7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS 7. Inflazione e Reddito nel

7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
7. Inflazione e Reddito nel modello AD/AS
Con il modello IS/LM si considera sostanzialmente un' analisi di breve periodo: non è
perciò possibile esaminare le conseguenze che le scelte del governo e degli operatori
privati possono avere sull'andamento del sistema economico in un periodo di tempo
più ampio. Per estendere l'orizzonte temporale si devono prendere in considerazione
gli effetti che le diverse scelte hanno sul livello generale dei prezzi e sull'andamento
dell'inflazione, evidenziando in particolare il ruolo delle
aspettative sui
comportamenti degli operatori e le caratteristiche del mercato del lavoro, con i
connessi problemi di disoccupazione.
Nella nostra analisi sono stati affrontati problemi di crescita parlando del Prodotto
Interno Lordo, dell'andamento del tasso d' inflazione, della disoccupazione e del
mercato del lavoro, individuando alcuni aspetti generali. Ora occorre approfondire
l’analisi cercando di completare il modello che abbiamo costruito per capire il
funzionamento del sistema economico a livello aggregato. Questi sono stati argomenti
molto dibattuti negli ultimi anni, e non vi sono conclusioni univoche anche se,
nell’analisi sia dell’inflazione che della disoccupazione, vi sono stati importanti
sviluppi che hanno fortemente influenzato la teoria economica.
7.1. Il mercato del lavoro e la determinazione dei salari.
Sino ad ora abbiamo considerato il mercato del lavoro come un mercato di
concorrenza perfetta con salari flessibili dove l’incontro fra domanda e offerta
determina sempre un salario di equilibrio e il pieno impiego delle risorse. In effetti
questo tipo di impostazione è poco credibile: assumere che i salari siano sempre al
livello di equilibrio e che il mercato del lavoro sia perfettamente concorrenziale ,
significa ignorare una serie di elementi, come ad esempio la forza dei sindacati e la
qualificazione del lavoro, che hanno evidente influenza sul livello del salario. In effetti
tanto maggiore la forza o l’organizzazione dei sindacati tanto più elevato tende ad
essere il livello dei salari, così come aumenta il potere contrattuale del lavoratore a
seconda della sua qualificazione. D’altra parte sono evidenti le differenze fra i paesi:
il mercato del lavoro nei paesi anglosassoni, cioè negli Stati Uniti e nel Regno Unito è
diverso dal mercato del lavoro nei paesi dell’Europa continentale, dove ci sono
maggiori garanzie, ed entrambi i mercati sono diversi da quello del Giappone dove
l’identificazione del lavoratore con l’azienda è molto forte, l’azienda diventa “la
famiglia” del lavoratore.
Al di là delle caratteristiche specifiche, si possono comunque considerare alcuni
elementi comuni a tutti i mercati del lavoro: innanzitutto il fatto che i salari
difficilmente raggiungono il livello minimo. I salari in effetti tendono a mantenersi al
di sopra di quello che si chiama salario di riserva, cioè il salario minino che il
lavoratore è disposto ad accettare per rimanere nell’impiego. I contratti dei lavoratori
hanno una durata temporale piuttosto ampia e non vengono messi in discussione
continuamente: anche se le condizioni del mercato spingono i salari verso il basso
nelle nuove contrattazioni, quelli già siglati continuano a mantenere un livello più
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elevato sino alla scadenza. Altro elemento che può influenzare il livello del salario,
come l'analisi di Phillips ha dimostrato, sono le condizioni esistenti sul mercato del
lavoro. E’ noto che il livello del salario è diverso a seconda che sul mercato del lavoro
esista un elevato livello di disoccupazione ovvero si sia vicini al pieno impiego: tanto
maggiore il livello di disoccupazione tanto più elevato l’eccesso dell’offerta di lavoro
sulla domanda e tanto minore tende ad essere il livello dei salari. Anche l’esistenza di
vincoli ed elementi normativi ed istituzionali possono influenzare il livello del salario:
ad esempio alcuni economisti americani ritengono che un sussidio di disoccupazione
troppo elevato permetta ai lavoratori di non accettare qualunque offerta di lavoro e,
quindi, spinge verso l’alto il livello dei salari. Facendo riferimento all’esperienza
italiana si può affermare che, secondo alcuni, la normativa e gli accordi esistenti sui
diritti dei lavoratori , come i vincoli alla possibilità di licenziamento senza giusta
causa, la previdenza, la tutela della maternità, etc., irrigidiscono il mercato del lavoro
e tendono a fare aumentare il costo del lavoro. Non stiamo esprimendo un giudizio di
valore contro questi diritti, ma semplicemente rilevando come il livello del salario
viene ad essere condizionato da una serie di elementi istituzionali che, pur
differenziandosi da Paese a Paese, hanno molti tratti in comune. D’altra parte il
concetto di flessibilità, che ha avuto una gran diffusione negli ultimi anni, fa
riferimento proprio a questi vincoli del mercato.
I motivi che allontanano nella realtà il mercato del lavoro dall’equilibrio di
concorrenza perfetta sono stati analizzati sia con riferimento al comportamento dei
lavoratori che con riferimento alle scelte economiche delle imprese. Per quanto
riguarda la forza contrattuale dei lavoratori, ovvero il loro potere di mercato, si può
ipotizzare che sia innanzitutto legata al livello di qualificazione dell’impiego: è chiaro
che tanto più l’attività lavorativa è qualificata tanto maggiore è la forza contrattuale
del lavoratore, il grande architetto e il manager hanno un contratto personale, il
commesso di un supermercato ha un contratto che non è personale ma redatto dalle
associazioni di categoria, quindi un contratto generale. Anche le condizioni del
mercato, e specificamente i livelli di disoccupazione, incidono sul potere di mercato
dei lavoratori: la possibilità di trovare con facilità un'altra occupazione fa aumentare la
forza contrattuale del lavoratore che può scegliere con tranquillità. Un basso livello di
disoccupazione accresce, quindi, il potere contrattuale dei lavoratori che, avendo una
maggiore possibilità di scelta, possono ottenere livelli di salario più elevati. D’altra
parte, in una situazione di bassa disoccupazione, le imprese hanno difficoltà a trovare
lavoratori disponibili e sono perciò disposte a pagare livelli di salario più elevati.
