Scientia - International Review of Scientific Synthesis

SCIENTIA – http://www.scientiajournal.org
International Review of Scientific Synthesis – ISSN pending
Vol. 124 – February 28th, 2013 – DOI pending
Le guerre di Troia
Diego Marin
Associazione Pangea - http://www.gruppopangea.com – Mussolente (VI) - Italy
Scientia – Vol. 124 – Le guerre di Troia
Introduzione.
La città di Troia sorge in una posizione strategica dal punto di vista commerciale, sullo
stretto dei Dardanelli dove il Mediterraneo comunica col Mar Nero. Da lì passavano le navi,
cariche dei prodotti della Colchide che includevano il lino sardonico e raffinati monili in oro.
Dalla sua scoperta ad opera di Heinrich Schliemann, nel 1871, l’archeologia ha
identificato nove strati sovrapposti, a partire dalla cosiddetta Troia I (37501 - 3250 a.C.), un
villaggio neolitico che ha restituito utensili in pietra e abitazioni dalla struttura elementare. La
prima vera città fu Troia II (3250 - 2800 a.C.), dotata di mura dalle porte enormi, un megaron
(palazzo reale) e case in mattoni crudi che recano segni di distruzione da incendio.
Probabilmente fu fondata dagli Accadi sulla collina di Hissarlik per vegliare su un porto oggi
scomparso, dal quale le loro navi partivano verso la Sardegna e Orbetello, il “Porto del Mare
Superiore”.
Dopo due secoli di pausa, nel 2400 a.C. sorse Troia III, fondata dai Teucri in fuga
dalla Mesopotamia, regione che avevano occupato nel 2.600 a.C., quando erano scesi dal
Caucaso e dai monti Zagros.
I Teucri costituivano inizialmente un unico popolo con gli Achei della Grecia, gli
Shardana della Sardegna, i Libu del Marocco e i Sabini dell’Italia Meridionale: erano
chiamati Gutei (il popolo) ed Hyksos (la classe dominante), differenziatesi poi col tempo e col
parziale isolamento.
I Teucri si erano stabiliti su tutta la costa egea della Turchia, la regione di Arzawa .
Erano fuggiti dalla ribellione del popolo accadico, che avevano sottomesso per 200 anni e che
ora tornava indipendente con la forza, guidato del nuovo re di Uruk, Utukhegal il sumero2.
Arzawa era una confederazione di città-stato, guidata ognuna dal proprio re e
sottomesse di volta in volta alla città più potente e al suo Gran-Re. Dal 1.700 a.C. ospitò nel
suo territorio la colonia di Mileto, minoica fino al 1375 a.C. e poi achea.
Nel 1200 a.C. visse la terribile carestia che fu tra le cause della grande guerra cantata
da Omero: quella di Achille, Ettore, Agamennone, Ulisse, Paride, Menelao, la bella Elena…
Fu distrutta dai Greci che già non erano più Achei, e fu ricostruita ancora dai Teucri con
l’aiuto dei Sardi, meno di un secolo dopo. Gli stessi Shardana si erano stabiliti in quegli anni
in Urartu (Siria). Da lì, nell’VIII secolo a.C. – come riporta Erodoto - presero la via verso la
Toscana per contribuire alla fioritura della civiltà etrusca. A Lemno di Arzawa fu ritrovata nel
1885 una stele in lingua etrusca, e nel 1928 vennero alla luce cocci di vasellame con la stessa
scrittura.
Secondo le tradizioni teucre, la civiltà giunse per la prima volta ad Arzawa con i
discendenti italiani di Atlante: prima con Elettra, figlia del dio, e poi con suo figlio Dardano,
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Le datazioni al radiocarbonio sono state tutte ricalibrate sulla base della dendrocronologia, riferendosi al
sito http://www.calpal-online.de/cgi-bin/quickcal.pl .
L’autore rifiuta l’esistenza dei Sumeri come popolo, per motivi ben espressi nell’appendice del libro
“Atlantidi” scritto come coautore con Erik Schievenin ed Ivan Minella, Edizioni Eremon, 2010), ritenendoli
invece la classe sacerdotale del popolo accadico.
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l’Iperboreo, il fondatore di Troia. Un’eco dell’insediamento mesopotamico dei Teucri
(Hyksos-Gutei) traspare nella leggenda dei Telchini, esseri anfibi dalla coda di pesce che
sarebbero emersi dal mare di Arzawa, per insegnare agli uomini le arti e l’astronomia. La
stessa leggenda è presente nella tradizione sumero-accadica, dove i Telchini sono chiamati
Oannes e il loro mare di origine è il Golfo Persico.
