Scuola interateneo per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria SIS Indirizzo Scienze Umane A036 anno 2007/2008 Il discorso istituzionalizzato della filosofia Approcci normativi e realistici alla politica Supervisori: Prof.ssa Capra Prof.ssa Zanella Specializzando: Paolo Di Motoli 1 Contesto dell’intervento didattico Il tirocinio attivo è stato svolto presso la succursale di un Liceo Psico-Pedagogico. L’istituto annovera nella sua offerta affermativa quattro tipi di curricoli: liceo di scienze della formazione, liceo delle scienze sociali, corso di indirizzo linguistico e corso di indirizzo linguistico internazionale. Gli interventi didattici si sono svolti in una classe Quinta del Liceo linguistico sotto la supervisione del docente di Filosofia. Introduzione Il contenuto prescelto per le lezioni aveva come scopo finale quello di produrre un dibattito organizzato e guidato sui temi esplicitati durante gli interventi . Le metodologie utilizzate sono state quindi di due tipi: la lezione frontale, semplice e partecipata, e il laboratorio finale caratterizzato da una lezione di tipo dialogico. L’argomento scelto rientra nei temi classici studiati in filosofia politica, la libertà in ambito politico. Il termine è molto dibattuto ed è stato riportato in auge proprio dal testo di Isaiah Berlin che è stato affrontato in classe con i ragazzi. La libertà in senso metafisico, che pure ha visto nella storia della filosofia un alternarsi di soluzioni che sovrapponevano o distinguevano il determinismo e la necessità con la libertà, è stata completamente esclusa dalle lezioni e dal dibattito successivo. La concezione di libertà che si intendeva chiarire ai ragazzi era quella affrontata nell’ ambito politico, che peraltro ci consegna un quadro non meno contrastato di quello che caratterizza la metafisica. In ambito politico la dicotomia tra libertà negativa e libertà positiva è ormai considerata classica e tra i suoi principali divulgatori abbiamo visto nel nostro paese Norberto Bobbio (Eguaglianza e libertà), che ne propose una sorta di conciliazione, e Isaiah Berlin (Due concetti di libertà) più attento a interpretarle come divaricate. Lo stesso Berlin aveva audacemente interpretato le due libertà concettualizzate da Benjamin Constant nella famosa conferenza su “Le libertà degli antichi paragonata con quella dei moderni”. In classe si è scelto di affrontare la conferenza sulle due libertà di Berlin dopo aver contestualizzato il tema all’interno del più vasto ambito della filosofia politica. La scelta dei contenuti da trattare nel corso e le finalità dell’ intervento sono state concordate con il professore ospitante. Il tutor ha indicato il programma svolto nella sua classe V. I ragazzi hanno avuto la possibilità di arrivare a seguire le lezioni su Karl Marx e questo è risultato un utile pre-requisito per affrontare il tema della filosofia politica. Con i ragazzi giunti all’ultimo anno del programma è molto più semplice trattare questi argomenti, tenuto conto che all’interno del programma hanno avuto modo di affrontare alcuni concetti tipici come “potere”, “Stato”, “diritto naturale”, “diritto positivo”, “libertà”, “tirannide” ecc… Partendo da questa base non è difficile così lavorare con i ragazzi sulla filosofia politica spiegando loro di cosa si tratta. La novità della parola potrebbe intimorirli, ma in realtà, il tema ha offerto anche lo spunto per spiegare come funzionano i dipartimenti di filosofia all’interno dell’Università. I due approcci della filosofia politica, quello realista e quello normativo, sono stati utili per rintracciare nel programma svolto, anche negli anni precedenti, autori da classificare in un modo o nell’altro. 2 Finalità e obiettivi di apprendimento Gli obiettivi erano quelli di fornire ai ragazzi gli strumenti analitici per capire cosa è libertà negativa e cosa è libertà positiva anche nel presente. Le due libertà possono essere utili per spiegare in maniera schematica e sommaria la differenza tra destra e sinistra in ambito politico. L’intento era però quello di insegnare ai ragazzi a discutere, far loro comprendere tramite un esempio pratico cosa sono le regole in una discussione democratica. Si voleva creare la situazione discorsiva ideale indicata dal filosofo Jurgen Habermas. Tali condizioni, necessarie per un consenso razionale, sono di tipo normativo e riguardano l’uguaglianza di diritti e di opportunità per tutti di prender parte al discorso, l’universalità e