La cosiddetta teoria dei salari di efficienza cerca di spiegare perché le imprese hanno
convenienza a pagare salari che sono superiori al minino. Come sappiamo, poiché il
costo per unità di prodotto dipende dalla produttività del fattore, le imprese devono
considerare il salario pagato a ciascun lavoratore in rapporto alla quantità di prodotto
che questi realizza: hanno perciò convenienza economica ad avere i lavoratori più
produttivi. La teoria dei salari di efficienza sostiene che uno dei modi per accrescere la
produttività del lavoro è quello di pagare salari più elevati, perché il lavoratore che
riceve un salario elevato è meglio disposto per l’impresa; inoltre se le imprese tendono
a pagare salari minimi, e quindi a sostituire i lavoratori per portare il livello del salario
al minino, finiscono per determinare una selezione avversa, visto che i lavoratori più
efficienti, in grado di trovare facilmente un’occupazione alternativa, se ne andranno e
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alla fine resteranno quelli che hanno meno voglia di lavorare. D’altra parte per istruire
i lavoratori, e quindi determinare una produttività elevata, occorre tempo che
rappresenta un costo per le imprese: sostituire lavoratori per pagare salari minori
significa perdere capitale umano accumulato, in termini di professionalità, di fiducia e
così via. Anche in quest’ottica sono importanti la natura del lavoro e le condizioni di
disoccupazione esistenti sul mercato del lavoro. E’ evidente che un operaio
specializzato e più difficile da sostituire di un operaio generico e pertanto potrà
ottenere un salario più elevato. Allo stesso tempo se vi sono livelli di disoccupazione
elevata le imprese possono trovare con maggiore facilità lavoratori per un determinato
impiego e riescono, pertanto, a pagare salari in media più bassi.
7.1.1 Mercato del lavoro e tasso di disoccupazione naturale
Per prendere in considerazione il ruolo che possono avere sia prezzi che la
disoccupazione nella determinazione nell’equilibrio economico, sono stati introdotti i
concetti di aspettative sui prezzi e il tasso di disoccupazione naturale come elementi
che possono influenzare il mercato del lavoro e, attraverso questa via, influenzare il
livello dei prezzi e i livelli di produzione del sistema economico.
In particolare è stata individuata la cosiddetta equazione dei salari
W = Pe F(u, z)
che pone il salario nominale W, contrattato dai lavoratori sul mercato del lavoro, in
relazione al tasso di disoccupazione (u ), date le aspettative sul livello dei prezzi ( Pe) e
gli aspetti istituzionali del mercato del lavoro (z). Si è considerata, inoltre, la
cosiddetta equazione dei prezzi
P = (1 + μ) W
che determina il prezzo, in mercati di concorrenza imperfetta, sulla base della teoria del
costo pieno: le imprese fissano i prezzi P aggiungendo al livello del salario (W) una
certa percentuale di ricarico (1 + μ) che serve a coprire la quota di profitto e i costi
fissi.
Sostituendo l’equazione del salario nell’equazione dei prezzi, si determina il tasso
naturale di disoccupazione, cioè il livello di disoccupazione che garantisce la stabilità
dei prezzi perché sia i lavoratori che le imprese sono d’accordo sul livello del salario
reale.
P = (1 + μ) Pe F (u, z)
Il livello dei prezzi dipende dal tasso di disoccupazione (u), date le aspettative Pe , il
margine di ricarico delle imprese (1 + μ), gli aspetti istituzionali del mercato del lavoro
(z). Si può definire tasso di disoccupazione naturale quel livello di disoccupazione che
rende eguali le aspettative dei prezzi che i lavoratori avevano al momento della stipula
dei contratti e il livello dei prezzi fissato dalle imprese; i salari reali si mantengono
stabili, sia i lavoratori che le imprese sono soddisfatti e i prezzi non variano. Se il
livello di disoccupazione si riduce al di sotto del tasso naturale il livello del salario
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tende a crescere e le imprese aumentano i prezzi. Al contrario se il livello di
disoccupazione è superiore al tasso naturale i salari nominali ( sarebbe meglio parlare
di tasso d'incremento piuttosto che di livello assoluto del salario nominale)cominciano
a ridursi e le imprese tendono ad abbassare i prezzi.
Per rendere questa analisi più omogenea ed integrarla a quella svolta precedentemente,
consideriamo il mercato del lavoro nell’ottica della domanda e dell’offerta sostituendo
ai valori di disoccupazione quelli di occupazione. Ricordiamo che il tasso di
disoccupazione (u) misura il rapporto fra lavoratori disoccupati e forza lavoro (U/L),
dato che la forza lavoro (L) è uguale alla somma di occupati (N) e disoccupati (U)
possiamo individuare la quota di disoccupati sulla forza lavoro come differenza fra
forza lavoro ed occupati (1-N/L). In simboli:
u = U/L
poiché
L= U+N
possiamo scrivere
U = 1- N / L
Sostituendo il livello di occupazione al posto della disoccupazione trasformiamo la funzione
dei salari
W = Pe F(u, z)
che esprime una relazione inversa fra salario e tasso di disoccupazione, in una funzione di
offerta di lavoro
W = Pe F {(1- N/L), z}
dove si assume il salario in relazione diretta al livello di occupazione, date le aspettative sui
prezzi e gli aspetti istituzionali del mercato del lavoro.
La domanda di lavoro delle imprese può essere determinata sulla funzione di prezzo:
ricordiamo che in mercati di concorrenza imperfetta le imprese domandano lavoro se il
prezzo del prodotto copre il costo del lavoro e il margine di ricarico,
P = (1+μ)W
Assumendo che la produttività marginale del lavoro sia costante, possiamo dire che il costo
per l’impresa è costante, e la domanda di lavoro si presenta, quindi, orizzontale.
