INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA
LEZIONE II
“I CONCETTI CHIAVE DELLA GEOGRAFIA ”
PROF. EMILIA SARNO
Università Telematica Pegaso
I concetti chiave della geografia
Indice
1
PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
AMBIENTE --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4
3
PAESAGGIO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
4
REGIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
4.1.
4.2.
4.3.
ALCUNE CARATTERISTICHE DELLE REGIONI ---------------------------------------------------------------------------- 12
LE REGIONI DAL PUNTO DI VISTA AMMINISTRATIVO E POLITICO ----------------------------------------------------- 14
LE REGIONI ITALIANE ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
5
TERRITORIO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
6
SPAZIO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18
7
I CONCETTI DI UBICAZIONE, LOCALIZZAZIONE, SCALA -------------------------------------------------- 20
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Premessa
Ogni disciplina focalizza l’ attenzione su alcuni concetti fondamentali, in relazione ai quali
gli studiosi elaborano teorie e modelli. Uno studio in tale direzione non solo aiuta a comprendere in
modo chiaro la disciplina, ma anche permette di non utilizzare in modo generico termini che invece
per la geografia sono significativi. Si tratteranno perciò alcuni temi fondanti del sapere geografico
come ambiente, paesaggio, regione, spazio, territorio. Poi saranno affrontati altri concetti, come
ubicazione, localizzazione, scala, utili dal punto di vista metodologico.
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2 Ambiente
Il concetto di ambiente deriva dal latino ambiens-ambientis e significa ciò che circonda. In
tal senso è utilizzato nel linguaggio comune per indicare il contesto nel quale siamo1. Il concetto ha
ricevuto particolare attenzione dall’ecologia dove è definito come il sistema di condizioni in cui un
organismo vive. Per tale concezione l’ambiente è composto da elementi abiotici (inanimati) e biotici
(viventi). L’interesse dell’ecologia ha sollecitato gli studi geografici sul concetto di ambiente, come
ambito dove sussistono interrelazioni tra l’uomo, il mondo vegetale e quello animale. Quindi, esso
può essere inteso “come l’insieme dei processi di interazione ecologica fra elementi naturali ed
umani ubicati in un determinato luogo o regione geografica2”.
Questo concetto ha acquisito particolare importanza in geografia in relazione a due
tematiche importanti: lo sviluppo sostenibile e l’educazione ambientale. Lo sviluppo socioeconomico è sostenibile quando è in grado di non degradare o inquinare il patrimonio ambientale e
le risorse naturali a nostra disposizione. Il tema dello sviluppo sostenibile chiede un attento studio
dell’ambiente per verificare il rapporto tra i bisogni dell’uomo e le risorse, la loro distribuzione, lo
sfruttamento equo della terra e il superamento dell’egoismo dei paesi ricchi. La relazione,
ambiente/sviluppo, laddove sia nitidamente precisata, educa non tanto ad un generico rispetto,
quanto a nuove strategie di riorganizzazione territoriale. Per un tale percorso diventa importante
esaminare le relazioni che si realizzano in un indeterminato luogo, cioè le connessioni che si
vengono a stabilire tra i gruppi umani e le connotazioni geo-fisiche lì presenti. In relazione a questo
concetto chiave e al problema ambientale si sono sviluppati molteplici studi sull’impatto ambientale
e sulla valutazione dell’impatto ambientale. L’impatto ambientale è l’insieme degli effetti prodotti
sull’ambiente derivante dalle opere costruite dall'uomo, dalle sue attività, dai prodotti e dai servizi.
Dal momento che l’ambiente è un sistema complesso di risorse naturali e umane, un fattore che
interviene nell'ambiente può avere un effetto, anche negativo, su organismi viventi (uomo, fauna e
flora), su suolo, atmosfera, acqua, clima, paesaggio e sulle interazioni tra questi. In tal senso si può
realizzare la valutazione dell'impatto ambientale (VIA) quando si voglia realizzare un’opera (ad
esempio una diga), al fine di raggiungere un elevato grado di protezione ambientale.
1
2
Per il concetto di ambiente si vedano Dematteis, 1988; Muzi, 1983; Rocca, 2008.
Rocca, op. cit., p. 17.
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Dal momento che recenti orientamenti ampliano la sfera concettuale del termine ambiente,
quest’ultimo finisce per racchiudere anche componenti di ordine economico, sociale, culturale con
le quali l’uomo si confronta. In tal modo viene utilizzato quando si tratta un argomento di geografia
sociale o culturale.