la possibilità di discussione. Inoltre è stata presentata la distinzione habermasiana tra azioni comunicative, rivolte all’intesa, e azioni teleologiche, orientate al successo. Si è tentato così una modesta messa in pratica di quello che Habermas chiama “agire comunicativo”. Questo tipo di agire è orientato primariamente all’intesa. Nell’agire comunicativo il linguaggio ha pretesa di verità ed è finalizzato all’intesa, al consenso e alla condivisione di punti di vista e di immagini del mondo. Su questi assunti dell’agire comunicativo, Habermas fonda una teoria della democrazia incentrata sul dialogo (J. Habermas, 1986). La classe La classe è formata da 19 femmine e 1 maschio. Il profitto complessivo è di livello medio e vi sono alcuni ragazzi e alcune ragazze interessati in particolare agli argomenti filosofici. La classe ha un comportamento molto rispettoso e i cali di attenzione non producono brusio, ma solamente una lieve distrazione visibile dagli sguardi. Il comportamento degli allievi durante le lezioni è stato positivo e per evitare il calo di attenzione, si è cercato di girare molto tra i banchi coinvolgendo la classe con esempi di libertà presi dalla nostra vita di tutti i giorni. I risultati migliori si sono visti nel piccolo esercizio di laboratorio che abbiamo deciso di svolgere con il professore e la classe. Si è tentato di coinvolgere la classe in un esercizio dialogico che consentisse un dibattito ordinato e ben argomentato. Metodologia e strumenti A partire da Socrate il dialogo è uno dei principali strumenti per imparare a filosofare. Quando si riesce ad uscire dal “monologo” rappresentato dalla lezione frontale classica, si genera un colloquio con gli alunni. Tutto il progetto didattico è stato pensato in riferimento al laboratorio filosofico finale. Gli interventi didattici hanno utilizzato in particolare lezioni frontali partecipate in vista del dibattito conclusivo. Il supporto principale alle lezioni è stata la lavagna e qualche citazione dai testi affrontati in classe e forniti agli allievi in fotocopia. In preparazione del laboratorio di discussione è stato spiegato ai ragazzi cosa significa argomentare. Nella nostra esperienza quotidiana gli argomenti sono associati a situazioni problematiche, in cui si deve scegliere tra due alternative o in cui si deve riconoscere quale tra due tesi è più attendibile. Ad argomentare può essere un solo parlante o più parlanti che dialogano tra loro e l’esempio più chiaro è il dibattito parlamentare o processuale (P. Cantù, I. Testa, 2006: VII-XX). Nel 1958 Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca presentarono una nuova retorica come studio della funzione e dei limiti del discorso persuasivo (C. Perelman, L. Olbrechts-Tyteca, 2001). Lo studio classificava gli argomenti che compaiono nel discorso ordinario. Era una ripresa della retorica greca in opposizione al razionalismo cartesiano che riteneva razionale solo l’argomentazione dimostrativa propria della matematica. Dalla retorica antica si mutuava l’idea che ogni argomentazione si sviluppa in funzione dell’uditorio, mentre dalla dialettica il valore delle 3 prove. L’argomento sarebbe quindi non una serie di enunciati di cui valutare i nessi reciproci, ma un discorso rivolto a un uditorio che si intende influenzare. Ogni argomento deve essere valutato guardando non a criteri logici, ma all’efficacia persuasiva. Abilità, conoscenze, prerequisiti Prerequisiti: Conoscere alcuni concetti filosofici e alcuni autori di riferimento. Conoscenze: Conoscere termini, concetti e tesi della filosofia applicata ai fenomeni politici. Conoscere direttamente alcuni passi fondamentali degli autori considerati. Abilità: Saper riconoscere se un filosofo è da considerare “realista” o “normativista”. Saper collocare un autore tra i teorici della libertà positiva o della libertà negativa. Saper confrontare le due libertà. Capacità: Stimolare la riflessione critica e il pensiero autonomo nell’ambito politico evitando di appiattirsi su singole teorie. Saper utilizzare le conoscenze acquisite per comprendere la realtà politica e sociale. Contenuto L’intervento all’interno delle lezioni di Filosofia del tutor era volto a spiegare inizialmente cosa si intende per Filosofia Politica e come la filosofia venga studiata in università. Il modo solitamente utilizzato per insegnare la filosofia nella scuola superiore è di tipo storico-problematico che riconosce grandi nodi, che hanno costituito la tradizione