ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE Liceo Scientifico Istituto Tecnico Industriale ALDO MORO Via Gallo Pecca n. 4/6 10086 RIVAROLO CANAVESE ANNO SCOLASTICO 2015/2016 ESAME DI STATO ANDREA MIGLIORINI Classe ππ C Sezione Scientifica LA FISICA DEL CLARINETTO Applicazione delle leggi fisiche alla produzione del suono Abstract Lo scopo di questo lavoro è di mostrare come il meccanismo di produzione del suono in uno strumento musicale, in fattispecie il clarinetto, possa essere descritto attraverso leggi fisiche. I motivi per cui, personalmente, ho deciso di svolgere un elaborato sul mondo della musica, più specificamente sul clarinetto, sono molteplici. In primo luogo, la musica ha accompagnato il mio cammino di crescita, iniziato parallelamente all’iscrizione alla scuola primaria e continuato negli anni, che ha portato ad iscrivermi, due anni fa, al Corso Accademico triennale presso il Conservatorio “G. Verdi” di Torino. In secondo luogo, ho deciso di parlare del mio strumento per approfondire le mie conoscenze in questo campo. Prima di iniziare la ricerca che ha successivamente portato alla stesura di questo testo, infatti, ero convinto che la musica fosse solamente un’arte, come sosteneva Schopenhauer, l’arte più profonda e universale, “una metafisica in suoni […] capace di metterci in contatto, al di là dei limiti della ragione, con le radici stesse della vita e dell’essere”. Alla fine di questo percorso di ricerca, ho appreso come la musica possa essere espressa e studiata anche in termini matematici e fisici. Sono, in altre parole, giunto ad ampliare le mie conoscenze in campo musicale da un punto di vista che non viene preso in considerazione quotidianamente durante lo studio e la pratica musicale, cioè che gli strumenti musicali sono una semplice applicazione, avvenuta fin dall’antichità, dei principi fondamentali della fisica delle onde meccaniche, anche se spesso trascurati e sconosciuti. In terzo luogo, credo che l’occasione di parlare di musica in questa sede possa rivalutare il ruolo della musica nell’ambito dell’educazione, che, a mio avviso, dovrebbe essere considerata come strumento di aggregazione e formazione di tutti gli studenti. Il materiale di ricerca ed approfondimento delle tematiche trattate, a partire dal moto dell’aria nell’apparato respiratorio e nel clarinetto, per passare alle caratteristiche dello strumento e al contributo di ogni componente nella produzione del suono, è stato reperito su testi specifici e pubblicazioni citate in bibliografia. Nonostante la complessità degli argomenti trattati, non ho incontrato particolari difficoltà nel rielaborare i concetti anche se la specificità dei fenomeni fisici e delle applicazioni musicali può rendere talvolta complessa la comprensione, soprattutto per i lettori che non posseggono particolari conoscenze in questo ambito. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 2 SOMMARIO Il clarinetto ........................................................................................................................................... 4 1. 2. 3. 4. Principi essenziali ..................................................................................................................... 4 Materiali .................................................................................................................................... 5 Componenti ............................................................................................................................... 5 Specifiche e tipologie ................................................................................................................ 5 La fonte invisibile ................................................................................................................................ 7 1. 2. I muscoli respiratori .................................................................................................................. 8 Altri fattori influenti .................................................................................................................. 9 Il suono ............................................................................................................................................... 11 1. 2. Il moto armonico semplice ...................................................................................................... 11 Caratteristiche fisiche e propagazione del suono .................................................................... 12 3. 4. L’uso dei decibel ..................................................................................................................... 13 L’elasticità e le oscillazioni nei corpi ..................................................................................... 14 L’origine dell’onda sonora ................................................................................................................. 16 1. 2. 3. 4. Le vibrazioni nei tubi .............................................................................................................. 16 Il funzionamento dell’ancia .................................................................................................... 17 L’impedenza acustica .............................................................................................................. 