Nella figura 7.1.1, dove poniamo il salario reale in ordinata e il livello di occupazione in
ascissa, la domanda di lavoro si presenta, dato un certo margine di ricarico, come orizzontale
rispetto al salario reale. L’offerta di lavoro si presenta invece crescente, ad indicare che i
lavoratori sono disposti ad una maggiore occupazione se aumenta il salario reale. Data la
forza lavoro complessiva (L), il livello di occupazione di equilibrio N* si determina
dall’incontro fra offerta e domanda di lavoro, ON* ci indica il livello di occupazione , mentre
N*L ci indica la disoccupazione, cioè la differenza tra la forza lavoro e gli occupati.
In connessione con il tasso di disoccupazione anche il livello di occupazione di equilibrio
può definirsi naturale quando garantisce la stabilità dei prezzi. Va precisato che non c’è
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niente di naturale in quanto il tasso di occupazione naturale , cioè quel tasso di occupazione
che garantisce la stabilità dei prezzi, oltre che dal livello di disoccupazione esistente nel
sistema economico dipende dal livello dei prezzi attesi, dalle variabili istituzionali che
influenzano la determinazione del salario, e dal potere di mercato delle imprese che si
evidenzia nel margine di ricarico sui prezzi. In effetti alcuni economisti hanno proposto di
chiamarlo strutturale piuttosto che naturale.
Figura 7.1.1 Equilibrio sul mercato del lavoro
W/P
L
NS
E
ND
W/P
O
N*
L
N
7.1.2 Dall’equilibrio sul mercato del lavoro alla curva di offerta aggregata.
Sostituendo all’occupazione il livello di produzione si può individuare la relazione esistente
fra livello di produzione e livello dei prezzi.
Assumendo una funzione di produzione particolarmente semplice dove il lavoro è l'unico
fattore variabile e la relazione fra occupazione e prodotto è unitaria , per cui ad ogni unità di
lavoro corrisponde una unità di prodotto
Y=N
sostituendo il corrispondente valore di produzione a quello del lavoro, la nostra equazione di
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
offerta di lavoro diventa
W = Pe F [(1- Y/L), z]
che pone una relazione diretta fra livello del salario e livello di reddito dato che aumentando
il reddito (Y) si riduce la quota di disoccupazione (u) e, quindi, aumenta il salario.
Per porre in relazione il livello di produzione e il livello dei prezzi, considerato determinato
dalle imprese e definito come
P = (1+μ)W
sostituiamo la definizione di salario che abbiamo dato, cioè il salario determinato dal livello
dei prezzi attesi Pe, dal livello di produzione, e da z, avremo che
P = (1+μ)Pe F [(1- Y/L), z]
che per comodità scriviamo
P = Pe (1+μ) F [(1- Y/L), z]
Il livello dei prezzi è funzione diretta del livello di produzione (Y) dati il livello dei prezzi
attesi (Pe), il margine di ricarico che fanno le imprese sulla base del costo pieno (1+μ), e gli
aspetti istituzionali del mercato del lavoro (z).
Alla fine di questo procedimento di sostituzione, che ci ha permesso di passare dalla
disoccupazione all’occupazione, e dall’occupazione alla produzione, abbiamo una relazione
diretta tra livello generale dei prezzi e livello del prodotto nazionale. Questa relazione
evidenzia come al crescere del livello di produzione, diminuisce la quota di disoccupazione e
aumenta il livello generale dei prezzi, fermi restando il livello atteso dei prezzi, il margine di
ricarica e gli elementi istituzionali del mercato del lavoro.
La relazione diretta fra aumento della produzione e aumento dei prezzi dipende dal fatto che
per aumentare la produzione occorre aumentare l’occupazione e ridurre la disoccupazione,
per assumere un maggior numero di lavoratori nel medio periodo occorre aumentare i salari,
aumentando i salari aumenta il costo per le imprese che, quindi, aumentano i prezzi. Questa
funzione, che pone il livello dei prezzi in relazione al livello del reddito, dati tutti gli altri
elementi che abbiamo citato, non è altro che la funzione di offerta aggregata, che
evidenzia la relazione fra livello del prodotto e livello generale dei prezzi. La funzione di
offerta aggregata è stata già analizzata nell'ambito del modello Keynesiano e di quello
Liberista quando abbiamo considerato la relazione fra mercato del lavoro e mercato dei
prodotti a livello aggregato, e abbiamo evidenziato la relazione fra prodotto nazionale e
livello generale dei prezzi. Ricordiamo che nel modello liberista la perfetta flessibilità dei
prezzi, in mercati di concorrenza perfetta, garantisce l'equilibrio di pieno impiego sul
mercato del lavoro e, di conseguenza, un'offerta aggregata determinata dalla capacità
produttiva del sistema: l'offerta aggregata si presenta come verticale. Nel modello
keynesiano, viceversa, il livello di produzione è determinato dalla domanda aggregata e può
anche collocarsi a livello di sottoccupazione delle risorse produttive: l'offerta aggregata si
presenta come orizzontale. In questo modello invece la curva di offerta aggregata si presenta
crescente all'aumentare del livello generale dei prezzi.
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
7.1. 3 Curva di offerta aggregata e livello di produzione naturale
La curva AS rappresenta la funzione di offerta aggregata.
P = Pe (1+μ) F [(1 - Y/L), z]
Su questa funzione di offerta aggregata si ha la relazione diretta fra produzione e prezzi, ad
indicare che se si vuole aumentare il livello del prodotto, occorre aumentare l’occupazione e
il livello del salario e, quindi, le imprese aumenteranno il livello dei prezzi.
La curva di offerta aggregata AS è influenzata dal potere di mercato delle imprese e dalla
loro capacità di variare il livello dei prezzi attraverso il margine di ricarico ( μ ): se le
imprese aumentano il margine di ricarico lo stesso livello di produzione diventa compatibile
con un livello dei prezzi più elevato. La curva AS si sposta verso sinistra e verso l'alto.
Analogamente un cambiamento nelle condizioni istituzionali del mercato del lavoro ( z ), che
tenda a migliorare le condizioni dei lavoratori e a spingere verso l'alto i salari e i prezzi,
sposta la curva AS verso sinistra e verso l'alto.