I Greci dell’epoca classica importarono da Arzawa il culto della déa Cibele, la déa dal
copricapo frigio che è la versione anatolica di Iside. I Greci caricarono la città di
romanticismo e scrissero del suo re Laomedonte, che convinse Poseidone a costruirne le mura
rifiutandosi poi di pagarlo. Il dio adirato fece assediare la città da un mostro marino, la cui
fame poteva essere placata soltanto da Esione, la figlia del re. Esione fu legata agli scogli e
consegnata in pasto al mostro come una “nuova Andromeda”. Fu salvata da Ercole, che è
l’eroe eponimo di tutti i popoli di ascendenza Hyksos-Gutea, e che stavolta vestiva i panni di
Perseo.
La prima scrittura di Arzawa fu il Luvio geroglifico, scritto per mezzo di glifi, simili a
quanti appaiono sul disco minoico di Festo. Un sigillo con geroglifici luvii venne alla luce a
Troia nell’estate 1995: si tratta del primo oggetto rinvenuto appartenente alla Troia dell’età
del Bronzo. La stessa scrittura fu usata al principio della loro storia dagli Ittiti, loro vicini
orientali arrivati in Turchia intorno al 2.000 a.C., provenienti da chissà dove. Questi vicini si
riferivano a Troia col nome di Wilusa, e furono proprio loro il principale nemico della città,
dalla loro apparizione fino alla loro scomparsa per mano di Sardi, Libu e Sabini, meglio noti
come Popoli del Mare.
La storia.
Il nome di Arzawa apparve per la prima volta negli annali di Hattusili I. Hattusili, re
ittita dal 1565 al 1540 a.C., in sei anni di spedizioni militari allargò il regno, prima limitato ai
territori a sud dell’arco descritto dal fiume Marassanta. A nord raggiunse il Mar Nero, mentre
ad est, dove il predecessore Labarna aveva posto i confini su Arzawa, condusse due
spedizioni preventive quale avvertimento ai sovrani di questa terra.
Un secolo più tardi Tudhaliya I (1420 – 1400 a.C.) affrontò una coalizione dei re di
Arzawa. Questi erano stati convinti dal re della città di Assuwa (nella zona nord-orientale) ad
approfittare di un regno ittita indebolito dalle lotte interne. L’alleanza fu sgominata nel corso
di quattro spedizioni, conclusesi con l’annientamento di Assuwa e la deportazione di 10.000
fanti e di 600 carri trainati da cavalli con i loro conduttori. Da allora, l’egemonia sulla zona
dei Dardanelli passo alla città di Troia, nella quale le tracce della guerra di Assuwa si notano
nella parte sud della rocca: uno dei palazzi più antichi (sigla VI F) fu devastato e più di venti
costosissimi vasi importati da Micene andarono distrutti. Non erano però finiti i problemi per
Tudhaliya: un vassallo traditore di nome Madduwatta rese indipendente il territorio che gli era
stato affidato, sobillò altri signori locali contro gli ittiti e portò sotto il suo controllo Arzawa.
Quando sul trono ittita salì Tudhaliya II (1375 – 1355 a.C.), nipote del re omonimo, Arzawa si
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era notevolmente rafforzata: le sue truppe mossero verso est in direzione del cuore del regno,
occupandone la parte inferiore, pronte alla conquista di tutta l’Anatolia. La nuova potenza
influenzò persino le politiche dell’Egitto: il faraone Amenofi III propose al Gran-Re di
Arzawa, Tarhuntaradu, il matrimonio con una delle sue figlie, a suggello dell’alleanza tra i
due stati. Una moglie da Arzawa giunse invece per Amenofi IV, il futuro Akhenaton, la quale
ebbe un ruolo rilevante nel convincere il marito al “ritorno” del monoteismo.
Sul letto di morte Tudhaliya II nominò erede il figlio Tudhaliya III, ma il condottiero
Suppiluliuma (1355 -1320 a.C.), figlio minore del sovrano defunto, riteneva che i fratelli
maggiori fossero incapaci di salvare la patria in quel momento di bisogno. Ordì una congiura
contando sull’appoggio dell’aristocrazia e degli ufficiali, e salì al trono dopo aver ucciso il
fratello. Con una serie di campagne militari ridusse in maniera netta le mire espansionistiche
di Arzawa e, più tardi, sfruttò l’occasione creata dai conflitti interni dei nemici per
riconquistare il regno inferiore.
La lotta per il potere costrinse Mashuiluwa, legittimo erede al trono di Arzawa, a
chiedere asilo a Suppiluliuma, il quale lo accolse con benevolenza e gli diede in moglie una
delle sue figlie. Nel frattempo gli Achei si erano insediati nella colonia minoica di Mileto
attorno al 1375 a.C., disponendo probabilmente anche di basi d’appoggio di fronte alla costa.
