Istituzioni di Etica_Slide_a.a.12-13 - lettere.uniroma1.it

“L’etica e le relazioni
fra umani e animali”
Istituzioni di etica
(M-Fil/03 - 6 cfu)
a.a. 2012/13
Prof. Simone Pollo
1
- Lezioni:
- Lunedì, 9.30-10.30 (Aula II)
- Martedì, 13.30-15.30 (Aula II)
- Ricevimento:
- Lunedì, 10.30-11.30 (stanza 312, 3° piano)
- Mail: [email protected]
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
2
Programma a.a. 2012/13:
“L’etica e le relazioni fra umani e animali”
Frequentanti (i non frequentanti devono contattare il docente per il programma):
-
A.C. Baier, La nostra posizione nel mondo animale, in L. Battaglia (a cura di), Etica e animali, Liguori, Napoli, 1998, pp.
55-84 *
-
J.B.Callicott, C. Diamond, C. Korsgaard, Contro i diritti degli animali? Ambientalisti, vegetariani ma non animalisti,
Medusa, Milano, 2012
-
M. Midgley, Perché gli animali. Una visione più “umana” dei nostri rapporti con le altre specie, Feltrinelli, Milano, 1985, cap. 9
“Il significato della specie” *
-
M. Nussbaum, Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di specie, Il Mulino, 2007, Cap. 6 “Al di
là di “compassione e umanità”: la giustizia verso gli animali non umani *
-
S. Pollo, L’agente morale darwiniano, in M. Galletti e S.Vida (a cura di), Indagine sulla natura umana. Itinerari della filosofia
contemporanea, Carocci, Roma, 2011, pp. 63-81 *
-
S. Pollo, Le fonti dell’etica animale, Rivista di Filosofia, 2013, CIV, 1, pp. 1-22 *
-
J. Rachels, Creati dagli animali. Implicazioni morali del darwinismo, Edizioni di Comunità, Milano, 1996, cap. 5 “La moralità
senza l’idea che gli umani siano speciali” *
-
T. Regan, I diritti animali, Garzanti, MIlano, 1990, cap. 7 “Giustizia e uguaglianza” e cap. 8 “La teoria dei diritti” *
-
P. Singer, Etica pratica, cap. 4 “Perché è sbagliato uccidere” e cap. 5 “Togliere la vita: gli animali” *
-
P. Singer, Liberazione animale, Il Saggiatore, MIlano, 2003 (spec. cap. 1 “Tutti gli animali sono eguali” e cap. 6 “Lo
specismo oggi”)
-
* Disponibile in copisteria.
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3
Sintesi del corso
1. Una breve introduzione all’etica filosofica
2. Le relazioni umani/animali: storia e biologia
3. Comportamento e mente animale
4. L’etica animale: definizione, storia e posizione nell’etica
filosofica
5. Teorie dello status morale
6. L’orizzonte più ampio dell’etica animale
7. Dall’animale paziente morale all’animale agente morale
8. L’etica animale in pratica
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4
Una breve introduzione
all’etica filosofica
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5
Una breve introduzione all'etica
“... bisogna dissipare l'equivoco che il compito della ricerca filosofica sulla morale
sia quello di creare o fare nascere la moralità, ovvero le distinzioni tra bene e
male, giusto e ingiusto, virtuoso e vizioso. Se fosse questo il suo obiettivo, la
filosofia morale sarebbe destinata al fallimento per una pretesa eccessiva. In
realtà, la riflessione filosofica sulla morale [...] si è piuttosto proposta di spiegare
che cosa fosse la morale. In un certo senso, l'oggetto della filosofia morale deve
quindi essere già un dato della nostra esperienza e della nostra cultura e la
riflessione procederà cercando di illustrare la natura di questo dato e di chiarire
I problemi che a esso si accompagnano.
[...]
Nessuna elaborazione teorica di un filosofo ha il potere di fare sorgere in un
ascoltatore che ne fosse sprovvisto la capacità morale fondamentale, quella di
reagire partecipando alle sofferenze di un altro essere”. (Lecaldano 2010, pp.
8-9)‫‏‬
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6
Una breve introduzione all'etica: argomenti
Gli ambiti dell'etica filosofica:

−
Metaetica
−
Etica normativa
−
(Etica applicata)‫‏‬
Metaetica:

−
Cos'è la metaetica
−
Alcune questioni metaetiche:

Motivazione

Oggettività

Universalità

Razionalismo e sentimentalismo
Etica normativa

−
Definizione dell'etica normativa
−
Pensiero morale, argomentazione e giustificazione
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Gli ambiti dell'etica filosofica: la metaetica
“Metaethics is the attempt to understand the metaphysical, epistemological, semantic,
and psychological, presuppositions and commitments of moral thought, talk, and
practice. As such, it counts within its domain a broad range of questions and puzzles,
including: Is morality more a matter of taste than truth? Are moral standards culturally
relative? Are there moral facts? If there are moral facts, what is their origin? How is it
that they set an appropriate standard for our behavior? How might moral facts be
related to other facts (about psychology, happiness, human conventions…)? And how do
we learn about the moral facts, if there are any? These questions lead naturally to
puzzles about the meaning of moral claims as well as about moral truth and the
justification of our moral commitments. Metaethics explores as well the connection
between values, reasons for action, and human motivation, asking how it is that moral
standards might provide us with reasons to do or refrain from doing as it demands, and
it addresses many of the issues commonly bound up with the nature of freedom and its
significance (or not) for moral responsibility”. ‫(‏‬Sayre-McCord 2007)‫‏‬
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8
Gli ambiti dell'etica filosofica: la metaetica
“La riflessione morale include lo studio delle seguenti
aree: 1) definizione del concetto di 'morale'; 2)
semantica del linguaggio morale; 3) spiegazione della
natura obbligante della moralità; 4) giustificazione dei
codici morali; 5) ontologia e metafisica della morale;
6) giustificazione dell'istituzione della moralità
(perché essere morali?)” (Donatelli 1996, p. 20)‫‏‬
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9
Gli ambiti dell'etica filosofica: la metaetica
“In modi diversi, le numerose concezioni meta-etiche cercano di rendere conto
di un fatto considerato più o meno acclarato, ovvero che nella vita degli esseri
umani esiste una sfera di azioni, scelte, valutazioni che è di pertinenza dell'etica e
della morale. Questa sfera ha a che fare comunque con valori, principi, criteri,
norme, regole che riguardano la condotta degli uomini, ove la si veda come non
esclusivamente indirizzata verso la realizzazione di obiettivi strettamente
egoistici. Vi è, secondo le diverse teorie metaetiche [...], una dimensione
sovraindividuale e intersoggettiva (se non addirittura universale e oggettiva)
coinvolta nelle azioni umane, che sarebbe appunto quella di pertinenza dell'etica.
Sulla base di questa premessa comune le meta-etiche si differenziano poi per il
modo di rendere conto di questa dimensione e conseguentemente delle vie per
fondare e giustificare scelte e giudizi etici corretti” (Lecaldano 1995, p. 22)‫‏‬
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10
Gli ambiti dell'etica filosofica: la metaetica
La metaetica come analisi delle “ovvietà” della
moralità ordinaria.

Alcune questioni:

− La
motivazione
− L'oggettività dell'etica
− L'universalità dei giudizi morali
− Razionalismo e sentimentalismo
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11
Metaetica: la motivazione
“Può capitare di chiederci quale sia la cosa giusta da fare e, tuttavia, renderci conto che non
siamo motivati a fare quella cosa. La considerazione su ciò che è giusto fare non indica
immediatamente anche una disposizione motivazionale a compiere quella determinata cosa. È
un'esperienza comune che ciò che è giusto fare non indica immediatamente anche una
disposizione motivazionale a compiere quella determinata cosa. È un'esperienza comune che ciò
che è giusto fare non sia sempre ciò che siamo spinti a fare. Giustificazione e motivazione sono
nozioni distinte. Tuttavia, l'etica è caratterizzata dal fatto che vi è una connessione tra di esse.
L'educazione, oltre che la discussione e il ragionamento morale, infatti non sono rivolti
esclusivamente a stabilire quali siano le convinzioni e I principi giusti, ma anche a modellare o a
modificare il carattere in modo che tali principi e convinzioni governino appropriatamente la vita
delle persone. Perciò, allo stesso modo in cui dobbiamo rendere conto del fatto che le
prescrizioni morali hanno una capacità giustificativa della condotta e dei sentimenti, così
dobbiamo rendere conto del fatto che le prescrizioni morali hanno generalmente un influsso
sulle nostre azioni. Dobbiamo capire la natura di tale influsso. Vi è una distanza tra ciò che è
giusto fare e ciò che siamo inclini a fare. Ma tale distanza non è neppure un salto
incolmabile” (Donatelli 2001, pp. 9-10)‫‏‬
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Metaetica: l'oggettività dell'etica
“... I giudizi morali ordinari includono una pretesa di oggettività dell'etica, un'assunzione che vi siano valori
oggettivi precisamente nel senso che sto negando. E non penso di andare troppo oltre dicendo che questa
assunzione è stata incorporata nel significato basilare ed usuale dei termini morali. Qualsiasi analisi dei
termini morali che ometta di fare riferimento a questa pretesa di prescrittività intrinseca ed oggettiva
risulta in tal senso incompleta; e qesto è vero di qualsiasi analisi non cognitivista, di qualsiasi analisi
naturalistica e di qualsiasi combinazione delle due.
Se l'indagine etica di secondo livello, pertanto, rimane confinata all'analisi linguistica e concettuale, bisogna
concludere perlomeno che I valori morali sono oggettivi: che essi lo siano è parte di ciò che significano le
nostre asserzioni morali ordinarie: i concetti morali tradizionali dell'uomo ordinario così come della
principale tradizione di filosofia europea sono concetti dotati di valore oggettivo. Ma è precisamente per
questo che l'analisi linguistica e concettuale non è sufficiente. La pretesa di oggettività, per quanto radicata
nel nostro linguaggio e nel nostro pensiero, non è auto-giustificativa. Può e deve essere messa in
discussione. Ma il negare l'esistenza di valori oggettivi dovrà essere proposto non come il risultato di
un'indagine analitica, bensì come una 'teoria dell'errore', una teoria secondo la quale, sebbene la maggior
parte delle persone nel formulare I propri giudizi morali ritenga implicitamente, tra le altre cose, di riferirsi
a qualcosa di oggettivamente prescrittivo, queste pretese sono tutte false. È questo che rende appropriata la
denominazione di scetticismo morale. (Mackie 2001, pp. 40-41)‫‏‬
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13
Metaetica: l'universalità dei giudizi morali

