Georg Wilhem Hegel L`Idealismo Assoluto

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Georg Wilhem Hegel
L’Idealismo Assoluto1
Vita e opere
Hegel (1770-1831) trascorse una vita dedita allo studio, alla ricerca e
all’insegnamento, tenendo corsi nelle principali università della Germania. Nacque
nel 1770 a Stoccarda e, dopo gli studi al collegio filosofico di Tubinga in compagnia
del poeta romantico Holderlin e del filosofo Schelling, lavorò per un certo periodo
come precettore privato. Nel 1801 cominciò, grazie anche all’amico Schelling, la sua
carriera universitaria a Jena, il centro culturale più vivace della Germania dell’epoca,
e la collaborazione al “Giornale critico di filosofia”. A causa dell’invasione
napoleonica della città fu costretto a trasferirsi a Norimberga dove divenne rettore del
ginnasio. In seguito fu professore a Heidelberg e a Berlino, capitale del Regno di
Prussica, succedendo a Fichte e attirando un gran numero di studenti stranieri.
L’attività accademica contribuì notevolmente alla diffusione delle sue opere e del suo
pensiero, che divenne la teoria ufficiale dello Stato prussiano. Morì nel 1831.
Le sue opere principali sono:
Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling;Fenomenologia
dello Spirito;Scienza della logica;Enciclopedia delle scienze filosofiche.
Genesi del progetto filosofico
Hegel vuole cogliere la verità di tutte le realtà che ci circondano, nelle quali l’uomo
vi è immerso col pensiero e con l’azione (l’uomo pensa e agisce nel mondo). La sua
filosofia, ultima espressione della metafisica occidentale, si sviluppa da una duplice
riflessione sull’esistenza, dall’influenza esercitata su di lui da Eraclìto e, infine, dal
confronto critico con i sistemi di Fichte e di Schelling. Osservando le molteplici
forme in cui la realtà esterna si manifesta (la natura e i prodotti dell’uomo, quali
l’arte, la filosofia, la comunità politica, ecc), egli le interpreta, data la loro
eccezionalità, come espressioni del divino. Nel mondo il filosofo tedesco rinviene la
presenza del divino e di conseguenza intuisce che esso debba essere compreso
unitariamente, in quanto rappresentazione di Dio. Fedele alla concezione idealista,
Hegel identifica Dio con l’Uomo, con il Pensiero: tuttavia, egli muove profonde
critiche ai suoi predecessori. Nell’impostazione fichtiana, gli elementi per lui
inaccettabili sono: 1) l’Infinito ridotto a meta ideale e irraggiungibile del finito
(“cattiva infinità”). Poiché il finito, per ricongiungersi con l’infinito, è lanciato in un
processo senza fine (giacchè se lo portasse a termine cesserebbe di esistere in quanto
lo sforzo è la condizione della moralità), l’Infinito non supera veramente il finito
perché lo fa continuamente risorgere; 2) l’Io quale punto di partenza da cui dedurre
tutta la realtà. Creando il non-io come ostacolo esterno, Fichte è ricaduto nel
dualismo ontologico kantiano. Hegel riconosce invece a Schelling il merito di aver
rappresentato meglio l’identità assoluta dello Spirito. Egli però, giudica l’Assoluto di
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La storiografia filosofica si riferisce con questa dicitura al tentativo hegeliano di compiere la sintesi tra idealismo
soggettivo e oggettivo.
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Schelling statico e indifferenziato, ossia privo di quelle contraddizioni interne
necessarie a dare ragione della molteplicità di opposizioni che si evidenziano nel
mondo reale (l’idealismo di Schelling non è dialettico). Hegel mira a superare i limiti
ravvisati nei suoi predecessori facendo dell’Assoluto una totalità che si articola nelle
cose reali e finite attraverso il proprio sviluppo dialettico. L’oggetto viene così
concepito come un’esplicazione del Soggetto, il finito è cioè l’Infinito. L’hegelismo
incarna dunque perfettamente il motto dell’idealismo tedesco secondo cui “Tutto è
Spirito”. Hegel si propone quindi di edificare un titanico progetto di teologia
filosofica nel quale ogni aspetto della realtà viene ricondotto a Dio. Più precisamente
l’idealismo di Hegel si configura come la storia interiore di Dio, del suo intimo
dispiegarsi nel finito. Ora Hegel deve spiegare innanzitutto quale sia la natura di Dio
e poi perché e in che modo Egli si faccia mondo.
Il Soggetto spirituale infinito viene da lui denominato principalmente con i termini
sinonimici di Idea o di Ragione, ma anche con quelli di Ragione storica, Assoluto,
Soggetto, Infinito e con l’espressione Spirito del mondo. Dio è un’ entità infinita,
spirituale e razionale che si manifesta nel mondo perché è inadeguato a se stesso,
giacché si percepisce ma non si conosce, come se la sua condizione primordiale fosse
quella del sogno e non della veglia2. In quanto razionalità pura, Dio è dunque animato
dal desiderio di conoscere se medesimo ma per poterlo fare deve divenire soggetto
che guarda e oggetto dello sguardo; per questo Egli si fa altro da sé, entità finita e
transeunte (natura e uomo), tornando infine a sé, ossia conoscendo la sua essenza,
attraverso l’uomo nella filosofia, la quale è definita da Hegel “specchio dello Spirito
del mondo”, “Idea che pensa se stessa” e “verità assoluta e intera”, giacché essa,
interrogandosi sulla realtà, la comprende come totale manifestazione dello Spirito
divino. Dio si serve pertanto dei singoli uomini per realizzare il suo scopo, giacchè la
storia, il diritto, lo stato, la scienza, l’arte, la religione, di cui essi sono artefici, sono
tappe progressive verso l’autocoscienza.
