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islam
=
sottomissione
Cari Amici,
questa foto, mostra bambini e bambine di una scuola elementare Olandese, biondissimi,
prostrati per terra a pregare Allah in una moschea di un paese di circa 300 abitanti.
Naturalmente non sono arabi, né musulmani. Sono cristiani, come tutti gli abitanti
dell’Olanda, anche se non praticanti. Hanno visitato la moschea del posto. La visita alla
moschea rientrava nel progetto «Conoscere altre culture». La guida religiosa musulmana,
l'imam Maulana Tahier Wagid Hosain Noorani ha accolto calorosamente i bambini, ha
risposto in modo divertente e facile alle loro innocenti domande, ha fatto loro ripetere le
lettere dell'alfabeto arabo, ha elogiato l'islam quale religione di pace e di amore (anche se
non è proprio cosí!). Quindi ha mostrato loro come pregano i musulmani e, quasi come in
un gioco, ha invitato i bambini a farlo. Ed essi lo hanno fatto. Bambini e bambine
sottomessi all'islam (la parola ISLAM vuol dire proprio “SOTTOMISSIONE”), tra lo sguardo
quasi divertito delle loro maestre, eccezionalmente ammesse in moschea senza velo (cosa
vietatissima dall’Islam). C’è anche qualche mamma, appoggiata passivamente alla parete
che, divertita, non partecipa al rito di iniziazione alla fede islamica; essa resta «fuori
campo», tuttavia ha permesso ed ha acconsentito alla resa dei propri figli all'islam. Viene
da pensare che questa foto sia il simbolo della nostra Europa decadente, menefreghista e
stupida che incapace e debole, affida il proprio futuro all’Islam, alla forza violenta e al
fascino superficiale del culto di Allah e alla venerazione del suo cosiddetto profeta,
Maometto.
Questa foto potrebbe passare alla Storia come uno dei momenti significativi del processo
di islamizzazione dell'Europa. Questi bambini si sono ingenuamente prostrati in moschea
ripetendo il gesto dei fedeli servi di Allah. È possibile che questi stessi bambini, tra dieci o
venti anni, tornino a pregare nelle moschee da convertiti all'islam o siano costretti a farlo
in una Olanda nel frattempo islamizzata sia dal punto di vista della popolazione, sia dal
punto di vista delle idee e sia dal punto di vista politico.
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Se finora siamo rimasti shoccati dalla guerra scatenata dai terroristi islamici che sgozzano,
decapitano, massacrano cristiani e tutti coloro che non la pensano come loro e si fanno
esplodere; ora è tempo di prendere atto che l'immagine dei bambini cristiani, di fede o di
tradizione, che si prostrano ad Allah in una moschea d'Europa è di gran lunga più
impressionante, perché ci fa toccare con mano il successo islamico di sottometterci
all’islam, proprio dentro casa nostra, sradicando la nostra civiltà ormai degradata,
scoperchiando la vuotaggine della nostra spiritualità che ha eliminato anche il male dalla
propria vita (“non c’è niente di male”, si dice in ogni occasione), distruggendo la veritá
come punto di riferimento (ognuno ritiene vero ció che dice lui!), imponendo l'islam come
l'alternativa alla mancanza dei nostri valori morali e spirituali.
Quesa foto ci fa toccare con mano come la sottomissione dell'Europa all'islam sarà la
conseguenza della paura di guardare in faccia la realtà dell'islam, la violenza che Allah
prescrive nel Corano e ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Le nuove generazioni
europee, sacrificate sull'altare di un Allah violento e di un Maometto criminale,
conosceranno la fine di un'Europa che verrá trasformata in una terra di conquista
islamica. Non per mano dei terroristi tagliagole, bensì dei terroristi taglia-lingue, che
impediranno di ragionare, che imporranno con la forza l'islam, che praticheranno in casa
nostra il lavaggio del cervello, che è la loro vera arma vincente, che apriranno le porte a
milioni di clandestini islamici che sostituiranno la nostra popolazione e faranno morire la
nostra civiltà. Ognuno rifletta attentamente sulla foto dei nostri bambini cristiani prostrati
in moschea. E non si dica che è un gioco o che è una imitazione innocente. Svegliamoci!
