I C Molteno - C`era una volta un Casletto e non solo

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Istituto Comprensivo Statale Molteno
Piazza Don Biffi, 1
23847 – Molteno (Lecco)
Tel. 031 850358
email: [email protected]
Partecipanti
Classe I B (23 alunni) – Scuola Secondaria di primo grado
Classe I C (22 alunni) - Scuola Secondaria di primo grado
Insegnante: Caterina Bonaiti (338 5651376 [email protected])
Presentazione
Le classi Prima B e Prima C sono state coinvolte in questo anno scolastico nello
studio dell'età medievale. Gli alunni frequentano la scuola secondaria di I grado di
Molteno, un piccolo paese della Brianza lecchese, ma provengono, oltre che da
Molteno, anche da altri tre Comuni del territorio: Sirone, Rogeno e Garbagnate
Monastero.
Nel corso del mese di novembre, le classi hanno effettuato una visita guidata alla
biblioteca comunale di Molteno, di cui hanno osservato l'organizzazione e, in
particolare, la sezione dedicata alla storia locale. In seguito, sono stati incaricati
dall'insegnante di dividersi in piccoli gruppi e di recarsi presso le biblioteche dei loro
Comuni di residenza per reperire materiali legati al periodo medievale di Molteno,
Sirone, Rogeno e Garbagnate Monastero. Alcune fonti, anche con la collaborazione
dei bibliotecari, sono state cercate nel web.
Il lavoro assegnato prevedeva anche la realizzazione di una documentazione
fotografica di eventuali monumenti o edifici risalenti al Medioevo ancora presenti sul
territorio comunale.
Grazie alla collaborazione da tempo consolidata con i rappresentanti delle
istituzioni, è stato possibile recuperare anche alcune mappe storiche dall'archivio
parrocchiale.
Terminata la fase di esplorazione e raccolta, ciascun gruppo ha presentato in aula
quanto ritrovato, confrontandosi con i compagni. Dalla condivisione delle idee, è
emersa la decisione di realizzare una piccola antologia medievale, al fine di dare
spazio al lavoro di tutti i gruppi di diversa provenienza.
A quel punto, il lavoro è stato organizzato a livello interdisciplinare. I gruppi sono
infatti stati invitati a creare un testo narrativo ambientato nel contesto storico di
riferimento e che tenesse in considerazione le caratteristiche testuali (parti
narrative, pause descrittive – di luoghi e personaggi – eventuali dialoghi...) e
formali (costruzione dei periodi, correttezza morfologica, ortografica, lessicale...),
sulle quali le classi si stanno impegnando nelle ore di Italiano.
La stesura dei testi è iniziata a scuola, in aula multimediale, dove i ragazzi sono
stati chiamati a mettere in pratica quanto appreso nelle ore dedicate alla
videoscrittura e alla formattazione dei testi. A casa, i gruppi hanno poi perfezionato
il loro racconto, condiviso, dopo la correzione da parte dell'insegnante, con la
classe., al fine di comporre il lavoro definitivo.
Dato che I B e I C hanno la medesima insegnante di Storia, è stato possibile
allargare il confronto e la collaborazione alle due classi, entrambe coinvolte
nell'iniziativa.
Da questa attività condotta a classi “aperte” sono derivati i due lavori inviati, uno
incentrato sulle chiese romaniche del territorio, in particolare di Garbagnate
Monastero (I B), l'altro dedicato a quel che resta dei castelli un tempo esistenti a
Molteno, Sirone e Casletto di Rogeno (I C).
C'ERA UNA VOLTA UN CASLETTO...
E NON SOLO QUELLO
C'era una volta un castello... Anzi, più di uno! Le storie che state per leggere sono
legate ai nostri piccoli Comuni di residenza, dove pare ci fossero dei castelli, anche
se oggi non sembra. Sarà vero? Siamo andati sulle loro tracce, seguendo le orme e
il fascino del Medioevo.
Rogeno – frazione Casletto
C'era una volta un Casletto... Ma no, un castello! No, avete capito bene: Casletto.
Casletto è una frazione del Comune di Rogeno bagnata dal lago di Pusiano.
Pare che abbia preso il nome proprio da un castello che esisteva in epoca medievale
sul suo territorio.
Molteno
Secondo lo studioso Raffaele Fagnani (1623), la famiglia Molteno (oggi, Molteni) è
assai antica e nobile.
