schiaparelli 1998, pp. 245-6. Sul "calendario agricolo" di Esiodo, vedi anche Aveni 1993, pp. 52-67. 74 75 76 66 Omero il cielo e il mare con la levata vespertina di Arturo (che alla sua epoca e latitudine avviene il 24 febbraio del calendario giuliano)." 77 Così, il 18 febbraio di Schiaparelli diventa il 24 dello stesso mese per Heath, e già questo solo dato può bastare a indicare l'ambito d'incertezza nel quale ci si muove. 18. LE OLIMPIADI, DAL MITO ALLA STORIA78 La tradizione romana ricorda con precisione la data di fondazione della città, 21 aprile 753 a.C. La tradizione greca ignora la data dell'avvenimento per Atene e Sparta, per Argo e Micene, per Pilos e Tebe: non c'è una sola città del mondo ellenico per la quale la fondazione non sia andata persa nel buio della preistoria. Analogamente, la tradizione romana ricorda un calendario attribuito al fondatore, Romolo, mentre ogni città greca ha il suo calendario con il suo inizio in un certo momento dell'anno - per lo più il solstizio d'inverno - e i suoi nomi di mesi. La storia in Grecia nasce con le Olimpiadi - estate del 776 e le Olimpiadi nascono dal mito; dunque sono le Olimpiadi il trait d'union che, accompagnandoci dal mito alla storia, ci permettono di concludere questo studio. Il mito da cui nascono è quello di Pelope e Ippodamia; Ippodamia, figlia di Enomao, è promessa in sposa a chi batterà il re suo padre in una corsa sul carro. Dopo dodici sfortunanti pretendenti, che perdono la gara e di conseguenza la vita, il tredicesimo, Pelope, conquista Heath 1932, p. 12. 7S Sulla nascita e la struttura delle Olimpiadi, vedi Bickcrman 1980, pp. 75-6. Vedi anche, su Internet, The Origìn of the Olympics: Ancient Calendars and the Race against Time, di Valerie V'augnali. 77 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 67 la mano della bella, che lo ha aiutato bloccando la ruota del carro paterno. Sarà bene dir subito che Pelope è di origine orientale - lidia per la precisione79 - e che da Pelope e Ippodamia nascono Atreo e Tieste, che abbiamo già incontrato. Ma Atreo è il padre di Agamennone e di Menelao, così che il mito di Pelope si colloca nella seconda generazione prima della guerra di Troia, attorno al 1250 a.C; il che significa che l'intervallo di tempo tra il mito e le Olimpiadi copre interamente i "secoli bui" della protostoria greca. In più è chiaro che i due numeri, 12 e 13, rimandano come vedremo subito - all'anno lunare, naturale di 12 lune o intercalato a 13. Un altro mito legato alla nascita delle Olimpiadi è diverso, ma simile. Qui è Atalanta, giovane bionda, che sfida i pretendenti alla corsa; non sappiamo quanti ne batte e uccide prima di esser superata da Ippomene, "Cavallo sfrenato", che la vince lasciando cadere durante la corsa tre mele d'oro avute da Afrodite. Atalanta si ferma a raccoglierle e perde inevitabilmente la gara... Questo per il mito; per la storia, la nostra conoscenza su quando e come nascano davvero le Olimpiadi è assai approssimativa, e lo stesso vale per il calendario e per l'anno. Certo è che Omero - come si è detto - non conosce né l'anno né il mese inteso come dodicesima parte di anno solare, mentre conosce la lunazione e il ritorno annuale delle stagioni. E probabile, però, che in un momento imprecisato qualcuno abbia ideato un ciclo di 8 anni intercalati. Ogni anno conta 12 mesi e i mesi sono alternativamente di 30 e di 29 giorni, e cioè il più vicino possibile ai 29 giorni e mezzo del mese lunare. In totale, Pindaro Olimpiche 1.24. 68 Omero il cielo e il mare Leonardo Magini | OMF.RO E IL CIELO l'anno conta 354 giorni, e 8 anni ne contano 2.832. Il 3°, il 5° e l'8° anno sono intercalati con un mese di 30 giorni, e ai 2.832 giorni se ne aggiungono altri 90, per un totale di 2.922 giorni. Questo è Yottaeteride, "(il periodo) di otto anni", la cui conoscenza potrebbe forse risalire già all'inizio dell'Vili secolo, ma sicuramente è assai più recente. TABELLA 5 ASTRO N° DI CICLI X PERÌODO = GIORNI (D.) ERRORE ASSOLUTO ERRORE PERCENTUALE sole (anno tropico) 8 x 365,2422 2.921.94 d. + 0,06 d. 0,00216% luna (mese sinodico) 99 x 29,5306 = 2.923.53 d. - 1,53 d 0.0523% luna (mese siderale) venere (periodo sinodico) 107 x 27,3216 = 2.923,41 d. - 1.41 d. 