19 Le dodicesime ......................................................................................................................... 19 Analisi dei componenti del clarinetto ................................................................................................ 20 1. 2. 3. L’ancia .................................................................................................................................... 20 Il bocchino............................................................................................................................... 23 Il barilotto ................................................................................................................................ 24 4. 5. Il corpo centrale ...................................................................................................................... 24 La campana ............................................................................................................................. 27 Bibliografia ........................................................................................................................................ 29 Sitografia ............................................................................................................................................ 29 Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 3 Capitolo 1 IL CLARINETTO 1. Principi essenziali Il clarinetto è uno strumento a fiato, o aerofono, ad ancia semplice battente, appartenente alla famiglia dei legni, in cui l’altezza dei suoni cambia in relazione all’apertura o meno dei fori distribuiti lungo il fusto risuonatore, di forma prettamente cilindrica. Figura 1.1: Clarinetto in Sib del produttore "Buffet Crampon", sistema Böhm Il clarinetto fonda le sue origini in strumenti di costruzione estremamente semplice e primitiva come il memet egiziano o l’aulos greco, ma soprattutto nello chalumeau francese, del quale conserva ancora oggi la maggior parte delle caratteristiche. Nel corso del XVII e XVIII secolo, lo chalumeau ha subito una serie di modificazioni che l’hanno portato alla versione definitiva nel 1839, esposto a Parigi con il nome di clarinetto in πππ . Figura 1.2: Memet egiziano Tuttavia oggi sono ancora utilizzate due versioni di clarinetto: ο§ ο§ Il sistema Müller a tredici chiavi, ancora in utilizzo nelle orchestre tedesche e austriache Il sistema Böhm a diciassette chiavi, più diffuso rispetto al primo, che verrà preso in considerazione in questo elaborato Figura 1.3: clarinetto piccolo con sistema Müller Andrea Migliorini Figura 1.4: doppio Aulos (a sinistra) e Chalumeau francese (a destra) Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 4 2. Materiali Il clarinetto può essere costruito con diversi materiali, ognuno dei quali presenta caratteristiche non solo estetiche, ma soprattutto di suono, differenti: ο§ ο§ ο§ materiali plastici come l’ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene (C8 π»8 πΆ4 π»6 πΆ3 π»3 π)π ), producono un suono abbastanza gradevole, ma essendo più economici sono utilizzati per costruire strumenti pensati appositamente per lo studio e gli studenti, quindi anche per musicisti alle prime armi. metallo e cristallo, poco utilizzati, e poco apprezzati, poiché restituiscono un suono freddo e piuttosto aggressivo ebano, il materiale più utilizzato e conosciuto per la costruzione; l’ebano dà al clarinetto quella tipica colorazione nera per cui è conosciuto, e il suono risulta pastoso e caldo Figura 1.5: Clarinetto in metallo 3. Componenti Il clarinetto è solitamente diviso in cinque parti, unite ad incastro con guarnizioni in sughero: ο§ ο§ ο§ ο§ il bocchino, corredato di ancia e legatura, è l’imboccatura adatta a produrre le vibrazioni sonore il barilotto, che fa risuonare le vibrazioni la parte centrale (costituita dal corpo superiore e dal corpo inferiore), sulla quale sono presenti ventiquattro fori di dimensioni differenti la campana, che controlla l’intonazione e dà ulteriore risonanza ai suoni 4. Specifiche e tipologie Il clarinetto è uno strumento traspositore, ovvero produce un suono reale che non corrisponde al suono rappresentato sulla scrittura musicale. Esistono diversi tipi di clarinetto, differenti per intonazione e dimensione, che leggono tutti nella stessa chiave e con le stesse diteggiature, producendo però note reali “trasposte” verso il grave o verso l’acuto. Nel corso dei secoli sono stati prodotti quasi trenta tipi di clarinetti diversi, ma qui ci limiteremo ad elencare quelli più utilizzati: Andrea Migliorini Figura 1.6: da sinistra, clarinetto basso, corno di bassetto in Fa, clarinetto in La, clarinetto in Sib, clarinetto in Do, clarinetto piccolo in Mib, clarinetto contrabbasso in Sib, clarinetto basso in Sib, clarinetto contralto in Mib Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 5 ο§ ο§ ο§ ο§ ο§ ο§ ο§ ο§ ο§ Clarinetto piccolo in πΏππ , detto in Italia “sestino” Clarinetto piccolo in πππ , anche chiamato “quartino” Clarinetto soprano in Do Clarinetto soprano in πππ , il più diffuso, di cui ci occuperemo in questo elaborato Clarinetto soprano in La Clarinetto contralto in Fa, noto come corno di bassetto Clarinetto contralto in πππ Clarinetto basso in πππ Clarinetti contrabbasso in