PROGETTAZIONE ED ESECUZIONE DEI CANALI D’ARIA CANALI D’ARIA La funzione di una rete di canali è quella di convogliare l’aria dalla centrale di trattamento ai vari locali o zone da condizionare. Per assolvere nel migliore dei modi a questa funzione, il sistema di distribuzione deve essere progettato tenendo presenti i seguenti fattori: – lo spazio a disposizione; – le perdite di carico; – la velocità dell’aria; – il livello di rumorosità; – le rientrate e le dispersioni di calore; – le fughe d’aria. I canali vengono comunemente classificati in base alla velocità dell’aria ed alla pressione interna. VELOCITÀ DELL’ARIA Le reti di distribuzione dell’aria si suddividono in impianti “ad alta” e “a bassa” velocità. Vengono considerati a bassa velocità quelli con valori inferiori ai 13 m/s. Sono chiamati ad alta quelli con velocità comprese tra i 13 ed i 25 m/s. I canali di ripresa nei sistemi ad alta o bassa velocità vengono sempre dimensionati a bassa velocità. PRESSIONE DELL’ARIA NEI CANALI In base alle pressioni operative, gli impianti vengono suddivisi in: 1) A bassa pressione per valori fino a 900 Pa (100 mm circa di c.a.). 2) A media pressione per valori compresi tra 900 e 1700 Pa (100-170 circa mm c.a.). 3) Ad alta pressione per valori compresi tra 1700 e 3000 Pa (170-300 circa mm c.a.). Questi valori si riferiscono naturalmente alla pressione totale ed abbracciano tutte le perdite di carico e cioè quelle nei canali, nella centrale di trattamento e nei diffusori. MOTO DELL’ARIA NEI CANALI La pressione totale di un ventilatore deve essere uguale, come detto precedentemente, alle perdite di carico complessive che l’aria incontra nel suo percorso fino all’ambiente da condizionare. Il movimento dell’aria in un canale per passare da un punto ad un altro è funzione della differenza di pressione totale esistente fra i due e avviene nel senso delle pressioni decrescenti. Le pressioni, relative a quella atmosferica, sono misurate in Pa [mm c.a.]. La pressione totale è la somma di quella statica con quella dinamica. La pressione statica è quella che viene esercitata dall’aria perpendicolarmente alle pareti del condotto. In altre parole, è quella pressione che farebbe “gonfiare” le pareti del canale se questo fosse realizzato in materiale elastico. La pressione dinamica è equivalente all’energia cinetica posseduta dall’aria per il suo movimento. Varia quindi con la velocità con cui l’aria percorre il condotto. Il movimento dell’aria in un canale si verifica con perdite di carico dovute agli attriti ed ai moti turbolenti, perdite di carico che debbono essere compensate dalla pressione totale disponibile. Procedendo nel senso del flusso dell’aria, la pressione totale, a causa delle perdite di carico, diminuisce continuamente. Lungo il canale, in qualsiasi punto, può verificarsi una trasformazione della pressione statica in dinamica e viceversa. Questa trasformazione si verifica in corrispondenza dei cambiamenti della sezione trasversale del canale: cambiamenti che, restando costante la portata, alterano, in più o in meno, la velocità dell’aria. Nella figura 1 al punto B il canale subisce un restringimento. La portata rimane costante, ma aumenta la velocità e si verifica una diminuzione della pressione statica con conseguente aumento di quella dinamica. Nel punto D il canale ritorna alla sua sezione originaria. La velocità diminuisce, si riduce la pressione dinamica ed aumenta quella statica. In tutte queste trasformazioni, a causa delle perdite dovute a fenomeni di turbolenza, la trasformazione in un senso o nell’altro non si realizza al 100%, ma al 75% circa. Flusso dell’aria A Pressione totale Pressione statica B C D E F Pressione dinamica Pressione atmosferica Figura 1. Variazioni e trasformazioni delle pressioni lungo un canale distribuzione 152 HL@GD<EKJ Components SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA PRINCIPI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA IN AMBIENTI CIVILI Equipments La corretta diffusione dell’aria in ambiente è una delle componenti principali per ottenere le volute condizioni di benessere. Infatti, tra le maggiori cause di disagio in ambiente vi sono: a) velocità eccessiva dell’aria (correnti); b) disuniforme distribuzione del flusso d’aria rispetto ai carichi termici presenti, positivi o negativi; c) variazioni eccessive della temperatura ambiente sul piano verticale o orizzontale. Esse possono ascriversi ad una impropria progettazione o realizzazione del sistema di distribuzione e/o diffusione dell’aria. Le correnti d’aria sono definite come sensazioni localizzate di caldo o di freddo, in una qualsiasi zona del corpo, dovute al movimento e alla temperatura dell’aria, in condizioni di umidità relativa e temperatura radiante media costante. Per rendere conto della sensazione di caldo o di freddo dovuta alla corrente, I’ASHRAE ha introdotto un apposito parametro: la temperatura effettiva (di corrente) che viene determinata con l’equazione seguente: te (tx – tc) – a · (Vx – b) dove: te = temperatura effettiva di corrente, °C tx = temperatura locale a b.a. del flusso d’aria, °C tc = temperatura media dell’ambiente, b.a., °C Vx = velocità locale del flusso d’aria, m/s a =8 b = 0,15 Una serie di ricerche ha dimostrato che una rilevante percentuale di persone si trovano in condizione di benessere durante lo svolgimento di attività sedentarie (lavori d’ufficio) quando la temperatura effettiva di corrente è compresa tra -1,7 °C e +1,1 °C e la velocità dell’aria risulta inferiore a 0,35 m/s. Le correnti risultano comunque più fastidiose in inverno che in estate. Per contro, velocità dell’aria eccessivamente ridotte da 0,08 m/s in giù danno luogo a sensazioni di aria stagnante (altrettanto fastidiose sia pure per ragioni opposte) e, quindi, da evitare. In realtà una velocità dell’aria ideale per il benessere delle persone è intorno a 0,13 m/s ma, nella maggior parte dei casi, tale valore risulta difficilmente attuabile. Anche la differenza di temperatura tra un locale e l’altro interviene con una ben definita importanza ai fini del benessere: in genere è tollerata una differenza massima di 1,5 °C. Tali differenze risultano più fastidiose in inverno che in estate. Sul piano verticale, per persone sedute che svolgono attività sedentaria, la differenza di 2 °C tra pavimento (piedi) e bacino provoca disagio nel 10-20% dei casi. Non ultima va considerata la direzione con cui il flusso d’aria investe la persona. L’esperienza indica che l’optimum si verifica quando l’aria è diretta verso il viso. Se l’aria investe lateralmente la testa la sensazione che ne deriva è meno gradevole e, infine, se investe la nuca – sia pure con velocità ammesse – si determinano diffuse condizioni di disagio. Un lento movimento dell’aria verso il basso risulta in generale accettabile mentre le correnti ascensionali risultano più fastidiose. Le principali normative di riferimento sono state tradizionalmente quelle ASHRAE 55-1981. Rispetto ad esse le DIN 1946, Foglio 2, impongono requisiti più stringenti che meglio rispondono ad esigenze europee. La diffusione dell’aria in ambiente è stata effettuata, fino ad oggi, mediante i sistemi seguenti: – bocchette a parete, in prossimità del soffitto; – diffusori a soffitto, a sviluppo circolare e quadrato/rettangolare; – diffusori lineari. Di recente a questi sistemi se ne sono aggiunti altri, sviluppati soprattutto nei Paesi del Nord Europa e in grado di rispondere alle norme DIN richiamate: – diffusori a flusso turbospiroidale, o rotante, o “twist” da soffitto e parete, a geometria variabile e non; – diffusori a getti radiali spiraliformi da soffitto; – diffusori lineari a getti multipli separati; – diffusori a getti rotanti da pavimento. In realtà si vanno affermando nuovi principi per la diffusione dell’aria con conseguenti nuovi sistemi impiantistici. Essi trovano impiego soprattutto in ambienti civili di tipo commerciale (uffici, alberghi, ristoranti, atrii, ecc.). Speciali versioni consentono altresì la diffusione dell’aria in ambienti dal soffitto alto (oltre 4 m), quali palazzetti dello sport, locali industriali, grandi aree coperte, ecc. Per