Prospettive Recenti Prog Med 20; 02: -3 Autoanticorpi anti-Golgi: anche l’occhio vuole la sua parte Serenella Valaperta, Claudia Alpini2, Maria Grazia Bottone3, Marta Monari, Roberto Assandri, Alessandro Montanelli Riassunto. Le nuove biotecnologie rendono disponibili in automazione un elevato numero di informazioni diagnostiche. Lo studio di casi con anticorpi anti-Golgi offre lo spunto per discutere il ruolo della tradizionale immunofluorescenza indiretta e per confermare come la collaborazione tra clinica e laboratorio sia irrinunciabile presupposto per un concreto progresso in ambito diagnostico. Summary. Anti-Golgi antibodies: let me look around. The new biothechnologies will be available a large number of diagnostic datas. The study of clinical cases with antibodies-anti-Golgi provides an opportunity to discuss the role of traditional approach by indirect immunofluorescence investigation. The strong collaboration between clinician and laboratory is the only possibility for a real progress. Parole chiave. Autoanticorpi, complesso di Golgi, golgine, immunofluorescenza indiretta. Key words. Autoantibodies, Golgi complex, golgins, indirect immunofluorescence. Introduzione L’apporto della immunofluorescenza indiretta La maggior parte delle malattie autoimmuni sistemiche (MAIS) è caratterizzata dalla presenza in circolo di autoanticorpi diretti verso un’ampia gamma di costituenti cellulari (nucleari, citoplasmatici, della membrana) ed extracellulari1. La ricerca di questi autoanticorpi costituisce di fatto lo strumento operativo utilizzato dal clinico per diagnosticare, classificare e valutare il decorso della malattia. In particolare, nell’ambito dei protocolli diagnostici, la ricerca degli anticorpi anti-nucleo (ANA) è a tutt’oggi il test di prima scelta, anche se rimane certamente questione aperta la sua scarsa sensibilità, proprio nel ruolo di test di screening, qualora eseguito in immunofluorescenza indiretta (IFI). Questa carenza, da alcuni Autori stimata addirittura pari al 18% dei casi1, ha indotto alcuni laboratori ad abbandonare la IFI quale primo passo del percorso diagnostico, riservandola come secondo passaggio qualitativo-descrittivo ai soli campioni risultati positivi alle indagini che, avvalendosi delle nuove biotecnologie (immunoassays, microarrays, nanotecnologie, etc.), sono in grado di identificare, nell’ambito di una unica seduta analitica, un elevatissimo numero di autoanticorpi e biomarker in genere. Nasce pertanto l’interesse di qualche riflessione in merito a quale apporto possa ancora essere offerto da una procedura analitica spiccatamente descrittiva ed operatore-dipendente quale la IFI, a fronte delle caratteristiche di elevato livello informativo, identificativo e di elevata automazione proprie delle nuove tecnologie, peraltro a tutt’oggi gravate da una scarsa accuratezza diagnostica2. Abbiamo, a tal fine, preso in esame l’esperienza maturata in merito alla gestione analitico-diagnostica di una casistica di quadri microscopici di IFI osservati su campioni per i quali i clinici avevano richiesto la ricerca degli ANA, risultata come tale negativa, campioni, tuttavia, che hanno posto in evidenza positività citoplasmatica rivolta verso strutture dell’apparato del Golgi. Questi campioni, dopo il riscontro della tipica immagine con positività fluoroscopica localizzata a margine del nucleo, sono stati sottoposti a successiva indagine mediante tre tecniche non convenzionali non disponibili in commercio, che hanno confermato una specificità anticorpale rivolta verso antigeni strutturali propri del complesso di Golgi. 1. L’osservazione in microscopia confocale di cellule Hep-2 ha posto in evidenza l’assoluta colocalizzazione degli Abs presenti nei sieri in esame (figura 1a: fluorescenza verde) e dell’anticorpo commerciale ([Molecular Probes] anti-golgina: figura 1b fluorescenza rossa). 2. Il confronto dei cromatogrammi del marcatore commerciale anti-Golgi con quelli dei sieri in esame ha evidenziato una perfetta sovrapposizione dei picchi, a conferma dell’effettiva analogia di specificità degli Abs (figura 2). 3. L’indagine in Western blot degli emolisati di cellule Hep 2 cimentate con i sieri in esame ha documentato la presenza di bande di precipitazione riferibili a strutture con peso molecolare analogo a quello delle golgine. Laboratorio Analisi Cliniche, IRCCS Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Milano); 2Laboratorio Analisi Chimico-Cliniche, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia; 3Dipartimento di Biologia Animale, Laboratorio di Biologia cellulare e Neurobiologia, Università, Pavia. Pervenuto il 21 giugno 2010. 