Appunti di Compatibilità Elettromagnetica Capitolo 6 - Emissioni condotte (I) Introduzione ............................................................................................... 1 Richiami sulla misura delle emissioni condotte .......................................... 2 La rete di stabilizzazione dell’impedenza di linea (LISN)........................... 4 LISN per le norme FCC ........................................................................ 5 LISN per le norme CISPR ..................................................................... 8 Conclusioni........................................................................................... 8 Esempio ................................................................................................ 8 Esempio numerico ...................................................................................... 9 Correnti di modo comune e di modo differenziale.......................................... 12 Introduzione ............................................................................................. 12 Attenuazione delle correnti di modo comune............................................ 14 Filtri di alimentazione .................................................................................... 18 Introduzione ............................................................................................. 18 Proprietà generali dei filtri........................................................................ 18 Schema topologico di base di un filtro di alimentazione ........................... 24 Bobina di blocco del modo comune..................................................... 26 Circuiti equivalenti dei filtri ............................................................... 29 Componenti dominanti ........................................................................ 31 Esempio ........................................................................................ 35 INTRODUZIONE Ci occupiamo in questo capitolo delle emissioni condotte: vedremo quali meccanismi generano le emissioni e in quale modo esse vengono condotte, tramite il cavo di alimentazione, al di fuori delle apparecchiature. Sappiamo già che gli enti normativi fissano dei limiti alle emissioni condotte, in quanto tali disturbi possono diffondersi nella rete del sistema di distribuzione dell’energia elettrica e da qui possono irradiarsi (con grande efficienza), causando interferenze negli altri sistemi elettronici. Di solito, la riduzione delle emissioni condotte è più semplice rispetto alle emissioni radiate, per un motivo molto semplice: esiste un solo percorso (il cordone di alimentazione) che le emissioni condotte possono seguire per lasciare una apparecchiatura. E’ opportuno sottolineare, inoltre, che il semplice soddisfacimento delle norme sulle emissioni condotte (e radiate) da parte di una apparecchiatura non è sufficiente dal punto di vista della compatibilità elettromagnetica: infatti, una apparecchiatura deve essere il più possibile insensibile ai disturbi che le arrivano attraverso la rete Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) di alimentazione esterna, in modo da garantire l’affidabilità di funzionamento. Pensiamo, ad esempio, al caso in cui la rete di distribuzione dell’energia che alimenta un impianto venga colpita da un fulmine: questo evento può indurre disturbi elettrici tali da causare, nella loro propagazione attraverso i cavi di alimentazione, inconvenienti più o meno gravi alle apparecchiature collegate a tali cavi; la situazione ovviamente più critica è quella in cui cessa completamente l’erogazione dell’energia elettrica, nel qual caso nessun prodotto si suppone possa resistere, ma ci sono situazioni anche meno gravi ma altrettanto pericolose, come ad esempio delle interruzioni momentanee dell’alimentazione (dovute generalmente all’apertura automatica degli interruttori di sicurezza), che le apparecchiature devono poter affrontare senza perdere dati o addirittura senza cessare il proprio funzionamento (pensiamo specialmente alla apparecchiature usate in campo medico). I limiti imposti dalle norme sulle emissioni condotte sono rivolti a limitare le interferenze delle emissioni radiate dovute alle correnti di disturbo presenti sulla rete di distribuzione dell’energia elettrica a causa della loro fuoriuscita tramite i cordoni di alimentazione. In generale, queste correnti di disturbo sono molto piccole e quindi non generano interferenze significative direttamente all’interno della stessa apparecchiatura; al contrario, i disturbi come quelli indotti dai fulmini hanno una intensità molto superiore, spesso sufficiente a creare interferenze quando, a seguito della loro propagazione lungo il cordone di alimentazione, giungono all’interno di un prodotto. Questo tipo di interferenza rappresenta un problema di suscettività condotta. RICHIAMI SULLA MISURA DELLE EMISSIONI CONDOTTE I limiti imposti dalle norme alle emissioni condotte ed i metodi di misura (prove di conformità alle norme) sono stati già descritti in precedenza. Vale la pena, però, avere perfettamente chiare le idee circa i metodi di misura. In primo luogo, ricordiamo che le norme FCC vigenti negli USA prevedono, per le emissioni condotte, un intervallo di misura che va da 450 kHz a 30 MHz, mentre invece le norme CISPRR 22, vigenti nella maggior parte dei paesi europei, estendono questo intervallo da 150 kHz a 30 MHz. La seguente tabella illustra graficamente i limiti imposti dalle norme FCC, evidenziando tra l’altro la distinzione tra dispositivi di classe A e dispositivi di classe B: V µV (Misure effettuate tramite LISN) 3000 uV 1000 uV classe A classe B 250 uV 450 kHz Autore: Sandro Petrizzelli 1,705 MHz 2 30 MHz freq Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Da notare che sui dispositivi di classe B non viene effettuata alcuna suddivisione dell’intervallo di frequenza, mentre invece i limiti per i dispositivi di classe A sono riferiti a due distinte bande di frequenza. Le seguenti due tabelle riportano invece i limiti imposti dalle norme CISPR 22, distinguendo sempre i dispositivi di classe A da quelli di classe B: V (Misure effettuate tramite LISN) classe B µV 1995 uV 1000 uV (QP) 631 uV 631 uV 316 uV (AV) 199,5 uV 150 kHz V 500 kHz 5 MHz 30 MHz freq (Misure effettuate tramite LISN) classe A µV 8912,5 uV 4467 uV (QP) 1995 uV 1000 uV 150 kHz 500 kHz (AV) 30 MHz freq E’ opportuno inoltre ricordare che i limiti fissati dalle norme FCC sono in termini di tensioni di quasi picco, mentre invece i limiti imposti dalle norme CISPR 22 sono in termini sia di tensioni di quasi picco (QP) sia in termini di tensioni medie (AV), a seconda del tipo di ricevitore usato durante le prove. Passando adesso più specificamente ai metodi di misura, la prima cosa importante da dire riguarda la necessità di usare una rete di stabilizzazione dell’impedenza di linea (LISN) posta tra la presa di alimentazione ed il cordone di alimentazione dell’apparecchiatura sottoposta a prova, secondo il seguente schema a blocchi: 3 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Rete di distribuzione dell'energia DUT Dispositivo in prova LISN Strumentazione di misura (analizzatore di spettro) La topologia della LISN è molto simile per le prove previste dalle norme FCC e per quelle previste dalle norme CISPR; ciò che cambia sono sostanzialmente i valori dei componenti da usare. Nella figura seguente viene proposta una versione più dettagliata del precedente schema a blocchi, al fine di evidenziare i tre conduttori che portano i segnali elettrici tra la rete di alimentazione e il dispositivo in prova: Il cordone di alimentazione della apparecchiatura in prova è inserito nella presa della LISN, che è a sua volta collegata con la presa della rete di distribuzione dell’energia elettrica. La corrente di alimentazione alternata, prima di raggiungere l’apparecchiatura in prova, passa quindi attraverso la LISN, alla quale è collegato un analizzatore di spettro che misura, nel modo che vedremo, le emissioni condotte dell’apparecchiatura. Da notare i tre conduttori che dalla apparecchiatura giungono in ingresso alla LISN e gli altri tre che dalla LISN giungono alla rete di alimentazione: si tratta dei conduttori di fase, di neutro e di sicurezza (di colore giallo-verde in Italia); la tensione tra la fase ed il neutro è di 120 V (valore efficace) negli USA e di 230 V (valore efficace) in Italia. LA RETE DI STABILIZZAZIONE DELL’IMPEDENZA DI LINEA (LISN) Come ben sappiamo, lo scopo delle prove sulle emissioni condotte è quello di misurare le correnti di disturbo che escono da una apparecchiatura attraverso il suo cordone di alimentazione. In base a questo, per tali misure sarebbe sufficiente una sonda di corrente. Al contrario, dato che è necessario poter confrontare tra loro misure effettuate in luoghi diversi, la prova con una semplice Autore: Sandro Petrizzelli 4 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione sonda di corrente non risulta sufficiente: infatti, il valore dell’impedenza vista alla presa di alimentazione della rete di distribuzione dell’energia è diversa da edificio a edificio, da presa a presa e inoltre da frequenza a frequenza; questo rappresenta una complicazione in quanto la variabilità del carico collegato alla apparecchiatura in prova influenza l’intensità dei disturbi condotti sul cordone di alimentazione. Di conseguenza, per rendere coerenti e confrontabili le misure eseguite in luoghi diversi, risulta necessario normalizzare l’impedenza che l’apparecchiatura vede in uscita sul suo cavo di alimentazione. Quindi, il