Domenica 9 Novembre - Diocesi di Trivento

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Domenica 9 novembre 2014
DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE
Ezechiele 47, 1-2.8-9.12 / 1Corinti 3, 9c.-11.16-17 / Giovanni 2, 13-22
La Basilica Lateranense, cattedrale della Chiesa di Roma, costruita da Costantino al
tempo di Papa Silvestro 1 (314-335), è ritenuta madre di tutte le chiese dell’Urbe e
dell’Orbe. L’anniversario della sua dedicazione, celebrato originariamente solo a Roma,
si commemora da tutte le comunità di rito romano e ambrosiano.
La celebrazione passa ovviamente al di là della dimensione spaziale ed estetica
dell’edificio per cogliere in esso il segno della Chiesa di Roma. Essa, che presiede alla
carità di tutte le Chiese, è riferimento e confronto sicuro per la genuinità e la crescita
della nostra fede. Sulla sua cattedra siede il successore di Pietro, roccia su cui è
edificata la Chiesa, chiamato da Cristo a confermare la fede dei fratelli. Il “Pietro” di
oggi è Papa Francesco
Questa festa è occasione preziosa per rispondere alla domanda continua di preghiera
da parte di Papa Francesco e rinnovare la consapevolezza della nostra comunione, per
approfondire la nostra vita di Chiesa locale in comunione col Vescovo, per verificare il
nostro impegno nel piano pastorale diocesano e la nostra partecipazione alla
dimensione ministeriale, carismatica e missionaria di questa realtà fondamentale della
fede cristiana.
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EZECHIELE 47, 1-2.8-9.12
In quei giorni, [ un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse
all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua
verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua
scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare.
Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno,
fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato
destro. Mi disse: “Queste acque scorrono verso la regione orientale,
scendono nell’araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le
acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà:
il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque,
risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su
una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non
appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché
le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le
foglie come medicina.
PAROLA DI DIO
Il profeta vede scaturire dal tempio acque meravigliose, che talmente risanano le
acque del mare da garantire la vita ad ogni essere vivente : dovunque arriva questo
torrente, lì scoppia la vita. Sulle due rive prospereranno alberi da frutto di ogni specie:
sempre verdi le loro foglie, i loro rami sempre carichi di frutti, e questi matureranno
non una volta o due all’anno ma tutti i mesi, e se i frutti serviranno come cibo anche le
foglie saranno preziose, perché serviranno da medicina. La ragione di questa ricchezza
sta tutta nel fatto che queste acque sgorgano dal santuario.
Si tratta di una visione profetica, la quale vedrà il suo compimento nella pienezza dei
tempi: il nuovo tempio, che rimane per sempre, è il Corpo di Cristo, da cui sgorga lo
Spirito, fonte di vita inesausta e feconda. Da questo Spirito vengono la purificazione e il
risanamento delle anime; e per lui maturano incessantemente i frutti della grazia.
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1 CORINZI 3, 9c.-11.16-17
Fratelli, voi siete edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io
ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia
attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso
da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio
di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio,
Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
PAROLA DI DIO
L’apostolo Paolo scrive ai Corinzi e, parlando della Chiesa, dà rilievo plastico al suo
pensiero: dopo aver presentato l’immagine della piantagione [ voi siete campo di Dio],
aggiunge, senza soluzione di continuità, una seconda allegoria della Chiesa: voi siete
edificio di Dio.
L’immagine è già conosciuta nell’AT: “sradicherò anche la casa di Giuda di mezzo a
loro” (Ger 12,15), “li ricondurrò in questo paese, li edificherò e non li abbatterò” (Ger 24,6).
Anche la comunità di Qumran si definiva come edificio santo dell’Altissimo.
La edificazione della Chiesa avviene con la collaborazione di molti secondo la grazia di
Dio data a ciascuno; devono però essere rispettate le regole della costruzione
conformemente al disegno di Dio, perché non c’è altro fondamento al di fuori di Gesù
Cristo : quindi non Mosè, non la Legge ebraica, non la sapienza greca, non la persona di
questo o di quell’altro apostolo, ma solo Gesù Cristo.
