FRIULI VENEZIA GIULIA Dall’Italia all’Europa e ritorno di Fiorenza Bonazzi L a catena montuosa più alta d’Europa, quella delle Alpi, racchiude una delle terre più ambite fin da tempi lontanissimi, per clima, varietà di territorio, ricchezza di ambienti, qual è l’Italia. Tanto che popoli migratori o eserciti impegnati nella sua conquista, non si fermarono neppure davanti ai colossi che dalle Alpi Marittime giungono fino alle Alpi Giulie. Basti pensare al condottiero cartaginese Annibale che, provenendo dalla Spagna, valicò queste vette da ovest con soldati ed elefanti; o alle cosiddette invasioni barbariche che determinarono la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, provenienti da est. Nulla li poté fermare, perché eccezionalmente alto era il risultato di tale conquista. Ebbene, l’estremo confine orientale dell’Italia, lungo lo spartiacque delle Alpi Carniche (al confine con l’Austria), permette di scoprire una delle regioni più complesse della penisola dal punto di vista storico e geografico: il Friuli Venezia Giulia. “Un piccolo compendio dell’universo”, come lo definiva Ippolito Nievo. Vi è rappresentato, infatti, ogni Scuola in movimento Castello di Miramare, Trieste , foto di Marco Milani. Tutte le foto provengono dall’ Archivio Agenzia Turismo FVG tipo di paesaggio e numerose sono le zone protette. Il doppio nome è dovuto all’accorpamento delle vaste province di Udine e Pordenone (dove si parla il friulano), e quello che è rimasto all’Italia, dopo il II Conflitto Mondiale, delle province di Gorizia e di Trieste. Entrambi i nomi derivano dalla storia della colonizzazione romana: Forum Julii (mercato, piazza di Giulio) dedicato al grande condottiero Caio Giulio Cesare, che apparteneva alla “gens” Julia, da qui, Venetia (terra dei Veneti) Julia. È una regione che porta vivi i segni inferti dagli eventi bellici del Novecento, che aggiungono alla bellezza dei luoghi un fascino quasi struggente, che non si avverte in altre regioni. La divisione dei due territori risale al medioevo, quando il Friuli rimase uno Stato quasi indipendente con il nome di Patriarcato di Aquileia, mentre Trieste e Gorizia passavano all’Austria, quindi con una storia completamente diversa. Il Friuli si unì all’Italia nel 1866, mentre la Venezia Giulia fu conquistata con la I Guerra Mondiale (1915/18). Ma da dove comincia la storia di questa terra? Da molto lontano: fin dall’Età Paleolitica, e, via via, all’Età dei Metalli, per giungere all’invasione Celtica del V secolo a.C. che si abbatté sulla pianura padana. Queste tribù, provenienti dall’Europa cen- In basso: ForoRomano, Aquileia foto di Matteo Lavazza Seranto trale, si fermarono tra il fiume Livenza e il Timavo, in particolare i Carni, che occuparono stabilmente la zona praticando agricoltura e artigianato, al punto che i Romani la chiamarono la Terra dei Carni, “Carnorum regio”. L’entrata ufficiale del Friuli nella storia, però, è dovuta alla conquista romana e alla decisione di dare carattere definitivo all’occupazione del Friuli, fondando una colonia di diritto latino: Aquileia, direttamente collegata al mare da canali navigabili, per questo adatta ai commerci, tanto da diventare presto il centro di un’importante rete stradale che la collegava sia con l’interno, sia con le regioni nordorientali (via Postumia, via Annia, via Julia Augusta). Concepita coma base militare ideale per le conquiste d’oltralpe e strutturata secondo lo schema a pianta quadrata proprio degli accampamenti romani, la città divenne capitale della X RegioVenetia et Histria sotto l’impero di Augusto. Nacquero numerosi “municipia”, tra cui Forum Julii (Cividale), Julium Carnicum (Zuglio), Julia Concordia (Concordia), pertanto la regione poté godere di un assetto amministrativo, economico e