applicazioni destinate a teatri, sale conferenza, aule universitarie, ecc. sono stati inoltre sviluppati dei sistemi che privilegiano il controllo del microclima individuale: – con diffusione da spalliera di poltrona, – con diffusione da piede di poltrona. Come alternativa sono stati sviluppati ugelli a lunga gittata, con livelli sonori particolarmente bassi, quando non è realizzabile il controllo del microclima individuale. Di seguito sono riassunte le caratteristiche dei più comuni sistemi di diffusione d’aria tradizionali e della nuova generazione. DIFFUSIONE DELL’ARIA MEDIANTE BOCCHETTE DI MANDATA Le bocchette vengono installate a parete in prossimità del soffitto. Esse sono idonee per la diffusione di aria fredda in ambiente e, altresì, di aria calda in zone con climi temperati. II loro impiego dovrebbe avvenire con differenziali di temperatura non superiori a 15 °C in regime di riscaldamento. Le prestazioni delle bocchette vengono influenzate da diversi fattori. distribuzione HL@GD<EKJ 153 SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA Posizione delle alette direzionali Le alette, se diritte, danno origine ad un angolo di divergenza su ogni piano di circa 19°. Se le alette sono in posizione convergente danno ancora luogo ad una divergenza di 19° ma con una gittata maggiore di circa il 15%. Ciò è dovuto all’addensamento dei filetti fluidi al centro del flusso d’aria, dove la dissipazione dell’energia cinetica avviene in modo più lento. Ne consegue perciò l’aumento di gittata. Dalle bocchette non è quindi possibile ottenere un flusso d’aria con una divergenza inferiore a 19°. In posizione divergente le alette accentuano la diffusione laterale e detengono una notevole influenza sulla direzione della gittata. Ad esempio, ponendo le alette verticali estreme a 45° e tutte le altre secondo angoli intermedi a ventaglio, l’angolo di divergenza del flusso d’aria sul piano orizzontale sarà di 60°: in tali condizioni la gittata risulta quasi dimezzata. Poiché la sezione libera di uscita della bocchetta viene in tal modo leggermente ridotta, anche la portata d’aria sarà leggermente inferiore a quella che si determinerebbe con alette parallele (vedi figura 2). Quando invece le alette risultano disposte secondo angoli maggiori di 45° la portata d’aria in uscita subisce una riduzione notevole. È possibile disporre tutte le alette parallele tra loro ma imponendo una certa angolatura con il piano della bocchetta. L’aria si diffonderà ancora secondo un angolo di 19° ma la direzione di diffusione sarà diversa rispetto all’asse della bocchetta stessa (vedi figura 3). 3 3 9 18 m 0 3 3 Alette parallele Angolo di deflessione 0° 3 6 12 m 0 3 3 3 9m 0 3 Deflessione 20° Riduzione lancio L x 0.88 3 4m 0 Deflessione 40° Riduzione lancio L x 0.81 3 Deflessione 55° Riduzione lancio L x 0.72 Figura 2. Divergenza del flusso d’aria emesso da una bocchetta su un piano orizzontale in funzione dell’angolo diapertura, o deflessione, delle alette verticali. Si evidenzia altresì la riduzione digittara (o lancio) conseguente all’aumentare dell’angolo di apertura delle alet­te stesse Piano orizzontale Figura 3. Orientazione del flusso d’aria su un piano orizzontale da parte di una bocchetta mantenendo tutte le alette parallele tra loro ma con un certo angolo rispetto all’asse della bocchetta stessa Montaggio delle bocchette Le bocchette sono progettate per effettuare la diffusione nell’ipotesi che l’aria in arrivo abbia velocità, pressione e direzione comprese entro certi valori. Nella pratica possono presentarsi diverse situazioni di installazione. Il caso più comune è quello di un lungo tratto di canale diritto sul quale prevedere delle bocchette; l’applicazione può avvenire come segue: – bocchette montate direttamente su una parete del canale stesso. E una soluzione non raccomandata ma tollerabile se il numero delle bocchette è limitato (es. 2 o 3) e quando ciascuna bocchetta è dotata di serranda di regolazione. In effetti le condizioni del flusso di aria emesso possono venire sensibilmente alterate (vedi figura 4); – come sopra, ma per un maggior numero di bocchette. Ciascuna di esse dovrà quantomeno essere dotata di serranda captatrice direttamente accoppiata. Anche questa è, comunque, una soluzione non raccomandata; – bocchette montate su canotto, prive di serranda direttamente accoppiata, ma servite da serranda captatrice con regolazione indipendente delle alette. distribuzione 154 HL@GD<EKJ Components SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA VB Canale Equipments Flusso d’aria VA VC VA Velocità dell’aria nel canale VB Velocità dovuta alla pressione a monte dell’uscita VC Velocità d’uscita dell’aria risultante Figura 4. Velocità dell’aria in uscita da una bocchetta montata direttamente sulla parete del canale Questo tipo di serranda conferisce all’aria di mandata entro il canale una deviazione con angolo a 90° verso la bocchetta. Si tratta della soluzione di gran lunga migliore rispetto alle precedenti che assicura una diffusione dell’aria della massima uniformità e regolarità in ambiente (vedi figura 5). Andamento del flusso d’aria nelle bocchette In regime di raffreddamento l’aria totale discende nella zona occupata ad una certa distanza dalla bocchetta, distanza che dipende dalla portata, velocità di effiusso, deflessione delle alette, effetto soffitto, differenziale di temperatura e caratteristiche dei carichi termici in ambiente. Figura 5. Montaggio di una bocchetta su canotto servita da una serranda captatrice ad alette orientabili Nella figura 6 è rappresentata una condizione di gittata eccessiva: l’aria totale cade lun­go la parete opposta e fluisce lentamente per un certo tratto sul pavimento. E questa una condizione da evitare poiché la zona in cui discende l’aria totale è contraddistinta da velocità elevate e da riduzioni di temperatura. Lungo la parete (e per una distanza da essa di 10 cm) si possono rilevare velocità tra 0,5 e 0,75 m/s. In fase di riscaldamento l’aria calda totale tende a salire portandosi verso il soffitto. Ne consegue la produzione di una zona stagnante al di sopra del pavimento e fino ad una certa altezza (vedi figura 7). Tra la zona stagnante e la zona soprastante, in cui è mantenuta l’aria totale, le differenze di temperatura sono modeste. Ciò conferma che l’aria in tale regione è uniformemente miscelata. e ion iaz e rad solar Zone occupate Zona stagnante ESTATE Figura 6. Condizione di gittata eccessiva da parte di una bocchetta in regime di raffreddamento estivo. Sulla parete opposta si determinano correntifredde discendenti INVERNO Figura 7. Formazione di una zona stagnante in ambiente durante il riscaldamento invernale per effetto della stratificazione dell’aria calda emessa dalla bocchetta distribuzione HL@GD<EKJ 155 SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA Si riscontrano invece elevati gradienti di temperatura tra il pavimento e la zona stagnante. In tali condizioni una gittata uguale alla lunghezza del locale può risultare favorevole. Una gittata lunga determina una caduta dell’aria calda lungo la parete, e da qui sul pavimento in modo da contrastare la stratificazione nella zona stagnante. Gli elementi architettonici dei locali o dell’edificio sono determinanti per la scelta di uno schema di distribuzione dell’aria. Limitazioni fisiche, dovute a muri, travi, colonne, ed elementi vari, possono impedire il montaggio delle bocchette nella posizione ottimale. Le bocchette devono venire disposte preferibilmente in alto quando il soffitto è libero da ostacoli, ma non troppo vicine ad esso per evitare imbrattamento da parte dell’aria secondaria trascinata. La distanza dovrebbe essere pari ad almeno due volte l’altezza della bocchetta. Quando il flusso d’aria possa venire intercettato da travi o da altri ostacoli, si raccomanda di abbassare la bocchetta, anziché orientare le alette orizzontali verso il basso ad evitare che il flusso d’aria entri con una velocità eccessiva nella zona occupata (vedi figura 8). d 2d Zona occupata l 2l Figura 8. Accorgimenti da seguire nel caso di ostacoli sul flusso d’aria emesso dalla bacchetta. Per evitare di produrre