Dopo aver evocato la responsabilità dei costruttori di quel tempio che è la comunità,
l’apostolo ritorna sulla responsabilità di “quelli che sono stati edificati”, cioè dei
Corinzi: sono loro che hanno grande responsabilità verso il tempio di Dio, di cui fanno
parte. Più oltre, in un contesto diverso, Paolo dirà che i singoli cristiani sono tempio di
Dio e dello Spirito Santo (1Cor 6,19). Ma qui l’immagine del tempio è riferita alla
comunità nella quale abita lo Spirito, il quale si comunica ai singoli nell’istante in cui
essi vengono a far parte di essa. La simbologia del tempio disegna sulla comunità un
carattere sacro e inviolabile, sottraendola al dominio dei singoli: è proprietà di Dio.
Perciò gli attentati contro la sua integrità (e il pensiero va alla divisioni) sono un
attentato contro Dio stesso, che li punirà alla stregua degli attentati contro la santità
del tempio (cf 2Macc 3,23-30).
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GIOVANNI 2, 13-22
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i
cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del
tempio, con le pecore e i buoi; gettò e terra il denaro dei cambiamonete e ne
rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste
cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si
ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per
fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre
giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “ Questo tempio è stato
costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli
parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi
discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura
e alla parola detta da Gesù.
PAROLA DEL SIGNORE
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La parola “Pasqua”, ricordata nell’esordio (2,13) e ripresa subito dopo l’episodio (2,23:
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva,
credettero nel suo nome) prepara il lettore a vedere la Pasqua cristiana sovrapporsi alla
festa d’Israele: il testo si richiamerà due volte alla risurrezione di Gesù (vv. 19.22).
In questo racconto è facile cogliere il simbolo del passaggio dall’ordine cultuale
(sacrifici di buoni e di pecore) ad un ordine che coinvolge direttamente la persona.
D’ora in poi la riconciliazione di Israele non si compirà più mediante sacrifici prescritti
dalla Legge, ma mediante il dono che Gesù fa di se stesso.
La frase di Gesù , costruita su un’opposizione tra “casa del Padre mio” e “casa di
mercato”, richiama certamente la finale del libro di Zaccaria: “In quel giorno non vi sarà
neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti” (Zac 14,21).
Il racconto di Giovanni registra una doppia reazione. I discepoli lo giudicano un gesto
coraggioso e ricordano il salmo 69,10 (Mi divora lo zelo per la tua casa). La modifica del
tempo del verbo “divorare” – non più al presente, ma al futuro [mi divorerà] – nel
racconto dell’evangelista pare preannuncio della morte di Gesù.
I “giudei”, invece, intervengono per chiedere una prova che legittimi il gesto
compiuto. Nella tradizione evangelica la richiesta di un segno equivale ad esigere un
miracolo spettacolare che dispensi dalla fede. In realtà, l’atteggiamento degli
interlocutori dimostrerà che essi sono refrattari alla sua parola.
Gesù risponde proponendo qualcosa che potrebbe essere inteso come un segno di
straordinaria potenza: la ricostruzione in tre giorni dell’edificio distrutto. Il lettore, che
sa di che cosa sta parlando Gesù, può cogliere qui una eco del detto sinottico in cui
Gesù, provocato a produrre un “segno”, dichiara: “In quanto al segno [a questa
generazione] non sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta” (Mt 12,39).
Ma per quanto sia una specie di segno ciò che viene annunciato, tutto è rinviato ad un
tempo futuro. Gesù non soddisfa direttamente la richiesta dei giudei, ma annuncia due
eventi: la distruzione del santuario e la ricostruzione.
“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.
Certamente la frase di Gesù corrisponde a quello che annunciava il segno del profeta
Giona. Il Tempio di pietra simboleggia il corpo di Gesù di Nazareth. Gesù parlava del
tempio del suo corpo. E in realtà, i discepoli dopo la Pasqua richiamano alla memoria la
parola di Gesù per trovarci una chiave che consenta di cogliere che Gesù vivente è il
nuovo Tempio nel quale essi comunicano col Padre stesso. Non ha infatti affidato a
Maria Maddalena il messaggio: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio
vostro”? In altre parole, se la distruzione del Tempio simboleggia la morte di Gesù, il
Risorto rimanda – per rischiarare il suo proprio mistero – al Tempio definitivo quale
Israele lo comprendeva e lo aspettava.
Dopo la distruzione effettiva di Gerusalemme e del Tempio nell’anno 70, sorge la domanda:
dopo la scomparsa del santuario la Presenza dove ha il suo “luogo”, dove la vedi, dove la
incontri?
