La pubblicità dei trasferimenti di beni al trustee nei registri immobiliari
Inventario delle tecniche usate nella prassi
di Domenico Parisi
L’articolo compie una rassegna delle tecniche che – in assenza di una norma di legge specifica sul
punto – la prassi utilizza per effettuare la pubblicità nei registi immobiliari degli atti di trasferimento
di beni al trustee, tentando di evidenziare vantaggi, limiti e criticità di ciascuna tecnica.
Premessa
Scopo di questo scritto è quello di effettuare una ricognizione della prassi italiana riguardo le modalità di
attuazione della pubblicità nei registri immobiliari degli atti di trasferimento di beni al trustee.
Pare opportuno preliminarmente evidenziare che, ogniqualvolta vi sia il trasferimento della proprietà di un
bene da un disponente (Tizio) ad un trustee (Caio), nella prassi italiana si pubblicizzano due effetti giuridici:
- il trasferimento della proprietà del bene da Tizio a Caio;
- l’esistenza del trust e l’inclusione del bene nel fondo del trust di cui Caio è trustee.
È necessario aver chiaro, tuttavia, che questa seconda pubblicità (avente ad oggetto l’esistenza del trust e la
inclusione del bene nel fondo in trust), lungi dall’essere obbligatoria, è addirittura vietata in alcuni
ordinamenti giuridici che conoscono l’istituto.
In Italia, nessuna norma vieta tale pubblicità e l’art. 12 della Convenzione dell’Aja1, ratificata dal nostro
Paese, facoltizza espressamente il trustee a rivelare l’esistenza del trust nei pubblici registri ove ciò non sia
vietato o comunque incompatibile con l’ordinamento interno. Tale norma si limita tuttavia a prevedere tale
pubblicità, senza disciplinarne le modalità, lasciando correttamente ai singoli paesi il compito di
individuarle, in armonia con il sistema pubblicitario interno.
Come noto, i dubbi sulla compatibilità con il nostro ordinamento interno di un tale tipo di pubblicità sono
stati da tempo fugati dalla giurisprudenza e non costituiranno pertanto oggetto di questo scritto. Mancano
invece a tutt’oggi sia norme di legge che atti amministrativi (quali circolari o risoluzioni degli uffici
competenti) relativi alle modalità di effettuazione di tale pubblicità.
Negli anni sono state adottate dalla prassi diverse tecniche per pubblicizzare l’esistenza del trust, allo scopo
di rendere opponibile ai terzi l’effetto di separazione patrimoniale dei beni in trust rispetto al residuo
patrimonio del trustee.
Prima di passarle brevemente in rassegna e commentarle, pare non priva di interesse una precisazione.
Tale pubblicità, pur se certamente consentita, non ha alcun riflesso sulla validità del trust (che dunque è
pienamente produttivo di effetti e fonte di obbligazioni per il trustee anche in mancanza dell’effettuazione di
tale pubblicità), ma ha rilievo esclusivamente riguardo alla possibilità di opporre a terzi l’effetto di
separazione patrimoniale fra i beni in trust e il residuo patrimonio del trustee, nei limiti in cui la legge
applicabile lo preveda. A prescindere dalla scelta di rivelare l’esistenza del trust, dovrà invece essere
effettuata in ogni caso – salva l’ipotesi di trust auto-dichiarato – la pubblicità del trasferimento del bene dal
disponente (Tizio) al soggetto (Caio) che svolge la funzione di trustee, ferma restando la possibilità di non
effettuare alcuna ulteriore formalità se non si ha interesse ad opporre ai terzi tale effetto di separazione
patrimoniale.
Prima tecnica (unica formalità, a favore del trustee)
Una prima tecnica di attuazione della pubblicità dell’esistenza del trust consiste nell’indicazione, nella stessa
formalità con cui si pubblicizza il trasferimento, della qualità di trustee del soggetto proprietario (Caio).