Stabilito ciò, Hegel deve ora ricostruire la dinamica dello sviluppo onto–
gnoseologico dell’Idea, ossia capire ed illustrare come la Ragione si faccia mondo e
gradualmente si autoconosca.
Dallo studio del corso della storia e della struttura dell’essere, Hegel deduce il
modello dialettico triadico, contraddittorio e progressivo applicandolo poi alla
Ragione. La dialettica in Hegel è sia la legge di sviluppo del reale sia un metodo
conoscitivo, ovvero il modo in cui il sapere umano avanza.
La teoria dell’amore. Hegel fa esperienza del processo dialettico nel fenomeno
dell’amore. La dialettica hegeliana nasce dall’osservazione dell’amore, l’evento più
vitale dell’esistenza. Hegel nota che l’accadere dell’amore è scandito dalle seguenti
tre fasi:
Tesi (affermazione): l’amante pone se stesso, dice a se medesimo: “io sono”. Deve
cioè in primo luogo necessariamente esistere colui che ama affinché l’amore sia
possibile.
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Nello stato del sonno, di cui il sogno è espressione, differentemente da quello della veglia, l’attività dei centri nervosi
non è piena essendo alcune loro funzioni sospese.
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Antitesi (negazione): nell’amore appartiene poi l’uscir da sé da parte di colui che
ama, il concedersi all’amata, dimenticandosi in essa e con ciò estraniandosi da se
stessi. Il darsi all’altro implica cioè l’alienazione, l’oblio di sè. L’amante nega così
l’iniziale posizione di se stesso.
Sintesi (conciliazione, superamento o affermazione potenziata): nella donazione a chi
ama, l’amante ritrova tuttavia se stesso, diviene consapevole di se stesso in modo più
profondo. L’alienazione, la perdita della coscienza della propria identità nell’opposto
(l’amata) viene superata e ora l’iniziale posizione risulta essere arricchita. L’amante
ritrova se stesso e lo fa con maggiore consapevolezza perché sa ora di avere una
coscienza emozionale, di essere un ente animato dall’amore, giacché la vita stessa è
intessuta di amore.
L’amore è per Hegel un miracolo, in quanto pur rimanendo l’amato e l’amante
distinti e separati, rivedendo pienamente se stessi nell’altro, essi costituiscono
un’unità differenziata. Ora poiché la vita si svolge in varie forme di relazioni
amorose (ogni tipo di intesa o di relazione umana è infatti una manifestazione
amorosa) egli ne deduce che nella realtà si trovano contraddizione e conciliazione,
ossia che la dialettica è la legge dello sviluppo della realtà e la applica all’Assoluto,
in quanto concepito come la totalità della realtà, di cui l’uomo è parte e strumento per
realizzarne lo scopo conoscitivo. Cultura (pensiero) e realtà (famiglia, società civile e
stato civile) si sviluppano pertanto dialetticamente.
Ogni sintesi è una nuova tesi ma lo sviluppo è a sistema chiuso, culmina con lo stato
e la filosofia. Se il dispiegamento dell’Infinito nel finito non avesse fine si avrebbe
infatti una “cattiva infinità”, perché l’Idea non raggiungerebbe lo scopo
dell’autocoscienza.
La dialettica socratica o arte maieutica. Hegel cita Socrate, il padre del “concetto” o
dell’ “universale”, come esempio di dialettica intesa come metodo conoscitivo3.
Socrate passeggiando nell’agorà della polis ateniese, era solito porre ai cittadini che
godevano fama di essere sapienti, domande definitorie, volte cioè a cogliere l’essenza
delle cose, la verità.
Es. Domanda definitoria: che cos’è il bene?
Tesi (dell’interlocutore); il bene è giustizia.
Antitesi (l’ironia socratica); l’essenza del bene è un’altra giacchè bisogna
preliminarmente sapere cosa sia giusto e cosa sia ingiusto.
Sintesi: (concetto o universale): il bene è la virtù della scienza (la ricerca perpetua
della verità) di cui la giustizia è una specie, una forma.
3
Un altro esempio è quello della filosofia milesia della natura. Gli ionici di Mileto spiegano il fenomeno naturale del
divenire (movimento e conseguente mutamento degli enti) con la sostanza primordiale o “archè”, eterna e animata da
una duplice forza di uscita ed entrata, in base alla quale tutto ciò che esiste nasce(proviene dall’archè) e muore(torna al
principio primo). Tesi: Talete. L’archè è l’elemento fisico dell’acqua, giacchè ogni forma di vita nasce dall’umido:
Antitesi: Anassimandro. L’archè non può essere un elemento naturale, in quanto ciò che crea, essendo causa, deve
essere necessariamente diverso da ciò che è creato, perché effetto: ora, essendo ciò che esiste finito e materiale, il
principio creatore sarà infinito e indefinito. Sintesi: Anassimene. L’archè è l’aria (elemento fisico come l’acqua e
infinito come l’apeiron).
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Socrate ha cioè indicato all’uomo il metodo per conoscere la verità, fondato su di
un’affermazione, un’ipotesi verosimile e sul senso critico, ossia il dubbio, espresso
nella contraddizione. Il sapere è una conquista, un possesso ottenuto a seguito di uno
sforzo razionale faticoso, ed è dato dalla conservazione di quanto di buono era
presente nella tesi con l’aggiunta di ciò che di buono vi era nell’antitesi.
Hegel ha maturato la concezione dialettica della realtà anche perché influenzato da
Eraclìto (per questa sua ammirazione verso l’Oscuro e per l’enigmaticità stessa delle
sue opere, il filosofo tedesco è stato definito l’Oscuro redivivo). Per il filosofo greco,
la realtà è contraddittoria, l’essere è costituito dall’unità degli opposti, dal cui
conflitto scaturisce il divenire, ossia la vita stessa, la quale è dunque lotta ed
opposizione. Anche per Hegel, essendo la natura costituita dagli opposti, la
contraddittorietà è la proprietà essenziale del reale. Tuttavia in Hegel c’è il momento
della sintesi, del progresso, in Eraclito no: la contraddittorietà è armonia, giustizia e
vita.