πππ π πππ La maggior parte dei clarinetti ha un estensione che va dal Mi 2 fino al Do 6, suddivisa in tre registri musicali in base alle diteggiature usate: ο§ ο§ ο§ grave, o dello chalumeau, caratterizzato da un suono caldo e pastoso medio, o del clarinetto, caratterizzato da un suono brillante acuto, o altissimo, caratterizzato da un suono potente e squillante Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 6 Capitolo 2 LA FONTE INVISIBILE “Suono, Vita… Aria” Impalpabile, invisibile, indispensabile e preziosa, l’aria rappresenta il punto di partenza e il supporto ideale nella produzione del suono. La produzione di un suono è legata, negli strumenti a fiato, ad un processo chiamato “respirazione diaframmatico-toracica”. Questo tipo di respirazione ha spinte maggiori rispetto a quella legata alla semplice funzione respiratoria, essendo la prima adeguata allo spostamento di una massa d’aria con pressione superiore, in grado di produrre il suono mettendo in vibrazione l’ancia. Nella musica moderna e soprattutto nel jazz, viene largamente utilizzata la tecnica della respirazione circolare, che consente di emettere un suono continuo senza pause. La respirazione circolare, detta anche respirazione a fiato continuo, sembra immersa in un alone di mistero, ma in realtà la denominazione non è propriamente corretta, in quanto non vi è un effettivo ricircolo ininterrotto dell’aria: nel momento in cui l’esecutore inala l’aria dal naso, utilizza per poco più di un secondo l’aria residua presente nelle guance, facendo cioè diventare la bocca un piccolo “mantice”. In questo modo è possibile produrre un suono che non si spezza mai. Figura 2.1: Schematizzazione respirazione circolare Alla base della respirazione vi sono i movimenti della gabbia toracica, dei quali sono responsabili i muscoli respiratori, il diaframma e i muscoli intercostali. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 7 1. I muscoli respiratori Il principale muscolo respiratorio è il diaframma; esso ha l’aspetto di una cupola composta da una parte tendinea centrale e da fasci muscolari che da questa si dipartono per inserirsi sulla parete toracica. Figura 2.2: Il diaframma La contrazione del diaframma fa espandere ed innalzare le ultime sei costole su cui appoggia, facendo aumentare il diametro della gabbia toracica. Tale contrazione fa abbassare la pressione nella cavità toracica facendone aumentare il volume in fase inspiratoria, mentre in fase espiratoria, durante l’esecuzione di massimi sforzi, agisce con i muscoli addominali in senso opposto, producendo l’aumento della pressione addominale. Oltre al diaframma sono importantissimi i muscoli espiratori intercostali e addominali che intervengono solo quando la ventilazione aumenta superando i 30 litri/min, (rispetto a quella normale di 6 litri/min) e quando il soggetto effettua un’espirazione forzata, cioè quando vuole produrre un flusso d’aria ad una certa velocità e pressione. Infatti per immettere aria nello strumento, è necessario esercitare una pressione superiore a quella prodotta durante la respirazione spontanea, proprio perché l’ancia offre una notevole resistenza al passaggio dell’aria. A parità di strumento, infatti, lo sforzo Figura 2.3: conformazione della gabbia toracica durante l'inspirazione (sopra) e l'espirazione (sotto) espiratorio dipenderà in misura direttamente proporzionale dall’intensità del suono che si vuole ottenere. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 8 2. Altri fattori influenti Anche le corde vocali hanno una propria funzione durante l’esecuzione: nonostante il suono venga prodotto dall’ancia, infatti, il musicista produce un flusso d’aria pressurizzato e lo immette dai polmoni verso le vie aeree; le corde vocali, situate circa a metà di questo condotto, costituiscono una sorta di valvola che regola il flusso d’aria diretto all’esterno. Durante l’emissione di flussi d’aria ad alta pressione le corde vocali sono completamente accollate alle pareti della laringe, mentre durante l’emissione di suoni deboli esse si avvicinano, in modo da produrre un effetto frenante, di rallentamento sul flusso di aria in uscita. Figura 2.4: posizione delle corde vocali durante la respirazione (sopra) e la fonazione (sotto) Figura 2.5: veduta superiore dell'apparato fonatorio “Inizialmente il suono parte dall’interno del corpo. Parte dai polmoni, da tutto l’apparato respiratorio… Poi arriva all’estremità delle labbra; quindi c’è un contatto veramente molto stretto; lo strumento è veramente il prolungamento del corpo”. F. Delalande - “Le Condotte Musicali” Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 9 Infine il flusso espiratorio subisce una fine modulazione a livello della cavità buccale, dove entrano in gioco: Figura2.6: struttura della cavità bucale ο§ La chiusura della cavità orale attraverso la lingua, l’epiglottide ed il palato molle, che consentono di mantenere la pressione voluta all’imboccatura dello strumento; ο§ L’azione dei muscoli delle guance; ο§ L’esercizio della pressione voluta sul bocchino e sull’ancia, grazie alla contrazione delle labbra; ο§ La contrazione dei muscoli del pavimento della cavità buccale, che garantiscono l’appiattimento della lingua e il suo appoggio contro la parete posteriore della mandibola, condizione ideale per il passaggio lineare del flusso aereo, che garantisce un suono “pulito”. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 10 Capitolo 3 IL SUONO Qualsiasi suono o rumore si realizza in tre fasi successive: ο§ Generazione ο§ Trasmissione ο§ Ricezione Queste a loro volta, hanno alla base del loro succedersi il fenomeno dell’oscillazione, che può essere descritta come un movimento ciclico di un corpo nell’unità di tempo. In natura questo fenomeno può realizzarsi unicamente attraverso due possibilità: ο§ La forza di gravità (pendolo) ο§ L’elasticità dei corpi ed è regolamentato nel suo succedersi da un moto dinamico caratteristico detto “armonico”. 1. Il moto armonico semplice Sia ‘P’ un punto mobile di moto circolare uniforme con velocità ‘V’: consideriamo la proiezione ‘P1’ di ‘P’ su un diametro qualunque ‘AB’. Immaginando il movimento di ‘P1’ rispetto ad ‘O’ potremo dire che ‘P1’ descrive il diametro ‘AB’ con “moto vario” detto “armonico”. ‘OB’ si dice ampiezza dell’oscillazione, ovvero la massima distanza dalla posizione di equilibrio; e ‘OP1’ lo spostamento del punto mobile. Un intero percorso di ‘P1’ su ‘AB’ ed un ritorno ‘BA’ (corrispondente ad un intero spostamento di P sulla circonferenza) si dice oscillazione completa, mentre il tempo ‘T’ impiegato a percorrerla periodo del moto armonico. L’angolo α rappresenta la fase del moto. A valori di α Figura 3.1: Rappresentazione grafica moto armonico uguali corrispondono valori di ‘OP1’ uguali e perciò il moto è anche periodico, ossia si riproduce nelle medesime condizioni a parità di tempo. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 11 Indicando con ω la velocità angolare (ω = 2π π ), OB = r (raggio del cerchio), S = spazio, V = velocità, T = tempo ed a = accelerazione si ha: S = r sen ωt V = - ωr sen ωt a = - ω2 β S = - ω2 π sen ωt da cui: π T = 2π√a Un’altra grandezza importante per lo studio del moto armonico è la frequenza, ovvero il numero di oscillazioni complete effettuate in un intervallo di tempo unitario: 1 f=π La curva risultante è detta sinusoide. La sinusoide è la forma d’onda fondamentale, correlata con il moto armonico semplice. Figura 3.2: Funzione del moto armonico 2. Caratteristiche fisiche e propagazione del suono Il suono si propaga con facilità attraverso i mezzi elastici, e la sua velocità di propagazione è proporzionale alla densità del mezzo. Prendiamo ora in considerazione l’aria come mezzo fluido: la trasmissione dei suoni attraverso l’aria avviene per il susseguirsi di compressioni e rarefazioni indotte dalla vibrazione di un corpo in contatto con essa (nel nostro caso sarà l’ancia). Si dice Figura 3.3: compressione e rarefazione di un onda sonora “onda” l’insieme di una compressione e di una rarefazione; “lunghezza d’onda” lo spazio percorso da un’oscillazione completa dell’onda nella Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 12 direzione di propagazione, “raggio” la linea lungo la quale avviene la propagazione di una porzione molto piccola dell’onda. Detta v = velocità di propagazione (spazio percorso nell’unità di tempo); f = frequenza (numero vibrazioni nell’unità di tempo); λ = lunghezza d’onda; Avremo: v=fλ da cui: λ= v π Una nota musicale differisce da un rumore per il fatto che nella prima si riconosce una periodicità che nel secondo risulta essere completamente assente; infatti vi è una stretta relazione fra gli aspetti fisici delle onde e le sensazioni che le stesse provocano quando le riceviamo. ο§ Figura 3.4: differenza tra rumore e nota L’altezza: permette di distinguere i suoni gravi da quelli acuti ed è direttamente proporzionale alla frequenza dell’onda sonora ο§ Il timbro: permette di distinguere, a parità di altre caratteristiche, lo strumento o la voce di origine del suono e dipende dalla forma della funzione d’onda ο§ L’intensità sonora: permette di distinguere i suoni deboli da quelli forti (infatti viene comunemente chiamata “volume”) ed è direttamente proporzionale all’energia trasportata dall’onda, di conseguenza all’ampiezza delle vibrazioni 3. L’uso dei decibel Come già detto i suoni che noi sentiamo sono dovuti ad una variazione di pressione. Le variazioni di pressione che generano onde udibili dall’uomo sono molto piccole rispetto ai valori della pressione atmosferica (105 Pa): la soglia di udibilità, ossia il suono più debole che un uomo possa sentire, corrisponde alla pressione (indicabile con P0 ) di 20β 10−6 Pa, mentre la soglia del dolore, corrispondente al suono più forte oltre al quale si possono avere gravi danni all’udito, corrisponde ad una pressione di 20 Pa. L’intervallo tra i due estremi copre, dunque, ben sei ordini di grandezza. Per questo motivo, per esprimere la pressione della vibrazione sonora si utilizza non una scala lineare, bensì una scala logaritmica, che prende il nome di scala dei decibel (dB), che consente di contenere i valori compresi tra la soglia di udibilità e quella di dolore nell’intervallo compreso tra 0 e 120 dB. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 13 Figura 3.5: scala dei decibel con esempi di rumori e relativi danni possibili all’udito La relazione tra la misura in decibel e la pressione è data dall’equazione: X = 20βπππ10 (P/ P0) dove X rappresenta la misura in decibel, P la pressione di vibrazione sonora di un certo segnale sonoro e P0 la pressione riferita alla soglia di udibilità. E’ evidente che: - se P = P0 = 20β10−6Pa (soglia di udibilità), allora X = 0 (perché πππ101 = 0), - se P = 20 Pa (soglia del dolore), allora X = 120 (poiché πππ10 106 = 6) 4. L’elasticità e le oscillazioni nei corpi Le oscillazioni in natura sono possibili unicamente per una caratteristica dei corpi detta elasticità. In natura non esistono corpi infinitamente rigidi che possono unicamente spostarsi, quindi tutti i corpi, se opportunamente eccitati, possono oscillare. I modi (cioè le direzioni e la quantità degli spostamenti) con i quali oscillano ne determinano le frequenze principali e le successive per periodo e intensità. I parametri fondamentali che influenzano i modi propri di oscillazione sono: - le caratteristiche geometriche e di forma - le caratteristiche fisiche dei materiali di cui sono foggiati - la massa propria, sia intesa come densità sia come massa aggiuntiva distribuita o concentrata Se si pensa ad un semplice sistema massa-molla e immaginiamo di sottoporlo a vibrazioni libere, l’equazione che descrive il movimento della massa è: x(t) = Acos(2πft) dove A è l’ampiezza delle oscillazioni ed f la frequenza naturale di oscillazione della massa. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 14 La frequenza si può anche riscrivere, detta k la rigidezza della molla, come: 1 π f = 2π √π Figura 3.6: sistema massa-molla Da ciò deriva che se un corpo possiede una massa superiore ad un altro, allora la frequenza di oscillazione propria sarà inferiore. Al contrario, se è la rigidezza ad essere minore in un corpo rispetto ad un altro, allora il primo avrà una frequenza di oscillazione minore. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 15 Capitolo 4 L’ORIGINE DELL’ONDA SONORA 1. Le vibrazioni nei tubi Possiamo dire che gli strumenti musicali sono delle “macchine del suono” dove il motore è rappresentato da un corpo elastico vibrante. Nel caso degli strumenti a fiato, il vibratore elastico è rappresentato da una colonna d’aria contenuta in un involucro cilindrico di varie forme, dimensioni e materiali. Il clarinetto, avendo la cameratura cilindrica, produce suoni una quinta più gravi di uno strumento di eguale lunghezza provvisto di cameratura conica, e permette alla colonna d'aria di risuonare come una tubo chiuso, cioè solo con gli armonici dispari, che sono il primo (fondamentale), il terzo (corrispondente ad un intervallo di dodicesima), il quinto, il settimo, ecc. Prendiamo come esempio un tubo con imboccatura “a flauto” come in figura: l’aria immessa dal suonatore, soffiando attraverso l’orifizio “A”, produce nell’urto contro lo spigolo Figura 4.1: Tubo con imboccatura a flauto “B” un suono con forma d’onda complessa, ovvero composto da molti suoni diversi. Se la colonna d’aria presente nel tubo è in risonanza (uguale frequenza) con uno di questi, entra in vibrazione rinforzandolo. All’estremità chiusa l’aria, non potendo oscillare, forma un nodo e quindi raddoppia, rispetto al tubo aperto, la lunghezza d’onda del suono fondamentale Figura 4.2: primo modo fondamentale nel caso di un tubo aperto (a sinistra) e nel caso di un tubo chiuso (a destra) Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 16 Soffiando sempre più forte daremo origine ai successivi modi di vibrazione: il secondo e il terzo diventano Figura 4.3: da sinistra secondo e terzo modo di vibrazione in un tubo chiuso ed in generale: π= 4 βπΏ π Nel caso di imboccatura ad ancia battente, come il clarinetto, le frequenze eccitatrici della colonna d’aria, sono determinate dalla somma delle frequenze di oscillazione naturale dell’ancia e di quelle dovute ai suoi urti contro la superficie del bocchino, come vedremo in seguito. 2. Il funzionamento dell’ancia Dal punto di vista fisico, uno strumento a fiato permette di trasformare una pressione di aria costante, fornita dai polmoni dello strumentista, in una pressione oscillante sufficientemente rapida da corrispondere a un suono percettibile. Questa trasformazione viene prodotta dall’ancia, una linguetta flessibile di canna, la quale “taglia” l’afflusso d’aria in una serie di sbuffi molto ravvicinati nel tempo. L’ancia, a causa della sua flessibilità, è in grado di oscillare, facendo così aumentare o diminuire l’apertura che fa da tramite fra la cavità orale e l’interno del tubo sonoro del clarinetto. Quando l’ampiezza di questa oscillazione è abbastanza grande, l’ancia aderisce completamente al becco interrompendo, per un istante, la comunicazione tra la cavità orale e l’interno del becco; per questo si parla di ancia battente. Ciò che non è lampante è che questo movimento dipende non solo dalle caratteristiche dell’ancia stessa, ma anche dalla posizione del primo foro aperto che si trova lungo lo strumento scendendo dal becco. Da quando lo strumentista comincia a soffiare, l’aria penetra nel tubo creando un aumento di pressione. A questa sovrapressione si accompagna uno spostamento d’aria. Al momento in cui incontra il primo foro aperto, una certa quantità d’aria esce dallo strumento spinta dalla sovrapressione, creando una depressione nel tubo sonoro. Questa depressione risale lungo il tubo sonoro verso il becco, e quando raggiunge l’ancia, quest’ultima aderisce completamente al becco a causa della differenza di pressione interna ed esterna. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 17 A questo punto la situazione è analoga a quella iniziale, con la differenza che è una depressione a propagarsi. Arrivata ad un foro aperto, l’onda si riflette per la terza volta, così, a risalire verso l’ancia sarà questa volta una sovrapressione, che spingerà l’ancia verso l’esterno permettendo a un nuovo sbuffo d’aria di entrare nel tubo sonoro. Per quanto la sua descrizione sia lunga, questo ciclo si svolge in un tempo assai breve, dell’ordine di qualche millisecondo, quello che impiega l’onda sonora per percorrere la distanza L che separa l’ancia dal primo foro aperto, ovvero: t = 4β πΏ π e la frequenza f del suono: π= π 4πΏ Calcoliamo ora il tempo impiegato dall’onda e la sua frequenza rispettivamente nel caso del primo foro aperto e nel caso dell’ultimo foro aperto (cioè la campana). V = 343,8 m/s (a una temperatura di 20 °C) Caso del primo foro aperto Caso dell’ultimo foro aperto L = 20,5 cm = 0,205 m L = 66,5 cm = 0,665 m 0,205 π t = 4 β 343,8 π/π = 2,385β 10−3 s f= 343,8 π/π 4β0,205 π = 419,3 Hz 0,665 π t = 4β 343,8 π/π = 7,737β 10−3 s f= 343,8 π/π 4β0,665 π = 129,2 Hz Come abbiamo visto la frequenza del suono è legata alla distanza tra l’ancia e il primo foro aperto; per questo per modificare l’intonazione dello strumento e accordarlo alla frequenza desiderata si modifica la posizione del barilotto, allontanando o avvicinando la sua posizione rispetto al corpo centrale. Tutto questo processo produce un suono udibile poiché al momento della riflessione sul foro aperto, una parte dell’energia associata al movimento dell’aria “fugge” verso l’esterno, emettendo così l’onda sonora desiderata. Perciò il suono che noi udiamo proviene dei fori dello strumento, e non, secondo la concezione comune, dall’estremità finale dello strumento. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 18 3. L’impedenza acustica Il movimento dell’ancia dipende come abbiamo già visto, dalla pressione rinviata dal tubo sonoro. La reazione di quest’ultimo può essere definita quantitativamente con la cosiddetta “impedenza acustica”, ovvero il rapporto fra la pressione che bisogna esercitare per fare passare nel tubo un’onda sonora di frequenza data e l’afflusso dell’aria all’interno del tubo. Come spiegato con precisione nel paragrafo precedente, l’impedenza è grande per la frequenza pari a π ⁄4πΏ e analogamente per le frequenza 3f, 5f, 7f ecc. Al contrario per i multipli pari una sottopressione arriva all’ancia proprio quando dovrebbe propagarsi una sovrapressione. Per questo motivo l’impedenza per le frequenze pari è pressoché nulla. Questi valori di impedenza assomigliano molto a quelli di un tubo cilindrico chiuso ad un capo e aperto all’altro. In effetti il cavo del clarinetto è approssimativamente cilindrico e una delle estremità del tubo sonoro è chiusa quasi completamente dall’ancia. 4. Le dodicesime Per le caratteristiche descritte nel paragrafo precedente, il clarinetto non è in grado, aprendo il foro del portavoce, di fare un salto d’ottava come negli altri strumenti musicali, ma solo di dodicesima. Un salto d’ottava infatti corrisponde a un raddoppio della frequenza, il che farebbe passare da un massimo a un minimo l’impedenza, con il risultato che l’ancia Figura 4.4: chiave del portavoce tenderebbe a chiudersi quando invece dovrebbe riaprirsi per ottenere un suono di frequenza doppia. Il foro di dodicesima, anche detto portavoce, è di più piccole dimensioni rispetto agli altri fori, quindi non perturba a sufficienza la propagazione delle onde sonore così da provocare una riflessione intensa, ma provoca tuttavia una riflessione sufficiente a favorire un regime di frequenza tripla rispetto alla fondamentale. In questo modo, tre impulsi di pressione al posto di uno si propagano e si Figura 4.5: foro di dodicesima (portavoce) riflettono nel tubo sonoro, producendo la nota una dodicesima sopra la fondamentale. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 19 Capitolo 5 ANALISI DEI COMPONENTI DEL CLARINETTO La moderna evoluzione dei sistemi informatici ha dato la possibilità di analizzare eventi fisici la cui comprensione, in passato, poteva essere affidata unicamente all’intuito o a complicate procedure di analisi sperimentale. In particolare, i moderni programmi di analisi ad “elementi finiti” (FEM – Finite Elements Analysis) consentono, grazie a potenti interfacce computazionali, la perfetta ricostruzione virtuale di un qualsiasi oggetto, dalla forma ai comportamenti fisici. L’analisi qui di seguito illustrata riguarda i materiali, i modi propri ed i relativi valori di frequenza di vibrazione dei componenti del clarinetto. 