Ogni cosa singola (per es., abolizione del crocifisso nelle scuole, sostituzione delle feste di
Natale e di Pasqua con le feste dell’Inverno e della Primavera, eliminazione del presepe,
sostituzione dei canti natalizi, per non offendere la sensibilitá dei musulmani, ecc.)
sembra una cosa da niente, ma tutto è progettato e programmato! Nessuno di noi è
razzista, per caritá! Noi rispettiamo tutti, certo; ma sottometterci a tutti, rinnegando i
nostri valori, le nostre tradizioni, la nostra cultura, la nostra civiltá, per paura di offendere
qualche musulmano, questo è stupiditá. Svegliamoci, smettiamola di fare i “buonisti”
fuori posto. Probabilmente faremo ancora in tempo a bloccare il suicidio della nostra
civiltà europea e cristiana.
Un caro saluto
Violenza e Amore nell’Islam:
le numerose contraddizioni
nel Corano
Chiaro esempio dell'incoerenza di Maometto che ha scritto tutto e pure il suo contrario, a
seconda della SUA convenienza in quel momento. Ecco alcuni versetti sulla violenza e altri
sull’amore. L’amore verso Dio è chiaramente espresso, nel Corano; ma l’amore verso il
prossimo che fine ha fatto? E quando c’è, si riferisce al “prossimo”, inteso come gli stessi
musulmani. Dov’è l’amore anche verso i nemici che ci ha insegnato Gesú?
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Versetti sull’amore
Un giorno, un compagno di Maometto gli domandò : “Oh inviato di Dio, che cos’è la
fede? Egli rispose: La fede consiste nel fatto che Dio e il suo inviato, Maometto, siano
amati da te più di ogni altra cosa”. E un’altra volta Maometto disse: “Amate Dio per la
grazia con la quale vi nutre, e amate me per l’amore che Dio ha per me”.
L’amore per Dio e per il Suo inviato Maometto é un obbligo per il Musulmano. Infatti il
Corano dice: “Egli li ama ed essi lo ameranno” (Corano 5,54).
E ancora: “Quelli che credono, prima di amare se stessi, amano Dio” (Corano 2,165).
I Musulmani sono chiamati a mettere Dio al primo posto nella loro vita e ad amarlo più di
ogni cosa. “Se i vostri padri e i vostri figli e le vostre moglie e la vostra tribù e i beni che
avete acquistato e un commercio che temete andare in rovina, e le case che amate, vi
sono più care di Dio e del suo messaggero Maometto e dello sforzo sulla Sua via, allora
aspettate finché Dio vi porterà il Suo ordine: Dio non ama la gente perversa” (Corano, 9,
24).
Versetti sulla violenza
“Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa e’ la ricompensa per i miscredenti.”
[Sura 2:191].
“Circondateli e metteteli a morte ovunque li troviate, uccideteli ogni dove li troviate,
cercate i nemici dell’Islam senza sosta” [Sura 2:193].
“Combatteteli finché l’Islam non regni sovrano” [Sura 3:85].
"Chi vuole una religione diversa dall'Islàm, il suo culto non sarà accettato."
“Gli infedeli (coloro che non si sottomettono all’Islam), sono essi <gli odiati nemici> dei
musulmani [Sura 4:101]. “I musulmani devono arrestarli, assediarli e preparare imboscate
in ogni dove” [Sura 9:95]. “Non abbiate amici tra gli Ebrei ed i Cristiani” [al-Ma’idah
5:51.11].
“Allah darà una più grande ricompensa a coloro che combatteranno per lui” [Sura 4:96].
“I musulmani devono far guerra agli infedeli che vivono intorno a loro” [Sura 9:123].
“I musulmani devono essere brutali con gli infedeli” [Sura 48:29].
“Allah ama coloro che combattono per la Sua causa” [Sura 6:13].
“Chiunque combatta contro Allah o rinunci all’Islam per abbracciare un’altra religione
deve essere messo a morte o crocifisso o mani e piedi siano amputati da parti opposte”
[Sura 5:34].
“Chiunque abiuri la sua religione islamica, uccidetelo”. [Sahih Al-Bukhari 9:57].
“Assassinate gli idolatri ogni dove li troviate, prendeteli prigionieri e assediateli e
attendeteli in ogni imboscata” [Sura 9:5].
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Siccome se ne parla molto e quasi tutti hanno qualche volta sentito queste due parole, è
necessario spiegare, in breve, di che cosa si tratta.
“Budda” non vuol dire “Dio”. Budda non è il Dio dei Buddisti.