Applicazione della dialettica all’ Assoluto
Tesi: Idea in sé. L’idea pone se stessa.
antitesi: Idea per sé. L’idea risulta inadeguata a se stessa e si fa mondo e si aliena
perché si da in esso e lo percepisce come altro. Non trovando se stessa la Coscienza
diviene infelice, soffre.
sintesi: Idea in sé e per sé. È l’Idea che si specchia nella filosofia (espressione
massima dello Spirito assoluto, ossia del mondo dell’arte) e torna a sé,
comprendendosi come Ragione dispiegata nella realtà.
Anche la dialettica hegeliana, come quella fichtiana, non è da intendersi in senso
cronologico:essa ha una struttura puramente logica. Il divenire esiste nella storia
umana, lo Spirito nella condizione concreta e materiale del mondo.
Assoluto= Ragione che si dispiega dialetticamente nel mondo (esiste concretamente
nel mondo nell’uomo, nello spirito soggettivo, che poi diviene oggettivo e assoluto),
insieme di tutte le espressioni umane, l’uomo nella sua radice metafisica (lo spirito
soggettivo e anche assoluto è invece l’assoluto nella sua esistenza storica, concreta).
Doppio processo, ontologico (l’Assoluto si fa mondo e uomo) e gnoseologico (al fine
di conoscersi). Pensiero=essere.
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Quando Hegel parla di “Spirito del mondo” o di “Ragione del mondo”, si riferisce
alla somma di tutte le espressioni umane, perché soltanto l’essere umano è dotato di
“spirito”. Se l’infinito esiste concretamente nell’uomo ed è l’insieme di tutte le
espressioni umane (famiglia, stato, arte, filosofia), Hegel parla della vita e della
cultura dell’essere umano.
I CAPISALDI DEL SISTEMA HEGELIANO
Conseguenze: il finito è ideale, irreale. Tutto è infinito. Ma l’uomo è conscio, la
natura è inconscia. Immaterialismo, panlogismo(tutto è ragione), panteismo (non
spinoziano), immanentismo filosofico. Il finito è l’Infinito:la coscienza di entrambi di
essere una sola entità la si raggiunge con la filosofia, lo specchio dello Spirito del
mondo (la circolarità si chiude). Il singolo individuo è parte dell’infinito, così come
l’albero e il cane. (regno animale, vegetale e minerale sono espressioni dello Spirito,
hanno una radice metafisica). Il finito è un prodotto dell’infinito nel senso che è la
sua oggettivazione.
Il mondo ha una struttura necessaria, razionale.
Da ciò Hegel trae la scandalosa conseguenza per la quale il mondo ha una natura
spirituale (immaterialismo). Tutto ciò che vediamo davanti a noi, non soltanto
l’uomo e le creazioni del suo spirito, ma anche le cose, le montagne, gli animali e le
piante, sono spirito. Il punto di vista limitato dell’uomo che ancora non ha raggiunto
la comprensione filosofica del mondo, ossia l’intero, il risultato, lo induce a credere
che esso sia materiale. Il mondo è invece fatto di spirito incarnato, esteriorizzato
(consistente e visibile) perché “solo lo spirituale è reale”. La materia pertanto non
esiste realmente, è esteriorità dell’Idea, carne di spirito. Il motto dell’idealismo
“Tutto è Spirito” trova in Hegel il suo massimo compimento. Quella che lo spirito
soggettivo ritiene essere materia, è in realtà Idea nel suo sviluppo, che diviene altro
da sé. Il finito è l’Infinito. Come Dio che si è fatto carne per uno scopo ma in realtà è
Spirito, così l’Idea s’incarna per potersi conoscere per cui la corporeità propria del
mondo spazio-temporale è in verità spiritualità. La materia è Spirito oggettivato, la
natura è “pattumiera dello Spirito”. Così nella vita terrena c’è dolore fisico,
generazione e corruzione, ma essendo il vero l’intero, tutto ciò appartiene sempre al
regno della spiritualità, ne è una sua necessaria espressione (per potersi conoscere
l’Idea deve infatti divenire altro da sé visibile, farsi mondo). La materia è apparenza,
non esiste né come prodotto dello Spirito (Fichte), né come entità identità
indifferenziata di corpo e spirito (Schelling).
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Se l’infinito si fa mondo e uomo ed è l’insieme di tutte le costruzioni dell’uomo (si
autoconosce nella filosofia, come appunto entità infinita e dinamica, attività che
agisce nella storia ed espressione di tutto ciò che esiste) la filosofia hegeliana ha
come fondamento la storia umana.
Storicismo:essendo la storia governata dalla ragione, ogni evento è necessario, non
v’è spazio per la causalità, ed essendo la ragione dinamica la storia è
teleologicamente orientata verso un progresso indefettibile, necessitato, che si compie
con la filosofia. La Necessità è la modalità dell’esistente: “la vera realtà è
necessità:ciò che è reale è in se necessario”. Tale necessità si manifesta nella struttura
processuale ed ascendente del mondo, che è composto di una serie di gradi o
momenti che rappresentano, ognuno, il risultato obbligato di quelli precedenti e dil
presupposto obbligato di quelli seguenti. Ottimismo. La verità: ciò che continua a
esistere è giusto e lo era ciò che si è imposto in quell’epoca (la schiavitù 2500anni
fa). Ciò significa che non esistono verità atemporali, eterne e universali su cui
fondare l’esistenza: ogni cosa è vera o irragionevole in quel determinato periodo e
contesto storico, è esatta o sbagliata soltanto in relazione al contesto storico (la
schiavitù2500anni fa, le condizioni di vita sono fattori che incidono nello sviluppo
del pensiero) e non si può comparare Platone con Kant, entrambi hanno ragione.