Universalità/Universalizzabilità dei giudizi
morali:
−
“Sono possibili diverse spiegazioni dell'universalizzabilità,
equivalenti fra di loro; esse si possono riassumere nel fatto
che è contraddittorio dare giudizi morali diversi su
situazioni di cui ammettiamo l'identità per quanto riguarda
le loro prospettive descrittive universali. Per giudizi
“diversi”, intendo “tali che, se fossero riferiti alla medesima
situazione, sarebbero reciprocamente incompatibili” (Hare
1989, p. 52)‫‏‬
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14
Metaetica: razionalismo e sentimentalismo

Razionalismo:
−
“Molte delle genealogie tradizionali cercavano di corroborare l'idea che la moralità fosse
principalmente una questione dipendente dalla peculiare capacità razionale di cui gli
esseri umani, a differenza di altri esseri viventi, sarebbero dotati‫‏‬. Le spiegazioni
genealogiche che si sono accompagnate nel corso della storia umana con una concezione
razionalistica dell'etica sono state principalmente tre: quella che faceva discendere la
morale direttamente da un comando divino che l'essere umano era in grado di fare
proprio solo in quanto unica specie del creato fornita di ragione; quella che la faceva
nascere pur sempre da una creazione divina che però non veniva trasmessa direttamente
agli esseri umani, ma piuttosto inscritta nella natura delle cose come leggi naturali che
solo gli uomini forniti di ragione erano in grado di cogliere per uniformarsi a esse; quella
infine che faceva derivare la moralità direttamente dalla peculiare facoltà razionale di cui
solo gli esseri umani sono dotati e che permette loro di cogliere quei principi morali,
assoluti e universali, dotati effettivamente di verità”. (Lecaldano 2010, p. 18)‫‏‬
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15
Metaetica: razionalismo e sentimentalismo

Sentimentalismo:
−
“La genesi della moralità va quindi cercata, secondo Hume, in
un meccanismo affettivo presente nella struttura psicologica
degli esseri umani, quello che egli chiama principio di simpatia.
La moralità è una specificazione di questa potente forza della
psicologia umana che rende del tutto naturale per ciascuno di
noi essere influenzati dai piaceri e dai dolori altrui, in modo tale
che I dolori creano pena e sofferenza e I piaceri gioia e
sollievo” (Lecaldano 2010, p. 27)‫‏‬
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16
Etica normativa:
la moralità come spazio delle ragioni
“Infine va riconosciuta come propria della moralità
una terza caratteristica: essa ha a che fare con
impegni niente affatto arbitrari ma relativamente ai
quali è del tutto legittimo chiederci ragioni e
giustificazioni. Sembra dunque che non si possa
evitare di connettere le prese di posizione morali con
una qualche forma di argomentabiità”. (Lecaldano
2010, p. 48)
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17
Etica normativa: I compiti della teoria morale
“La teoria morale normativa si rivolge all'elaborazione di modelli
giustificativi della condotta giusta. Che cosa si intende per 'modello
giustificativo'? In termini generali, si fa riferimento a un modello
teorico in cui si avanzano (perlomeno): 1) una tesi sulla centralità di
determinate nozioni filosofiche (l'utilità, i diritti, ecc.); 2) una serie di
principi e di considerazioni fondamentali, di diverso ordine, morali,
fattuali, logici (l'uno o l'altro o una combinazione di questi), 3)
un'elaborazione teorica che derivi con coerenza logica da questi
principi, utilizzando le nozioni centrali prescelte, determinate
conseguenze sostantive sulla condotta degli individui”. (Donatelli
1996, p. 72)

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18
Etica normativa: principi, consequenze, virtù

Etiche deontologiche:
−
“In contemporary moral philosophy, deontology is one of those kinds of
normative theories regarding which choices are morally required,
forbidden, or permitted. In other words, deontology falls within the
domain of moral theories that guide and assess our choices of what we
ought to do (deontic theories), in contrast to (aretaic [virtue] theories)
that — fundamentally, at least — guide and assess what kind of person (in
terms of character traits) we are and should be. And within that domain,
deontologists — those who subscribe to deontological theories of
morality — stand in opposition to consequentialists”. (Alexander &
Moore 2007)‫‏‬
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19
Etica normativa: principi, consequenze, virtù

Etiche consequenzialiste:
−
“Consequentialism, as its name suggests, is the view that normative
properties depend only on consequences. This general approach can be
applied at different levels to different normative properties of different
kinds of things, but the most prominent example is consequentialism
about the moral rightness of acts, which holds that whether an act is
morally right depends only on the consequences of that act or of
something related to that act, such as the motive behind the act or a
general rule requiring acts of the same kind”. (W. Sinnott-Armstrong
2006)‫‏‬
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20
Etica normativa: principi, consequenze, virtù

