FOLIGNO - VI FESTA SCIENZA-FILOSOFIA 2016 SUL TEMA “SAPERE AUDE”
www.festascienzafilosofia.it
L’edizione 2016 della “Festa di Scienza e Filosofia”, tenutasi a Foligno nel 2016, ha visto una gran quantità di
ospiti illustri che hanno presentato una straordinaria varietà di interventi. Grande successo di pubblico e
mediatico hanno accompagnato anche questa edizione. Sotto la direzione del Professor Pierluigi Mingarelli,
affiancato da uno stupendo staff, i lavori si sono svolti praticamente in tutta la città, valorizzandone i pregi
artistici e storici.
La nostra presenza nella manifestazione, segnalata anche sul numero di Aprile 2016 della prestigiosa rivista
“Le Scienze”, è stata centrata sulla correlazione tra gli aspetti euristici, tecnico-operativi e comunicativodidattici della funzione del coraggio di osare nella storia del sapere.
In linea con la nostra ricerca e con i nostri orientamenti culturali, abbiamo sottolineato come e perché
l’impostazione della “Terza Cultura” risulta per noi la più appropriata e la più incisiva a tal fine.
Per
un
documento
pressoché
https://youtu.be/8R7LvAq3-R8
integrale
del
nostro
intervento
si
veda
all’URL
Saper osare: euristica, tecnica e didattica alla prova
ABSTRACT
Saper osare, nella costruzione della conoscenza (euristica), nella sua trasmissione (didattica), nella sua
incarnazione (tecnica), non è atto di superbia e arroganza, ma professione di cautela e umiltà, disponibilità
al confronto (con la realtà e con gli altri) e apertura a possibili contraddizioni e smentite.
L’autentico coraggio di sapere nasce dalla consapevolezza dei limiti delle proprie risorse (non dalla
presunzione di una loro sovrabbondanza), risorse di tempo, di mezzi materiali e concettuali, di opportunità.
E nasce altresì dalla volontà di affrancarsi da una minorità che, per viltà o per pigrizia, ci fa preferire la rinuncia
e la delega all’“ipse dixit”.
Molte ragioni storiche ed etiche possono essere chiamate a sostenere tale posizione.
L’avventura della conoscenza intrapresa con tale spirito sincero porta a superare dualismi obsoleti e limitanti.
Dalla vecchia diatriba tra chi sostiene l’origine “interna” (idealismo, convenzionalismo, rappresentazionismo,
costruttivismo…) e chi quella “esterna” (realismo), a quella della divisione tra umanesimo e scienza, in nome
rispettivamente di un’interazione dinamica e complessa tra interno e esterno, e di una cultura in cui tutte le
forme di espressione si corrispondono e si interpretano a vicenda.
Arti figurative, letteratura, musica hanno portato molta acqua al mulino della conoscenza e vi hanno attinto.
Anch’esse hanno richiesto coraggio nei momenti di rinnovamento. Intendiamo presentare e illustrare alcuni
momenti storici nodali di tali rinnovamenti, colti soprattutto nella rete di connessioni tra il versante
scientifico e quello artistico.
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Per illustrare questi concetti, proponiamo quindi un percorso multimediale, storico-scientifico, filosofico,
artistico, pedagogico, in linea con quanto sopra, per illustrare il valore del coraggio di osare conoscere, di
cercare, costruire, trasmettere, condividere la conoscenza. Immagini, parole, suoni che ci auspichiamo
possano riverberare nel pensiero altrui e possano attivare riflessioni e dialoghi.
