Michele Sarà (e-mail: [email protected]) L’EVOLUZIONE DEL RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETA’ E LE NUOVE CONOSCENZE IN BIOLOGIA 1- L’evoluzione è una forza propulsiva e modificatrice non solo a livello biologico. L’evoluzione del ruolo delle donna nella società moderna è un importante processo evolutivo in atto che va inquadrato nella grande tematica dell’evoluzione che pervade il mondo contemporaneo. Infatti, come tratto in extenso nel mio libro “L’evoluzione costruttiva (UTET, 2005), l’idea dell’evoluzione, nata oltre due secoli fa con Lamarck prima e con Darwin poi, per spiegare le grandi trasformazioni dei viventi nel tempo geologico, è diventata gradualmente, con lo sviluppo delle scienze naturali prima e di quelle umanistiche poi un paradigma generale per spiegare anche i fenomeni della materia non vivente e del cosmo in generale (si parla di un evoluzione della materia e astrofisica) e di fenomeni umani relativi sia al suo sviluppo sociale che psicologico individuale. Si può pensare che un evoluzionismo esteso a campi così diversi della realtà abbia solo un valore metaforico e che non possano riscontrarsi fattori evolutivi comuni in modo da collegare con un filo rosso il percorso evolutivo che va dall’atomo all’uomo. Ma questi fattori possono essere trovati se si prende in considerazione un’evoluzione costruttiva e non soltanto selettiva come quella darwiniana. Il fattore fondamentale di un’evoluzione costruttiva è l’interazione, che consente a due enti qualsiasi (siano atomi, molecole, cellule, organismi o uomini) di scambiarsi o mettere in comune energie e/o informazioni. L’interazione porta sempre ad una modificazione delle entità stesse e, se l’interazione è costruttiva, ad una loro integrazione in entità più complesse e ciò dà all’evoluzione una forma progressiva. In sostanza le entità più complesse, come l’acqua formata da idrogeno ed ossigeno, aggiungono alle proprietà dei componenti proprietà nuove, imprevedibili e perciò dette emergenti, dovute al fatto che agli enti che interagiscono si aggiunge il legame d’interazione. Compaiono così le novità evolutive di cui è costellato il corso dell’evoluzione. Le molecole presentano proprietà nuove rispetto agli atomi di cui sono formate, le cellule rispetto alle molecole (una proprietà nuova è ad esempio la vita), gli organismi pluricellulari rispetto agli unicellulari, le società rispetto agli individui. Il frutto delle interazioni che portano a cooperazione e spesso integrazione dovrebbe essere una sempre migliore organizzazione dei sistemi che si formano: Questo si è verificato nel corso dell’evoluzione fisica e biologica, ma non ancora in modo compiuto in quella umana. Ciò perché il sistema evolutivo dell’uomo è più complesso comprendendo, accanto alla componente biologica anche quelle specificamente umane legate all’autocoscienza e quindi al libero arbitrio, cioè la culturale e la psico-spirituale. Inoltre, l’uomo con tutta la sua complessità si è appena affacciato nel teatro dell’evoluzione (le poche migliaia di anni della sua evoluzione culturale sono un attimo in confronto alle centinaia di milioni di anni dell’evoluzione biologica) e quindi vi sta compiendo solo i primi passi. Le difficoltà che l’uomo incontra nella sua evoluzione sono legate a quello che, in un’evoluzione progressiva e costruttiva, si può considerare l’obbiettivo di tutto il processo evolutivo a partire dalla formazione della materia, cioè lo sviluppo di una crescente individuazione, fonte di autonomia e di libertà. Queste qualità solo nell’uomo sono divenute mature in modo da poter passare sotto il suo controllo . L’essere umano si trova quindi di fronte a qualcosa di assolutamente nuovo nel processo evolutivo. Da sottolineare che la tendenza verso una maggiore complessità, individuazione e autonomia, caratterizza l’intero percorso evolutivo a partire dal big bang ed è documentata da un’attenta e obbiettiva considerazione dei dati scientifici in nostro possesso Non si tratta quindi di un preconcetto di natura extra-scientifica basata sul finalismo E’ in questa luce che va considerato anche il problema che qui c’interessa cioè l’evoluzione sociale della donna.: E’un problema, d’importanza fondamentale per l’evoluzione dell’umanità, che rientra essenzialmente nella sua evoluzione culturale pur rapportandosi anche alla sua evoluzione biologica e a quella psico-spirituale. Il rapporto fra biologia e cultura rivisto alla luce delle più recenti conquiste in campo biologico Per comprendere le possibilità di sviluppo di un’evoluzione sociale della donna, e acquistare una maggiore consapevolezza della sua necessità, occorre approfondire il nesso fra evoluzione biologica ed evoluzione culturale e, in senso più generale, fra biologia e cultura. Il fatto che in questi ultimi anni si sia verificata una vera e propria rivoluzione nei concetti fondamentali della biologia è poco noto non solo al grosso pubblico ma alla stessa maggioranza degli studiosi: Questa rivoluzione ha stabilito nuovi nessi, insospettati fino a pochi anni fa fra biologia