filosofica, che vengono presentati in ordine storico. Questo modo corrisponde in sostanza a quello che in università è l’insegnamento di Storia della Filosofia. Si è poi spiegato l’approccio degli studiosi realisti e quello dei filosofi normativisti.E’ stato presentato agli allievi il brano tratto dalla “Politica come professione” di Max Weber dove questi giustifica la sua idea di studiare lo stato così come si presenta e non come dovrebbe essere. Alla fine dell’unità era prevista una prova semi-strutturata con domande semplici ma molto precise sui diversi temi trattati. Nello specifico le lezioni sono state così organizzate: I Lezione: introduzione alla filosofia politica. Lavoro sul testo di Stefano Petrucciani dal titolo “Modelli di filosofia politica”. Conoscenze: Sapere cosa si intende per Filosofia politica e quali sono i suoi approcci. Abilità: Saper inserire i filosofi studiati in passato nei due filoni della filosofia politica. Capacità: Elaborazione critica di quanto appreso. II Lezione: Analisi del concetto di libertà politica che riguarda il modo in cui l’uomo è libero nell’ordine politico e sociale. Nella discussione sul tema è stata affrontata la dicotomia tra libertà negativa (libertà come assenza di impedimento) e libertà positiva (autoaffermazione). Lavoro sulla definizione di libertà data da Thomas Hobbes. Conoscenze: Le definizioni di libertà Abilità: Sapere distinguere i tipi di libertà Capacità: Saper mettere in relazione III Lezione: Introduzione a Isaiah Berlin, lo studioso che con una famosa conferenza pronunciata ad Oxford nel 1958 ha reso celebre la dicotomia peraltro ripresa anche dal nostro Norberto Bobbio. 4 Berlin ha ripreso il concetto interpretando a sua volta in maniera personale la conferenza di Benjamin Constant su “La libertà degli antichi paragonata con quella dei moderni”. Conoscenze: Conoscere il senso dell’opera di Isaiah Berlin e la conferenza del 1958. Abilità: Sapere inserire l’autore all’interno del dibattito filosofico. Capacità: Elaborazione critica di quanto appreso. IV Lezione: Lavoro sul testo di Berlin con la ricerca delle definizioni delle due libertà e con esempi costruiti in classe anche con l’aiuto degli allievi. Conoscenze: Le definizioni di libertà date da Berlin. Abilità: Distinguere quali autori sono sostenitori della libertà negativa e della libertà positiva. Capacità: Capacità di concettualizzare i temi filosofici. Riflessioni critiche sull’attualità e capacità di scegliere a quale tipo di libertà l’allievo si sente più vicino. V Lezione: dibattito guidato in classe sui temi affrontati Metodologie e tempi Didattica per contenuti; Didattica narrativa; Lezione frontale semplice e partecipata. Discussione in classe con l’utilizzo di opinioni che siano ben argomentate L’intervento previsto era di 13 ore totali di cui due dedicate al laboratorio finale. Modello teorico di riferimento L’agire educativo richiede sempre una teoria di riferimento che consenta di orientare le scelte di impostazione didattica e metodologica. Nel nostro caso si è scelto il modello della pedagogia dialogica rappresentata da autori approfonditi con interesse durante l’esperienza universitaria. Le pedagogie del dialogo hanno origine nella cultura ebraico-cristiana interpretata alla luce dell’intersoggettività fenomenologica. Il costruttivismo ha segnato la centralità della dimensione sociale nei processi di apprendimento. Lo spostamento dell’analisi sul rapporto tra docente e allievo ha dato il via a un processo che con la filosofia dialogica si è rivolto in particolare al tema della relazione. In questo tipo di impostazione l’allievo non è soggetto passivo ma attivo e partecipa attivamente alla costruzione del suo sapere. Martin Buber, nel suo scritto del 1926 dal titolo “Sull’educativo”, ci ricorda che non basta sviluppare la creatività nel nostro allievo. L’uomo come creatore è solo. Un’educazione che si fonda solo sulla formazione della creatività non farebbe altro che produrre solitudine. L’educatore deve selezionare il mondo e in lui il mondo diventa il soggetto dell’agire. Dietro questa concezione si stagliano i presupposti che Buber aveva fissato nella sua opera più famosa dal titolo “Il principio dialogico”. Egli segnò una distinzione tra le due relazioni fondamentali che costituiscono l’esistenza umana, quella tra “io e tu”, e quella tra “io-esso”. L’io che entra nella prima relazione è diverso da quello che rientra nell’altra. La relazione io-tu è diretta, reciproca e attuale, l’altro si rivela per ciò che è, nel secondo caso l’altro è il mio oggetto e non il mio partner. Quello che cambia è il modo di rapportarsi del soggetto e non la realtà circostante. Nella relazione io-tu abbiamo la persona nella sua interezza. Solo nella relazione con l’altro, l’uomo supera l’isolamento e ritrova se stesso come persona. Quello che conta in questo approccio è il “tra”, la relazione e non il soggetto in sé. Solo nel rapporto Io-Tu si realizza la totalità della persona e solo in questo specifico tipo di rapporto l’educatore può rendere veramente presente all’allievo la sua stessa totalità e aiutarlo a svilupparla. 