Gli studi di bioequivalenza sui farmaci generici

FOGLIO DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER LA FARMACIA
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Nr. 238
maggio 2013
Gli studi di bioequivalenza sui farmaci generici
Il farmaco generico viene definito per la prima volta in Italia nel testo della legge 425 del 1996, che lo identifica
sostanzialmente come "medicinale prodotto industrialmente, non protetto da brevetto che sia bioequivalente
rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa in principi
attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche".
La concessione della Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) di un farmaco generico avviene
mediante una procedura semplificata che non richiede la presentazione di studi clinici di efficacia, i cosiddetti
studi di fase III, ma solamente appropriati studi di bioequivalenza nei confronti del farmaco originatore, ovvero di
una specialità medicinale della quale è scaduta la protezione brevettuale e che è stata registrata sulla base di
studi clinici completi (dagli studi tossicologici fino a quelli di efficacia sul paziente e post marketing).
La bioequivalenza è uno studio di farmacocinetica in dose singola atto a comparare la biodisponibilità relativa di
due medicinali, il generico (detto Test) e l’originatore (detto Reference). Si tratta di studi effettuati sull’uomo, in
particolare sul volontario sano, allo scopo di determinare l’andamento della concentrazione plasmatica del
principio attivo nel tempo e di studiarne il profilo di assorbimento.
La biodisponibilità è l’entità e la velocità con le quali il principio attivo viene rilasciato da una forma farmaceutica
ed è reso disponibile nella circolazione sistemica; è rappresentata mediante il disegno della curva plasmatica.
Questa è caratterizzata da una fase ascendente, che rappresenta la fase di assorbimento, seguita da una fase
discendente che corrisponde alla eliminazione del farmaco dal torrente circolatorio (metabolismo ed
escrezione). La curva è caratterizzata da tre parametri fondamentali:
 Cmax - ovvero la massima concentrazione plasmatica, che corrisponde al picco massimo di assorbimento;
 Tmax - ovvero il tempo al quale si manifesta la Cmax, e rappresenta pertanto la velocità di azione del
medicinale;
 AUC - ovvero l’area sottesa dalla curva plasmatica, che corrisponde alla quantità totale di farmaco entrato in
circolo.
Due medicinali si dicono bioequivalenti se le loro biodisponibilità non sono significativamente diverse, ovvero
quando i loro profili concentrazione-tempo, ottenuti con la stessa dose somministrata, sono così simili che è
improbabile producano differenze rilevanti negli effetti terapeutici e/o avversi.
Nel caso delle forme farmaceutiche a rilascio immediato i parametri di confronto utilizzati per la determinazione
della bioequivalenza sono la Cmax e la AUC, mentre il Tmax viene valutato solamente se il tempo di assorbimento
è determinante per l’efficacia del medicinale (es. il Fentanil per il dolore severo che richiede un grande rapidità
di azione).
Per i prodotti a rilascio modificato, oltre allo studio in dose singola, che potrà essere allargato per valutare
l’eventuale influenza del cibo sull’assorbimento, può essere necessario effettuare uno studio in dose ripetuta
fino al raggiungimento dello stato stazionario.
La biodisponibilità del farmaco viene misurata su un campione di soggetti sani, selezionati in modo tale da
essere quanto più possibile rappresentativo della popolazione che si vuole studiare. Per poter estendere con
ragionevole certezza i dati ottenuti dal trattamento di un relativamente piccolo numero di soggetti all’intera
popolazione di potenziali pazienti, si fa ricorso all’analisi statistica dei dati.
Per ovviare alla grande variabilità di risposta dei livelli plasmatici tra un soggetto e l’altro, gli studi di
bioequivalenza seguono un disegno sperimentale detto di “cross-over”. Con tale disegno sperimentale i
soggetti, che rappresentano un campione casuale della popolazione di interesse, ricevono le due formulazioni
in “periodi” successivi. I soggetti vengono assegnati, in modo casuale a ciascun periodo di trattamento mediante
il processo di randomizzazione. Nel primo periodo di trattamento, un gruppo di soggetti (in genere la metà dei
soggetti in studio) assume la formulazione “Test” mentre l’altro gruppo assume la formulazione “Reference”; nel
secondo periodo la somministrazione è invertita in modo che tutti i soggetti ricevano entrambe le formulazioni.
I due periodi di somministrazione sono separati da un intervallo di “wash out”, necessario affinché la
concentrazione plasmatica del farmaco assunto con il primo trattamento scenda a valori prossimi a zero. La
durata del periodo di wash out viene calcolata in funzione dell’emivita del farmaco.
Ogni studio di bioequivalenza inizia con il reclutamento di un certo numero di volontari sani, selezionati secondo
“criteri di inclusione”, basati su una visita medica e sui relativi esami di laboratorio, il cosiddetto “screening”.