La famiglia Molteno possedeva l'omonimo paese ed una parte anche di Sirone,
secondo Le vicende della Brianza di Ignazio Cantú (1853). Questi nostri paesi erano
governati da un feudatario, vassallo (o valvassore) dei signori che stavano a Milano
e, per avere maggiori libertá, si unirono ai nemici dei nobili.
Vi era un castello, come di solito usavano i feudatari, fatto costruire dai signori di
Molteno sul dosso chiamato anche oggi Il Ceppo (Cepp, in dialetto)?
I Molteni avevano
fatto costruire la
Chiesa
di
S.
Giorgio?
In
che
modo
i
Molteni
esercitassero
loro
diritto
il
di
patronato non si
sa.
Ma,
se
una
famiglia aveva il
diritto
di
La salita alla Chiesa di San Giorgio, sul Ceppo
patronato su una chiesa, era perché quella chiesa era stata fondata da quella
famiglia.
Del resto, come era possibile fondare una chiesa nelle campagne del
latifondista? Con una famiglia feudataria doveva esistere pure un castello.
L'antica via San Giorgio al Castello e quella attuale chiamata via Poscastello
testimoniano, quindi, l'esistenza di un castello.
IL CONTADINO E LA DAMA
Un giorno dell'anno 1100, il padre della
famiglia Rosetti, abitante della curtis,
andò nei campi come di consueto a
coltivare il grano.
Nel frattempo la moglie e i figli si
svegliarono di buon mattino nella loro
piccola casetta. Tutti fecero il lavoro
loro assegnato: la madre iniziava a
preparare
Girolamo,
il
il
pranzo
figlio
più
aiutata
piccolo,
da
e
Gregorio, il più grande, andò a far
pascolare nel bosco i loro indispensabili
maiali.
Dopo un po' di tempo Gregorio si
accorse che un maiale era scappato! Iniziò a cercarlo disperatamente, non poteva
assolutamente tornare a casa senza una delle sue bestie. Seguendo le tracce sul
terreno si inoltrò in una zona molto paludosa e si accorse di aver raggiunto i piedi
di una rocca (il Cepp). Alzò lo sguardo e vide sorgere imponente il bellissimo
castello di Molteno, che dominava su tutta la curtis.
Gregorio, curioso di scoprire cosa ci fosse all'interno, decise di abbandonare per un
attimo la ricerca del suo maiale e di avventurarsi oltre le mura.
Con un po' di fortuna trovò un accesso segreto e lo oltrepassò, ritrovandosi
nell'orto interno perfettamente curato. Vide una piccola porticina da cui proveniva
uno splendido canto; sbirciò sempre più incuriosito e nell'enorme stanza vide una
bellissima dama. Se ne innamorò immediatamente: sembrava un angelo.
Purtroppo, però, si era fatto buio, aveva paura di non riuscire a trovare la strada
per tornare a casa e si ricordò del suo maledetto maiale.
Ritornò di corsa sui suoi passi e incredibilmente, mentre passava dal bosco, vide il
suo porco che mangiava tranquillamente le ghiande sotto un robusto albero. Era
stato veramente fortunato.
Radunò velocemente il suo branco e tornò a casa come se niente fosse.
La mattina seguente Gregorio non potè fare a meno di ritornare al castello per
rivedere la bellissima dama. Questa volta decise di avvicinarsi per chiederle come si
chiamasse, ma sentì in lontananza la voce del padre di lei, così, spaventato, scappò
via.
La mattina seguente la dama e il ragazzo ebbero comunque l'occasione di
conoscersi e di innamorarsi.
Si incontravano di nascosto, perché la figlia di un feudatario non avrebbe mai
potuto
frequentare
un
povero
contadino,
ma
un
giorno
furono
scoperti.
Inizialmente, guidato dall'impulso, il signore del castello pensò di uccidere Gregorio,
ma poi vide gli occhi di sua figlia Ancilla e si accorse che lo amava veramente.
Pensò tutta la notte a come avrebbe potuto sistemare la questione e all'alba giunse
poi alla conclusione che avrebbe mandato entrambi i ragazzi sulla vicina collina
dell'Arbusta, nei pressi di Sirone, dove aveva dei possedimenti e dove i fanciulli
avrebbero potuto avere una vita felice, lontano da occhi indiscreti.
Iniziò così per loro una vita felice e armoniosa.
Sirone
A Sirone, dove andarono a vivere Gregorio e Ancilla, era in corso una crisi
economica: i campi davano solo qualche pianta di grano e quello non bastava per
sfamare tutto il popolo.
Le case erano tutte raggruppate al centro del paese e non erano certo confortevoli.