La curva di offerta aggregata è influenzata anche dal livello dei prezzi attesi (Pe ) perché, se
si modificano le aspettative, i lavoratori cominceranno a chiedere livelli di salario più
elevati e le imprese aumenteranno il livello dei prezzi; quindi a parità di reddito se aumenta
il livello dei prezzi attesi la curva AS si sposta verso l’alto e verso sinistra ad indicare che lo
stesso livello di reddito è ora compatibile con un livello dei prezzi superiore.
Figura 7.1.3. Curva AS e livello di produzione naturale
P
AS'
C
AS
B
P'=P'e
P=Pe
A
O
Yn
Y1
Y
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
La curva AS si sposta ovviamente verso il basso e verso destra quando vi sono aspettative di
riduzione dei prezzi.
Se il livello dei prezzi attesi è uguale al livello corrente il livello generale dei prezzi si
mantiene invece stabile: in analogia con i concetti di tasso di disoccupazione naturale e di
tasso di occupazione naturale, si definisce il livello di produzione naturale come quel
livello di prodotto che rende uguali prezzi attesi e livello generale dei prezzi .
Sul grafico 7.1.3, che riporta in ascissa il livello di produzione e in ordinata il livello
generale dei prezzi, tracciamo una curva di offerta aggregata AS e individuiamo in
corrispondenza al punto A il livello di produzione naturale ( Yn) in corrispondenza del quale
il livello dei prezzi è uguale alle aspettative, e i prezzi sono, dunque, stabili.
Se il livello di produzione dovesse essere maggiore del livello del prodotto naturale,Y1 > Yn,
il livello dei prezzi P1 è superiore alle aspettative, i prezzi sono cresciuti più di quanto non ci
si aspettasse. I lavoratori modificano le loro aspettative e cercano di adeguare i propri
redditi chiedendo aumenti dei salari e, in risposta, le imprese aumentano i prezzi. Il livello
di produzione naturale ( Yn) è ora compatibile con un livello dei prezzi più elevato
corrispondente alle nuove aspettative : la curva di offerta aggregata si sposta verso sinistra e
verso l'alto. Nel punto B il livello del reddito Y1 è compatibile con un livello dei prezzi
superiore a quello atteso. Gli operatori adeguano le loro aspettative ai nuovi prezzi e la curva
AS si sposta verso l’alto e verso sinistra in AS1 sulla quale si individua, in corrispondenza al
punto C, il livello di prezzi adeguato alle nuove aspettative.
Il livello della funzione di offerta aggregata dipende dunque dal tasso naturale di
produzione (Yn) : se il reddito effettivo è superiore al livello di produzione naturale i prezzi
sono superiori a quelli attesi, si modificano le aspettative, aumentano i salari e, quindi,
aumentano i prezzi. Il livello di produzione naturale diventa compatibile con un livello dei
prezzi più elevato e la funzione AS si sposta a sinistra. Viceversa se il livello del reddito è
inferiore al livello di produzione naturale le aspettative si modificano verso il basso,
l’aumento dei salari si riduce, le imprese riducono l’aumento dei prezzi e lo stesso livello di
produzione diventa compatibile con un livello dei prezzi minore: la curva AS si sposta a
destra.
7.2.1 La domanda aggregata
L’offerta aggregata è derivata dal mercato delle risorse e permette di introdurre nel nostro
modello il mercato del lavoro, mentre il mercato delle merci, quello monetario e quello dei
titoli, determinano il livello della domanda aggregata.
Come abbiamo visto il modello IS-LM indica coppie di valori di interesse e di reddito che
danno l’equilibrio simultaneo sul mercato delle merci e in quello della moneta.
L’equilibrio sul mercato delle merci è dato dalla funzione
Y= α (Ā - di)
ad indicare che il livello della spesa dipende dal valore del moltiplicatore ( α), a sua volta
legato alla propensione marginale al consumo, dalle componenti autonome della spesa Ā
(consumo autonomo, investimento autonomo, spesa pubblica, imposte) e dalla spesa per
investimenti, che a sua volta, è influenzata dal tasso d'interesse di mercato (-di). Infatti,
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
come ricordiamo, se il tasso d'interesse di mercato aumenta il costo finanziario degli
investimenti cresce, la spesa per investimenti si riduce, la spesa aggregata si riduce, il livello
del reddito si riduce.
L'equilibrio sul mercato della moneta è dato dalla funzione
kY -M/P
I = ————
h
Dove ( i ) indica il tasso d’interesse che porta in equilibrio domanda e offerta di moneta dato
il livello del reddito (Y), che influenza la domanda di moneta come mezzo di pagamento,
l’offerta di moneta in termini reali (M/P), e la reattività della domanda di moneta speculativa
al tasso d’interesse (h).
Figura 7.2.1 Dal modello IS/LM alla curva AD
i
LM1
LM
i1
A1
i
A
Y1
Y
Y
P
P1
A1
P
A
AD
Y1
Y
Y
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
Per derivare la domanda aggregata del sistema economico dobbiamo considerare il livello di
spesa in relazione al livello generale dei prezzi: nell’ambito del modello IS-LM il livello
generale dei prezzi influenza l’offerta di moneta, dato che agli operatori non interessa la
quantità di moneta nominale ma il potere d’acquisto della moneta. Si parla, infatti, di offerta
di moneta in termini reali dato dal rapporto M/P : quando aumenta il livello generale dei
prezzi si riduce il potere d’acquisto e l’offerta di moneta in termini reali. Sul mercato della
moneta si determina un eccesso di domanda e il tasso d’interesse aumenta
P↑
M
↓ i↑
P
All’aumentare del tasso d’interesse diminuisce la spesa per investimenti, la domanda
aggregata si riduce, il livello del reddito e di produzione si riduce.
I ↓ AD ↓ Y ↓
Quindi, attraverso il mercato della moneta e il mercato delle merci si può individuare la
relazione fra livello dei prezzi e livello del prodotto: mano a mano che il livello dei prezzi
aumenta la domanda aggregata tende a diminuire.