Il “Buddismo” non è una religione, quindi non ha un Dio; e non é neppure una filosofia. Il
Buddismo è un insieme di esercizi mentali per raggiungere il nirvana. Il “nirvana” è la “fine
delle sofferenze, dei dolori e delle passioni”, ivi comprese quelle piacevoli.
Si raggiunge il “nirvana” quando si riesce a liberarsi dei tre difetti fondamentali: la brama,
(desiderio vivissimo e smodato: di cibo, di onori, di ricchezze; di sapere, di conoscere);
l'odio e l'illusione.
Budda è una parola indiana che in italiano vuol dire “Illuminato”, “risvegliato”. Chiunque
puó essere un “Budda”, infatti il “Budda” è ogni persona che, nelle reincarnazioni, dopo
aver trascorso diverse vitepassate, si è progressivamente liberato dagli attaccamenti alle
cose materiali, e raggiunge nel corso della sua ultima vita, la liberazione, entrando cosí nel
nirvāṇa.
Il fondatore del buddismo è Siddhartha Guatama. Egli nacque in India nel 600 a.c. Essendo
ricco, visse in maniera lussuosa, valutando poco e disprezzando il mondo attorno e tutti
gli altri. I suoi genitori volevano preservarlo dalle sofferenze del mondo esterno e non
volevano che fosse influenzato da una qualche religione.
Tuttavia, un giorno Siddharta Gautama vide un cadavere, un anziano e un malato. Vide
anche un sacerdote, sereno, perché aveva abbandonato il lusso. Vedendo la serenità del
sacerdote, decise di diventare anche lui come quel sacerdote, dedicandosi alla
meditazione. Abbandonò la sua vita di ricchezza e di lusso e cercò l’illuminazione
attraverso l’austerità della vita; era solito fare anche intense meditazioni. Divenne un
esempio e un capo per altri. È determinante un fatto nella sua vita. Un giorno, seduto
sotto un fico, con un piatto di riso, decise che avrebbe meditato, senza mangiare, fino
quando non avesse raggiunto l’illuminazione, anche fino alla morte, se necessario. Dopo
tentazioni e sofferenze, fece la scoperta, cioè raggiunse l’illuminazione il mattino
seguente. Per questo fu chiamato “l’Illuminato” o il “Budda”. Fatta questa scoperta, la
iniziò ad insegnare ai suoi seguaci, tra i quali cinque divennero i suoi primi discepoli.
Cosa scoprí Siddharta Gautama? Scoprí che la pace, la serenitá e la felicitá non si trova
nel lusso estremo. Scoprì anche quattro nobili verità: 1) La vita è sofferenza, 2) L’origine
della sofferenza è l’attaccamento a cose e persone che passano. 3) la sofferenza può
essere eliminata quando si eliminano le passioni a cui si è attaccati, 4) le passioni possono
essere eliminate percorrendo un nobile sentiero. Il nobile sentiero consiste nell’avere 1)
una giusta visione, 2) una giusta intenzione, 3) un buon dialogo, 4) giuste azioni, 5) essere
un sacerdote, 6) impegno verso le giuste cose, 7) meditazione e 8) concentrazione.
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1) La vita è sofferenza.
Per il “Budda”, cioè Siddartha Gautama, vivere vuol dire soffrire, perché la natura umana
non è perfetta. Nel corso della nostra vita, sopporteremo sofferenze fisiche come il
dolore, la malattia, dolore fisico, stanchezza, vecchiaia, e infine la morte; e sopporteremo
sofferenze psicologiche come tristezza, paura, frustrazione, delusione e
depressione. Anche se ci sono diversi gradi di sofferenza e ci sono anche esperienze
positive nella vita che noi percepiamo, la vita, nella sua totalità è imperfetta e incompleta,
perché il nostro mondo è soggetto a finire. Questo significa che tutto passa e che noi non
siamo mai in grado di mantenere sempre quello che abbiamo: la stessa vita nostra e dei
nostri cari un giorno finirà.
2) L’origine della sofferenza è l’attaccamento.
L’origine della sofferenza è l’attaccamento alle cose transitorie. Le cose transitorie non
comprendono solo oggetti fisici che ci circondano, ma anche idee, e in un certo senso,
tutti gli oggetti della nostra percezione. Le cause della sofferenza sono il desiderio, la
passione, l’ardore, la ricerca della ricchezza e il prestigio, la ricerca di fama e popolarità, o
in breve: il desiderio é l’attaccamento in genere. Poiché gli oggetti del nostro
attaccamento passano, la loro perdita è inevitabile, e così insorge la sofferenza. Oltre agli
oggetti di attaccamento anche noi siamo un inganno: noi siamo solo una parte del
continuo cambiamento dell’universo.