e cultura: Ciò consente di superare ogni rigida contrapposizione fra di esse. In sostanza la nuova biologia non considera la cultura come un semplice sottoprodotto di precise leggi naturali, tipico di un biologismo riduzionistico, che estenda questo alla complessa realtà umana. L’evoluzione culturale si basa, oltre che su intuizioni, su di un flusso d’informazioni e comunicazioni interpersonali. La moderna biologia mostra che una rete di informazioni e comunicazioni non meno importante lega fra loro le molecole e presiede al funzionamento dei sistemi biologici. Ciò riguarda anche la sede dell’ereditarietà’, cioè il genoma costituito dai geni, con il loro codice genetico. I geni non agiscono individualmente ma entrano a far parte di un complesso sistema a rete estremamente dinamico e plastico perché continuamente condizionato, attraverso segnali dall’ambiente interno ed esterno dell’organismo. L’aspetto fondamentale che ne risulta e che è importante per qualsiasi problema di evoluzione culturale nell’uomo è che la biologia perde il suo aspetto rigidamente deterministico legato all’eredità e all’egemonia dei geni e assume un aspetto plastico in cui i fenomeni culturali possono condizionare profondamente quelli biologici. Natura e cultura non appaiono più come realtà antagoniste ma come fattori interagenti, complementari nei processi di evoluzione umana. Ciò trova il suo compimento nell’uomo ma si era verificato già nel corso dell’evoluzione animale. Le nuove conoscenze sull’evoluzione del comportamento animale mostrano infatti che sin dagli animali primitivi le componenti dell’istinto legato all’ereditarietà e quindi ai geni e quella dell’apprendimento, legato alle nuove esperienze indotte dall’ambiente, interagiscono. Le teorie contrapposte degli etologi del Novecento, innatismo, basato sull’ereditarietà e behaviorismo, basato sulle informazioni ambientali, non hanno più ragione di essere in quanto il comportamento animale si basa sempre sull’integrazione delle due componenti. Certo, nel corso dell’evoluzione e in particolare in quella umana, pur rimanendo essenziali entrambe le componenti, geni e stimoli ambientali, questi ultimi assumono un’importanza sempre più rilevante. Ciò significa anche il prevalere dell’evoluzione culturale su quella biologica. Le due componenti si connettono evolutivamente e continuino ad interagire anche nel’uomo :il prendere atto di ciò significa una maggiore convergenza fra scienze naturali e umanistiche e quindi favorisce l’unità della cultura. Non vi è stata frattura e discontinuità fra l’evoluzione biologica che ha dominato i viventi fino all’uomo e quella culturale, tipica della specie umana, ma certo un cambiamento di enorme portata. Si tratta dell’emergere di novità evolutive, legate allo sviluppo di un’intelligenza astratta e all’invenzione del linguaggio articolato che hanno consentito una capacità d’intuizione e una straordinaria accelerazione nei processi d’informazione e di comunicazione interindividuale. Oggi solo un deteriore biologismo legato all’egemonia dei geni, cioè dell’ereditarietà, e quindi non in linea con la nuova biologia, può considerare che un’evoluzione accelerata sul piano sociale dei ruoli dell’uomo e della donna, cioè un profondo cambiamento di tipo culturale nell’organizzazione sociale umana, non possa o non debba verificarsi a causa della loro diversità sul piano morfologico biologico e riproduttivo (le stesse considerazioni possono essere fatte per il problema del razzismo). In realtà l’evoluzione culturale è il compimento di quella biologica, come è dimostrato dalla straordinaria tendenza verso lo sviluppo del sistema nervoso e del cervello già manifestata nel corso dell’evoluzione animale. L’evoluzione culturale, accompagnata in modo adeguato da quella-psicospirituale, e quindi dall’etica individuale, deve puntare all’eguaglianza di fondo di tutti gl’individui umani sul piano dei diritti. Non si tratta di una confusione dei ruoli di genere maschile e femminile con una non realistica e non fruttuosa uniformità, ma su una sempre più chiara coscienza del rispetto delle diversità e soprattutto della loro importanza nel senso del complementarismo delle polarità. Chiarire anche sul piano di base della biologia quale apporto in tale senso diano le più recenti conquiste scientifiche può fornire i necessari convincimenti teorici e favorire un processo di rivendicazione di diritti sul piano pratico, superando la discrepanza fra piano teorico e pratico, inevitabile quando si scontrano nuove prospettive maturate sul piano delle idee con posizioni consolidate sia a causa di preconcetti sia a causa di interessi precostituiti. Gli aspetti innovativi della nuova biologia Occorre ora esaminare in maggiore dettaglio la base scientifica degli aspetti innovativi della nuova biologia anche in un quadro storico. Il nuovo punto di vista s’inserisce in un quadro culturale olistico anziché riduzionistico. Tale nuovo punto di vista è reso necessario da una riflessione teorica, che sta gradualmente emergendo, anche se in modo frammentario, dalle