1
“Il trustee che desidera registrare beni mobili o immobili o i titoli relativi a tali beni, sarà abilitato a richiedere l’iscrizione nella sua
qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust, a meno che ciò sia vietato dalla legge dello Stato nella quale
la registrazione deve aver luogo ovvero incompatibile con essa.”.
Nella pubblicità immobiliare, laddove il quadro C relativo ai soggetti venga utilizzato per indicare i dati del
trustee, tale indicazione è possibile esclusivamente nel quadro D della nota, che consente l’inserimento di
parti libere.
Tuttavia, come noto, la nota di trascrizione si identifica, in realtà, unicamente con i primi tre quadri, mentre il
quadro D è esclusivamente “ancillare” rispetto agli altri: può contenere precisazioni, ma non già segnalazioni
del tutto difformi rispetto a quanto la nota stessa intende segnalare, né l’indicazione di un effetto giuridico
che non risulti già dagli altri quadri della nota. La prassi ha ormai pressoché abbandonato tale tecnica,
proprio a causa dei dubbi che, sulla scorta dell’osservazione precedentemente formulata, si nutrono circa
l’opponibilità a terzi dell’esistenza del trust, se pubblicizzata nel solo quadro D della nota di trascrizione.
Seconda tecnica (doppia formalità)
Un’altra tecnica di pubblicità, affermatasi e consolidatasi nel tempo2, prevede l’effettuazione di una doppia
pubblicità:
a) una prima trascrizione del trasferimento di proprietà ex artt. 2643 e 2645 c.c. contro il disponente e a
favore del trustee (salvo naturalmente il caso di trust auto-dichiarato);
b) una seconda trascrizione contro il trustee, senza compilare il campo a favore, in applicazione
analogica dell'art. 2647 c.c. dettato in materia di fondo patrimoniale3.
Anche in tale caso, tuttavia, solo nel quadro D possono evidenziarsi i dati del trust a cui la formalità si
riferisce.
Terza tecnica (unica formalità, a favore del trust)
Un terzo orientamento operativo, che va affermandosi negli ultimi tempi e che presenta indubbi vantaggi,
prevede che al momento dell’istituzione del trust si esegua una sola formalità contro il disponente e a favore
del trust (con indicazione, nel quadro C, della denominazione del trust, della sede e del suo codice fiscale4).
L’identità del soggetto che riveste il ruolo di trustee, proprietario pro tempore dei beni in trust, può essere
indicata nel quadro D della nota oppure in una annotazione alla trascrizione, che riporti le sue generalità5.
Argomenti a favore e contro la terza tecnica
Pare opportuno soffermarsi in particolare sulla modalità di pubblicità da ultimo descritta, svolgendo alcune
osservazioni sui vantaggi di tale tecnica, non trascurando di interrogarsi sulla sua correttezza formale.
Essa si presenta come la forma di pubblicità maggiormente efficiente, in quanto offre ai terzi una
rappresentazione chiara ed immediata dei beni ricompresi nel fondo di un determinato trust.
Laddove invece la pubblicità venga effettuata a favore del trustee, per conoscere quali beni, fra quelli di
proprietà del trustee, facciano parte del fondo di un trust (non si dimentichi che un soggetto, oltre ad essere
naturalmente titolare di beni propri, può essere trustee di più trust, e ciò generalmente avviene in caso di
trustee professionali), si rendono necessari i seguenti passaggi:
- ispezione sul soggetto Caio (trustee);
- esame delle singole note di trascrizione contenenti formalità a favore, verificando che nel quadro D
delle stesse sia indicata o meno la qualità di trustee del trust di interesse (prima tecnica);
2
M. L. Cenni, Trascrizione di atti attributivi di beni immobili al trustee – II, in questa Rivista, 2002, 355. Cfr. anche A.A. Ettorre, S.
Iudica, La pubblicità immobiliare e il testo unico delle imposte ipotecaria e catastale, III ed., Milano, 2007, p.280 ss.