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3 Paesaggio
E’ un concetto complesso e controverso nel pensiero geografico, tuttavia è una categoria di
grande rilevanza3. Deriva dal termine francese paysage con il significato di distesa che si offre allo
sguardo e ha ricevuto molta attenzione dai geografi a cominciare dagli inizi degli anni Venti del
secolo scorso. Un paesaggio richiede innanzi tutto un osservatore che compia il tour d’horizon [il
giro dell’orizzonte], il che sta indicare un osservatore che guardi un tratto della superficie terrestre.
Il paesaggio è dunque “una porzione di territorio vista da un osservatore, nella quale si iscrive una
combinazione di fatti e di interazioni4”. Insomma il paesaggio si percepisce al suolo, in relazione ad
una determinata visione. Per questi motivi la visione paesaggistica è la visione umana per
eccellenza.
L’azione del vedere valorizza, grazie ai sensi, innanzi tutto il paesaggio sensibile. Se tutti
possono ammirare un paesaggio, esso si è imposto in geografia come un oggetto di studio e per
questi motivi è opportuno prima di tutto soffermarsi sul concetto di paesaggio geografico. Il
paesaggio geografico rappresenta l’esito dei caratteri più frequenti - dal punto di vista climatico,
della vegetazione, di tutte le componenti geo-fisiche - presenti in uno spazio abbastanza ampio.
Come chiarisce Renato Biasutti5 (1947) quattro sono le categorie fondamentali per descrivere la
fisionomia della superficie terrestre: il clima, la morfologia, l’idrografia, la vegetazione.
Fin qui attenzione per gli aspetti naturali, ma un altro geografo italiano Aldo Sestini nel
1947 pubblica due saggi sul paesaggio antropogeografico6, per cui egli prende in considerazione
sia i dati naturali sia culturali. Egli poi opera la distinzione tra quadro antropogeografico e
paesaggio antropogeografico. “Più analiticamente con quadri antropogeografici intende l’insieme di
tutti i fatti pertinenti alla geografia umana che si presentano in un luogo o in una regione e la
caratterizzano. Questi quadri risultano da un “contenuto umano” assai vario di ricchezza e di forme:
contenuto che si può schematizzare in tre elementi, sempre coesistenti, anzi intimamente legati fra
loro: popolazione, nei suoi caratteri qualitativi e quantitativi, l’attività economica e la circolazione,
e come terzo elemento il paesaggio antropogeografico. Quest’ultimo è per noi il più interessante,
3
Per il concetto di paesaggio si vedano Corna Pellegrini, 2004; Muzi, 1983; Rocca, 2008; Zerbi, 1993; Quaini, 2008;
Rombai, 2002.
4
La citazione è di Toschi, 1962, e riportata da Zerbi, 1993, p. 58.
5
L’opera fondamentale di Biasutti è Il paesaggio terrestre del 1947.
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anche per il fatto di compendiare, in un certo modo, gli altri due elementi, come pure perché
conserva più a lungo e con maggior evidenza le tracce del passato7”. Secondo Sestini quindi in ogni
quadro antropogeografico si viene a costituire un particolare paesaggio sempre antropogeografico
con caratteri durevoli.
Con Sestini vi è dunque il riconoscimento della presenza umana nel modellamento del
paesaggio, ma per diversi anni continua a predominare la visione che il paesaggio sia
principalmente un’espressione naturale e se ne debbano classificare le diverse tipologie.
Sarà Lucio Gambi8 a mettere in discussione l’analisi del paesaggio solo nelle sue
componenti geo-fisiche, perché egli pone in evidenza le modificazioni apportate dall’uomo. Il
geografo invita a non fermarsi agli elementi visibili del paesaggio come il rilievo, il clima, la natura
del suolo, ma a scoprire gli elementi non visibili, voluti dall’uomo - decisioni economiche, scelte
politiche, fattori storici - che hanno modificato un determinato paesaggio. Infatti egli chiarisce che
tradizioni, abitudini, ma anche fattori economici o politici influenzano gli ambiti rurali, come
possono trasformare il paesaggio di una città.
In tal senso, particolare attenzione al paesaggio è venuta dalla geografia storica 9 proprio
perché lo considera prodotto della storia e come testimonianza di civiltà. Tale visione è anche
richiamata dei legislatori nei programmi scolastici, che invitare i docenti ad educare gli allievi alla
lettura del paesaggio, “inteso come costruzione di sintesi controllabili dei modi utilizzati dagli
uomini per interagire con la natura e dei rapporti culturali, economici e sociali operanti nelle società
stesse e fra società diverse” (De Vecchis, Staluppi,1997, p.250).