recenti conquiste sperimentali soprattutto nel campo della biologia molecolare oltre che in altre scienze, e si configura in una generale teoria dei sistemi. Un punto di vista olistico è di considerare l’evoluzione come il risultato di un sistema complesso d’interazioni che portano ad un’evoluzione costruttiva mentre il punto di vista riduzionistico, oggi in auge, è rappresentato dal neo-darwinismo basato su caso e determinismo, in cui le mutazioni casuali vengono fissate dalla selezione naturale nel processo degli adattamenti. In sostanza, nel neo-darwinismo l’organismo non è attore della sua evoluzione, nonostante che questa sia considerata una proprietà fondamentale della vita, ma vi è sottoposto solo passivamente, in quanto le mutazioni sono casuali e la selezione è il frutto di un’azione indiretta dell’ambiente. La Sintesii evoluzionistica neodarwiniana è stata costruita fra gli anni 30 e 40 del Novecento e considerata inattaccabile negli anni 50, dopo la scoperta della struttura del DNA, ad opera di Watson e Crick, del suo ruolo nella sintesi delle proteine e della decifrazione del codice genetico. Venne allora formulato il cosiddetto dogma centrale della biologia molecolare: “l’informazione fluisce univocamente dal gene alla proteina per cui ad ogni:gene corrisponde una proteina” Esso fu considerato la base dell’intera biologia, che assumeva quindi un aspetto dominato dall’ereditarietà dei geni: A questo determinismo genetico si contrappone il caso, rappresentato nella fattispecie dalle mutazioni casuali. Caso e necessità è il titolo di un celebre libro di uno degli assertori della Sintesi, Monod. Il caso però non elimina il determinismo se, come molti, a partire da Einstein, ritengono, esso è solo ignoranza delle cause. Inoltre la nuova biologia, con i suoi sistemi di regolazione ed informazione nella replicazione dei geni, mette in dubbio che le mutazioni siano realmente casuali Come spesso succede per le teorie che caratterizzano un’epoca, la Sintesi , cioè il neo-darwinismo, è considerata ancora oggi dalla grande maggioranza dei biologi come la teoria base dell’evoluzionismo. Come tale, con piccoli aggiustamenti, continua a dominare nell’informazione corrente dei media (giornali, riviste, Tv) e nell’educazione scolastica, anche in quella universitaria,là dove s’insegna qualcosa, in realtà troppo poco, sull’evoluzione. Si tratta invece di una teoria ormai vecchia, valida cinquant’anni fa ma decisamente superata dalle scoperte recenti della biologia in campo molecolare ed anche ecologico e neurobiologico.. In realtà, a partire dagli anni 70 e con grande accelerazione nell’ultimo decennio, si configura una nuova biologia, con una rivoluzione paragonabile a quella che ha portato dalla fisica classica newtoniana a quella relativistica al’inizio del Novecento. Occorre quindi che una teoria dell’evoluzione, che si basi sulle nuove osservazioni, venga diffusa e riconosciuta. E’interessante osservare, a sostegno delle tesi qui sostenute sul particolare ruolo sociale delle donne anche in campo intellettuale, che fondamentali contributi per l’applicazione dei risultati sperimentali della nuova biologia molecolare e dell’ecologia ad una nuova visuale dell’evoluzione siano dovuti soprattutto a donne. Ricordo fra queste la Margulis, che con la sua teoria della cellula eucariotica come frutto della simbiosi fra procarioti ha dimostrato che un fatto fondamentale dell’evoluzione come l’origine della cellula eucariotica non sia dovuto a gradualismo selettivo ma ad eventi di cooperazione ed interazione simbiotica fra batteri, la West-Eberhard. la Jablonka e la Rosenquist, a cui dobbiamo libri e articoli fondamentali per comprendere il ruolo diretto dell’ambiente e quindi della nuova epigenetica nell’eredità e nell’evoluzione. Indice, a mio avviso, che la mente femminile, più facilmente della maschile, può aprirsi alle novità ed uscire dall’inquadramento precostituito. Una maggiore plasticità, che forse non si addice alla cosiddette scienze “esatte” ma certo alla biologia. E con questo si ha un esempio dell’importanza anche in campo intellettuale di quel complementarismo dei ruoli che a mio avviso dev’essere al centro del dibattito sull’evoluzione dei ruoli di genere nella società umana. La nuova biologia molecolare I presupposti della nuova biologia sono forniti anzitutto dalla biologia molecolare. La biologia molecolare oggi dimostra che il genoma non è un’accozzaglia di geni ma un sistema complesso e dinamico in cui ogni gene risulta influenzato dagli altri in un sistema di regolazione (attivazione e silenziamento di geni). Inoltre il funzionamento del gene risulta influenzato da altre sostanze come gli RNA e le stesse proteine. Queste a loro volta convogliano sul genoma segnali dall’esterno, determinando rapporti con l’ambiente interno ed esterno dell’organismo. Il gene si trova al centro di un sistema di relazioni per cui quello che conta non è solo il suo codice genetico, cioè le triplette di basi, ma la sua espressione, che avviene in modi e tempi estremamente dinamici. Il gene