0,0482% 5 x 583,92 = 2.919,6 d. - 2,4 d. 0,0822% venere (periodo siderale) 39 x 224.63 = 2.920,19 d. + 1,81 0,062% d. Il fatto è che questo numero di 2.922 giorni è un numero che nasce da una cospicua serie di conoscenze astronomiche, riassunte nella Tabella 5. Senza entrare nel dettaglio, la Tabella mostra come il ciclo di 8 anni intercalati e di 2.922 giorni tenga conto insieme, abbastanza bene, dei moti del sole, della luna e del pianeta Venere: alla fine degli 8 anni intercalati, i tre principali luminari celesti, visti dalla terra, tornano a trovarsi nella stessa posizione rispetto alle stelle fisse che hanno 69 all'inizio. E la corsa di Atalanta, che perde la gara con Ippomene grazie al regalo di Afrodite, ci appare come il ricordo mitico della rincorsa in cielo tra i tre astri, che prima si distanziano e poi si ritrovano tutti assieme. In questi 8 anni si tengono due Olimpiadi: una ogni 4 anni, diciamo noi. No: una ogni 49 lune e mezzo, contavano i greci; anzi, la prima dopo 49 lune e la seconda dopo 50, sempre all'ottava luna piena dopo il solstizio d'inverno. 80 E dunque sempre tra la seconda metà di luglio e la seconda metà di agosto, quando i campi richiedono poca attenzione e gli spostamenti via mare sono più sicuri. Stando alla tradizione, l'uso di contare il tempo in base alle Olimpiadi - "primo anno della terza Olimpiade", "terzo anno della settima", ecc. - nacque tardi, con Eratostene (Cirene, 276194 a.C); e in realtà tutta la prima parte della lista canonica dei vincitori, ricostruita a posteriori, è di dubbia attendibilità. Il conteggio delle Olimpiadi fa iniziare l'anno in piena estate; di conseguenza, quando si va a concordare le date greche con quelle romane, basate su un anno che, a partire dal 153 a.C, inizia il primo gennaio, quello che per i greci è - ad esempio il "primo anno della 180° Olimpiade" per i romani coincide con la seconda metà dell'anno 60 e con la prima metà del 59 a.C; da qui nasce l'indicazione alquanto ambigua 60/59 a.C. La stessa ambiguità si riscontra all'interno dell'uso greco: l'anno inizia quasi dappertutto col solstizio d'inverno, ma il conteggio degli anni parte col mese estivo in cui viene a cadere l'Olimpiade. 80 Ho riportato qui la lettura oggi comunemente accolta sull'origine e il meccanismo delle Olimpiadi, ma temo che qualche punto sia ancora da verificare. 70 Omero il cielo e il mare CONCLUSIONE L'insieme di conoscenze astronomiche dell'età eroica può apparire abbastanza scoordinato e scombinato; in realtà è così per diversi motivi. Il primo è che gli studi sull'astronomia, la geometria e la matematica pre- e protostoriche sono iniziati solo da una cinquantina d'anni, nel secolo appena trascorso, e quindi non hanno ancora preso in esame tutta la incredibile quantità di dati disponibili, in piccola parte in chiaro ma in massima parte "criptati". Il secondo è la casualità con cui ci è pervenuta la documentazione superstite, che fa ritenere che tante informazioni interessanti siano andate perdute, forse per sempre. Il terzo consiste nel fatto che le conoscenze astronomiche costituiscono già allora - e costituiranno fino a tempi recenti - un vero instrumentum regni, come dimostra il risultato della contesa tra Atreo e Tieste per il regno di Micene; e come tali circolano in un ambito ristrettissimo di iniziati, quasi certamente passando di padre in figlio come a Babilonia e restando sottoposte al più rigoroso segreto verso l'esterno. Ma il motivo più importante è che, nell'età eroica, non è ancora nata la scienza: l'uomo osserva, sì, i fenomeni della natura e cerca di capire da cosa siano provocati, ma la quantità di informazioni che ha a disposizione è ancora troppo esigua per costruirci sopra una teoria più o meno affidabile. In più, l'uomo è attratto dal fenomeno in sé, e intento solo a dame una spiegazione fantasiosa - cioè mitica - che possa almeno servire a comunicare a terzi quanto ha visto e come ha immaginato di spiegarlo. Resta il fatto che è su questo insieme scoordinato di antiche conoscenze astronomiche, associate alle grandi novità provenienti da Oriente, che verrà a poggiare la prima scienza, Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 71 e la prima filosofia, di età storica nel