culturale stabile e unitario. Quando l’Impero Romano andò in crisi, sia per la diffusione del Cristianesimo, che in questa terra la tradizione attribuisce alla predicazione di San Marco, sia per le numerose invasioni barbariche, il Friuli divenne passaggio obbligato per tutti gli aggressori provenienti dalle terre nordorientali. Dopo Vandali e Unni, giunse la massiccia invasione degli Ostrogoti sotto la guida di Teodorico, che presero possesso delle terre occupate in forma stabile, fondando un regno di cui il Friuli fece parte. L’evento fondamentale, però, fu costituito dall’invasione dei Longobardi che rimasero circa due secoli (568/776). Lo storico Paolo Diacono, nativo di Cividale, nella sua “Historia Longobardorum” narra che, lasciata la Pannonia (Ungheria) e oltrepassato il fiume Drava, entrassero pacificamente nella pianura friulana guidati da Alboino, attraverso il ponte sull’Isonzo, per raggiungere la pianura padana. Qui sostarono più di un anno e crearono il primo Ducato, scegliendo come sede del governo Forum Julii (Cividale), ritenuta più sicura di Aquileia, esposta agli attacchi dei Bizantini (Giustiniano) padroni dell’alto Adriatico. I contrasti fra i Longobardi e il patriarca di Aquileia furono la causa della discesa in Italia dei Franchi (chiamati dal Papa); la regione fu compresa nella Marca orientale insieme all’Istria col nome di “Marca del Friuli” e Forum Julii indicò l’intero territorio, mentre la città venne ribattezzata Civita Austriae, confermandosi importante centro commerciale, artistico-culturale. Nelle complicate vicende storiche che videro la decadenza dell’Impero Carolingio e il susseguirsi di invasioni, di conquiste, di imperatori e di papi che si scontrarono nella Lotta per le Investiture, due fatti assumono importanza: lo sviluppo espansionistico della Repubblica di Venezia e la nascita, nel 1077, dello Stato Patriarcale di Aquileia con la concessione da parte dell’imperatore Enrico IV dell’investitura feudale con poteri al patriarca su tutta la contea del Friuli, compresa la Carinzia. In alto: Laghi, Fusine foto di MarioVerin A sinistra: Castello, Gorizia foto di Marco Milani Uno Stato quasi indipendente per circa tre secoli e mezzo, che venne occupato e annesso alla Republica di Venezia nel 1420, a causa dei contrasti sorti tra Udine e Cividale, divenuta sempre più eccentrica rispetto alle nuove vie di comunicazione, per motivi di prestigio e di interesse economico. L’unione del Friuli con Venezia rese più stretti i suoi legami con la vita e la cultura italiana, ma fu funestata dalle guerre tra la Serenissima e l’Austria e da frequenti scorrerie dei Turchi, contro i quali Venezia eresse la fortezza di Palmanova (a forma di stella, ancora evidente nella pianta della città). Un altro avvenimento incisivo nella storia della regione è offerto, nell’anno 1751, dalla soppressione del millenario patriarcato ecclesiastico di Aquileia, sostituito dall’arcivescovado di Udine, per i territori soggetti alla Repubblica di Venezia; e dall’arcivescovado di Gorizia per quelli sottomessi all’Impero austriaco. Questa risoluzione aprì un periodo di fioritura sia in campo economico, sia in campo culturale, favorendo le opere degli artisti, incoraggiati non solo dalle nobili famiglie friulane, ma anche dai numerosi ordini religiosi, creati per arginare il diffondersi delle idee riformiste (Riforma Protestante). Alla fine del Settecento un precipitare di eventi, quali: la Rivoluzione Francese, l’avvento di Napoleone, il Trattato di Campoformio, la Restaurazione (Congresso di Vienna), assegnò all’Austria il territorio, l’ex Veneto, al Regno Lombardo-Veneto; quello orientale al Regno di Illiria. Divisione che resterà fino al 1866 per la parte occidentale; fino al 1917 (I Guerra Mon- diale) per la parte