Etiche della virtù:
−
“Virtue ethics is currently one of three major approaches in normative
ethics. It may, initially, be identified as the one that emphasizes the virtues,
or moral character, in contrast to the approach which emphasizes duties
or rules (deontology) or that which emphasizes the consequences of
actions (consequentialism). Suppose it is obvious that someone in need
should be helped. A utilitarian will point to the fact that the consequences
of doing so will maximise well-being, a deontologist to the fact that, in
doing so the agent will be acting in accordance with a moral rule such as
"Do unto others as you would be done by" and a virtue ethicist to the
fact that helping the person would be charitable or benevolent”.
(Hursthouse 2007)‫‏‬
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21
Le relazioni umani/animali:
storia e biologia.
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22
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
•
Animali macellati negli USA a scopo alimentare :
•
•
34.1 milioni di bovini (2011)
8.5 miliardi di polli (2012)
http://www.ers.usda.gov/topics/animal-products/cattle-beef/statisticsinformation.aspx
http://usda01.library.cornell.edu/usda/current/PoulSlauSu/
PoulSlauSu-02-25-2013.pdf
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23
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
-
Commissione Europea: “Sesta relazione sulle
statistiche riguardanti il numero di animali utilizzati
a fini sperimentali o ad altri fini scientifici negli Stati
membri dell’Unione europea SEC(2010) 1107”:
-
“Nel 2008, gli animali utilizzati a fini sperimentali
e ad altri fini scientifici nei 27 Stati membri
dell’UE sono stati complessivamente poco più di
12,0 milioni”.
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24
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0511:REV1:IT:PDF
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25
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0511:REV1:IT:PDF
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26
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0511:REV1:IT:PDF
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27
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
-
Animali domestici negli USA (2011/12):
-
78.2 milioni di cani
-
86.4 milioni di gatti
(Fonte: http://www.humanesociety.org/issues/pet_overpopulation/facts/pet_ownership_statistics.html)
-
Animali domestici in Italia (2002):
-
6.9 milioni di cani
-
7.4 milioni di gatti
-
15.8 milioni di pesci d’acquario
-
12.1 milioni di uccelli
-
1/2 milione di roditori
-
1.4 milione altri animali
(Fonte: Eurispes, , http://www.salute.gov.it/dettaglio/pdPrimoPiano.jsp?id=124&sub=1&lang=it)
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28
Le relazioni con gli animali: alcuni fatti
- Altri tipi di relazione umani/animali:
- Lavoro (trasporto, produzione di energia,
salvataggio ecc.)
- Sport
- Circhi
- Terapie assistite
- ...
- Da dove nasce tutto questo?
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29
Le relazioni con gli animali: un po’ di storia
Grotte di Lascaux, ca. 15.000 a.C.
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30
Le relazioni con gli animali: un po’ di storia
Epoche della domesticazione
Cane
Pecora
Capra
Maiale
Bue
Cavallo
Asino
Bufalo asiatico
Lama, alpaca
Cammello
Dromedario
Data (a.C.)
10.000
8.000
8.000
8.000
6.000
4.000
4.000
4.000
3.500
2.500
2.500
Area
Asia sudoccidentale, Cina, Nord America
Asia sudoccidentale
Asia sudoccidentale
Cina, Asia sudoccidentale
Asia sudoccidentale, India, Nord Africa (?)
Ucraina
Egitto
Cina (?)
Ande
Asia centrale
Arabia
Diamond 1998
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31
Le relazioni con gli animali: un po’ di storia
- Requisiti per la domesticazione:
(1) Abitudini alimentari (vegetariani vs. carnivori)
(2) Veloce tasso di crescita
(3) Riproduzione in cattività
(4) “Buon carattere”
(5) Scarsa propensione al panico
(6) Socialità e struttura sociale gerarchica
Diamond 1998
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32
Le relazioni con gli animali: un po’ di storia
-
I vantaggi della
domesticazione:
-
“Gli animali domestici
hanno aiutato l’uomo a
produrre più cibo in
quattro modi diversi:
fornendo latte, carne,
concime, forza motrice
per gli aratri” (Diamond
1998)
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33
La natura umana e le relazioni umani/animali
•
“I believe that a defining trait of the human species has been a connection
with animals that has intensified in importance since at least the onset of
stone toolmaking some 2.6 million years ago. Defining traits are what makes
humans human, what makes us different from all other animals, and they are
partially or wholly encoded in our genes. I don‘t claim that the animal
connection is the only defining trait [...] but I do claim that our connection to
animals is so deep, so old and so fundamental that you really can’t understand
human evolution and nature without taking it into account” (Shipman 2011,
pp. 13-14)
•
“The behavioral evolution of the hominid lineage can be boiled down to three
big advances:
(1) toolmaking;
(2) language and symbolic behavior; and
(3) the domestication of other species” (Shipman 2011, pp. 14-15)
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34
La natura umana e le relazioni umani/animali
-
La domesticazione come adattamento:
-
“...domestic animals are really another kind of
extrasomatic adaptation or tool used by humans to
expand the resources they can exploit and the abilities
they can call upon. Learning to make tools out of stone
requires mastering information about the material
properties of different types of rock, their distribution
on the landscape, and techniques for producing sharp
edges or desired shapes. Learning to make living tools
out of animals requires a much more complex and
subtle information base”. (Shipman 2012, p. 255)
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35
La natura umana e le relazioni umani/animali
-
Domesticazione ed evoluzione cognitiva:
-
“To keep and domesticate animals requires many kinds
of detailed knowledge.You have to know about the
animals’ biology, ecology, physiology, temperament, and
intelligence”. (Shipman 2012, p. 255)
-
“Success in taming, keeping, and eventually domesticating
an animal species was certainly determined by the
attributes of the target species. [...] These attributes
aside, there is another key factor in the success of any
attempted domestication, and that is the skill of the
particular humans involved” (Shipman 2012, p. 257)
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36
La natura umana e le relazioni umani/animali
-
Domesticazione e coevoluzione:
-
“Because humans who were more successful at
handling and living with animals accrued a selective
advantage, the animals undergoing domesticating
were effectively selecting for particular traits in
humans. For example, if humans favored less
aggressive protodogs, the protodogs would have
simultaneously selected for humans with greater
ability to read canid behavior for subtle signs of
impeding aggression and territorial defense”.
(Shipman 2012, p. 258)
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37
La natura umana e le relazioni umani/animali
-
Domesticazione, coevoluzione, nicchie ecologiche condivise:
-
“Non è raro che i biologi (ed è di rigore tra gli animalisti) definiscano
‘schiavitù’ l’addomesticamento, ovvero l’intenzionale assoggettamento di
un altro gruppo di esseri viventi da parte dell’uomo, perché soggiacciano al
suo volere e ai suoi scopi. Di recente, però, molti biologi hanno
acutamente messo in discussione i presupposti di questa teoria.
L’addomesticamento - tanto degli animali quanto delle piante - ha richiesto
mutazioni genetiche che gli esseri umani di qualunque epoca sarebbero
stati ben difficilmente in grado di prevedere o indurre. Si è dimostrato che
l’intenzionalità umana non è una condizione necessaria né sufficiente: in
natura esistono casi perfettamente analoghi di addomesticamento tra
specie diverse (si pensi alle formiche e agli afidi) che sono assolutamente
indipendenti dal fattore volontario umano” (Budiansky 2004, pp. 25-26)
-
L’ipotesi del cane “spazzino” (Budiansky 2004)
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38
La natura umana e le relazioni umani/animali
- ...it is reasonable to suggest that it was
only after the domestication of
agricultural and pet species that
relationships between human and
nonhuman could develop. In the absence
of fear on either side, the solitary
shepherd, for example, might begin to
develop the feelings of companionship
and protectiveness... (Ryder 2000, p. 26)
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39
La natura umana e le relazioni umani/animali
-
Il legame (bond) umani/animali fuori dalle storie evolutive di domesticazione:
-
“...nel 1978 ebbi l’eccezionale privilegio di passare una settimana con Dian Fossey e i gorilla
di montagna che lei studiava da molti anni. Un giorno ero fuori con uno dei suoi gruppi,
insieme a un collega con cui i gorilla non avevano dimistichezza e a un giovane ricercatore
che essi conoscevano bene. Digit, un giovane maschio adulto, si pavoneggiava battendosi il
petto, sfidando precocemente il maschio dominante dal dorso argentato. I miei due
compagni erano affascinati da questa tensione, ma dopo un po’ io ne ebbi abbastanza dello
sfoggio di energia macho e mi allontanai. Una trentina di metri più in la mi imbattei in un
gruppo di madri e piccoli che forse si erano scostati per la stessa mia ragione. Mi sedetti
vicino a loro e osservai le madri mangiare e i piccoli che giocavano, per alcuni momenti
pacifici, fuori dal tempo. Poi i miei occhi incontrarono lo sguardo cordiale di una femmina
adolescente, Pandora. Continuai a guardarla, comunicandole silenziosamente la mia amicizia.
Inaspettatamente lei si alzò e si avvicinò. Fermandosi di fronte a me, con la faccia al livello dei
miei occhi, si chinò in avanti e spinse il suo largo naso piatto e grinzoso contro il mio. So che
mi stava addosso perché ricordo nitidamente che il suo alito caldo e dolce mi annebbiò gli
occhiali, accecandomi. Non ero impaurita e continuai a concentrarmi sul grande affetto e
rispetto che provavo per lei. Forse lei percepì il mio atteggiamento, perché un momento
dopo le sue lunghissime braccia mi avvolsero, e per secondi preziosi mi tennero abbracciata.
Poi mi lasciò, mi guardò ancora una volta negli occhi, e tornò a mangiucchiare le sue foglie”.
(Smuts 2000, p. 135).
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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La natura umana e le relazioni umani/animali
-
Antrozoologia (o Zooantropologia, o Studi Umani/Animali):
-
Area di ricerca sulle interazioni umani/animali in tutti i diversi aspetti e da diverse
prospettive disciplinari.
-
“L’antrozoologia trascende i comuni confini accademici. Fra di noi vi sono psicologi,
veterinari, studiosi del comportamento animale, storici, sociologi e antropologi. Come in ogni
ambito scientifico, gli antrozoologi non sono sempre dello stesso avviso. Abbiamo posizioni
diverse su alcune delle più spinose questioni morali che sorgono nelle relazioni umani/
animali. Non siamo d’accordo nemmeno sul nome della disciplina (alcuni preferiscono
chiamarla human-animal studies, studi umani-animali). Tuttavia, malgrado queste differenze, i
ricercatori che studiano i nostri rapporti con gli animali hanno molto in comune. Tutti noi
crediamo che le nostre interrelazioni con altre specie siano una componente importante
della vita umana e speriamo che il nostro lavoro possa rendere migliore l’esistenza degli
animali” (Herzog 2012, pp. 31-32)
-
“Per avere un’idea degli studi di antrozoologia, ecco alcuni esempi di temi scottanti di questa
nuova scienza: l’efficacia dei delfini come guaritori, i criteri con cui scegliamo i nostri animali
da compagnia e la correlazione fra crudeltà infantile verso gli animali e violenza
adulta” (Herzog 2012, p. 32)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Etica e animali:
episodi dalla storia della filosofia
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Aristotele (384/383 a.C-322 a.C.):
le differenti nature di umani e animali
