Lez9a_Adattamento vegetali all`ambiente

ADATTAMENTI DEI VEGETALI AI DIVERSI
FATTORI AMBIENTALI:
Adattamenti a condizioni nutrizionali estreme
Adattamenti a condizioni nutrizionali estreme
Eccesso di ioni nel suolo:
- Adattamenti a suoli salini  alofite
Suolo con carenza di nutrienti:
- Piante carnivore
Recupero di nutrienti da altre piante:
- Piante parassite
Adattamenti ad un eccesso di ioni nel suolo: Salinità
Pancratium maritimum
Ph. Alessandra Sabia
Suoli salini tipici sono quelli costieri,
caratterizzati da alte concentrazioni di
sodio, cloro, potassio, carbonati derivati
da
gusci
di
molluschi
spiaggiati,
tendenzialmente alcalini.
Alofite
L’elevata salinità dei terreni comporta un problema di elevata tossicità per le piante. Si stima
che il 6% dell’intera superficie terrestre abbia un tenore di salinità così elevato da essere
inospitale per le piante. Tuttavia, le moderne pratiche agricole, il disboscamento,
un’irrigazione insufficiente e la mancanza di drenaggio fanno sì che la percentuale di terreno
ad elevata salinità sia destinato ad aumentare.
Buchanan et al., Biochimica e Biologia molecolare delle piante. Zanichelli
Effetti della salinità nel terreno sulla crescita di una pianta non tollerante
•
Stress osmotico
Ψw = Ψs + Ψp
Ricordando che l’acqua si muove all’interno della pianta
secondo gradiente di potenziale idrico, in presenza di un
elevato tenore salino si verifica un forte abbassamento di
Ψs, con conseguente abbassamento del potenziale idrico a
valori inferiori a quelli della pianta  incapacità di
assorbire acqua a livello radicale, fuoriuscita di acqua
verso il terreno e plasmolisi delle cellule. In questo senso,
quindi, il danno osmotico che si verifica in seguito ad
un’elevata concentrazione salina nel terreno è analogo a
quello causato dalla carenza idrica.
Alofite
Effetti della salinità nel terreno sulla crescita di una pianta non tollerante
Buchanan et al., Biochimica e Biologia molecolare delle piante. Zanichelli
•
Stress da tossicità ionica
Concentrazioni elevate di salinità nel suolo impongono anche uno stress
ionico alle piante suscettibili. Infatti, suoli salmastri contengono per lo
più NaCl. La tossicità ionica dipende proprio dall’assorbimento di ioni Na+
e Cl-, che vanno ad interferire con le interazioni non covalenti che
mantengono la struttura delle proteine, provocandone la denaturazione.
In aggiunta, alte concentrazioni di ioni Na+ causano l’alterazione del
funzionamento delle pompe K+/Na+, che permettono l’accumulo del K+
all’interno della cellula.
Elevati rapporti Na+:K+
provocano l’inibizione della
crescita vegetale (grande
quantità di energia
metabolica spesa per
mantenere il corretto
rapporto tra gli ioni) e,
successivamente, forte
tossicità.
Alofite
Sulla base della capacità di tollerare alte concentrazioni saline nel terreno, le piante vengono
classificate generalmente in:
•
GLICOFITE  specie sensibili
•
ALOFITE  specie tolleranti e resistenti ad elevate salinità
Eurialine  tollerano variazioni di salinità
Stenoaline  crescono a salinità costante
Idroalofite  crescono in terreni salmastri umidi. Es: mangrovie
Xeroalofite  crescono in terreni salmastri aridi. Es: Salicornia
Si possono inoltre distinguere diversi gruppi di piante sulla loro capacità di tollerare una
concentrazione crescente di NaCl:
Da Dunes Ecology
I: alofite estreme completano il ciclo di crescita in ambienti
estremamente salati
II: alofite transitorie  tollerano la salinità solo in certe fasi
dello sviluppo
III: glicofite tolleranti
IV: glicofite estremamente sensibili
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamento osmotico
Risposta analoga alla tolleranza allo stress idrico. Accumulo di soluti all’interno delle
cellule, non dovuto alla perdita di acqua per osmosi (aumento netto di quantità di
soluto per cellula). In questo modo, il potenziale idrico delle cellule vegetali si abbassa
al di sotto di quello del suolo e l’assorbimento di acqua è mantenuto in modo efficiente.