Per costruire la curva di domanda aggregata AD consideriamo due grafici: in quello
superiore rappresentiamo un sistema di curve IS/LM che si incontrano nel punto A in
corrispondenza a valori di interesse (i) e di reddito (Y). In corrispondenza a questo valore di
reddito(Y) individuiamo sul grafico sottostante il punto A che ha come coordinata sull’asse
delle ordinate il livello dei prezzi (P). Se il livello dei prezzi aumenta l’offerta reale di
moneta diminuisce determinando un eccesso di domanda e un aumento del tasso d’interesse
di mercato, in altri termini la LM si sposta verso il l’alto e verso sinistra in LM1. Mano a
mano che aumenta il tasso d’interesse si riduce la spesa per investimenti, la domanda
aggregata e il livello del reddito: alla fine si raggiunge un nuovo equilibrio in corrispondenza
al punto A1 con un tasso di interesse più elevato ( i 1) e un livello del reddito minore (Y1).
Questo livello del reddito lo riportiamo nel grafico sottostante Y’ e individuiamo il livello dei
prezzi ( P1) in corrispondenza al punto A1: per i due punti tracciamo un segmento che
rappresenta la funzione di domanda aggregata (AD). La funzione AD si presenta decrescente
da sinistra verso destra ad indicare che esiste una relazione inversa fra livello generale dei
prezzi e livello del reddito: se il livello generale dei prezzi aumenta com’è intuibile la spesa
degli operatori si riduce e quindi anche il livello di produzione e di reddito.
7 .2.2 Effetti della politica fiscale e della politica monetaria sulla funzione AD
Per semplicità di analisi consideriamo solo alcuni degli elementi che influenzano il livello
della domanda aggregata in modo da poter evidenziare gli effetti della politica monetaria e
della politica fiscale . Facciamo dipendere, perciò, la Domanda Aggregata dall’offerta di
moneta in termini reali, dall’ammontare della spesa pubblica e delle imposte. Questo non
significa che le altre componenti autonome della spesa, come ad esempio le esportazioni in
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
una economia aperta, non abbiano effetti, ma semplicemente consideriamo nella funzione
questi elementi, l’offerta di moneta in termini reali M/P, la spesa pubblica G, le imposte T,
per evidenziare gli effetti delle politiche monetarie e delle politiche fiscali nel breve e nel
medio periodo.
Scriviamo perciò la funzione AD in modo semplificato
Y=Y [ (M/P) +G -T]
E’ chiaro che se aumenta la spesa pubblica G, dato il livello dei prezzi la domanda aggregata
è più elevata e il livello del reddito cresce
_
G ↑ AD ↑ P Y ↑ AD↑
Quindi a parità di prezzo il reddito è maggiore, la AD si sposta verso l’alto e verso destra.
Se crescono le imposte T, la domanda aggregata diminuisce, dato il livello dei prezzi il
livello del reddito è minore, la curva AD si sposta verso il basso e verso sinistra.
_
T ↑ AD ↓ P Y ↓
AD ↓
Questi sono effetti determinati dalla politica fiscale, espansiva nel primo caso, restrittiva nel
secondo caso.
La politica monetaria può essere determinata da variazioni nell’offerta di moneta.
Innanzitutto variazioni della quantità nominale di moneta M: dati i prezzi se aumenta la
quantità di moneta, aumenta l’offerta di moneta, il tasso di interesse diminuisce, aumenta la
spesa per investimenti, aumenta la domanda aggregata, e quindi, il livello del reddito. La
curva AD si sposta verso l'alto e verso destra.
_
Ms ↑ > MD i ↓ I ↑ P Y ↑ AD ↑
Effetti opposti si hanno se aumenta il livello generale dei prezzi, perché si riduce l’offerta di
moneta in termini reali, cresce il tasso d’interesse, diminuisce la spesa per investimenti, la
domanda aggregata diminuisce , si riduce il livello del reddito.
P ↑ M/P ↓ i ↑ I ↓ P Y ↓
AD ↓
In termini grafici abbiamo che la curva AD si sposta verso il basso.
7. 3 .1 Il modello AD /AS.
Consideriamo l’equilibrio fra offerta e domanda aggregata.
L’equazione della AS dice che il livello dei prezzi è funzione del livello del reddito nazionale
(Y) e dipende dal livello dei prezzi attesi (Pe), dal potere di mercato delle imprese, espresso
da (1+μ), e dalle condizioni istituzionali sul mercato del lavoro ( z ),
P = Pe (1+μ) F[(1- Y /L), z]
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
Evidenziando soltanto le componenti della politica monetaria e della politica fiscale,
possiamo scrivere la domanda aggregata in funzione dell’offerta reale di moneta, della spesa
pubblica e delle imposte, ferme restando tutte le altre componenti autonome della spesa.
Y=Y [ (M/P) +G -T]
Illustriamo l’offerta e la domanda aggregata nella figura 7.3.1 dove poniamo in ascissa il
livello del reddito e in ordinata il livello dei prezzi. Quando la domanda aggregata e l’offerta
aggregata sono uguali, abbiamo l’equilibrio simultaneo sul mercato del lavoro, delle merci e
su quello finanziario, e individuiamo il livello dei prezzi compatibile con quel livello di
produzione.
Figura 7.3.1 Il modello AD /AS con aspettative
AS2
P
AS1
A3
3
P =P
AS
e
P2>Pe
A2
P1>Pe
P=Pe
A1
A
Yn
AD
Y2
Y1
Y
Se il livello del reddito corrisponde al suo tasso naturale i prezzi sono stabili e la condizione
di equilibrio si mantiene anche nel medio periodo visto che le aspettative sono confermate.
Al contrario se il reddito di equilibrio si colloca ad un livello diverso dal tasso naturale la
situazione non può essere considerata stabile e nel medio periodo il livello dei prezzi e il
livello del reddito dovranno cambiare.
