Il fenomeno delle lenti gravitazionali

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Il fenomeno delle lenti gravitazionali
Il fenomeno delle lenti gravitazionali
Guardando con attenzione l'immagine, ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble, dell'ammasso di galassie denominato
Abell 2218, nella costellazione del Dragone, si osservano degli strani archi luminosi. Che cosa sono questi curiosi
oggetti? Esistono nell'Universo dei corpi luminosi con questa strana forma?
Abell 2218 è un ammasso di
galassie a circa 2 miliardi di
anni luce di distanza. È stato
usato
come
una
lente
gravitazionale
per
scoprire
l'oggetto più distante nota
nell'universo partire dal 2004.
L'oggetto, una galassia a circa
13 miliardi di anni, è visto dalla
Terra, come sarebbe stato a soli
750 milioni di anni dopo il Big
Bang.
Crediti:
Hubble
space
Telescope, NASA/ESA
La risposta a questa domanda appartiene a uno dei campi di indagine dell'astrofisica moderna tra i più interessanti e
proficui: il fenomeno delle lenti gravitazionali. Grazie alle lenti gravitazionali siamo in grado oggi di misurare direttamente
la distribuzione di materia oscura e di stimare la massa totale dell'Universo, definendo con maggiore precisione quale
sarà il suo destino ultimo.
Eppure il fenomeno delle lenti gravitazionali è conosciuto da quasi cent'anni, ma solo intorno agli anni '80 del secolo
scorso siamo riusciti a osservarlo e a comprenderne le enormi potenzialità.
Un fenomeno predetto da tempo
Nella 1916 Albert Einsten pubblicò la Teoria della Relatività Generale, nella quale si affermava che la gravità si manifesta
come curvatura dello spazio-tempo (la struttura quadrimensionale dell'Universo, le cui coordinate sono lunghezza,
larghezza, profondità e il tempo).
Maggiore è la massa dei corpi, maggiore sarà la curvatura dello spazio-tempo, e il moto dei corpi soggetti a un campo
gravitazionale si incurverà. Come disse il famoso fisico americano John Archibald Wheeler, “lo spazio dice alla materia
come muoversi, la materia dice allo spazio come incurvarsi”.
Sempre secondo Einstein, un raggio di luce, esattamente come un corpo dotato di massa, subisce l'azione del campo
gravitazionale, il risultato è quindi l'incurvamento della sua traiettoria. Infatti, se la luce proveniente per esempio da una
stella si trova a passare in prossimità del Sole, essa viene deviata dal campo gravitazionale di quest'ultimo. È proprio
quello che fu osservato dall'astrofisico Arthur Eddington durante l'eclisse solare del 29 maggio del 1919. Eddington
verificò che i raggi di luce che sfioravano il disco del Sole venivano deflessi proprio della quantità prevista dalla Teoria
della Relatività Generale.
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Deflessione della luce della stella dovuta
alla gravità del Sole.
Fonte: http://www.fisicamente.net
Questo esperimento costituì la prima prova diretta della correttezza della Teoria della Relatività Generale.
Einstein, quindi, predisse il fenomeno della lente gravitazionale già nel 1916. In poche parole tale fenomeno si verifica
quando un raggio di luce viene deviato dalla sua traiettoria, che altrimenti sarebbe rettilinea, a causa della presenza di
un corpo massivo. Più la deflessione aumenta, maggiore è la massa dell'oggetto che si frappone tra la sorgente
luminosa e l'osservatore e tanto più radente è il passaggio della luce.
Siccome una sorgente non emette un singolo fascio di luce, ma diversi fasci, ognuno dei quali si troverà a passare a
distanze diverse dalla lente, la deflessione sarà differenziale (cioè deflessioni diverse a seconda del fascio di luce).
L'immagine risultante della sorgente sarà modificata e, in taluni casi, questa deflessione può portare a un ingrandimento
delle dimensioni della sorgente.
Per questo motivo si parla di lente gravitazionale, perché il fenomeno è simile a ciò che avviene quando un fascio di luce
attraversa una lente di ingrandimento. Le lenti gravitazionali quindi, agendo come lente di ingrandimento, ci permettono
di osservare sorgenti che non potrebbero mai essere rivelate in assenza di tale effetto perché troppo piccole o deboli.
Scoperta della prima lente gravitazionale
La scoperta della prima lente gravitazionale risale al 1979, quando venne osservato un comportamento decisamente
anomalo in una coppia di quasar.
Immagine del primo caso confermato di lente gravitazionale, il doppio
quasar 0957 +561.