primo obbiettivo da ottenere con la LISN è di ottenere una impedenza costante alla presa del cordone di alimentazione di una apparecchiatura in prova; tale impedenza deve inoltre risultare costante per tutte le frequenze dell’intervallo di misura delle emissioni condotte. Generalmente, il valore di impedenza richiesto alla LISN è di 50 Ω : si tratta cioè del valore di impedenza che la LISN deve garantire tra il conduttore di fase e il filo di terra (giallo-verde) e tra il conduttore di neutro ed il filo di terra. C’è inoltre da considerare che la quantità di rumore esistente sulla rete esterna di distribuzione dell’energia varia da luogo a luogo; questo rumore esterno giunge alla apparecchiatura tramite il cordone di alimentazione e, a meno che non sia in qualche modo escluso (ad esempio tramite un filtraggio o tramite il funzionamento intrinseco dell’apparecchiatura stessa), va inevitabilmente a sommarsi alle emissioni condotte misurate. Allora, per poter misurare le emissioni depurate da questo rumore, il secondo obiettivo della LISN diventa quello di bloccare le emissioni condotte che non sono dovute alla apparecchiatura in prova, al fine appunto di misurare solo le emissioni condotte dovute a tale apparecchiatura. Anche in questo caso, ovviamente, interessa perseguire l’obiettivo solo nell’intervallo di frequenza di interesse, che quindi va da 450kHz a 30 MHz per le norme FCC e da 150 kHz a 30 MHz per le norme CISPR. Infine, il terzo obbiettivo della LISN è quello di lasciare passare la corrente di alimentazione (a 50 Hz negli USA ed a 60 Hz in Italia) necessario al funzionamento della apparecchiatura in prova. LISN per le norme FCC Nella figura seguente è riportata la LISN prescritta per la misura delle emissioni condotte secondo le norme FCC: 5 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Notiamo la presenza dei seguenti componenti: • sia sul filo di fase sia sul filo di neutro sono inseriti induttori da 50 µH: questi, insieme ai condensatori da 1 µF, posti tra i fili di fase e di terra e tra i fili di neutro e di terra (dalla parte della presa della corrente esterna), servono ad impedire che l’eventuale rumore presente sulla rete di distribuzione dell’energia passi attraversi il dispositivo di misura, falsando così il risultato della prova; • ci sono poi condensatori da 0.1 µF , posti sempre tra i fili di fase e di terra e tra i fili di neutro e di terra ma dalla parte della presa dell’apparecchiatura in prova, che servono ad impedire eventuali sovraccarichi di corrente continua sull’ingresso del misuratore (analizzatore di spettro); • ci sono poi due resistenze da 1 kΩ Ω : esse costituiscono semplicemente un carico che consente ai condensatori di scaricarsi quando i resistori da 50 Ω non sono collegati; • ci sono infine appunto due resistenze da 50 Ω che rappresentano le resistenze di ingresso del misuratore (generalmente un analizzatore di spettro): naturalmente, una di esse è proprio quella del misuratore, mentre l’altra serve a bilanciare la struttura quando il misuratore viene inserito nella rete. Da notare che le specifiche normative impongono dei precisi vincoli: • gli induttori devono poter sopportare determinati valori di corrente; • i condensatori ed i resistori devono poter sopportare determinati valori di tensione. Nel progettare la LISN, dovremo perciò usare componenti con valori nominali di tensione e/o corrente sopportabili pari ai valori massimi di tensione e/o corrente che si possono avere in caso di anomalie e guasti. Può essere istruttivo andare a calcolare l’impedenza rappresentata dai componenti reattivi (induttori e capacità1) agli estremi dell’intervallo di frequenza (450 kHz - 30 MHz) previsto per le misure: C om ponente Z 450 kHz Z 30 MHz L = 50 µH C = 0.1 µF C = 1 µF 141.3 Ω 9420 Ω 3.54 Ω 0.053 Ω 0.354 Ω 0.0053 Ω Questi valori indicano il tipo di comportamento dei vari componenti al variare della frequenza di misura: • per quanto riguarda i condensatori, essi danno origine, per tutte le frequenze, a impedenze molto piccole (non oltre i 3 Ω), per cui possono di fatto essere considerati come dei cortocircuiti; • al contrario, gli induttori danno origine ad impedenze abbastanza elevate, tanto più grandi quanto maggiore è la frequenza di lavoro. 1 E’ noto che solo gli elementi reattivi determinano, in regime sinusoidale permanente, una impedenza variabile con la frequenza Autore: Sandro Petrizzelli 6 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Le grandezze che ci interessa misurare nella LISN sono, come evidenziato nella figura, la tensione di fase (VP, tra il filo di fase e quello di terra) e la tensione di neutro (VN, tra il filo di neutro e quello di terra). Entrambe queste tensioni devono essere misurate su tutto l’intervallo di frequenza previsto dalle norme e devono risultare inferiori ai valori limite imposti dalle norme stesse. Questo spiega dunque per quale motivo i limiti previsti dalle norme sulle emissioni condotte sono specificati in termini di tensioni, nonostante le emissioni condotte siano, per definizione delle correnti emesse dalla apparecchiatura. Ci possiamo rendere conto facilmente del legame esistente tra le tensioni di fase e di neutro e, rispettivamente, le correnti di fase e di neutro, che costituiscono appunto le correnti condotte: se ipotizziamo che, per tutte le frequenze di misura, i condensatori siano dei cortocircuiti e gli induttori siano dei circuiti aperti, il circuito equivalente della LISN visto dall’apparato di misura (per tutte le frequenze di interesse) risulta essere il seguente: E’ evidente, allora, che sia la corrente di fase IP sia la corrente di neutro IN alimentano ciascuna il corrispondente parallelo tra le resistenze da 50 Ω e 1 kΩ: dato che tale parallelo vale 50Ω // 1kΩ = 50 ⋅ 1000 = 47.62Ω 50 + 1000 possiamo scrivere banalmente che le tensioni di fase e di neutro valgono VP ≅ 50I P VN ≅ 50I N In base a questa relazione lineare, diventa del tutto equivalente imporre limiti sulle correnti condotte o sulle corrispondenti tensioni. E’ importante anche comprendere come si comporta la LISN alla frequenza della rete di alimentazione; consideriamo ad esempio la frequenza di 60 Hz della rete di alimentazione negli USA: in corrispondenza di tale frequenza, gli induttori da 50 µH presentano una impedenza di 18.8 mΩ (praticamente un cortocircuito), i condensatori da 0.1 µF presentano una impedenza di 26.5 kΩ 7 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) e i condensatori da 1 µF presentano una impedenza di 2.65 kΩ. In base a questi valori, gli induttori è come se non ci fossero, mentre i condensatori costituiscono delle impedenze sufficientemente elevate da poter ritenere che la LISN non abbia praticamente alcun effetto sul normale fluire della corrente di alimentazione dalla rete esterna all’apparecchiatura in prova. Questo garantisce che l’apparecchiatura funzioni correttamente durante le misure, il che è condizione necessaria per l’effettuazione delle misure stesse. LISN per le norme CISPR La prima e più importante differenza tra le norme CISPR e le norme FCC per le emissioni condotte riguarda l’intervallo di frequenze per la misura: mentre il limiti superiore è lo stesso (30 MHz), il limite superiore (che è di 450 kHz per le norme FCC) scende a 150 kHz. Questo fatto comporta necessariamente una modifica sia sulla topologia della LISN sia sui valori degli induttori e dei condensatori in essa presenti, al fine di garantire che essa mantenga praticamente invariato il suo comportamento per tutte le frequenze di interesse. Conclusioni E’ importante sottolineare il seguente concetto: progettare un prodotto che soddisfi i limiti imposti sulle emissioni condotte significa sostanzialmente impedire alle correnti con frequenza compresa nell’intervallo dato dalle norme di attraversare i resistori da 50 Ω della LISN; non interessano, invece, ai fini del soddisfacimento delle norme, eventuali correnti di frequenza esterna al suddetto intervallo. Questo, però, non significa che queste correnti non siano importanti, in quanto potrebbero comunque essere causa di interferenze con altri prodotti. In altre parole, le correnti di disturbo a frequenza esterna all’intervallo di interesse sono importanti ai fini della qualità del prodotto, ma non ai fini del soddisfacimento delle norme. Esempio Un esempio tipico dell’esistenza di correnti di disturbo è dato dalla presenza, nel cordone di alimentazione, delle armoniche del segnale di temporizzazione generato da un oscillatore dell’apparecchiatura in prova. Ad esempio, supponiamo che il suddetto segnale di temporizzazione sia alla frequenza di 10 MHz: se tale segnale dovesse accoppiarsi con il cordone di alimentazione dell’apparecchiatura, troveremmo segnali nella LISN a frequenza di 10 MHz, 20 MHz, 30 MHz e così via2. Saranno proprio queste correnti ad essere misurate dalla LISN e quindi a determinare il soddisfacimento o meno delle norme. 