può non essere espresso, perchè silenziato, o espresso, perché attivato. La sua espressione dipende da altre molecole, anche da proteine. Non vi è quindi l’asserita unidirezionalità dell’informazione dal gene alle proteine, ma bidirezionalità. Inoltre, un medesimo gene, mediante diversi meccanismi molecolari, può produrre un numero anche grande di proteine diverse. Cadono così le asserzioni del dogma centrale formulato dopo la scoperta della struttura del DNA e con esse il rigido determinismo genetico, che oggi ancora si considera operante, per cui i caratteri di ogni vivente, e quindi anche dell’uomo, fisiologici e morfologici sono ritenuti la risultante rigorosa del genoma, dell’eredità. Ciò poteva essere valido nella prima metà del Novecento: oggi non lo è più. La controprova è stata data dallo stesso progetto genoma, dalla decrittazione all’inizio del 2000 del genoma umano e di altri organismi. Si è visto che il genoma umano contiene non più di 25.000 geni a fronte dei 100.000 previsti, laddove alcune piante raggiungono i 40.000 geni. La complessità della struttura e delle funzioni di un organismo, molto superiore nell’uomo che nelle piante, non dipende quindi dal numero dei geni ma dal loro uso e questo è basato sulle interazioni molecolari che si verificano fra i vari geni ma anche fra i geni e altre molecole come le proteine.. Allo studio del genoma si è quindi affiancato, per comprendere i fenomeni dell’eredità, lo studio di ciò che lo circonda e lo influenza, l’epigenoma, un sistema che fa da mediatore fra l’ambiente e i geni. Si parla oggi di ereditarietà non soltanto genetica ma anche epigenetica, un’ereditarietà che non dipende soltanto dal codice dei geni ma dal modo come essi sono regolati ed espressi. Ciò risulta fondamentale per comprendere non solo la morfologia e fisiologia normale ma anche quella patologica ed è quindi diventata importante per studi più approfonditi sulla genesi delle malattie. In medicina era noto da tempo che la componente ereditaria nelle malattie variava in un ampio intervallo, non solo per i diversi tipi di patologie ma anche per una stessa patologia a seconda degl’individui. Si parlava di espressività e penetranza diversa dei geni, concetti ora chiariti grazie alla biologia molecolare. Oggi si sa che esiste un’ereditarietà non soltanto genetica ma epigenetica, la quale può assumere importanza nell’evoluzione. Ciò è importante anche per inquadrare i problemi della sessualità e in particolare quelli dell’intersessualità. L’aspetto fondamentale dell’epigenetica, sconvolgente per i paradigmi ancora sostenuti in biologia essenzialmente neodarwiniani, è che i segnali diretti dell’ambiente possono influenzare il comportamento dei geni e persino modificarli nelle caratteristiche ereditarie (accomodamento o assimilazione genetica). Ne deriva che gli adattamenti non sono solo il risultato della selezione naturale, ma anche di azioni dirette dell’ambiente. In tal modo il lamarckismo dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti si affianca al darwinismo della selezione naturale. L’evoluzione può in tal modo considerarsi come la successione di due fasi. Una prima fase, costruttiva e lamarckiana, presiede nell’organismo alla formazione dei caratteri del fenotipo con interazione fra geni ed ambiente, una seconda fase, selettiva e darwiniana, agisce nella popolazione, favorendo individui portatori di determinati caratteri, secondo il criterio della fitness.. Grazie all’epigenetica l’egemonia dei geni o dell’ambiente (innatismo o behaviorismo), una diatriba che anche in campo sociale e politico domina l’ideologia scientifica del Novecento, appare oggi superata, o in via di essere superata (ora siamo ancora in biologia sotto l’egemonia dei geni) dalla nuova visuale interattiva fra genotipo e fenotipo, fra ereditarietà ed ambiente: A ciò si richiama la nuova corrente“Evolution-Development”(Evo-Devo), che vede nello sviluppo dell’organismo il campo in cui le due forze dell’ereditarietà e dell’ambiente convergono. I caratteri di un organismo, morfologici, fisiologici e comportamentali si formano attraverso interazioni dinamiche. Vi è un programma di sviluppo insito nel genoma della specie ma esso può, entro certi limiti, variare a seconda delle circostanze ambientali. Esiste quindi una plasticità di sviluppo. Gli apporti dell’ecologia La visuale interattiva fra organismo ed ambiente assume anche sempre maggiore importanza nella recente ecologia. L’ecologia, come nuova scienza sviluppatasi nella seconda metà del secolo scorso, ha dimostrato l’importanza delle interazioni ecologiche (la cosiddetta sinecologia) fra le specie e, nell’ambito delle specie fra gl’individui, con i concetti di comunità e di ecosistema. La visuale neo-darwiniana basata sulla competizione, sulla lotta fra le specie e fra gl’individui che porta al miglioramento selettivo appare oggi troppo unilaterale. L’ecologia sottolinea anche il ruolo fondamentale nel funzionamento degli ecosistemi dei processi di cooperazione come nelle simbiosi mutualistiche fra specie e nel funzionamento