Fonte: www.astr.ua.edu
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I due quasar apparivano molto vicini, erano separati, infatti, da appena 6 secondi d’arco (1 secondo d'arco è l'unità di
misura utilizzata per indicare le dimensioni angolari di un oggetto celeste o anche la distanza tra oggetti nel cielo) e
risultavano praticamente uguali. Possedevano, infatti, stessa luminosità e stessi spettri con uguali righe di emissione e di
assorbimento, di cui si osservava lo stesso spostamento verso il rosso, quindi la medesima velocità di allontanamento.
Da subito si pensò a un sistema binario costituito da due quasar, infatti, in astronomia non è raro osservare sistemi
costituiti da due oggetti, come stelle doppie, pulsar. Tuttavia la possibilità che i quasar possedessero entrambi lo stesso
spettro, con le stesse righe di emissione e assorbimento era alquanto remota, poiché avrebbe voluto dire che la luce dei
quasar aveva attraversato una nube di gas e polveri non troppo lontana dai quasar stessi e che la nube aveva delle
caratteristiche (composizione, forma, velocità, ...) del tutto insolite.
Venne quindi dichiarato che era stato scoperto il primo caso di lente gravitazionale. Quello che si osservava, quindi, non
era un sistema formato da due quasar, bensì un solo quasar la cui immagine veniva sdoppiata dal campo gravitazionale
prodotto da un oggetto, probabilmente una galassia ellittica di debole luminosità, che si trovava tra il quasar e la Terra.
Venne scoperta così la prima lente gravitazionale, denominata Q0957+561!
Che cos’è un quasar?
Un quasar, acronimo di QUASi-stellAR radio source (sorgente radio quasi stellare), è un oggetto astronomico che,
osservato con un telescopio ottico, appare come una sorgente puntiforme, quindi simile a una stella, da qui il nome.
Immagini di un quasar riprese
dal telescopio Spaziale Hubble,
a destra viene mostrato il nucleo
del quasar.
Crediti: HST, NASA
Se si osserva però il suo spettro, si scopre un grande spostamento verso il rosso, il che significa che si tratta di sorgenti
molto distanti in grado però di emettere enormi quantità di energia, equivalente a quella di cento galassie. Per questo
motivo i quasar sono tra gli oggetti più luminosi dell'Universo. Mostrano inoltre rapide variazioni di luminosità, il che
implica che siano molto piccoli, poiché un oggetto non può cambiare luminosità più rapidamente di quanto la luce
impiega ad attraversarlo. Probabilmente sono il disco di accrescimento di un buco nero super massiccio, formatosi dalla
collisione tra galassie.
Esempi di lenti gravitazionali
Negli anni successivi alla scoperta della prima lente, si scoprirono configurazioni sempre più particolari: quasar
quadrupli, denominati “croci di Einstein”, oppure in cosiddetto “anello di Einstein”.
Osserviamo quindi alcune immagini di lenti gravitazionali, la cui forma varia a seconda della distanza e forma della lente
e dell'allineamento oggetto-lente-Terra.
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Schematizzazione di tre casi di lente gravitazionale: anello di einstein, croce di einstein e archi luminosi. La forma della lente e
l'allineamento tra sorgente, lente e osservatore determina distorsioni diverse.
Crediti: INAF
Anello di Einstein
Nella prima immagine si osserva che quando la luce proveniente da un quasar viene deviata da una lente di forma
sferica con una distribuzione di densità omogenea e l'allineamento tra quasar, lente e Terra è perfetto, l'immagine che
ne risulta è un anello luminoso.
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Un assortimento di “anelli di Einstein” fotografati
dal Telescopio Spaziale Hubble nel 2005.
Crediti: NASA, HST
Croce di Einstein
Nella seconda immagine si osserva che quando si verifica una allineamento perfetto tra sorgente, lente e osservatore e
la lente ha una forma ellissoidale, si ottengono come risultato 4 oggetti luminosi disposti a forma di croce intorno alla
lente. Nella realtà i quattro oggetti altro non sono che un quasar, che si trova dietro una galassia.
L'immagine della cosiddetta “Croce di Einstein”. La lente
è rappresentata da una galassia (oggetto centrale),
mentre i quattro punti disposti a croce sono l'immagine
quadruplicata di un quasar che si trova dietro la
galassia.
Crediti: NASA-STScI
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Archi luminosi
Quando la lente è costituita da una distribuzione disomogenea di massa (un ammasso di galassie), si ottengono
immagini di archi gravitazionali.
Nell'immagine la massa dell'ammasso di galassie Abell 2218 deforma l'immagine di una galassia lontana facendola
apparire sotto la forma di archi.