mondo greco. E resta indiscutibile l'attrazione e l'interesse provato dall'uomo, fin dai tempi più lontani, per le scienze naturali, e in particolare per l'astronomia. È proprio parlando di questa che, nel suo Dictionnaire des idées reques, Gustave Flaubert se ne esce scrivendo: "Belle science, n'est utile que pour la marine." Ahimé, quandoque dormitat Homerus, ovvero ogni tanto anche un grande dice sciocchezze! Non è affatto vero che l'astronomia serva solo alla navigazione, l'astronomia serve anche e soprattutto - a far sentire l'uomo meno solo all'interno dello spazio e del tempo infiniti in cui vive, a fare di lui e del suo microcosmo terreno un minuscolo ingranaggio dell'immenso meccanismo dell'universo, del macrocosmo celeste. E questo è un compito ben più vitale che non navigare. Ecco perché l'astronomia assume tanto rilievo nella vita dell'uomo, nelle abitazioni in cui deve trascorrere la vita terrena, nei templi in cui tenta di entrare in contatto con la divinità, nelle tombe con le quali prova a assicurarsi la vita eterna, con un tranquillo passaggio verso l'aldilà e un felice, e possibilmente rapido e indolore, ritorno nell'aldiqua. POST SCRIPTUM. Il Five Millennium Canon of Solar Eclipses: -1999 to +3000 della NASA dà per l'eclissi anulare di sole N. 01892 la durata di 2'42" con massimo a 37.2° N 23.1° E, e cioè quasi esattamente sopra Micene (37.4° N 22.4° E). Potrebbe essere questa eclissi del 16 maggio 1207 a.C. quella che determinò la vittoria di Atreo su Tieste (vedi § 5, pag. 30). 72 Omero il cielo e il mare BIBLIOGRAFIA Ar. B. Per gli autori classici mi sono avvalso delle traduzioni indicate in nota; a volte, però, le ho rielaborate o per agevolarne la lettura o per adattarle allo scorrere del mio testo. F. ASPESI, Archeonimi del labirinto e della ninfa, «L'Ernia» di Bretschneider Roma A. AVENI, Gli imperi del tempo - calendari, orologi Aveni 1993 e cu/ture. Dedalo Bari A. AVENI, Conversando con ipianeti - il cosmo nel Aveni 1994 mito e nella scienza. Dedalo Bari E. J. BICKERMAN, Chronology of the Ancient World, Bickerman 1980 Thames and Hudson London J. BLACK-A. 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Ciascun punto dista due settimane dal precedente, (da Aveni 1994) FIG. 2 Le tre Cariti o Grazie Le Cariti rappresentano tre fasi della luna: Egemone, "Colei che precede", è la luna calante, Auxo, "Colei che cresce", la luna crescente. In Roma antica, la posizione centrale è occupata da Fortuna, che mostra le spalle all'osservatore. 76 Omero il cielo e il mare Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO b) accanto a una divinità femminile anatolica FIG. 3 La stella a cinque punte, o il pentagramma di Venere Le posizioni occupate successivamente da Venere nel corso di 8 anni solari e di 5 suoi movimenti sinodici formano il "pentagramma" OD 331 Si BSa^sw f W 1 • 23* '32 453 liuto tìm FIG. 4 // pentagramma di Venere in alcune rappresentazioni antiche a) La stella a cinque punte:nella scrittura ideografica di Uruk d) su una applique dal Kazakistan; 77 Omero il cielo e il mare Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 79 FIG. 5 La nascita di Atena Zeus siede in trono col fulmine in mano mentre Atena gli spunta dalla testa, annata dì elmo, scudo e asta. Eileithya fa da levatrice, mentre Efesto si allontana con l'ascia con la quale ha diviso in due il cranio di Zeus. Da un rilievo bronzeo di Olimpia, ca. 550 a.C, (da Carpenter 1996) 80 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO Omero il cielo e il 81 FIG. 6 Marte e Venere in congiunzione durante un 'eclissi di sole. L'eclissi di sole dell'I 1 luglio 1991 vista da Baja California. 