Caratteri generali del Romanticismo tedesco ed europeo

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Caratteri generali del Romanticismo tedesco ed europeo
1.- Il Romanticismo come “problema”
Molto più dei concetti e delle nozioni di “Rinascimento” o di “Illuminismo”, la nozione di
“Romanticismo” risulta, alquanto problematica e di difficile determinazione sul piano
storiografico.
A questo proposito sono state elaborate due interpretazioni di fondo:
Secondo una prima interpretazione il Romanticismo sarebbe
un indirizzo culturale
prevalentemente di tipo artistico-letterario che trova la sua nota qualificante nell’esaltazione del
“sentimento” e che si concretizza nei rappresentanti del circolo tedesco di Jena e in tutti i poeti e
letterati europei seguaci delle loro idee anticlassicistiche. Questa interpretazione “ristretta” , che
risale in parte ai romantici stessi ed è stata codificata da G.F.Hegel, ha avuto una larga
diffusione, sin ai giorni nostri, sedimentandosi anche nell’uso comune del termine che identifica per
“romantico” tutto ciò che appare in qualche modo “sentimentale”, poetico , artistico ecc..
Più recentemente una seconda interpretazione ritiene, invece, che il Romanticismo non sia solo un
movimento poetico-artistico-letterario. Secondo tale interpretazione “allargata” del romanticismo
esso piuttosto si configurerebbe come una “temperie” o “un’atmosfera” storica, ossia come
una situazione culturale che impregna di sé la mentalità generale di un secolo, riflettendosi non
solo nell’arte o nella letteratura (come vorrebbe la prima interpretazione), ma anche nella filosofia,
nella politica, nel costume sociale ecc. e di cui fa quindi parte - ed anzi ne costituisce, in qualche
misura lo stesso fondamento filosofico - la corrente dell’idealismo post-kantiano di cui lo stesso
G.F.Hegel (che si vorrebbe distinguere proprio dai romantici) è senza dubbio l’esponente più
rilevante. Insomma secondo tale indirizzo storiografico il Romanticismo non è solo alcune opere
d’arte o di letteratura, ma, in modo molto più ampio, “un grande fenomeno culturale che entra in
parte preponderante nella vita morale e nella storia del costume e delle idee del mondo
moderno” (M.Vinciguerra).
Questa ricerca assume come interpretazione proprio questa ultima e cerca di chiarire quei
fondamenti filosofici e culturali che resero possibile la “mentalità” romantica e che, al di là delle
indubbie ambivalenze e ambiguità del romanticismo stesso (si pensi soltanto alla esaltazione
dell’individualismo più radicale cui fa da contrappeso, sul piano politico, l’elaborazione
sovraindividuale dell’idea di nazione), costituiscono la trama unitaria da cui prendono poi le mosse
le varie espressioni letterarie, poetiche, artistico-musicali , politiche, sociali ecc. di quest’epoca.
Diremo pertanto che con il termine “Romanticismo” che in origine faceva riferimento al
romanzo cavalleresco, ricco di avventure e di amori, si vuole qui indicare il movimento
filosofico, letterario, artistico ecc., che, nato in Germania negli ultimi anni del XVIII secolo,
ha poi trovato la sua massima fioritura in tutta Europa, nei primi decenni dell’Ottocento,
improntando di sé la mentalità di gran parte del secolo.
2.- Il rifiuto della ragione illuministica
E’ abbastanza consueto - proprio sulla scorta della prima delle due interpretazioni sopra
considerate - ritenere che i romantici ripudiano la ragione in nome del sentimento.
Questa affermazione non corrisponde pienamente a verità. Ciò perché se è certamente vero che essi
ripudiano un certo modello di ragione, non corrisponde tuttavia a verità il fatto che essi ripudino
“in toto” la razionalità dell’uomo , in nome , magari, di una vita puramente affidata alla forza delle
emozioni o degli istinti.
In realtà la ragione che i romantici rifiutano non è la ragione umana, in generale, ma, più
specificamente, la Ragione Illuminista, vale a dire quel modo di intendere l’attività conoscitiva e
razionale dell’uomo (con le sue possibilità e soprattutto -Kant insegna- i suoi limiti ) che
l’Illuminismo con i suoi vari esponenti culturali, filosofici e scientifici, aveva elaborato.