3
Si tratta di una tecnica analoga a quella suggerita dalla Circolare dell’Agenzia del Territorio (pubblicata in questa Rivista, 2007,
131) relativa alla trascrizione degli atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela ex art. 2645 ter c.c.
4
Si ricorda che, ai fini tributari, la legge riconosce una soggettività fiscale al trust, qualificandolo come soggetto passivo di imposte
dirette, indipendentemente dalla sua qualificazione civilistica, con conseguente attribuzione di un codice fiscale.
5
Analogamente alla tecnica che la circolare del Ministero delle Finanze infra citata nel testo ha istituito per i fondi immobiliari.
-
esame delle singole note di trascrizioni contenenti formalità contro, verificando nel quadro D se e a
quale trust tali formalità si riferiscono (seconda tecnica).
È evidente come tale procedimento sia molto laborioso e costoso e non giovi all’efficienza del sistema
pubblicitario.
In particolare, la seconda tecnica presenta l’inconveniente di non rendere immediatamente evidente
l’esistenza del trust in esame dalla sola prima formalità..
L’ultima delle tecniche esposte, invece, consente di effettuare direttamente l’ispezione con riferimento al
trust, cioè al centro di imputazione degli effetti giuridici a cui è interessato chi esegue l’ispezione.
Inoltre, non si rende in tal caso necessaria una nuova trascrizione in caso di sostituzione del trustee, ma è
sufficiente una annotazione alla originaria trascrizione, e non è necessaria alcuna voltura catastale.
Tale nuova tecnica è stata adottata e accettata da diversi Uffici del Territorio6.
Contro tale prassi potrebbe tuttavia obiettarsi che il trust è sprovvisto di soggettività giuridica e che pertanto
non è corretto trascrivere l’atto di trasferimento a suo favore: pare tuttavia possibile controbattere, per contro,
che tale nuova modalità pubblicitaria non presupponga l’entificazione del trust.
E’ vero infatti che in passato si trassero argomenti per sostenere la soggettività giuridica e la piena capacità
immobiliare dei c.d. enti di fatto, quali le società di persone e le associazioni non riconosciute, proprio dalla
novella legislativa apportata con la legge 27 febbraio 1985 n. 52 all’art. 2659 c.c., che consente oggi di
trascrivere gli acquisiti di tali enti direttamente a loro favore e non più a favore del loro legale
rappresentante.
Ma è anche vero che una più che autorevole anche se isolata dottrina7 negò la soggettività giuridica agli enti
di fatto, sostenendo che il dettato del nuovo art. 2659 n. 1 c.c. “riguarda solo il dato formale dell'intestazione
ai fini della pubblicità immobiliare e non tocca l'aspetto della titolarità sostanziale del diritto, che deve
sempre ritenersi spettare agli associati in comunione, salva la destinazione alle finalità dell'associazione”.
Non priva di interesse appare la tesi che l’opinione dottrinale sopra citata sottende, secondo cui l’utilizzo di
una determinata modalità pubblicitaria, più conveniente in termini di praticità ed economia degli atti
giuridici, non sia necessariamente legata né presupponga necessariamente l’entificazione di un soggetto
giuridico.
Si pensi alle trascrizioni dei pignoramenti sovente effettuate a favore del condominio, anziché a favore dei
condomini o dell’amministratore di condominio quale rappresentante dei condomini, quando egli agisce in
giudizio ai sensi dell’art. 1131 c.c., nonostante la dottrina pressoché unanime8 e la giurisprudenza neghino
soggettività giuridica al condominio9.
Può essere utile a tal proposito far riferimento ad altre ipotesi di separazione patrimoniale presenti nel nostro
ordinamento. Una fattispecie che, ai fini in esame, presenta forti analogie con il trust è costituita dal fondo
immobiliare chiuso.
Anche il fondo immobiliare, infatti, non gode di una propria soggettività giuridica, tuttavia esso rappresenta
un patrimonio autonomo, come tale idoneo a costituire centro di imputazione di interessi e di rapporti
giuridici.