5 Secondo questa impostazione pedagogica non sono né la libertà incondizionata, né la liberazione dagli istinti, né l’autorità del sapere ad essere eventi decisivi nell’educazione. Chi si affida alla vecchia teoria autoritaria non comprende il bisogno della libertà e della spontaneità, misconosce il significato di libertà che è indispensabile, ma non sufficiente, ad una sola vera educazione. La filosofia del dialogo consente una descrizione corretta di ciò che accade realmente. In questo caso l’allievo cresce attraverso l’incontro con il maestro e l’insegnante può così educare gli allievi solo quando è capace di costruire una reale reciprocità tra se stesso e loro. Nella prospettiva della pedagogia dialogica vale il principio dell’accettazione dell’alterità. Nella reciprocità del “pieno essere” educatore ed educando entrano in sintonia. L’accesso alla pienezza interiore dei ragazzi arriva attraverso la partecipazione alla loro vita e l’accettazione della responsabilità che tale partecipazione comporta. Così matura quello che Buber chiama il “grande carattere”, fine ultimo dell’educazione, orizzonte mai pienamente raggiungibile, cioè capacità di autonomia e risposta originale, decisione di fronte alle molteplici situazioni esistenziali (G. Chiosso, 1997: 337). In ambito psicologico, Carl Rogers paragona la relazione io-tu ai momenti di incontro intenso e particolarmente profondo tra cliente e terapeuta. Egli sosteneva, in sintonia con Buber, la valorizzazione dell’apertura al dialogo e all’incontro profondo tra esseri umani in cui sono possibili momenti magici di accettazione, di conferma dell’altro e delle sue potenzialità, indispensabili per l’autoaffermazione (a cura di Kirschenbaum H., Land Henderson V., 2008). Rispetto ai valori assoluti, ipotizzati con pretese di universalità, si affermano quelli del pluralismo, della differenza, del dialogo, costruiti nella contingenza umana e sociale. Rispetto a questo orizzonte normativo, l’educazione prefigura una teleologia formativa che si può sostanzialmente ricondurre ad alcuni precisi vettori. Tra questi spicca il rispetto per l’alterità anzitutto. Si tratta di una fuoriuscita dalla categoria della soggettività, quella che s’impone con un io autosufficiente e autoreferenziale, per scoprire la relazione io-tu destinata non solo a dare il senso dell’identità ma, soprattutto, a rinsaldare il legame costruendo prossimità. La prossimità non è riduzione delle differenze e costruzione di identità al plurale; piuttosto è scoperta della ricchezza antropologica dell’alterità, è costruzione di un orizzonte di co-implicazione e di autentica comprensione. Si privilegiano così attenzione per la diversità culturale e promozione di una politica di partecipazione di gruppi e minoranze interne alla vita sociale. Agendo in questo modo si privilegia quella che chiamiamo intersoggettività. E’ questa una specifica connotazione del rapporto interumano che autori come Karl Otto Apel e Jurgen Habermas propongono in chiave etica. Per Apel si tratta di individuare nei principi della solidarietà e della corresponsabilità il telos che della comunicazione, della socializzazione, della partecipazione e, in ultima analisi, dell’intersoggettività. Per Habermas il problema si pone in termini di costruzione di una nuova razionalità, né forte, né debole, ma eticamente fondata e orientata verso l’azione, ovvero verso un agire pubblico di tipo comunicativo. Con i due autori siamo dinanzi ad un modello filosofico, sociologico, politico, e pedagogico inteso a realizzare, attraverso la comunicazione e l’intersoggettività, l’orizzonte della democrazia. L’intreccio tra questioni di filosofia morale, politica ed educazione sembra estremamente interessante e particolarmente fecondo per l’educazione interculturale. D’altro canto, lo stesso John Dewey, il