correnti nella zona occupata, è necessario abbassare la posizione della bocchetta anziché inclinarne le alette orizzontali verso il basso. DIFFUSIONE DELL’ARIA MEDIANTE DIFFUSORI CIRCOLARI O MULTIDIREZIONALI 3 ∆t = 0 °C Caduta Caduta [m] I diffusori a soffitto di tipo circolare con flusso d’aria radiale presentano moderate gittate (definite come raggi di diffusione) ed elevati rapporti di induzione che producono rapide equalizzazioni di temperatura tra aria primaria e secondaria. Al confronto le bocchette presentano lunghe gittate ma rapporti di induzione più modesti. Come conseguenza i diffusori in genere (circolari, quadrati o rettangolari) si caratterizzano per la capacità di fornire all’ambiente portate d’aria più elevate, capacità utile in tutti quei casi in cui siano richieste velocità residue comprese tra 0,13 e 0,18 rn/s. I diffusori consentono altresì di lavorare in regime di raffreddamento con temperature dell’aria di mandata molto ridotte, perciò con differenziali di temperatura anche fino a 17 °C. I diffusori presentano uno spiccato effetto soffitto (quando montati a filo): il flusso d’aria viene diffuso senza soluzione di continuità sui 360° e tende a mantenersi aderente al soffitto contrastando la tendenza alla caduta. Il profilo della distribuzione dell’aria, ottenibile da un comune diffusore circolare, è delineato nella figura 9 (diametro nominale, corrispondente al diametro del collo del diffusore di 300 mm, e portata d’aria nominale di 400 L/s (1.450 m3/h), con velocità dell’aria al collo del diffusore di 5,7 m/s). La figura definisce i profili del flusso d’aria ai diversi differenziali di temperatura e gli effetti di questi ultimi sulla caduta dell’aria stessa in ambiente. Si può inoltre rilevare come per le normali applicazioni di condizionamento un differenziale di 11 °C sia da considerarsi ottimale, perché la velocità del flusso dell’aria si riduce a 0,25 m/s immediatamente prima che quest’ultimo arrivi a lambire la zona occupata. ∆t = 5,5 °C ∆t = 11 °C ∆t = 16,5 °C 0,25 m/s Zona occupata 1,5 0 Raggio minimo Raggio medio Raggio massimo 1,5 3 4,5 [m] Figura 9. Profili tipici de/flusso d’aria emesso da un diffusore a soffitto in funzione di diverse differenze di temperatura tra aria ambiente e aria di mandata. Si può constatare che la gittata si riduce ed aumenta la caduta con l’aumentare della differenza di temperatura distribuzione 156 HL@GD<EKJ Components SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA I diffusori circolari possono venire montati su canali a vista e in tale caso non usufruiscono dell’effetto soffitto. Il flusso d’aria viene a contatto con l’aria ambiente anche nella parte superiore, oltre che in quellaEquipments inferiore; ciò produce un trascinamento più spiccato d’aria secondaria, la quale, però, contribuisce a ridurre l’energia cinetica dei filetti fluidi, con una diminuzione di gittata intorno al 33% rispetto al funzionamento a filo soffitto. In questi casi viene ridotto il differenziale di temperatura tra 8 e 11 °C per limitare la caduta. Il suddetto effetto è talvolta ricercato nei locali alti dove notevoli sono i fenomeni di stratificazione. Il diffusore montato su canali a vista dimostra una caduta più accentuata espressamente prevista. I diffusori possono essere realizzati per andamento regolabile del flusso d’aria, variando la posizione dei coni concentrici da cui sono costituiti. Il flusso d’aria può così venire modificato da “tutto orizzontale” (in regime di condizionamento) a “tutto verticale” (in regime di riscaldamento). Nelle applicazioni su canali a vista l’andamento del flusso d’aria può venire variato con maggiore libertà per l’assenza dell’effetto soffitto. L’andamento del flusso d’aria emesso dai diffusori a soffitto subisce l’effetto delle condizioni ambientali. Nella figura 10 è rappresentata una normale situazione con diffusore installato a soffitto. Nel regime di condizionamento estivo il flusso d’aria dimostra un andamento caratteristico. Il lobo di sinistra, verso la parete esterna esposta al sole, viene contrastato dalla corrente d’aria calda che risale per convezione la parete stessa. La caduta del flusso d’aria fredda si verifica quindi prima che venga raggiunta la parete. Sul lato opposto l’aria totale raggiunge la parete interna, non riscaldata e ne discende per un certo tratto verso il pavimento. In questo modo le variazioni di temperatura nell’ambiente sono contenute al minimo e difficilmente si determinano zone stagnanti. Invece la massima velocità dell’aria e le massime variazioni di temperatura si verificano all’interno e in prossimità dell’inviluppo d’aria totale. La zona di caduta diviene molto importante poiché è in essa che si producono elevate tem­perature effettive di corrente. Per tale ragione diviene necessario determinare di quanto l’aria cada verso il basso prima che velocità e temperatura raggiungano valori accettabili. In regime di riscaldamento si producono condizioni simili a quelle esaminate per le bocchette, con zone stagnanti verso il centro del locale (vedi figura 11). Valgono le considerazioni già fatte. Diverso è l’andamento del flusso d’aria modificato per proiezione verticale verso il basso. In regime di raffreddamento si determina la caduta di una colonna d’aria fredda che può raggiungere il pavimento e seguirne lo sviluppo determinando delle zone stagnanti verso la parte alta del locale (vedi figura 12). In regime di riscaldamento l’aria totale raggiunge il pavimento, pur tendendo ad allargarsi e risalire verso l’alto. La parete di sinistra, esposta, risulta più fredda e determina una corrente d’aria fredda verso il basso che contrasta la tendenza del flusso d’aria calda (vedi figura 13). e ion iaz e rad solar Zona occupata Zona stagnante ESTATE Figura 10. Andamento del flusso d’aria emesso da un diffusore a soffitto in regime di raffreddamento estivo. Si rileva il diverso andamento delfiusso verso la parete investita dal sole e verso la parete interna Parete esterna INVERNO Figura 11. Formazione di una zona stagnante in ambiente in regime di riscaldamento invernale per effetto della stratificazionedell’aria calda emessa dal diffusore Parete esterna Zona stagnante Corrente d’aria fredda discendente ESTATE Figura 12. Proiezione di una colonna d’aria fredda verso il basso conformazione di correnti locali e stratificazioni nella parte alta del locale INVERNO Figura 13. Proiezione di una colonna d’aria calda verso il basso. L’aria dopo raggiunto ilpavirnento tende a risalire ma può essere contrastata da correntifredde che si generano a contatto delle pareti esterne distribuzione HL@GD<EKJ 157 SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA DIFFUSIONE DELL’ARIA MEDIANTE DIFFUSORI LINEARI Lo sviluppo dei diffusori lineari è stato determinato da precisi motivi architettonici identificabili, soprattutto, in due esigenze: – consentire la neutralizzazione degli effetti dovuti alle ampie superfici vetrate, spesso impiegate negli edifici moderni; – venire incontro, in modo funzionale, ai requisiti di modularità e modificazione degli spazi degli edifici per uffici. Oltre alla risposta a tali requisiti i diffusori lineari hanno dimostrato ulteriori aspetti positivi quali l’inserimento agevole e funzionale nei moderni controsoffitti e la capacità di consentire una positiva diffusione dell’aria anche con variazione di portata. Quest’ultima caratteristica, in particolare, li ha resi di gran lunga i più utilizzati negli impianti a portata d’aria variabile. Un diffusore lineare è tale quando il rapporto tra la sua lunghezza e la sua larghezza risulta elevato. Il valore di 25 è generalmente ritenuto il limite del rapporto lunghezza/larghezza, oltre il quale un organo di immissione ricade nella categoria dei diffusori lineari. I diffusori lineari con riferimento alla superficie del soffitto si possono suddividere in due sottogruppi: – diffusori lineari a flusso perpendicolare; – diffusori lineari a flusso parallelo. Flusso orizzontale Dispositivo di deflessione flusso aria Flusso verso il basso Dispositivo di deflessione flusso aria Figura 14. Diffusore lineare tipico che consente la diffusione dell’aria