3) La cessazione della sofferenza è possibile. Come? Eliminando il desiderio.
La cessazione della sofferenza può essere raggiunta attraverso l’eliminazione della brama
sensuale e dell’attaccamento. La fine della sofferenza può essere ottenuta mediante il
conseguimento del distacco da tutte le preoccupazioni, le paure, o da qualsiasi altra
emozione. In una parola “annullare il desiderio”.
4) Il percorso per la cessazione della sofferenza.
C’è un cammino da fare per liberarsi dalla sofferenza, un cammino graduale di automiglioramento, formato da 8 sentieri, Questi sono gli otto sentieri:
1) retta comprensione (cioè, formarsi una giusta opinione sulle cose).
2) retto pensiero (cioè avere pensieri liberi da bramosie, pensieri liberi da malevolenza,
pensieri liberi da crudeltà).
3) retta parola (cioè, astenersi dalla menzogna, dai pettegolezzi maliziosi, dalle ingiurie
ecc.; astenersi dal mentire, dal calunniare, dal parlare aspramente, dal parlare di cose
stupide, volgari e inutili).
4) retta azione (cioè, astenersi dal fare cose che sono dannose per gli altri o per sé;
astenersi dal togliere la vita, astenersi dal prendere ciò che non ci viene dato, astenersi da
eccessi sensuali).
5) retta condotta di vita (vita da sacerdote: cioè, non procurarsi da vivere con mezzi
immorali o illegali).
6) retto sforzo (cioè, perseveranza nel coltivare la meditazione e la concentrazione).
7) retta consapevolezza (cioè, guardare con distacco tutto ció che avviene dentro di noi e
fuori di noi; guardare con distacco e senza coinvolgimento emotivo, il piacere, il dolore e
la sofferenza.
8) retta concentrazione (cioè, rimanere libero da tutto e da tutti e non desiderare proprio
nulla delle cose, del mondo).
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Quindi secondo il Buddhismo, la vita è sofferenza e che l’unica via per liberarsi dalla
sofferenza e per raggiungere la felicità è quella di capire che tutto è “vanitá”, tutto è
vuoto di esistenza interna, in una parola che tutto è un soffio di vento, niente ha senso.
Non hanno senso i fenomeni che osserviamo intorno a noi, le emozioni che ne
scaturiscono, i processi dei 5 sensi con cui crediamo di percepire il mondo e, in ultima
analisi, il nostro stesso “Io”.
La comprensione piena di tutto questo (cioè capire che tutto è un niente e che non vale
proprio la pena attaccarsi e soffrire per quel niente) è possibile solo percorrendo gli 8
Sentieri che permettono di raggiungere lo stato del “Buddha”, cioè lo stato
dell’illuminato, il “nirvana”, cioè l’eliminazione di ogni sofferenza..
Gli 8 Sentieri, secondo il Buddismo, libera l’uomo dai cinque “veleni mentali” da cui
derivano tutti i mali e i dolori: cioè, odio, attaccamento, invidia, orgoglio e dubbio.
Rispetto al Cristianesimo, presenta alcune somiglianze, ma anche profonde differenze di
ordine spirituale. E’ simile al Cristianesimo, per esempio, quando esorta a coltivare
pensieri liberi da possessi, da malevolenza e da crudeltà; quando esorta a non mentire, a
non diffamare o a non parlare in modo aggressivo; quando esorta a procurarsi da vivere
onestamente e senza violenza. E’ molto diverso, invece, quando afferma che sono gli
sforzi personali ad aprire la via dell’illuminazione o della felicitá.
Secondo i Vangeli non è cosí. Secondo i Vangeli, la vita non è soltanto sofferenza; inoltre
una vita autentica è quella vissuta in sintonia con la volontà di Dio, cioè una vita d’amore;
infine la piena realizzazione di sé, si raggiunge grazie all’azione libera e gratuita dello
Spirito Santo, che opera nel cuore del credente al di là dei suoi meriti, e spesso
nonostante i suoi demeriti.
In conclusione, possiamo dire che il Buddismo è un vero e proprio esercizio mentale, che
non ha niente a che fare né con la religione e tanto meno con la religione Cristiana, la
quale, se vissuta bene, contiene tutto ció che è positivo nel Buddismo, ma anche molto
ma molto di piú.