orientale. Con l’annessione dei territori di Trieste e dell’Istria prese vita una nuova entità amministrativa: la Venezia Giulia. Da allora, la storia della regione coincise con la storia d’Italia. Anche la geografia presenta infinita varietà di paesaggi, “un piccolo compendio dell’universo”: mare, lagune, spiagge sabbiose oppure alte e scoscese, fiumi, laghi, dolci colline, alte vette dolomitiche, infine il Carso. Giovanni Boccaccio la definì “paese… lieto di belle montagne, di più fiumi e di chiare fontane”. Il territorio friulano, infatti, si stende dalle Alpi Carniche alla pianura padano-veneta, sino alle lagune del litorale adriatico. La pianura è formata dai tre grandi fiumi: Tagliamento, Isonzo, Livenza. Proprio alla Carnia appartiene il bacino del Tagliamento, il grande fiume dei Friulani. Il suo letto, ampio e ghiaioso, raccoglie acque limpidissime di color turchese, quasi irreali per appartenere ad un fiume. Il verdissimo Isonzo, invece, è il fiume “sacro” della Patria”, legato come è alle vicende storiche del Novecento. Nasce in territorio ex iugoslavo ed entra in Italia vicino a Gorizia. Suo affluente è il Torre, che convoglia le acque del Natisone e dello Judrio, che prima della Grande Guerra segnava il confine con l’Impero Austro-Ungarico. Infine il Livenza, che attraversa il territorio di Pordenone e segna per un tratto il confine con il Veneto. Scorre tra una vegetazione lussureggiante e con i suoi meandri crea incantevoli visioni naturali. Senza dubbio il più famoso resta il Timavo, il fiume che scorre soprattutto sotto terra, che appare e scompare come in un paesaggio fiabesco. In basso: Piazza Libertà, Udine foto di Massimiliano Zambelli A destra: Cividale foto di Alessandro Castiglioni Dove, però, la storia si impone sulla geografia e diventa un tutt’uno, trasformandosi in monumento, documento storico, bene culturale appartenente a tutti, è la zona del Carso Isontino: aspro, roccioso, selvaggio, che ospita i campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale, con trincee e fortificazioni; il Monte San Michele, teatro di battaglie sanguinose; o il piccolo paese di San Martino del Carso reso immortale dai versi di Giuseppe Ungaretti (il “Sacrario di Redipuglia”). La ricchezza culturale di questa regione non è solo volta al passato, ma è testimoniata dalla vivacità che ancora la contraddistingue, fornendo all’Italia nomi di altissimo livello, in ogni campo, con la sua moderna visione della vita e dell’arte, con il suo carattere originale di rinnovamento e rottura: da Italo Svevo a Scipio Slataper, da Umberto Saba a Claudio Magris, da Margherita Hakc al pittore Zoran Music. Né va dimenticato Pier Paolo Pasolini, scrittore, poeta, pittore, che, anche se nato e formatosi a Bologna, tanto fu legato alla cultura friulana, non solo attraverso la madre originaria di questa terra (riposano vicini nel cimitero di Casarsa), ma anche per il suo legame profondo con i suoi amici friulani, come con il pittore Giuseppe Zigaina. FRIULI VENEZIA GIULIA: UN MUSEO A CIELO APERTO Come in tutte le regioni italiane, anche qui la scelta per soffermarsi maggiormente in un luogo, è difficilissima: il rischio di fare un torto ad eccellenze straordinarie è altissimo. Dovendo, comunque, operare una selezione, puntiamo sul capoluogo di regione: la città di Trieste. TRIESTE: il più illustre esempio di città ottocentesca che l’Italia possieda L’antica colonia romana di Tergeste divenne presto importante nodo stradale tra Aquileia e l’Istria, ultima propaggine della civiltà latina in territorio italico. In questo modo visse tutte le vicende storiche della regione. Fu solo nel Settecento, però, che la città iniziò una sorprendente ascesa e in particolare sotto l’illuminato governo dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, che