Gli ittiti temevano una loro espansione all’interno e rasero al suolo Mileto, dove è ancora
visibile lo strato di un incendio tra la prima e la seconda fase di insediamento acheo. Il nipote
di Suppiluliuma, Mursili II (1318 – 1290 a.C.), combatté contro Arzawa sul fiume Astarpa e
quindi la capitale Abasa (poi sostituita da Efeso) fu conquistata senza alcuna lotta. Il re
Uhhaziti, un fratello del deposto Mashuiluwa, si dette alla fuga per mare verso la Grecia
achea. La gran parte del popolo lo seguì, mentre altri si rifugiarono nella città di Puranda o fra
le montagne di Arinnanda, nella splendida penisola di fronte a Samo nota nell’antichità come
Mykale. La penisola fu assediata e i rifugiati ridotti alla fame: 15.000 di loro furono deportati
come prigionieri nella capitale ittita di Hattusa. La città di Puranda fu assediata nell’anno
successivo e fu costretta a consegnare i rifugiati dopo il taglio del rifornimento idrico. Mursili
II divise Arzawa in Mira (il nucleo del paese), Haballa (a nordest di lì) e Seha (a nordovest di
lì, lungo il fiume dello stesso nome). Vi insediò dei re-vassalli, legati ad Hattusa con trattati,
in una sorta di confederazione sotto la guida di Mira, dove fu insediato Mashuiluwa. Nel
dodicesimo anno del suo regno dovette debellare una modesta rivolta e sostituire il cognato
ribelle Mashuiluwa con il nipote e figlio adottivo Kubantakurunta, preservando comunque la
dinastia.
La regione di Troia rimase esclusa nella conquista e risuddivisione delle terre di
Arzawa per mano di Mursili II. Dato che questa terra non prese parte a nessun atto ostile
(dalla rivolta di Assuwa) e i suoi re inviavano regolarmente lettere e messaggeri ad Hattusa,
non fu coinvolta nei conflitti all’epoca di Suppiluliuma I (quand’era re Kukkunni) e Mursili
II, e mantenne la propria indipendenza. Poi riapparve Piyamaradu, nipote dello sconfitto
Uhhazziti. Egli aveva dato la figlia in moglie ad Atpa, governatore di Mileto, nel frattempo
tornata sotto gli Achei. Con l’appoggio di Mileto attaccò Troia e l’attacco colse di sorpresa il
suo re Alaksandu (figlio carnale o adottivo di Kukkunni). Alaksandu non godeva della
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simpatia di tutti a Troia, e Piyamaradu vedeva in Troia un trono vacante. Il re della confinante
Seha, Manabatarhunta, intervenne in aiuto di Alaksandu: Piyamaradu aggredì allora anche
Lesbo, che apparteneva al dominio di Seha. Manabatarhunta si ritirò precipitosamente e inviò
una richiesta d’aiuto ad Hattusa: Muwatalli II (1290 – 1272 a.C.) mise in movimento il
generale Gassu, il quale avanzò dapprima verso Mira e poi, insieme a Kubantakurunta di Mira
e a un contingente delle sue truppe, marciò verso nord. Il re di Seha ebbe però paura di
scontrarsi di nuovo con Piyamaradu e si finse ammalato. Manabatarhunta non era nuovo a tali
vigliaccherie: anni prima si era alleato con Uhhaziti per poi tirarsi indietro non appena il re
ittita si era messo in movimento verso di lui. Dato che Mursili non voleva accettare la sua
sottomissione volontaria, Manabatarhunta mandò avanti la madre affinché si gettasse ai piedi
del re. Mursili si commosse e Manabatarhunta mantenne il trono, fino a questo nuovo
sotterfugio. Muwatalli lo fece deporre in favore del figlio Masturi e lo costrinse all’esilio ad
Hattusa. Gassu e Kubantakurunta furono comunque in grado di riportare la situazione
all’ordine.
Per ottenere l’appoggio ittita, Alaksandu concluse un trattato con Muwatalli: Troia
divenne uno stato vassallo ittita come le altre terre di Arzawa. Il trattato prevedeva lealtà
incondizionata, protezione reciproca delle linee dinastiche al potere e assistenza militare.