filosofo della democrazia americana, già nel 1916, nella sua opera dal titolo “Democrazia e educazione”, aveva avanzato una proposta puntuale per corrispondere alle esigenze di una convivenza democratica di un crogiuolo umano come il popolo statunitense, puntando sulla formazione e sulla scuola. Si situa in questa logica l’ipotesi della scuola laboratorio di democrazia, ipotesi che, come è agevole constatare, viene riproposta con tagli diversi non solo in modelli di educazione interculturale, ma anche nelle stesse politiche internazionali, orientate, a proposito della questione nodale della pacifica convivenza tra i popoli, a promuovere l’investimento sul “capitale umano”( R. A. Rossi, 2005: 7-8). 6 Procedura I Lezione - 2 ore Introduzione dell’argomento. Si è spiegato il perché del tema della libertà nel contesto della filosofia politica, cercando di far capire alla classe le divisioni e le specializzazioni esistenti all’interno dei dipartimenti di filosofia nelle università. Questo tipo di approccio è quello che potremmo definire “per problemi” che consiste nel mettere tra parentesi la storia della disciplina per lavorare sugli sviluppi tematici che questa presenta. Si presenta un tema centrale e poi si illustrano posizioni differenti su di esso. Gli studenti hanno così la possibilità di farsi una idea chiara sulle diverse prospettive e su come la libertà, in questo caso, possa essere interpretata all’interno della filosofia politica. Introducendo il tema delle lezioni si è introdotta la filosofia politica che è l’applicazione di un discorso istituzionale (quello della filosofia) al tema della politica. Per politica si intende l’insieme delle interazioni tra gli individui regolate da relazioni di potere. Il potere è presente nella realtà e rappresenta il punto centrale della riflessione politica di orientamento realista. Questo costituisce la risorsa fondamentale cui si deve fare ricorso per assoggettare la volontà altrui. La reciproca implicazione di potere e ostilità è il fondamento sui cui poggia l’intero edificio del realismo politico. Se l’approccio realista rappresenta uno dei filoni della filosofia politica, il secondo filone è quello che definiamo normativo. La riflessione politica non si sofferma sulle cose come sono realmente, ma preferisce spostare l’analisi su come le cose dovrebbero essere, su quale è la migliore costituzione e su come dovrebbe essere una giusta legge e un giusto ordinamento che regoli la vita degli uomini nella comunità politica. II Lezione - 2 ore All’inizio della lezione è stato distribuito ai ragazzi del materiale sui due approcci in filosofia politica con la definizione di realismo politico tratta da un piccolo, ma sostanzioso testo di Pierpaolo Portinaro (Il Realismo Politico) e quella dell’approccio normativo tratta dal testo di Stefano Petrucciani (Modelli di filosofia politica). Abbiamo letto assieme in classe i testi e li abbiamo commentati discutendo. In un secondo momento i ragazzi sono stati invitati a riflettere sul tema della libertà non in senso metafisico (siamo liberi cioè dotati di libero arbitrio? Siamo determinati da leggi superiori che non conosciamo?), ma in senso politico, facendo riferimento a un contesto circoscritto come quello della comunità politica in cui viviamo e quindi della nostra Repubblica. III Lezione – 2 ore In questa lezione è stata introdotta la figura di Isaiah Berlin inquadrandolo nel contesto più generale del liberalismo. I fondamenti filosofici del liberalismo sono stati in primo luogo di tipo giusnaturalistico. Questa concezione è stata quella cui si sono richiamati pensatori come Locke, Montesquieu, Kant e Constant. Proprio Benjamin Constant ha postulato una idea di progresso morale del genere umano che lo portò a concepire la libertà come qualcosa di sacro. Non tutto il pensiero liberale si è basato sul giusnaturalismo e con Jeremy Bentham il liberalismo è stato posto su un piano utilitaristico. A fondamento della politica vi sarebbe l’utilità concreta ed empirica. Questa concezione influenzò un altro grande pensatore annoverabile a pieno titolo nel liberalismo, John Stuart Mill che nel suo saggio sulla libertà scriveva di considerare l’utilità il criterio ultimo in tutte le questioni etiche. 