“Il possesso del nutrimento sembra concesso dalla stessa natura a tutti gli esseri
viventi, come al primo momento della nascita, così anche al compimento del loro
sviluppo. E fin dalla nascita alcuni animali producono cibo in quantità sufficiente fino al
momento in cui il nato possa procurarsene da sé, com’è il caso dei degli animali che si
riproducono sotto forma di vermi e degli ovipari, mentre i vivipari hanno in se stessi,
come nutrimento sufficiente ai loro nati per un certo periodo di tempo, il prodotto
naturale chiamato latte. Perciò è chiaro che anche agli esseri adulti bisogna estendere
la garanzia naturale del cibo e stabilire che le piante esistono in vista degli animali e gli
altri animali in vista dell’uomo, gli animali domestici in quanto servono all’uso e al
nutrimento e i selvatici, se non tutti, almeno per la maggiore parte, in quanto servono
a fornire cibo e ad altri usi, come materiale per vesti e altri strumenti. Se dunque la
natura non fa nulla di inutile né di imperfetto, è necessario che essa abbia fatto tutte
queste cose in vista dell’uomo. Perciò anche l’arte della guerra sarà per natura una
parte dell’arte di acquisto (e l’arte venatoria è una parte di essa), della quale bisogna
far uso con gli animali e nei riguardi di quegli uomini che, nati ad obbedire, non si
sottomettono; e questa è una guerra naturalmente giusta”.
(Aristotele, Politica, UTET, Torino, 1992, pp. 79-80)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Aristotele (384/383 a.C-322 a.C.):
le differenti nature di umani e animali
“...è chiaro che la città appartiene ai prodotti naturali, che l’uomo è un animale
che per natura deve vivere in una città e che chi non vive in una città, per la sua
natura e non per caso, o è un essere inferiore o è più che un uomo: è il caso di
chi Omero chiama con scherno ‘senza parenti, senza leggi, senza focolare’. E chi è
tale per natura è anche desideroso di guerra, in quanto non ha legami ed è come
una pedina isolata. Perciò è chiaro che l’uomo è animale più socievole di qualsiasi
ape e di qualsiasi altro animale che viva in greggi. Infatti, secondo quanto
sosteniamo, la natura non fa nulla invano, e l’uomo è l’unico animale che abbia la
favella: la voce è segno del piacere e del dolore e perciò l’hanno anche gli altri
animali, in quanto la loro natura giunge fino ad avere e a significare agli altri la
sensazione del piacere e del dolore. Invece la parola serve a indicare l’utile e il
dannoso, e perciò anche il giusto e l’ingiusto. E questo è proprio dell’uomo
rispetto agli altri animali: esser l’unico ad avere nozione del bene e del male, del
giusto e dell’ingiusto e così via. È proprio la comunanza di queste cose che
costituisce la famiglia e la città”.
(Aristotele, Politica, UTET, Torino, 1992, pp. 66-67)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Aristotele (384/383 a.C-322 a.C.):
le differenti nature di umani e animali
“È chiaro dunque che l’intemperanza concernente i desideri è più
vergognosa di quella che ha a che fare con l’impetuosità e che
temperanza e intemperanza riguardano i desideri ed i piaceri del corpo.
Ma bisogna capire le differenze che questi presentano. Come infatti è
stato detto all’inizio, alcuni sono umani e naturali sia per genere che per
grandezza, altri invece sono bestiali, altri ancora sono causati da
menomazioni o malattie. La moderazione e l’incontinenza concernono
soltanto i primi di quei piaceri; perciò non diciamo che le bestie sono
moderate né incontinenti, se non per metafora, cioè se qualche specie di
animali supera un’altra per impudenza, istinto distruttivo e voracità; essi
infatti non possiedono capacità di scelta né di ragionamento, ma hanno
deviato dalla loro natura, come tra gli uomini quelli che sono pazzi””.
(Aristotele, Etica Nicomachea, UTET, Torino, 1996, pp. 383-384)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Lo stoicismo e l’oikeiosis
-“Il bene non può toccare in alcun modo a
un muto animale: è proprio di una natura
più nobile e migliore. Il bene si trova solo
dove c’è la ragione”. (Seneca, Lettere a
Lucilio, in Tutte le opere, Bompiani, Milano,
2000, 123.13, p. 1011)
-La dottrina stoica dell’oikeiosis esclude gli
animali dalla sfera della giustizia.
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46
Plutarco (46/48 d.C.-125/127 d.C.):
vegetarianesimo “secondo natura”
“Consideriamo senz’altro assurda la convinzione di quanti affermano che l’uso di mangiare carne abbia
un’origine naturale. Che l’uomo non sia carnivoro per natura, è provato in primo luogo dalla sua
struttura fisica. Il corpo umano infatti non ha affinità con alcuna creatura formata per mangiare la carne:
non possiede becco ricurvo, né artigli affilati, né denti aguzzi, né viscere resistenti e umori caldi in grado
di digerire e assimilare un pesante pasto a base di carne. Invece, proprio per la levigatezza dei denti, per
le dimensioni ridotte della bocca, per la lingua molle e per la debolezza degli umori destinati alla
digestione, la natura esclude la nostra disposizione a mangiare carne.
Se però sei convinto di essere naturalmente predisposto a tale alimentazione, prova anzitutto a uccidere
tu stesso l’animale che vuoi mangiare. Ma ammazzalo tu in persona, con le tue mani, senza ricorrere a un
coltello, a un bastone o a una scure. Fa’ come i lupi, gli orsi e i leoni, che ammazzano da sé quanto
mangiano: uccidi un bue a morsi o un porco con la bocca, oppure dilania un agnello o una lepre, e
divorali dopo averli aggrediti mentre sono ancora vivi, come fanno le bestie. Ma se aspetti che il tuo cibo
sia morto e la vita presente in quelle creature ti fa vergognare di goderne la carne, perché continui a
mangiare contro natura gli esseri dotati di vita? Eppure, neanche quando l’animale è morto lo si
potrebbe mangiare così come si trova, ma si lessa, si arrostisce, si modifica la sua carne per mezzo del
fuoco e delle spezie, alterando, trasformando e mitigando con innumerevoli condimenti il sapore del
sangue, affinché il senso del gusto, tratto in inganno, possa accettare quanto gli è estraneo”.
(Plutarco, Del mangiare carne, in Id., Del mangiare carne.Trattati sugli animali, Adelphi, Milano, 2001, pp.
60-61)
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Tommaso d’Aquino (1225-1274):
aristotelismo, creazione, doveri indiretti
SEMBRA che sia proibito uccidere qualsiasi essere vivente. Infatti:
1. L'Apostolo afferma: "Chi resiste all'ordine voluto da Dio, attira su se stesso una condanna". Ora, l'ordine della divina provvidenza vuole che tutti i
viventi si conservino in vita, secondo le parole del Salmo: "Dio fa crescere il fieno sui monti, e dà al bestiame il suo nutrimento". Dunque è illecito
sopprimere la vita di qualsiasi vivente.
2. L'omicidio è peccato perché con esso un uomo viene privato della vita. Ma la vita è comune a tutte le piante e a tutti gli animali. Quindi per lo
stesso motivo è peccato sopprimere gli animali e le piante.
3. Nella legge divina non viene determinata una pena, se non per un peccato. Ma nella legge divina viene determinata una punizione per chi uccide le
pecore, e i buoi altrui. Dunque l'uccisione degli animali è peccato.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna: "Quando leggiamo di "Non uccidere", dobbiamo intendere che il comando non è per le piante, poiché son
prive di sentimento; e neppure per gli animali bruti, perché essi non hanno nessuna affinità di ordine razionale con noi. Perciò il precetto di "Non
uccidere" va inteso esclusivamente per l'uomo"
RISPONDO: Nessuno pecca per il fatto che si serve di un essere per lo scopo per cui è stato creato. Ora, nella gerarchia degli esseri quelli meno
perfetti son fatti per quelli più perfetti: del resto anche nell'ordine genetico si procede dal meno perfetto al perfetto. Come, dunque, nella
generazione dell'uomo prima abbiamo il vivente, poi l'animale e finamente l'uomo; così gli esseri che sono solo viventi, ossia le piante, son fatte
ordinariamente per gli animali; e gli animali son fatti per l'uomo. Perciò se l'uomo si serve delle piante per gli animali e degli animali per gli uomini,
non c'è niente d'illecito, come il Filosofo stesso dimostra. E il più necessario dei servizi è appunto quello di dare le piante in cibo agli animali, e gli
animali all'uomo: il che è impossibile senza distruggere la vita. Dunque è lecito sopprimere le piante per uso degli animali, e gli animali per uso
dell'uomo in forza dell'ordine stesso stabilito da Dio: "Ecco che io vi ho dato come cibo a voi e a tutti gli animali tutte le erbe e tutti gli alberi". E
altrove si legge: "Sarà vostro cibo tutto ciò che ha moto e vita".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Secondo l'ordine stabilito da Dio la vita degli animali e delle piante non viene conservata per se stessa, ma per l'uomo. Ecco perché S. Agostino
scriveva: "Secondo l'ordine sapientissimo del Creatore la loro vita e la loro morte sono subordinate al nostro vantaggio".
2. Gli animali e le piante non hanno la vita razionale, per governarsi da se stessi, ma sono sempre come governati da altri mediante un istinto
naturale. E in questo abbiamo il segno che essi sono subordinati per natura, e ordinati all'uso di altri esseri.
3. Chi uccide il bove di un altro non pecca perché uccide un bove, ma perché danneggia un uomo nei suoi averi. Ecco perché questo fatto non è
elencato tra i peccati di omicidio, ma tra quelli di furto o di rapina.
(Tommaso D’Aquino, Somma teologica, II-II, 64)
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Michel de Montaigne (1533-1592):
il legame con gli animali e le obbligazioni umane
Quand tout cela en seroit à dire, si y a−il un certain respect, qui nous attache, et un
general devoir d'humanité, non aux bestes seulement, qui ont vie et sentiment, mais
aux arbres mesmes et aux plantes. Nous devons la justice aux hommes, et la grace et
la benignité aux autres creatures, qui en peuvent estre capables. Il y a quelque
commerce entre elles et nous, et quelque obligation mutuelle. Je ne crain point à
dire la tendresse de ma nature si puerile, que je ne puis pas bien refuser à mon chien
la feste, qu'il m'offre hors de saison, ou qu'il me demande. Les Turcs ont des
aumosnes et des hospitaux pour les bestes : les Romains avoient un soing public de
la nourriture des oyes, par la vigilance desquelles leur Capitole avoit esté sauvé : les
Atheniens ordonnerent que les mules et mulets, qui avoyent servy au bastiment du
temple appellé Hecatompedon, fussent libres, et qu'on les laissast paistre par tout
sans empeschement.
(Michel de Montaigne, De la cruauté)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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René Descartes (1596-1650):
gli animali come orologi
“Ciò non sembrerà per nulla strano a chi - essendo a conoscenza di quanti diversi automi o
macchine semoventi l’industria umana può costruire, usando anche pochissimi pezzi a
confronto di quel gran numero di ossa, muscoli, nervi, arterie, vene e di tutte le altre parti che
si trovano nel corpo di ogni animale - considererà questo corpo come una macchina che,
uscita dalle mani di Dio, è incomparabilmente meglio ordinata e ha in sé movimenti più
meravigliosi di qualsiasi altra che possa essere inventata dagli uomini.
Qui mi ero particolarmente soffermato a mostrare che se vi fossero macchine siffatte, che
avessero organi e aspetto di scimmia o di qualche altro animale senza ragione, non avremmo
possibilità alcuna per riconoscere la differenza di natura tra queste e quegli animali; mentre se
ve ne fossero di somiglianti al nostro corpo e capaci di imitare le nostre azioni per quanto
fosse moralmente possibile, avremmo pur sempre a disposizione due mezzi certissimi per
riconoscere che non sarebbero veri uomini. Il primo consiste nel fatto che questi non
avrebbero mai l’uso della parola, né d’altri segni, per comporli come noi facciamo per
comunicare agli altri il nostro pensiero; è infatti ben concepibile che una macchina sia fatta in
modo da pronunciare parole, ed anzi che ne pronunci effettivamente qualcuna in occasione di
azioni esterne che producano qualche mutamento nei suoi organi, sia che, toccata in qualche
punto, domandi ciò che le si vuole dire, sia che, toccata in un altro, gridi che le si fa male e altre