I più poveri vivevano in case a un piano con tetti di paglia e al loro interno c’era
solo una stanza che assomigliava ad una stalla.
Poveri e ricchi avevano però in comune la fede cristiana. Non c’era un’unica chiesa
per le messe, ma c’erano alcune piccole cappelle sparse per il paese.
Le messe venivano celebrate dal parroco di Dolzago, un paese un po' più grande
vicino a Sirone.
Infatti, quello che caratterizzava il paese di Sirone era la costante dipendenza da
Dolzago per tutto quello che riguardava le funzioni religiose.
Addirittura i sironesi non potevano assistere alla messa di Natale, poiché le piccole
cappelle non potevano contenere tutto il popolo.
Anche Giorgio, signore di Molteno e Sirone, era devoto alla Chiesa.
Purtroppo, nonostante la sua buona volontà di aiutare il paese, non aveva neanche
lui nella sua dimora molte riserve di cibo. Non aveva ancora pensato ad una
soluzione, ma un giorno gli venne in mente un matrimonio tra Anna, la sua seconda
figlia, con un nobile milanese.
Ma Anna non era molto diversa da sua sorella Ancilla: era follemente innamorata di
Giovanni,
un
giovane
viveva
in
una
monte
di
Sirone,
che
baracca
sul
vicino
al
cosiddetto Castello. Anche loro
lottarono
per
stare
sempre
insieme.
Il Castello era una postazione
di difesa che si ergeva proprio
su questo monte, che aveva
favorito
l’insediamento
popolazione
presso
della
questo
luogo.
Nel 1154 Federico Barbarossa calò in Lombardia per spezzare l‟autorità del potente
comune milanese, i contadi rurali con il loro sistema di pievi, desiderosi di ottenere
l‟indipendenza, appoggiarono l‟imperatore e lo sostennero nella lotta contro Milano. Fu il
caso della chiesa di Monza che si schierò con l‟imperatore e al termine della guerra
ottenne l‟indipendenza e dei fondi in Oggiono, tra cui proprio Sirone. L‟investitura fu fatta
nel castello di Cremella nell‟anno 1162 a favore di Benedetto d‟Assia, nunzio imperiale di
Federico I. A partire da questa data, Sirone, inglobato territorialmente nella pieve di
Oggiono, dipese dal monastero di Cremella per quanto riguardava la vita e all‟assistenza
religiosa. Successivamente troviamo Sirone aggregato parrocchialmente a
Dolzago, come testimonia il fatto che le tre chiese di San Benedetto, San
Pietro e San Silvestro venivano officinate dal cappellano di Dolzago.
Per tutto il corso del medioevo, le notizie sul territorio brianteo risultano comunque
estremamente scarse ma è certo che nella zona a nord dei laghetti brianzoli passava la
linea del sistema difensivo prealpino. Per quanto riguarda Sirone, la sua posizione
quasi isolata su un‟altura sembra essere stata favorevole ad un insediamento
rurale o quanto meno ad una postazione difensiva come attesterebbe l‟esistenza
del cosiddetto Castello. Ipotesi che tuttavia non è mai stata adeguatamente
dimostrata. Risulta quindi impossibile seguire tutte le controversie tra i vari monasteri e
le vicende dei possedimenti in Sirone ma quantomeno ci è dato di conoscere come si
viveva all‟epoca.
“Nella Brianza, allora coperta di boschi e di selve, la scarsa popolazione agricola era
distinta in due categorie servi, o schiavi della gleba e gli aldi, un qualcosa di mezzo tra
schiavi e liberi. C’era inoltre una piccola schiera di liberi o massari o piccoli possidenti,
alcuni dei quali erano schiavi manomessi, liberti. Si ritiene che vestissero una tunica di
larghe maniche, serrata alla vita da una cintura e portassero un cappello a larga tesa. Fu
solo verso il 1300 che i contadini incominciarono a portare le brache. Il loro vitto era
scarso e assai frugale; raro il pane di frumento, per lo più facevano uso della segale, orzo,
miglio, panico, legumi, ortaggi, castagne ed un po’ di carne suina o ovina e di lardo. Molto
coltivata era la vite ed i contadini avevano una buona dose di vino.
Le case erano miseri abituri generalmente ad un solo piano, costruiti in legno o in graticci
intonacati di calce e ricoperti di paglia o di assicelli di legno, mentre la casa del signore
era di grosse mura e munita di una o più torri”.
Dal Corriere di Sirone, dicembre 2006
A PROPOSITO DELLA CHIESA DI SAN BENEDETTO...