2 Le altre armoniche sono a frequenza superiore a 30 MHz e quindi non ci interessano ai fini del soddisfacimento delle norme sulle emissioni condotte; al contrario, esse potrebbero causare l’irradiazione di segnali che, proprio per il fatto di essere al di sopra dei 30 MHz, potrebbero interessare le norme sulle emissioni radiate Autore: Sandro Petrizzelli 8 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione ESEMPIO NUMERICO Abbiamo sottolineato più volte che uno dei principali compiti della rete di stabilizzazione dell’impedenza di linea (LINEA) sia quello di far vedere, all’apparecchiatura cui è connessa, una impedenza costante di 50 Ω tra i conduttori di fase e di terra e tra i conduttori di neutro e di terra. Per evidenziare ancora di più questo concetto, facciamo un esempio concreto. Facciamo riferimento alla LISN prevista dalle norme FCC, di cui riproponiamo lo schema circuitale: Si nota immediatamente che il circuito definito dai conduttori di neutro e di terra è assolutamente identico a quello definito dai conduttori di fase e di terra ed è fatto nel modo seguente: Andiamo allora a calcolare l’impedenza Z vista dall’apparecchiatura collegata alla LISN, ossia l’impedenza da destra verso sinistra (come indicato in figura). In particolare, facciamo questo calcolo in corrispondenza delle frequenze estreme dell’intervallo di misura previsto dalle norme FCC per le emissioni condotte e usando, come carico, i due casi limite, vale a dire il cortocircuito ed il circuito aperto. Se i valori di impedenza calcolati nei vari casi risulteranno comunque prossimi a 50 Ω, avremo verificato la veridicità delle considerazioni essenzialmente qualitative dei paragrafi precedenti, ossia il fatto che, effettivamente, la LISN svolge correttamente le sue funzioni. Consideriamo inizialmente il caso del carico a circuito aperto (ZL=∞). Si vede immediatamente (basta applicare i metodi classici dell’Elettrotecnica) che l’impedenza vista dall’apparecchiatura ha la seguente espressione: 9 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Z ZL =∞ = 1 1 1 + 1 1 + jω ⋅ (50µH) + (50Ω // 1kΩ ) jω ⋅ (1µF) jω ⋅ (0.1µF) Ponendo ω=2πf e sostituendo i valori di frequenza 450 kHz e 30 MHz, otteniamo i valori di tale impedenza (in modulo) in corrispondenza dei due estremi dell’intervallo di misura: si trova che f = 450 kHz → Z ZL =∞ ≅ 46Ω f = 30 MHz → Z ZL =∞ ≅ 48Ω Come si vede, nonostante i due valori di frequenza siano ben diversi uno dall’altro, l’impedenza assume un valore medio di 47 Ω, molto vicino ai 50 Ω richiesti (si consideri che il caso di un carico in circuito aperto è un caso limite, difficilmente verificabile nella pratica): Adesso consideriamo il caso del carico a cortocircuito (ZL=0). Rispetto al caso precedente, è evidente che la capacità da 1µF viene cortocircuitata ed è quindi come se fosse assente, per cui l’espressione dell’impedenza diventa più semplicemente Z ZL =0 = 1 1 + jω ⋅ (50µH) 1 1 + (50Ω // 1kΩ ) jω ⋅ (0.1µF) Ponendo ancora una volta ω=2πf e sostituendo i valori di frequenza 450 kHz e 30 MHz, si trova che f = 450 kHz → Z ZL =0 ≅ 46Ω f = 30 MHz → Z ZL =0 ≅ 47Ω Abbiamo sostanzialmente trovato gli stessi valori di prima, a conferma della bontà del funzionamento della LISN. Potremmo adesso ripetere lo stesso ragionamento con riferimento alla rete LISN prevista dalle norme CISPR 22, nel qual caso il circuito da considerare (ancora una volta identico per i fili di neutro e di terra e per quelli di fase e di terra) è il seguente: Si nota però che il circuito è più complesso del precedente, per cui lo sono anche i calcoli. Scegliamo allora di aiutarci con SPICE, andando a diagramma il modulo dell’impedenza al variare della frequenza nell’intervallo 150 kHz - 30 MHz ed al variare del carico: Autore: Sandro Petrizzelli 10 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione • come primo caso, consideriamo il carico in circuito aperto: Si nota in questo caso un andamento un andamento inizialmente linearmente crescente, che poi si assesta, sul valore di circa 48 Ω, a partire da 1MHz in poi. In particolare, si trova che il primo “gomito” dell’andamento appena riportato si trova esattamente a 450 kHz e vale approssimativamente 45 Ω; • adesso consideriamo il caso del carico in cortocircuito: Si tratta di un andamento assolutamente analogo al precedente. 11 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Correnti di modo comune e di modo differenziale INTRODUZIONE Nel precedente paragrafo abbiamo considerato il seguente circuito equivalente della LISN, ritenendo che esso approssimasse bene il comportamento della rete per tutte le frequenze di interesse: In pratica, si arriva a questo circuito assumendo che i condensatori siano dei cortocircuiti e che gli induttori siano dei circuiti aperti, come effettivamente si può ritenere che sia nell’intervallo di misura. Le tensioni da misurare per verificare il soddisfacimento delle norme sono VP e VN, prelevate ai capi dei resistori da 50 Ω (uno dei quali, alternativamente, rappresenta l’impedenza di ingresso del misuratore). Tali tensioni sono legati alle corrispondenti correnti di fase e di neutro dalle già citate relazioni lineari VP ≅ 50I P VN ≅ 50I N Vogliamo allora concentrarci sulle correnti IP ed IN. Così come si fa per lo studio delle emissioni radiate generate da una coppia di conduttori percorsi da corrente, possiamo in generale scomporre le correnti IP ed IN in una componente di modo differenziale ed in una componente di modo comune: scriviamo perciò che IP = IC + ID I N = IC − ID (ricordando che tutte le quantità coinvolte sono dei fasori , il che significa che stiamo ragionando nel dominio della frequenza), da cui ovviamente scaturisce che le tensioni misurate sono VP ≅ 50(I C + I D ) VN ≅ 50(I C − I D ) Autore: Sandro Petrizzelli 12 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione La corrente di modo comune IC ha lo stesso modulo e lo stesso verso sui conduttori di fase e di neutro: essa “esce” dai fili di fase e di neutro e rientra attraverso il filo di terra. Al contrario, la corrente di modo differenziale ID ha lo stesso modulo ma verso opposto sui conduttori di fase e di neutro: quindi, essa “esce” dal conduttore di fase mentre entra dal conduttore di neutro; proprio questa differenza di segno fa’ si che, in base alla LKC, non ci sia corrente di modo differenziale lungo il conduttore di terra. La figura seguente riepiloga graficamente quanto appena detto: Come detto, le correnti di modo comune e di modo differenziale seguono dunque percorsi diversi: • le correnti di modo comune escono (dall’apparecchiatura) sia tramite il conduttore di fase sia tramite quello di neutro; esse attraversano i rispettivi resistori da 50 Ω e quindi si sommano nel conduttore di terra, che li riporta nell’apparecchiatura chiudendo il circuito; • la corrente di modo differenziale, invece, esce dal conduttore di fase, attraversa il corrispondente resistore da 50 Ω e poi torna nell’apparecchiatura attraverso il conduttore di neutro; questo fa’ si che non ci sia corrente di modo differenziale attraverso il conduttore di terra. In base a quanto visto prima analiticamente, possiamo dunque dire che le componenti delle correnti si sommano in VP e si sottraggono in VN. Ci si rende conto facilmente, inoltre, che I −I ID = P N 2 I + IN IC = P 2 Nel caso delle emissioni radiate, abbiamo visto in precedenza che le correnti di modo comune sono generalmente molto più piccole di quelle di modo differenziale; al contrario, nel caso delle emissioni condotte è possibile anche il contrario, ossia è possibile avere correnti di modo comune uguali o superiori a quelle di modo differenziale. Questa considerazione ha come immediata conseguenza quella di non poter mai ipotizzare che le correnti di modo comune siano trascurabili ai fini della valutazione delle emissioni condotte. 13 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Tornando allora alle espressioni delle tensioni da misurare, deduciamo che, quando le correnti di modo differenziale e di modo comune sono confrontabili, le tensioni di fase e di neutro sono molto diverse, proprio perché in un caso abbiamo la loro somma e nell’altro la loro differenza: VP = 50(I C + I D ) VN = 50(I C − I D ) Quando invece, come spesso accade, una delle due componenti è trascurabile rispetto all’altra, allora abbiamo generalmente tensioni che, in modulo, sono molto simili: • il primo caso è quello in cui predomina la componente di modo comune (IC>>ID) VP ≅ 50I C VN ≅ 50I C • il secondo caso è invece quello in cui predomina la componente di modo differenziale (IC<<ID) VP ≅ 50I D VN ≅ −50I D ATTENUAZIONE DELLE CORRENTI DI MODO COMUNE Nel suo funzionamento ideale, una apparecchiatura deve essere interessata solo da una corrente di modo differenziale, il che significa che deve accadere quanto illustrato nella figura seguente: Come si vede, in questa situazione ideale abbiamo una corrente (ID appunto) che esce dall’apparecchiatura attraverso il conduttore di fase e torna indietro attraverso il conduttore di neutro; non c’è invece alcuna corrente attraverso il conduttore di terra. A causa degli inevitabili disturbi, invece, la corrente di modo differenziale è sempre accompagnata dalla corrente di modo comune, secondo la configurazione vista nella figura precedente. Autore: Sandro Petrizzelli 14 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Praticamente tutte le apparecchiature contengono allora un filtro di alimentazione posto in uscita: esso è disposto in modo che le correnti di disturbo debbano necessariamente attraversarlo prima di giungere al cordone di alimentazione e raggiungere quindi la LISN (o la rete di distribuzione dell’energia se non siamo nel contesto delle prove di conformità). Lo scopo del filtro, composto generalmente da diverse parti, è ovviamente quello di ridurre le correnti di modo comune indipendentemente dalle correnti di modo differenziale. Proprio per il fatto che ciascuna parte del filtro di alimentazione agisce su una ed una sola componente di corrente, la decomposizione di IP ed IN in componenti di modo comune e di modo differenziale diventa fondamentale per il progetto del filtro stesso. Un primo metodo usuale per interrompere il percorso delle correnti di modo comune è illustrato nella figura seguente: Come si vede, è stato posto un induttore sul filo di terra all’ingresso dell’apparecchiatura: tale induttore rappresenta una alta impedenza per la corrente di modo comune nell’intervallo di frequenza previsto dalle norme sulle emissioni condotte. Tuttavia, sappiamo che il filo di terra svolge funzioni di sicurezza, in quanto permette la scarica di eventuali correnti dovute a guasti e malfunzionamenti, al fine di evitare il pericolo di scosse elettriche; allora, dato che il predetto induttore contribuirebbe a limitare questa funzione, viene comunque conservato un percorso di scarica per eventuali correnti di modo comune dovute a malfunzionamenti. Dal punto di vista realizzativo, per motivi di sicurezza l’induttore non viene saldato al filo di terra, in quanto una eventuale saldatura difettosa potrebbe staccarsi, aprendo così il circuito di protezione e quindi creando nuovamente il pericolo di scosse elettriche. L’induttore viene invece realizzato, come indicato nel riquadro a destra, avvolgendo più volte il filo di terra attorno ad un toroide di ferrite3. I valori tipici dell’induttanza così ottenuta sono dell’ordine di 0.5 mH, che corrisponde ad una impedenza di circa 1.4 kΩ alla frequenza di 450 kHz. Per frequenze superiori ai 450 kHz, in linea di massima l’impedenza cresce (ricordiamo infatti che Z=jωL), ma possono tuttavia manifestarsi effetti capacitivi parassiti che contribuiscono a deteriorare le prestazioni alle frequenze più alte. Un’altra tecnica per interrompere il percorso delle correnti di modo comune è quella di rinunciare al filo di terra, ricorrendo alle cosiddette apparecchiature a due fili: 3 La ferrite presenta le caratteristiche adatte nell’intervallo di frequenza di interesse 15 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Scatola di presa P (Fase) + 120V - N (Neutro) Apparecchiatura a 2 fili Come mostrato in figura, il cordone di alimentazione è in questo caso formato solo dai conduttori di fase e di neutro, senza il filo di protezione. Naturalmente, una apparecchiatura di questo tipo presenta un rischio di scossa elettrica: infatti, bisogna tener presente che il filo di neutro del sistema di alimentazione è collegato direttamente a terra solo nella sezione di ingresso del pannello di servizio dell’edificio ed il conduttore di fase è “caldo” (cioè in tensione) rispetto a terra: Rete di distribuzione dell'energia Rosso Fusibile Terra Nero P (Fase) Carico + 120V + 120V - N (Neutro) GND(Sicurezza) Scatola di presa Non possiamo perciò collegare il filo di neutro all’intelaiatura dell’apparecchiatura, in quanto l’utente potrebbe inserire la spina (a due pin) del cavo di alimentazione nel verso sbagliato: questo errore porterebbe l’intelaiatura in tensione rispetto a terra, realizzando una evidente situazione di pericolo di scossa elettrica. Per risolvere questo problema nelle apparecchiature a 2 fili, il metodo universalmente utilizzato è quello di disporre un trasformatore (a 60 Hz o a 50 Hz) all’ingresso di alimentazione del prodotto, come illustrato nella figura seguente: Scatola di presa Trasformatore P (Fase) N (Neutro) corrente continua + 120V - Alimentatore Apparecchiatura a 2 fili Autore: Sandro Petrizzelli 16 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione L’intelaiatura del prodotto può essere collegata all’avvolgimento secondario del trasformatore, senza essere quindi collegata direttamente né al filo di fase né a quello di neutro del cordone di alimentazione. A questo punto, si potrebbe ritenere che l’aver eliminato il filo di sicurezza garantisca di aver eliminato anche le correnti di modo comune. In realtà non è così e ce ne possiamo rendere conto facilmente tramite la figura seguente, che riproduce sostanzialmente la precedente con maggiore dettaglio (e nell’ipotesi di essere in fase di misura): A destra è stata evidenziata una possibile tensione di modo comune VCM esistente tra i circuiti elettronici del prodotto e la sua intelaiatura. Se non ci fossero possibili percorsi chiusi, l’azione di questa sorgente sarebbe nulla. Al contrario, la presenza di capacità parassite CP tra l’intelaiatura e le pareti metalliche del luogo di misura, di capacità parassite CT tra primario e secondario del trasformatore e del collegamento diretto (previsto dalle norme) tra la LISN e le suddette pareti contribuisce a chiudere un circuito simile a quello che si ha con il filo di terra; attraverso questo percorso possono essere indotte (dall’azione di VCM) correnti di modo comune, la cui presenza si manifesta nei conduttori di fase e di neutro e va quindi ad influenzare le misure. 17 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Filtri di alimentazione INTRODUZIONE La maggior parte dei prodotti elettronici in commercio non sarebbe in grado di soddisfare le norme sulle emissioni condotte senza utilizzare degli appositi filtri posti sul cordone di alimentazione (in prossimità del punto in quest’ultimo esce dall’apparecchiatura stessa). Ci sono addirittura delle apparecchiature che sembrerebbero non possedere filtri, anche se essi sono presenti. Un esempio tipico è stato già visto nel paragrafo precedente e consiste nell’uso di un grande trasformatore a 60 Hz (o a 50 Hz) sull’ingresso di alimentazione di una apparecchiatura a due fili: infatti, i trasformatori correttamente progettati sono intrinsecamente in grado di eseguire il richiesto filtraggio, evitando così spesso l’uso di filtri appositamente previsti. Vogliamo allora parlare dei filtri di alimentazione e cominciamo a farlo illustrando le proprietà generali dei filtri. PROPRIETÀ GENERALI DEI FILTRI Un filtro è generalmente caratterizzato dalla sua attenuazione di inserzione (IL, Insertion Loss), spesso espressa in dB. Per capire di che si tratta, consideriamo il problema generico di una sorgente che deve fornire un segnale ad un carico, come riportato nella figura seguente: RS + VS + VL,wo - RL Carico Generatore La tensione che risulta localizzata ai capi del carico è stata indicata con VL,wo: assumendo un modello a parametri concentrati per la struttura, basta applicare la regola del partitore di tensione per scrivere che RL VL ,wo = VS RL + RS Adesso supponiamo di interporre, tra generatore e carico, un filtro generico, come indicato nella figura seguente: Autore: Sandro Petrizzelli 18 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione RS + VS + - RL VL,w Filtro Carico Generatore La nuova tensione che risulta localizzata ai capi del carico è stata adesso indicata con VL,w. Si definisce attenuazione di inserzione del filtro il rapporto tra la potenza fornita al carico in assenza del filtro e la potenza fornita al carico in presenza del filtro (ovviamente a parità di sorgente): abbiamo perciò che P IL = L ,wo PL ,w D’altra parte, ricordando che la potenza fornita ad un carico passivo è pari al rapporto tra il quadrato della tensione (in modulo) su tale carico ed il valore del carico stesso, deduciamo che l’attenuazione di inserzione è anche pari al rapporto tra i quadrati delle tensioni di carico in assenza ed in presenza del filtro: PL ,wo VL2, wo / R L VL2,wo IL = = 2 = 2 PL , w VL , w / R L VL , w Passando alle unità logaritmiche, concludiamo che IL dB = 10 log10 PL ,wo PL ,w = 20 log10 VL, wo VL ,w E’ importante ricordare che le tensioni sono qui considerate in modulo. Possiamo esprimerci dicendo che l’attenuazione di inserzione rappresenta la diminuzione della tensione di carico ad una certa frequenza dovuta all’inserimento del filtro. E’ una quantità sempre positiva ed è generalmente rappresentata in funzione della frequenza. Le figure seguenti mostrano alcuni semplici esempi di filtri passivi, realizzati cioè solo con elementi passivi: Filtro passa-alto Filtro passa-basso 19 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Filtro passa-banda Filtro arresta-banda Consideriamo, per esempio, il filtro passa-basso, realizzato semplicemente disponendo un induttore sul conduttore di andata: RS + VS + RL VL,w - Carico Generatore Ragionando nel dominio della frequenza, possiamo applicare il solito partitore di tensione per scrivere che la tensione ai capi del carico è VL ,w = RL RL VS = R L + jω L + R S RL + RS 1 VS ωL 1+ j RL + RS RL VS , deduciamo RL + RS che la attenuazione di inserzione, espressa in unità logaritmiche e considerando i moduli della tensioni, è V ωL IL dB = 20 log10 L, wo = 20 log10 1 + j VL ,w RL + RS Ricordando che la tensione di carico in assenza del filtro è invece VL ,wo = Se poniamo τ = L (le dimensioni sono quelle di una costante di tempo), concludiamo che RL + RS ( IL dB = 20 log10 1 + jωτ = 20 log10 1 + (ωτ) 2 = 10 log10 1 + (ωτ ) 2 ) Come previsto, la presenza di un elemento reattivo fa’ si che l’attenuazione di inserzione vari con la frequenza. Tracciando un diagramma di Bode, otteniamo dunque l’andamento seguente: Autore: Sandro Petrizzelli 20 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione ILdB + 20 dB/dec 0 dB/dec 1/ τ log10 f Il diagramma mostra l’attenuazione vale 0dB da frequenza nulla (cioè in continua) fino alla pulsazione ω=1/τ; successivamente, essa aumenta con una pendenza di 20 dB/decade. Per le frequenze superiori a 1/τ, è possibile ritenere il termine (ωτ)2 abbastanza superiore ad 1, per cui si può approssimare l’espressione dell’attenuazione di inserzione come ( ) IL dB = 10 log10 1 + (ωτ) 2 ≅ 10 log10 (ωτ) 2 = 20 log10 ωτ E’ ovviamente possibile analizzare gli altri filtri in modo del tutto simile; senza scendere nei dettagli analitici (peraltro molto semplici), riportiamo solo le espressioni conclusive delle rispettive attenuazioni di inserzione: filtro passa-alto: IL dB = 10 