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La grandezza
del matrimonio cristiano:
una istituzione e un valore
insegnato da Gesú,
che non va messo
in discussione
Quando Gesù Cristo, duemila anni fa, ha predicato le verità eterne, la cultura del tempo,
era radicalmente contraria a quello che diceva Gesú, soprattutto nel campo morale e
nella dottrina e nella pratica del matrimonio. “Egli era nel mondo, eppure il mondo non lo
riconobbe” (Giov. 1, 10).
La gran parte del popolo d’Israele, ed in particolare i sommi sacerdoti, i maestri della
legge di Mosé, cioè gli intellettuali di allora e i farisei, hanno rigettato l’insegnamento
rivelato di Cristo e persino l’assoluta indissolubilità del matrimonio: “Venne fra la Sua
gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Giov. 1, 11). Tutta la missione di Gesú sulla terra
consisteva nel rivelare la verità: “Per questo sono venuto nel mondo per rendere
testimonianza alla verità” (Giov. 18, 37). E Gesú morí sulla croce, proprio per aver detto la
veritá. “Voi cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio. Per quale motivo
non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola? Voi
avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin
da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso,
dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non
credete, perché io dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la
verità, perché non mi credete?” (Giov. 8, 40-46). La prontezza di Gesù nel morire per la
verità includeva tutte le verità da Lui annunziate, certamente anche la verità
dell’indissolubilità assoluta del matrimonio.
Gesù Cristo afferma con forza la indissolubilità e la santità del matrimonio. Dice che
all’inizio cosí volle Dio. Gli Apostoli e i suoi successori, in primo luogo i Papi, successori di
Pietro, hanno sempre custodito e fedelmente trasmesso la veritá della santità e
indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesú Cristo, senza mai metterla in
discussione: “Il matrimonio sia onorato e la stanza nuziale sia senza macchia. I fornicatori
(cioè coloro che hanno rapporti sessuali fuori del matrimonio) e gli adulteri (cioè coloro
che tradiscono sessualmente il coniuge) saranno giudicati da Dio” (Ebr. 13, 4).
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E ancora:
“Agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito, e qualora si
separi, rimanga senza sposarsi, e il marito non divorzi dalla moglie” (1 Cor. 7, 10-11).
Queste parole ispirate dallo Spirito Santo furono sempre insegnate nella Chiesa durante
duemila anni; esse sono servite come un orientamento obbligatorio e come norma
indiscutibile per la pratica dei sacramenti e per la vita cristiana dei fedeli.
Il comandamento di rimanere senza sposarsi dopo il divorzio dal proprio coniuge
legittimo, non se lo è inventato la Chiesa, ma è Parola di Dio, come insegnava l’apostolo
San Paolo: “Ordino non io, ma il Signore” (1 Cor. 7, 10). La Chiesa ha continuamente
insegnato questa veritá, vietando ai fedeli validamente sposati, di divorziare e di sposarsi
con un nuovo partner. Di conseguenza, la Chiesa non ha la competenza di approvare una
convivenza matrimoniale al di fuori di un valido matrimonio, né di ammettere tali persone
adultere alla Comunione.
Nessun Papa e nessun Vescovo puó dare una legge che permetta ai divorziati risposati di
fare la Comunione. Se lo fa si sostituisce a Dio, oppure abusa di un diritto che Dio non gli
ha dato. Un accompagnamento spirituale e un discernimento pastorale deve proporre
alle persone adultere, cioè ai divorziati risposati, di vivere in continenza, come fratelli e
sorelle, senza avere rapporti sessuali, come condizione per poter fare la comunione. Chi
non lo fa, abusa del potere sacerdotale che Dio gli ha dato.
Ecco cosa pensavano i cristiani fin dall’inizio. La loro dottrina è chiaramente espressa in
uno scritto antichissimo (verso il 100 d.C.), che si chiama, “Il pastore di Erma”. Sentite::
“Che cosa, Signore, farà il marito se la moglie continua a vivere da adultera?” (adulte-ra è
una persona che tradisce sessualmente il proprio coniuge). “L’allontani e il marito
rimanga per sé solo. Se dopo aver allontanato la moglie, sposa un’altra donna, anch’egli
commette adulterio“. “Signore, e se la moglie, dopo che è stata allontanata, si pente del
suo adulterio e vuole ritornare dal marito, non sarà ripresa?”.