simili cose, ma non che le coordini variamente, per rispondere al senso di tutto ciò che si dirà
in sua presenza, così come anche l’uomo più ebete può fare.
...
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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René Descartes (1596-1650):
gli animali come orologi
Il secondo è questo: che tali macchine, anche se facessero molte cose bene come noi, e forse anche
meglio, fallirebbero però inevitabilmente in altre, il che rivelerebbe come esse non agiscano per
conoscenza, ma soltanto per la disposizione dei loro organi. Infatti, mentre la ragione è uno strumento
universale, che può servire in qualsiasi occasione, gli organi di queste macchine hanno bisogno di una
certa particolare disposizione in corrispondenza di ogni azione particolare: da ciò si deduce che è
moralmente impossibile che in una macchina ve ne siano così tanti e così diversi da farla agire in tutte le
circostanze della vita così come ci fa agire la nostra ragione.
Ora, con questi due stessi mezzi possiamo anche conoscere la differenza tra gli uomini e le bestie. […]
Questo non attesta soltanto che le bestie son dotate di ragione in misura di noi, ma piuttosto che non
ne hanno in modo assoluto. […] È pure assai notevole che, sebbene molti animali in alcune loro azioni
dimostrino più industria di noi, tuttavia non ne mostrano alcuna in molte altre: cosicché, ciò che essi
fanno meglio di noi non prova che hanno ingegno - ché in tal caso ne avrebbero più di noi e ci
supererebbero in ogni attività -, ma piuttosto che essi non ne hanno affatto, e che è la Natura che agisce
in loro, secondo la disposizione dei loro organi, così come si osserva che un orologio, pur essendo
composto solo di ruote e di molle, conta le ore e misura il tempo più precisamente di noi con tutta la
nostra prudenza”.
(R. Descartes, Discorso sul metodo, in Opere filosofiche, vol. 1, UTET, Torino, 1994, pp. 538-540)
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Voltaire (1694-1778):
menti senza linguaggio
Che pietà, che insipienza, aver detto che le bestie sono macchine prive di conoscenza e sentimento, che fan
sempre le stesse cose allo stesso modo, che non imparano niente, non perfezionano niente ecc.!
Come! Quell’uccello che fa il suo nido a semicerchio quando lo attacca a un muro; che lo fa a quarto di cerchio
quando in un angolo e a cerchio su un albero, quell’uccello fa tutto allo stesso modo? Quel cane da caccia che hai
addestrato per tre mesi non ne sa, forse, adesso, più di prima? E quel canarino cui insegni un’aria, te la ripete
forse subito? Non impieghi un tempo considerevole a insegnargliela? Non hai osservato che se si sbaglia, poi si
corregge?
Forse per il solo fatto che ti parlo, tu pensi ch’io abbia sentimento, memoria, idee? Ebbene, non ti parlo: mi vedi
rincasare con aria afflitta, cercare inquieto un foglio, aprire lo scrittoio dove mi ricordo di averlo chiuso, trovarlo,
lggere con gioia. E così concludi che io ho provato il sentimento dell’afflizione e quello del piacere, che ho
memoria e conoscenza.
Giudica adesso con lo stesso metro quel cane che ha perduto il padrone, che l’ha cercato per tutte le strade con
guaiti dolorosi, che rientra in casa agitato, inquieto, che sale, scende, va di stanza in stanza e trova infine nel suo
studio il padrone che ama, e gli testimonia la propria gioia con la dolcezza dei suoi mugolii, saltando, e leccandolo.
Dei barbari agguantano questo cane, che nel senso dell’amicizia supera in modo così straordinario l’uomo, lo
inchiodano su una tavola, e lo sezionano vivo per mostrarti le vene mesenteriche. Scopri in lui gli stessi organi
della sensibilità che sono in te. Rispondimi, meccanicista: la natura ha dotato quest’animale di tutti gli impulsi del
sentimento perché non senta? Ha forse dei nervi perché resti impassibile? Non supporre questa impertinente
contraddizione della natura?
(Voltaire, Dizionario filosofico, Garzanti, Milano, 1981, pp. 56-57)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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David Hume (1711-1776):
la continuità delle passioni
Non c’è dubbio che quasi in ogni specie di creature, ma soprattutto in quelle di tipo
più nobile, troviamo molti segni evidenti di orgoglio e di umiltà. Lo stesso portamento
è l’andatura del cigno, o del tacchino, o del pavone, mostrano quale alta idea questi
animali abbiano di se stessi, e il loro disprezzo per tutti gli altri. E, cosa ancora più
notevole, in queste due ultime specie di animali l’orgoglio accompagna sempre la
bellezza, e lo troviamo solo nel maschio. Si son molto spesso notate la vanità e
l’emulazione degli usignoli nel canto; e così quelle dei cavalli nella velocità, dei cani nella
sagacia e nel fiuto, dei tori e dei galli nella forza, e di tutti gli altri animali, ciascuno nella
qualità in cui eccelle particolarmente. A ciò si aggiunga che ogni specie di creature che
si accostano così spesso all’uomo tanto da familiarizzarsi con lui, si mostrano
chiaramente orgogliose della sua approvazione e contente delle sue lodi e delle sue
carezze a prescindere da qualsiasi altra considerazione. E non sono le carezze di tutti
senza distinzione a suscitare in loro questa vanità, ma soprattutto quelle delle persone
che conoscono e amano; in questa maniera viene suscitata la passione anche
nell’umanità. Tutte queste sono prove evidenti che l’orgoglio e l’umiltà non sono
soltanto passioni umane, ma si estendono a tutta la creazione animale.
(D. Hume, Trattato sulla natura umana, in Id., Opere filosofiche, vol. 1, Laterza, Roma-Bari,
1987, p. 342)
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Immanuel Kant (1724-1804):
I doveri indiretti verso gli animali
Poiché gli animali posseggono una natura analoga a quella degli uomini , osservando
dei doveri verso di essi osserviamo dei doveri verso l’umanità, promuovendo con ciò i
doveri che la riguardano. Per esempio, se un cane ha servito a lungo fedelmente il suo
padrone , ciò costituisce qualcosa di analogo a un’azione meritevole e perciò richiede
la nostra lode e, quando non sarà più in grado di renderci i suoi servizi, noi dovremo
trattenere la bestia presso di noi fino alla morte. Infatti, noi promuoviamo i nostri
doveri verso l’umanità laddove ci troviamo obbligati a compierne. Essendo, dunque, gli
atti degli animali analoghi a quelli umani e derivando dagli stessi principi, in tanto noi
abbiamo dei doveri verso di essi in quanto, osservando questi, noi promuoviamo quelli
verso l’umanità. Chi perciò facesse uccidere il proprio cane, non essendo questo più in
grado di guadagnarsi il pane non agirebbe affatto contro i doveri riguardanti i cani, i
quali sono sprovvisti di giudizio, ma lederebbe nella loro intrinseca natura quella
socievolezza e umanità, che occorre rispettare nella pratica dei doveri verso il genere
umano. Per non distruggerla, l’uomo deve mostrare bontà di cuore si verso gli animali,
perché chi usa essere crudele verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini.
(I. Kant, Lezioni di etica, Laterza, Roma-Bari, 1998, p. 273)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
54
Jeremy Bentham (1748-1832):
utilitarismo e status degli animali
C’è stato un giorno, mi rattrista dire che in molti luoghi non è ancora passato, in cui la
maggior parte delle specie umane, sotto il nome di schiavi, veniva trattata dalla legge
esattamente come lo sono oggi, in Inghilterra ad esempio, le razze inferiori degli animali. Può
arrivare il giorno in cui resto degli animali del creato potrà acquistare quei diritti di cui non
si sarebbe mai potuto privarli, se non per mano della tirannia. I francesi hanno già scoperto
che il nero della pelle non è una ragione per cui un essere umano debba essere
abbandonato senza rimedio al capriccio di un carnefice. Può arrivare il giorno in cui si
riconoscerà che il numero delle gambe, la villosità della pelle, o la terminazione dell’os
sacrum sono ragioni altrettanto insufficienti per abbandonare un essere senziente allo stesso
destino? Quale attributo dovrebbe tracciare l’insuperabile confine? La facoltà della ragione,
o, forse, quella del discorso? Ma un cavallo o un cane adulto è un animale incomparabilmente
più razionale, e più socievole, di un neonato di un giorno o di una settimana, o anche di un
mese. Ma anche ponendo che le cose stiano diversamente: a che servirebbe? La domanda da
porre non è: «Possono ragionare?», né «Possono parlare?» ma «Possono soffrire?».
(J. Bentham, Introduzione ai principi della morale e della legislazione, Utet, Torino, 1998, pp.
421-422)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
55
Charles Darwin (1809-1822):
la rivoluzione di un mite naturalista
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
56
Charles Darwin (1809-1822):
la rivoluzione di un mite naturalista
Gli animali - quelli che abbiamo reso nostri schiavi non ci piace considerarli nostri eguali. I padroni di
schiavi non vorrebbero forse attribuire l’uomo negro
a un altro genere? Animali con affetti, imitazione,
paura, dolore, dispiacere per i morti. - rispetto
per consenso di tutti l’anima è aggiunta, gli animali
non l’hanno, non guardano avanti; se decidiamo di
lasciar correre libere le congetture, allora gli animali
sono nostri compagni, fratelli in dolore, malattia,
morte e sofferenza e fame; nostri schiavi nel lavoro
più faticoso, nostri compagni negli svaghi; dalla nostra
origine essi probabilmente condividono un comune
antenato; potremmo esser tutti legati in un’unica
rete.(C. Darwin, Taccuino B, in Id., Taccuini, Laterza, RomaBari, 2008, pp. 217-218, 231/232)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Charles Darwin (1809-1822):
la rivoluzione di un mite naturalista
-Il problema di Darwin:
-Spiegare la diversità delle specie
- Il mondo predarwiniano:
-La creazione fra evoluzione e fissismo
-Le prove dell’evoluzione (o meglio “trasformazione”):
-Geologia e fossili
-Alle origini della teoria darwiniana:
-Popolazione e risorse: la lezione di Malthus
-Diversità individuale e successo riproduttivo (fitness)
-La nozione di adattamento
-Origine comune
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
58
Charles Darwin (1809-1822):
la rivoluzione di un mite naturalista
-Il funzionamento dell’evoluzione:
-Selezione naturale
-Selezione sessuale
-Altri meccanismi (es. deriva genetica)
-Le differenze fra i viventi sono l’esito di
diverse storie evolutive:
-Differenze di grado
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Charles Darwin (1809-1822):
la rivoluzione di un mite naturalista
-Due conseguenze del darwinismo:
-Nuovo orizzonte per le scienze della
vita
-Fonte di trasformazi one del l e
concezioni morali
-Entrambe sono “fonti” dell’etica animale
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
60
Charles Darwin (1809-1822):
la rivoluzione di un mite naturalista
At last gleams of light have come, & I am
almost convinced (quite contrary to
opinion I started with) that species are not
(it is like confessing a murder) immutable.
(C. Darwin, lettera a Joseph D. Hooker, 11
gennaio 1844)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
61
Comportamento e mente animale
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Comportamento e mente animale
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Comportamento e mente animale
- «L’etologia o studio comparato del
comportamento è di facile definizione:
consiste nell’applicare al comportamento
degli animali e delle persone quei metodi
divenuti d’uso corrente e naturale in tutti
gli altri campi della biologia dopo Charles
Darwin e di formulare gli interrogativi
secondo lo stesso criterio». (Lorenz 2011,
p. 1).
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
64
Comportamento e mente animale
- I quattro “scopi” dell’etologia
(Timbergen 1963):
(1) Causazione del comportamento
(2) Funzione del comportamento
(3) Ontogenesi del comportamento
(4) Filogenesi del comportamento
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Comportamento e mente animale
- Il Canone di Morgan:
- “In no case may we interpret an
action as the outcome of the
exercise of a higher psychical faculty,
if it can be interpreted as the
outcome of the exercise of one
which stands lower in the psychical
scale” (Lloyd-Morgan 1894)
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Comportamento e mente animale