vitalizzò l’economia portuale, realizzando importanti costruzioni: nuovi moli, edifici per la capitaneria di porto, la borsa mercantile. La città venne ampliata di nuovi quartieri e quasi raddoppiata con l’abbattimento delle vecchie mura. Divenne meta di genti di varia nazionalità e assunse una dimensione tale da poter competere con i maggiori porti del Mediterraneo e candidarsi quale erede di Venezia, ormai in declino. L’Ottocento fu il secolo d’oro per Trieste, che continuò ad ingrandirsi e ad abbellirsi di edifici neoclassici, di grandi viali alberati e giardini pubblici e una popolazione in continuo aumento: quarta città dell’Impero dopo Vienna, Budapest e Praga. L’hanno sempre definita una “creazione artificiale” degli Asburgo, quando la Casa d’Austria decise di trasformare questa piccola città nello sbocco commerciale per l’entroterra danubiano: una città cosmopolita dove la cultura neolatina si è fusa felicemente con quella nordorientale. Tanto c’è da visitare: musei d’arte antica e moderna, il colle di San Giusto, il piazzale del castello con i resti della In alto: Vista da San Floriano Goria “Un piccolo compendio dell’universo” Ippolito Nievo basilica romana, la Basilica di San Giusto, la chiesa di Santa Maria Maggiore, il Monastero di San Cipriano. Per comprenderla, per penetrarne l’anima, però, è opportuno girarla a piedi nella successione straordinaria delle sue piazze. Partendo dalla stazione e dalla Piazza della Libertà, proseguendo sul lungomare, si apre a sinistra il Canal Grande con la chiesa di Sant’Antonio Nuovo, quindi la Piazza dell’Unità: una piazza grandiosa delimitata da imponenti palazzi, per lo più in stile neoclassico. Palazzo Comunale, Palazzo Modello, Casa Statti (che ospita il famoso Caffè degli Specchi), Palazzo del Governo, Palazzo Pitteri e il Palazzo del Lloyd Triestino (la più antica società di navigazione d’Italia) avvolgono il visitatore e lo trasportano in altre città europee come Vienna o Budapest o Lubiana. È un viaggio continuo dall’Italia all’Europa e viceversa. E finalmente, nelle sue strade, nelle sue piazze, nelle sale da te di straordinaria raffinatezza si può capire il significato di quell’aria “strana”, “tormentosa” di cui parlava Umberto Saba, che la rende inconfondibile, ma soprattutto indimenticabile. della vegetazione), un termine di origine gallica che significa cespuglio. Su queste isolette sorgono i “casoni” da pesca, costruzioni di paglia e giunchi, ma sono abitate praticamente solo da uccelli che trovano l’ambiente ideale per svernare e nidificare: aironi, cormorani, falchi di palude, ecc…La città ha una storia antica, poiché rappresentava lo scalo (Gradus) per le navi, che successivamente per via fluviale raggiungevano il grande emporio di Aquileia. UNA LUNGA SERIE DI ECCELLENZE LA FORESTA DEL CANSIGLIO Questa foresta di faggi (al confine con le province di Belluno e Treviso) ha fornito per secoli il legname per la costruzione della flotta della Serenissima Repubblica di Venezia. Il Cansiglio è un altopiano carsico, circondato da montagne che raggiungono i 1.500 metri di altitudine. Il carsismo di questa zona lo troviamo nella presenza di doline, inghiottitoi, solchi carsici, ma anche in cavità e grotte. Qui è presente un particolare fenomeno di inversione termica, per cui i boschi crescono sui rilievi (più temperati), mentre nelle tre depressioni (più fredde) troviamo prati e pascoli. È una zona di straordinaria ricchezza di flora e di fauna. LA LAGUNA DI GRADO Il sistema lagunare dell’alto Adriatico (laguna di Chioggia, di Venezia) si chiude con questa laguna, sorta millenni or sono per i depositi fluviali che hanno innalzato i fondali marini e costruito un cordone discontinuo di dune sabbiose di fronte alla costa. L’acqua si