“Sì, sará ripresa; e se il marito non la riprende pecca e si addossa una grande colpa. Il
seguace di Gesú, deve ricevere chi ha peccato e si è pentito. Appunto perché c’è la
possibilità di tale pentimento, il marito non deve risposarsi. Questa direttiva vale sia per la
donna che per l’uomo. Non solo si commette adulterio se uno si risposa con un altro
cristiano, ma anche se si risposa con un pagano, commette adulterio. Per questo vi fu
ordinato di rimanere da soli, per la donna e per l’uomo. Vi può essere in loro pentimento,
ma chi ha peccato, si penti, ritorni e non pecchi più”.
Il primo grande peccato di uno che era la guida religiosa del popolo di Israele, fu il peccato
del sommo sacerdote Aronne, come racconta la Bibbia (Es. 32, 1-14), quando costui
cedette alle domande insistenti dei peccatori e permise loro di venerare l’idolo del vitello
d’oro (cfr. Es. 32, 4). Perché fu un grave peccato? Perché sostituí, in questo concreto caso,
il Primo Comandamento (“Non avere altri dei oltre a me, perché io sono il Signore Dio
tuo); sostituí cioé la volontà e la Parola di Dio, con la volontà peccatrice
dell’uomo. Aronne giustificava
questo suo atto in nome della
misericordia e della comprensione
verso le esigenze degli uomini.
Ma quelle erano esigenze malvage,
peccaminose; e Dio perdona i
peccati ma non giustifica le esigenze
malvage degli uomini. La Sacra
Scrittura dice appunto: “Mosè vide
che il popolo non aveva più freno,
perché Aronne avevo tolto ogni
freno al popolo, così da farne la
vergogna dei loro avversari” (Es. 32, 25).
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Si ripete oggi nuovamente nella vita della Chiesa, quel primo peccato. Aronne aveva dato
il permesso di peccare contro il Primo Comandamento di Dio e di poter essere allo stesso
tempo sereni e lieti nel farlo, e la gente appunto danzava: “Il popolo sedette per mangiare
e bere, poi si alzó per darsi al divertimento” (Es. 32, 6).
Oggi, parecchi sacerdoti, anche ai più alti livelli della Chiesa, danno il permesso di peccare
contro il Sesto Comandamento (“Non commettere adulterio”) e permettono la pratica
sessuale tra persone non validamente sposate, che è in un certo senso il vitello d’oro
venerato da alcuni sacerdoti e dalla gente dei nostri giorni.
L’ammissione di tale persone alla Comunione senza chieder loro di vivere come fratelli e
sorelle, significa dare loro il permesso di non osservare il Sesto Comandamento.
Tali ecclesiastici (sacerdoti e Vescovi), come nuovi “Aronne”, tranquillizzano queste
persone, dicendo che possono essere serene e liete, cioè continuare nella gioia
dell’adulterio, tanto Dio è misericordioso e la Chiesa è una madre comprensiva, e che
possono tranquillamente ricevere il corpo del Signore. Con tale orientamento pastorale i
nuovi “Aronne” fanno del popolo cattolico la vergogna dei loro nemici, cioè del mondo
non credente e immorale, il quale potrà davvero dire, ad esempio:
*) Nella Chiesa cattolica si può avere un nuovo partner accanto al proprio
coniuge, e la convivenza con lui è ammessa nella prassi!
*) Nella Chiesa cattolica è ammessa di conseguenza una specie di poligamia!
*) Nella Chiesa cattolica l’osservanza del Sesto Comandamento, tanto odiato da
parte della nostra società moderna ecologica ed illuminata, può avere delle
legittime eccezioni!
*) Il principio del progresso morale dell’uomo moderno, secondo il quale si deve
accettare la legittimità degli atti sessuali fuori del matrimonio, è finalmente
riconosciuto, accettato in maniera implicita dalla Chiesa cattolica, che era
stata sempre retrograda, rigida e nemica della letizia dell’amore e del
progresso morale dell’uomo moderno.
Cosí parlano i nemici di Cristo e della Verità Divina, che sono i veri nemici della Chiesa.
Rimane sempre una grande esempio e una serio ammonimento ai Pastori e ai fedeli della
Chiesa, il fatto che il Santo che per primo diede la sua vita come testimone di Cristo, fu
San Giovanni Battista, il Precursore del Signore. La sua testimonianza per Cristo
consisteva nel difendere senza ombra di dubbi e di ambiguità l’indissolubilità del
matrimonio e nel condannare l’adulterio: “Non ti è lecito cacciare tua moglie e sposare la
moglie di tuo fratello”, disse Giovanni Battista al Re; e per questo fu decapitato e ucciso,
per testimoniare questa veritá.