log10 1 + (ωτ ) 2 (ωτ) 2 dove τ = C(R S + R L ) (ω / ω 0 ) 2 − 1 filtro passa-banda: IL dB = 10 log10 1 + (ωτ) 2 (ωτ ) 2 filtro arresta-banda: IL dB = 10 log10 1 + 2 (ω / ω0 ) − 1 dove τ = C(R S + R L ) e ω0 = dove τ = 1 LC L 1 e ω0 = RS + RL LC Tutte queste formule mostrano una cosa fondamentale: l’attenuazione di inserzione di un particolare filtro dipende dalla impedenza di carico RL e dalla impedenza equivalente RS del generatore, il che significa che essa non può essere calcolata indipendentemente da tali impedenze terminali. Molti costruttori forniscono i grafici dell’andamento in frequenza dell’attenuazione di inserzione dei loro filtri: questo potrebbe sembrare sbagliato in quanto non sono specificati i valori di RL e RS, ma in realtà non lo è, in quanto si assume implicitamente che risulti RS=RL=50Ω Ω. Naturalmente, data questa assunzione implicita, si pone il problema di usare questi grafici nei casi in cui il filtro venga impiegato in presenza di resistori RS ed RL diversi da 50 Ω. Ad esempio, consideriamo le prestazioni di un filtro durante una prova di misura di emissioni condotte: mentre l’impedenza di carico corrisponde all’impedenza di 50 Ω presente tra i fili di fase e di terra e tra i fili di neutro e di terra della LISN, l’impedenza equivalente del generatore è sconosciuta, in quanto corrisponde all’impedenza presentata dall’apparecchiatura ai morsetti di alimentazione; non è detto che tale impedenza valga 50 Ω e, soprattutto, non è detto che essa sia costante su tutte le frequenze a cui si compiono le prove. Da qui consegue che l’uso dei dati di attenuazione di inserzione forniti dalla casa costruttrice per valutare le prestazioni del filtro all’interno di un prodotto non può fornire 21 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) risultati realistici se le impedenze di carico e di sorgente non sono rigorosamente di 50 Ω per tutte le frequenze di lavoro. Un altro problema da considerare è che, ponendo il filtro in uscita da una apparecchiatura, esso è interessato da due correnti, che sono quella di modo comune e quella di modo differenziale. Per questo motivo, i costruttori forniscono i dati su ILdB tramite grafici separati, relativi in un caso al modo differenziale e nell’altro al modo comune. Il modo con cui ottenere questi dati è il seguente: • per quanto riguarda la misura dell’attenuazione di inserzione di modo differenziale, si usa il seguente schema di misura: Come si vede, tra i fili di fase e di neutro in ingresso al filtro viene messo un carico da 50 Ω; in uscita, invece, tra i due stessi fili viene posto un generatore di segnale con resistenza serie sempre da 50 Ω; il terminale di terra viene invece lasciato scollegato dal circuito di misura. Questo metodo deriva dalla semplice definizione della corrente di modo differenziale: è quella corrente che scorre attraverso il filo di fase e torna indietro attraverso il filo di neutro, senza invece coinvolgere minimamente il filo di terra; • per quanto riguarda, invece, la misura dell’attenuazione di inserzione di modo comune, lo schema di misura diventa il seguente: In questo caso, i fili di fase e di neutro sono collegati insieme ed il circuito di prova viene chiuso dal filo di terra. Autore: Sandro Petrizzelli 22 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Tanto per avere le idee ancora più chiare, nella figura seguente è riportato lo schema circuitale di un filtro di alimentazione molto usato nella pratica: Il compito dei singoli elementi circuitali presenti in questo filtro sarà descritto più avanti. Per il momento, limitiamoci a vedere come sono fatti i due circuiti da usare per misurare l’attenuazione di inserzione nei riguardi del modo differenziale e del modo comune: Circuito per la misura dell’attenuazione di inserzione di modo differenziale: non ci sono collegamenti aggiuntivi con il filo di terra, per cui il circuito di misura coinvolge solo il circuito costituito dai fili di fase e di neutro Circuito per la misura dell’attenuazione di inserzione di modo comune: fase e neutro sono collegati insieme, in modo da chiudere il circuito di misura con il filo di terra 23 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Su questi circuiti viene condotta una analisi simile a quella che si otterrebbe, ad esempio, con SPICE diagrammando la risposta in frequenza dell’attenuazione, intesa come rapporto tra la tensione sul carico in assenza ed in presenza del filtro; in assenza del filtro, come si è già visto prima, si ha una banale partizione resistiva della tensione VS: anzi, avendo supposto che sia la resistenza serie del generatore sia il carico siano da 50 Ω, si può dire immediatamente che la tensione sul carico, in assenza del filtro, è VS/2. SCHEMA TOPOLOGICO DI BASE DI UN FILTRO DI ALIMENTAZIONE Dopo aver illustrato le caratteristiche principali dei filtri, passiamo a vedere quali filtri vengono usati concretamente per ridurre le emissioni condotte da una apparecchiatura attraverso il suo cordone di alimentazione. In generale, il filtro viene sistemato all’uscita dell’apparecchiatura, in corrispondenza dell’ingresso di alimentazione. Dato che stiamo supponendo sempre di essere nell’ambito delle prove di conformità alle norme sulle emissioni condotte, il filtro risulta evidentemente posto tra l’apparecchiatura in prova e la LISN: Rete di distribuzione dell'energia LISN Filtro DUT Dispositivo in prova Strumentazione di misura (analizzatore di spettro) Le topologie circuitali dei filtri impiegati sono diverse da caso a caso. Tuttavia, i filtri più comuni4 sono sostanzialmente basati sullo schema topologico riportato nella figura seguente: 4 Si consideri, ad esempio, quello riportato a conclusione del precedente paragrafo Autore: Sandro Petrizzelli 24 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Abbiamo indicato con ID ed IC i fasori delle correnti, rispettivamente, di modo differenziale e di modo comune in uscita dall’apparecchiatura. La funzione del filtro è quella di ridurre l’entità di queste correnti in modo da rispettare i limiti normativi sulle emissioni condotte. Indicati perciò con I’D ed I’C i fasori delle correnti, rispettivamente, di modo differenziale e di modo comune in uscita dal filtro, quest’ultimo deve fare in modo che le tensioni misurate VP = 50(I' C + I' D ) VN = 50(I' C −I' D ) risultino, per ogni frequenza dell’intervallo di misura, al di sotto dei limiti normativi. Andiamo allora a comprendere la funzione dei vari elementi del circuito: • in primo luogo, si nota la presenza dell’induttore LGW sul filo di terra, nella sezione di uscita del filtro: come detto già in precedenza, questo induttore serve a bloccare le correnti di modo comune; • in secondo luogo, si notano i condensatori CDL e CDR posti tra i fili di fase e di neutro; sono detti condensatori di linea: la loro funzione è quella di deviare il percorso delle correnti di modo differenziale provenienti dall’apparecchiatura in prova, evitando (nei limiti del possibile) che essi arrivino alla LISN, ossia che attraversino i resistori da 50 Ω su cui vengono misurate le tensioni da confrontare con i limiti normativi. Si tratta di condensatori con proprietà isolanti riconosciute dagli enti normativi in materia di sicurezza e, proprio per il fatto di essere adatti per l’impiego come condensatori di linea, sono designati come condensatori X. Da notare che i pedici L ed R indicano, rispettivamente, la parte sinistra e la parte destra rispetto al lato del filtro su cui sono posti; • ci sono poi i condensatori CCL e CCR posti, sia a sinistra sia a destra del filtro, tra i fili di fase e di terra e tra i fili di neutro e di terra; sono detti condensatori verso massa: la loro funzione è quella di deviare il percorso delle correnti di modo comune, evitando anche in questo caso che esse arrivino alla LISN. Anche questi sono condensatori con proprietà isolanti riconosciute dagli enti normativi in materia di sicurezza e, proprio per il fatto di essere adatti per l’impiego come condensatori verso massa, sono designati come condensatori Y. E’ importante sottolineare la necessità di usare condensatori di tipo diverso per le due funzioni appena citate (deviazione delle correnti di modo differenziale e deviazione delle correnti di modo comune), per motivi di sicurezza. Facciamo un esempio: supponiamo che uno dei condensatori verso massa (condensatore Y) vada in corto, ad esempio quello presente tra fase e filo di terra; il cortocircuito porta il filo di terra ad una tensione di 120 V, il che non sarebbe un problema se non fosse che il filo di terra è generalmente collegato all’intelaiatura dell’apparecchiatura; quest’ultima va quindi anch’essa in tensione (a circa 120 V, date le inevitabili resistenze parassite sui conduttori), il che ovviamente costituisce un pericolo di scossa per chi dovesse toccarla. Gli enti normativi di sicurezza specificano anche la massima corrente di perdita (a 60 Hz o a 50 Hz) che può scorrere attraverso i condensatori verso massa, al fine ovviamente di rendere minimo il pericolo di scosse elettriche dovute al fatto che tali correnti scorrono nella resistenza di collegamento a terra, determinando ai capi di questa una tensione non nulla. Ad esempio, supponiamo che la massima corrente di perdita a 60 Hz sia di 1 mA; ricordando allora che la relazione di lato di un condensatore (nel dominio dei fasori) è I=jωCV, possiamo trovare la massima capacità verso massa necessaria per avere, in corrispondenza di una tensione di 120 V (efficaci), una corrente massima di 1 mA a 60Hz: 25 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) ωCV = I < 1mA I 