Possiamo scegliere un esempio più vicino nel tempo: soltanto cento anni fa non era
considerato “irragionevole” bruciare ettari di bosco per poter coltivare la terra. Oggi
invece è una cosa estremamente irrazionale perché abbiamo presupposti diversi, e
migliori, per valutare questo fatto.Certo il kantismo va considerato più vero perchè
sono passati2000anni (le acque del corso del fiume della storia si sono dunque
ingrossate, vi è più razionalità) ma anche il kantismo verrà superato, pur rimanendo
vero per il suo tempo. (Fenomenologia, prefazione). Per Hegel la ragione è qualcosa
di dinamico: è un processo. E la verità è questo stesso processo. Non esistono altri
criteri, al di fuori del processo strorico, che possano stabilire che cosa sia più vero o
più ragionevole. Ad esempio, non si possono isolare pensieri diversi appartenenti al
Medioevo, all’antichità, all’Illuminismo o al Rinascimento e dire che questo è giusto
e quello è sbagliato. Analogamente non si può affermare che Platone avesse torto e
Aristotele avesse ragione: questo è un modo “a-storico” di pensare. Non è possibile
strappare un filosofo, o un pensiero, dai presupposti storici di quel filosofo o di quel
pensiero. però, dal momento che si aggiunge continuamente qualcosa che prima non
c’era, la ragione è “progressiva”, cioè la conoscenza umana continua a espandersi e
quindi ad andare avanti. Di conseguenza la filosofia di Kant, nonostante tutto, è più
vera di quella di Platone, giacchè lo “spirito del mondo” si è evoluto e si è ampliato
da Platone a Kant.sono passati più di duemila anni. Per Hegel la storia è come un
corso di un fiume. Ogni minimo movimento dell’acqua in un punto preciso del fiume
è deciso in realtà dalla cascata e dai vortici a monte, ma dipende anche dai sassi e
dalle anse presenti nel fiume nel punto in cui ti fermi ad osservarlo. Anche il pensiero
della storia, o la ragione della storia, è paragonabile al corso del fiume. Sia le idee che
scorrono attraverso la tradizione degli uomini che hanno vissuto prima di noi, sia le
condizioni di vita che dominano l’epoca in cui ci troviamo, influiscono sul nostro
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modo di pensare. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in
eterno, ma che sia giusto o sbagliato nel momento in cui viene formulato. Così Kant
non deve credere che le sue verità rimarranno sulle sponde del fiume come pietre
irremovibili: anche i suoi pensieri verranno rielaborati, anche la sua ragione sarà
oggetto di critica da parte delle generazioni successive. Ciò che continua a esistere
corrisponde a ciò che è vero. Ciò che è giusto continua a esistere. Esempio: 150fa, la
questione della parità dei sessi era molto dibattuta. Se, al giorno d’oggi, confrontiamo
le opinioni delle due parti (quella a favore e quella contro), non abbiamo difficoltà a
individuare quale delle due presentasse le argomentazioni più razionali. Tuttavia, non
dobbiamo dimenticarci che noi abbiamo il “senno di poi”. Molte persone si
vergognerebbero leggendo le affermazioni del nonno in merito alla questione. Lo
stesso Hegel, a proposito della parità, pensava che la differenza tra un uomo e una
donna è quella che c’è tra un animale e una pianta. L’animale corrisponde di più al
carattere dell’uomo, la pianta a quello della donna, perché questa è un più tranquillo
dispiegarsi che ha come sui principio l’unicità del sentimento. Se le donne fossero a
capo del governo, lo Stato sarebbe in pericolo, perché esse non agiscono secondo il
postulato dell’universalità, ma in base a inclinazioni e opinioni casuali. L’educazione
delle donno avviene, ma non si sa in che modo, come se assorbissero idee ricavate
dalla vita più che da un’acquisizione di conoscenze. L’uomo al contrario raggiunge la
sua posizione soltanto lottando attraverso le idee e per mezzo di duri sforzi tecnici.
Questa citazione costituisce un ottimo esempio del come la concezione di ciò che sia
razionale continui a mutare: essa ci fa infatti capire che anche Hegel era figlio del suo
tempo, come lo siamo noi. Proprio perché, al tempo di Hegel, molti uomini erano
convinti dell’inferiorità del sesso femminile, essi hanno contribuito ad accelerare la
liberazione della donna. Erano stati costretti a formulare una “tesi” giacchè le donne
avevano cominciato a lottare. Quanto più rozzamente si espressero sulla
sottomissione delle donne, tanto più forte divenne la negazione o “antitesi”. Il vero
è l’intero. Ma l’intero è solo l’essenza che si completa attraverso il suo sviluppo.