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La storia della Chiesa cattolica è piena di esempi luminosi che hanno seguito l’esempio di
San Giovanni Battista e hanno dato come lui la testimonianza del sangue, soffrendo delle
persecuzioni e svantaggi personali.
Questi esempi devono guidare specialmente i Pastori della Chiesa dei nostri giorni, perché
non cedano alla tentazione di voler piacere più agli uomini che a Dio misericordioso e
saggio.
Tra la numerosa schiera di tanti imitatori di San Giovanni Battista come martiri e
confessori dell’indissolubilità del matrimonio, possiamo ricordare solo alcuni più
significativi. Il primo grande testimone fu il Papa San Nicolò I, detto il Grande.
Lotario II, re di Lorena, nell’857, volle a tutti i costi che il Papa riconoscesse la validità del
suo secondo matrimonio, dopo aver divorziato dalla prima moglie, con cui era stato
legittimamente unito. Ma nonostante Lotario godesse dell’appoggio dei vescovi della sua
regione e del sostegno dell’imperatore Ludovico, che arrivò ad invadere Roma col suo
esercito, papa Nicolò non si piegò alle sue pretese e non riconobbe mai come legittimo il
suo secondo matrimonio.
Un altro esempio luminoso di confessori e martiri dell’indissolubilità del matrimonio ci è
offerto dal cardinale san Giovanni Fisher e di san Tommaso Moro. Enrico VIII, re
d’Inghilterra, voleva divorziare dalla sua legittima moglie Caterina d’Aragona. Ma
Giovanni Fisher, si oppose pubblicamente. Egli ebbe persino il coraggio di fare una
dichiarazione molto forte pubblicamente, affermando che il matrimonio era legittimo, e
che un divorzio sarebbe stato illegale e che il Re non aveva il diritto di divorziare. Il
cardinale Fisher fu imprigionato nel 1534 nella Torre di Londra e l’anno seguente fu
decapitato (proprio come S. Giovanni Battista).
Anche Tommaso Moro, un ministro dello stesso Re, fu incarcerato per essersi rifiutato di
affermare la validitá del matrimonio tra Enrico VIII e Anna Bolena, una sua cortigiana.
Alcuni ecclesiastici in quel tempo suggerirono al cardinale Fisher e a Tommaso More di
essere più comprensivi e piú misericordiosi verso il re Enrico VIII. Ma essi rifiutarono
affermando non si può rinnegare la Parola di Dio e tollerare un adulterio.
Tommaso
Moro
Card.
Giovanni
Fischer
Enrico VIII e Anna Bolena
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La stessa cosa successe nel caso di Napoleone. Napoleone divorzió dalla sua legittima
moglie e sposó un’altra. Ebbene, neppure in questo caso, il papa, riconobbe il suo
secondo matrimonio.
Napoleone
Voglia lo Spirito Santo suscitare in tutti i membri della Chiesa, dal più semplice e umile
fedele fino al Supremo Pastore, il Papa, sempre più numerosi e coraggiosi difensori della
verità dell’indissolubilità del matrimonio e della corrispondente pratica immutabile della
Chiesa di non dare la Comunione ai divorziati risposati.
La Chiesa deve più che mai impegnarsi ad annunciare la dottrina e la pastorale
matrimoniale, come é stata insegnata da Gesú, affinchè nella vita dei coniugi e
specialmente nella vita dei cosiddetti divorziati risposati sia osservato quello che lo Spirito
Santo ha detto nella Sacra Scrittura: “Il matrimonio sia onorato ed la stanza nuziale sia
senza macchia” (Eb. 13, 4). Solo una pastorale matrimoniale, che prenda ancora sul serio
questa Parola di Dio é davvero misericordiosa, perché conduce le anime peccatrici sulla
strada sicura della vita eterna.
E questo è ciò che conta.
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Quali sono i segnali che qualcosa non va, nella vita matrimoniale?