1(mA) → C C ,max = = = 22.1nF ω = 2π ⋅ 60 ≅ 377(rad / sec) ωV rad V = 120V 377 ⋅ 120(V) sec In base a questo valore, considerando che i condensatori verso massa sono due per ogni circuito (fase-terra e neutro-terra), deduciamo che la corrente di perdita del singolo condensatore verso massa deve essere al massimo pari alla metà della corrente di perdita totale, per cui la singola capacità verso massa sarà pari, in questo caso, a 11.05 nF. Da notare che alcuni filtri contengono soltanto i condensatori di destra o di sinistra, mentre altri li contengono su entrambi i lati. Ci sono poi altri casi in cui sono presenti, per esempio, solo i condensatori CDL e CCR oppure solo CDR e CCL. Ad ogni modo, valori tipici di questi condensatori sono CD=0.047µ µF per il modo differenziale e CC=2200pF per il modo comune. Notiamo adesso un’altra cose: nella parte sinistra del filtro, c’è un condensatore CCL in parallelo al resistore di 50Ω della LISN. L’impedenza complessiva di questo parallelo è Z= 1 1 + jω C R = R 50 = 1 + jωRC 1 + j ⋅ 2πf ⋅ 50 ⋅ C Lo scopo del condensatore CCL è quello di deviare la corrente di modo comune, in modo che essa non attraversi la resistenza di 50 Ω della LISN e quindi non contribuisca a originare valori di VN che potrebbero eccedere i limiti normativi. Questa azione di deviazione funziona ovviamente solo se l’impedenza del condensatore è minore (in modulo) di 50 Ω (5). Allora, per giudicare se questi condensatori verso massa posti sul lato sinistro producano l’effetto desiderato, si calcola la loro impedenza nel caso del valore tipico di 2200 pF: si ha che 1 1 1 = = | Z C |= ωC 2πfC 2πf ⋅ 2200 ⋅ 10 −12 ( ) Questa impedenza assume il valore di 50 Ω alla frequenza di 1.45 MHz, il che significa che il condensatore svolge il suo compito (di deviazione delle correnti di modo comune dal resistore di 50 Ω della LISN) solo per frequenze superiori a 1.45 MHz. Bobina di blocco del modo comune Oltre ai condensatori ed agli induttori finora descritti, il filtro presenta generalmente un ulteriore componente, costituita da induttori accoppiati che formato una cosiddetta bobina di blocco del modo comune: 5 Infatti, la corrente “vede” nel condensatore una impedenza minore dei 50Ω del resistore e quindi si ripartisce in gran parte nel condensatore Autore: Sandro Petrizzelli 26 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Come dice la denominazione, questa bobina ha anch’essa lo scopo di arrestare le componenti di modo comune, mentre, almeno nel caso ideale, non dovrebbe avere alcuna influenza sulle correnti di modo differenziale. Dal punto di vista realizzativo, la bobina è costituita da due avvolgimenti uguali disposti attorno ad un nucleo di ferrite (per cui è una struttura molto simile ad un trasformatore), come illustrato nella figura seguente: Le autoinduttanze di ciascun elemento sono indicate con L, mentre la mutua induttanza è stata indicata con M. Esse descrivono la caratteristica tensione-corrente dell’elemento, che è notoriamente espressa dalle seguenti due equazioni (sempre nel dominio della frequenza): VL1 = jωL1 ⋅ I L1 + jωM ⋅ I L 2 VL 2 = jωM ⋅ I L1 + jωL 2 ⋅ I L 2 Queste equazioni corrispondono evidentemente ad un circuito equivalente fatto nel modo seguente: L1 IL1 L2 + + - VL1 - jω M ⋅ I L 2 jωM ⋅ I L1 + - IL2 + VL2 - Dato che gli avvolgimenti sono identici e sono avvolti in modo compatto attorno allo stesso nucleo, la mutua induttanza è circa uguale all’autoinduttanza: quindi L≅ ≅ M. Da qui consegue che il cosiddetto coefficiente di accoppiamento della bobina è praticamente uguale ad 1: k= M L1 ⋅ L 2 = M L2 = 27 M ≅1 L Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Vediamo allora di capire per quale motivo questa bobina blocca le correnti di modo comune mentre lascia passare inalterate quelle di modo differenziale. Come primo caso, consideriamo solo le correnti di modo differenziale, come indicato nella figura seguente: In base alle equazioni scritte prima, la caduta di tensione sulla porta di sinistra è VL1 = jωL1 ⋅ I L1 + jωM ⋅ I L 2 = jωL ⋅ I D − jωM ⋅ I D = jω(L − M ) ⋅ I D Quindi, per le correnti di modo differenziale l’elemento introduce una induttanza L-M su ciascun conduttore. Questa è nota come induttanza di dispersione: infatti, mentre dovrebbe essere nulla idealmente (perché dovrebbe essere L=M), in realtà non lo è a causa del flusso magnetico che esce dal nucleo senza accoppiarsi con gli avvolgimenti. Se fosse nulla, è evidente che non avremmo alcuna tensione dovuta al modo differenziale, ossia l’elemento si comporterebbe come un cortocircuito per le correnti di modo differenziale. In altre parole ancora, l’elemento risulta trasparente alle correnti di modo differenziale: questo proprio grazie al fatto che i flussi magnetici dovuti alle correnti di modo differenziale tendono a cancellarsi per il moto con cui le spire sono avvolte attorno al nucleo. Consideriamo adesso invece solo le correnti di modo comune, come illustrato nella figura seguente: In questo caso, la tensione sulla porta di sinistra è VL1 = jωL1 ⋅ I L1 + jωM ⋅ I L 2 = jωL ⋅ I C + jωM ⋅ I C = jω(L + M ) ⋅ I C A prescindere dall’uguaglianza o meno di L ed M, abbiamo in questo caso una impedenza jω(L+M), di natura induttiva, tanto maggiore quanto maggiore è la frequenza di lavoro, il che significa che l’elemento tende a bloccare le correnti di modo comune (da cui appunti il nome di bobina di modo comune). Valori tipici di L ed M sono intorno a 10 mH: essi corrispondono, per le frequenze estreme (450 kHz e 30 MHz) dell’intervallo di misura per le emissioni condotte (norme FCC), a impedenze di modo comune pari a → Z L = jω(L + M ) = j ⋅ 56.549kΩ 450kHz → Z L = jω(L + M ) = j ⋅ 3.77 MΩ 30MHz Autore: Sandro Petrizzelli 28 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Si tratta evidentemente di impedenze abbastanza elevate. Ad ogni modo, si tratta anche di valori ideali, data l’inevitabile presenza di effetti capacitivi parassiti tra gli avvolgimenti, che deteriorano le prestazioni specialmente alle frequenze maggiori (dove cioè la reattanza capacitiva è maggiore). Un ultima osservazione va fatta circa la bobina di blocco del modo comune. Sappiamo bene che nella corrente di modo differenziale, oltre alle componenti di disturbo, è sempre presente un’altra componente, corrispondente alla corrente di alimentazione a 60 Hz (o 50 Hz), necessaria al funzionamento dell’apparecchiatura. Questa corrente è di intensità generalmente elevata (anche qualche ampere) ed è perciò capace di saturare il nucleo di ferrite, riducendone così la permeabilità quasi fino al valore dell’aria. Questo fatto non è positivo, in quanto l’efficacia della bobina nel bloccare le correnti di modo comune è legata ai grandi valori di L e di M e questi sono a loro volta legati alla possibilità di avere una grande permeabilità del nucleo. Quindi, la corrente di alimentazione potrebbe peggiorare le prestazioni della bobina nel caso in cui dovesse saturare il suo nucleo. Questo rischio non esisterebbe se il dispositivo fosse ideale: infatti, si è visto che il flusso magnetico dovuto alle correnti differenziali (incluse quelle a 60 Hz o 50 Hz) si cancella se il dispositivo è ideale, nel qual caso non c’è pericolo di saturazione del nucleo. Circuiti equivalenti dei filtri Vogliamo adesso sviluppare alcuni circuiti equivalenti utili a rappresentare gli effetti del filtro sulle correnti di modo differenziale e di modo comune. Faremo sempre l’ipotesi che il filtro sia simmetrico rispetto ai fili di fase e di neutro: questa definizione indica semplicemente che il circuito costituito dai fili di fase e di terra è identico a quello costituito dai fili di neutro e di terra. Per ottenere questo risultato, considerando lo schema topologico generale proposto in precedenza, è evidente basta uguagliare i valori dei condensatori verso massa tra i fili di fase e di terra con i valori dei condensatori verso massa tra i fili di neutro e di terra nonché i valori delle autoinduttanze dei due lati dell’induttore di modo comune. Queste condizioni risultano verificate praticamente sempre, in quanto non si vede alcun motivo per cui un filtro non dovrebbe essere simmetrico. Detto questo, cominciamo a considerare le correnti di modo comune. Per comodità, disegniamo il circuito sistemando al centro il conduttore di terra, nella parte superiore quello di fase e nella parte inferiore quello di neutro; otteniamo quanto segue: Le correnti di modo comune vengono prodotte da due sorgenti di corrente (ovviamente fittizie, non reali), ai capi dei condensatori CCR posti tra il filo di fase e quello di terra e tra il filo di neutro e quello di terra. Applicando le equazioni delle maglie (LKT) e dei nodi (LKC), si perviene ad alcuni risultati interessanti (dovuti essenzialmente alla simmetria del circuito), che citiamo senza dimostrazione: 29 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) • in primo luogo, risultano nulle le tensioni ai capi dei condensatori indicati con CDR e CDL (entrambi tra fase e neutro, disposti il primo nella parte di destra e il secondo in quella di sinistra); • in secondo luogo, ci sono alcune correnti che risultano uguali (indicate con I1 ed I2 e corrispondenti alle correnti che scorrono negli induttori accoppiati); • infine, l’applicazione della LKT mostra che per ciascuna delle correnti di modo comune si può utilizzare il seguente circuito equivalente (semicircuito di modo comune): La topologia di questo circuito appare abbastanza ovvia: infatti, si è visto prima che la bobina di modo comune rappresenta, per il modo comune, una induttanza di valore L+M e, inoltre, che i