Dell’assoluto si deve dire che esso è essenzialmemte risultato, che esso solo alla fine
è ciò che in verità è. La sua natura consiste nell’essere realtà, soggetto o divenire di
se stesso. L’assoluto è da concepire come risultato. La storia è in continuo
mutamento. Secondo Hegel lo “spirito del mondo” si evolve verso una
consapevolezza di sé che diventa sempre più grande. Lo stesso avviene pei fiumi che
si allargano sempre più a mano a mano che si avvicinano al mare. Per Hegel, la storia
corrisponde al modo in cui lo spirito del mondo lentamente acquista consapevolezza
di sé. Il mondo è sempre esistito, tuttavia, attraverso la cultura e lo sviluppo
dell’essere umano, lo spirito del mondo diventa sempre più consapevole del proprio
tratto distintivo. Per Hegel chiunque studi la storia può vedere che l’umanità ha
raggiunto la capacità di riconoscere i propri errori e di svilupparsi. A suo giudizio, lo
studio della storia mostra che l’umanità si sta muovendo verso una razionalità e una
libertà sempre maggiori. Insomma, pur con tutte le sue stranezze, lo sviluppo storico
va avanti. La storia continua a superare se stessa, è indirizzata a uno scopo. Sarà la
storia a mostrare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Hegel afferma: “Ciò che è
razionale è reale, ciò che è reale è razionale”. Con questa formula egli intende dire
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che:1) che la razionalità non è pura idealità, astrazione, schema, ma la sostanza stessa
di ciò che esiste, poiché la Ragione governa il mondo-panlogismo, termine coniato
dal filosofo tedesco Erdmann per indicare la dottrina hegeliana dell’identità tra reale
e razionale; 2) che la realtà non è materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura
razionale (Idea) che si manifesta in modo inconsapevole nelle natura e in modo
consapevole nell’uomo.
La studio della storia per Hegel è fondamentale per due motivi: 1) perché l’uomo,
riflettendo filosoficamente su di essa, comprende che tutto è spirito e di esserne parte
e l’assoluto stesso si autoconosce nel filosofo (circolo gnoseologico); 2) perché in
essa l’uomo comprende sia il modo in cui procede la conoscenza sia la legge di
sviluppo della realtà, ovvero la dialettica applica questa categoria filosofica
all’assoluto, dando vita, insieme alla critiche a Fichte e Schelling al suo sistema
filosofico e progetto filosofico. Dalla storia e dalla realtà egli deduce il modello
dialettico. La realtà(l’essere) come diveniente e contraddittoria (Eraclito – gli opposti
si risolvono nell’unità, sono legati)- esempi dell’evoluzione del pensiero e dell’evento
dell’amore.
Altra conseguenza. Perdita di vista del singolo individuo (l’individualismo era invece
uno dei tratti distintivi del romanticismo. La ragione diviene per lui infatti visibile
anzitutto nella relazionalità tra esseri umani (in ultima istanza nella filosofia, lo
specchio dello spirito del mondo) , ovvero nella lingua e nei “poteri obiettivi” , nella
macrostrutture, della famiglia prima e dello stato etico poi. La persona è solo una
componente organica della società, lo strumento consapevole di cui la ragione si
serve per darsi nel mondo e autoconoscersi (secondo motivo). La lingua e lo stato
sono entità in cui nasciamo. Non è il singolo individuo a creare la lingua, ma è la
lingua a creare l’individuo. Lo stesso discorso vale per lo Stato. Chi scrolla le spalle
davanti alla società in cui vive e vuole trovare se stesso è un buffone. Non è infatti
l’individuo a trovare se stesso ma è lo spirito.
Per Hegel lo Spirito ritorna a se stesso, diventa cioè consapevole di sé in tre gradi.
Prima lo Spirito diventa consapevole di sé nell’individuo: Hegel lo definisce “spirito
soggettivo”. E’ lo spirito finito, cioè l’anima o l’intelletto. Lo Spirito raggiunge poi
una maggiore consapevolezza nella famiglia, nella società e nello Stato, in quello che
Hegel definisce lo “spirito oggettivo” perché emerge nell’intesa tra uomini.
Nell’ultimo stadio lo Spirito raggiunge la forma più alta di autoconsapevolezza nello
“spirito assoluto” che è rappresentato dall’arte, dalla religione e dalla filosofia. Di
queste tre, la filosofia è la forma più alta perché in essa lo spirito riflette sulla propria
attività nella storia e incontra se stesso, si specchia.
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La fenomenologia dello Spirito (1807)
Per “fenomenologia” (dal greco phainòmenon, “fenomeno”, “apparenza” e lògos,
“discorso”, si intende la descrizione o la scienza di ciò che appare. In Hegel denota
l’apparire progressivo dello spirito a se stesso.
Per fenomenologia dello spirito s’intende di conseguenza la storia romanzata della
coscienza che, dalle sue prime manifestazioni sensibili, giunge ad apparire a se stessa
nella sua vera natura, cioè come Coscienza infinita o universale. In questo senso, la
fenomenologia dello Spirito coincide con il “divenire della scienza o del sapere”, e si
configura come la via attraverso la quale il singolo individuo ripercorre i gradi di
formazione dello Spirito universale come figure già deposte o tappe di una via già
tracciata e spianata. La prima parte della Fenomenologia hegeliana si divide in
coscienza, in cui predomina l’attenzione verso l’oggetto, autocoscienza, in cui
predomina l’attenzione verso il soggetto, e in ragione, nella quale l’individuo arriva a
scorgere l’unità profonda di soggetto e oggetto, io e mondo, sintetizzando in tal
maniera i momenti della coscienza e dell’autocoscienza.
L’intero ciclo della fenomenologia si può vedere riassunto nelle due figure più celebri
contenute nella sezione dell’Autocoscienza: quella della Signoria e servitù e quella
della coscienza infelice.
Le figure della coscienza sono entità ideali e storiche al tempo stesso, in quanto
esprimono tappe ideali dello Spirito che hanno trovato una loro esemplificazione
tipica nel corso della storia. Sono gradi della via già tracciata e spianata dallo Spirito
Universale, tappe attraverso le quali la coscienza è giunta alla coscienza di sé come
coscienza infinita include anche creazioni fantastiche.