Lo scopo è di standardizzare il più possibile il campione di soggetti coinvolti nello studio. I volontari sani,
generalmente di età compresa tra 18 e 55 anni e di entrambi i sessi, possono sottoporsi al massimo ad uno
studio ogni 6 mesi. Il numero di volontari da includere nello studio per avere una buona significatività statistica è
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definito sulla base delle caratteristiche del principio attivo da testare: sostanze caratterizzate da scarso
assorbimento e grande variabilità intraindividuale richiedono un campione di soggetti generalmente più grande
rispetto a sostanze assorbite in modo completo e regolare. La numerosità dei soggetti può essere definita
pertanto sia su base bibliografica che su base sperimentale, con uno studio preliminare su un numero ridotto di
pazienti (detto studio pilota). Il numero minimo accettabile di soggetti per dimostrare la bioequivalenza di due
medicinali è 12; studi più complessi possono richiedere il reclutamento di 100 o più soggetti.
Una volta “screenati” e arruolati i volontari sani vengono divisi in due gruppi, randomizzati e ricoverati per 24-48
ore, a seconda della tipologia dello studio. Dopo avere ricevuto un pasto standardizzato e trascorsa la notte in
clinica, il mattino successivo a ciascun gruppo viene somministrato il farmaco in dose singola a stomaco vuoto.
Un gruppo riceve il farmaco generico (detto Test) e un gruppo riceve il farmaco originatore (detto Reference).
Ogni soggetto viene quindi sottoposto ad una serie di prelievi plasmatici ad intervalli regolari per un periodo
generalmente compreso tra 24-48 ore a seconda dell’emivita del principio attivo, e poi visitato e dimesso. Dopo
il periodo di wash-out (generalmente 5-10 giorni) i volontari si ripresentano in clinica per la seconda
somministrazione e i relativi prelievi plasmatici, che avvengono a gruppi invertiti: il gruppo che aveva ricevuto il
Test riceve il Reference e viceversa. In questo modo tutti i volontari coinvolti nello studio ricevono entrambi i
medicinali.
I campioni plasmatici vengono quindi inviati al laboratorio bio-analitico che effettua i dosaggi del principio attivo
nel plasma, che vengono restituiti in forma tabellare: concentrazione verso tempo di prelievo.
Come accennato in precedenza, i dati dei livelli plasmatici vengono analizzati statisticamente mediante l’analisi
della varianza ANOVA (ANalysis Of VAriance) che fornisce gli intervalli di confidenza della stima (IC). Viene
quindi calcolata la media dei valori di Cmax e di AUC dei vari soggetti, sia per il farmaco Test che per il
Reference.
Il farmaco generico è bioequivalente al farmaco originatore se l'intervallo di confidenza al 90% del rapporto delle
AUC medie e delle Cmax medie (Test/Reference) risulta compreso tra 0,8 e 1,25, ovvero tra l’80 e il 125%1:
0,8 < AUCT/AUCR < 1,25
Dove: AUCT
AUCR
CmaxT
CmaxR
=
=
=
=
e
0,8 < CmaxT/CmaxR < 1,25
media dei valori di AUC del farmaco Test
media dei valori di AUC del farmaco Reference
media dei valori di Cmax del farmaco Test
media dei valori di Cmax del farmaco Reference
Il concetto di intervallo di confidenza (IC) viene introdotto quando si esegue una misura o si calcola un rapporto
fra misure non sull'intera popolazione, ma su un campione ridotto estratto da quella stessa popolazione.
L’intervallo di confidenza esprime il grado di probabilità che il parametro di interesse calcolato cada all'interno di
tale intervallo. Un IC al 90% significa che possiamo essere fiduciosi al 90% che l'intervallo 0,80 - 1,25 contenga
la media reale del rapporto tra i parametri di Test e Reference. Più grande è la dimensione del campione
studiato, più ristretto è l'IC e, conseguentemente, più precisa è la stima della media.
Nella figura sottostante si riportano alcuni esempi grafici dei valori del rapporto tra le medie e relativo intervallo
di confidenza e del loro posizionamento dell’intervallo di accettabilità per la bioequivalenza.
1,25
Cmax
IC
1,00
AUC
IC
0,80
Bioequivalente
Non bioequivalente
Non bioequivalente
A cura del dott. Riccardo Catalano, Technical and Scientific Advisor - Persona Qualificata per i
medicinali ad uso sperimentale - E-Pharma Trento S.p.A. - [email protected]
Bibliografia
1. Legge 8 agosto 1996, n. 425 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, recante disposizioni
urgenti per il risanamento della finanza pubblica".
2. CPMP/EWP/QWP/1401/98 Rev. 1/ Corr ** GUIDELINE ON THE INVESTIGATION OF BIOEQUIVALENCE
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