Non è quindi esatto dire che i romantici rifiutano la ragione in nome del sentimento. E’ invece vero
che i romantici sono tutti d’accordo nel respingere la Ragione illuminista e kantiana in
particolare. Ma questo in vista di un nuovo modo di concepire la razionalità, il che, in altre
parole, sta a dire, in ultima analisi, un nuovo modo di concepire l’uomo nelle sue possibilità di
conoscenza e azione.
3.- Il Senso dell’Infinito
Come è noto la gnoseologia kantiana aveva prescritto precisi limiti alla ragione umana.
Kant si era fatto interprete, in altre parole, di una filosofia del finito e aveva fatto valere in
ogni campo il principio del limite.
A fare le spese di questa cultura era stata proprio quella scienza che nel superamento dei
limiti ( e in particolare di quelli tracciati dall’esperienza e dalla conoscenza fenomenica) trovava la
sua stessa ragion d’essere vale a dire la metafisica.
Ora i romantici sembrano proprio rovesciare l’assunto kantiano.
Se , infatti, nella filosofia critica il principio del limite è l’elemento dominante, nel
romanticismo è proprio il superamento del limite, la ricerca dell’oltre limite, di ciò che non-haalcun-limite ovvero di ciò che è Assoluto, Eterno, Imperituro, Immutabile ecc. ad essere il
carattere massimamente distintivo.
Di conseguenza , messa da parte la ragione empiristica-razionalistico-scientifica dell’Illuminismo,
che aveva sbarrato le porte del sapere alla metafisica, i romantici si avviano lungo la strada di una
ricerca che li porta a tentare nuove e diverse vie di accesso a quell’Assoluto, a quell’
incondizionato, che proprio della metafisica è l’oggetto privilegiato.
Ecco perché alla ragione illuminista, viene a contrapporsi quella “ebbrezza di Infinito” che
colora di sé tutte le esperienza dei romantici che sono, in genere, anime assetate di Assoluto,
bramose di trascendere le barriere del finito, e di andare oltre lo spazio, il tempo, la
determinazione causale degli eventi fisici, il dolore, la caducità e la morte stessa.
Dunque è l’Assoluto o l’Infinito il protagonista principale dell’universo culturale
romantico. La sua ricerca , la sua sperimentabilità e la sua esprimibilità costituiscono quella trama
unitaria nella quale convergono tanto il romanticismo poetico e letterario, quanto l'idealismo
filosofico, tanto il provvidenzialismo storico, quanto il nazionalismo politico .
4.- Panteismo e trascendentismo
Se, come si è visto, tutti i romantici sono concordi nell’assegnare all’Infinito o all’Assoluto
il ruolo di protagonista nel loro universo culturale, essi tuttavia differiscono nei modi con i quali
tale Assoluto concepiscono e ciò sia per che riguarda i caratteri e, in ispecie, il rapporto Assoluto-
mondo/natura/realtà o Infinito-finito, sia per quel che riguarda le vie stesse di accesso a questa
esperienza/conoscenza cui essi bramano.
Per quel che riguarda il primo aspetto, ovvero il modo di concepire il rapporto tra infinito e
finito, due sono le posizioni preminenti: la prima è quella dell’immanentismo o del panteismo, la
secondo è quella del creazionismo o del trascendentismo.
Secondo la prima posizione, che riflette probabilmente il modello più seguito dai romantici,
non c'è distinzione tra finito ed infinito, nel senso che il finito (ovvero la natura, il mondo, la
storia ecc.) non è altro che una manifestazioni espressione dell’infinito stesso, la sua vivente
realizzazione. Ecco perché possiamo parlare, per i romantici , di una divinizzazione del reale che
identifica l’Infinito con il ciclo eterno della Natura (Goethe) oppure di un panteismo razionalistico
che identifica l’Infinito con lo Spirito, ovvero con l’Umanità stessa nelle sue opere più alte quali la
religione, l’arte e la Ragione stessa (Hegel).
Se questa è certamente la concezione dominante, non manca tuttavia , presso i romantici
una posizione diversa che, invece di sottolineare l’immedesimazione del finito con l’infinito, ne
sottolinea, piuttosto il distacco, la distinzione.