delle società animali, che portano anch’essi, insieme a quelli competitivi, all’organizzazione degli ecosistemi. Questi aspetti ecologici servono per comprendere l’evoluzione delle società umane e, all’interno di queste, la possibile evoluzione dei rapporti fra donne e uomini. Su di un piano più generale si può dire che la nuova visuale ecologica ha sviluppato i concetti d’interazione e di organizzazione nell’ambito dei viventi. In sostanza le nuove conoscenze sul funzionamento degli ecosistemi possono essere trasferite al funzionamento degli organismi, se si considerano questi come un insieme di sistemi dinamici d’interazione ed organizzazione. D’altra parte possono servire da paradigma per un funzionamento delle società umane basate sulla complementarietà e cooperazione degl’individui, donne e uomini, riconoscendo l’importanza della loro diversità individuale, che è fonte non di conflitto ma di arricchimento del sistema. Inoltre la nuova ecologia, sulla base delle conquiste della biologia molecolare, può considerare in forma nuova il problema dell’ adattamento all’ambiente. Per il darwinismo gli adattamenti insorgono solo come frutto della selezione naturale sulla variabilità dei caratteri prodotti da mutazioni casuali. Oggi, considerando che i caratteri si formano dall’interazione fra genoma e segnali ambientali, assume importanza la loro plasticità adattativa dovuta ad un’azione diretta dell’ambiente sullo sviluppo che può influenzare e anche modificare il genoma, indirizzando l’evoluzione. Gli apporti delle neuroscienze Un’altra, importante fonte di rinnovamento dei concetti base della biologia proviene dalle nuove scoperte nel campo delle neuroscienze. La neurobiologia moderna sottolinea sempre di più la plasticità del cervello e la notevole indipendenza del suo funzionamento dalla componente genetica che ne è alla base. Il numero dei neuroni e in particolare delle sinapsi che formano le reti neuronali è enormemente maggiore dei geni che possono governarli. Ne deriva una notevole indipendenza fra l’informazione neuronale e quella genetica, ereditaria. Inoltre il cervello, e in genere il sistema nervoso, si dimostra nel suo sviluppo prenatale e, secondo recenti ricerche, anche postatale, fortemente plastico, produttore di nuove sinapsi, ma anche di nuovi neuroni. Il sistema neuronale, mediante le sue afferenze sensorie, è largamente sganciato dalle basi genetiche dell’organismo e campo quindi per l’emergenza dell’evoluzione culturale da quella biologica. Ciò non riguarda solo l’uomo ma tutta l’evoluzione del comportamento animale. I limiti fra istinto, programmato geneticamente, e apprendimento, indotto dall’esperienza ambientale, si sono fortemente attenuati nella più recente etologia. Oggi si considera che processi di apprendimento hanno luogo sin dalle forme più semplici di vita animale, di pari passo con lo sviluppo del sistema nervoso. L’evoluzione culturale emerge da quella biologica e sfocia in vere e proprie “culture” negli animali superiori.come uccelli e mammiferi. La trasmissione dell’informazione non ha più luogo per via genetica ma per via di osservazione e d’imitazione, una trasmissione che si diffonde rapidamente nella popolazione, seguendo gli aspetti lamarckiani dell’acquisizione di nuovi caratteri per azione dell’ambiente. Nell’uomo, grazie alla capacità inventiva e all’uso del linguaggio, si arriva ad un’evoluzione centrata sulla cultura che sostituisce in gran parte quella biologica. L’evoluzione porta ad un progresso in complessità, diversità, individualizzazione ed autonomia. Lo sviluppo di psiche e coscienza Se si esamina il corso evolutivo dei viventi nelle sue linee essenziali, senza preconcetti, si osserva che esso nel suo insieme è stato caratterizzato da un aumento di complessità e, insieme con questa, anche da una crescita della diversità, individualizzazione ed autonomia degli organismi. Una grande tappa di questo percorso svoltosi nell’arco di quasi quattro miliardi di anni è stata la conquista della pluricellularità circa 600 milioni di anni fa . Si sono allora formati gli animali primitivi con la produzione di un sistema nervoso e organi di senso e di locomozione, che consentono ad essi una certa autonomia nell’ambiente La storia evolutiva del mondo animale è legata appunto ad una conquista sempre maggiore di autonomia. La conquista dell’autonomia porta anche ad un’evoluzione comportamentale. Infatti, dalle primitive reazioni, come i riflessi semplici, agli stimoli ambientali si passa a riflessi condizionati e quindi all’apprendimento. Ciò comporta anche lo sviluppo di processi interiori psichici e l’affacciarsi di una coscienza di sé e del mondo, con distinzione fra interiore ed esteriore. L’apprendimento è legato alle esperienze individuali e ciò favorisce l’affermarsi dell’individualità ma anche lo sviluppo sociale. Ad esempio, mentre le società degli insetti sono essenzialmente di tipo collettivistico, basate sulla separazione delle caste e regolate dagli istinti, quelle dei vertebrati, e in particolare di uccelli e mammiferi, appaiono di tipo