6
In particolare, a quanto ci consta, gli Uffici del Territorio di: Bergamo, Caserta, Como, Cuneo, Genova, Modena, Napoli, Nuoro,
Pisa, Salerno, Savona, Ravenna, Reggio Emilia, Roma, Verbania e Viterbo.
7
C. M. Bianca, Diritto Civile, vol. 1, La norma giuridica. I soggetti, II ed, Milano, 355.
8
Contrario, ma isolato, G. Branca, Comunione, condominio negli edifici, in Trattato Scialoja Branca, 6 ed., 1982, 359-364.
9
Cfr. per una ampia disamina della questione, G. Terzago, Il condominio, 7 ed., 2010, Milano, 6 ss. La giurisprudenza, uniforme sul
punto, da molto tempo qualifica il condominio come ente di gestione privo di soggettività giuridica, senza peraltro approfondire e
illustrare tale concetto (cfr., ex multis, fra le più recenti, Cass. 20 febbraio 2009, n. 4245; Cass. 22 ottobre 2007, n. 22089; Cass. 13
febbraio 2007, n. 3064; Cass. 20 aprile 2006, n. 9282).
La questione che si è posta circa le modalità di trascrizione dei conferimenti nei fondi immobiliari è infatti
simile a quella sorta per il trust.
Relativamente alle formalità pubblicitarie a favore o contro i fondi immobiliari, si sono espressi diversi uffici
istituzionali, con riferimento a quelli gestiti dalle società costituite ex l. 23 dicembre 1996, n. 662, per
favorire il processo di dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato: tali riflessioni valgono peraltro
anche per i fondi immobiliari “privati”10, in quanto la disciplina di riferimento11 è la medesima.
Come noto, ai sensi dell’art. 36, comma 6, del Tuf, ciascun fondo comune di investimento, o ciascun
comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto dal patrimonio della società di
gestione e da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società, nonché da quello di ciascun partecipante.
Non sono ammesse azioni dei creditori della SGR, né della banca depositaria, e neanche dei creditori dei
singoli partecipanti. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di
partecipazione dei medesimi.
A tale riguardo si è espresso il Consiglio di Stato12, su richiesta del dicastero finanziario, osservando che ad
essi è riconosciuto “il grado massimo di autonomia patrimoniale, come di norma riconosciuto soltanto ad
organismi dotati di una propria specifica soggettività” e ha concluso che, “dovendosi dare rilievo primario
alle specifiche finalità di tutela degli interessi dei terzi perseguite dalle trascrizioni immobiliari […] la
titolarità dei beni facenti parte dei fondi dovrebbe essere riferita agli stessi fondi, quali centri autonomi di
imputazione di interessi, in base ai peculiari caratteri ad essi espressamente attribuiti dalle succitate norme
di legge, salve le necessarie annotazioni riguardanti il vincolo gestorio esistente, anch'esso fissato in modo
espresso dalla normativa vigente in materia”.
Sulla base di tale parere l’allora Ministero delle Finanze - dipartimento Territorio ha emanato un’apposita
circolare (Costituzione di società di gestione di fondi immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato.
Articolo 3, comma 86 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. modalità di trascrizione- Circolare
11 novembre 1999, n. 218/T13), nella quale si legge: “l’esigenza di evidenziare in maniera incontrovertibile
la titolarità, in capo ai fondi immobiliari in questione, dei beni facenti parte dei fondi medesimi, non può che
essere garantita dall'esecuzione delle formalità di trascrizione degli atti di costituzione mediante
conferimento a favore esclusivo del fondo.
Al fine di assicurare, però, una completa ed esaustiva pubblicità dei particolari rapporti giuridici
ricollegabili alla gestione dei fondi immobiliari in parola, appare indispensabile la presentazione di una
domanda di annotazione del peculiare vincolo gestorio esistente, da eseguire a margine della trascrizione
degli atti predetti.