Passate poco tempo insieme? Siete spesso troppo stanchi per fare l’amore? Desiderate
cambiare la vostra dolce metà? Potrebbero essere i segnali che la vostra coppia ha
bisogno di una riflessione e di una ricarica, prima che la relazione arrivi a un punto di non
ritorno. Vivere la vita a due non è mai semplice, considerato che ciascuno ha le proprie
diversità di carattere, le quali, pur essendo una ricchezza, se non sono ben gestite e se
non sono tenute sotto controllo, alla lunga possono portare a incomprensioni,
frustrazione e risentimento da cui può essere difficile uscire. “Mi sono accorta che
qualcosa non andava nel matrimonio, quando non riuscivo più a controllare la rabbia e la
scaricavo su altre persone”, dice una signora di 38 anni.
La rabbia, dunque, può essere una prima spia di allarme. Anche se non l'unica. Qualsiasi
cambiamento, come per esempio, mangiare di più, dormire meno, piangere
frequentemente, sentirsi affaticati, possono essere segnali di problemi matrimoniali.
Alcuni ricercatori di una universitá inglese hanno scoperto che più gli uomini inviano
messaggi, meno felici sono nelle loro relazioni. Il motivo? Secondo l'indagine, gli uomini
insoddisfatti preferiscono scrivere anziché avere un confronto diretto col partner, in
modo da mantenere le distanze. Se la relazione è arrivata a un punto di corto circuito
bisogna cominciare ad ascoltare l'altro, senza emettere giudizi, in maniera costruttiva.
Orientando, quindi, il rapporto verso momenti di dialogo attivo.
Comunque ecco 5 segnali che qualcosa non va nella coppia.
1. Scarsa comunicazione
Parlate poco e non provate piacere a farlo? Potrebbe essere la prima spia che le cose non
vanno bene. Ció vuol dire che non si vuole far parte della vita dell’altro. Ma anche parlare
solo di questioni superficiali e banali della vita di ogni giorno, trascurando argomenti più
profondi, piú seri, riguardando l’interioritá dell’altro, non è un buon segno.
Come anche non è un buon segno quando la critica, il giudizio e la rabbia nei confronti
dell'altro prevalgono nelle conversazioni.
2. Poco tempo per la coppia
Un altro segnale preoccupante è il poco tempo passato insieme. Se non c’é la voglia di
trascorrere del tempo importante insieme e se non si condividono più i bisogni e i
desideri di un tempo, allora forse potrebbe essere il caso di fermarsi e di riflettere. La
stessa cosa vale se nei momenti liberi, ciascuno pianifica da solo il proprio tempo,
organizzandosi autonomamente ed escludendo l’altro.
3. Cercare di cambiare partner
Quando si comincia a nutrire il desiderio di cambiare partner, non è un buon segno. E non
è un buon segno neppure pensare che l'altro dovrebbe essere diverso e cercare di
modificarlo. È un segno che indica che le cose non vanno bene. Ció vuol dire che c’é
mancanza di affinità con il partner. Con la conseguenza di sentirsi soli o come due
estranei che vivono insieme; ció indica che la coppia non sta crescendo insieme. Occorre
invece cercare di vivere momenti di dialogo attivo, prendendo seriamente quello che
l'altro dice.
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4. Calo del desiderio
Un altro aspetto che indica “temporali” sulla coppia è lo scarso interesse sessuale.
Insieme al calo del desiderio e alla voglia nascosta di avere altri partner è segno di una
mancanza di intesa che rappresenta una spia dell'assenza di comunicazione.
5. Litigi troppo frequenti
Infine, litigare è normale e, nelle giuste dosi, serve anche a mantenere viva la relazione.
Ma se il rapporto diventa delle continue, soffocanti discussioni su tutto, scatenate per lo
piú, sempre dagli stessi motivi, è bene fermarsi a riflettere per capire quali sono le ragioni
che impediscono la comunicazione e che portano a non voler più accettare i
compromessi, l’armonia e l’accordo.
La felicità matrimoniale ha un prezzo: ed è quello di dedicarsi reciprocamente piú tempo
e piú energie. Se mancano questi due elementi, i matrimoni e la loro felicitá vanno in
crisi. Infatti l’infelicità di coppia è più alta che mai, oggi, proprio perché mancano questi
due elementi, tempo per stare insieme ed energie da dedicarsi reciprocamente. C’è peró
una buona notizia: e la buona notizia è che una coppia, se vuole, ha la possibilitá di
migliorare ed accrescere la propria felicità, dedicando, appunto, piú tempo e piú energie
al proprio partner, nonostante il ritmo della vita contemporanea. Se vuole!
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Servizio Pastorale
a cura della
Missione Cattolica Italiana
Villingen-Singen
n. 73*
Gennaio 2017