Altre applicazioni metodologiche danno particolare rilevanza alla dimensione sociale e
culturale, perché esse rappresentano la motivazione della specificità di un paesaggio rispetto ad
altri, nonché aprono la strada all’interpretazione delle sue forme come risultato dell’impegno, della
mentalità, delle intenzioni di un determinato gruppo sociale. Non a caso Cosgrove definisce “il
paesaggio un concetto ideologico”, (Cosgrove, 1990, p.44) con una peculiare valenza educativa, se
6
I due saggi fondamentali di Sestini sono: Le fasi regressive nello sviluppo antropogeografico , 1947a, e Il paesaggio
antropogeografico come forma d’equilibrio, 1947b.
7
Sestini, 1947a, pp.154-155.
8
Sono significative diverse opere di Gambi come Geografia fisica e Geografia umana di fronte ai concetti di valore,
1964; Critica ai concetti geografici di paesaggio umano, 1964.
9
La geografia storica studia la storia dell’organizzazione sociale dello spazio e la storia delle strutture territoriali. Si
veda Rombai, 2002.
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si considera che la fisionomia di un paesaggio è il risultato del modellamento umano di una parte
della superficie terrestre.
Ancora l’indirizzo della geografia della percezione ha valorizzato proprio la percezione del
paesaggio e il significato che a quest’ultimo dà l’osservatore. “L’osservatore circoscrive uno spazio
entro cui convergono elementi costitutivi diversi, riunendoli insieme. Questa convergenza fa del
paesaggio un’unità di senso per chi lo guarda10”. L’osservatore elabora una sua percezione e quindi
una sua ricostruzione cognitiva di ciò che guarda. Si viene così ad istaurare una continua interazione
per cui l’osservatore non solo individua le diverse componenti del paesaggio ma ne definisce il
senso, l’atmosfera, dal punto di vista estetico, sociale, culturale (fig. 1).
E’ molto importante oggi considerare la valutazione dei paesaggi; studi di tal genere sono stati
effettuati dagli anni Sessanta del secolo scorso in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Sono state così
messe a punto delle tecniche per valutare la qualità di un paesaggio e per verificarne l’eventuale
degrado o abbandono. Il problema non è semplicemente estetico ma mira a considerare come debba
essere gestito e conservato il paesaggio. Le diverse tecniche mirano a valutare il punto di vista
dell’osservatore, poi ne analizzano le diverse componenti: le acque, le linee di costa, l’uso del
suolo, la presenza umana. Si va così ad individuare l’impatto ambientale, causato da qualsiasi
azione umana per modificare l’ambiente. La valutazione di impatto ambientale (VIA) è l’analisi
delle conseguenze delle azioni e delle attività umane.
10
Zerbi, 1993, p. 104.
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Per la salvaguardia paesaggistica, il Comitato dei Ministri della Cultura e dell’Ambiente del
Consiglio d’Europa nel 2000 ha adottato la Convenzione Europea del Paesaggio 11. Quest’ultima
propone un diverso modo di gestire la dimensione paesaggistica del territorio e ha assegnato al
paesaggio la qualità di un concetto giuridico autonomo. Secondo la Convenzione il paesaggio è un
elemento chiave del benessere individuale e sociale. Ogni comunità si deve preoccupare della sua
gestione e progettazione, per cui il paesaggio è un bene culturale.
Inoltre, la Convenzione fornisce una definizione condivisa di paesaggio: “ Paesaggio designa una
determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione
di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni 12”. Essa prevede la salvaguardia di tutti i paesaggi
e non solo di quelli di particolare bellezza a testimonianza della loro peculiarità.
11
Per il documento della convenzione si veda il seguente sito:
http://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_europea_del_paesaggio
12
Per il documento della convenzione si veda il seguente sito:
http://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_europea_del_paesaggio.