A Sirone, in un luogo lontano dallo strepitio e più in alto rispetto agli altri edifici, si
trova la chiesa di San Benedetto, nella quale, un tempo, si tenevano le funzioni
parrocchiali.
La sua costruzione pare collocarsi intorno al XIII secolo e mantiene la pianta
originaria, nonostante i diversi interventi di restauro del XX secolo: la navata unica
è sormontata da copertura lignea, mentre il presbiterio è coperto da una volta a
botte.
Il semplice e slanciato campanile, composto da pietre a vista, ricalca le forme del
XII secolo. La decorazione ad affresco della chiesa è stata danneggiata durante i
lavori di restauro: si conservano tuttavia una “Madonna” e una “Vergine assisa in
trono col bambino e “San Benedetto” del XVI secolo.
In chiesa vi sono tre sepolcri: uno per la famiglia Molteno (di cui vi abbiamo
parlato attraverso i nostri racconti), il secondo per la famiglia Andreotti, il terzo
per tutti.
Questa chiesa non ha redditi e si sostiene con quelli della parrocchia. La festa di
San Benedetto, che ricorre l’11 luglio, è pagata direttamente dal Parroco di Sirone.
Prima di descriverla a parole, preferiamo mostrarvela in due versioni.
Questa è una foto scattata da noi...
...e questa è la versione che abbiamo realizzato con le nostre mani!
Da sinistra, Massimo, Michele, Gaia e Aurora con la loro ricostruzione della chiesa di San
Benedetto
DESCRIZIONE
La chiesa consta di un’unica navata lunga 22 cubiti e larga 11 cubiti (il cùbito, in latino
cubitum, cioè gomito, era la misura di lunghezza più comune dell'antichità e aveva una
misura pari a 58,4 cm).
Sulla facciata sono dipinti alcuni Santi, tra cui San Benedetto.
Si entra solo dalla porta quadrangolare che è in fondo. Il pavimento è di “arenato” (mistura
di calcina e sabbia per fare pavimenti).
Le piastrelle sono cinque e nere ed evidenziano le tombe dei preti; tutte le altre sono
bianche.
Il tetto è coperto di tegole ed il soffitto è a cassettoni. Lungo le pareti della chiesa vi sono
cinque finestre.
Dal piano della chiesa per mezzo di un gradino si entra nel presbiterio che è cinto da una
balaustra di pietra: sull’arcone pende il Crocifisso. Dal piano del presbiterio, per due gradini
si arriva all’altare, che è aderente alla parete di fondo e ha come pala un quadro con
l’immagine di San Benedetto.
Dal presbiterio vi è una porta che dà in sagrestia di otto cubiti di lunghezza e larghezza.
La sagrestia ha la volta che è di cemento; il pavimento è di arenato.
A destra di chi entra in chiesa vi è il campanile, che ha un porta che fa entrare in chiesa. E’
un campanile quadrato che porta una campana.
Affresco attribuito al Malacrida
L’affresco sulla facciata principale della Chiesa di San Benedetto è un’opera attribuita al
Malacrida, pittore dei paesi della Brianza e della Valtellina, del tardo Quattrocento - inizi
Cinquecento, rientra nella serie di edicole/immagini sacre ritraenti principalmente Madonne
in trono con Bambino, spesso accompagnate dalle figure di San Rocco e San Sebastiano.
L’immagine, presente sulla facciata della chiesa di San Benedetto in Sirone, di forma
pressoché quadrata, presenta la figura della Madonna in trono con Bambino seduto in
grembo e sulla sua destra San Benedetto, santo a cui è dedicata la chiesa.
GLI ANZIANI DEL PAESE RACCONTANO
Il crocifisso appeso nella chiesa di San Benedetto è grande: Gesù ha la barba e i
capelli lunghi, che sembrano veri.
Gli anziani di Sirone raccontano che quando vi era siccità toglievano il crocifisso e
poco dopo iniziava la pioggia. Questo avvenne per due volte.
FONTI
Tarcisio Valsecchi, Casletto sul lago di Pusiano, 1981, Editore Parrocchia dei Santi
Gregorio e Marco
Corriere di Sirone, anno 2006 e anno 2007
Carlo Marcora, Molteno, Memorie di famiglia, 1978, Edizioni Cattaneo, Oggiono
Carlo Marcora, Sirone fra i secoli, 1988, Editore Amministrazione Comunale di
Sirone
Fonti orali: anziani di Sirone
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