individualistico, con una plasticità dei ruoli sociali. Ciò è in rapporto ad una particolare evoluzione del cervello. L’evoluzione del regno animale che porta alle evolute società dei primati precorre quanto si verificherà nell’ambito degli ominidi che culmina nella comparsa dell’uomo attuale L’evoluzione degli ominidi è essenzialmente caratterizzata dall’accrescimento del cervello oltre che dai progressi nella deambulazione eretta e nell’uso delle mani. Si parla di una rivoluzione culturale dell’Homo sapiens avvenuta in Europa circa 50000 anni fa Si hanno allora le prime manifestazioni artistiche, come le pitture delle caverne e quelle religiose come il seppellimento dei morti. Si presume, che a quell’epoca fossero conquistate appieno le capacità del linguaggio articolato, del pensare rappresentativo ed astratto e dell’autocoscienza . Queste hanno i loro primordi nei mammiferi superiori ma si esaltano nell’uomo portando all’evoluzione culturale su cui si fonda la sua storia e il suo processo di civilizzazione. Lo sviluppo dell’individualità e dell’autonomia nell’uomo E’ importante sottolineare che le caratteristiche essenziali dell’uomo sono il frutto di un percorso evolutivo durato miliardi di anni che ha sempre puntato verso la crescita di individualità ed autonomia, mosso da principi di organizzazione e sopravvivenza. Individualità ed autonomia giungono al loro culmine nell’uomo e continuano ad evolversi nel corso della sua storia. Ciò avviene nell’ambito di organizzazioni di tipo sociale che partendo dalla famiglia e dalla tribù tendono ad espandersi in forme sempre più ampie e complesse, come le nazioni e gli stati fino alle attuali confederazioni e alla globalizzazione su scala mondiale. Questo processo è il frutto di un’evoluzione culturale e psico-spirituale. Lo sviluppo dell’individualità e dell’autonomia, quest’ultima nella forma della libertà, sono beni essenziali, il frutto di tutta l’evoluzione ma dovrebbero andare d’accordo con lo sviluppo sociale. Come è noto, ciò si è raramente verificato e anche oggi le cose sono ben lungi dall’essere soddisfacenti. Il problema non è semplice perché l’individuo resosi autonomo può utilizzare la sua libertà in modo distorto in quanto eccessivo, accelerando un processo che richiede di svolgersi nel dovuto equilibrio. L’eccesso d’individualismo porta all’egoismo individuale, che non tiene conto dei nessi con gli altri uomini e con la natura e quindi l’eccesso di autonomia e libertà porta all’arbitrio e anche alla sopraffazione. Le regole, resesi necessarie, cioè il complesso di regole sociali e morali su cui si basano le società sono un rimedio necessitato dalle circostanze ma solo un palliativo. Infatti il percorso evolutivo va per sua natura verso lo sviluppo dell’individualità e dell’autonomia. e regole normative non intimamente condivise rappresentano solo dei vincoli all’impulso centrale.. Ciò che può rendere tale impulso fruttuoso è solo la stessa crescita della coscienza, dell’autocoscienza, che porta all’affermazione dell’autonomia e dell’individualità, cioè l’evoluzione psico-spirituale che è il vero fondamento dell’etica. Ma questo sviluppo può verificarsi solo con la comprensione dei nessi e degli equilibri fra uomo e cosmo e quindi con lo sviluppo individuale delle forze di coesione ed affettive che ci legano agli altri e al mondo. Si tratta di un processo di autoeducazione individuale, per il quale l’umanità dovrebbe essere ormai matura, sollecitata in questo anche dall’incombente minaccia di catastrofi legate alla conflittualità e agli squilibri economici così come al deterioramento dell’ambiente. L’umanità. è oggi posta fra i due poli contrapposti ma entrambi nefasti di uno sfrenato individualismo,che porta alla lotta di tutti contro tutti e di una globalizzazione livellatrice in cui tutti si adagiano in un relativismo di valori sotto l’impero dei grandi poteri. Ma la biologia, cioè la natura, ci mostra che gli ecosistemi che hanno avuto maggiore stabilità e durata e capacità di evoluzione sono quelli in cui vi è da una parte maggiore biodiversità e dall’altra il massimo d’interazioni cooperative fra i componenti della biodiversità. Tali sono ad esempio la foresta equatoriale e la scogliera corallina. Considerando quindi l’importanza evolutiva d’individualità ed autonomia è chiaro che il ruolo sociale dell’uomo e della donna debba essere basato essenzialmente su questi valori, nel rispetto della diversità di sesso e di persona, ma tenere conto anche della necessità di forze di coesione sociale.. Le persone devono essere libere nell’iniziativa ma sapersi coordinare per rendere il loro lavoro efficace ed armonico. Il problema non si risolve annullando semplicemente le differenze di ruolo. Ciò andrebbe a scapito dell’altro grande risultato dell’evoluzione, la diversità Sarebbe errato ritenere che le donne possano imitare gli uomini o viceversa, come del resto è errato pensare che ogni individuo possa imitare l’altro in una sorta di robotizzazione collettiva. Ogni individuo, donna o uomo, esprime una sua personalità che