Il giudaismo dell’epoca, in un profondo slancio di fede, ha pensato di riconoscere e di fissare
tale presenza nel dono inalienabile della Legge, giudicato superiore alla stessa preghiera.
Per i cristiani, i quali avevano continuato a frequentare assiduamente il Tempio per la preghiera
(At 2,46), la risposta fu diversa: il Signore risuscitato si rendeva presente in mezzo a loro
quando si trovavano radunati per celebrare la sua memoria.
Nel Vangelo di Giovanni il verbo “ricordarsi” [i suoi discepoli si ricordarono] si riferisce a un
approfondimento della fede in Gesù, secondo l’annuncio dato dal Maestro: Il Paraclito, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà tutto e vi ricorderà tutto ciò che
io vi ho detto (14,26). I discepoli si ricordarono … e credettero alla Scrittura e alla parola detta da
Gesù.
Gesù, mediante il simbolo del Tempio, rivela, assieme al suo itinerario pasquale, anche
il frutto che ne conseguirà: attraverso la risurrezione viene rinnovato il Tempio di
Israele. In Gesù risuscitato dai morti Dio è definitivamente presente agli uomini e gli
uomini definitivamente presenti a Dio. Il nuovo Tempio è Gesù vivente e glorificato.
(cf Xavier Leon-Dufour, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, San Paolo 1990)
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O Padre,
che prepari il tempio della tua gloria con pietre vive e scelte,
effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito,
perché edifichi il popolo dei credenti
che formerà la Gerusalemme del cielo.
O Dio,
che hai voluto chiamare tua Chiesa la moltitudine dei credenti,
fa’ che il popolo radunato nel tuo nome ti adori, ti ami, ti segua,
e sotto la tua guida giunga ai beni da te promessi.
Per mezzo della Chiesa, Corpo mistico del Cristo, lo Spirito effonde, come da fonte
inesausta, verità, amore e speranza per l’umanità intera.
Senti palpitare dentro di te la gratitudine dal momento che sei, senza tuo merito, in
questa Chiesa?
E avverti la nostra enorme responsabilità, dal momento che è attraverso di noi tutti
che il dono di questa ricchezza arriva agli uomini del nostro tempo?
All’edificio che è la tua vita, che è la tua famiglia, che è la tua comunità, non puoi
porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Rifletti seriamente: Gesù Cristo è al fondamento della tua vita personale? ti impegni
perché sia al fondamento della tua famiglia? Lo vivi come fondamento della tua
comunità di fede?
L’apostolo Paolo fa ad ogni uomo e donna che hanno ricevuto il Battesimo questa
domanda molto seria: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita
in voi?”. Un monito contro tutte le profanazioni del corpo, dalla prostituzione alla
pornografia, ai peccati sessuali, alle esagerazioni della cura fisica ed estetica.
Ogni credente è impegnato ad essere una “pietra viva” dell’”edificio spirituale” che è la
Chiesa corpo di Cristo. Non diventare un “punto di debolezza” o un “punto di frattura”
nell’”edificio” della Chiesa!
Gesù domanda, con forza, di non fare della casa del Padre suo un mercato.
Nel tuo rapporto col Signore c’è troppa ricerca di benefici, interessi, ecc. ?
Pensa alla tua preghiera: ti ritrovi spesso, o anche sempre, a chiedere cose materiali ?
La risurrezione di Gesù (il segno del profeta Giona) è il grande segno che garantisce
l’autorità di Gesù dinanzi alla tua vita?
È la luce che illumina i tuoi dubbi? è la risposta a tante tue domande ?
È il punto di forza della tua fedeltà ?
Scrive l’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto: Se Cristo non è risorto, vana è la vostra
fede e voi siete ancora nei vostri peccati … Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo
soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece,
Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti (1Cor 15,17-20).
C’è, nella tua vita, questo punto di forza?
Il Signore risuscitato si rende presente in mezzo a noi cristiani soprattutto quando,
nella festa della Domenica, ci troviamo radunati per celebrare l’Eucaristia.
Anche se non è visibile ai nostri occhi, siamo certi nella fede che Egli è con noi, in
mezzo a noi, e noi riviviamo quanto racconta Giovanni: Gesù stette in mezzo e disse
loro: “Pace a voi!” e poi: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20, 1922). Prega, per crederci davvero!
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