2 Recenti Progressi in Medicina, 02 (), gennaio 20 servato in microscopia elettronica, acquisisse la piena dignità di apparato cellulare e la definitiva designazione di apparato o complesso di Golgi3. Esso è localizzato nella regione perinucleare di diverse cellule dei mammiferi, è caratterizzato da una stratificazione di membrane organizzate e svolge una funzione fondamentale nel trasporto e nella selezione delle proteine di recente sintesi ad opera del reticolo endoplasmatico rugoso4. Negli ultimi vent’anni, alla famiglia delle proteine che a b ne costituiscono la struttura Figura . Immagine in microscopia confocale di cellule Hep-2 in presenza di uno dei sieri in esame ed alle quali viene ricono(a, fluorescenza verde) e in presenza dell’ anticorpo commerciale (Molecular Probes) anti-golgina (b, fluorescenza rossa). I nuclei sono stati controcolorati con Hoechst 33258 (fluorescenza blu) sciuto il ruolo di complesso antigenico, è stato dato il nome di golgine5; tra di esse vengono annoverate la giantina/macrogolgina/GCP372, la golgina-245/p30, la golgina-160/GCP170, la golgina95/gm130, la golgina97,115 e la golgina-671. Gli anticorpi anti-Golgi (AGA) sono stati riscontrati in corso di malattie sia autoimmuni (sindrome di Sjögren, artrite reumatoide, malattia mista del connettivo) sia infettive (infezione da HIV)4, ed hanno evidenziato specificità verso un gruppo di proteine marcatamente eterogenee6. Sono altresì segnalate positività “transitorie”, legate in particolare alla terapia con interferone peghilato, durante il trattamento dell’epatite da HCV7. Gli AGA sono comunque considerati rari: la loro presenza nell’ambito delle MAIS è stimata <1%1. La presenza degli AGA, per certi versi, può essere consiFigura 2. Cromatogrammi del marcatore commerciale anti-Golgi e di sieri in esame: il raffronto derata un riscontro a margievidenzia sovrapposizione dei picchi a conferma della colocalizzazione dei due marcatori (c, d ne: infatti avviene a seguito fluorescenza arancio). della richiesta di ricerca degli ANA e pertanto la loro segnalazione può forse esseGli anticorpi anti-Golgi re un’informazione ridondante, in quanto non richiesta. Peraltro, il quadro fluoroscopico degli AGA In merito all’apparato del Golgi, vale la pena riè molto caratteristico: su Hep-2 si presenta come cordare che da quando – nell’aprile del 1898 – Caun’intensa fluorescenza lamellare e granulare in millo Golgi comunicò alla Società Medico-Chiruruna regione adiacente il nucleo. Proprio per quegica di Pavia la scoperta di un nuovo “apparato resto, per l’operatore di laboratorio che esamina i preticolare interno” osservato nelle cellule del sistema parati in IFI è divenuto un riscontro, seppur raro, nervoso grazie all’impregnazione con argento, ci sospecifico e significativo, meritevole quindi di essere descritto nel referto. no voluti più di 50 anni perché questo apparato, os- S. Valaperta et al.: Autoanticorpi anti-Golgi: anche l’occhio vuole la sua parte Le valutazioni qualitative e/o descrittive, quali quelle espresse sui preparati sottoposti ad esame fluoro-microscopico, pur con i limiti posti dal fatto di essere operatore-dipendente, offrono interessanti spunti che sovente non restano isolati episodi descrittivi, ma danno vita a correlazioni con i quadri clinici, correlazioni che sono diventate importanti supporti nella definizione dei criteri diagnostici e/o prognostici di numerose malattie. Gli AGA e la gestione clinica del paziente A questo punto, al di là di ogni argomentazione strettamente tecnico-scientifica e tanto più in un momento in cui in medicina si pone l’accento soprattutto sull’appropriatezza, pare giusto chiedersi: “il riscontro e relativa refertazione degli AGA è di provata validità clinica e può influenzare la gestione clinica del paziente?”. Nel caso specifico degli ANA investigati in IFI su Hep-2, riteniamo che l’osservazione di un quadro di positività in area citoplasmatica, per certi versi considerato “eterodosso”, non possa e non debba comunque essere ignorato e/o scotomizzato e debba pertanto essere descritto. La totale concordanza di risultato tra lo step di screening (IFI) e le successive indagini di conferma, documenta la ottima specificità – certamente favorita in questo caso dalle peculiarità morfologiche proprie del quadro degli AGA – dell’indagine fluoroscopica. Sul piano clinico, i casi di positività per AGA da noi osservati sono stati ricondotti e/o associati alle seguenti diagnosi: 1 caso di malattia di Sjögren, 4 casi di infezione da