è bene si manifesti anche nel lavoro. Inoltre nel loro complesso, le donne esprimono un tipo di personalità che è differente da quella degli uomini, non inferiore o superiore ma diversa. Questa diversità però non comporta tanto una differenza nel tipo di ruoli che possano essere ricoperti quanto nella diversa interpretazione dei medesimi ruoli. Una società che funziona, come negli ecosistemi naturali, non può che basarsi sul principio della diversità e del complementarismo delle diversità. Un buon funzionamento della vita sociale richiede quindi un’evoluzione dei ruoli di genere, femminile e maschile, basato sulla giusta ricerca della diversità, intesa come arricchimento di complessità. Ovviamente, nella specie umana, questa complessità non è fatta solo di diversità morfologiche e fisiologiche, ma anche psicologiche, affettive ed intellettive. La fondamentale plasticità delle diversità sessuali E’ interessante ora esaminare brevemente i grandi problemi biologici dell’evoluzione del sesso. Anche l’evoluzione del sesso è basata sulla diversità e plasticità evolutiva inerenti a tutti i fenomeni vitali. Si consideri ad esempio il rapporto fra sessualità e riproduzione, due processi che vanno considerati distinti. La riproduzione è possibile anche senza la sessualità. Infatti la riproduzione asessuale, che domina nel mondo dei batteri e degli unicellulari ed è molto diffusa nelle piante e negli animali inferiori, mostra che gli organismi possono riprodursi anche senza ricorrere alla sessualità. Le recenti pratiche di clonazione negli animali superiori ne sono una conferma. Né la sessualità è necessaria agli organismi pluricellulari perché questi devono derivare da un’unica cellula rappresentata dall’uovo fecondato, come avviene nell’uomo. Infatti nei pluricellulari inferiori è possibile l’origine dell’organismo da gemme e in quelli superiori per partenogenesi, cioè da uova non fecondate e anche, sperimentalmente, da singole cellule somatiche come nelle clonazioni. D’altra parte la sessualità non è un privilegio degli organismi superiori ma è presente e importante anche in organismi che si riproducono asessualmente come batteri e protisti unicellulari e si manifesta in questi in un momento del ciclo vitale diverso da quello riproduttivo. La sessualità può quindi essere utilizzata per la riproduzione ma è un fenomeno chiaramente distinto. Il significato più generale della sessualità a cui sono arrivati i biologi è che essa serva allo scambio genetico fra individui diversi e quindi ad incrementare la variabilità genetica. Questa è fonte di diversità e quindi di evoluzione. Ma essa si compie in batteri e in molti protisti senza che abbia luogo una chiara distinzione dei sessi . I batteri hanno scambi genetici senza produrre gameti maschili e femminili (si parla infatti di fenomeni parasessuali)e nella grande maggioranza dei protisti i gameti sono isogameti, cioè uguali. Non si comprende quindi come possa essere stata favorita la riproduzione sessuale degli animali superiori che comporta alti costi legati all’incontro e riconoscimento dei sessi diversi, al dimorfismo sessuale, alla formazione di cellule specializzate come i gameti, ai processi citogenetici della meiosi e dello scambio. La sessualità con distinzione dei sessi appare in ultima analisi un lusso della natura, il cui reale significato biologico sfugge, L’altro aspetto della sessualità che stupisce è la sua enorme plasticità e diversità nelle diverse specie nonostante i meccanismi complessi che devono essere posti in atto per le sue manifestazioni. Questa diversità e plasticità riguarda tutti gli aspetti, dai tipi di sessualità, gonocorismo, ermafroditismo, intersessualità, alla manifestazione estremamente differenziata, a seconda delle specie, del fenotipo, sessuale, i cosiddetti caratteri sessuali secondari, che producono un dimorfismo sessuale talora nullo, ad esempio nei canarini, talora vistosissimo, come, per restare nell’ambito degli uccelli, nel caso del pavone. La stessa diversità e plasticità domina le cause che determinano e differenziano la sessualità che possono essere genetiche ed ambientali. Il determinismo del sesso maschile e femminile può essere genetico in quanto legato ai cosiddetti cromosomi sessuali (ma qui si discute sulla localizzazione e attività dei geni della sessualità) ma anche ambientale (ad esempio nei coccodrilli le uova danno origine a maschi o femmine a seconda del calore prodotto dalla loro incubazione nel cavo boccale) e in altre specie è legato al fattore affollamento. Per quanto riguarda il differenziamento dei sessi i caratteri sessuali secondari possono essere determinati geneticamente, come in generale tutti quelli legati agli apparati riproduttori, ma anche non genetici e legati ad ormoni, come ad esempio quelli che differenziano maggiormente il maschio e la femmina umani al momento della pubertà. Estremamente diversi, a seconda delle specie, sono poi i comportamenti sessuali, dal tipo di accoppiamento (monogamici o poligamici, poliandrici o poliginici) e ciò vale anche, antropologicamente, per