1) Produzione di osmoliti compatibili nel citosol.
Molecole fisiologiche, piccole, idrosolubili, neutre, chimicamente inerti
•
PROLINA
•
GLICINA BETAINA
•
SACCAROSIO (idrolisi di amido)
•
POLIOLI (pinitolo)
Gli osmoliti compatibili hanno anche
funzione di protezione contro
radicali liberi e stabilizzano
proteine e membrane.
Smith et al., Biologia delle piante. Zanichelli
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
2)
Adattamento osmotico
Capacità di mantenimento di un
potenziale osmotico più negativo di
quello del suolo grazie all’ingresso
controllato di ioni Na+ e Cl- all’interno
della pianta. Tuttavia, le concentrazioni
di questi ioni all’interno della cellula
sono mantenute a livelli normali, grazie
al loro sequestro all’interno del
vacuolo,
mediato
da
importatori
presenti sul tonoplasto.
3) Sintesi di acquaporine sulle membrane
cellulari, aumento della capacità di
assorbimento di acqua.
Chiusura degli stomi mediata dal Na+
assorbito ad elevate concentrazioni
In questo modo, una maggior quantità di
acqua è trattenuta dalla pianta, riducendo
la tossicità ionica. Nelle glicofite, il Na+
media invece l’apertura degli stomi
•
Smith et al., Biologia delle piante. Zanichelli
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti in idrofite marine (fanerogame marine)
Le fanerogame marine rappresentano un importante gruppo di angiosperme monocotiledoni
idrofite che vivono in ambienti marini o salmastri. Tutte le fanerogame marine presentano le
stesse caratteristiche, che consentono loro di essere completamente adattate a vivere in un
ambiente acquatico salato sommerso e di competere con successo con le macroalghe che
colonizzano gli stessi ambienti:
•
Adattamento a vivere in un un ambiente salato
•
Adattamento a vivere in ambiente acquatico
•
Sistema di ancoraggio al terreno mediante rizomi
•
Sistema di impollinazione idrofilo
Le fanerogame marine sono in grado di vivere in acqua
salata grazie alla capacità di mantenere un’elevata
osmolarità all’interno delle cellule, producendo osmoliti
compatibili che permettono di abbassare il potenziale
osmotico al di sotto di quello dell’acqua di mare.
Poseidonia
oceanica,
specie endemica del Mar
Mediterraneo, è talmente adattata a vivere in ambiente
ricco di sali da non tollerare salinità inferiori al 33‰
Ph Alessandra Sabia
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
1. Succulenza salina
Fusto succulento
in Salicornia sp.
commons.wikimedia.org
Strasburger. Trattato di Botanica. Antonio Delfino Editore
Il significato ecologico di questa forma di succulenza non è da ricondurre
alla necessità di accumulo di acqua, dal momento che non vengono formati
apparati atti alla limitazione della traspirazione. La succulenza può
coinvolgere foglie (Suaeda maritima) o fusti (Salicornia sp.). La
morfologia di questi organi è adattata per facilitare l’accumulo di acqua
 diminuzione del rapporto superficie/volume. In questo modo, i soluti
sono disciolti in una maggiore quantità di acqua, diminuendo l’effetto
tossico.