Nella figura 7.3.1. in corrispondenza al punto A1 individuiamo il livello del reddito e il
livello generale dei prezzi che portano in equilibrio domanda e offerta aggregata. Può darsi
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
che questo livello di equilibrio sia uguale al livello del reddito naturale, cioè al livello di
produzione che rende il livello dei prezzi effettivo uguale alle aspettative: in questo caso i
prezzi si mantengono stabili, la situazione è in equilibrio nel breve e nel medio periodo. Se,
invece, il livello del reddito fosse diverso dal suo tasso naturale Yn , questo potrebbe essere
soltanto un equilibrio di breve periodo ma non di medio periodo. Ipotizziamo, ad esempio,
che il livello del reddito di equilibrio Y1, in corrispondenza al punto A1, sia superiore al
livello di prodotto naturale, Y1 > Yn , in questo caso il livello effettivo dei prezzi P1 è
superiore al livello atteso dei prezzi , P1 > Pe .
Nel breve periodo non succede niente, perché gli operatori non hanno il tempo di variare i
loro redditi ed i prezzi , ma se si considera un periodo di tempo più lungo gli operatori
modificano le loro aspettative e cercano di adeguare i propri redditi ai nuovi prezzi. Ad
esempio i lavoratori chiedono un aumento dei salari che tiene conto delle nuove aspettative
per cercare di adeguare il loro reddito reale; di fronte ad un aumento dei salari le imprese,
che vedono crescere il costo del lavoro, accrescono a loro volta i prezzi mettendo in moto un
meccanismo di adeguamento dei prezzi ai salari e di questi ai prezzi: in conclusione
l'aumento dei prezzi porta ad un revisione verso l'alto delle aspettative, ad un aumento dei
salari, ad una crescita della disoccupazione , ad una riduzione del livello di produzione . Sul
grafico la curva AS tende a spostarsi verso l’alto e verso sinistra, in AS1. Allo stesso tempo,
aumentando il livello generale dei prezzi, l’offerta di moneta in termini reali si riduce, e
quindi, il tasso di interesse cresce, la spesa per investimenti si riduce, la domanda aggregata
si riduce: mano a mano che i prezzi crescono ci muoviamo lungo la curva AD verso sinistra
e verso l'alto. Si raggiunge una nuova situazione di equilibrio fra domanda e offerta
aggregata in corrispondenza al punto A2, con un livello del reddito minore (Y2) e un livello
dei prezzi più elevato ( P2).
Ma la situazione non si può considerare di equilibrio di medio periodo perché, ancora una
volta il reddito di equilibrio (Y2) è al di sopra del tasso di produzione naturale e l'inflazione,
quindi, è più elevata di quanto si aspettassero gli operatori. Se i prezzi effettivi superano i
prezzi attesi gli operatori modificano le loro aspettative per un aumento dei prezzi e cercano
di adeguare i propri redditi: si determina un ulteriore aumento dei salari, un aumento dei
prezzi, una riduzione dell'occupazione e della produzione. La curva AS1 si sposta
ulteriormente verso sinistra e verso l’alto in AS2, il livello dei prezzi cresce ulteriormente e il
reddito si riduce sino alla nuova situazione di equilibrio in A3 . Il nuovo equilibrio
corrisponde al livello di produzione naturale ( Yn) , cioè al livello di produzione in cui i
prezzi attesi sono uguali ai prezzi realizzati, P3 = Pe , quindi non c’è più aspettativa di
aumento dei prezzi e la situazione diventa stabile: abbiamo un livello dei prezzi superiore al
breve periodo e un livello del reddito che è tornato al suo tasso naturale.
7.3.2 La politica monetaria nel medio periodo
Il modello AD/AS consente di estendere l’analisi sugli effetti della politica fiscale e della
politica monetaria nel medio periodo, modificando le conclusioni alle quali si può pervenire
con un’analisi di breve periodo. Consideriamo, ad esempio, una politica monetaria espansiva
diretta ad accrescere il livello della produzione e del reddito. L’aumento dell’offerta di
moneta e la riduzione del tasso d’interesse determinano una crescita della spesa per
Investimenti e un aumento della Domanda Aggregata che eccede l’Offerta Aggregata; i
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137
7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
prezzi aumentano contenendo, da un lato, il livello della spesa e consentendo, dall’altro, di
aumentare i salari, l‘occupazione e la produzione; alla fine si giunge ad una nuova situazione
di equilibrio con prezzi e reddito più elevati.
MS ↑ >MD i↓ I↑ AD↑ >AS P↑ W↑ N↑ Y↑
Nella figura 7.3.2 questa politica può essere descritta con il modello AD/AS partendo da una
situazione di equilibrio individuata dal punto (A) in corrispondenza del quale domanda ed
offerta si incontrano al livello dei prezzi P, per definizione uguale al livello atteso Pe , e,
quindi, al livello di Reddito naturale Yn . La politica monetaria espansiva è evidenziata da
uno spostamento della curva AD verso l’alto in AD1, a parità di prezzi la domanda aggregata
eccede l’offerta ( punto B) il livello dei prezzi aumenta, i salari aumentano l'occupazione e
la produzione cresce mentre la domanda si riduce sino a raggiungere il nuovo punto di
equilibrio A1 in corrispondenza al livello dei prezzi P1 e al livello di reddito Y1.
Figura 7.3.2. Politica monetaria espansiva
P
AS1
AS
2
A
P2=Pe
A1
P1 >Pe
P= Pe
A
B
AD1
AD2
Y =Yn
Y1
Y
L’analisi di breve periodo si conclude a questo punto e non tiene conto delle aspettative
degli operatori sul livello generale dei prezzi; ma quando si estende l’analisi ad un periodo
più ampio occorre prendere in considerazione il fatto che gli operatori si rendono conto che il
livello dei prezzi è superiore a quello atteso e modificano le loro aspettative, cercando di
adeguare i loro redditi reali per non perdere potere d’acquisto. Nel modello che stiamo
considerando i lavoratori chiedono salari più elevati, le imprese rispondono riducendo
l’occupazione e la produzione e aumentando i prezzi.
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138
7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
P1 >Pe Pe ↑ W↑ N↓ Y↓ P↑
Nella figura 7.3.2 la curva di Offerta Aggregata si sposta verso l’alto e verso sinistra in AS1
ad indicare che allo stesso livello dei prezzi le imprese possono realizzare una quantità di
prodotto minore. Allo stesso tempo l’aumento dei prezzi riduce l’offerta di moneta in termini
reali, aumenta il costo del denaro, diminuisce la spesa per investimenti e si riduce la
domanda aggregata. Ci muoviamo sulla curva AD1 dal punto A1 verso il punto A2 dove si
raggiunge un nuovo di equilibrio con il reddito al suo livello naturale Yn e un livello dei
prezzi P2 uguale alle aspettative d’inflazione più elevate.