sia in orizzontale, aderente al controsoffitto, sia orientata verso il basso mediante appositi deflettori (Aerservice, vedi pag. 34) Figura 15. Possibilità di deflessione del flusso d’aria da parte di un diffusore lineare (Aerservice, vedi pag. 34) I diffusori a flusso perpendicolare emettono una lama d’aria verticale, mentre i diffusori a flusso parallelo sono dotati di dispositivi di deflessione che mantengono il flusso d’aria uscente parallelo alla superficie del soffitto. Più di recente questa distinzione è venuta a cadere, o quantomeno ad attenuarsi, dato lo sviluppo dei diffusori lineari che consentono a volontà la diffusione dell’aria sia verso il basso sia parallela al piano di montaggio (vedi figura 14). Le prestazioni dei diffusori lineari sono talmente influenzate dalle caratteristiche e dalle soluzioni costruttive adottate dai vari fabbricanti che una discussione generale su di esse risulterebbe difficile; adottando tali diffusori il progettista deve quindi riferirsi espressamente ai dati pubblicati. I diffusori lineari a flusso perpendicolare risultano particolarménte adatti per installazione perimetrale a soffitto, in prossimità delle superfici vetrate. Il flusso d’aria emesso verso il basso può così contrastare gli effetti dovuti all’irraggiamento solare o alle perdite di calore per radiazione in inverno. In pratica è consigliabile installare una fila continua di diffusori lineari che distribuiscano l’aria per una lunghezza lievemente inferiore a quella della parete vetrata, poiché prove sperimentali hanno confermato che la migliore diffusione dell’aria si ottiene adottando lunghezze di diffusione attiva che non superino il 70% della lunghezza totale della parete. Ciò può essere ottenuto interponendo elementi di diffusori inattivi, normalmente disponibili. I diffusori lineari a flusso parallelo vengono applicati con accorgimenti simili a quelli seguiti per i diffusori multivie per quanto riguarda la gittata (che ricordiamo è sufficiente risulti pari ai 3/4 della lunghezza da coprire, o alla metà della distanza tra due file di diffusori attivi). I moderni diffusori lineari a soffitto sono realizzati in modelli con una o più feritoie (in genere da 1 a 4) e risultano dotati di opportuni dispositivi di deflessione del flusso d’aria (vedi figura 15). I deflettori consentono non solo di orientare il flusso d’aria verso il basso o di mantenerlo parallelo al soffitto, ma altresì di dirigerlo verso destra o verso sinistra. Con l’impiego di diffusori a due o più feritoie è possibile effettuare la diffusione dell’aria in modo da coprire ambienti anche molto ampi (vedi figura 16). In generale il flusso d’aria scaricato si mantiene aderente al soffitto fin tanto che la sua deflessione risulta inferiore a 45°. Quando tale valore viene superato, il flusso d’aria tende a cadere nell’ambiente. Nella pianificazione di diffusori lineari a soffitto, su due o più file parallele, è necessario predeterminare con accuratezza la distanza tra ciascuna coppia di file, con il valore di caduta al loro centro, nonché la distanza da pareti perimetrali con la velocità residua del flusso d’aria in prossimità della parete stessa, immediatamente prima di entrare nella zona occupata. Un esempio è riportato nella figura 17. distribuzione 158 HL@GD<EKJ Components SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA A Equipments L X H1 VE vH1 Figura 16. Possibilità di orientazione del flusso d’aria da parte di diffusori lineari, con una o più feritoie, verso uno o due lati anche in proporzioni diverse (Aerservice, vedi pag. 34) vL Figura 17. Posizionamento di diffusori lineari paralleli e parametri da valutare onde prevenire cadute d’aria fredda in ambiente dovute a scontro tra flussi d’aria opposti o presenza di pareti LA RIPRESA DELL’ARIA Nello stabilire la posizione delle griglie o degli elementi di ripresa dell’aria esistono due fondamentali esigenze da rispettare: – prevenire la formazione di cortocircuiti dell’aria di mandata; – favorire il più esteso lavaggio dell’ambiente da parte dell’aria di mandata. Ricordiamo che una delle principali cause di “sick building” è l’insufficiente ventilazione degli ambienti, da attribuirsi in numerosi casi a cortocircuiti tra la mandata e la ripresa. L’aria primaria viene in parte naspirata direttamente dal circuito di ripresa prima che possa ventilare l’ambiente. Questa constatazione dovrebbe indurre ad installare gli elementi di ripresa in posizione remota rispetto agli elementi di mandata. Purtroppo ciò non sempre è possibile, per motivi tecnici, architettonici, ecc. Tuttavia risulta indispensabile stabilire delle posizioni tra gli elementi di mandata e di ripresa tali da escludere la possibile formazione di cortocircuiti del flusso d’aria. In linea generale, per diffusori installati a soffitto o bocchette a parete, la miglior posizione per le griglie di ripresa (nei normali ambienti civili) è a piede di parete. Per le bocchette la parete stessa su cui esse risultano montate costituisce la posizione migliore. Le griglie dovrebbero risultare distribuite con uniformità per consentire il lavaggio omogeneo dell’ambiente e prevenire la formazione di correnti localizzate e zone stagnanti. Per i diffusori da pavimento, viceversa, la miglior posizione delle griglie di ripresa è nel controsoffitto. Avviene spesso tuttavia nel caso di diffusori a soffitto che anche la ripresa debba essere prevista attraverso il soffitto stesso. Di seguito esamineremo i requisiti per la posizione di griglie di ripresa a parete e di elementi nel controsoffitto. Griglie di ripresa a parete Per ciascun locale o zona è necessario stabilire il numero necessario di griglie di ripresa o di transito. Allo scopo si richiede di considerare i seguenti fattori: – velocità dell’aria ammissibile nella zona occupata; – perdita di carico massima ammissibile per il passaggio dell’aria; – rumore prodotto. L’aria muove verso le griglie di ripresa da tutte le direzioni sì che la sua velocità si riduce sensibilmente con la distanza. Si può supporre che l’aria si avvicini alle griglie secondo porzioni di superfici sferiche (vedi figura 18). m 0,6 V = 0,05 m/s m 0,25 V = 0,2 m/s m 0,15 V = 0,8 m/s Figura 18. Andamento della velocità dell’aria inprossimitàdi una griglia di ripresa per una velocità frontale di 2,5 m/s. distribuzione HL@GD<EKJ 159 SISTEMI DI DIFFUSIONE DELL’ARIA Tabella 1. Velocità massima dell’aria attraverso le griglie di ripresa e di transito Destinazione o ubicazione Griglie di ripresa Ambienti industriali Ambienti commerciali: Velocità max frontale, m/s sopra la zona occupata entro la zona occupata: lontano da posti a sedere vicino a posti a sedere in corridoi Ambienti residenziali e alberghi Serrande di sovrapressione Ambienti industriali Ambienti commerciali Griglie su porte Pressione statica 4,0 e oltre 4,0 3,5 1,5 3,5 3,0 5,0 e oltre 1,5 - 2,0 a monte oltre Pa 6,0 12,5 25 60 mm C.A. 1,5 2,0 2,5 3,0 La velocità frontale è riferita alla sezione lorda della griglia La superficie di tali porzioni varia secondo il quadrato del raggio. Il pericolo di correnti moleste è perciò limitato al caso di persone in prossimità delle griglie stesse. In tali circostanze la velocità di attraversamento non deve superare 1,5 m/s. Nella tabella 1 sono indicati valori di velocità di attraversamento delle griglie per applicazioni diverse. Le griglie stesse dovrebbero essere posizionate in prossimità di zone stagnanti per consentire un movimento dell’aria con le velocità raccomandate anche in tali punti. Esse non dovrebbero mai venire poste in prossimità di aperture comunicanti con l’esterno, per prevenire il rischio di un carico maggiore sulla macchina di condizionamento a causa dell’aria indotta. Le griglie di aspirazione di tipo più comune a parete sono a sviluppo quadrato o rettangolare, realizzate in acciaio o in alluminio anodizzato, con alette orizzontali, nervate, con inclinazione di 45° (vedi figura 19). Il passo delle alette può essere di 5, 50 o 100 mm. Le dimensioni più comuni (bxh) vanno in generale da 400x300 mm fino a 1000x800 mm; ovviamente sono pure disponibili grandezze maggiori. Le griglie di ripresa