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
Smith et al., Biologia delle piante. Zanichelli
1. Succulenza salina
L’acqua accumulata nelle foglie succulente, può essere utilizzata
in un periodo di carenza idrica per mantenere le cellule
fotosintetiche ben idratate per il corretto svolgimento della
fotosintesi. Gran parte del tessuto che compone la foglia è
costituito da parenchima acquoso con cellule grandi e pareti
sottili che trattengono acqua.
Foglie succulente di Suaeda maritima
Le cellule fotosintetiche
sono distribuite intorno
al tessuto acquoso.
In alcune foglie,
l’epidermide è rivestita
da tricomi che si
rigonfiano a formare
delle vescicole, che
forniscono acqua alle
cellule adiacenti in
condizioni di elevata
salinità
gobotany.newenglandwild.org
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
2. Formazione di «ghiandole del sale»
Alcune alofite si sono adattate a vivere in ambienti molto
salini secernendo i sali mediante peli secretori. I meccanismi
di secrezione possono essere di diversi tipi:
 Nelle specie di Atriplex, le ghiandole del sale sono
costituite da peli pluricellulari (1-3 cellule):
- Cellula epidermica basale: accumula sali all’interno del
vacuolo mediante un meccanismo di trasporto attivo
- Cellule di supporto: pareti spesse e cutinizzate, prive
di vacuoli. Queste modificazioni permettono il
mantenimento monodirezionale del flusso di acqua e di
sali verso la cellula terminale
- Cellula terminale «a vescicola»: presenta un vacuolo di
grandi dimensioni all’interno del quale vengono
accumulati i sali che provengono dalle cellule di
supporto
Smith et al., Biologia delle piante. Zanichelli
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
2. Formazione di «ghiandole del sale»
 Altre ghiandole del sale secernono i sali direttamente verso l’esterno
Es: ghiandole del sale di alcune graminacee alofite
- Costituite una cellula basale ed una cellula apicale
- La cellula basale presenta numerosi plasmodesmi che la mettono in contatto con le cellule
del mesofillo. Da questi, gli ioni Na+ e Cl- diffondono nell’apoplasto passivamente verso la
membrana che separa la cellula apicale dalla basale. Un ulteriore passaggio per via
apoplastica è impedito dalla cutinizzazione delle pareti cellulari dell’epidermide e della
cellula apicale
- La membrana plasmatica della cellula basale presenta numerose invaginazioni in
corrispondenza della superficie della cellula apicale. Gli ioni passano attraverso un
meccanismo attivo di pompaggio nel citoplasma della cellula basale
- La cellula apicale presenta una camera di raccolta tra la parete cellulare e lo strato di
cuticola. I sali entrano nella cellula apicale per diffusione passiva, vengono accumulati
all’interno della camera di raccolta, quindi la forte pressione idrostatica spinge la soluzione
a fuoriuscire dai pori della cuticola verso l’esterno
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in
piante terrestri
2. Formazione di «ghiandole del sale»
Ghiandola del sale dell’erba
bermuda (Cynodon dactylum,
graminacea)
Estrusione dei sali nella foglia della
graminacea Distichlis spicata. www.mbari.org
Smith et al., Biologia delle piante. Zanichelli
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
2. Formazione di «ghiandole del sale»
Nelle alofite dicotiledoni, la struttura cellulare delle
ghiandole del sale è molto più complessa
- 2-4 cellule basali sorreggono una cellula del gambo, sulla
quale si appoggiano 8-12 cellule secretrici che
costituiscono la ghiandola. Le pareti cellulari della cellula
del gambo e delle cellule secretrici sono cutinizzate,
impedendo il passaggio di ioni per via apoplastica. Tra la
cuticola e le cellule secretrici è presente materiale
pectico
- I sali si accumulano nelle cellule basali, quindi diffondono
passivamente verso le cellule secretrici. All’interno dello
spazio tra le cellule secretrici e la cuticola, il materiale
pectico trattiene i sali e li indirizza verso l’esterno,
attraverso i pori cuticolari
Smith et al., Biologia delle piante. Zanichelli
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
In alcune piante, la secrezione del sale avviene attraverso idatodi, adattando il meccanismo
di essudazione dell’acqua al fine di fornire un sistema di eliminazione del sale in eccesso
attraverso la foglia.
