GUIDA ALL`INFORMAZIONE AL PUBBLICO SULLA TUBERCOLOSI

CORSO DI AGGIORNAMENTO ECM
GUIDA ALL’INFORMAZIONE AL PUBBLICO SULLA
TUBERCOLOSI: IL RUOLO DEL FARMACISTA
Razionale
La tubercolosi rappresenta da sempre un problema globale e, recentemente, l’Italia ed altri Paesi
Europei (Inghilterra e Svezia) sembrano assistere alla recrudescenza di una malattia ritenuta, da
tempo, un problema dell’ante-guerra.
Secondo le recenti stime fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, i nuovi casi di malattia
nel mondo, nell’anno 2007, sono stati 9,3 milioni ed 1,77 milioni di persone sono morte di
tubercolosi. Della totalità dei nuovi casi, 55% sono emersi in Asia e 31% in Africa, con le altre aree
mondiali a distribuirsi il rimanente 14%.
Nella formazione sulla prevenzione e sul management di alcune problematiche clinicoepidemiologiche il farmacista può assumere un ruolo rilevante illustrando l’importanza di un
intervento di prevenzione generica, indicando i centri clinici e di prevenzione specializzati nella
risoluzione dei problemi clinici, integrando le necessità di formazione ed informazione che l’utente
può acquisire tramite i centri di riferimento.
Definizione.
La tubercolosi è una malattia infettiva, contagiosa, che si trasmette per via respiratoria dovuta ad un
batterio immobile, non sporigeno, aerobio obbligato (Mycobacterium tuberculosis), appartenente
alla famiglia delle Mycobacteriacee. Il contagio può avvenire per trasmissione dell’agente biologico
da un individuo con malattia localizzata a livello dell’apparato respiratorio, mediante saliva,
starnuto o colpo di tosse.
L’infezione, una volta acquisita a seguito di trasmissione da un soggetto malato, non
necessariamente evolve in malattia; il sistema immunitario, infatti, può controllare la replicazione
batterica per anni. Il calo delle difese immunitarie, ad esempio a seguito di alcune malattie, può
favorire un incremento del livello di replicazione batterica, con passaggio da una fase di infezione
ad una di malattia. Si stima che solo il 10-15% delle persone infettate dal micobatterio sviluppa la
malattia nel corso della propria vita. Un individuo malato e contagioso, però, qualora non sia
sottoposto ad una terapia specifica, può infettare in media 10-15 persone in un anno.
Malattia tubercolare.
La tubercolosi si presenta frequentemente con sintomi e segni clinici che richiamano un
interessamento a livello polmonare, ma può dar luogo a forme cliniche localizzate a livello del
sistema nervoso centrale, dell'apparato genito-urinario e del sistema scheletrico. La clinica
polmonare si caratterizza per tosse, di durata superiore a tre settimane, febbre, sudorazione notturna,
inappetenza, calo ponderale, astenia. Il trattamento anti-tubercolare richiede la somministrazione
per sei mesi o più di una combinazione di farmaci, allo scopo di ottenere la guarigione biologica
(eliminazione del batterio dall’organismo umano) oltre che clinica (scomparsa dei sintomi e dei
segni clinici).
Negli ultimi decenni, purtroppo, l’armamentario terapeutico non si è arricchito di nuove e più
efficaci molecole; la gestione del paziente con forme cliniche tubercolari si è complicata a seguito
del diffondersi di ceppi di Mycobacterium tuberculosis con resistenza a diversi farmaci
antitubercolari. Le segnalazioni di forme cliniche sostenute da ceppi MDR (Multi-Drug Resistant,
cioè isolati batterici con resistenza ad almeno due dei più potenti farmaci anti-tubercolari di prima
linea, isoniazide e rifampicina) sono sempre più frequenti a livello globale.
Le forme cliniche sostenute da agenti MDR rappresentano circa il 15% dei nuovi casi di malattia
tubercolare in alcuni territori dell’ex-Unione Sovietica (Azerbaijan, Moldavia, Ucraina e
Federazione Russa) e più del 10% in alcuni territori della Cina e di altre aree dell’ex-Unione
Sovietica come Lituania ed Estonia.