L’ultimo punto prevedeva esplicitamente l’approntamento di carri da combattimento e truppe
appiedate da parte dei troiani, qualora il re ittita avesse deciso di scendere in armi contro un
sovrano del suo stesso rango. I Dardanoi (Troiani, da Dardano, il fondatore della città), sono
citati sia nella versione ittita che in quella egiziana tra i combattenti della battaglia di Kadesh
tra Muwatalli II e Ramses II, finita in un nulla di fatto. Nella versione ittita appaiono anche i
Lukka del sud di Arzawa. E’ curioso che in questa battaglia, combattuta nel 1284 a.C., si
scontrassero i Lukka (Teucri del sud) e i Troiani, nella file ittite, contro gli Shardana,
impiegati da Ramses nelle truppe mercenarie. Erano infatti popoli “fratelli” che discendevano
dagli stessi Gutei. Non fu però un caso isolato, perché Ramses III impiegò le truppe Shardana
dell’esercito egizio contro gli stessi Shardana che arrivavano in Egitto dalla Sardegna.
Nemmeno un secolo dopo Kadesh, gli Ittiti non furono in grado di ricambiare il favore
ai Troiani, e non intervennero nella grande guerra contro i Greci, indeboliti com’erano dalla
carestia che aveva colpito il paese e l’intero Mediterraneo. La situazione era talmente critica
che la guerra non fu nemmeno registrata negli annali.
Piyamaradu tentò un altro attacco, stavolta contro i Lukka. Il re ittita, Hattusili III
(1266 – 1236 a.C.), valutò perfino di farne un proprio vassallo, ma la situazione non ebbe un
seguito, prima per la scarsa diplomazia di Piyamaradu, che voleva parlare direttamente col re
e non con un rappresentante, poi per la morte del re-esule. In una lettera di Hattusili III ad
Atpa, nella quale il re acheo cerca di spingere il re ittita ad una soluzione pacifica, si cita una
guerra tra gli ittiti e Mileto combattuta intorno al 1250 a.C. per il controllo di Troia: “Nel caso
di Troia, a causa della quale il re della terra di Hattusa ed io eravamo nemici, lui mi ha fatto
cambiare opinione. Una… guerra non è la cosa giusta per noi!”
L’ennesima rivolta si ebbe con la morte di Masturi, re di Seha per oltre quarant’anni:
Tarhunnaradu, discendente di un re destituito della stessa famiglia di Masturi, tentò di
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riconquistare il trono con l’appoggio degli Achei. Il figlio di Hattusili III, Tudhaliya IV,
annientò rapidamente la rivolta, catturò e deportò Tarhunnaradu e riconquistò Seha. Pochi
anni dopo anche a Troia si verificò un colpo di stato, anch’esso senza successo. In questo caso
intervenne Tarkasnawa re di Mira, che in quanto capo dei re di Arzawa assolse al compito di
uomo di fiducia di Tudhaliya. Gli Achei erano in questo caso fuori dai giochi, con Mileto non
più in loro possesso e le forniture di rame da Cipro tagliate, dopo la conquista dell’isola da
parte del re ittita.
Troia è citata per altre due volte nei testi ittiti in riferimento ad una guerra civile:
Walmu, forse un nipote di Alaksandu, dovette abbandonare Troia per rifugiarsi presso
Tarkasnawa re di Mira. In rispetto al trattato con Alaksandu, Tudhaliya IV non dette la sua
approvazione al colpo di stato e ordinò che Walmu tornasse al suo posto. Ma la situazione a
Troia non rimase tranquilla e anche l’ultima citazione riguarda sommosse: Suppiluliuma II
scrisse in proposito a Mashuitta, il gran re di Mira. Era il 1.200 a.C. e poco dopo Hattusa fu
abbandonata.
La Grande Guerra.
Circa un secolo prima una carestia aveva colto impreparato il Medio Oriente, la cui
economia si basava prevalentemente sul sistema redistributivo palaziale. Il testo Storia Greca
di Marco Bettalli riporta “Se accettiamo l’idea che il sistema palaziale era fondato su un
elaborato meccanismo di controllo, una delle ragioni del collasso può essere ricercata in
queste eccessive forme di centralizzazione e sfruttamento che avrebbero reso in ultima analisi
il sistema debole, facile cioè da distruggere: raggiunta la massima espansione territoriale le
città stato non sarebbero più state in grado di sostenere il peso economico del loro apparato
organizzativo, fino a raggiungere il collasso.” L’impero Ittita, caratterizzato da una diversa
gestione delle risorse, sentì in ritardo il contraccolpo e assoggettò in quegli anni l’impero
Hurrita a sud e le terre di Arzawa a ovest.