possono essere equipaggiate con reti antitopo e serrande di taratura. Per ripresa attraverso porte si impiegano comunemente griglie di transito, con un particolare profilo dell’alettatura che può impedire il passaggio della luce. Le griglie possono essere dotate di opportuni controtelai per un’idonea finitura estetica e per adattarsi a diversi spessori di porta. Le dimensioni standard (bxh) vanno in generale da 300x100 mm a 600x300 mm. La realizzazione può essere in alluminio, estruso e anodizzato, o in acciaio stampato e verniciato. Figura 19. Griglia di ripresa tipica per installazione a parete con viti a vista, in alluminio anodizzato (Aerservice, vedi pag. 56) Elementi di ripresa a soffitto Gli elementi di ripresa a soffitto mantengono di solito il medesimo aspetto esteriore dei diffusori, ma risultano privi, ovviamente, di tutti gli eventuali dispositivi di regolazione di questi ultimi. Gli elementi di ripresa possono così presentarsi a sviluppo lineare, circolare, quadrato e rettangolare. La loro posizione rispetto ai diffusori andrà prevista in modo tale che essi non risultino entro la gittata dei diffusori stessi. I valori di gittata andranno verificati sui cataloghi dei fabbricanti onde stabilire la distanza degli elementi di ripresa. Tutto ciò risulta abbastanza automatico nel caso dei diffusori d’aria tradizionali. Diversa è invece la situazione per i diffusori a flusso turbospiroidale. In questi casi la minima distanza da osservare non è riferita ad una vera e propria gittata che per questi diffusori non ha lo stesso significato di quelli tradizionali, dato il comportamento dei getti d’aria scaricati. In genere si raccomanda una distanza minima fra diffusore e presa di m 1,2-1,5 se risultano entrambi installati a filo del controsoffitto. Nei casi, in generale più rari, in cui il diffusore sia installato al di sotto dell’elemento di ripresa, ribassato cioè di almeno 38-40 mm, l’elemento di ripresa può essere previsto anche in stretta prossimità del diffusore. È comunque opportuno tenere sempre presente che l’elemento di ripresa, nell’economia dell’impianto, presenta un’importanza non minore del diffusore e per tale ragione la sua posizione deve essere scelta con la medesima attenzione di quella dedicata al diffusore medesimo. distribuzione 160 HL@GD<EKJ Components RUMORE E VIBRAZIONI EFFETTI DEL RUMORE SULL’ORGANISMO UMANO Equipments Cenni di anatomia e fisiologia dell’apparato uditivo L’organo sensoriale periferico preposto alla funzione uditiva è l’orecchio, che percepisce le variazioni di pressione sonora presenti nel mezzo di trasmissione. Gli organi dell’udito delle diverse specie viventi sono abbastanza simili, si differenziano principalmente per la gamma di frequenze percepite. Basti pensare che mentre l’essere umano percepisce suoni nell’ambito dei 20-20.000 Hz, il cane riesce a sentire dai 15 ai 50.000 Hz e il delfino dai 150 ai 140.000 Hz. L’apparato uditivo umano si suddivide in tre parti distinte: orecchio esterno, orecchio medio, orecchio interno, ognuna delle quali ha diverse funzioni fisiologiche (figura 20). Orecchio esterno È costituito dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno chiuso all’estremità interna dalla membrana timpanica. Il padiglione auricolare, costituito da una sottile lamina di cartilagine elastica, ha come principale funzione quella di convogliare le onde sonore incidenti all’interno del condotto uditivo. Questo ha una lunghezza di circa 25 mm e, per le sue caratteristiche fisiche, fa sì che le onde sonore subiscano (a particolari frequenze) una notevole amplificazione, entrando infatti in risonanza intorno ai 4000 Hz. Un fenomeno analogo si può riscontrare nello studio di cavità chiuse a una estremità come nel caso dell’organo a canne. Il rapporto tra il segnale acustico che perviene alla membrana timpanica e quello del segnale all’imbocco del condotto ci fornisce, come illustrato in figura 21, il valore dell’amplificazione ottenuta. Si noti che intorno ai 4000 Hz questa è pari a 10-12 dB (3-4 volte il segnale di ingresso). Ossicini Padiglione auricolare Canali semicircolari Vestibolo dell’orecchio interno Membrana timpanica Nervo acustico Coclea Condotto uditivo Tromba di Eustachio Orecchio medio Figura 20. Sezione dell’orecchio umano: A) orecchio esterno, B) orecchio medio; C) orecchio interno P1 5 Rapporto P1/P0 4 3 2 1 100 200 500 1K 2K 5K 10K Frequenza Hz 20K 40K Figura 21. Amplificazione introdotta dalla risonanza del condotto uditivo esterno distribuzione HL@GD<EKJ 161 RUMORE E VIBRAZIONI Orecchio medio Questa sezione del sistema uditivo è contenuta in una cavità ossea e comprende: la catena ossiculare (martello, incudine, staffa), la tromba di Eustachio, i muscoli dello stapedio ed il Tensor Timpani, le cellule mastoidee e la finestra ovale. La membrana timpanica, sollecitata dalle onde sonore portate dal condotto uditivo, trasmette l’oscillazione alla catena ossiculare e questa, attraverso un sistema di leve viene ritrasmessa alla membrana ovale. Si ottiene così una amplificazione di tipo meccanico di circa 90 volte il segnale di ingresso (il solo rapporto di superficie tra la membrana timpanica e quella ovale è di circa 30 volte) che compensa in parte la perdita di energia nel passaggio da aria, ossicini, liquidi labirintici. La funzione dei muscoli è condizionata al livello di rumore: superato un certo valore i muscoli si contraggono aumentando la rigidità della catena di trasmissione. Attraverso questo meccanismo di difesa viene attenuata la trasmissione di energia con dei tempi di intervento varianti da circa 200 m/sec. a 500 m/sec. La pressione interna alla cassa del timpano viene mantenuta in equilibrio con quella esterna attraverso la tromba di Eustachio, un condotto di circa 40 mm rivestito di mucosa che mette in comunicazione l’orecchio medio con la rinofaringe. Orecchio interno È costituito da una serie di cavità presenti nella parte ossea note come “labirinto osseo”. La parte che ci interessa è solo quella anteriore del labirinto, ovvero la “chiocciola” (chiamata anche coclea), perché è quella deputata alla trasformazione del rumore in sensazione. La coclea si può immaginare come un tubicino di lunghezza 30-35 mm avvolto a spirale su se stesso che assume in questo modo la forma di una chiocciola. È divisa in due parti da una spirale ossea chiamata membrana basilare. Su questa membrana poggia l’organo del Corti che si sviluppa sull’intera lunghezza della membrana stessa. L’organo del Corti è costituito da cellule di sostegno e cellule sensoriali (chiamate cellule ciliate per la loro forma). Nella chiocciola vi sono dei liquidi a cui vengono trasmesse le sollecitazioni sonore esterne iaverso la catena ossiculare. Le oscillazioni pressorie di questi liquidi vengono tradotte in segnali bioelettrici dal movimento delle cellule ciliate, e portate al sistema nervoso centrale dall’VIII paio di nervi cranici. La sensibilità delle cellule ciliate alle varie frequenze è una funzione della locazione fisica delle stesse sull’organo del Corti. In figura 22 viene illustrata questa sensibilità in funzione della distanza delle cellule dalla finestra ovale. Bisogna specificare che la vera e propria discriminazione della frequenza non avviene a livello cocleare, come si potrebbe pensare in prima istanza, bensì a livello corticale. esposizione prolungata a intensi rumori, costituiti da un certo spettro di frequenza, provoca un affaticamento delle cellule ciliate contenute in quelle particolari aree stimolate. Con il tempo si arriva alla distruzione delle cellule ciliate le quali non sono rigenerabii dall’organismo umano e di conseguenza a una perdita uditiva irreversibile. Martello Incudine Scala vestibolare Staffa Membrana basilare Finestra ovale Membrana timpanica Finestra rotonda Scala timpanica Risposta relativa 20 0 5 10 15 Elicotrema 20 25 30 32.5 15 8 KHz 6 KHz 4 KHz 10 2 KHz 5 0 0 5 10 15 1 KHz 600 Hz 20 25 300 Hz 30 32.5 Distanza dalla membrana timpanica in mm Figura 22. Comportamento delle diverse zone de/la membrana basilare a diverse sollecitazioni sonore. Sensazione sonora La catena dei processi che rendono possibile “udire” è