- Antiantropomorfismo come metodologia:
- In point of fact, the hypothesis that animals
are conscious is not a scientific one, since
it cannot be tested. [...] My main purpose
here is not to persuade people that
animals are unconscious but rather to
bring out the danger of unthinkingly
assuming that they are conscious”.
(Kennedy 1992, p. 32)
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Comportamento e mente animale
Molti trovano difficile comprendere perché tanti studiosi del comportamento siano
irremovibili nel non voler considerare la coscienza animale. Tra le ragioni storiche [...] va
annoverata una reazione contro interpretazioni eccessivamente generose di esempi isolati
di comportamento animale che suggerivano pensieri e intuizioni razionali. Questo rifiuto del
mentalismo si accompagnava all’altrettanto recisa opposizione all’idea che le influenze
genetiche, in quanto contrapposte alle esperienze individuali, avessero un effetto significativo
sul comportamento umano o animale. Sebbene il controllo genetico del comportamento
sia, dal punto di vista logico, una questione completamente diversa dall’importanza delle
esperienze mentali soggettive, c’è stata una tendenza a collegare i due argomenti nella
considerazione teorica del comportamento e delle esperienze mentali degli animali, come
discusso da Burghardt (1978). In psicologia queste tendenze distinte ma strettamente
associate vennero fuse nel behaviorismo, in particolare nelle influenti versioni di Watson
(1929) e Skinner (1974). Durante lo stesso periodo si era sviluppata anche in biologia una
forte tradizione riduzionista, esemplificata dalle tesi di Loeb (1912), che, pur credendo
nell’esistenza della coscienza umana, argomentava che tutto il comportamento animale, e
persino buona parte di quello umano, poteva essere spiegato in termini di tropismi.
...
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Comportamento e mente animale
Nell’ostinata ricerca di riscontri oggettivi a qualsiasi affermazione riguardante il comportamento o
le facoltà mentali degli animali, la maggior parte degli psicologi che fondarono il diffuso e
perdurante movimento behaviorista insisteva su tre punti fondamentali:
I. L’apprendimento e l’esperienza individuale spiegano quasi tutto il comportamento non
controllato direttamente dalle capacità strutturali dell’animale.
II. Solo le influenze esterne e il comportamento direttamente osservabile dovrebbero
essere considerati per spiegare ciò che fanno gli animali (o le persone); gli scienziati
comportamentali dovrebbero limitare il loro interesse ai dati osservabili in entrata e in
uscita dalla scatola nera definita organismo.
III. Le esperienze mentali soggettive, in particolare il pensiero cosciente, dovrebbero essere
ignorate per due ragioni:
a) Si tratta di fenomeni “privati”, incommensurabili, percettibili solo da chi li esperisce,
così che le affermazioni al loro riguardo non possono essere verificate in modo
indipendente.
b) Esse non hanno alcuna influenza sul comportamento, e sono quindi prodotti
accidentali o epifenomeni delle funzioni cerebrali
(Griffin 1999, pp. 37-38)
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Comportamento e mente animale
“Se nessun essere vivente tranne l’uomo,
fosse stato dotato di facoltà mentale,
oppure se quella dell’uomo fosse di natura
del tutto diversa da quella degli animali
inferiori, non avremmo mai potuto
convincerci che le nostre facoltà superiori
siano andate man mano sviluppandosi. Ma
si può dimostrare con molta evidenza che
non vi è nessuna fondamentale differenza
di questo tipo. Dobbiamo pure ammettere
che vi è una distanza molto maggiore fra la
capacità mentale di uno degli infimi pesci,
come una lampreda od un Amphioxus
lanceolatus e l’uomo; tuttavia questo
immenso intervallo è colmato da
innumerevoli gradazioni” (C. Darwin,
L’origine dell’uomo e la scelta sessuale,
Rizzoli, Milano, 1997, pp. 63-64)
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Comportamento e mente animale
-
Antroporfismo e antropodiniego:
-
«Anthropomorphism is often defined as the error of
attributing human mental characteristics to nonhuman
organisms; people are said to fall into this error because
they are sentimental and uncritical. It is a revealing fact
about current scientific culture that the opposite mistake
- of mistankenly refusing to attribute human mental
characteristics to nonhuman organisms - does not even
a ready name. The ethologist Frans De Waal has
suggested the somewhat ungainly phrase
“anthropodenial” to label this second type of
error» (Sober 2005, p. 85)
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Comportamento e mente animale
-
Il “principio di parsimonia cladistica”:
-
Cladistic parsimomy does not provide a blanket
justification for attributing human characteristics to
nonhuman organisms. […] However parsimony […]
does favor anthropomorphism over anthropodenial.
If two derived behaviors are homologous, then the
hypothesis that they are produced by the same
proximate mechanism is more parsimonious than the
hypothesis that they are produced by different proximate
mechanisms. (Sober 2005, pp. 95-96)
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Comportamento e mente animale
-
L’uso euristico dell’antropomorfismo:
-
“Given its persistence, treatment of anthropomorphism as a
category error may itself be an error (Fisher 1996; Mitchell
2005): an anthropomorphic statement’s appropriateness turns
on its utility or correctness, which is an empirical question. We
can interpret research in cognitive ethology as ac- cumulating
this sort of empirical data on purposes, feelings, motivations,
and cognition (e.g., Ris- tau 1991; Bekoff, Allen and Burghardt
2002; Bekoff 2006). The study of human or nonhuman behavior
may profit from beginning a dialogue which has less to do with
the perceived merits or de- merits of anthropomorphism and
instead uses the existence of anthropomorphism as informative
about the nature of our social perception”. (Bekoff 2007)
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Comportamento e mente animale
•Ragioni per inferire la coscienza animale (Griffin
1999):
(1)L’adattabilità versatile del comportamento in
presenza di nuove sfide
(2)I segnali fisiologici cerebrali correlabili con il
pensiero cosciente
(3)I dati riguardanti il comportamento comunicativo
con cui a volte gli animali sembrano trasmettere ad
altri almeno alcuni dei propri pensieri
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Comportamento e mente animale
-L’etologia cognitiva:
- “The simplest characterization of cognitive ethology is that it is the marriage
of cognitive science and ethology [...] Cognitive science is an umbrella term for
convergent approaches to the study of mind in linguistics, artificial intelligence,
cognitive psychology, and, increasingly the neurosciences. [...] Classical ethology
has, on the other hand, typically emphasized the importance of observing
animals under more-or-less natural conditions, with the objective of
understanding the evolution, adaptation (function), causation, and development
of the species-specific behavioral repertoire. The idea that one might learn
anything of biological interest about an animal by isolating it in a box and
bombarding it with artificial stimuli runs counter to the general spirit of the
discipline”. (Colin Allen, in A field guide to the philosophy of mind, http://
host.uniroma3.it/progetti/kant/field/ceth.htm)
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Comportamento e mente animale
-Temi sulla mente animale
(1) Capacità di provare piacere/dolore
(2) Rappresentazioni
(3) Mindreading
(4) Autoconsapevolezza
(5) Linguaggio
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Comportamento e mente animale
-Il dolore negli animali:
-I centri del dolore e del piacere, simili a quelli presenti negli esseri umani, sono stati riscontrati nel
cervello degli uccelli, dei mammiferi e dei pesci; inoltre, i meccanismi neurali responsabili del
comportamento di reazione al dolore sono considerevolmente simili in tutti i vertebrati: Gli
anestetici e gli analgesici controllano quello che sembra essere il dolore in tutti i vertebrati e in alcuni
invertebrati; e, forse ancor più platealmente, i meccanismi biologici di feedback atti al controllo del
dolore sembrano notevolmente simili in tutti i vertebrati e coinvolgono serotonina, endorfine,
encefaline e sostanza P (le endorfine sono state trovate persino nei lombrichi). L’effettiva esistenza di
oppiati endogeni negli animali rende palese il fatto che essi provano dolore. Gli animali difficilmente
sarebbero dotati di sistemi neurochimici e inibitori identici ai nostri e difficilmente mostrerebbero gli
stessi segni di diminuzione del dolore che mostriamo noi, se quello da loro esperito non fosse
controllato dagli stessi meccanismi e nello stesso modo in cui questi meccanismi controllano il
nostro. [...] Al di fuori dell’ideologia positivistico-comportamentista, sembrano esserci poche ragioni
per negare la capacità di provare dolore (o paura, ansia, noia - in parole povere tutte le rudimentali
capacità mentali) agli animali, sia per motivi reali che concettuali (la ricerca dimostra infatti che tutti i
vertebrati sono dotati di siti recettori per le benzodiazepine, il che, a sua volta, indica che la base
fisiologica dell’ansia esiste in tutti i vertebrati). Si potrebbe sottilizzare sull’attribuzione agli animali di
forme di ragionamento superiori, come fece Lloyd-Morgan, ma si tratta in fin dei conti di una
questione discutibile e in larga parte risolvibile empiricamente” (Rollin 2011, pp. 245-247)
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Comportamento e mente animale
-
“Sapere cosa e sapere come”:
-
“Forse gli animali delle altre specie sono tutti degli zombie, che posseggono soltanto delle conoscenze
procedurali. In presenza di certi stimoli, essi potrebbero reagire in maniera appropriata avendo
acquisito, o tramite selezione naturale, o tramite l’apprendimento individuale, certe regole o procedure di
comportamento. Così magari il vostro gatto si avvicina anche lui al frigorifero quando ha fame. Però è un
gatto zombie. Non conosce che cosa c’è nel frigorifero. Sa solo che avvicinandosi al frigorifero otterrà
del cibo. Bene. Non so il vostro gatto, ma le galline certamente zombie non sono. Considerate il
seguente semplice esperimento [...] In una stanza sono collocati due contenitori di cibo, su un lato riso
alle mandorle, sull’altro riso alla banana [...]. La gallina rimane nella stanza una mezz’ora per quattro
giorni di seguito. Poi, mentre si trova nella propria gabbia, a digiuno da circa quattro ore, le viene offerta
la possibilità di cibarsi di uno dei due tipi di riso, diciamo quello alla banana. Dopodiché, presumibilmente
sazia di quella varietà di cibo, la gallina è collocata nella stanza con i due contenitori. Quasi il 90 per
cento delle galline sottoposte a questo test si dirige senza esitazione verso il contenitore con il riso alle
mandorle. La semplicità di questo piccolo esperimento non deve oscurare la sua importanza. La
procedura usata ha il nome tecnico di ‘svalutazione dell’incentivo’; l’idea è di rendere uno dei due cibi
temporaneamente meno interessante e appetibile per vedere se la gallina ha una rappresentazione del
contenuto dei due recipienti di cibo, cioè una rappresentazione di tipo dichiarativo. Infatti, si potrebbe
pensare che l’animale abbia semplicemente imparato a dirigersi verso l’uno o l’altro dei due contenitori
quando ha fame, utilizzando una conoscenza puramente procedurale della situazione. Invece, pare
proprio che le galline non solo sappiano che dentro il contenitore c’è “roba da mangiare”, ma che
sappiano che nel contenitore A c’è il cibo a e che nel contenitore B c’è il cibo b”. (Vallortigara 2005, pp.
53-54)
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Comportamento e mente animale
-
“So che tu sai...” (animali e mindreading):
-
“An adult female spent 20 min in gradually shifting in seated
position over a distance of about 2m to place behind a rock
about 50cm high where she began to groom the subadult male
follower of the group - an interaction not tolerated by the
adult male. As I was observing from a cliff slightly above [the