Con la sezione dell’autocoscienza, il centro dell’attenzione si sposta dall’oggetto al
soggetto, ovvero all’attività concreta dell’io, considerato nei suoi rapporti con gli
altri. L’autocoscienza postula la presenza di altre autocoscienze in grado di darle la
certezza di essere tale. In altri termini, l’uomo, secondo Hegel, è autocoscienza solo
se riesce a farsi “riconoscere” da un’altra autocoscienza (ovvero da un altro essere
libero e pensante). Infatti, in quanto appetito o desiderio di realizzarsi (affermare la
propria indipendenza) l’autocoscienza non può limitarsi a cercare il proprio
appagamento negli oggetti sensibili, ma ha costitutivamente bisogno degli altri.
“L’autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un’altra autocoscienza”. A
tutta prima, si potrebbe pensare che il reciproco riconoscersi delle autocoscienze
debba avvenire tramite l’amore, il quale, come Hegel aveva romanticamente
sostenuto negli scritti giovanili, è il miracolo per cui ciò che è due diviene uno, senza
per altro implicare l’eliminazione della dualità (unità differenziata). Nella
Fenomenologia il filosofo scegli invece un’altra strada, in quanto il riconoscimento
non può che passare attraverso un momento di lotta e di sfida, il travaglio del
negativo, ossia il conflitto fra le autocoscienze. Tale conflitto, nel quale ogni
autocoscienza, pur di affermare la propria indipendenza, deve essere pronta a tutto,
anche a rischiare la vita, non si conclude con la morte delle autocoscienze
contendenti (poiché in tal caso sarebbe annullata l’intera dialettica del
riconoscimento) ma con il subordinarsi dell’una all’altra nel rapporto servo-signore.
Il signore è colui che, per di affermare la propria indipendenza, ha messo
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valorosamente a repentaglio la propria vita, sino alla vittoria, mentre il servo è colui
che, ad un certo punto, ha preferito la perdita della propria indipendenza, cioè la
schiavitù, pur di avere salva la vita. Tuttavia la dinamica del rapporto servo-signore è
destinata a mettere capo ad una paradossale inversione dei ruoli, ossia ad una
situazione per cui il signore diviene servo del servo e il servo signore del signore.
Infatti, il signore che inizialmente appariva indipendente, nella misura in cui si limita
a godere passivamente del lavoro altrui, finisce per rendersi dipendente dal servo.
Invece quest’ultimo, che inizialmente appariva indipendente, nella misura in cui
padroneggia le cose da cui il signore riceve il proprio sostentamento, finisce per
rendersi indipendente. Più in particolare, questo processo di progressiva acquisizione
di indipendenza da parte del servo avviene i tre momenti della paura della morte, del
servizio e del lavoro. Infatti, lo schiavo è tale perché ha tremato dinanzi alla morte.
Nel servizio in generale la coscienza si autodisciplina e impara a vincere, in tutti i
singoli momenti, i suoi impulsi naturali. Infine, nel lavoro, il servo, trattenendo il
proprio appetito e non usufruendo dell’oggetto, imprime nelle cose una forma, dando
luogo ad un’opera che permane e che ha una sua indipendenza o autonomia, la quale
rappresenta il riflesso, nelle cose, della raggiunta indipendenza o autonomia del servo
rispetto agli oggetti. In altre parole, formando e coltivando le cose, il servo trova se
stesso nella propria opera e giunge ad intuirsi come essere-indipendente
(autocoscienza)4.
La figura hegeliana del servo-signore presenta una notevole ricchezza tematica, che è
stata apprezzata soprattutto dai marxisti, che ne hanno colto un’intuizione del valore
formativo del lavoro e della configurazione dialettica della storia, nella quale, grazie
all’esperienza della sottomissione, si generano le condizioni per la liberazione. Ciò
non significa che si possa leggere Hegel pensando di fatto a Marx. Infatti la figura
hegeliana non si conclude con una rivoluzione sociale o politica, ma con la coscienza
dell’indipendenza del servo nei confronti delle cose e della dipendenza del signore
nei confronti del lavoro servile (ossia degli oggetti che esso produce. Il signore è
schiavo degli oggetti, il servo ne è indipendente). Il signore è l’autocoscienza del
servo e il servo è lo strumento che elabora gli oggetti affinché il signore ne goda .
Hegel, come Aristotele e San Tommaso, giustifica pertanto la schiavitù, in quanto
servo e padrona hanno bisogno l’uno dell’altro. La schiavitù è cosa utile non solo al
padrone ma allo schiavo stesso. questo è il motivo per cui lo stesso Aristotele ritiene
la schiavitù come una delle divisioni naturali della società pari a quella tra maschio e
femmina. Infatti poiché c’è “chi è naturalmente disposto a comandare” e “chi è
naturalmente disposto ad essere comandato”, la loro unione è “ciò per cui entrambi
possono sopravvivere”. “La schiavitù è quindi vantaggiosa sia per il padrone che per
lo schiavo” (Politica,I).
La coscienza infelice è quella che non sa di essere tutta la realtà e che perciò si trova
scissa in differenze, opposizioni o conflitti dai quali è internamente dilaniata e dai
quali esce solo tramite “la certezza di essere ogni realtà”.
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Il servo sa di essere dipendente dal signore ma anche di essere indipendente dagli oggetti (le cose materiali), in quanto
egli ha disciplinato con il lavoro le pulsioni e li riconosce come suoi prodotti.
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La coscienza infelice si manifesta in forma accentuata nella coscienza religiosa5
medievale, nella forma della separazione radicale fra l’uomo e Dio. È questa la
situazione propria dell’ebraismo, in cui la realtà vera, l’Assoluto, che assume le
sembianze di un Dio trascendente padrone assoluto della vita e della morte, è sentito
lontano dalla coscienza individuale6. In un secondo momento l’Assoluto assume la..