Le lenti gravitazionali: utili strumenti di indagine astronomica
Ecco alcuni di campi di applicazione del metodo delle lenti gravitazionali:
Materia oscura
Tra i tanti e notevolissimi risultati astrofisici che le lenti gravitazionali hanno permesso di ottenere uno particolarmente
significativo è la possibilità di misurare direttamente la presenza di materia oscura all'interno di galassie e ammassi di
galassie.
Il gas e le stelle che formano le galassie costituiscono solo una piccola frazione della massa totale di tutte le strutture su
larga scala presenti nell'Universo. Le galassie a spirale come la nostra sono avvolti da aloni di materia invisibile, detta
appunto materia oscura, che si estendono oltre il confine segnato dalle ultime stelle. La verifica della presenza di materia
oscura si ottiene osservando come cambia la velocità di rotazione del disco al variare della distanza del centro della
galassia. Se il moto fosse determinato solo dalla forza gravitazionale di ciò che si osserva, al di là del limite visibile della
galassia le velocità dovrebbero diminuire, poiché come accade per i pianeti del Sistema Solare, più lontano si trova un
pianeta dal sole, minore sarà la sua velocità di rotazione. Infatti Nettuno ruota intorno al Sole molto più lentamente di
Mercurio. Invece nelle galassie si osserva un diverso andamento: la velocità tende si mantiene costante per grandi
distanze dal centro galattico, il che significa che sul gas esterno agisce la forza gravitazione di una massa ben più
grande rispetto a quelle che agisce sul gas interno.
Grafico della velocità di rotazione
in una galassia in funzione della
distanza dal centro. La curva
tratteggiata rappresenta
l'andamento della velocità
secondo la legge di Keplero,
mentre quella rossa è ciò che
viene osservato.
Fonte: www.astronomia.com
Anche le galassie ellittiche possiedono estesi aloni oscuri, come i sistemi a disco. Gli ammassi di galassie hanno una
concentrazione di materia oscura ancora maggiore di quella misurata nelle galassie. Perché gli ammassi rimangano in
equilibrio è necessario che il moto relativo delle galassie, che tende a disgregare l'ammasso, sia controbilanciato dalla
gravità che tende a concentrare tutte le galassie nel centro. Osservando la velocità delle singole galassie dell'ammasso
è possibile stimare la massa totale, con il risultato che deve esistere una cospicua massa che non osserviamo ma ch e
mantiene il sistema in equilibrio. Ma a quanto ammonta tale massa oscura?
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Oggi è possibile stimare la distribuzione della massa dentro un ammasso utilizzando proprio il metodo delle lenti
gravitazionali.
Con l'aiuto del fenomeno delle lente gravitazionale siamo quindi in grado di conoscere in maniera dettagliata la
distribuzione della massa all'interno della lente, e quindi rendere visibile direttamente la materia oscura.
Distanza dei Quasar
Le lenti gravitazionali possono essere utilizzate come strumento di misura delle distanze di oggetti cosmologici, ossia
permettono di sondare le zone più remote del nostro Universo.
Con le lenti gravitazionali è possibile, infatti, misurare con elevata precisione la distanza dei quasar, oggetti che si
trovano a distanze enormi. La determinazione della loro distanza oggi avviene sfruttando la teoria dell'espansione
dell'Universo e, nello specifico, utilizzando la legge di Hubble che lega la velocità di recessione degli oggetti celesti con
la loro distanza. Nella legge di Hubble la velocità di allontanamento e la distanza sono direttamente proporzionali (v=
Hd). Più gli oggetti sono lontani, maggiore sarà la loro velocità di allontanamento.
Nella formula la costante di proporzionalità (H) non è però conosciuta con precisione; quindi sono necessarie continue
calibrazioni, misurando le distanze con metodi alternativi e confrontando i risultati. Ed è proprio quello che si sta facendo
utilizzando le lenti gravitazionali. La determinazione delle distanze dei quasar sfrutta il fatto che molti quasar mostrano
rapidissime variazioni di luminosità. L'immagine che si ottiene sarà composta da due immagini distinte in due tempi
diversi, questo perché i percorsi della luce saranno diversi. Misurando il loro ritardo temporale e moltiplicandolo per la
velocità della luce si ottiene una misura della differenza di percorso del segnale luminoso, da cui si ottiene poi la distanza
del quasar.
A cura di Simona Romaniello
Astrofisica e divulgatrice scientifica, per il Planetario di Torino si occupa di formazione e di sviluppo e allestimenti
museali.
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