7 Isaiah Berlin con il suo saggio sui “Due concetti di libertà” riportò questo tema al centro del dibattito pubblico. Berlin è un filosofo insolito poiché i suoi scritti sono spesso sbobinature di conferenze o rielaborazioni di appunti presi per prolusioni pubbliche. “Due concetti di libertà” è del 1958 e costituisce il testo della lezione inaugurale tenuta dall'autore nel momento in cui fu chiamato a ricoprire la cattedra di Teoria politica a Oxford. Intento di Berlin era quello di individuare alcune linee di tendenza del pensiero politico europeo esplicitandone i presupposti. Con questa conferenza diede luogo ad un'accesa disputa sulla definizione di libertà e sui diversi sensi in cui tale termine è utilizzato. 4° Lezione – 2 ore In questa lezione ci si è addentrati con i ragazzi all’interno del testo di Berlin affrontando i passi più significativi e le definizioni di libertà di altri autori proposte da Berlin stesso. Il testo ruota attorno alla dicotomia tra libertà negativa e libertà positiva che è ormai considerata classica. Tra i suoi principali divulgatori in Italia troviamo Norberto Bobbio con il suo saggio su “Eguaglianza e libertà”, che ne propone una sorta di conciliazione. Nel suo testo Berlin sembra invece più attento a interpretarle come decisamente distinte. Secondo la definizione di Thomas Hobbes nel Leviatano, un uomo libero è quello cui non s’impedisce di fare ciò che egli ha volontà di fare e, poiché le leggi regolano solo una parte delle azioni degli uomini, la libertà si espleta in tutti gli ambiti non regolati dalla legge. Gli esempi sono vari: scegliersi un’abitazione, il cibo, l’educazione per i figli, vendere e fare contratti con chi si vuole. La libertà negativa sarà quindi tanto più estesa quanto più gli individui potranno governarsi da soli nel maggiore arco possibile di ambiti senza risponderne a nessuno. Berlin ritiene infatti che i sostenitori della libertà negativa come lui non siano interessati a chi deve comandare, ma in quanti e quali ambiti l’individuo sia padrone di agire da solo. Dopo aver illustrato questa prima parte della conferenza, si sono fatti in classe alcuni esempi ai ragazzi di libertà negativa spiegando poi come i filosofi liberali si preoccupino in particolare di difendere l’individuo dall’invadenza del potere dello stato o della comunità. 4° Lezione Seconda parte – 1 ora In questa lezione ci siamo soffermati con i ragazzi sul concetto di libertà positiva leggendo direttamente in classe il testo di Isaiah Berlin che dice: “Quasi tutti i moralisti nella storia umana hanno innalzato lodi alla libertà. Il significato di questo termine, come quello di felicità e di bontà, di natura e di realtà, è così poroso che non c’è praticamente interpretazione che non consenta. Non mi prefiggo di discutere né la storia né i duecento e più sensi di questo termine proteiforme, che sono stati registrati dagli storici delle idee. Mi propongo di esaminare non più di due di questi sensi. Ma si tratta di quelli centrali, che hanno dietro di sé una grande parte della storia umana passata e, oserei dire, anche di quella futura. Il primo di questi due significati politici di libertà che chiamerò seguendo una lunga tradizione, il senso “negativo”, è quello a cui ci si riferisce nel rispondere alla domanda: Qual è l’area entro cui si lascia o si dovrebbe lasciare al soggetto – una persona o un gruppo di persone – di fare o di essere ciò che è capace di essere, senza interferenze da parte di altre persone? Il secondo, che chiamerò il senso positivo, è quello che interviene nella risposta alla domanda: Che cosa, o chi, è la fonte del controllo o dell’ingerenza che può indurre qualcuno a fare, o ad essere, questo invece di quello? Le due domande sono chiaramente diverse, sebbene le risposte possano sovrapporsi”. La lezione si è poi sviluppata prendendo in esame con i ragazzi i filosofi che Berlin cita nel testo che, invece di preoccuparsi di difendere l’individuo, si sono preoccupati di chi doveva governare schierandosi in questo modo dalla parte della libertà positiva. 