condensatori presenti tra i conduttori non hanno alcun effetto; inoltre, l’induttore LGW sul filo di terra appare di valore doppio in quanto si è visto prima che esso è attraversato da una corrente doppia rispetto ad IC. Studiando allora questo circuito, si trova facilmente il legame analitico tra IC e la tensione VC misurata sulla LISN; a prescindere dalla formula matematica, si nota comunque l’effetto dei vari elementi: i condensatori verso massa tendono a deviare il percorso della IC prima che arrivi al resistore da 50 Ω, ma la loro azione è tanto peggiore quanto minore è la frequenza (dove cioè la reattanza capacitiva è inferiore); al contrario, l’induttanza L+M aumenta la resistenza incontrata dalla corrente che riesce ad oltrepassare CCR, così come l’induttanza 2LGW aumenta l’impedenza del ramo in cui è inserita al fine di deviare la massima corrente possibile attraverso CCL; entrambi questi componenti svolgono una azione tanto più efficace quanto maggiore è la frequenza. Tra l’altro, se la bobina di modo comune fosse ideale, risulterebbe L=M e quindi l’induttanza offerta da tale elemento sarebbe di valore decisamente rilevante. Adesso passiamo alle correnti di modo differenziale. Con lo stesso ragionamento di prima, il circuito completo è il seguente: Anche in questo caso, le correnti provengono da due sorgenti fittizie. Autore: Sandro Petrizzelli 30 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione L’analisi di questo circuito (in cui la simmetria determina ancora una volta l’uguaglianza di talune correnti) dimostra la possibilità di usare, per ciascuna corrente di modo differenziale, il seguente circuito equivalente (semicircuito di modo differenziale): La giustificazione intuitiva di questo circuito è altrettanto ovvia di quella relativa al circuito di modo comune: per esempio, notiamo l’induttanza di valore L-M dovuta alla bobina di modo comune oppure i condensatori di valore doppio (i quali, nel circuito reale, sono attraversati da 2ID). Più interessante è invece notare la presenza dei condensatori verso massa CCL e CCR: nonostante essi servano prettamente per la deviazione delle correnti di modo comune, il fatto di ritrovarli in questo circuito mostra che influiscono anche sulle correnti di modo differenziale. D’altra parte, il loro contributo non è generalmente significativo, dato che risulta CCL<<CDL e CCR<<CDR, per cui in prima approssimazione potremmo anche eliminarli nel parallelo con i condensatori di linea: Ancora una volta, il circuito ci aiuta a comprendere l’effetto dei vari elementi: se la bobina di modo comune fosse ideale, risulterebbe L-M=0 e quindi l’induttanza non ci sarebbe; i due condensatori, invece, deviano le correnti di modo differenziale in uscita dall’apparecchiatura prima che giungano sul resistore da 50 Ω. Notiamo infine che, talvolta, mancano i condensatori di linea, nel qual caso il ruolo dei condensatori verso massa CCL e CCR diventa evidentemente importante anche nei riguardi delle correnti di modo differenziale. Componenti dominanti I discorsi appena conclusi sui filtri di alimentazione hanno considerato essenzialmente solo il comportamento ideale dei componenti inseriti nei filtri stessi: l’idealità del comportamento dei condensatori verso massa garantisce che solo una piccola corrente di modo differenziale riesca ad oltrepassare il filtro, giungendo nella LISN o, in condizioni di normale operatività del prodotto, nella rete di distribuzione dell’energia elettrica; analogamente, l’idealità della bobina di blocco di comune (rappresentata sostanzialmente dalla condizione L=M), dei condensatori di linea e dell’induttore LWG sul filo di terra garantiscono che solo una piccola corrente di modo comune riesca ad oltrepassare il filtro. Tuttavia, queste condizioni di idealità nella pratica non risultano mai verificate, per cui può capitare che un dato prodotto, nonostante la presenza del filtro di alimentazione (ben progettato), 31 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) possa ancora non soddisfare (ad esempio in corrispondente di talune frequenze) i limiti imposti dalle norme sulle emissioni condotte. Quando questo accade, si pone la questione di come riuscire con efficacia a diagnosticare e risolvere il problema, per ottenere un livello delle emissioni condotte entro i limiti. Verrebbe ad esempio da pensare che basterebbe modificare i valori dei componenti del filtro, ma numerose e laboriose osservazioni sperimentali hanno mostrato che ciò non è necessariamente vero. In generale, per ridurre i livelli delle emissioni condotte esistono diverse strade: in questo paragrafo vedremo cosa si può fare agendo sui componenti del filtro di alimentazione, mentre nei paragrafi successivi vedremo altri modi, basati essenzialmente su un progetto adeguato degli alimentatori delle apparecchiature, ossia di quei circuiti aventi lo scopo di convertire la tensione alternata, fornita dalla rete commerciale di distribuzione dell’energia elettrica, in tensione continua di opportuno livello. Quando si vogliono cambiare i valori di uno o più componenti di un filtro ai fini di migliorarne le prestazioni (cioè ai fini di ridurre ulteriormente i livelli di emissioni condotte), è fondamentale disporre di un grafico in cui sia riportato l’andamento totale, nell’intervallo di frequenza di interesse, della corrente totale nel conduttore di fase e della corrente totale nel conduttore di neutro. Non solo, ma è anche opportuno che, per ciascun conduttore, la corrente sia scomposta nella componente di modo differenziale e nella componente di modo comune. Un grafico di questo tipo potrebbe ad esempio essere il tipo seguente (che riporta un andamento tipico delle predette correnti): L’utilità di un grafico del genere si comprende facilmente: cominciamo col ricordare che la corrente totale nei fili di fase o di neutro è sempre data, in base a quanto visto in precedenza, dalla somma o dalla differenza delle componenti di modo comune e di modo differenziale: I totale = I C ± I D (dove ricordiamo che le quantità coinvolte sono dei fasori di corrente). Allora, se una componente risulta molto più grande dell’altra, la corrente totale sarà data dalla componente predominante. Questo può avvenire per tutte le frequenze di interesse o, come spesso accade, solo per talune frequenze. In ogni caso, la dominanza dell’una e dell’altra componente viene senz’altro evidenziata dal grafico di cui sopra: ad esempio, si nota che in bassa frequenza (sempre ovviamente al di sopra del limite minimo dei 150 kHz) predomina nettamente la componente Autore: Sandro Petrizzelli 32 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione differenziale, che per le frequenze intermedie (comunque superiori ad 1 MHz) predomina la componente di modo comune e che per alte frequenze (inferiori a 30 MHz) predomina nuovamente la componente differenziale. Allora, noto questo tipo di informazioni, se desideriamo ridurre le emissioni condotte in corrispondenza di una particolare frequenza e vediamo che a tale frequenza esiste una componente dominante, dovremo operare su quei componenti che agiscono su tale componente dominante mentre potremo senz’altro lasciar perdere gli altri. In altre parole, bisogna fare in modo da intervenire solo lì dove la componente dominante viene maggiormente attenuata, in quanto risulta del tutto inutile, ai fini della riduzione dei livelli delle emissioni condotte, variare i componenti che agiscono sulla componente non dominante. Detto questo, dobbiamo capire come individuare la componente dominante (ossia, sostanzialmente, come tracciare un grafico del tipo prima riportato) e come procedere per ridurla. Cominciamo allora col ricordare che ogni elemento del filtro di alimentazione riduce soltanto una componente, o di modo differenziale o di modo comune6. Allora, dovendo ridurre il livello di una certa componente (dominante), dovremo cambiare gli elementi del filtro che hanno effetto su quella particolare componente. Supponiamo, ad esempio, che, ad una data frequenza in corrispondenza della quale le emissioni condotte superano i limiti normativi, risulti dominante la componente di modo comune. Se andassimo a variare il valore dei condensatori di linea, non otterremmo alcun miglioramento, in quanti essi riducono solo la componente differenziale, che non è quella dominante a quella frequenza. Analogamente, se risultasse dominante la componente di modo differenziale, sarebbe inutile andare ad aumentare (tramite l’aumento del numero di spire attorno al nucleo) l’induttanza LWG sul filo di terra, in quanto essa agisce solo sulla corrente di modo comune. Questo per dire, quindi, che anche un radicale cambiamento del valore di un elemento del filtro potrebbe non aver alcun effetto sul livello delle emissioni condotte totali, nel caso in cui tale elemento agisce sulla componente non dominante. Per individuare quale componente di corrente sia dominante ad una determinata frequenza, occorre evidentemente uno strumento diagnostico in grado di separare la componente di modo differenziale da quella di modo comune ad ogni frequenza dell’intervallo di interesse. Un simile dispositivo è illustrato nella figura seguente: 6 In realtà, si è visto che i condensatori verso massa agiscono anche sul modo differenziale, ma di solito essi sono di valore di gran lunga inferiore ai condensatori di linea (che agiscono propriamente sul modo differenziale), per cui la loro azione sul modo differenziale può essere in prima approssimazione trascurata rispetto a quella dei condensatori di linea. 