animals] I could judge that the adult male leader could, from
his resting position, see the tail, back and crown of the female’s
head, but not her front, arms and face: the subadult male sat in
a bent position while being groomed, and was also invisible to
the leader. The leader could thus see that she was present, but
probably not that she groomed”. (Report by Hans Kummer in
Byrne 1995)
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Comportamento e mente animale
-
Autoconsapevolezza animale:
-
“Nel 1970 lo studioso di psicologia comparata Gordon Gallup riaprì la questione
dell’autoconsapevolezza negli animali e ideò un test eccellente e al contempo semplice per indagare
in proposito. Incominciò con il mettere davanti a uno scimpanzé adulto uno specchio fisso a tutto
campo e poi osservò la sua reazione: il test di Darwin. Sulle prime lo scimpanzé rimase a fissarlo, lo
toccò, si mise in mostra e esplorò dietro di esso. Con il tempo questi comportamenti sociali
diminuirono mentre lo scimpanzé cominciava a servirsi dello specchio per esaminare parti del
proprio corpo che non aveva mai visto prima (per esempio dentro la bocca). Un tale uso dello
specchio induce a pensare che lo scimpanzé percepisse l’immagine riflessa come quella di se stesso,
mentre il comportamento del mettersi in mostra e dell’esplorare può essere interpretato o nello
stesso modo oppure come una prova che l’animale ritiene di avere davanti un altro scimpanzé. Per
procurarsi un maggior numero di analisi del loro comportamento e per studiare interpretazioni
alternative, Gallup sottopose ad anestesia gli stessi scimpanzé. Mentre erano addormentati, disegnò
loro un segno rosso sul sopracciglio e sull’orecchio sinistro; non c’erano indizi olfattivi o tattili
associati con il segno rosso. Quando l’effetto dell’anestesia svanì, vennero registrate le osservazioni
in presenza e in assenza dello specchio. Con lo specchio in luogo, gli scimpanzé in maniera
spontanea e immediata toccarono i segni rossi sul sopracciglio e sull’orecchio; prima che lo
specchio venisse scoperto il numero di toccamenti della zona segnata non differivano da quelli delle
zone non segnate e gli individui che non erano ancora stati esposti agli specchi, non la toccarono
mai. Dopo aver toccato quelle zone, qualche scimpanzé si guardò le dita, e uno di loro se le
annusò”. (Hauser 2002, pp. 121-122)
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80
Comportamento e mente animale
-
E il linguaggio?
-
“... ‘linguaggio’ è un termine che comprende parecchie cose. Alcune sono probabilmente
una dotazione specie-specifica: ad esempio, io sospetto, i meccanismi della sintassi. Altre
invece sembrano comuni ai sistemi comunicativi posseduti dagli altri animali. Con questo
non voglio sostenere che i sistemi comunicativi umani siano dei linguaggi ‘più semplici’, che
siano cioè come il linguaggio umano con qualcosa in meno. Sono sistemi comunicativi
completi per gli scopi per i quali sono stati previsti. Ma sono diversi dal linguaggio umano.
Cos’ha di speciale il linguaggio umano? Fondamentalmente il fatto di essere creativo:
consiste di un numero finito di elementi (per esempio le parole - sarebbe meglio riferirsi
però a quelli che i linguisti chiamano morfemi) con i quali, applicando ricorsivamente un
numero finito di regole, si può generare un numero pressoché infinito di frasi
grammaticalmente corrette. [...] Forse allora tutto ciò che il linguaggio umano ha di speciale
si riduce alla capacità di effettuare computazioni ricorsive. Non sappiamo ancora per certo
se la ricorsività sia comparsa solo con il linguaggio. Forse è presente nei sistemi cognitivi
degli altri animali per risolvere certi tipi di problemi, quali l’orientamento nello spazio o
l’organizzazione delle relazioni sociali, ma magari non è stata inserita nei loro sistemi
comunicativi. Oppure, semplicemente, i nostri sistemi cerebrali operano ricorsivamente in
numerosi domini cognitivi - dal linguaggio, ai numeri, alla musica - mentre quelli degli altri
animali possono farlo solo in pochi, ristretti domini” (Vallortigara 2005, pp. 139-140)
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81
Comportamento e mente animale
-
L’esperienza privata degli animali, un “quinto scopo” dell’etologia:
-
“... the term cognitive ethology is, in retrospect, not radical enough. Questions
involving the experience by organisms of emotions, thougths, decisions,
feelings, intentions, consciousness, and awareness do merit a separate aim,
but one once removed from their mechanisms, function, ontogeny, or
evolution. Just as questions about ontogeny can be heuristically separated
from those of evolution, so can questions about experience (variously
labelled inner, subjective, phenomenal, self, or personal) be separated from
those of causation or function and be asked about many diverse instances of
behavior. [...] It is thus time to return to the effort of von Uexküll
(1909/1985) to attempt to understand the perceptual and inner worlds of
other organisms, both human and nonhuman, and to try to gain some
understanding of what it is like to be the animal, to make inferences about
private experience, and to see what such understanding can contribute to
studies in the traditional four aims”. (Burghardt 1997, p. 260)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
82
Comportamento e mente animale
-
L’esperienza privata degli animali, un “quinto scopo” dell’etologia:
-
“... the term cognitive ethology is, in retrospect, not radical enough. Questions
involving the experience by organisms of emotions, thougths, decisions,
feelings, intentions, consciousness, and awareness do merit a separate aim,
but one once removed from their mechanisms, function, ontogeny, or
evolution. Just as questions about ontogeny can be heuristically separated
from those of evolution, so can questions about experience (variously
labelled inner, subjective, phenomenal, self, or personal) be separated from
those of causation or function and be asked about many diverse instances of
behavior. [...] It is thus time to return to the effort of von Uexküll
(1909/1985) to attempt to understand the perceptual and inner worlds of
other organisms, both human and nonhuman, and to try to gain some
understanding of what it is like to be the animal, to make inferences about
private experience, and to see what such understanding can contribute to
studies in the traditional four aims”. (Burghardt 1997, p. 260)
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83
L’Etica animale:
definizione, storia
e posizione nell’etica filosofica
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84
Alle fonti dell’etica animale:
vivisezione e opinione pubblica
nel Regno Unito del XIX secolo
-
1822: Martin Act (“An Act to
Prevent the Cruel and
Improper Treatment of Cattle”)
-
1824: SPCA- Society for the
Prevention of Cruelty to
Animals (dal 1840: RSPCARoyal Society for the
Prevention of Cruelty to
Animals
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
85
Alle fonti dell’etica animale:
vivisezione e opinione pubblica
nel Regno Unito del XIX secolo
Bill’s Donkey then was brought into Court
Who caused of course a deal of sport
He cock’d his ears and op’d his jaws
As tho he meant to plead his own cause
1823
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86
Alle fonti dell’etica animale:
vivisezione e opinione pubblica
nel Regno Unito del XIX secolo
The RSPCA had certainly played a part in promoting legal
changes. That Act was amended after the passing of a Bill put
forward by Joseph Peas MP (himself a member of the RSPCA
committee) in 1835 to prevent ‘fighting or baiting any bull,
badger, dog, cock or other kind of animal, whether of domestic
or wild nature’; in 1854 legislation was passed prohibiting the
use of carts drawn by dogs; in 1869 wild birds received some
protection. In 1876 it was the turn of laboratory animals; in
1878 animals in transit; and in 1900 even wild animals were
legislated for to a very limited degree. By the end of the
century the RSPCA’s handbook listed a score of such statutes.
(Ryder 2000, p.97)
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87
Alle fonti dell’etica animale:
vivisezione e opinione pubblica
nel Regno Unito del XIX secolo
-
The Cruelty to Animals Act (1876):
-
On 10 August Cross, the Home Secretary, introduced the new Bill, which received the
royal assent only five days later. So was born the Cruelty to Animals Act of 1876 which,
while making numerous worty restrictions on animal experimentation, allowed nearly all
those restrictions to be annulled by means of special certificates issued to experimenters
by the Home Office, Its clumsy and inadequate form suggests, as Sir George Kekewich
MP pointed out thirty years later, a rush job hurried through an ill-attended Parliament at
the end of a session. The reformers felt they had been cheated by this Act and with some
cause, for it allowed the vivisector, now armed with licence and certificates, to continue
to inflict severe pain upon his experimental animals (Ryder 2000, p.112)
-
One of the remarkable developments after the passage of the 1876 Act was the firmness
of control exercised by the first two Home secretaries responsible for its
administration. The Conservative Richard Cross refused to license seven established
scientists in three years, while the Liberal William Harcourt refused six in his first twelve
months. They also refused certificates. Indeed the overall refusal rate was approximately
15 per cent of all applications, and was chiefly on two grounds - either that the proposed
research involved too much pain or that it lacked ‘utility’. (Ryder 2000, p.116)
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88
Alle fonti dell’etica animale:
vivisezione e opinione pubblica
nel Regno Unito del XIX secolo
Charles Darwin, lettera a The Times del 18 aprile 1881
MR. DARWIN ON VIVISECTION.
The following letter has been addressed by Mr. Charles Darwin to Professor Holmgren,1 of Upsala, in answer to a request for an expression of his opinion
on the question of the right to make experiments on living animals for scientific purposes—a question which is now being much discussed in Sweden:—
"Down, Beckenham, April 14, 1881.
"Dear Sir,—In answer to your courteous letter of April 7 I have no objection to express my opinion with respect to the right of experimenting on living
animals. I use this latter expression as more correct and comprehensive than that of vivisection.You are at liberty to make any use of this letter which you
may think fit, but if published I should wish the whole to appear. I have all my life been a strong advocate for humanity to animals, and have done what I
could in my writings to enforce this duty. Several years ago, when the agitation against physiologists commenced in England, it was asserted that inhumanity
was here practised and useless suffering caused to animals; and I was led to think that it might be advisable to have an Act of Parliament on the subject. I
then took an active part in trying to get a Bill passed, such as would have removed all just cause of complaint, and at the same time have left physiologists
free to pursue their researches—a Bill very different from the Act which has since been passed. It is right to add that the investigation of the matter by a
Royal Commission proved that the accusations made against our English physiologists were false.3 From all that I have heard, however, I fear that in some
parts of Europe little regard is paid to the sufferings of animals, and if this be the case I should be glad to hear of legislation against inhumanity in any such
country. On the other hand, I know that physiology cannot possibly progress except by means of experiments on living animals, and I feel the deepest
conviction that he who retards the progress of physiology commits a crime against mankind. Any one who remembers, as I can, the state of this science
half a century ago must admit that it has made immense progress, and it is now progressing at an ever-increasing rate.
"What improvements in medical practice may be directly attributed to physiological research is a question which can be properly discussed only by those