caratterizzata da un funzionamento molto più complesso di quanto sopra esposto. Le approssimazioni sono state introdotte per rendere più semplice la comprensione del meccanismo sensitivo Dal punto di vista funzionale l’orecchio umano è un organo molto efficente con caratteristi­che di risposta molto particolari: – è in grado di operare un’analisi estremamente selettiva delle frequenze (anche variazioni di pochi Hertz); – percepisce una vasta gamma di livelli sonori (anche pressioni inferiori miliardi di volte alla pressione atmosferica); – riesce a udire nel medesimo istante suoni diversi (per es. un concerto musicale), proprietà che viene definita “facoltà risolutiva dell’orecchio”; – può localizzare la provenienza del rumore grazie all’udizione binauriale; distribuzione 162 HL@GD<EKJ Components RUMORE E VIBRAZIONI – a causa della non linearità degli spostamenti vibratori della perilinfa vengono aggiunte, alle armoniche insite nel suono proveniente dall’esterno, altre frequenze di origine soggettiva. Queste frequenze sono multipli o combinazioni (somma o differenza) delle frequenze soggettive stesse; Equipments – un’altra proprietà derivante dalle caratteristiche fisiche della membrana basilare è la cosiddetta “proprietà di mascheramento”, per cui in presenza di un tono puro (un’onda di pressione di tipo sinusoidale) la percezione di altri suoni contemporanei a frequenze adiacenti risulta diminuita; – la sensazione sonora non è la stessa per suoni di uguale intensità e differente frequenza. Questo è dovuto principalmente alla non uniformità dello spessore della membrana basilare e, dato che a frequenze diverse vengono interessate zone diverse della superficie della membrana, le deformazioni dinamiche prodotte saranno diverse. Per valutare il rapporto esistente tra il fenomeno sonoro, strumentalmente rilevabile e con caratteristiche fisiche note e la reazione umana a tale stimolo, non è possibile applicare alcu­na legge matematica. 140 130 130 120 120 110 110 100 90 100 90 80 80 70 70 60 60 50 50 40 40 30 30 20 20 Soglia uditiva 10 0 20 Hz 30 40 60 80 100 10 Phon 200 300 400 600 800 1000 2 KHz 3 4 6 8 10 15 Figura 23. Curve di ugale sensazione sonora (isofoniche) Uno dei primi tentativi di trovare una relazione tra questi due fattori fu la formulazione della legge psicofisica di Weber-Fechner che legava lo stimolo sonoro alla sensazione umana secondo una legge logaritmica. Collegando questa legge con la diversa sensibilità umana alle varie frequenze si arrivò alla definizione del “phon” che veniva rappresentato matematicamente da un algoritmo e grafiamente attraverso una serie di curve (figura 23). Successivamente queste curve vennero riportate nella raccomandazione ISO R226 in cui vengono indicate come curve isofoniche, cioè curve di uguale sensibilità. La costruzione di queste curve fu eseguita sottoponendo una certa popolazione di soggetti normoudenti a stimolazione sonora. Prima veniva generato un suono di frequenza pari a 1000 Hz e, successivamente, si ricercava per le altre frequenze la stessa sensazione sonora variandone il livello di pressione sonora. Delle curve così trovate la più bassa costituisce la soglia uditiva umana. Un particolare da notare è l’appiattimento della sensazione umana al crescere del livello sonoro, dovuto in gran parte all’irrigidimento dei muscoli interni all’orecchio medio a scopo tutelativo. Bisogna evidenziare inoltre come queste curve possono essere utilizzate, in un raffronto con un rumore reale, solo nel caso in cui questo abbia prevalentemente le seguenti caratteristiche: componenti tonali pure, tipo di propagazione sonora piana, assenza di riflessioni. Queste curve, nonostante i limiti di applicabilità, rimangono comunque importanti per eventuali raffronti con audiogrammi al fine di stabilire un eventuale abbassamento della soglia uditiva (ipoacusia) dovuta ad eventi traumatici. Potranno esistere delle variazioni individuali nella soglia uditiva per cui anche soggetti delle stessa età avranno delle differenze di più o meno 10 dB; inoltre con l’aumentare degli anni si verifica una “presbiacusia”, cioè un innalzamento della soglia uditiva dovuta all’invecchiamento degli organi. Un altro fattore di fondamentale importanza nella sensazione umana sono i tempi di risposta dell’apparato uditivo, perché questi determinano delle notevoli variazioni al livello sonoro avvertito. Un livello sonoro di durata inferiore ai 200 m/sec. appare meno intenso che non lo stesso livello di rumore continuo. Esiste quindi un reale pericolo per il personale esposto a questi transienti perché, pur non percependo il rumore come dannoso, gli organi dell’apparato uditivo possono ugualmente subire gravi lesioni. distribuzione HL@GD<EKJ 163 RUMORE E VIBRAZIONI DANNO UDITIVO Possiamo fare una prima distinzione a seconda che gli effetti del rumore coinvolgano o meno l’apparato uditivo, quindi avremo effetti sul sistema uditivo ed effetti extrauditivi. Effetti sul sistema uditivo I veri e propri danni recati all’apparato uditivo sono legati sia al livelo di rumore, sia al tempo di esposizione. Vi sono impulsi di breve durata e di alto livello capaci di lacerare la membrana timpanica (questo può avvenire per livelli di picco superiori ai 150 dB). Questo tipo di ipoacusia traumatica è comunque abbastanza rara, in genere l’innalzamento della soglia uditiva è da legarsi al periodo di esposizione. Per brevi periodi di esposizione questo innalzamento può essere solo momentaneo, riassestandosi dopo un certo tempo di riposo, mentre se viene protratta l’esposizione allora è prevedibile una perdita. In tabella 2 viene evidenziato il rischio di perdita dell’udito in funzione degli anni di esposizione (i dati sono tratti dalla raccomandazione ISO 1999). Tabella 2. Percentuale di rischio di perdita uditiva in rapporto agli anni di esposizione % rischio per anni di esposizione Lp dB(A) 80 85 90 95 100 105 110 115 Lp dB(A) 80 85 90 95 100 105 110 115 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5 0 1 4 7 12 18 26 36 10 0 3 10 17 29 42 55 71 15 0 5 14 24 37 53 71 83 0 1 1 1 1 1 1 1 1 5 2 3 6 9 14 20 28 38 10 3 6 13 20 32 45 58 74 15 5 10 19 29 42 28 76 88 20 25 0 0 6 7 16 16 28 29 42 43 58 60 78 78 87 84 % di soggetti con perdita uditiva 20 25 7 10 13 17 23 26 35 39 49 53 65 70 58 88 94 94 30 0 8 18 31 44 62 77 81 35 0 9 20 32 44 61 72 75 40 0 10 21 29 41 54 62 64 45 0 7 15 23 33 41 45 47 30 14 22 32 45 58 76 91 95 35 21 30 41 53 65 82 93 96 40 33 43 54 62 74 87 95 97 45 50 57 65 73 83 91 95 97 Il parametro per classificare una persona come ipoacusico consiste nell’effettuare una media tra i livelli di soglia uditiva alle frequenze di 500 Hz, 1000 Hz, 2000 Hz e vedere se il risultato è maggiore di 25 dB rispetto a soggetti sani aventi la stessa età. Bisogna considerare che il campo di frequenza che più è coinvolto nella perdita uditiva nella stragrande maggioranza degli ambienti lavorativi non è intorno ai 1000 Hz, ma circa a 4000 Hz, dove leggendo gli audiogrammi si evidenzia il cosiddetto “buco”. Ecco quindi un primo dato da acquisire nello studio delle condizioni acustiche industriali: l’audiogramma del personale esposto ad alti livelli di rumore in modo da creare anche un archivio storico delle condizioni di salute interne a quell’ambiente. Questi dati, legati a quelli dei livelli di rumore rilevati sulle postazioni di lavoro in dB(A), ci indicheranno la priorità di intervento sul rumore generato. Mentre la dipendenza del danno uditivo provocato dagli alti livelli di rumore appare immediatamente evidente, meno evidente può essere considerata la dipendenza dal tempo di esposizione. La capacità umana al recupero della normale funzionalità uditiva, dopo l’esposizione a livelli di rumore considerevoli, è limitata e dipende dalla durata di eposizione: in condizioni di lunghe esposizioni ad alti livelli di rumore le cellule ciliate vengono irrimediabilmente danneggiate senza nessuna possibilità di riproduzione. In questo senso le raccomandazioni internazionali e le normative dei vari paesi hanno cercato di fornire dei parametri utili che tenessero conto dei due aspetti. Di fatto si sono venute a