33 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) Il dispositivo deve essere interposto tra la LISN e l’analizzatore di spettro, secondo una configurazione del tipo seguente: Rete di distribuzione dell'energia LISN Filtro DUT Dispositivo in prova Strume nto diagnos tico Strumentazione di misura (analizzatore di spettro) In poche parole, il dispositivo effettua la somma o la differenza delle tensioni dei fili di fase (VP) e di neutro (VN) della LISN, in modo da fornire (ovviamente raddoppiata) solo la componente di modo differenziale o solo quella di modo comune. Per ottenere questo, il dispositivo sfrutta due trasformatori a banda larga: sui primari di questi trasformatori sono applicate, come si vede, le tensioni di fase e di neutro, che abbiamo visto in precedenza essere date da VP = 50(I'C + I' D ) = V'C + V' D VN = 50(I'C − I' D ) = V'C −V' D I secondari dei trasformatori sono poi collegati in serie ed è presente un interruttore in grado di invertire la polarità della tensione di neutro: con l’interruttore in posizione normale, viene effettuata banalmente la somma delle tensioni di fase e di neutro, mentre dopo la commutazione, viene effettuata la differenza delle stesse tensioni: Autore: Sandro Petrizzelli 34 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione VP + VN = 2V'C VP − VN = 2V' D Le tensioni così ricavate possono quindi essere misurate dall’analizzatore di spettro, il quale, spazzolando tutto l’intervallo di frequenza di interessa, può darci un grafico del tipo descritto prima, consentendoci perciò tutte le valutazioni del caso. Esempio Per concludere l’argomento, andiamo a vedere un esempio concreto di misura e studio delle emissioni condotte. Consideriamo un comune dispositivo digitale contenente un alimentatore a commutazione7 ed un filtro di alimentazione. Supponiamo di rimuovere tutti i componenti del filtro e successivamente di misurare le emissioni condotte dal dispositivo: In base alle considerazioni fatte nel paragrafo precedente, riportiamo l’esito delle misure, al variare della frequenza, relativamente alla corrente nel conduttore di neutro: Come si nota, nella figura abbiamo riportato sia l’andamento della corrente totale di neutro sia le sue componenti di modo differenziale e di modo comune. E’ stato anche riportato il limite normativo previsto dalle norme FCC sulle emissioni condotte: come sappiamo, questo limite (per i dispositivi 7 Se ne parlerà più avanti 35 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) di classe B) è pari a 48.6 dBµV per tutto l’intervallo di frequenza di interesse, per cui corrisponde alla linea orizzontale riportata quasi al centro del diagramma. Confrontando con le misure effettuate, notiamo che le emissioni sono bel al di sopra (oltre 30 dB) del limite previsto, per cui dobbiamo prendere provvedimenti, progettando ad hoc il filtro di alimentazione. Notiamo allora immediatamente che le componenti di modo comune e di modo differenziale sono tra loro confrontabili praticamente su tutte le frequenze, per cui non possiamo seguire alcun criterio particolare per scegliere quali elementi del filtro cominciare ad inserire. Tuttavia, avendo visto che i condensatori verso massa agiscono prettamente sul modo comune ma anche leggermente sul modo differenziale, cominciamo ad inserirli nel filtro, usando capacità da 3300 pF: Rifacendo le misure, il diagramma in funzione della frequenza risulta essere il seguente: Si nota allora immediatamente che i condensatori verso massa contribuiscono a ridurre praticamente nello stesso modo le componenti di modo comune e di modo differenziale, ma solo per frequenze superiori a circa 2 MHz. Possiamo facilmente spiegarci il perché di questo: dobbiamo infatti ricordare che i condensatori verso massa risultano in parallelo ai resistori da 50 Ω della LISN (quelli su cui vengono compiute le misure); di conseguenza, affinché la loro azione di deviazione delle correnti diventi significativa, devono dare origine ad una impedenza uguale o inferiore a 50 Ω; la frequenza alla quale la loro impedenza (in modulo) | Z C |= Autore: Sandro Petrizzelli 1 1 1 = = ωC 2πfC 2πf ⋅ 3300 ⋅10 −12 ( 36 ) Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione vale 50 Ω risulta essere pari circa ad 1 MHz, il che ci giustifica il motivo per cui la riduzione delle correnti diventa significativa da 2 MHz in poi. Dato che siamo ancora ampiamente al di sopra dei limiti normativi, dobbiamo perfezionare il filtro. Andiamo allora ad inferire un condensatore di linea da 0.1µF, posto tra fase e neutro: Le nuove misure sulle emissioni condotte risultano adesso essere le seguenti: Come era lecito aspettarsi, l’inserimento del condensatore di linea ha comportato una notevole riduzione della corrente di modo differenziale, mentre invece la componente di modo comune è rimasta sostanzialmente invariata, tanto da risultare adesso la componente decisamente dominante. Anche in questo caso, possiamo individuare una sorta di frequenza di taglio, ossia una frequenza al di là della quale l’attenuazione introdotta dal condensatore da 0.1 µF risulta apprezzabile: infatti, se consideriamo il semicircuito di modo differenziale precedentemente illustrato, notiamo che il condensatore di linea, raddoppiato di valore, è in parallelo al condensatore verso massa ed alla resistenza da 50 Ω su cui viene prelevata la tensione di modo differenziale; la frequenza di taglio in questione sarà allora quella alla quale risulta di 50 Ω il modulo dell’impedenza data dal parallelo dei suddetti condensatori, ossia 37 Autore: Sandro Petrizzelli Appunti di “Compatibilità Elettromagnetica” - Capitolo 6 (parte I) | Z |= 1 ω(2C D + C C ) = 1 ( −6 2πf ⋅ 0.2 ⋅10 + 3300 ⋅10 −12 ) Uguagliando questa quantità a 50 Ω, si trova una frequenza pari a circa 15.7 kHz; questa risulta molto al di sotto della frequenza minima riportata sul grafico (per cui non la “vediamo”), il che giustifica la forte attenuazione che notiamo sul grafico stesso. A questo punto, dato che siamo ancora abbondantemente sopra i limiti, dobbiamo preoccuparci di ridurre la componente di modo comune, che è quella dominante. Andiamo allora a vedere cosa succede inserendo un induttore LWG da 1 mH sul filo di terra: Il grafico delle nuove misure (che per semplicità non riportiamo) mostra, in accordo alle nostre aspettative, che la componente di modo differenziale è rimasta sostanzialmente invariata, mentre invece quella di modo comune è stata sensibilmente ridotta, tanto da risultare quasi sempre al di sotto dei limiti, tranne che per alcune frequenze prossime ai 20 MHz. Anche questa volta possiamo spiegarci il perché di questa azione così netta di attenuazione del modo comune: infatti, se riprendiamo il semicircuito di modo comune precedentemente illustrata, vediamo che l’induttore LWG risulta raddoppiato di valore ed in serie alla resistenza di 50Ω della LISN; la frequenza di taglio da considerare è allora quella alla quale l’impedenza Z=jω2LWG risulta, in modulo, pari a 50 Ω; facendo i conti, risulta una frequenza di circa 4 kHz, ancora una volta ben al di fuori dell’intervallo di frequenza considerato nel grafico. L’ultimo componente da inserire, per completare il filtro, è la bobina di modo comune, ossia i due induttori accoppiati da porre sui fili di fase e di neutro: E’ stato considerato un induttore con autoinduttanza L pari a 28 mH. Il corrispondente grafico delle misure risulta essere il seguente: Autore: Sandro Petrizzelli 38 Emissioni condotte: concetti generali; uso dei filtri di alimentazione Un confronto tra questo grafico e quello (non riportato) precedente mostra che la bobina di modo comune non sembra sostanzialmente aver ridotto la componente di modo comune (come invece ci si aspettava), mentre invece ha ridotto drasticamente la componente di modo differenziale. Questo risultato, apparentemente anomalo, si può in realtà giustificare: • per quanto riguarda la mancata attenuazione del modo comune, è dovuta al fatto che l’induttore LWG sul filo di terra aveva già ridotto tale componente al di sotto del livello del rumore di fondo dell’analizzatore di spettro, il che impedisce di apprezzare ulteriori riduzioni; in pratica, i valori misurati sono dati praticamente solo dal suddetto rumore di fondo; • per quanto riguarda, invece, l’effetto sulla componente di modo differenziale, è dovuto a quella che abbiamo chiamato induttanza di dispersione (=L-M) della bobina non ideale: in caso di funzionamento ideale, la bobina sarebbe risultata trasparente al modo differenziale, mentre invece, data la non idealità, essa ha introdotto una attenuazione anche sul modo differenziale. E’ quindi questo un caso in cui un effetto indesiderato (la dispersione del flusso magnetico) ha prodotto invece un risultato benefico ai nostri scopi. Ad ogni modo, la conclusione che possiamo trarre, guardando l’ultimo grafico, è che il filtro di alimentazione ha svolto il suo compito in corrispondenza della maggior parte delle frequenze di interesse, ma non per tutte: si notano infatti due picchi di emissione, dovuti fondamentalmente alla componente di modo comune. Di conseguenza, per poter commercializzare il prodotto in questione, dovremo prendere altri provvedimenti, tesi a migliorare le prestazioni del filtro (con l’aggiunta di ulteriori componenti a sinistra della bobina di modo comune) oppure a ridurre le emissioni alla fonte, cioè all’interno del prodotto stesso. Di quest’ultimo aspetto ci si occuperà nei prossimi paragrafi, parlando degli alimentatori. Autore: SANDRO PETRIZZELLI e-mail: [email protected] sito personale: http://users.iol.it/sandry succursale: http://digilander.iol.it/sandry1 39 Autore: Sandro Petrizzelli