Di recente sono state descritte forme di tubercolosi resistenti, oltre che ai farmaci di prima linea
anche a quelli meno frequentemente utilizzati: l’acronimo XDR (Exstensively Drug Resistant)
definisce ceppi di micobatteri resistenti all’isoniazide, alla rifampicina, ai fluorochinolonici e ad
almeno uno dei farmaci iniettabili di seconda linea –amikacina, kanamicina, capreomicina.
L’elevato numero di resistenze, riscontrato nelle forme sostenute da ceppi MDR e XDR, influisce
negativamente sull’effetto terapeutico, se rapportato con quello di forme tubercolari sostenute da
ceppi sensibili ai farmaci.
In Italia il tasso di sotto-notifica delle forme tubercolari, polmonari ed extra-polmonari, non
permette di ottenere dati epidemiologici reali utili per un’adeguata politica sanitaria in questo
ambito.
Immigrazione e Tubercolosi.
L’attuale situazione epidemiologica è caratterizzata da una bassa incidenza nella popolazione
generale e dalla concentrazione della maggior parte dei casi in alcuni gruppi a rischio (immigrati,
soggetti con patologie croniche, ecc.) ed in alcune classi di età.
In Italia, nel decennio 1995-2006 l’incidenza della malattia tubercolare nella popolazione generale
si è ridotta passando da 10 casi per 100.000 a 7,5 casi per 100.000, cioè al di sotto del cut-off di 10
casi per 100.000, generalmente adottato per definire una nazione “a bassa incidenza”.
Buona parte delle notifiche eseguite nell’anno 2006 in Italia (2.026/4.387, 46,2%) riguardavano
soggetti nati in altri Paesi; la maggioranza di questi sono giovani-adulti (25-35 anni),
contrariamente ai casi notificati tra i cittadini italiani, in cui è possibile riscontrare un’età media più
avanzata. La proporzione di malati nati all’estero è aumentata significativamente negli ultimi anni,
passando da circa il 20% nel 1999 al 46,2% nell’anno 2006. Il rischio di sviluppare la malattia
tubercolare si è rivelato più elevato nei primi due anni successivi alla migrazione (13% dei casi nel
primo anno e 22% dei casi nel secondo anno) ed è strettamente correlato alla prevalenza di malattia
nel Paese di origine. Altre condizioni che potrebbero giocare un ruolo nell’aumentare la probabilità
d’insorgenza della malattia tubercolare sono le condizioni di migrazione e quelle di vita nella
nazione ospite. L’alta prevalenza d’infezione da HIV in alcune nazioni di origine aumenta il rischio
di tubercolosi, con forme frequentemente sostenute da ceppi farmaco resistenti.
Gli immigrati senza permesso di soggiorno rappresentano un ulteriore gruppo di persone
particolarmente a rischio per le nostre scarse conoscenze sugli aspetti demografici e sulla diffusione
dell’infezione tubercolare, dal momento che solo poche nazioni hanno attivato dei sistemi attivi di
registrazione del loro status legale. In tali soggetti il rischio di tubercolosi può risultare più alto che
negli altri immigrati, poiché le condizioni di migrazione e di vita nel Paese ospitante risultano
generalmente peggiori. Alla luce di tali aspetti, una diagnosi precoce e un trattamento adeguato in
tali coorti sono di particolare interesse; infatti, una terapia irregolare o inadeguata, nella nazione
dove l’immigrato è pervenuto, può condurre all’insorgenza di resistenza ai farmaci antitubercolari,
all’incremento della durata della contagiosità e del pool di casi farmaco resistenti.
Diverse nazioni, nelle quali la prevalenza dell’infezione è bassa, al fine di evitare i problemi sanitari
connessi con l’immigrazione clandestina, hanno adottato o adotteranno a breve termine misure
restrittive al momento dell’ingresso nella nazione ospite. Secondo l’Organizzazione Mondiale della
Sanità, tale approccio potrebbe rivelarsi controproducente: un inadeguato controllo della
tubercolosi, a seguito di un venir meno del dialogo e del rapporto fiduciario tra pazienti e operatori
sanitari, potrebbe scoraggiare i pazienti dal presentarsi autonomamente alle autorità sanitarie in uno
stadio precoce della malattia. Inoltre, potrebbe condurre a un aumento delle interruzioni
terapeutiche, con conseguente incremento della possibilità di trasmissione dell’infezione tubercolare
e dello sviluppo di forme tubercolari farmaco-resistenti.