L’escrezione dei sali può svolgere una funzione sussidiaria di adattamento: i cristalli di sale
essudati sulla foglia permettono di riflettere la luce, assicurando anche una protezione
contro l’eccesso di irradiazione e l’alta temperatura. Inoltre, fornisce un valido meccanismo
di difesa contro gli animali erbivori.
Atriplex portulacoides. www.actaplantarum.org
www.cas.miamioh.edu
Avicennia germinans. Mauseth. Botanica. Idellson-Gnocchi
Reaumuria hirtella. flora.huji.ac.il
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Adattamenti morfologici in piante terrestri
La vegetazione tipica delle zone tropicali a ridosso delle foci dei fiumi, soggette a maree, e
dei terreni alluvionali costieri, si è adattata ad un ambiente anossico ad elevata salinità ed
estremamente sensibile alle sollecitazioni meccaniche causate dalle maree. Le mangrovie, ad
esempio, hanno sviluppato:
•
Radici avventizie  aumentata capacità di ancoraggio al terreno
•
Radici aeree  adattamento alla mancanza di ossigeno
•
Altissimi valori osmotici  adattamento all’elevato tenore salino nel terreno
Ph. Alessandra Sabia
Alofite
Meccanismi di adattamento in piante tolleranti elevate concentrazioni saline
•
Stress osmotico e riproduzione
Le piante che crescono su suoli salini spesso concentrano il loro ciclo di crescita
vegetativa nei momenti in cui la salinità del terreno è minima (Es: durante la stagione
delle piogge). La germinazione è infatti spesso inibita dalle elevate concentrazioni saline,
mentre i semi disidratati sono più tolleranti e restano quiescenti fino a che le condizioni
del suolo non diventino più favorevoli per la crescita vegetale.
Es: Rizophora mangle (mangrovia
arbustiva) cresce in acqua salata e ha
adottato la viviparia come meccanismo
di
protezione
nei
confronti
dell’ambiente che sarebbe ostile alle
giovani piantine
www.beachbeans.com/mangrove/mangrove_develop.html
Un altro meccanismo che permette di
superare
la
difficoltà
della
germinazione in ambienti ad elevate
salinità è la viviparia  le piantine
germinano quando il frutto è ancora
legato alla pianta madre. In questo
modo, le giovani piante entrano in
contatto con il suolo quando sono già in
uno stadio avanzato del loro sviluppo.
Smith et al., Biologia delle piante.
Zanichelli
Il seme germina dal frutto quando
questo è ancora attaccato alla pianta
madre. Foglie e radici appaiono dopo
la caduta della piantina in acqua, nel
giro di qualche settimana.
Piante carnivore
Adattamenti nutrizionali in suoli poveri di nutrienti: piante carnivore
Piante autotrofe che vivono in terreni poveri di nutrienti, in particolare poveri di azoto.
Sono in grado di effettuare la fotosintesi e fissare la CO2 in carbonio organico, ma hanno
evoluto modificazioni fogliari che permettono loro di acquisire una fonte organica di azoto
supplementare, attraverso la digestione di insetti e piccoli animali.
Per afferrare gli insetti le piante carnivore possiedono i più svariati dispositivi:
In Drosera sp. le foglie presentano delle
emergenze
chiamate
«tentacoli»,
attraversate da un fascio di tracheidi e
secernenti un liquido vischioso e dall’odore
simile a quello del miele. Gli insetti restano
legati ai tentacoli, ed i loro movimenti
inducono i tentacoli a muoversi verso il
centro della foglia. L’insetto resta quindi
racchiuso all’interno dei tentacoli e viene
idrolizzato chimicamente (ad eccezione della
chitina) da enzimi secreti dalle emergenze,
quindi le sostanze vengono assorbite da peli
di assorbimento
Epitelio ghiandolare
Emergenze
Fascio di
tracheidi
Tentacoli ricurvati
su di una preda
Strasburger, Trattato di Botanica.