HCV in terapia con interferone, 1 caso pediatrico di febbre ricorrente di ndd (quest’ultimo positivo in specifico per anti-giantina). Pare opportuno a questo punto riformulare la domanda iniziale; ed è “onesto” rispondere: al momento forse no. O quantomeno: poco ne sappiamo. È però altrettanto importante ricordare che per alcuni Autori «l’interesse per gli AGA sta nel fatto che, qualora presenti ad alto titolo, costituiscono un segnale precoce di malattia autoimmune sistemica, anche in assenza di chiare manifestazioni cliniche»8. Per chi opera nella diagnostica non è una sorpresa: ancora una volta la sensibilità si scontra con la specificità. Nessuno può illudersi che esista un unico marcatore sierologico patognomonico di malattia e con sensibilità e specificità assolute, ma tutti possiamo cercare di finalizzare ogni informazione disponibile al miglioramento della valutazione diagnostica e prognostica, ed in ultima istanza, anche dell’approccio terapeutico del paziente. È indubbio che l’automazione delle procedure analitiche e la possibilità di refertare un risultato di laboratorio in forma di dato quantitativo costituiscono un presupposto fondamentale per perseguire importanti traguardi in termini di standardizzazione, di confronto e, non ultimo, di “condivisione di criteri e percorsi diagnostici e terapeutici” ma – in attesa della standardizzazione della “valanga di informazioni” che potranno essere rese disponibili dalle implementazioni delle nuove piattaforme biotecnologiche in campo diagnostico – osservazione e refertazione di un quadro fluoroscopico positivo per au- to-anticorpi citoplasmatici, peculiarmente anti-Golgi, sono non solo opportune, ma eticamente doverose e ricadono nella responsabilità dell’esaminatore. Gli sviluppi clinici susseguenti sono invece condizionati dal livello di collaborazione professionale che intercorre tra il clinico ed il laboratorista: mai come in questo caso, infatti ,“l’unione fa la forza”, nell’interesse del paziente. È da tale proficua collaborazione che sono nati, sono stati sviluppati e convalidati i criteri e i percorsi diagnostici in essere. Altrettanto potrà avvenire per la definizione del ruolo degli autoanticorpi anti-Golgi, ma per realizzare ciò dobbiamo continuare costantemente e rigorosamente a descriverli e a porli in relazione con il quadro clinico. L’occhio dell’operatore è ancora importante: riconosciamogli quindi i giusti meriti. Infine, un invito alle aziende produttrici dei materiali diagnostici: benché rari, non lasciate gli anti-Golgi orfani. Ovvero: pur consapevoli che non possa essere una linea diagnostica rivolta a grandi numeri, auspichiamo la disponibilità di kit commerciali che, successivamente al riscontro fluoroscopico, possano consentire routinariamente il passo diagnostico di approfondimento e/o di conferma, sul modello di quanto già avviene in laboratorio a favore degli ANCA. Bibliografia 1. Fritzler MJ. The clinical paradox of esoteric and novel autoantibodies. In: Conrad K, Chan EKL, Fritzler MJ, Humbel RL, von Landenberg P, Shoenfeld Y (eds). From pathogenesis to therapy of autoimmune diseases. Proceedings 9th Dresden Symposium on Autoantibodies on September 2-5, 2009. Pabst Science Publishers 2009; p. 71-87. 2. Fritzler MJ, Fritzler ML. The emergence of multiplexed technologies as diagnostic platforms in systemic autoimmune diseases. Curr Med Chem 2006; 13: 2503-12. 3. Mazzarello P, Garbarino C, Calligaro A. How Camillo Golgi became “the Golgi”. FEBS Lett 2009 Oct 13. 4. Stinton LM, Eystathioy T, Selak S, Chan EKL, Fritzler J. Autoantibodies to protein transport and messenger RNA processing pathway: endosomes, lysosomes, Golgi complex, proteasomes, assemblyosomes, exosomes, and GW bodies. Clin Immunol 2004; 110: 30-44. 5. Barr FA, Short B. Golgins in the structure and dynamics of Golgi apparatus. Curr Opin Cell Biol 2003; 15: 405-13. 6. Kooy J, Toh BH, Gleeson PA. Heterogeneity of human anti-Golgi auto-antibodies: reactivity with components from 35 to 260 kDa. Immunol Cell Biol 1994; 72: 123-27. 7. Paranà R, Schinoni MI, de Freitas LA, Codes L, Cruz M, Andrade Z, et al. Anti-Golgi complex antibodies during pegylated-interferon therapy for hepatitis C. Liver Int 2006; 26: 1148-54. 8. Bizzaro N, Pasini P, Ghirardello A, Finco B. High anti-Golgi autoantibody levels: an early sign of autoimmune disease? Clin Rheumatol 1999; 18: 346-48. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Serenella Valaperta IRCCS Istituto Clinico Humanitas Laboratorio Analisi Cliniche Via Manzoni, 56 20089 Rozzano (Milano) E-mail: [email protected] 3