Detta annotazione, infatti, a parere della Scrivente, garantendo ai terzi l’immediata conoscibilità del
particolare rapporto di gestione - che, come evidenziato dal Consiglio di Stato, è da ritenere strumentale
rispetto all’autonomia patrimoniale del fondo - potrà assolvere, in modo idoneo, ad una funzione integrativa
dell'informazione-base derivante dalla trascrizione a favore del fondo dell'atto costitutivo, senza alterarne o
snaturarne il contenuto.
Non appare superfluo precisare che le due ipotizzate formalità - trascrizione dell'acquisto a favore del fondo
e relativa annotazione a margine della trascrizione, della sussistenza del rapporto gestorio – trarrebbero
entrambe origine dal medesimo titolo: l'atto di costituzione del fondo mediante conferimento.
10
V. Ufficio Studi del Consiglio nazionale del Notariato, Risposta a Quesito 706-2006/C, Fondi immobiliari chiusi e trascrizione, da
cui si traggono le citazioni che seguono. Vedila pubblicata in E. Russo, Le acquisizioni di immobili e di società immobiliari,
CEDAM, 2009, p. 99
11
Originariamente contenuta nella legge 25 gennaio 1994, n. 86, e oggi trasfusa nel D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Tuf).
12
Parere n. 608/1999, Sezione Terza, adunanza 11 maggio 1999, in Cons. Stato, 1999, p. 2216.
13
La si veda pubblicata in E. Russo, Le acquisizioni [supra, nota 10], p. 95.
Dal punto di vista strettamente operativo, per l'esecuzione della formalità principale (trascrizione dell'atto
di conferimento) ed accessoria (annotazione del vincolo gestorio) potranno essere utilizzate, rispettivamente,
le seguenti descrizioni: "costituzione di fondo immobiliare chiuso" (codice 100), "costituzione di rapporto di
gestione su fondo immobiliare chiuso" (codice 700).”
Non si ignora – come è stato correttamente osservato in dottrina – che l’art. 2659 c.c. non è mai stato
modificato dalle leggi che hanno disciplinato i fondi immobiliari e pertanto non prevede che nella nota sia
indicato il nome del fondo. Sulla base di tale rilievo, gli atti dovrebbero essere trascritti a favore della SGR:
così facendo i beni acquisiti dai vari fondi comuni risulterebbero tutti intestati alla SGR, e l’indicazione
dell’appartenenza ai vari fondi comuni potrebbe essere pubblicizzata nel quadro D della nota di trascrizione14
ovvero con una separata trascrizione o annotazione (anch’esse però, a ben vedere, non previste dalla legge).
Nonostante ciò, la prassi oggi seguita è quella conforme alle indicazioni fornite dalla circolare ministeriale
sopra citata, forte delle rilevanti motivazioni sostanziali che la supportano.
La trascrizione avviene pertanto a favore del fondo immobiliare, con indicazione della sua sede e del suo
codice fiscale, e la annotazione relativa (che, come tutte le annotazioni, è compiuta a favore e contro i
medesimi soggetti della formalità cui l’annotazione si riferisce) pubblicizza il rapporto di gestione, indicando
la SGR che gestisce il fondo nel quadro D.
A tal proposito, si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione15, che potrebbe sembrare in antitesi
con quanto fin qui riportato.
La sentenza è stata resa a seguito di ricorso contro un decreto del Tribunale di Bari, che rigettava il reclamo
avverso un provvedimento del giudice delegato di una procedura fallimentare, il quale, all'esito della vendita
all'incanto di un immobile appartenente alla società fallita, ne aveva disposto il trasferimento alla società di
gestione di un fondo comune di investimento di tipo chiuso, anziché al fondo stesso, come richiesto dalla
stessa società di gestione.
Il Tribunale ritenne che, pur essendo il fondo immobiliare dotato di una soggettività giuridica distinta da
quella della società di gestione, quest’ultima si fosse resa aggiudicataria in proprio dell'immobile venduto
all'asta, avendo agito per conto, ma non anche in nome, del predetto fondo immobiliare.