Antonio Delfino Editore
Pancaldi et al., Fondamenti di
Botanica Generale. McGraw-Hill
Piante carnivore
Adattamenti nutrizionali in suoli poveri di nutrienti: piante carnivore
Strasburger, Trattato di Botanica.
Antonio Delfino Editore
Le specie di Utricularia, piante carnivore di acque stagnanti, presentano foglie frastagliate
(A). Alcune di esse hanno subito modificazioni che hanno portato alla formazione di
vescicole verdi ripiene di acqua chiamate ascidi (B, sezione trasversale). Questi presentano
una sorta di «bocca» all’estremità, che può aprirsi solo verso l’interno. Nel momento in cui
piccoli animali urtano una delle setole che fuoriescono dalla bocca, questa si apre e
l’animaletto viene risucchiato all’interno dell’ascidio, rimanendo imprigionato. Peli presenti
all’interno della vescicola secernono una sostanza atta alla digestione ed assorbono
successivamente le sostanze digeribili sciolte nell’acqua all’interno della vescicola.
Pancaldi et al., Fondamenti di Botanica Generale. McGraw-Hill
Piante carnivore
Adattamenti nutrizionali in suoli poveri di nutrienti: piante carnivore
Dopo il contatto dell’insetto con peli sensitivi, le specie
appartenenti al genere Dionaea chiudono rapidamente le
due lamine fogliari intrappolando l’insetto fino alla completa
digestione. Gli enzimi idrolitici vengono secreti da numerose
ghiandole presenti sulla superficie della lamina fogliare.
Nella piantina acquatica Aldrovanda, che presenta foglie
simili a Dionaea per struttura, ma più piccole, sono stati
individuati, tramite microscopio elettronico a scansione,
ghiandole specializzate alla secrezione di enzimi e
ghiandole a forma di X adibite all’assorbimento dei
nutrienti.
Ghiandole a forma di X
Ghiandole secernenti
enzimi idrolitici
Osservazione della trappola di
Aldrovanda al SEM. Image © Bartosz Jan
Dionaea muscipula.
Da Pancaldi et al., Fondamenti di Botanica Generale. McGraw-Hill
Plachno, Jagiellonian University, Cracow,
Poland
Piante carnivore
Adattamenti nutrizionali in suoli poveri di nutrienti: piante carnivore
Pancaldi et al., Fondamenti di
Botanica Generale. McGraw-Hill
Le piante appartenenti ai genere Nepenthes, Cephalotus,
Sarracenia e Darlingtonia presentano foglie che si sono
ripiegate fino a chiudersi in ascidi. In Nepenthes, l’ascidio è
costituito da una specie di ombrello derivante dalla lamina di
una foglia, la cui base fogliare si è allargata. Il picciolo può
reagire a stimoli da contatto come se fosse un viticcio, così
da fissare il pesante ascidio al ramo. L’interno dell’ascidio
deriva dalla vecchia lamina superiore della foglia ed è pieno di
un liquido acquoso secreto da ghiandole parietali della foglia.
Gli animali sono attirati dal colore vistoso dell’ascidio, vi
entrano, e non riescono più ad uscirne, in quanto la zona
apicale è rivestita da una sostanza cerosa e da peli rivolti
verso l’interno. Muoiono quindi affogati e successivamente
vengono digeriti mediante processo enzimatico
Nepenthes sp.