Concetti chiave:
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Rapporto tra euristica, didattica e tecnica
Genesi, natura e implicazioni etiche della scienza
Aspetti storici e filosofici dell’impresa scientifica
Terza cultura: interdipendenza di scienza, arte, filosofia, letteratura…
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La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso" (Albert Einstein)
FULL TEXT
“Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è
perché non osiamo che sono difficili.” (Seneca)
“Si potrebbe fissare un prezzo per i pensieri. Alcuni
costano molto, altri meno. E con che cosa si pagano i
pensieri? Credo con il coraggio.” (L. Wittgenstein)
“L’uomo non può scoprire nuovi oceani, se non ha il
coraggio di perdere di vista la riva.” (André Gide)
"Non il possesso della conoscenza, della verità
irrefutabile, fa l'uomo di scienza, ma la ricerca critica,
persistente e inquieta della verità" (Karl Popper)
“Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo
sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci
intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i
risultati del pensiero di altre persone. Non lasciamo che il
rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce
interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo
avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra
intuizione. In qualche modo, essi sanno cosa vogliamo
realmente diventare. Tutto il resto è secondario” (Steve
Jobs)
Ha ragione Steve Jobs, grande interprete del suo e nostro tempo, prima che grande imprenditore (forse è
stato la seconda di queste due cose grazie alla prima), ha capito ed espresso il senso profondo dell’avventura
della vita e della conoscenza, così strettamente intrecciate… La chiave è farsi carico, oneri e onori, delle
proprie capacità di pensiero e di decisione, di non sfuggire alla centralità del proprio esistere.
Il pensiero di Jobs non è però un’invenzione estemporanea: si pone sulla linea di altri grandi prima di lui.
“Fatti non foste a viver come bruti”, così l’Ulisse dantesco suscita il coraggio dei suoi per oltrepassare le
Colonne d’Ercole, non importa a quale costo. Le “sensate esperienze” e i “certi ragionamenti” di Galileo
permettono di superare più di un millennio di sudditanza all’“ipse dixit” e di conseguente immobilismo.
“Sapere aude” esorta Kant, unica via per uscire dall’infanzia tanto individuale che collettiva. Sia pure in una
diversa accezione, questo invito risuona già in Orazio. E Ricoeur esalta la “Scuola del sospetto” e i suoi
maestri: Marx, Nietzsche, Freud. Il sospetto è dato dallo svelamento della natura non assoluta della verità.
Marx ci dice: “Attenti, ciò che vi viene dato per verità non è altro che ideologia di parte, camuffata per
dissimulare la propria natura, un’invenzione della classe dominante per mantenere lo status quo nel proprio
interesse.” Nietzsche: “L’uomo non è poi quella gran cosa che si crede, non si accorge che ciò di cui si vanta,
la sua umanità, è il suo limite, qualcosa che è e rimane umano, troppo umano. La verità o che ciò che si
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presume tale è una costruzione fragile, con i piedi di argilla.” Freud: “Uomo, per sapere chi sei non ti basta lo
specchio, dove si riflette la facciata dell’Io. La verità è una razionalizzazione, un sistema di difesa dell’Io. Ti
serve il coraggio di infrangere questa bella crosta e di affondare le mani nel torbido dell’Inconscio che c’è
sotto.” Il filo rosso che li lega è il valore del pensiero autonomo, critico, spregiudicato (in senso letterale). È
qui che si dissolvono i confini tra letteratura, scienza, filosofia, arte…
Se vogliamo c’è in tutto questo una sorta di storia dell’Umanesimo, che non è un’etichetta da appiccicare a
una stagione della cultura con tanto di data di inizio e fine, magari facendolo coincidere con un breve
Rinascimento che traghetta il Medioevo nella Modernità. Umanesimo va qui inteso nell’accezione di
affermazione del soggettivismo. Soggettivismo come presa in carico delle proprie risorse personali (cognitive,
emotive, esistenziali…) e delle proprie responsabilità etiche. Soggettivismo come senso di identità che si
esprime come “Io penso”, ma anche come “Io sento”, “Io faccio”, “Io dico”… Questa conquista del senso di
soggettività è stata un propulsore formidabile per la cultura e per la scienza in particolare. Unico rischio:
assolutizzare l’io rispetto al noi, credersi con presunzione e arroganza il centro e il vertice di tutto. La
soggettività deve invece essere punto di partenza e di ritorno continuo per tessere la rete del dialogo, del
confronto, della collaborazione.