8 4° Lezione Terza parte - 1 ora Le due libertà illustrate nelle precedenti lezioni si prestano a un piccolo allargamento del discorso che ha consentito di aprire gli orizzonti dei ragazzi nei confronti di un dibattito di filosofia contemporanea. Si fa riferimento alla querelle tra Liberals e Communitarians che risale agli anni Ottanta, e si bassa proprio sulla distinzione tra libertà "positiva" e "negativa". Quest'ultima libertà è intesa come accezione tipica del pensiero liberale. Esiste poi una vasta antologia di temi ricorrenti, cari al pensiero comunitario, quali il rapporto tra la società e l’individuo, il problema della deliberazione e della giustizia, la natura e il fine di una comunità intesa come "cerchia" di riconoscimento, caratterizzata quindi da un certo genere di legami sociali e morali. Questi pochi cenni possono fornire agli allievi gli strumenti per orientarsi anche su tematiche come il multiculturalismo che stanno a metà strada tra discipline come la sociologia e la filosofia politica. L’ultima citazione che si è deciso di fornire ai ragazzi è quella sul “riconoscimento” che Berlin distingue dalla libertà: “Eppure non è con la libertà individuale, né nel senso negativo né in quello positivo del termine, che si può facilmente identificare il desiderio di status e di riconoscimento. Si tratta di qualcosa di cui gli esseri umani hanno una necessità non meno profonda e per cui combattono con altrettanta passione – è qualcosa di simile alla libertà, ma non è proprio la libertà. Anche se implica la libertà negativa per l’intero gruppo, è più vicina alla solidarietà, alla fraternità, alla comprensione reciproca e all’esigenza di associazione in condizione di parità: tutte cose che a volte – ma erroneamente – sono chiamate libertà sociale” 5° Lezione – 2 ore Nell’organizzare il laboratorio di discussione con i ragazzi abbiamo cercato di tenere presenti le raccomandazioni illustrate nel saggio di Chaim Perelman sull’argomentazione. L’argomentare che si richiedeva ai ragazzi nella discussione si distingueva dalla concezione classica della dimostrazione, e più particolarmente dalla logica formale. La logica infatti prende in esame solo i mezzi dimostrativi di prova. Quando occorre dimostrare una proposizione, basta chiarire i procedimenti che abbiamo attuato per ottenerla a partire da elementi di base. Il logico non si occupa da dove vengano gli elementi, se siano pensieri divini, o risultati dell’esperienza. L’argomentazione invece tenta di influire per il tramite del discorso sull’intensità dell’adesione di un uditorio a determinate tesi. In questo caso non si possono trascurare completamente le condizioni psichiche e sociali in cui operiamo. Senza queste condizioni l’argomentazione rimarrebbe senza oggetto o senza risultato poiché l’argomentazione vuole il consenso delle teste delle persone e ha come presupposto una relazione di tipo intellettuale. Non abbiamo fornito ai ragazzi particolari indicazioni e ci siamo limitato a guidare la discussione escludendo temi che coinvolgessero troppo l’uditorio perché carichi di esperienze personali. Il tema era quello della libertà positiva e dei possibili contrasti tra le due libertà. Abbiamo affrontato la questione del Velo islamico per le donne nel nostro paese e in altri paesi cercando di analizzare come le due libertà entravano in gioco in questo caso. Si è poi affrontato il tema dell’interruzione di gravidanza con la libertà dell’obiettore di coscienza contrapposta a quella della persona che si rivolge ai servizi sanitari. Per aiutare i ragazzi nella discussione si è chiesto loro se consideravano i diritti degli individui un fatto “naturale” o il frutto di un mero accordo positivo tra gli uomini. Era il tema già affrontato in passato del giusnaturalismo e del giuspositivismo. Un altro tema affrontato è stato quello dei tributi, il contrasto tra l’individuo che persegue i proprio interessi, “l’attore razionale” direbbero alcuni politologi americani, e la comunità le cui istituzioni per funzionare necessitano di redistribuzione e quindi dei tributi. 9 Valutazione Si è deciso di valutare sia la capacità di intervenire nella discussione e la qualità delle argomentazioni, classificandole come orientate a emozionare l’uditorio o più razionali, sia l’acquisizione dei concetti. Oltre alla valutazione della discussione in classe si è quindi utilizzata una classica prova strutturata. Una volta effettuata la verifica sono stati comunicati i voti che sono stati tutti sufficienti con alcune punte di eccellenza. (2 voti collocati sul 6 e tutti gli altri tra l’8 e il 10). La prova consisteva di tre domande a stimolo chiuso che richiedevano risposte aperte di alcune righe e due domande finali semplici a stimolo chiuso e a risposta chiusa. Tra gli Item più difficoltosi va segnalato il primo, quello sulla filosofia politica e le linee di indagine della disciplina, uno di quelli a cui è stato attribuito il punteggio più alto (3 punti). La verifica: criteri di valutazione Il punteggio totale della prova era di 10 punti e alle prime tre domande sono stati assegnati rispettivamente 3, 2 e 3 