physiologists and medical practitioners who have studied the history of their subjects; but, as far as I can learn, the benefits are already great. However this
may be, no one, unless he is grossly ignorant of what science has done for mankind, can entertain any doubt of the incalculable benefits which will
hereafter be derived from physiology, not only by man, but by the lower animals. Look, for instance, at Pasteur's4 results in modifying the germs of the
most malignant diseases, from which, as it so happens, animals will in the first place receive more relief than man. Let it be remembered how many lives
and what a fearful amount of suffering have been saved by the knowledge gained of parasitic worms through the experiments of Virchow5 and others on
living animals. In the future every one will be astonished at the ingratitude shown, at least in England, to these benefactors of mankind. As for myself, permit
me to assure you that I honour, and shall always honour, every one who advances the noble science of physiology.
"Dear Sir, yours faithfully,
"CHARLES DARWIN.
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89
Alle fonti dell’etica animale:
il XX secolo fra trasformazioni sociali
e rinascita dell’etica pratica
-
Bioetica (cfr. Lecaldano 2005):
-
In senso ristretto: questioni etiche poste dai nuovi modi di
nascere, curarsi e morire degli esseri umani
-
In senso ampio: questioni etiche poste dai nuovi modi di
nascere, curarsi e morire degli esseri umani e questioni
etiche delle relazioni fra gli esseri umani e l’ambiente naturale
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90
Alle fonti dell’etica animale:
il XX secolo fra trasformazioni sociali
e rinascita dell’etica pratica
- Le “etiche applicate”:
- Bioetica (in senso ristretto)
- Etica animale
- Etica ambientale
- Etica degli affari
- Etica (etiche) delle professioni
- Etica della comunicazione
- ...
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91
Alle fonti dell’etica animale:
il XX secolo fra trasformazioni sociali
e rinascita dell’etica pratica
- Fonti e cause della rinascita dell’etica
pratica:
- Innovazioni tecnologiche (medicina,
biotecnologie, forme di produzione
industriale ecc.).
- Processi di democratizzazione delle
società occidentali e affermazione della
nozione di “diritti” (L’età dei diritti).
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92
Alle fonti dell’etica animale:
il XX secolo fra trasformazioni sociali
e rinascita dell’etica pratica
1971
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1962
93
1964
L’idea di specismo
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94
Lo specismo: nascita di un’idea
Speciesism
Since Darwin, scientists have agreed that there is no ‘magical’ essential difference between human and other animals, biologically-speaking.
Why then do we make an almost total distinction morally? If all organisms are on one physical continuum, then we should also be on the
same moral continuum.
The word ‘species’, like the word ‘race’, is not precisely definable. Lions and tigers can interbreed.
Under special laboratory conditions it may soon prove possible to mate a gorilla with a professor of biology –will the hairy offspring be
kept in a cage or a cradle?
It is customary to describe Neanderthal Man as a separate species from ourselves, one especially equipped for Ice-Age survival.Yet most
archæologists now believe that this nonhuman creature practised ritual burial and possessed a larger brain than we do. Suppose that the
elusive Abominable Snowman, when caught, turns out to be the last survivor of this Neanderthal species, would we give him a seat at the
UN or would we implant electrodes in his super-human brain?
I use these hypothetical, but possible examples, to draw attention to the illogicality of our present moral position as regards experiments
with animals.
About 5,000,000 laboratory animals, more and more of them Primates like ourselves, are killed every year in the UK alone, and numbers
are now escalating out of control. There are only 12 Home Office Inspectors.
Quite apart from the right to live, one clear moral criterion is suffering, the suffering of imprisonment, fear and boredom as well as physical
pain.
If we assume that suffering is a function of the nervous system then it is illogical to argue that other animals do not suffer in a similar way to
ourselves – it is precisely because some other animals have nervous systems so like our own that they are so extensively studied.
The only arguments in favour of painful experiments on animals are: 1) that the advancement of knowledge justifies all evils – well does it?
2) that possible benefits for our own species justify mistreatment of other species – this may be a fairly strong argument when it applies to
experiments where the chances of suffering are minimal and the probability of aiding applied medicine is great, but even so it is still just
‘speciesism’, and as such it is a selfish emotional argument rather than a reasoned one.
If we believe it is wrong to inflict suffering upon innocent human animals then it is only logical, phylogenically-speaking, to extend our
concern about elementary rights to the nonhuman animals as well.
Do not be afraid to express your views. Contact MPs, professors, editors about this increasingly important moral issue.
(Richard Ryder, volantino distribuito all’università di Oxford, 1970)
S. Pollo, Istituzioni di etica, a.a. 2012/13 - Sapienza Università di Roma
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Dallo specismo alla Liberazione animale
Animals, Men and Morals is a manifesto for an Animal Liberation movement. The
contributors to the book may not all see the issue this way. They are a varied
group. Philosophers, ranging from professors to graduate students, make up the
largest contingent. [...]
Whether or not these people, as individuals, would all agree that they are launching
a liberation movement for animals, the book as a whole amounts to no less. It is a
demand for a complete change in our attitudes to nonhumans. It is a demand that
we cease to regard the exploitation of other species as natural and inevitable, and
that, instead, we see it as a continuing moral outrage. Patrick Corbett, Professor of
Philosophy at Sussex University, captures the spirit of the book in his closing words:
…we require now to extend the great principles of liberty, equality and fraternity
over the lives of animals. Let animal slavery join human slavery in the graveyard of
the past.
The reader is likely to be skeptical. “Animal Liberation” sounds more like a parody
of liberation movements than a serious objective. The reader may think: We support
the claims of blacks and women for equality because blacks and women really are
equal to whites and males—equal in intelligence and in abilities, capacity for
leadership, rationality, and so on. Humans and nonhumans obviously are not equal in
these respects. Since justice demands only that we treat equals equally, unequal
treatment of humans and nonhumans cannot be an injustice. [...]
P. Singer, Animal Liberation, “The New York Review of Books”, April 5, 1973
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Lo specismo: una definizione
Il razzista viola il principio di eguaglianza attribuendo
maggior peso agli interessi dei membri della sua
razza qualora si verifichi un conflitto tra gli interessi
di questi ultimi e quelli dei membri di un’altra razza.
Il sessista viola il principio di eguaglianza favorendo
gli interessi del proprio sesso. Analogamente lo
specista permette che gli interessi della sua specie
prevalgano su interessi superiori dei membri di altre
specie. Lo schema è lo stesso in ciascun caso.
(P. Singer, Liberazione animale, p. 24)
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Specismo radicale e specismo moderato
Specismo radicale. Anche gli interessi relativamente banali degli umani hanno la
priorità sugli interessi vitali dei non-umani. Così, se dobbiamo decidere se causare
un leggero fastidio a un umano o causare invece un’atroce sofferenza a un nonumano, dobbiamo optare per quest’ultima alternativa, risparmiando l’umano.
Specismo moderato. Quando la scelta è tra un interesse umano relativamente
banale e un più sostanziale interesse di un non-umano, è possibile optare per il
non-umano. Così, può essere meglio causare un piccolo fastidio a un umano che
causare tormento a un animale. Nondimeno, se gli interessi sono comparabili vale a dire, se il dilemma è se causare la stessa quantità di sofferenza un umano o a
un non-umano - dobbiamo dare la precedenza al benessere dell’umano.
(J. Rachels, Creati dagli animali,pp. 213-214)
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Lo specismo
e la dottrina della speciale dignità della vita umana
In che cosa consiste esattamente la tradizionale idea della dignità umana? Non
voglio con questa domanda riferirmi a una più o meno esoterica dottrina
proposta da qualche filosofo; piuttosto, come Huxley, sono interessato all’idea
fondamentale che costituisce il nucleo della morale occidentale, e che viene
espressa non solo in ambito filosofico, ma anche nella letteratura, nella religione,
e nella coscienza morale comune. Tale idea consta di due parti, e comporta un
netto contrasto tra la vita umana e la vita non-umana. La prima parte
caratterizza la vita umana come sacra, o almeno dotata di speciale importanza, e
ci dice dunque che la preoccupazione fondamentale della nostra moralità deve
essere la protezione degli esseri umani. La seconda parte asserisce che alla vita
non-umana non spetta lo stesso grado di protezione morale. In realtà, per taluni
modi di pensare tradizionali, gli animali non-umani non hanno alcuno status
morale, e di conseguenza noi possiamo usarli come crediamo opportuno.
(J. Rachels, Creati dagli animali, p. 104)
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Lo specismo
e la dottrina della speciale dignità della vita umana
- Due versioni della dottrina della speciale dignità della
vita umana:
- “Tradizionale”: essere umano creato a immagine e
somiglianza di Dio
- “Emendata”: l’essere umano possiede capacità
uniche (es. razionalità)
- Implicazioni pratiche della dottrina:
- Sacralità della vita umana “innocente”
- Status inferiore (o assente) degli animali
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Lo specismo
e la dottrina della speciale dignità della vita umana
- Può una teoria scientifica “falsificare” una credenza morale senza cadere nella “fallacia
naturalistica”?
-
L’is-ought paragraph: “In ogni sistema di morale in cui finora mi sono imbattuto, ho
sempre trovato che l’autore va avanti per un po’ ragionando nel modo più consueto, e
afferma l’esistenza di un Dio, o fa delle osservazioni sulle cose umane; poi tutto a un
tratto scopro con sorpresa che al posto delle abituali copule è e non è incontro solo
proposizioni che sono collegate con un deve o un non deve. Si tratta di un cambiamento
impercettibile, ma che ha, tuttavia, la più grande importanza. Infatti, dato che questi
deve, o non deve, esprimono una nuova relazione o una nuova affermazione, è
necessario che siano osservati e spiegati; e che allo stesso tempo si dia una ragione per
ciò che sembra del tutto inconcepibile ovvero che questa nuova relazione possa
costituire una deduzione da altre relazioni da essa completamente differenti”. (Hume
1987a, pp. 496-497)
-J. Rachels: il darwinismo “mina” la credenza nella speciale dignità della vita umana
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Lo specismo
e la dottrina della speciale dignità della vita umana
Affermare che il darwinismo mini la moralità tradizionale non
significa che esso comporti che la dottrina della dignità umana
sia falsa: significa invece asserire che esso dà motivo di dubitare
della verità delle considerazioni che sostengono tale dottrina.
Da un punto di vista darwiniano, sia la tesi dell’immagine di Dio
che la tesi della razionalità sono sospette. Inoltre, vi sono buone
ragioni darwiniane per ritenere improbabile che si possa
trovare un qualsiasi altro supporto per la nozione di dignità
umana. Il darwinismo fornisce dunque le “nuove informazioni”
che erodono tale idea rimuovendone il supporto.
(J. Rachels, Creati dagli animali, p. 117)
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