1. L’ancia L’ancia è il generatore meccanico delle oscillazioni nello strumento. Consiste in una sottile lamella di canna o di materiale plastico flessibile, di rigidezza variabile. Figura 5.1: Modello F.E.M. di un ancia standard La canna comune, Arundo donax, è il materiale preferito per la costruzione di ance sia da produttori sia da musicisti ed è considerato di gran lunga superiore ai materiali alternativi con cui possono essere modellate. Tuttavia, essendo un materiale naturale, è soggetto a variazioni delle sue proprietà nel tempo ed al deterioramento del materiale stesso condizionando la qualità di esecuzione dello strumento musicale. Figura 5.2: struttura dell'ancia Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 20 La lavorazione delle ance non è standardizzata, e dipende in modo particolare dal taglio che operano le case produttrici. In Europa il più conosciuto è il French Filed Cut, mentre in America si utilizza il American Unfiled Cut. La conformazione del taglio dell’ancia è determinante dal punto di vista della vibrazione dell’ancia e del suono che ne consegue. La lavorazione coinvolge soprattutto il cuore dell’ancia (heart in figura), il cui Figura 5.3: French Filed Cut (a sinistra) e American Unfiled Cut (a destra) spessore influenza la durezza dell’ancia. Tuttavia il fattore più influente è il numero di fibre presente nel materiale: un numero elevato produce un suono troppo sonoro e complesso, mentre con un numero minore di fibre il suono risulta eccessivamente piatto e sordo. Figura 5.4: sezione trasversale di canna naturale La casa produttrice D’Addario Woodwinds ha sviluppato le ance Rico plastiCOVER, che consistono in un ancia di canna semplice con un rivestimento polimerico che la ricopre dalla punta alla spalla. Questo previene l’attacco chimico della saliva che tende a logorarla e mantiene le condizioni stabili indipendentemente dalle condizioni igrometriche di esercizio. Figura 5.5: ancia Rico plastiCOVER Un altro tipo di materiale utilizzato per la produzione delle ance è il Fibercane un materiale composito composto da fibre di poliestere immerse in una resina polimerica. Le ance più conosciute in questo settore sono le Fibracell, in cui il numero di fibre sintetiche è stato appositamente studiato per riprodurre la stessa densità ed elasticità della canna naturale. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 21 Figura 5.6: ancia Fibracell Il comportamento altamente igroscopico delle ance classiche in canna naturale, e il loro veloce deterioramento, ha portato allo sviluppo di ance completamente sintetiche che ne annullano quasi completamente questi difetti. La ditta Légère, una delle pioniere in questo campo, ha formulato un polimero basato sul propilene orientato che conferisce all’ancia proprietà molto simili a quelle della canna naturale. Figura 5.7: ancia Légère Prendiamo ora in considerazione un’ancia standard in canna naturale fissata ad un piano d’appoggio come in figura. Figura 5.8: modello ancia Il primo modo di vibrare, con valore di frequenza 772 Hz è il principale nella generazione della gamma di emissione dello strumento. Nel modo 2 si genera una frequenza di 2464 Hz, anch’essa utile soprattutto per la generazione dei suoni medio-acuti. Figura 5.9: Primo modo di vibrazione e relativa frequenza Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 22 Mentre nei modi 1 e 2 è chiara la funzione di ancia “battente”, nel modo 3 è interessante notare la generazione della prima frequenza (4443 Hz) di “disturbo”. I lembi esterni dell’ancia si alzano e abbassano tenendo sempre aperto il canale di afflusso, “consumando” aria. Figura 5.11: Terzo modo di vibrazione e relativa frequenza Figura 5.10: Secondo modo di vibrazione e relativa frequenza 2. Il bocchino Il bocchino è generalmente costituito da una porzione di materiale plastico (ebanite, ma anche ebano, cristallo, quarzo, metallo) opportunamente foggiato, che convoglia e trasmette le oscillazioni prodotte dall’ancia sulla colonna d’aria presente nello strumento. In commercio ci sono numerosi bocchini che differiscono per apertura e lunghezza della “finestra” su cui appoggia l’ancia. Queste Figura 5.12: modello F.E.M. di un bocchino tradizionale caratteristiche fisiche, combinate con la tecnica dello strumentista, modificano il timbro e la facilità di emissione del suono. Prendiamo ora in considerazione un bocchino di forma standard in ebano appoggiato nella zona di innesto come se fosse montato sullo strumento (come in figura). Figura 5.13: modello bocchino Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 23 Il primo modo di vibrare ha già un livello di frequenza molto elevato di 6125 Hz, il che esclude la possibilità di intervenire, a livello di risuonatore secondario, nel processo di formazione dell’onda sonora. Figura 5.14: primo modo di vibrazione e relativa frequenza 3. Il barilotto Il barilotto è generalmente costituito da una porzione di ebano opportunamente foggiato, e conferisce allo strumento, nella sua possibile variazione di lunghezza, la giusta intonazione. Prendiamo ora in considerazione un barilotto di forma standard in ebano naturale. Figura 5.15: modello F.E.M. di un barilotto tradizionale I risultati e le conseguenti riflessioni non si discostano da quanto già detto per il bocchino: modo 1, 8225 Hz; modo 2, 9888 Hz; modo 3, 10160 Hz. Figura 5.16: da sinistra, primo, secondo e terzo modo di vibrazione del barilotto 4. Il corpo centrale Il corpo centrale o tastiera (normalmente diviso in due parti), dove si trovano i fori e le chiavi, ha la funzione di selezionare la lunghezza della colonna d’aria presente al suo interno. Le meccaniche della tastiera sono generalmente costituite da elementi di una lega metallica (alpaca) opportunamente foggiati, mentre i tamponi che chiudono i fori sono generalmente costituiti da feltro ricoperto di vesciche animali (ma anche di pelle o sughero) per ottenere la perfetta tenuta d’aria in chiusura, e un deflusso libero da turbolenze in apertura. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 24 Da sottolineare in questa sezione l’importanza dell’omogeneità della resistenza che le chiavi oppongono alla pressione esercitata dalle dita: nonostante la diversità di peso e di assi di rotazione, infatti, ogni chiave deve rispondere allo stesso modo alla chiusura ed all’apertura dei tasti, per garantire la massima affidabilità e la miglior percezione da parte dell’esecutore. Le molle in commercio sono essenzialmente di due tipi, ma possono essere fatte in materiali diversi: ο§ La molla ad ago, che consiste in un robusto ago di acciaio schiacciato ad un'estremità e inserito a pressione nel foro della colonnetta. Questo ago viene usato sulle chiavi a "leva", ovvero quelle che hanno una leva a un'estremità e un braccio all'altra, per trasferire il movimento al tampone con cui Figura 5.17: esempio di molla ad ago termina la chiave che copre il foro. Queste chiavi a leva sono di misure diverse e di due tipi: aperte o chiuse in posizione di riposo. Quelle chiuse in posizione i riposo sono controllate da una molla pesante, altrimenti le chiavi verrebbero aperte dalla pressione dell'aria emessa dallo strumentista. ο§ La molla piatta, è utilizzata con un tipo di chiave più semplice, ovvero “un'altalena” che si muove su di un perno centrale, ad una estremità della quale c'è il punto di contatto e dall'altra il tampone. Questa molla possiede una forma piatta e affusolata nella parte terminale: un’estremità è fissata alla chiave Figura 5.18: esempio di molla piatta con una vite nella direzione del tampone, mentre l'altra si estende sotto il perno verso il punto di contatto ed entra in un incastro. Queste chiavi "ad altalena", che sono sette sul clarinetto Böhm, vengono utilizzate per controllare le chiavi "chiuse" e si trovano tutte nella parte superiore. Il rischio di rottura ultimamente è diminuito grazie all'intraprendenza di alcuni costruttori che producono le molle in materiali più elastici e duttili ad esempio il berillio, rendendole più adatte ai loro scopi; ma la grande maggioranza dei clarinetti viene ancora prodotta con molle in acciaio. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 25 Consideriamo ora l’analisi del deflusso dell’aria da un foro aperto, prendendo come esempio un tubo cilindrico di 30 mm di diametro contenente aria atmosferica a 36 °C come in figura. Figura 5.19: modello di un foro aperto β , mentre all’estremità del foro è imposta una L’aria possiede all’ingresso del tubo una velocità π pressione relativa P = 0. I risultati ottenuti dall’analisi sono presentati in stile topografico, fotogramma per fotogramma. Figura 5.20: rappresentazione dell'andamento della velocità e della pressione del flusso d'aria Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 26 5. La campana La campana ha una funzione di controllo dell’intonazione e di diffusore nell’ambiente circostante delle oscillazioni della colonna d’aria presente nello strumento. Prendiamo ora in considerazione una campana di forma standard in ebano, appoggiata nella zona di innesto come se fosse montata sullo strumento. Figura 5.21: modello F.E.M. di una campana tradizionale Figura 5.22: modello di una campana tradizionale E’ interessante notare come il primo modo di vibrazione abbia, a dispetto degli altri componenti, un valore di frequenza di 751 Hz, compreso nella gamma dell’estensione dello strumento. Per questo motivo è l’unico componente che interviene nella formazione dei suoni e delle loro armoniche come risuonatore secondario. La sua influenza sarà minima, ma comunque presente ed efficace. Figura 5.23: primo modo di vibrazione e relativa frequenza Passiamo ora all’analisi del deflusso dell’aria dalla campana, prendendo in considerazione una campana standard immersa in aria atmosferica a 36 °C come in figura. β , L’aria possiede all’ingresso una velocità π mentre all’estremità della bocca di deflusso è imposta una pressione relativa P = 0. I risultati Figura 5.24: modello del deflusso dell’aria da una campana ottenuti dall’analisi sono presentati in stile topografico, fotogramma per fotogramma, nella pagina a seguente. Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 27 Figura 5.25: rappresentazione dell’andamento della velocità e della pressione del flusso d’aria Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 28 BIBLIOGRAFIA F. Meloni, Il Clarinetto, Zecchini Editore, 2015 S. Fabbri, M. Masini, Phoenomena LS2, SEI Editrice, 2012 G. Légère, oriented polymer reeds for musical instruments, U.S. Patent no. 6.087.571, 2000 L. Facchinetti, X. Boutillon, A. Constantinescu, Numerical and experimental modal analysis of the reed pipe of clarinet, PACS no.43.75.Ef SITOGRAFIA http://www.treccani.it/enciclopedia/ https://it.wikipedia.org/ https://sites.google.com/site/clarinettoitalia/clarinetto http://www.musicaint.it/Magazine/XVII01/resp_circolare/respira_circolare1.html http://fisicaondemusica.unimore.it/ http://www.buffet-crampon.com/fr/instruments/clarinettes/ http://www.bill-lewington.com/fibra.htm http://www.ricoreeds.com/woodwindsReedClarinetBb.Page?ActiveID=4678 http://www.legere.com/ Andrea Migliorini Liceo Scientifico “A. Moro” pag. 29