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4 Regione
Il concetto di regione è un altro tema fondamentale della geografia 13. Già nell’età moderna
lo studio della corografia valorizzava l’analisi di ambiti territoriali ben definiti14. Nel periodo
positivista è elaborata l’idea di regione naturale, dal momento che l’ambiente fisico era considerato
preponderante. Le regioni naturali sono riconosciute in relazione alle componenti fisiche presenti,
come quella idrografica o morfologica o geologica. Già Platone vedeva ad esempio nei bacini
idrografici i confini possibili tra un territorio e un altro. Tuttavia, pur impegnandosi i geografi a
suddividere la superficie terrestre in tante regioni naturali, anche in base ad elementi geologici o
botanici, tale operazione è poi apparsa complessa non potendosi sempre distinguere un carattere
predominante in ogni area. L’omogeneità fisica di diverse regioni naturali, individuata ad esempio
nella presenza delle foreste o del delta di un fiume o delle rocce silicee, non è affatto semplice.
Questa impostazione viene rivisitata dal possibilismo vidaliano e quindi da Vidal de La Brache 15.
La regione in tal caso è circoscritta ad un paesaggio o un insieme di paesaggi la cui omogeneità è
data dai comportamenti umani e non solo dagli elementi fisici. La regione vidaliana o umanizzata si
concretizza nel rapporto di una comunità con il suo ambiente e diventa espressione del genere di
vita che la stessa comunità conduce. Questa visione ha prodotto molte monografie regionali che
hanno cercato di porre in evidenza i caratteri originali di ciascuna regione. Inoltre, sono evidenziati
i caratteri di omogeneità, dovuti alla predominanza di un’attività, di un determinata produzione o di
un’appartenenza etnica o religiosa. Ecco perché l’esistenza di definizioni come la regione del
cotone, del riso, del grano, della foresta, del carbone, del petrolio, ma anche regione basca, curda,
musulmana, etc.
Intorno agli anni Sessanta del secolo scorso il concetto di regione è stato poi ridefinito in
un’ottica innovativa e si è messa a punto la concezione della regione funzionale. Tale concezione è
generata nell’ambito delle ricerche urbanistiche ed economiche ed è concomitante all’utilizzo del
concetto di polarizzazione. La regione è individuata in quanto centro o area di polarizzazione, ossia
come entità che eroga beni e servizi e per questo rappresenta un polo d’attrazione. Il centro
generalmente coincide con una città che ha una funzione trainante rispetto all’area di appartenenza,
13
Per lo studio del concetto di regione sono di riferimento: Mainardi, 1994; Pinchemel, Pinchemel,1996; Vallega, 1995;
Rocca, 2008.
14
Si veda l’opuscolo Definizione e evoluzione della geografia.
15
Si veda l’opuscolo Definizione e evoluzione della geografia.
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cioè la regione. In tal senso “la regione polarizzata si presenta come un’organizzazione incentrata su
un’unica città16”. Così la regione si distingue non per i suoi caratteri naturali o per un elemento
prevalente, ma per le funzioni che svolge e per l’organizzazione economica. “Secondo l’indirizzo
funzionalista la regione viene paragonata ad un campo di forza, governato da un magnete (il
capoluogo regionale)” e quindi “lo spazio geografico viene infatti concepito come un intricato
mosaico di aree, governate da un polo (città con un elevato livello funzionale) che si contrappone ad
una periferia, ossia ad uno spazio ad essa subordinato17”.
Questa visione è apparsa molto utile dal punto di vista economico ma anche riduttiva, per
cui in tempi recenti è prevalsa un’ulteriore elaborazione: quella della regione sistemica.
Quest’ultima si può così sintetizzare: “la regione è il prodotto dell’interazione tra una comunità
umana e un ecosistema o più ecosistemi contigui18”. Il concetto di regione sistemica si basa su una
visione dinamica e orientata ad un traguardo. Mentre la regione funzionale è una struttura statica
che considera fondamentale l’industrializzazione, la regione sistemica si fonda su molteplici
processi da alimentare continuamente. Questa concezione si fonda sulla visione sistemica, che è
costituita da principi come pertinenza, olismo, teleologia, aggregatività. La logica sistemica19
studia un oggetto nel suo complesso unitariamente e quindi olisticamente, ne considera i fini
(appunto secondo un’impostazione teleologica), seleziona degli argomenti (aggregatività), tiene
conto del punto di vista dell’osservatore (pertinenza).
Un tale approccio consente di considerare la regione come un
sistema aperto, che si
relaziona con l’esterno e nel quale sono importanti tutti i fattori non solo quelli economici. Come
sostiene Vallega, un tale modello favorisce i meccanismi di trasformazione di un assetto territoriale.