11 sole in eclissi permette, tra l'altro, la visione in pieno giorno di Marte e Venere "in congiunzione", (da Brewer 1991) FIG. 7 / crescenti lunari visibili durante un 'eclissi di sole Le foglie lanceolate degli alberi vengono proiettate dal sole vicino alla totalità dell'eclissi in altrettanti piccoli crescenti lunari, (da Brewer 1991) 82 Leonardo Magini | OMERO Omero il cielo e il mare FIG. 8 // simbolo del Capricorno nei bassorilievi mesopotamici La creatura con testa e parte anteriore del corpo di una capra e parte posteriore di un pesce è presente in Mesopotamia per quasi tre millenni, dall'età neosumerica alfellenistica. (da Black-Green 1998) goat-fish E IL CIELO 83 [].] Saturno Troia [15] SATURNO Itaca [2.] GIOVE [14.] Giove Feaci Ciconi [13.] MARTE Cf Calipso [3.] Marte Lotofagi o [12.] Sole Armenti del Sole [11.] VENERE Rupi Erranti Ciclope [5.] Venere Eolo Scilla e Cariddi [10.] Mercurio [4.] SOLE ("5 [6.] MERCURIO Lestrigoni [9.] LUNA ^ [7.] Luna Sirene Circe FIG. 9 L'entrata di Borea dell 'Antro delle Ninfe a Itaca La grotta, tradizionalmente identificata con l'Antro delle Ninfe cantata da Omero, e la sua entrata verso Nord. Oggi però gli archeologi ritengono che il vero Antro sia quello sulla spiaggia di Polis, più vicino alla probabile Reggia di Ulisse e dove sono stati rinvenuti dodici tripodi, (foto dell'autore) [8.] TERRA Ade Fio. 1 0 Discesa e ascesa planetaria di Odisseo Il viaggio di Odisseo e le sue tappe di discesa e ascesa planetaria dall'orbita Saturno alla terra e ritorno, (da Chiarini 2005) 84 Omero il cielo e il mare Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 85 N 6. Zeus (Giove) FIG. 11 Le sette porte dì Tebe Le porte di Tebe e le divinità associate a ciascuna porta, secondo Nonno di Panopoli; le divinità seguono l'ordine "caldeo" dei pianeti, ovvero la loro progressiva distanza dalla terra, (da Chiarini 2005) FIG. 12 // Disco dì Nebra, Sassonia-Anhalt, 2100-1700 a.C. Trovato nel 1999 in Germania, il Disco di Nebra è oggetto di infinite discussioni da parte degli archeoastronomi: l'unica cosa certa è la rappresentazione del sole, della luna e delle sette Pleiadi, (da Internet) 86 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO Omero il cielo e il mare 87 FIG. 1 4 FIG. 13 Le levate del sole ai solstizi viste da Siros Posta al centro delle Cicladi, da qualsiasi posizione l'osservatore si ponga su Siros traguarderà il sorgere del sole al solstizio d'estate dietro Tinos e al solstizio d'inverno dietro Naxos. L'ombra del monte Athos e Myrina Come avevano osservato gli antichi, l'ombra del monte Athos arriva fino a Myrina 70 km a sud-sud-est. Ciò avviene due volte l'anno, al tramonto, in prossimità del solstizio d'estate. 88 Omero il cielo e il mare Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 89 FIG. 15 Modello in bronzo del sistema solare, dal lago di Sevan, Armenia, X-IXsec. a.C. Dall'Armenia, o forse proprio dal regno di Lìrartu, proviene il modello del sistema solare. In basso, la terra circondata dai cerchi concentrici dell'acqua e dell'aria; in alto, il sole radiante; tra terra e sole, la luna e i cinque pianeti visibili a occhio nudo, (da Tesori d'Eurasia 1987) Fio. 17 // Palazzo di Nestore a Pilos Il megaron del Palazzo ha una diagonale perfettamente orientata nord-sud. L'intero complesso è basato su teme pitagoriche o "quasi pitagoriche". L'unità di misura usata è di 0,687 metri, pari a 4/3 di piede fenicio, (da Ranieri 2010) meridiana FIG. 16 / "cerchi indiani " e la determinazione dei punti cardinali La retta che congiunge A con B è orientata est-ovest, la perpendicolare nord-sud. (da Romano 1992) 90 Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO Omero il cielo e il mare 91 Alt/AZ Coord. Apparenti ITHAKI BC1200-10-31 FIG. 18 // "tesoro di Atreo " a Micene Tutti i componenti del "tesoro" - dromos, stomion e camera circolare - sono basati su terne pitagoriche, tanto in pianta quanto in alzato. L'unità di misura è di 0.496 metri, pari al cubito assiro, (da Ranieri 2008) 180-00' FIG. 19 // cielo visto da Itaca il 31 ottobre dell'anno 1200 alle 01:35 Arturo sta sorgendo, mentre Pleiadi, Orione e Sirio sono già alti in cielo: Arturo (a Boote) appare a nord-est, le Pleiadi sono vicine a M45 nel Toro, Orione è al centro in basso, Sirio (a Cane Maggiore) a est di Orione. Queste stelle resteranno visibili fino a -% d'ora prima della levata del sole, che avverrà alle 06:01 (da Cortes du del V3.0) Leonardo Magini | OMERO E IL CIELO 93 FIG. 20 Azimut di levata e di tramonto delle stelle di Omero, Esiodo e Lucano (da Cortes du Ciel V3.0) FIG. 21 L'arrivo delle rondini segna l'inizio della primavera Il ragazzo a sinistra dice: "Guarda la rondine"; l'uomo al centro esclama: "Vero, per Ercole!"; il ragazzo a destra conclude: "È arrivata la primavera." (da Aveni 1993)