creare due opposte tendenze, sia nello stabilire quale doveva essere il limite massimo di livello sonoro continuo per le otto ore di lavoro giornaliere, sia per quello che riguarda i tempi di esposizione per livelli di rumore maggiori a quello limite per le 8 ore. Mediando i dati rilevati da vari enti autorevoli (raccomandazioni ISO, EPA e NIOSH) per quanto riguarda un’esposizione di 40 anni e per un innalzamento della soglia uditiva di 25 dB alle frequenze di 500, 1000, 2000 Hz, possiamo notare come la scelta di un livello limite pari a 90 dB(A) comporterebbe un rischio residuo del 24% della popolazione reale esposta, un livello di 85 dB(A) comporta un rischio pari al 12%, mentre per un livello di 80 dB(A) la percentuale di rischio scende al 3%. Quindi qualunque sia il livello scelto dobbiamo mettere in conto una certa perdita uditiva per una quantità considerevole di popolazione esposta. L’esposizione a livelli superiori a quelli prefissati come limite implica l’adozione di un parametro (che viene chiamato fattore di scambio q) espresso in decibel, per il quale viene a dimezzarsi il tempo di esposizione quando viene superato di questo fattore il livello limite. Per fare un esempio supponiamo di scegliere un valore limite per le 8 ore pari a 90 dB(A) e di utilizzare un fattore di scambio q =3 . Se il livello misurato in una certa postazione lavorativa è pari a 93 dB(A) vuol dire che il massimo tempo di esposizione dovrà essere di 4 ore. In tabella 3 sono riportati i valori massimi di esposizione in relazione ai diversi fattori q di scambio (3 e 5) e ai diversi livelli massimi consentiti. distribuzione 164 HL@GD<EKJ Components RUMORE E VIBRAZIONI Tabella 3. Tempi di esposizione in funzione di valori diversi di fattore di scambio e di diversi livelli sonori Equipments Ore di esposizione per valori limite dB(A) Livelli sonori 80 2,50 4,00 0,80 2,00 0,40 1,30 0,20 1,00 0,12 0,66 0,08 0,50 0,02 0,25 85 90 93 95 98 100 105 85 8,00 8,00 2,50 4,00 1,25 2,60 0,80 2,00 0,40 1,30 0,25 1,00 0,08 0,50 Fattore di scambio 90 25,00 16,00 8,00 8,00 4,00 5,20 2,50 4,00 1,25 2,60 0,80 2,00 0,25 1,00 3 5 3 5 3 5 3 5 3 5 3 5 3 5 Una particolare importanza viene rivestita dai cosiddetti rumori impulsivi che sono fenomeni sonori caratterizzati da un elevato livello di pressione sonora che si esplica in un tempo molto breve. Questi fenomeni acustici sono molto pericolosi perché non avvertibili a livello di sensazione per il loro effettivo livello. L’apparato uditivo ha dei tempi di reazione più lenti di quelli dei fenomeni impulsivi (che possono variare tra i pochi microsecondi e alcune decine di millisecondi), per cui mentre l’energia associata al fenomeno viene interamente ad interessare i vari organi, solo parte di questa viene effettivamente convertita in sensazione. Un livello di impulso di 150 dB SPL può lacerare direttamente la membrana timpanica e, come nel caso dei rumori continui, dovremo distinguere i problemi inerenti al livello e quelli dipendenti dalla quantità di impulsi. La normativa americana OSHA suggerisce una quantità massima di impulsi giornalieri di­pendente dal livello di pressione sonora misurata fonometricamente attraverso il valore di picco (tabella 4), mentre la ISO 1999 indica di elevare il valore di rumore continuo misurato in dB(A) di 10 dB(A) in presenza di rumore impulsivo Tabella 4. Criterio OSHA per il numero di impulsi giornalieri Livello dB SPL di picco Numero di impulsi tollerabili in 8 ore 140 130 120 110 100 90 100 1000 10.000 100.000 1.000.000 10.000.000 Effetti extrauditivi Questi ultimi sono i più difficili da quantificare, non essendoci dei veri e propri riscontri statistici. L’esistenza di questi effetti è dovuta all’alto numero di recettori che vengono attivati e alle conseguenti reazioni encefaliche. L’esposizione ad alti livelli di rumore ha effetti diretti sul fisico come la vasocostrizione dei vasi capillari, la diminuzione del volume della gittata cardiaca, l’aumento della frequenza del respiro e l’ostacolo della funzione respiratoria. In queste condizioni il fisico è costretto ad un notevole dispendio di energia che coinvolge anche il sistema metabolico. Il sistema nervoso può risentire di alti livelli di rumore protratti nel tempo; si è notata pure una aumentata secrezione gastrica con le conosciute possibili conseguenze (gastriti, ulcere gastriche, ulcere del duodeno, ecc.). Oltre a questi effetti diretti sull’organismo esiste tutta una serie di effetti psicologici legati agli alti livelli di rumore. La quantificazione diretta di questi effetti è difficile ed è dipendente soprattutto dai tre fattori: intensità, frequenza, andamento nel tempo del fenomeno. Gli effetti più frequentemente riscontrati sono: le insonnie, le cefalee, le difficoltà di concentrazione. Quest’ultimo problema si rende evidente in industrie con uffici immersi direttamente nell’ambiente di produzione. Per quanto riguarda gli operatori occupati nella stessa linea di produzione è da riscontrare una diminuzione della capacità lavorativa legata sia al livello di rumore sia alla sua discontinuità. In questi termini il rumore diventa un fenomeno di rischio in quanto atrofizza le reazioni umane a possibili pericoli immediati, come pure può impedire una comunicazione del pericolo e determinare infortuni attraverso incomprensioni degli ordini operativi verbali. In questo caso si parla di “mascheramento” operato dal rumore disturbante sul segnale vocale. Esso è strettamente legato al campo di frequenza interessato. Anche quando le frequenze disturbanti non sono le stesse del parlato, vi può essere una notevole influenza. distribuzione HL@GD<EKJ 165 CONDIZIONI DI BENESSERE VALUTAZIONE DEL BENESSERE TERMICO NEGLI AMBIENTI CIVILI Analizziamo ora quali sono i criteri più diffusi per la valutazione del benessere termoigrometrico. Indice ET Questo è stato il primo indice proposto per la valutazione del benessere termico. La ricerca risale al 1923 e fu promossa dall’ASHRAE (American Society of Heating, Refrigeration and Air-Conditioning Engineers). L’indice ET veniva ricavato dal confronto tra due situazioni: una di laboratorio e una reale. Si supponeva però che, in ambienti con diverse combinazioni dei parametri termoigrometrici ma con un identico valore di ET, le reazioni sul benessere termico dei soggetti presenti fossero le stesse. Il metodo è applicabile solo a soggetti con attività sedentaria e vestiario leggero. Questo indice correla tre parametri termoigrometrici: temperatura del bulbo secco, temperatura del bulbo umido, velocità dell’aria. La scelta di rilevare questi tre parametri deriva principalmente dalla semplicità del loro rilievo e dai costi contenuti delle sonde da utilizzare. Attraverso il normogramma riportato nella figura 2 è possibibile ricavare il valore di ET relativo all’ambiente misurato. Riferendoci a tale normogramma, per ricavare i valore di ET sarà sufficiente tracciare un segmento che congiunga il valore rilevato di temperatura del bulbo asciutto con il valore di temperatura del bulbo bagnato e, in relazione al valore di velocità dell’aria, leggere il valore di Temperatura Il valore di ET consigliato nel periodo invernale è di 19,5 °C e per il periodo estivo di 22 °C. Le principali limitazioni dell’indice ET sono la sopravvalutazione dell’influenza dell’umidità dell’aria alle basse temperature, la sottovalutazione di tale parametro alle alte temperature, la sottovalutazione dell’influenza della velocità dell’aria soprattutto in ambienti caldi e umidi. Per tener conto dell’influenza di eventuali sorgenti termiche radianti venne successivamente sostituita la temperatura del bulbo umido con la temperatura media radiante ottenuta dal globotermometro e l’indice che ne risultò venne chiamato CET (Corrected Effective Temperature). I valori di tale indice sono ricavabili dallo stesso normogramma della figura 24. 