Strasburger, Trattato di Botanica. Antonio
Delfino Editore
Piante parassite
Piante parassite
Cormofite che si nutrono totalmente o in parte in modo eterotrofo. Si distinguono:
•
Piante semiparassite  fanno fotosintesi e per questo sono verdi, ma usufruiscono del
sistema conduttore del tessuto ospite per acquisire acqua. Si distinguono raramente
dalla pianta ospite, se non per il pallido colore giallo-verde
•
Piante oloparassite  completamente eterotrofe, acquisiscono acqua, nutrenti e molecole
organiche dalla pianta ospite e presentano le seguenti caratteristiche:
- Assenza di clorofilla, colore biancastro
- Le foglie diventano superflue e si riducono a piccole scaglie giallognole, o addirittura
scompaiono
- Essendo la traspirazione fortemente limitata a causa dell’assenza delle foglie, anche le
radici si riducono fortemente
- Sistema conduttore poco sviluppato
- Sviluppo di nuovi organi con funzione succiante, gli austori, che consentono alla pianta
parassita di penetrare nel corpo della pianta ospite fino ai fasci conduttori e di
nutrirsi del loro contenuto
Piante parassite
Piante semiparassite
propaggine
Tra le piante semiparassite più comuni vi è
il vischio (Viscum album), pianta epifita
che vive su alberi ospiti come il melo, il
pero, il pioppo, il tiglio, ecc. Pur essendo in
grado di effettuare la fotosintesi, e lo
dimostrano le foglie verdi, sottrae acqua,
sali minerali e azoto dalla pianta ospite.
Alla base del fusto principale sono
prodotti cordoni verdi simili a radici
corticali che penetrano nel
ritidoma
dell’ospite e generano delle propaggini che
si allungano fino al tessuto conduttore
dell’ospite.
fusto
cordoni
propaggine
Strasburger, Trattato di Botanica.
Antonio Delfino Editore
en.wikipedia.org
Alcune piante erbacee appartenenti ai
generi Thesium, Rhinatus, Pedicularis e
Melamphyrum presentano a livello radicale
piccoli austori che si collegano alle radici
delle piante ospite.
Euphrasia minima
Melamphyrum barbatum
Piante parassite
Piante oloparassite
Pancaldi et al., Fondamenti di
Botanica generale. McGraw-Hill
Strasburger, Trattato di Botanica.
Antonio Delfino Editore
Tra le piante parassite completamente eterotrofe vi è la nostrana Cuscuta europea.
Presenta un fusto lungo e sottile che si estende lungo il terreno fino a che non incontra
una pianta ospite. La radice, fortemente ridotta, muore presto. Durante l’accrescimento
del fusto, la parte posteriore muore e la parte anteriore continua ad accrescersi
sottraendo nutrienti da quella posteriore. Nel momento in cui la pianta trova una pianta
ospite, il fusto comincia a svilupparsi crescendo intorno ad essa, similmente ad una pianta
rampicante. Si ha in seguito la formazione di austori che penetrano all’interno della pianta
ospite e si attaccano ai tubi cribrosi mediante ramificazioni digitiformi. Gli austori
sviluppano un proprio tessuto conduttore, che permette alla cuscuta di sottrarre alla
pianta ospite acqua, sali minerali e tutte le sostanze organiche ed inorganiche necessarie.
Piante parassite
Piante oloparassite
Le specie appartenenti al genere Orobanche presentano
semi che germinano solo a contatto con le radici di altre
piante. Presentano un tubero ipocotilico collegato alle
radici delle piante ospiti mediante degli austori.
Pancaldi et al., Fondamenti di
Botanica generale. McGraw-Hill
en.wikipedia.org
Piante parassite
Piante oloparassite
Alcune piante di climi tropicali, come quelle appartenenti al
genere Rafflesia , sono talmente tanto adattate alla vita da
parassita che i loro organi vegetativi, fortemente ridotti,
crescono completamente all’interno della pianta ospite
(piante endoparassite),
dalla quale fuoriescono
solo i fiori
commons.wikimedia.org
Strasburger, Trattato di Botanica.
Antonio Delfino Editore