E’ questa la posizione creazionista o trascendentista che ammette appunto la diversità del finito
dall’Infinito e considera quest’ultimo come un Dio che è al di là delle sue manifestazioni mondane.
5.- Le vie di accesso all’Assoluto: sentimento, arte, fede
religiosa e “ragione dialettica”
Se la definizione dell’Assoluto porta i romantici ad interpretare posizioni diverse, anche la
determinazione delle vie di accesso all’Infinito appaiono tra di loro, molto diversificate ed è, forse,
proprio su questo piano che, almeno in parte, il romanticismo poetico letterario e artistico si
distingue maggiormente dall’orientamento filosofico dell’idealismo.
Da taluni infatti, soprattutto , come si è detto, dai poeti e dagli artisti, l’organo più funzionale per
rapportarsi alla vita e per penetrare nell’essenza più riposta dell’universo viene rintracciato nel
sentimento, una categoria spirituale (“la facoltà o l’organo che presiede alle emozioni stesse e da
cui esse dipendono ...” N.Abbagnano Diz. Fil.) che l’antichità classica aveva per lo più ignorato o
disprezzato, che il Settecento illuministico aveva cominciato a riconoscere nella sua forza e che nel
Romanticismo acquista valore predominante. Questo valore predominante è la principale eredità
che il Romanticismo riceve dallo Sturm un Drang il quale aveva appunto contrapposto il
sentimento alla ragione, ritenuta incapace di superare i limiti posti ad essa da Kant e di attingere
in tal modo la sostanza delle cose e le realtà superiori e divine.
Sebbene il sentimento di cui parlano i romantici sia qualcosa di più profondo ed
“intellettuale” del sentimento comunemente inteso e risulti nutrito e potenziato di “riflessione” e di
filosofia, esso appare come una ebbrezza indefinita di emozioni, in cui palpita la vita stessa al di là
delle strettoie della ragione, che nei suoi confronti scade a pallido riflesso.
Per queste sue caratteristiche , il sentimento viene ritenuto in grado di aprire a nuove dimensioni
della psiche e di risalire alle sorgenti primordiali dell’essere. Anzi talora il sentimento appare
come l’Infinito stesso, o, meglio, come l’Infinito nella forma dell'indefinito.
“Quando in cotesto sentire ti senti veramente felice,
chiamalo pure allora come vuoi:
chiamalo felicità, cuore , amore, Dio.
Per questo io non ho nome alcuno.
Sentimento è tutto!
La parola è soltanto suono e fumo ...”
(Goethe, Faust)
L’esaltazione del sentimento procede parallelamente al culto dell’arte, vista come
“sapienza del mondo” e “porta aurorale” della conoscenza, ossia come ciò che precede ed
anticipa il discorso logico e nello stesso tempo lo completa giungendo là dove questo non può
arrivare e configurandosi come ciò da cui nasce e a cui finisce sempre per ritornare la filosofia. Al
poeta allora si conferiscono doti quasi sovra-umane e profetiche, che fanno di lui un “esploratore
dell”invisibile” con poteri superiori a quelli degli uomini comuni e della ragione logica.
Questo primato dell’arte è soprattutto primato della poesia e della musica. Anzi sempre più è
proprio la musica a divenire, nel mondo romantico, la “regina delle arti”, anzi l’arte romantica
per eccellenza, poiché sprofondando l’ascoltatore in un
flusso indeterminato di emozioni e di immagini gli fa vivere l’esperienza stessa dell’infinito.
“La musica - scrive E.Fubini nel suo studio sul Romanticismo musicale -non ha bisogno di
esprimere ciò che esprime il linguaggio comune, perché va molto oltre: essa coglie la Realtà ad un
livello molto più profondo, rifiutando qualsiasi espressione linguistica come inadeguata. La musica
può cogliere la stessa essenza del mondo, l’Idea, lo Spirito, l’Infinito. Ed ha questo potere in misura
tanto più alta quanto più è lontana da qualsiasi tipo di semanticità e di concettualità. “
Accanto all’arte e strettamente intrecciata con essa un’altra esperienza decisiva per i
romantici, è stata la religione, vista anch’essa come via d’accesso privilegiata al reale e come un
sapere immediato, che, andando oltre i confini della ragione kantiana, riesce a cogliere il Tutto,
l’Assoluto, l’Eterno.