punti. Le ultime due a risposta chiusa valevano 1 punto ognuna. Tutti hanno praticamente risposto alle ultime due che sono state inserite proprio per aiutare i ragazzi che erano stati presenti in classe durante le lezioni. Abbiamo inserito tra le domande l’obbligo di presentare alcuni esempi per valutare come gli allievi avevano compreso i concetti e se fossero in grado di applicarli alla realtà di tutti i giorni. Si voleva insomma valutare le capacità degli allievi. Nella valutazione si è poi tenuto conto degli appunti presi in classe durante la discussione. Coloro che hanno partecipato attivamente al dibattito, dimostrando buone capacità, hanno ricevuto un punto in più. Si voleva applicare alla valutazione la prospettiva sistemico-relazionale, per renderla una comunicazione, uno scambio che fa parte del rapporto insegnante-alunno e alunno-alunno. Nel contesto del laboratorio l’insegnante non è stato l’unico elemento valutatore perché la discussione si è spostata seguendo le argomentazioni di tutti gli allievi. La classe ha influito come l’insegnante sull’andamento del laboratorio determinando, in parte, la valutazione finale. Su alcuni argomenti molte ragazze, che non sempre avevano partecipato attivamente alle prime lezioni, sono intervenute nel dibattito con spunti interessanti facendo ricorso ai nuovi contenuti appresi in classe. Vi sono state solo due sufficienze strette, che hanno fruito del punto ulteriore ottenuto grazie alla attiva partecipazione al dialogo guidato in classe. L’intento di questa prova era complementare alla discussione. Quello che si voleva “insegnare” ai ragazzi era sostanzialmente discutere in maniera concreta e rispettosa su temi che dividono la nostra società. La speranza che ha mosso l’intervento didattico è quella di aver insegnato ai ragazzi, in maniera meno pesante e scolastica, l’utilità che riveste l’argomentare, contando sulla propria espressività ma anche sulle proprie conoscenze e capacità di applicare concetti apparentemente astratti alla realtà di tutti i giorni. Risultati della verifica La prova scritta non ha visto gravi insufficienze. I 5 items non erano particolarmente difficili e chi fosse rimasto attento in classe durante le spiegazioni avrebbe potuto rispondere agevolmente. 10 Tra gli Items un po’ insidiosi segnalo il primo, che presentava due richieste: cosa si intende per filosofia politica e i due approcci spiegati in aula. A questo Item sono stati 3 punti, cioè il punteggio più alto assegnato alle domande del test. Una seconda domanda, forse un po’ più complessa, era quella che chiedeva ai ragazzi di illustrare in cosa consistesse la libertà positiva con anche alcuni esempi. Negli appunti distribuiti ai ragazzi c’era la definizione, ma gli esempi erano stati illustrati in classe. Praticamente nessuno ha sbagliato le domande a stimolo chiuso e risposta chiusa a cui sono stati assegnati 1 punto per ciascuna. La valutazione che interessava di più al tirocinante e al professore in queste lezioni era comunque quella sulla capacità di concettualizzare i temi delle filosofia e farli propri. La capacità di argomentare in un dibattito è stata poi particolarmente apprezzata. Le impressioni emerse dagli appunti sono state consegnate al professore che le avrebbe poi utilizzate anche successivamente. Riguardo alla concettualizzazione si ritiene che non esista una riflessione filosofica senza la trasformazione di nozioni in concetti. La nozione ha un rapporto con il linguaggio, perché si esprime con le parole; con il pensiero, perché rimanda a un concetto e con la realtà, perché il concetto è un oggetto del pensiero che riguarda il mondo (E. Ruffaldi, 1999: 211-213). Fattibilità La messa in opera di questo genere di lezioni non è difficoltosa. Molti studenti e studentesse sentono il bisogno di esprimere ciò che pensano e di essere ascoltati. L’abitudine ad essere prima di tutto attori da parte dei futuri cittadini richiede uno sforzo da parte della scuola che, in questo caso, può essere assolto senza troppe difficoltà. La fattibilità del progetto dipende da molte variabili: l’interesse per il tema (le questioni bioetiche sono una questione che solitamente desta grande attenzione) e una situazione non troppo conflittuale in classe. L’unico vero rischio è che la discussione degeneri in invettive e prese di posizione caricate di esperienze pregresse che poco hanno a che fare con i temi scelti e con la finalità di attivare un laboratorio di democrazia applicata. 11