Ancora chiarisce lo stesso Vallega, la regione è un sistema “bimodulare, nel quale i due moduli
sono altrettanti sottoinsiemi, costituiti dalla comunità umana e da ecosistemi. I due moduli
compongono un sistema territoriale – la regione – perché sono legati tra loro da un’interazione
continua. La coesione regionale è plasmata dal comportamento sociale e deriva dalla presenza di un
progetto regionale attraverso il quale si esprime l’obiettivo della regione20.
16
Pinchemel, Pinchemel,1996, p. 56,
Rocca, 2008, p. 27.
18
Vallega, 1995, p. 62.
19
Lo logica sistemica si oppone a quella cartesiana poggia su alcuni principi, quali: evidenza, riduzionismo, causalità,
esaustività. La realtà ha dunque una sua evidenza, che può essere studiata tramite scomposizione (riduzionismo),
tramite il principio di causalità e facendone una completa rassegna (esaustività).
20
Vallega, 1995, pp. 364-365.
17
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La visione attuale della regione è dunque quella di un sistema territoriale aperto. Essa è un
insieme di elementi umani, fisici, connessi e collegati che devono promuovere un’adeguata
progettualità per lo sviluppo e la crescita della comunità (fig. 2).
4.1.
Alcune caratteristiche delle regioni
Collegato al concetto di regione vi è quello di regionalizzazione21. Si denomina appunto
regionalizzazione lo studio di come si formino le regioni. Infatti, le regioni non sono entità
autonome, autosufficienti e quindi astratte, per cui bisogna
conoscere le logiche della
regionalizzazione: una regione non è un atto spontaneo, ma il risultato di un processo naturale o
storico. Le logiche di formazione di una regione sono diverse, sono collegate alle caratteristiche
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geologiche e botaniche, o alle attività socio-economiche esistenti; ancora si può analizzare come in
una regione si sia formata una determinata polarizzazione, cioè come un centro sia diventato
predominante in una struttura spaziale, o come si siano affermate complesse reti economiche o
sociali. Se si coglie questo passaggio, si comprende come una regione sia un’entità che venga
formandosi in base a determinati criteri e come essa possa variare nel tempo in relazione a scelte e a
condizionamenti politici.
Per tali motivi le regioni hanno le seguenti caratteristiche: dimensioni, forma, associazioni,
limiti, dinamiche.
Le dimensioni variano dagli Stati Uniti che hanno una dimensione continentale a Stati che
coincidono con una sola città, dalle estese regioni del cotone sempre negli USA a piccole regioni
rurali.
Le logiche regionali generano forme. Vi sono forme spontanee, altre imposte. Una regione
politica può presentare una forma razionale, ma essa è anche alterata da vincoli naturali o ragioni
storiche.
Si stabiliscono associazioni tra regioni (poste l’una prossima all’altra) e alcune hanno una
posizione centrale, altre periferica; si stabilisce generalmente tra regioni confinanti una relazione
non sempre alla pari, poiché alcune sono più ampie e più sviluppate, altre deboli e limitate nella
loro estensione.
Le regioni hanno limiti e confini, che stabiliscono l’appartenenza delle comunità. I confini non sono
mai neutrali e astratti, ma sono definiti a tavolino e sono sempre stati motivo di conflitto.
Le regioni evolvono dinamicamente. Ciò significa che le regioni non sono entità statiche ma
possono trasformarsi nella loro forma, i confini possono essere ampliati o ridotti, possono perdere
un’eventuale posizione centrale o acquisirla. E’opportuno, quindi, considerare la regione come
un’entità dinamica, per evidenziarne le evoluzioni umane e politiche, tenendo presente che “la
problematica regionale si presenta a più livelli:
- all’interno degli Stati, i cui territori sono un assemblaggio di regioni; …
- fra gli stati stessi, considerati come regioni, a causa delle loro differenze di posizione, di risorse, di
sviluppo, ... ”(Pinchemel, Pinchemel,1996, p.75).
21
Come illustra Rocca, 2008, p. 30: “questo termine sta ad indicare un processo finalizzato alla suddivisione dello
spazio geografico in regioni ed è diventato ufficiale soltanto a partire dal 1970, anno in cui Pierre George e Fernand
Verger hanno inserito nel loro Dictionnaire de la géographie anche la voce Régionalisation”.
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4.2.
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Le regioni dal punto di vista amministrativo e politico
Il termine regione è utilizzato per indicare suddivisioni amministrative all’interno di uno
Stato o per indicare uno stato stesso.