5
Lo sviluppo della coscienza religiosa inizia con le religioni naturali e culmina nel cristianesimo, religione assoluta in
cui Dio appare finalmente come puro spirito, sia pure ancora nella forma imperfetta della rappresentazione, che è un
modo di pensare a metà strada tra l’intuizione sensibile e il pensiero o concetto (dunque imperfetto). La religione è
dunque il momento in cui lo Spirito acquista coscienza di se medesimo nella forma della rappresentazione. La filosofia
è invece il momento in cui l’Assoluto acquista coscienza di sé in forma concettuale. L’arte è il momento in cui lo
Spirito acquista coscienza di se medesima nella forma dell’intuizione sensibile (figure, parole, musica), vivendo in
modo immediato ed intuitivo la fusione tra soggetto e oggetto, spirito e natura, che la filosofia coglie e teorizza coi
concetti. Ciò accade perché di fronte all’esperienza del bello artistico (ad es. una statua greca), spirito e natura vengono
recepiti come un tutt’uno, in quanto nella statua l’oggetto (il marmo) è già natura spiritualizzata, cioè la manifestazione
sensibile di un messaggio spirituale.
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Si ricordi che l’Assoluto esiste concretamente nell’uomo, nella coscienza individuale. Dio cerca se stesso tramite
l’uomo.
.. figura di un Dio incarnato (situazione del cristianesimo medievale). Anche in
questo caso la coscienza individuale è infelice perché considera Dio come un padre o
un Giudice lontano e la pretesa di cogliere l’Assoluto è destinata al fallimento (di cui
sono simbolo eloquente le Crociate, nelle quali l’inquieta ricerca di Dio si conclude
con la scoperta di un sepolcro vuoto. Con il cristianesimo, la coscienza continua ad
essere infelice perchè Dio continua a configurarsi come un “irraggiungibile al di la
che sfugge”. Manifestazioni di questa infelicità cristiano-medievale sono le sottofigure della devozione, del fare e della mortificazione di se. La devozione è il
pensiero intriso di sentimento religioso che non si è ancora elevato a concetto. Il fare
o l’operare della coscienza pia è il momento in cui la coscienza, rinunciando a un
contatto immediato con Dio, cerca di esprimersi nel lavoro. La coscienza poi si
umilia perché riconosce il lavoro e le proprie capacità come dono di Dio, per cui si ha
la completa negazione dell’io a favore di Dio (ascetismo). Ma il punto più basso
toccato dal singolo è destinato a trapassare allorquando la coscienza, nel suo vano
sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere, lei stessa, Dio. Ciò non avviene
nel Medioevo, ma nel Rinascimento e nell’età moderna.
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L’unica conoscenza vera è quella che, sotto forma di sistema (o enciclopedia)
comprende la realtà nella sua totalità, quindi l’intera storia dello Spirito. Questa è
suddivisa da Hegel in tre momenti: Idea, Natura e Spirito, in corrispondenza dei quali
egli articola anche il proprio sistema filosofico. Questo prevede tre grandi sezioni –
Logica, Filosofia della Natura, Filosofia dello Spirito – ognuna delle quali ha una
precisa collocazione rispetto all’intero, nonostante Hegel abbia sviluppato con
maggiore estensione la terza e ultima.
Nell’Enciclopedia lo sviluppo dello Spirito in tutte le sue determinazioni è ritratto
nella sua compiutezza, mentre nella Fenomenologia è filmato nel suo svolgersi, ossia
possiamo seguire il percorso dello Spirito verso la conoscenza assoluta di se stesso.
“La scienza di esso (l’Assoluto) è essenzialmente sistema, perché il vero, come
concreto, è solo in quanto si svolge in sé e si raccoglie e mantiene in unità, cioè come
totalità, e solo mediante il differenziarsi e la determinazione delle sue differenze può
costituire la necessità di esse e la libertà del tutto (…).Un contenuto ha la sua
giustificazione solo come momento del tutto, e fuori di questo è un presupposto
infondato o una certezza meramente soggettiva”
da Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche
Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817)
Idea in sé (tesi) – Logica (Scienza della logica, prima parte dell’Enciclopedia)
Idea per sé (Antitesi) – Filosofia della natura (seconda parte dell’Enciclopedia)
Idea in sé e per sé (Sintesi) – Filosofia dello Spirito (terza parte dell’Enciclopedia.
Filosofia del diritto, Fenomenologia dello Spirito, Filosofia della religione, Filosofia
della storia, Estetica).
La Logica è la scienza dell’Idea pura o dell’Idea in sé. L’Idea è il momento in cui la
realtà è pensiero puro e assolutamente indeterminato. Hegel parte dall’Idea prima e
generalissima di “essere” per arrivare alle singole determinazioni del mondo naturale
e umano. L’Assoluto determinatosi come Idea si esteriorizza nella Natura (Idea per
sé), costituendosi in questo modo come antitesi rispetto all’Idea pura. La Natura
rappresenta un momento ancora incompleto di sviluppo dello Spirito, perché manca
la coscienza del processo nella sua totalità. La Filosofia della Natura ha quindi il
compito di cogliere i processi dialettici immanenti alla Natura (fisica, meccanica,
organica) - di cogliere cioè l’oggetto nella sua estrinsecazione spazio-temporale mostrando come anch’essi non siano che un momento della storia dell’Assoluto e
come il loro sviluppo conduca a una superiore fase di vita dell’Assoluto: l’Assoluto
come Spirito.
In che termini la concezione della natura di Hegel si discosta da quella di stampo
romantico di Schelling? Mentre Schelling identificava la Natura con lo Spirito, Hegel
la considera soltanto come un momento dello sviluppo dell’Assoluto, coincidente con
la fase dell’esteriorizzazione dell’Idea. La Natura è apparenza, è Spirito di carne, non
ha dignità ontologica, è definita da Hegel “pattumiera dello Spirito”. Lo Spirito
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costituisce il momento nel quale l’Idea, dopo essersi esteriorizzata torna a sé,
arricchita però di tutti i contenuti empirici dell’Idea per sé, sintesi perfettamente
cosciente di Idea e Natura. La Filosofia dello Spirito si occupa di descrivere il
processo di autorealizzazione e autocoscienza dello Spirito.