Se sentimento, arte e religione sono certamente le espressioni più caratteristiche del
movimento romantico, tuttavia esse non sono le uniche, poiché nel Romanticismo, inteso come
epoca culturale, troviamo anche la posizione di quei filosofi che proprio partendo dal superamento
della Ragione illuministica-kantiana finiscono con l’elaborare un nuovo modello di Ragione non
più intesa, kantianamente, come finita e limitata, bensì concepita proprio negli stessi termini
di infinità e di assolutezza che il romanticismo letterario e poetico ritrova nelle proprie
esperienze.
Parliamo qui di quel movimento filosofico che caratterizza proprio la scena culturale postkantiana e che trova espressione nella corrente dell’idealismo.
Tale movimento, come vedremo, superata e cancellata definitivamente la nozione di cosa in sé ,
procede a quella infinitizzazione della Ragione che troverà proprio in G.F.Hegel , pure polemico
con i romantici del sentimento, la sua massima espressione.
La Ragione dialettica hegeliana che “sa di essere tutta la realtà” , è, sul piano logico e ontologico ,
l’Assoluto che i romantici cercano attraverso il sentimento, la fede e l’arte.
Pur su versanti diversi dunque romanticismo ed idealismo sembrano convergere trovando
espressione proprio in quella trama unitaria che è il filo sotterraneo dell’Infinito.
6. - I caratteri del Romanticismo: “Sehensucht”, “ironia” e
“titanismo”
Se la cultura dell’Infinito è dunque il denominatore comune della cultura romantica occorre
ora definirne i caratteri.
In questo senso “Sehensucht”, “ironia” e “titanismo” risultano essere le espressioni generali
forse maggiormente distintive di tale esperienza.
Esse descrivono anzitutto una condizione dell’anima romantica, un modo di essere, prima ancora
che una espressione che si concreta in forma di arte o di pensiero .
L'espressione germanica “Sehensucht” che può essere tradotta in italiano con “desiderio”,
“aspirazione struggente”, “brama appassionata” ecc. (letteralmente Sehensucht significa:
desiderio di desiderare) costituisce forse la più caratteristica parola del Romanticismo tedesco,
poiché sintetizza l’interpretazione dell’uomo come desiderio e mancanza, ossia come desiderio
frustrato verso qualcosa (l’infinito, la felicità ...) che sempre sfugge.
Infatti la romantica Sehensucht si identifica con quella aspirazione verso il più e l’oltre, che
non trovando confini e mete precise si risolve inevitabilmente in una desiderio di avere
l’impossibile, di conoscere l’inconoscibile, di sentire il soprasensibile. Per cui la Sehensucht, in
ultima analisi finisce per configurarsi come un desiderio innalzato alla seconda potenza, un
desiderio del desiderio e quindi un desiderare che si esaurisce in sé, che ha in se stesso il suo
traguardo e fine, che ha in sé il suo ultimo e definitivo piacere.
Connessa alla Sehensucht è l’ironia. L’ironia consiste nella “superiore” coscienza del fatto
che ogni realtà finita
e quindi ogni impresa umana , grande o
piccola che sia, risulta inadeguata impari davanti all’Infinito. L’ironia è quindi una sorta di
presa di distanza dal mondo e della realtà finita, che consiste essenzialmente nel non prendere
“sul serio”, nel non
considerare come ultime e
definitive, quelle che, in ultima analisi, non sono che manifestazioni transitorie e passeggere
dell’Infinito stesso (la natura, le opere, l’io) espressioni provvisorie di esso.
Se l’ironia si palesa una sorta di humour filosofico, scaturente dalla coscienza dei limiti del
finito in quanto tale, il titanismo esprime invece un atteggiamento di sfida e di ribellione,
proprio di chi si propone di combattere, pur sapendo che alla fine risulterà perdente e
incapace di superare le barriere del finito. Tant’è vero che il titanismo mette capo, talora, al
suicidio, visto come atto di sfida estrema verso il desino (atteggiamento opposto e complementare è
invece il vittimismo ovvero la tendenza a sentirsi schiacciati da forze superiori come il Destino, la
Natura, a Società).