«La vita delle società comporta la creazione e/o il riconoscimento di insiemi territoriali a tutte le
scale (…). Queste ‘regionalizzazioni’ si inscrivono su un’interfaccia terrestre che ha di per sé
regioni e limiti propri (…) ai quali gli uomini possono appoggiarsi per realizzare le loro divisioni»
(P. Pinchemel, G. Pinchemel, 1997, p. 43).
Questo processo segue una precisa gerarchia che riconosce le seguenti entità:
 Lo Stato ( con capitale politica)
 Il grande spazio continentale
 Lo spazio planetario.
Questa gerarchia degli spazi appare come una piramide e, benché sempre in evoluzione, è così
costituita:
 10 aree di civiltà
 Circa 200 stati
 2.000 regioni polarizzate da una grande città
 12.000 province polarizzate da una città media
 80.000 distretti rurali
 1.000.000 di comunità rurali22.
Uno Stato è un’entità autonoma ma inserita in un più ampio sistema territoriale. La carta
politica del mondo è un mosaico multicolore. “Si contano oltre 224 tra stati sovrani e territori dotati
di individualità geografica e di ampie autonomie, ma dipendenti da uno stato sovrano spesso
distante migliaia di chilometri23”. La disgregazione della Russia, della Jugoslavia e della
Cecoslovacchia ha generato la formazione di altre unità politiche che hanno proclamato la propria
indipendenza.
22
Si veda per queste informazioni Mainardi, 1994; è chiaro che in circa 20 vi sono stati cambiamenti politici che hanno
fatto formare nuovi stati, quindi i dati sono orientativi, ma utili per comprendere la situazione mondiale.
23
Mainardi, 1994, pp. 197-198.
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Inoltre, “la dimensione demografica degli spazi politici varia da poche migliaia di abitanti ai
1. 341. 900. 000 milioni della Cina nel 2011. La Cina e L’Unione Indiana24, che insieme
contengono circa il 40% della popolazione mondiale, si suddividono in regioni. Gli Stati più
popolosi hanno in comune un elemento fondamentale: una complessa organizzazione regionale, per
cui vi sono molte macroregioni come ad esempio accade negli Stati Uniti. Ma anche Stati di piccola
o media dimensione hanno articolazioni interne come accade in Italia in cui sono presenti comuni,
province, regioni. Tra le diverse articolazioni amministrative di uno Stato vi è però un continua
relazione e all’interno di queste suddivisioni i cardini sono rappresentati dalle città, principalmente
le grandi città e le capitali. Queste suddivisioni interne sono favorite dalla volontà di decentramento
o anche dal federalismo. Uno Stato federale deve la sua formazione ad un patto fra regioni e si
comporta come un grande contenitore in cui singole società conservano la loro autonomia.
4.3.
Le regioni italiane
La Costituzione della Repubblica Italiana, dal 1 gennaio 1948, ha previsto l’ordinamento
dello Stato fondato su autonomie locali. Inizialmente vennero stabilite le cinque regioni a statuto
speciale: Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige. Le regioni a
statuto ordinario sono definite più tardi, nel 1970. Questa divisione geografica dell’Italia in realtà è
disomogenea e non razionale e deriva dalla suddivisione operata dopo l’Unità d’Italia e poi negli
anni successivi. La configurazione della penisola italiana operata dopo l’Unità è il risultato di
un’operazione statistica, che ben poco tiene conto di altri fattori: “è attraverso la neutralità d’uso
del mero “utensile” statistico che la suddivisione territoriale delle Regioni amministrative (uguali a
quelle attuali e non altre) viene mantenuta viva e vitale (…). L’idea di Pietro Maestri fu così forte
che i suoi Compartimenti/Regioni, passando indenni attraverso i vari mutamenti politici intervenuti
in Italia, furono tranquillamente trasformati nelle attuali regioni amministrative italiane” (Lando,
2011, pp. 26-27).
Lucio Gambi25, il quale ha dedicato molte energie al tema, ha chiarito che la storia delle
regioni italiane muove da Augusto,
24
si snoda nel corso dei secoli, poi “negli anni decisivi
Mainardi, 1994, p. 198.
25
Gambi ha trattato con continuità e puntualità il tema della questione regionale e le diverse scale del governo del territorio; si
citano alcuni lavori fondamentali: cfr. Gambi, 1964; Gambi, 1976; Gambi, 1980; Gambi, 1990; Gambi, 1998. Si veda anche
Castelnuovi, 2011.