le società umane primitive, ai ruoli che i sessi esplicano nelle società animali. In genere il ruolo differenziato fra maschi e femmine riguarda negli animali, anche nei primati, tutto ciò che attiene alla sfera riproduttiva e della cura della prole. Il differenziamento molto marcato, rispetto ad altri animali, e che esorbita dalla sfera riproduttiva, nei comportamenti psicologici e sociali dell’uomo e della donna, sembra quindi essere stato più un portato culturale che biologico. La labilità biologica del differenziamento fra maschio e femmina è sottolineata anche dallo sviluppo. Nell’uomo il differenziamento delle gonadi avviene in una fase tardiva, alla fine del secondo mese di sviluppo. Solo allora da una gonade inizialmente bisessuale, con un cortex femminile e una medulla maschile, si ha lo sviluppo preponderante di una parte o dell’altra con la formazione di ovari e testicoli. Questo iniziale sviluppo sembra dovuto a fattori essenzialmente genetici. E’ invece da imputarsi a fattori extragenetici, ormonali, il differenziamento dei gameti,cioè delle uova e degli spermi nelle relative gonadi. Questa interazione fra fattori genetici ed ambientali nella realizzazione del sesso è causa anche nella specie umana di un’ampia gamma di situazioni sessuali, con la possibilità dell’intersessualità e dell’inversione del sesso, che è stata spesso ottenuta sperimentalmente nei vertebrati. Per quanto poi riguarda i geni che regolano la sessualità sono state esposte diverse teorie ma poco si sa di preciso. L’opinione più generale è che si tratti di sottili equilibri poligenici fra geni della mascolinità e della femminilità, equilibri che possono essere spostati da anomalie cromosomiche o da fattori ambientali. Da notare che la fondamentale bisessualità della specie umana, diffusa sostanzialmente negli altri vertebrati e animali in genere, si riflette anche in teorie psicologiche come quella junghiana in cui alla femmina è attribuito, nell’inconscio, un animus maschile mentre al maschio un’anima femminile. La differenziazione del cervello nella donna e nell’uomo Quello che interessa maggiormente nel differenziamento a livello biologico della femmina e del maschio umano per un diverso comportamento nei ruoli sociali,al di fuori di quelli legati alla sfera riproduttiva e che è condizionata dal ruolo degli ormoni , è l’eventuale differenziazione del cervello e delle qualità mentali ad esso connesse. Il problema sta assumendo in anni recenti aspetti nuovi. A parte i pregiudizi su di una diversa capacità intellettuale fra donna e uomo, che si sono rivelati ingiustificati dalle ricerche sulle dimensioni del cervello e dalle misure dei quozienti intellettuali gli studi neurobiologici non hanno mai differenziato i maschi e le femmine. Solo in anni recenti si è visto che vi sono importanti differenziazioni fra femmine e maschi a livello di sviluppo di aree cerebrali corticali e subcorticali, legate all’apprendimento e alla comprensione della realtà, come anche dell’amigdala e dell’ippocampo, legate invece a processi di tipo emozionale e volitivo. Queste differenze appaiono di vasta portata e coinvolgono distribuzione e densità dei neuroni e dei loro collegamenti nelle aree interessate. Sono ricerche appena all’inizio che poco dicono sulla varietà del fenomeno nei diversi individui e sul suo determinismo, genetico o legato allo sviluppo, e sul suo condizionamento ambientale. Nel quadro della nuova biologia è probabile che si tratti di fenomeni dotati di grande plasticità. Sembra inoltre che essi non implicano maggiori o minori capacità nel compiere determinate funzioni intellettive ma un modo diverso di compierle. In altri termini un medesimo ragionamento sarebbe attuato in modo diverso e con un diverso coinvolgimento della sfera emozionale ed affettiva da donne e uomini. Si ritiene che queste differenziazioni possano essere di grande importanza anche a livello medico, non solo per una più adeguata comprensione dell’incidenza del fattore sesso nelle malattie mentali ma anche per una diversa resistenza allo stress e quindi in riguardo al complesso delle patologie. In ogni caso è evidente che lo studio del funzionamento del cervello debba tenere conto della variabile rappresentata dal differenziamento sessuale. Dal punto di vista della visuale qui avanzata riguardo ai ruoli sociali, la diversità a livello anatomico e funzionale del cervello nella donna e nell’uomo sottolineerebbe la base biologica di quella diversità fra uomo e donna che si è indicata come importante quale fonte di arricchimento delle relazioni sociali e quindi di plasticità ed evoluzione delle società umane. Tale diversità non va considerata come maggiore o minore capacità di compiere determinate funzioni, e quindi motivo di esclusione e accantonamento sociale. Essa è invece fonte di versatilità, e quindi prezioso arricchimento di funzioni sociali, basate sul riconoscimento dell’importanza della creatività e unicità individuali, modulate in modo diverso, ma differenziate anche a seconda delle singole persone, nella donna e nell’uomo.