In Grecia, il fallimento del sistema portò all’elezione di nuovi capi di sangue indigeno,
estranei all’elite achea che li aveva sottomessi e organizzati intorno al 2.400 a.C.. Erano i re
dell’Iliade, re pastori che vivevano nei sontuosi palazzi abbandonati. Alla ricerca di nuove
risorse per far fronte alla carestia, poco dopo il 1200 a.C. fu organizzata l’invasione di Troia,
che godeva di una condizione di semi-indipendenza e costituiva l’ultimo capo espiatorio delle
colpe teucro-achee. Troia (livello VIIa) scomparve sotto una spessa coltre di cenere. Dopo la
caduta della città successe però l’inaspettato: le città di Arzawa e le poche città-stato rimaste
sotto il controllo degli Achei in Grecia e a Creta, e dei Teucri in Siria, chiamarono in loro
aiuto gli alleati Sabini, Libici e Shardana, i quali non aspettavano altra occasione per far
fronte alla carestia con la presa di nuove terre. Organizzati nella confederazione dei “Popoli
del Mare”, fecero crollare l’impero Ittita, la città-stato e crocevia commerciale di Ugarit,
Karkemish, e per poco resistette l’Egitto. I nuovi arrivati portarono con sé nuovi usi e
costumi, come le cosiddette fibule ad arco di violino per affibbiare le loro vesti. Ma gli
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abitanti originari non scomparvero del tutto. Il detentore di un sigillo (uno scriba luvio),
scoperto nel 1995, visse a Troia dopo la guerra.
Quando Omero raccontò la guerra nell’Iliade, forse aveva tra le mani un resoconto
scritto. Una tavoletta in cuneiforme ittita si riferisce alla guerra e a navi achee giunte fino a
Istanuwa, presso Izmir. Ad Izmir, la patria di Omero, il luvio era ancora parlato nella sua
epoca. La leggenda secondo cui Omero sarebbe nato in Toscana non è altro che un legame
postumo creato per connettere Omero a Dardano, il fondatore di Troia, la cui patria originaria
era appunto la Toscana. I Popoli del Mare si stanziarono in Oriente col nome di Fenici, a
nord, e di Filistei, sulla striscia di Gaza. Le terre di Arzawa furono liberate ma non
conquistate, inglobate ora interamente nel regno indipendente di Mira, sotto il controllo della
dinastia di Mashuitta.
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Gli Hyksos tornarono padroni dell’Egitto
I popoli del Mare poco dopo il 1.200 a.C. misero a dura prova l’esercito del faraone
Ramses III. Dopo la sconfitta, i Libu scelsero di insediarsi all'interno del grande impero
faraonico in modo pacifico. La maggior parte di loro però non poté neppure scegliere: i
prigionieri venivano infatti inviati alle oasi per ripopolarle. Alcuni di essi offrirono al sovrano i
propri servizi in qualità di mercenari e andarono a riempire le schiere dell'esercito egizio. I
faraoni in cambio di questi favori donarono ai Libici diversi terreni che contribuirono a creare
quelle colonie militari che assunsero grande importanza al termine della XXI dinastia. Ogni
colonia era guidata da un capo libico che si faceva chiamare "Gran Capo dei Ma”. I Libici
adottarono presto i costumi e le abitudini del popolo egizio conservando però i propri nomi.
Inoltre non persero l'abitudine di fissarsi tra i capelli una doppia piuma ed è per questa usanza
che venivano indicati dagli Egizi con il nome di "Gente che portava la doppia piuma".
All'inizio della XXII dinastia il trono d'Egitto fu occupato dal libico Sheshonq I (regno 943925 a.C.). La sua famiglia si trovava in Egitto da circa sei generazioni e Sheshonq era generale
dell'esercito e consigliere del re. Era nipote di Osorkon il Vecchio e discendeva da un "Capo dei
Ma" di nome Buyuwawa, che aveva vissuto in un'oasi del deserto libico alla fine dell'epoca
ramesseide.
Vincoli di sangue lo legavano inoltre alla famiglia del faraone Psusennes II, al quale aveva
chiesto l'autorizzazione per creare ad Abydos un culto funerario per il padre defunto. Con
Sheshonq gli Hyksos tornavano padroni dell’Egitto 3, ancora una volta per 200 anni, prima di
esser deposti dal faraone kushita Kashta.
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Gli Hyksos avevano già conquistato il Basso Egitto nel 1.750 a.C.. Non tutti gli Hyksos avevano
infatti attraversato il mare dopo la rivolta di Utukhegal; alcuni gruppi si erano rifugiati sul tavolato
cisgiordano, mescolandosi ai nomadi Shasu, gli antenati degli Ebrei. Da qui erano entrati in Egitto, dove
rimasero fino al 1.550 a.C., quando furono cacciati da Kamose, faraone dell’Alto Egitto.
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