In conclusione si può dire che la politica monetaria espansiva provoca, nel breve periodo,
un aumento della produzione, una riduzione del tasso d’interesse e un aumento del livello dei
prezzi. Quanto l’effetto espansivo si ripartisca su livelli di produzione o dei prezzi dipende
dalla reattività del sistema economico: in termini grafici dall’inclinazione della curva di
offerta. Nel corso del tempo il livello dei prezzi aumenta e l’effetto sulla produzione e sul
tasso d’interesse tende a scomparire. L’incremento dell’offerta di moneta si rivela inefficace
nel medio periodo poiché fa aumentare il livello dei prezzi ma lascia invariato il livello del
reddito al suo tasso naturale. Alla fine i prezzi aumentano tanto da compensare esattamente
l’aumento originario della quantità di moneta e da lasciare invariata l’offerta reale di moneta.
Questo non significa tuttavia che ci troviamo di fronte alla semplice riproposizione della
teoria quantitativa della moneta con i suoi corollari di neutralità e dicotomia; la politica
monetaria può essere ancora utilizzata per contrastare
l’andamento congiunturale
dell’economia ma non è pensabile che questa possa sostenere una espansione continua del
sistema economico.
7.3.3 Politica fiscale nel medio periodo.
Anche gli effetti della politica fiscale sono da considerare diversi se estendiamo l'analisi al
medio periodo e introduciamo le aspettative nella nostra analisi. Consideriamo ad esempio il
problema della riduzione del deficit pubblico che ha interessato l'economia italiana negli
ultimi anni. Il rispetto dei parametri di Maastricht, com'è noto, ha obbligato i paesi aderenti
all'Unione Economica e Monetaria, fra l'altro, a contenere l'ammontare della spesa in deficit
nei limiti del 3% del PIL. Con le difficoltà di accrescere la pressione fiscale, contenere
l'ammontare del deficit pubblico significa sostanzialmente tagliare la spesa pubblica. Come
sappiamo una riduzione della spesa pubblica significa nel breve periodo una scelta
sostanzialmente deflazionistica sul livello della domanda aggregata e sul livello del reddito
prodotto. Infatti poiché la spesa pubblica rappresenta una componente della domanda
aggregata, tagliare la spesa pubblica comporta nel breve periodo una riduzione di spesa : a
prezzi costanti l'offerta eccede domanda e si riduce la produzione e l'occupazione. La carenza
di domanda spinge tuttavia anche ad una riduzione del livello dei prezzi, o meglio ad una
riduzione del tasso d'inflazione; se le aspettative si modificano i lavoratori chiederanno
incrementi dei salari minori e il tasso d'inflazione tenderà a stabilizzarsi a livelli più bassi
permettendo alle imprese di tornare ad accrescere i livelli di produzione.
L'analisi attraverso la figura 7.3.3 permette di semplificare l'esposizione. Consideriamo la
situazione di equilibrio rappresentata dal punto A in corrispondenza al tasso naturale di
produzione Yn e la livello dei prezzi P con aspettative stabili. Una riduzione della spesa
pubblica comporta una riduzione della domanda aggregata e uno spostamento della AD verso
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
il basso in AD1 . Al livello dei prezzi P l'offerta supera la domanda , corrispondente al punto
B, i prezzi cominciano a diminuire ovvero si riduce l’incremento dei prezzi.
G↓ AD↓ <AS P↓
La caduta dei prezzi provoca un aumento dell'offerta di moneta in termini reali, una
diminuzione del tasso d'interesse ed un aumento della spesa per investimenti, che compensa
la contrazione della spesa pubblica facendo aumentare la domanda lungo la curva AD1 ;
P↓ M/P ↑ >MD i ↓ I↑ AD↑
allo stesso tempo la carenza di domanda fa crescere il livello di disoccupazione, riduce i
livelli di produzione e riduce il livello (tasso d'incremento) dei salari, modificando le
aspettative sui prezzi verso il basso, lungo la curva AS sino al nuovo punto di equilibrio A1
AD↓ <AS u↑ N↓ Y↓ W↓ Pe ↓
Nella nuova posizione di equilibrio in corrispondenza al punto A 1, tuttavia, il livello del
reddito Y1 si colloca al di sotto del suo livello n aturale Yn che garantisce aspettative stabili:
le aspettative si modificano e gli operatori assumono come normale un livello dei prezzi ( un
tasso d'inflazione) minore. Il livello ( tasso d'incremento) dei salari si riduce , la
disoccupazione diminuisce e aumentano l'occupazione e la produzione, la curva AS si sposta
verso il basso in AS1.
Figura 7.3.3 Riduzione del deficit pubblico
P
AS
B
AS1
A
P=Pe
P1>Pe
A1
P2=Pe
A2
Y1
Yn
Y
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
P1 <Pe Pe ↓
W↓ u↓ N↑ Y↑ AS→AS1
Al livello dei prezzi P1 l'offerta AS1 supera la domanda AD1 e i prezzi (il tasso d'inflazione)
continuano a diminuire: si rimettono in moto gli effetti che abbiamo già visto , sia dal lato
della domanda che dal lato dell’offerta, sino al nuovo punto di equilibrio A 2 che riporta il
sistema al suo tasso di produzione naturale Yn ma con un livello dei prezzi p2
sostanzialmente ridotto rispetto alla situazione iniziale.