La filosofia dello Spirito
I gradi della realizzazione onto-gnoseologica della filosofia dello Spirito sono: Spirito
Soggettivo, Spirito Oggettivo e Spirito Assoluto.
(VEDI ARCHITETTURA).
Lo Spirito Soggettivo. Nello Spirito Soggettivo Hegel riconosce lo Spirito individuale
nell’insieme delle sue facoltà, considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla
Natura, attraverso un processo che va dalle forme più elementari di vita psichica alle
più elevate attività conoscitive e pratiche. La filosofia dello spirito soggettivo si
divide in tre parti: antropologia (studia lo spirito come anima, ovvero la fase aurorale
della vita cosciente, il dormiveglia dello spirito), fenomenologia (studia lo spirito in
quanto coscienza) e psicologia (studia lo spirito nelle sue manifestazioni universali,
che sono il conoscere teoretico, l’attività pratica e il volere libero).
Lo Spirito Oggettivo. Lo Spirito Oggettivo è il luogo nel quale si compie la storia
umana, è lo spirito sovra-individuale o sociale. Qui gli individui sono considerati
nella concretezza delle loro relazioni reciproche, regolate da norme sovraindividuali.
In altre parole lo Spirito ha superato la contraddizione descritta nella Fenomenologia
dello Spirito, originata dalla tendenza da parte degli individui a realizzare la propria
libertà a scapito di quella altrui. Il momento finale della realizzazione dello Spirito
Oggettivo è l’eticità, sintesi del diritto (tesi) e della moralità (antitesi). Nel diritto lo
spirito individuale si regola secondo alcune norme, sentite però come imposte
dall’esterno. Nella moralità, invece, lo Spirito individuale diventa soggetto autonomo
di intenzioni morali e propositi d’azione. Solo con l’eticità il valore soggettivo si
concretizza assumendo come propri valori intersoggettivi. L’eticità si compie nello
Stato come sintesi di famiglia (tesi) e società civile (antitesi): esso rappresenta il
momento di perfetta realizzazione dello Spirito Oggettivo. Nella volontà universale,
rappresentata dall’organizzazione statale, si trovano fuse tutte le volontà particolari
(la ragione emerge nei poteri “obiettivi”, di cui lo Stato costruisce la massima
espressione). Nello Stato, secondo Hegel, si realizza la storia, che non può essere che
storia delle istituzioni.
Lo Spirito Assoluto. La sintesi di Spirito Soggettivo e Spirito Oggettivo si attua nello
Spirito Assoluto, che costituisce il momento della Ragione dispiegata. Lo Spirito
Assoluto è il momento della sintesi di infinito e finito, lo spirito il quale sa e conosce
se stesso progressivamente nelle forme dell’arte, della religione e della filosofia.
Hegel, però, giunge a tale conclusione, non attraverso un passaggio mistico, bensì per
mezzo della ragione, che ripercorre e rende cosciente a se stessa tutto il processo. I
momenti della dialettica interna allo Spirito Assoluto sono Arte, Religione e
Filosofia.
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Nell’Arte l’Assoluto si manifesta in una forma finita, particolare e sensibile, cioè
viene colto tramite l’intuizione dell’opera d’arte. Nella Religione lo Spirito coglie se
stesso come Assoluto, liberi da vincoli del sensibile, nella rappresentazione di Dio,
che, diversamente dall’oggetto artistico, si trova nell’interiorità; i concetti elaborati
dalla religione sono però concetti filosofici, nei quali l’Assoluto viene pensato e non
solo rappresentato interiormente. La filosofia è il momento più alto della conoscenza
dello Spirito, che ora si coglie, si ritrova e si riconosce come Ragione dispiegata nella
realtà. si realizza così la perfetta circolarità del processo. E’ infatti importante
sottolineare che la coscienza individuale è per Hegel il luogo del riconoscimento
della sintesi di infinito e finito, come momento essenziale dell’autoriconoscimento
della Ragione Universale. Gli individui sono quindi strumento per la realizzazione di
obiettivi che superano la loro particolarità e contingenza. (l’individuo si coglie come
parte del tutto, l’Assoluto, nell’individuo, tramite la filosofia, si cogli come totalità o
sintesi di infinito e finito).
La filosofia della storia
Hegel non nega che la storia possa apparire un tessuto di fatti contingenti e quindi
priva di ogni piano razionale e dominata dallo spirito del disordine, della distruzione
e del male. Ma tale, a suo giudizio, può apparire soltanto dal punto di vista
dell’intelletto finito, cioè dell’individuo, che misura la storia alla stregua dei suoi
personali ideali e non sa elevarsi al punto di vista speculativo della ragione assoluta.
In realtà “il grande contenuto della storia del mondo è razionale, e razionale
dev’essere:una volontà divina domina poderosa nel mondo, e non è così impotente da
non saperne determinare il gran contenuto”.
Il fine della storia del mondo è che “lo spirito giunga al sapere di ciò che esso è
veramente, e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente,
manifesti oggettivamente se stesso”. Questo spirito che si manifesta e realizza in un
mondo esistente – cioè nella presenzialità, nel fatto, nella realtà storica – è lo spirito
del mondo che s’incarna negli spiriti dei popoli che si succedono all’avanguardia
della storia.
I mezzi della storia sono gli individui con le loro passioni. Hegel è ben lontano dal
condannare o dall’escludere le passioni: afferma anzi che “nulla di grande è stato
compiuto nel mondo senza passione”.
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