Interventi di prevenzione.
Storicamente la prevenzione della tubercolosi si è basata su interventi igienico-sanitari e sulla
somministrazione di diete equilibrate; la diffusione della malattia, quindi, ha avuto un trend
inversamente proporzionale all’evoluzione economica, ovvero è andata diminuendo nelle nazioni
ricche e ha rappresentato, e continua a rappresentare, un problema significativo nelle nazioni
povere.
La più efficace misura di prevenzione specifica della tubercolosi è basata sull'identificazione ed il
trattamento precoce di un caso di malattia contagiosa e dei contatti risultati positivi al test
tubercolinico.
La vaccinazione con il bacillo di Calmette-Guérin (BCG), ancorché diffusissima nei Paesi in via di
sviluppo, è di limitata efficacia nella prevenzione della tubercolosi nell'adulto. Il BCG protegge
parzialmente contro alcune forme gravi di tubercolosi pediatrica (meningite).
Di grande rilievo è l'educazione sanitaria della popolazione e l'eliminazione delle condizioni di
disagio sociale ed emarginazione che rendono le persone più vulnerabili alla malattia.
Importanza dell’informazione scientifica
La conoscenza di un rischio implica l’acquisizione di opportuni comportamenti e la messa in atto di
differenti interventi preventivi.
Il rischio di acquisizione dell’infezione tubercolare, particolarmente a carico dell’apparato
respiratorio, può essere minimizzato attraverso specifici interventi di profilassi generica, soprattutto,
e specifica, di natura differente in funzione della tipologia del rischio di esposizione. D'altra parte,
l'identificazione e il trattamento tempestivo di un’infezione da micobatterio tubercolare risultano
fondamentali nell’evitare che diventi un grave problema per la salute dell’individuo e della
comunità all’interno della quale il soggetto colpito è inserito.
Il counselling diventa, quindi, elemento di grande ausilio nel management di un problema che può
essere arginato dopo adeguata formazione indirizzata ad evidenziare l’importanza degli interventi di
prevenzione.
La comunicazione con gli stranieri
La lingua è il primo e più evidente ostacolo alla comunicazione con lo straniero, ma le difficoltà
non si fermano qui: le rappresentazioni del corpo e della malattia sono diverse in ogni cultura e
condizionano differenti modalità di presentazione del sintomo e del disagio.
Le aspettative nei confronti del sanitario e dei medicinali cambiano secondo la storia precedente, le
usanze e le tradizioni del paese d’origine.
Per il farmacista, nel suo ruolo di dispensatore di medicinali, di informazioni e di consigli sul loro
corretto uso, è essenziale poter disporre di strumenti di comunicazione che gli permettano di
prevenire errori nell'uso dei medicinali ed assicurare completa aderenza alla terapia.
L'educazione dello straniero all'uso corretto dei medicinali è di particolare interesse sociosanitario
anche alla luce della crescente presenza nelle famiglie con anziani e disabili di badanti stranieri.
La comunicazione con stranieri che non parlano la nostra lingua è problematica per tutti gli
operatori sanitari, in particolare negli ambulatori medici e nelle farmacie dove, allo stato attuale, vi
è carenza di strumenti efficaci e di semplice impiego per fornire al paziente straniero le istruzioni
pratiche sull’uso dei medicinali. Verranno qui descritti alcuni strumenti di comunicazione che
l'Università degli Studi di Pavia sta sperimentando, in collaborazione con circa 200 ambulatori e
farmacie territoriali, per migliorare la comprensione degli istruzioni sull'uso dei medicinali .
Relatori : prof. Giovanni Sotgiu - Prof Tiziana Modena
Responsabile scientifico: Prof. Giovanni Sotgiu.
Segreteria Organizzativa: Ufficio ECM del Dipartimento di Chimica Farmaceutica
Università degli Studi di Pavia
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Responsabile
Prof. Tiziana Modena
Tel. 0382 987384
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