0,10 Veloci tà 0,5 0 dell’a ria m/ 1,0 s 2,0 3,5 0 Temperatura bulbo asciutto °C 0 10 20 10 30 40 10 20 Tem p era tura effe 20 ttiv a 30 30 40 40 0 10 20 Temperatura bulbo umido °C 30 40 Figura 24. Normogramma per ricavare il valore dell’indice ET o CET a seconda che nell’asse di sinistra venga riportato il valore della temperatura del bulbo umido o quello del globotermometro. Studi sul comfort termico svolti dalla Kansas State University L’istituto per le ricerche ambientali dell’Università del Kansas ha svolto per conto della ASHRAE numerose ricerche per quanto riguarda il benessere termoigrometrico del corpo umano su un campione significativo di 1600 studenti, correlando statisticamente i seguenti parametri: sensazione di benessere, temperatura, umidità, sesso, tempi di esposizione. Gruppi di 10 studenti (5 maschi e 5 femmine) venivano esposti a diverse condizioni termiche ambientali ottenute miscelando i diversi parametri termoigrometrici. Le variazioni dei singoli parametri erano contenute per riprodurre correttamente le condizioni di persone con attività sedentaria: la temperatura a bulbo umido veniva fatta variare tra 15,6 e 37,6 °C con incrementi di 1,1 °C, l’umidità relativa veniva fatta variare dal 15% all’ 85% con un incremento del 10% a volta, la temperatura media radiante era identica a quella a bulbo umido e la velocità dell’aria inferiore a 0,17 m/s. Dopo un periodo che andava da trenta minuti a tre ore i soggetti esprimevano la loro sensazione dividendo i giudizi raccolti in 7 categorie così riassunte: 7 = caldo; 6 = tiepido; 5 = leggermente tiepido; 4 = confortevole; 3 = leggermente fresco; distribuzione 166 HL@GD<EKJ Components CONDIZIONI DI BENESSERE 2 = fresco; 1= freddo. Equipments Dai risultati è emerso che persone che svolgono un’attività sedentaria con abbigliamento leggero (0,6 clo) esprimono un giudizio di accettabilità per valori di temperatura che variano tra i due limiti di 16,7 °C e 36,6 °C; la condizione di neutralità la si è avuta per un valore di temperatura di 26 °C e un’umidità relativa del 50%. Dato che s’è rilevata una certa differenza di sensazione ai fattori termoigrometrici tra uomini e donne, sono stati sviluppati due diversi procedimenti matematici per rappresentare il giudizio sull’ambiente dei soggetti testati. Questi procedimenti vengono differenziati anche in relazione al tempo di esposizione alle condizioni termiche ambientali (tabella 5). Tabella 5. Equazioni per calcolare il valore di sensazione secondo gli studi della Kansas University. Il parametro (t) rappresenta la temperatura del bulbo umido (in °C) mentre (P) è la pressione di vapore (in kPa). Esposizione (ore) 1,0 2,0 3,0 Sesso Equazione Maschi Femmine Media Maschi Femmine Media Maschi Femmine Media S = 0,220t + 0,233P - 5,673 S = 0,272t + 0,248P - 7,245 S = 0,245t + 0,248P - 6,475 S = 0,221t + 0,270P - 6,024 S = 0.283t + 0,210P - 7,694 S = 0,252t + 0,240P - 6,859 S = 0,212t + 0,293P - 5,949 S = 0,275t + 0,255P - 8,622 S = 0,243t + 0,278P - 6,802 70 % Carta ASHRAE del comfort termico per attività di tipo sedentario Lo sviluppo degli studi sulle condizioni di benessere termico hanno portato alla creazione della raccomandazione americana ANSI/ASHRAE 55-81, in cui vengono definiti i limiti delle condizioni di comfort termico sia per il periodo invernale sia per quello estivo (figura 25). Nella stessa figura si possono notare due zone ben distinte. Queste due diverse zone si riferiscono a due tipi differenti di vestiario appropriato per la stagione analizzata: per quella invernale 0,9 clo, per quella estiva 0,5 clo. La zona invernale è relativa a valori di velocità dell’aria inferiori a 0,15 m/s mentre quella estiva si riferisce a valori di velocità dell’aria minori di 0,25 m/s I contorni delle zone di conforto riportate nella figura 3 possono essere spostati di -0.6 °C per ogni aumento di resistenza termica del vestiario di 0,1 clo dai valori di 0,5 e 0,9 clo dati per le due condizioni. Le condizioni dei parametri termoigrometrici devono essere sufficientemente uniformi: asimmetrie di energia termica radiante inferiori a 5 °C in direzione verticale e 10 °C per la direzione orizzontale, la differenza di temperatura dell’aria dall’altezza del pavimento a quella della testa deve essere inferiore a 3 °C. Inoltre il valore della temperatura media radiante non deve differire in modo sostanziale da quello del bulbo asciutto. 15 15 10 Punto di rigidità °C rno inve te esta 30% 10 5 5 Rapporto di umidità g/kg d’aria seca 50 % U.R . 100 % U.R . 20 0 -5 -10 20 25 Temperatura operativa °C 30 0 Figura 25. Zone di benessere termigrometrico secondo la raccomandazione ANSI/ASHRAE 55-81 (per gentile concessione ASHRAE su Fundamentals Handbook, 1989) distribuzione HL@GD<EKJ 167 PSICROMETRIA BREVI CENNI SULLA DIFFUSIONE DELL’ARIA Aria atmosferica L’aria atmosferica è una miscela di diversi gas e di vapor d’acqua (aria umida). La composizione volumetrica percentuale dell’aria secca, cioè priva di vapor acqueo, è la seguente: azoto 78,03%, ossigeno 20,99%, argo 0,94%, anidride carbonica 0,03%, idrogeno e gas rari 0,01%. Tale composizione varia naturalmente da località a località, ma in modo trascurabile. Per i calcoli inerenti ad applicazioni tecniche si raggiunge una sufficiente approssimazione ritenendo che la composizione in volume dell’aria secca sia la seguente: azoto 79% e ossigeno 21%. Le corrispondenti percentuali in peso sono: azoto 77% e ossigeno 23% oppure, più precisamente, 76.8% e 23.2% rispettivamente. Il vapor acqueo nell’atmosfera Il vapor acqueo associato all’aria secca è in genere surriscaldato (avente pressione minore di quello di saturazione corrispondente alla temperatura del miscuglio), oppure saturo (alla pressione di saturazione corrispondente alla temperatura del miscuglio), oppure ancora soprassaturo, costituito cioè da una miscela di vapore saturo e di acqua liquida (nebbia). Quando l’aria secca associa del vapore saturo essa si dice satura. Atmosfera tipo Come aria atmosferica tipo si considera quella al livello del mare (accelerazione di gravità 9,807 m/s2) ed alla temperatura di 15 °C. La sua pressione assoluta (pressione atmosfe­rica di riferimento) è di 101,325 kPa ovvero 1,01325 bar (760 mm di Hg oppure 10.332 m C.A. o 1,0332 kg cm2. Supponendo che l’aria atmosferica si comporti come un gas perfetto e che la sua temperatura sia una funzione lineare della sua quota rispetto al livello del mare, la pressione atmosferica varia come mostrato nella tabella 6. Tabella 6. Atmosfera tipo: variazione della pressione con la quota sul livello del mare. Altezza sul livello del mare Temperatura °C Pressione kPa -500 0 500 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10.000 18,2 15,0 11,8 8,5 2,0 -4,5 -11,0 -17,5 -24,0 -30,5 -37,0 -43,5 -50,0 107,478 101,325 95,461 89,874 79,495 70,108 61,640 54,020 47,181 41,061 35,600 30,742 26,436 I diagrammi dell’aria umida a pressione diversa da quella dell’atmosfera tipo I diagrammi psicrometrici a pressioni diverse da quella atmosferica tipo sono simili a quello visto sopra. Essi però, per lo stesso intervallo di temperatura considerato, sono limitati da curve di saturazione poste al di sotto oppure al di sopra di quella di suddetto diagramma a seconda che la pressione totale sia maggiore o minore di 760 mm di Hg. Esercizio. Si tracci la curva di saturazione del diagramma psicrometrico (limitandosi a tracciarne il punto a tBS = 30 °C) per l’atmosfera tipo alle seguenti pressioni totali: a) a livello del mare: p = 101,325 kPa b) quota di riferimento rispetto al livello del mare: –500 m c) quota di riferimento rispetto al livello del mare: + 2000 m distribuzione 168 HL@GD<EKJ Components PSICROMETRIA 1 5 .0 Equipments Te % 90 % % 50 50° 40° 30% lativa 13.0 12.5 40 70 60° 13.5 15 r 14.0 20 e mp 70° 10% tà re Umidi Percentuale di umidità con aria asciutta 25 ad r atu tur a is .022 14.5 30 io az F ecca ria s EN 35 °F .024 a con PI L TA ne 80° fico ) h A( ci spe 80° 60 .026 me 45 40 .028 Volu 50 55 .020 .018 50 .016 .014 45 .012 .010 40 .008 .006 .004 35 .002 50 60 70 Tratto da ASHRAE Psychrometric, Capitolo 1 80 90 100 110 30 Temperatura con aria asciutta °F Figura 26. Diagramma psicrometrico Carrier SI - METRICO Pressione Barometrica 101,325 kPa (760 mm Mercurio) LIVELLO DEL MARE Il presente compendio tecnico è estratta da AA.VV., Manuale degli impianti di climatizzazione, Milano, Tecniche Nuove, 2008. distribuzione HL@GD<EKJ 169