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dell’unificazione nazionale, questi diversi concetti di regione (…) vengono miscelati in un unico
fascio nello sforzo di individuare le aree regionali più consolidate sopra cui avrebbe dovuto
foggiarsi l’edificazione del nuovo stato italiano26” (Gambi, 1998, p. 90). Avviene così quella che
Gambi definisce un’invenzione «che solo qualche volta poteva tenere in considerazione - per il
fatto di ricalcare i perimetri provinciali - le realtà economiche, demografiche, insediative, e poco si
adeguava a elementi discriminatori, fisici, culturali» (ibidem).
L’esempio italiano chiarisce come le suddivisioni interne di uno Stato non seguano criteri di
carattere ambientale o culturale e non siano rispondenti sempre alle esigenze delle comunità.
26
Gambi (1998, p. 90) così tratteggia le decisioni prese dopo l’Unità e poi dopo la seconda guerra mondiale: «E poiché la
ripartizione in compartimenti di Maestri [autore con il Correnti dell’invenzione dell’articolazione post-unitaria] è stata fatta propria
dalla costituzione repubblicana del 1948 col solo cambio di denominazione (…) anche la regionalizzazione sopra cui si fonda la
Repubblica italiana è l’eredità di un’invenzione risorgimentale».
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5 Territorio
Il concetto di territorio27 è stato evidenziato dall’indirizzo storicistico-marxista dal momento
che esso rimanda al rapporto con i gruppi umani: il territorio è costruito dagli uomini come prodotto
del loro lavoro. L’ambiente naturale è insomma sottoposto alle trasformazioni che le diverse
comunità vengono realizzando. Questo concetto ha la sua origine negli studi etologici, disciplina
che studia il comportamento animale. Gli etologi dimostrano come sia forte il rapporto tra animali e
territorio, da qui poi questo concetto è stato preso in esame anche dalla geografia.
La riflessione geografica è andata ampliandosi puntando ad analizzare le relazioni spaziali
tra gli uomini e il territorio considerato dal punto di vista politico o amministrativo. «Il territorio
può essere inteso come quella porzione dello spazio geografico in cui una determinata comunità si
riconosce e a cui si relaziona nel suo agire individuale e collettivo» (Pollice, 2004, p. 106).
In relazione a questo concetto sono significativi in
geografia termini come territorialità e
territorializzazione. Territorialità indica il rapporto stretto tra uomo e territorio, coinvolgendo non
solo le relazioni con lo spazio fisico ma anche con la cultura del luogo. Territorializzazione rimanda
alla presenza dell’uomo, al suo continuo agire e deve tener conto di un insieme di fattori: valori
affettivi, economici, giuridici, politici, linguistici, ideologici, religiosi e etc.
Se si tengono presenti le diverse componenti ora citate si comprende anche l’utilizzazione
dell’espressione sistema territorio dal momento che i diversi elementi finiscono per comporsi ed
intrecciarsi dando vita ad interazioni e a sinergie.
Si può infine anche chiarire il rapporto tra paesaggio e territorio riprendendo le parole di Poli: il
paesaggio può essere inteso “come manifestazione concreta, percepibile attraverso una sensibilità
culturale particolare, dello stato di un sistema territoriale in evoluzione28”.
Insomma, gli uomini si adattano e si inseriscono nell’ambiente naturale trasformandolo con la loro
azione (territorializzazione) in territorio. Le trasformazioni realizzate diventano poi manifestazione
concreta e quindi paesaggio (rurale, urbano, etc).
Il sistema territorio nel suo complesso deve però non essere lasciato a sé stesso, ma soggetto
alla pianificazione territoriale, cioè alla programmazione di azioni atte a proteggere, conservare,
progettare un territorio e le sue componenti paesaggistiche.
27
28
Per il concetto di territorio si vedano Poli, 2012; Rocca, 2008; Sereno, Turco,
Poli, 2012, p. 28.
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6 Spazio
Il concetto di spazio29 è interdisciplinare ed è utilizzato nel linguaggio comune di frequente.
Anche la geografia ha riconosciuto la valenza di questo termine e difatti Hartshorne così ha scritto:
“La storia della geografia può essere considerata come storia del concetto di spazio poiché lo spazio
è un concetto organizzativo fondamentale nella metodologia geografica30”.
Lo spazio geografico è un concetto mutuato da quello di spazio geometrico e indica un campo
d’azione costituito di distanze, superfici e energia; esso può essere tanto un’area desertica come
un’area poi territorializzata dall’uomo31. Esso rappresenta il punto di partenza dell’agire dell’uomo.