La conoscenza è da sempre il nostro unico modo e mezzo per rapportarci con il mondo. Lo iato dell’astrazione,
dell’oggettivazione, che il pensiero si prende nei riguardi del mondo è il link tra noi e il mondo. La connessione
è stretta, c’è un’integrazione reciproca tra noi e il mondo, tra noi e gli altri (la lezione della fenomenologia
non è passata invano), ma la via del pensiero è e rimane obbligata. La “spina” della conoscenza non può
essere “staccata”, ma solo l’uomo coraggioso, che sa osare, vive con la pienezza della consapevolezza e della
volontà questa condizione. Immaginare un mondo altro oltre le Colonne d’Ercole, dirigervi la prua della barca,
qualunque cosa ci sia di là. “Hic sunt leones” dicevano i romani delle terre sconosciute, Joseph Conrad ci parla
delle zone inesplorate dell’Africa, bianche e vuote sulle carte. Ci può essere di tutto, ci si può perdere, là…
Cionondimeno non ci si ritira di fronte al rischio, o forse è proprio questo che ci chiama. Basta non esser sordi.
Sia pur lungi dal voler celebrare le “magnifiche sorti e progressive” di una visione mitica e ideologizzante della
scienza, occorre tuttavia riconoscere che la vicenda della conoscenza non conosce stasi, né reversibilità. C’è
sempre un altrove dove andare, sempre qualcosa di diverso da conoscere. La scienza è motore e prodotto
della storia. La scelta è tra cavalcarla, da protagonisti, o lasciarsi trascinare, come un cavaliere disarcionato e
impigliato nella staffa. Chiamarsi fuori non è possibile. Non c’è nessun fuori…
Se questo ci impegna come uomini di cultura e di scienza, ci impegna anche come insegnanti, ci chiede di
rifiutare il meccanismo della replica indefinita di modelli e contenuti immutabili, di dogmi di ogni sorta, della
ricerca della conferma di se stessi, formando allievi che ripetano quello che già siamo noi. La cosa più
importante da trasmettere è invece il gusto del coraggio, dell’azzardo della conoscenza, l’invito a
intraprendere questa avventura, ben sapendo che la strada dei nostri allievi non ricalcherà la nostra, forse
può essere anche in contrasto. Può sembrare un paradosso pedagogico, ma non è così, è ben più assurdo
lavorare per sterili repliche che soffocano ogni anelito di ulteriorità.
Se il coraggio del pensiero abduttivo e dell’ipotesi è il propulsore che crea le condizioni delle conquiste della
conoscenza, altrettanto necessarie sono l’onestà e la cautela della verifica sperimentale, con la
consapevolezza che non sono in reciproca esclusione o in rapporto gerarchico, ma formano un circolo
virtuoso, un sistema integrato. Questo principio deve ispirare la metodologia tanto della ricerca quanto
dell’insegnamento. Una didattica dell’ipotesi non è sottrattiva di una didattica della sperimentazione, e
viceversa.
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E nella scienza, come nella didattica, è fondamentale superare i dualismi. Di quello tra ipotesi e
sperimentazione si è appena detto. Ma si dovrebbe dire altrettanto di quello tra origine interna ed esterna
della conoscenza. Tanto il convenzionalismo o il costruttivismo più estremi da una parte, quanto il realismo
più ingenuo dall’altra, hanno il torto di considerare le cose da un solo lato, ignorando o escludendo il
complementare. Interno ed esterno sono i due poli dialettici di una dinamica che ha bisogno di entrambi per
attivarsi.
È nel prometeismo dello strumento (ben altro rispetto all’utensile) che si mettono in gioco entrambi i poli. In
esso troviamo sempre la spinta e la volontà creatrice del pensiero quanto il fare i conti con le necessità del
mondo, tanto l’espansione della nostra interiorità quanto aprire una via di ingresso al mondo che così si può
riversare dentro di noi. Lo strumento è il modo (umano) di sancire l’appartenenza reciproca tra sé e il mondo.