insinua tra “velme”, voce veneziana al posto di melma, e “barene” (fondo lagunare che emerge con la bassa marea, su cui può attecchire IL COLLIO La Seconda Guerra Mondiale ha lasciato all’Italia solo la parte meridionale di questa terra, delimitata dai fiumi Isonzo e Judrio. Il centro principale è rappresentato dalla città di Cormons, situata in mezzo a colline ricoperte di vigneti, frutteti e boschi. Qui ogni paese, ogni borgo, ogni castello può vantare un vino famoso. Il vino ha una tale importanza per questo territo- Carnia, foto di Mario Verin COS’E’ IL FENOMENO CARSICO? Il Carso è una zona della regione Friuli Venezia Giulia e dà il nome ad un fenomeno chiamato Carsismo, poiché qui è presente più che altrove, ma lo ritroviamo anche in altre regioni italiane (per esempio nelle Marche: Grotte di Frasassi). Quando l’acqua piovana incontra una roccia calcarea (cioè, ricca di calcio), scioglie il calcio, erodendo la roccia e scavandovi una cavità dolina, a volte a forma di imbuto (inghiottitoio) e scende nel sottosuolo. Qui può incontrare una roccia impermeabile, pertanto l’acqua è costretta a scorrere, dando origine ad un fiume sotterraneo. Un esempio ce lo offre il fiume Timavo, che scorre alternativamente sopra e sotto la superficie (quasi 40 Km.) per riaffiorare vicino a Monfalcone. Se, invece, riesce a penetrare in profondità, scava delle grotte e forma un lago sotterraneo. L’acqua, però, trasporta particelle di calcio che lascia nel suo viaggio sia nel soffitto della grotta (formando le stalattiti), sia depositandole sul pavimento (dando origine alla stalagmiti). rio da farne addirittura un museo nelle cantine del castello dei conti Formentini, a San Floriano del Collio, dove vengono illustrate, in un percorso didattico d’eccezione, tutte le fasi della viticoltura e della vinificazione. IL CASTELLO DI MIRAMARE E IL SUO PARCO Bianco, con il verde del parco e il blu del mare: un castello da favola. Costruito per l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, che morì in una spedizione in Messico, e la moglie Carlotta, è immerso in uno splendido giardino all’italiana con una varietà infinita di vegetazione sia indigena, sia esotica. Sorge sul promon- torio che domina tutto il Golfo di Trieste fino al margine orientale del Carso. LA GROTTA GIGANTE Poco distante da Trieste (15 Km.) si incontra un piccolo borgo, Borgo Grotta Gigante, da cui si diparte un sentiero che conduce appunto alla Grotta Gigante: una sala immensa con formazioni calcitiche che raggiungono i dieci metri di altezza. Uno spettacolo impareggiabile, facilmente accessibile, con guide esperte a disposizione dei visitatori. RISERVA REGIONALE DELLA VAL ROSANDRA Un’isola verde nel petroso Carso orientale, alle spalle di Trieste. Roveri, castagni, pini neri a ricordo dell’antica vegetazione che rivestiva la zona carsica, ancora presente nel Medioevo. Il paesaggio attualmente è poco abitato, mentre numerose sono le testimonianze della presenza dell’uomo nelle ere più antiche: la grotta delle Gallerie del neolitico, o resti dell’età del bronzo; infine, i resti di un acquedotto romano che dalla fonte Oppia portava acqua alla città di Tergeste. Ancora una volta abbiamo la prova di quale ricchezza possediamo in Italia e quanto alto sia il valore della sua cultura, maestra per il resto del mondo, perché nata dalla fusione di anime diverse, lontane nel tempo e nello spazio, ma presenti nell’oggi, che tende a non vederle, a non apprezzarle, a non salvaguardarle dall’inesorabile indifferenza. Alla fine delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia sarebbe bene ricordare un altro anniversario molto vicino: i cento anni della I^ Guerra Mondiale e dell’entrata dell’Italia (1915) nel conflitto. Questa terra merita la nostra riconoscenza.