La Suprema Corte, rigettando il ricorso, ritenne corretto il provvedimento del giudice delegato con il quale
l’immobile fu trasferito alla società di gestione, in quanto il fondo immobiliare risulta privo di una propria
soggettività giuridica.
I giudici di legittimità infatti, dopo aver passato in rassegna le varie ricostruzioni della fattispecie giuridica
del fondo di investimento – dalla tesi dei sottoscrittori comproprietari dei beni del fondo, a quella della
soggettività giuridica del fondo, a quella del fondo come patrimonio separato di proprietà della società di
gestione – accolgono quest’ultima, concludendo che correttamente il trasferimento immobiliare doveva
essere disposto a favore della società di gestione, e non del fondo immobiliare.
Tali considerazioni sono certamente condivisibili, né la Cassazione avrebbe potuto concludere diversamente,
non potendo il giudice ordinare il trasferimento del bene a favore di un quid non identificabile come soggetto
giuridico, né d’altro canto avrebbe potuto avallare le motivazioni del Tribunale, postulando l’esistenza di un
rapporto di mandato o di rappresentanza tra la medesima società di gestione ed il fondo, perché anch’essa
presupporrebbe una duplicità soggettiva fra società di gestione e fondo che non è invece ravvisabile.
Tuttavia, se si condivide il principio secondo cui si pongono su due piani differenti la titolarità sostanziale
del diritto e la tecnica operativa adottata ai fini della pubblicità immobiliare, allo scopo di offrire una
rappresentazione il più possibile chiara e trasparente degli effetti giuridici dell’atto, deve concludersi che tale
sentenza è priva di rilievo con riferimento al problema della trascrizione, di cui ci occupiamo.
14
Tuttavia, la nota di trascrizione si identifica, in realtà, unicamente con i primi tre quadri, mentre il quadro D è esclusivamente
“ancillare” rispetto agli altri: può contenere precisazioni, ma non già segnalazioni del tutto difformi rispetto a quanto la nota stessa
intende segnalare, né l’indicazione di un effetto giuridico che non risulti già dagli altri quadri della nota.
15
Cass. 15 luglio 2010, n. 16605, in Diritto & Giustizia 2010 (s.m.), con nota di Milizia, e in banca dati DeJure Giuffré.
D’altro canto la stessa Corte, per incidens, afferma che non sono tema della causa le modalità operative di
effettuazione della pubblicità della separazione patrimoniale che caratterizza i beni del fondo rispetto al
residuo patrimonio della società di gestione, pur sembrando optare – a livello di obiter dictum – per quella
che in questo articolo è stata definita “seconda tecnica”.
Tornando dunque ad occuparci del trust, e tentando di abbozzare una conclusione, riteniamo le
argomentazioni dei Consiglieri di Palazzo Spada e le considerazioni del Ministero sopra riportate pienamente
condivisibili e valide anche per il trust.
Peraltro, pur in mancanza di norme italiane che disciplinino l’effettuazione della pubblicità in caso di centri
di imputazioni di interessi dotati di forte autonomia patrimoniale non dotati di personalità e di soggettività
giuridica propria diversi dalle società di persone e dalle associazioni, a differenza che per i fondi
immobiliari, nel caso del trust viene in rilievo il sopra citato art 12 della Convenzione dell’Aja, il quale
facoltizza il trustee “che desidera registrare beni mobili o immobili o i titoli relativi a tali beni […] a
richiedere l’iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust, a
meno che ciò sia vietato dalla legge dello Stato nella quale la registrazione deve aver luogo ovvero
incompatibile con essa”.
La trascrizione degli atti di trasferimento immobiliare direttamente a favore del trust è senz’altro un “altro
modo che rivela l’esistenza del trust” che non pare “incompatibile con il nostro sistema pubblicitario”, ma
anzi in grado di rappresentare nella maniera più chiara ed immediata possibile gli effetti dell’atto giuridico di
trasferimento di beni ad un trustee.