Con gli strumenti si raccolgono (o si creano?) informazioni, si elaborano, si proiettano sul mondo incidendo
sulla sua realtà. E tutto questo ha sempre a che fare con la conoscenza. Anche quando non lo si usa
materialmente, lo strumento impronta il nostro percepire, il nostro pensare, il nostro fare. Queste nostre
attività (mal separabili una dall’altra) si modellano sulla modalità strumentale, la fanno propria e si riattivano
in tale chiave.
Come non sono separabili né gerarchizzabili i poli (apparentemente) antitetici di ipotesi e verifica, di origine
interna ed esterna della conoscenza, di percezione e azione, e via dicendo, così va detto per le diverse forme
di conoscenza. “Ars gratia artis?” Sì, perché anche l’arte è una forma di conoscenza. Ma anche no, perché
l’arte, come tutto, non può autarchicamente essere originata e compiuta in se stessa. Così nemmeno può
dirsi “Scientia gratia scientiae”. Tutto si tiene, nella conoscenza, ogni forma illumina l’altra, la espande…
Pensiamo a quello che ha voluto dire la pittura rinascimentale per la visione prospettica, i giochi delle
anamorfosi, oppure l’Impressionismo o il Pointillisme nello studio della visione. O certa musica per lo studio
del suono, tra i tanti pensiamo alla scala esatonale di Debussy o alla politonalità di Stravinskij, e via dicendo.
Venendo a temi diversi, possiamo focalizzare come l’automazione del calcolo (un fatto tecnologico, dal primo
abbaco alle reti neurali) abbia portato contributi significativi alla conoscenza del calcolo stesso.
L’impostazione a cui facciamo riferimento è quella della terza cultura, cioè il dissolvimento del dualismo tra
umanesimo e scienza.
Per illustrare questi concetti, proponiamo un percorso multimediale, storico-scientifico, filosofico, artistico,
pedagogico, in linea con quanto sopra, per illustrare il valore del coraggio di osare conoscere, di cercare,
costruire, trasmettere, condividere la conoscenza. Immagini, parole, suoni che ci auspichiamo possano
riverberare nel pensiero altrui e possano attivare riflessioni e dialoghi.
IDEE CHIAVE:
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Non c'è conoscenza che non sia storica: la prospettiva storica è imprescindibile per capire,
interpretare, vivere, implementare qualunque conoscenza. L'importante è essere sempre in
cammino e sempre pronti ad essere superati. Il coraggio della provvisorietà.
Non c'è conoscenza che non sia contestuale: la verità assoluta non esiste, dove c'è dogma non c'è
conoscenza (anche se è un dogma "scientifico", come, nel '900, il dogma centrale della biologia
molecolare o il dogma della Neurologia). Il coraggio della fragilità e della relatività della conoscenza.
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Non c'è conoscenza che sia totale, assoluta e definitiva. Il coraggio dell'azzardo del nuovo,
dell'abbandono del vecchio.
Non c'è conoscenza che abbia valore e funzione nel chiuso di se stessa: tutte le conoscenze
Non c'è conoscenza che non possa e non debba divenire dicibile e condivisibile. Il coraggio della
partecipazione, del confronto, della possibilità di smentita e di fallimento.
Da tutto questo derivano linee
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epistemologiche: i contenuti sono un materiale fluido e in evoluzione.
metodologiche: il rigore e la fondatezza vanno sempre coniugati con la disponibilità alla critica e alla
verifica/falsificazione. La rete di connettività tra le conoscenze di uno stesso ambito e di ambiti diversi
è più importante dei contenuti stessi.
comunicazionali e didattiche. Occorre saper confrontare, correlare e tradurre reciprocamente le
conoscenze più diverse ed eterogenee, tener conto di un livello metaconoscitivo come strumento
principale nella indagine e nell'insegnamento/apprendimento.
AREE DISCIPLINARI E AMBITI COINVOLTI
Storia e filosofia della scienza, Biologia teoretica, Medicina, Ingegneria, Arte, Comunicazione
Autori di riferimento:
Kuhn
Popper
Lloyd
Chaitin
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