Il nuovo equilibrio implica un tasso d’inflazione sensibilmente minore rispetto a quello
iniziale grazie alla politica deflazionistica del governo, tuttavia la possibilità di riportare la
produzione al suo livello iniziale è strettamente connessa al fatto che gli investimenti, e la
spesa in genere, dei privati rispondano positivamente alla riduzione del tasso d’interesse. Ma
in effetti non è detto che gli imprenditori scelgano di accrescere la capacità produttiva in una
situazione di recessione; d’altra parte anche nell’ipotesi che si dovesse verificare la ripresa
degli investimenti occorre considerare i tempi necessari per completare questo processo e il
costo, in termini di lacrime e sangue , che potrebbe comportare. Una politica monetaria
accomodante potrebbe accorciare i tempi necessari sostenendo la spesa privata e riducendo i
costi sociali.
7.3.4 Shock dal lato dell’offerta e tasso di produzione naturale.
Abbiamo visto che quando vi sono variazioni dal lato della domanda aggregata, sia perché la
Banca Centrale interviene nel sistema economico con scelte di politica monetaria o in
seguito a manovre fiscali del governo, le imprese possono far fronte agli stessi livelli di
produzione con prezzi diversi adeguati al nuovo livello delle aspettative: in altri termini
domanda produzione e prezzi si muovono nella stessa direzione. Viceversa quando a variare
sono componenti dell’offerta aggregata, che influenzano direttamente la capacità produttiva
delle imprese o i costi di produzione che devono sostenere, le imprese devono ridurre
innanzitutto il livello di produzione che gli permette di mantenere i prezzi stabili e poi
fronteggiare gli ulteriori aumenti di costo con prezzi più elevati. In questo caso, trattandosi di
inflazione da costi, prezzi e produzione si muovono i relazione inversa.
Consideriamo uno dei casi più rilevanti, e attuali. di shock dal lato dell’offerta : l’aumento
del prezzo del petrolio. Com’è noto l’aumento del prezzo petrolio ha un peso considerevole
sui costi di produzione delle imprese nazionali visto che il petrolio incide sui costi delle fonti
di energia, sui trasporti, delle materie prime utilizzate nella produzione chimica etc. Di fronte
ad un aumento del prezzo del petrolio le imprese, che vedono aumentare il costo per unità di
prodotto, sono costrette ad aumentare i margini di ricarico per mantenere il livello di
profitto, riducendo la domanda di lavoro. Sul mercato del lavoro si determina un nuovo
equilibrio con livelli di occupazione e di produzione più bassi. Sul mercato delle merci le
imprese cercano di fronteggiare la domanda con aumenti dei prezzi e contrazioni
dell’offerta, sino ad arrivare ad una situazione di equilibrio con un livello di produzione più
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141
7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
basso ed un livello dei prezzi ( tassi d’inflazione) più elevato
Sulla figura 7.3.4.1. possiamo rappresentare il mercato del lavoro, ricordando che la
domanda di lavoro è data dall’equazione dei prezzi
P = (1 + μ) W
Mentre l’offerta di lavoro dipende dall’equazione dei salari
W = Pe F (1 –N/L), z
In equilibrio il livello del salario reale, uguale a 1/(1- μ), è determinato dall’incontro fra
domanda (Ld) e offerta di lavoro (Ls) nel punto A. Il livello di occupazione corrispondente
(Nn) rappresenta il livello di occupazione naturale che garantisce la stabilità delle aspettative.
Figura 7.3.4.1 Shock petrolifero e mercato del Lavoro
W/P
Ls
1/(1 + μ)
1/(1 + μ1)
A
A1
Nn1
Ld
L1d
N
n
In seguito all’aumento del prezzo del petrolio le imprese aumentano il margine di ricarico
(1 + μ1) e riducono la domanda di lavoro al livello L1d ; data l’offerta l’occupazione si
riduce al livello Nn1, che rappresenta il nuovo tasso di occupazione naturale che garantisce
la ‘eguaglianza fra prezzi e aspettative. Queste modificazioni sul mercato del lavoro si
evidenziano sul mercato delle merci con uno spostamento della curva AS verso l’alto e
verso sinistra ad indicare che allo stesso livello dei prezzi le imprese offrono una quantità
di prodotto minore.
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
Nella figura 7.3.4.2 partiamo dalla situazione di equilibrio individuata dal punto A che,
con l’incontro fra curve AD e AS, determina il livello dei prezzi P=P e e il livello di
produzione naturale Yn. L’aumento del prezzo del petrolio è scaricato dalle imprese sul
margine μ e sul livello dei prezzi, riducendo l’occupazione e la produzione
Prezzo Petrolio ↑ μ ↑ P↑ N ↓ Y ↓
Figura 7.3.4.2 Aumento del prezzo del petrolio e stagflazione
AS3
P
A2
P2 =Pe
AS1
A1
1
P >P
AS
e
B
P=P
A
e
YN1
Y1
Yn
Y
La cura AS si sposta verso sinistra in AS1: per mantenere i prezzi stabili le imprese devono
ridurre la produzione al livello individuato dal punto B che rappresenta il nuovo livello di
produzione naturale. Ma nel punto B la domanda aggregata supera l’offerta e i prezzi
aumentano determinando un nuovo equilibrio in corrispondenza al punto A1: lungo la
curva AD infatti la domanda si riduce poiché l’aumento dei prezzi contrae l’offerta di
moneta in termini reali, il tasso d’interesse aumenta e riduce la spesa per investimenti
In B Ad>AS
P↑
M/ P ↓ i ↑ I ↓ AD↓
Lungo l’offerta aggregata l’aumento dei prezzi consente di ridurre la disoccupazione,
accrescere l’occupazione e la produzione.
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7. Inflazione e reddito nel modello AD/AS
P↑
W ↑ u ↓ N ↑ AS ↑
Alla fine si raggiunge un nuovo equilibrio in A1 con un livello del reddito Y1 e un livello
dei prezzi P1 . Tuttavia il livello di reddito Y1 è superiore al tasso naturale Yn1 i prezzi sono
superiori alle aspettative che si modificano verso l’alto:
P1 > Pe
Pe ↑ W↑ u↑ N↓ Y↓
la curva AS si continua a spostare a sinistra sino a raggiungere l’equilibrio corrispondente
al punto A2 che corrisponde al livello di produzione naturale e garantisce la stabilità delle
aspettative. Un aumento del prezzo del petrolio determina dunque una situazione di
stagflazione con pressi più elevati e livelli di produzione ridotti.
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