Infatti, come chiarisce Raffestin, “lo spazio è in posizione di anteriorità rispetto al territorio. Il
territorio è generato a partire dallo spazio32”.
I geografi hanno analizzato questo tema e hanno operato tre distinzioni: lo spazio assoluto,
lo spazio relativo, lo spazio relazionale.
Lo spazio assoluto, che è stato valorizzato da Hartshorne33, è come una sorta di contenitore
in cui si collocano fenomeni geografici. Diventa in tal caso fondamentale la distanza tra gli oggetti
o i fenomeni.
Lo spazio è considerato relativo (concetto utilizzato nelle teorie neogeografiche o
funzionaliste34)
quando deriva le sue proprietà e caratteristiche dai fenomeni presi in
considerazione.
Lo spazio è relazionale quando è il risultato dell’interazione tra un comunità e il suo spazio.
In base a queste tre visioni, se una città è definita in base alla latitudine e longitudine si ragiona in
termini di spazio assoluto, se si fa riferimento alle sue funzioni urbane (economiche,
amministrative, etc) si ragiona in termini di spazio relativo, se invece si fa riferimento alle
trasformazioni prodotte da una comunità si ragiona in termini di spazio relazionale.
D’altra parte la geografia umanistica e la geografia della percezione ha poi riutilizzato il termine
spazio per indicare le percezioni e le esperienze di ogni individuo, dando così origine ai concetti di
spazio percepito (focalizzando l’attenzione sulle immagini e sulle percezioni), di spazio sociale (
29
Per questo concetto si vedano Muzi, 1983; Rocca, 2008; Fremont
Hartshorne, 1939.
31
Rocca, 2008, pp. 20-23.
32
Raffestin, 1981, p. 149.
33
Si veda l’opuscolo Definizione e evoluzione della geografia
34
Si veda l’opuscolo Definizione e evoluzione della geografia.
30
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che è lo spazio nel quale si vive e nel quale si intrattengono relazioni sociali), o di spazio vissuto
(nel quale si riflettono valori e significati).
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7 I concetti di ubicazione, localizzazione, scala
L’ubicazione indica la posizione assoluta di un oggetto ed è definita tramite la latitudine, la
longitudine e l’altitudine35, mentre la localizzazione fa riferimento alla posizione relativa, chiarita
dalle funzioni e dal ruolo svolti dal luogo preso in esame. Ad esempio, posso indicare l’ubicazione
(o posizione assoluta) di una città attraverso le coordinate prima citate, ma se poi passo ad
analizzarne il sito, le funzioni svolte (turistiche, culturali, etc.), le relazioni con l’area di
appartenenza si opera la localizzazione36.
Comunque, la geografia non si limita a studiare la posizione di luoghi o oggetti, ma studia
anche come i fenomeni si distribuiscano sul territorio e si diffondano, per quali ragioni e con quali
relazioni, in modo da non essere solo una scienza descrittiva ma interpretativa37.
In conclusione, concetto particolarmente importante in geografia è quello di scala; si può far
riferimento al concetto di scala come estensione, cioè l’ambito spaziale di riferimento per lo studio
di un fenomeno: scala locale, regionale, nazionale, internazionale, etc. Le diverse scale (locale,
regionale, continentale, mondiale) richiedano approcci coerenti. Lo stesso fenomeno, secondo la
scala, acquista un significato diverso; ma soprattutto ogni scala implica un’ottica di studio specifica
e finalità educative proprie. Ogni dimensione ha una sua identità che va ricostruita non solo dal
punto di vista della geografia fisica, ma di quella umana; se dell’ambiente locale si colgono la
vivibilità, la qualità dei servizi e dei beni messi a disposizione della comunità, la mondializzazione
può essere studiata attraverso specifiche linee di studio: sviluppo e sottosviluppo, globalizzazione,
protocolli d’intesa per l’ambiente.
Nel senso cartografico38 la scala indica il rapporto tra la misura sul terreno e la corrispondente
misura scelta convenzionalmente per la rappresentazione (ad esempio 1 KM sul terreno = 1 cm
sulla carta).
35
Si veda l’opuscolo La cartografia: concetti basilari
Questi concetti sono trattati da Rocca, 2008, pp. 15-17.
37
Si veda l’opuscolo Definizione e evoluzione della geografia
38
Si veda l’opuscolo sulla cartografia.
36
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