7.- I grandi temi romantici: l’amore come anelito di fusione
totale e cifra dell’Infinito
L’amore costituisce certamente uno dei temi prediletti del Romanticismo tedesco, in
particolare, su cui si sono soffermati poeti e filosofi: da F.Schlegel a Fichte, da Hölderlin a
Schleiermacher, da Novalis a Hegel ecc. L’esaltazione romantica dell’amore discende soprattutto
dal privilegio che, in questa esperienza, può venir dato al sentimento e, nello stesso tempo, dal fatto
che esso può offrire uno spazio per la ricerca di un’evasione dal grigiore del quotidiano. Infatti
l’amore appare ai romantici come il sentimento più forte e come l’estasi suprema, ovvero come la
vita della vita stessa.
“Vita e morte significano la cosa stessa... C’è tutto nell’amore: amicizia, cordialità, sensualità e
anche passione... e l’un elemento lenisce e rinforza, anima e accresce l’altro, viviamo ed amiamo
fino all’annientamento. Soltanto l’amore ci rende uomini veri e perfetti, esso solo è la vita della vita
...” (Schlegel).
“La vera vita è amore: come amore ha e possiede la cosa che ama , l’abbraccia, la penetra, è unita
e fusa in essa” (Fichte)
La prima caratteristica dell’amore romanticamente inteso è la globalità , ovvero la ricerca di una
sintesi fra anima e corpo, spirito e istinto, sentimento e sensualità.
Ciò si accompagna ad una rivalutazione della figura femminile che, abbandonati falsi pudori ed
emancipata dal modello del matrimonio tradizionale, sappia personificare una donna nuova e
superiore , capace di amare con tutta la pienezza del proprio essere, senza altri freni alla passione
all’infuori della sua “fedeltà interiore”.
Nella, Lucinde di F.Schlegel ad esempio, opera in cui l’amore romantico trova una delle
manifestazioni forse più radicali, il protagonista Giulio, si rivolge all’amata Lucinde con queste
parole:
“Attraverso tutti gli scalini dell’umanità tu vai con me dalla sensualità più sfrenata alla più
spirituale spiritualità, e solo in te io vidi vera superbia e vera femminile umiltà”
Ovviamente a questo tipo di donna viene riconosciuta parità di diritti con l’uomo, nella vita come
nella cultura. E in questo senso, il Romanticismo - che fu rappresentato
anche da donne come Carolina Schlegel, Bettina Brentano, Dorotea Veit ecc. e, a livello europeo,
da Madame de Staël - si configura come una tappa ulteriore della rivendicazione della moderna
dignità femminile.
La seconda caratteristica dell’amore romantico risiede nella ricerca dell’unità assoluta degli
amanti, ossia nella completa fusione delle anime e dei corpi, in modo tale che ciò che è due possa
divenire uno. Anche in un filosofo, come si è detto polemico verso il romanticismo del sentimento ,
come Hegel il “vero amore” viene identificato come la “vera unificazione” che supera ogni antitesi
e molteplicità, armonizzando il diverso e l’opposto.
“L’amore - scrive Hegel nell’Estetica - è identificazione del soggetto con un’altra persona ... (è) il
sentimento per cui due esseri non esistono che in unità perfetta e pongono in questa identità tutta la
loro anima e il mondo intero”; “Questa rinuncia a se stesso per identificarsi con un altro,
quest’abbandono nel quale il soggetto ritrova tuttavia la pienezza del suo essere, costituisce il
carattere infinito dell’amore.”
La terza caratteristica dell’amore romantico è la sua tendenza a caricarsi di significati
simbolici e metafisici. Infatti i romantici pensano che l’amore, pur rivolgendosi a cose e a creature
finite, scorga in esse manifestazioni o cifre dell’Assoluto, sia inteso pateisticamente nella forma
dell’Uno-Tutto, sia interpretato in modo trascendente nella forma del Dio-Creatore. Infatti
nell'amplesso degli innamorati, espressione del misterioso fondersi di due creature diverse, essi
vedono il mistero stesso della vita e il simbolo dell’universale Armonia, ovvero della congiunzione
uomo-Natura, finito-Infinito ecc.
Ciò significa, in ultima analisi, che nell’amore, l’Assoluto, più che cercato è, almeno in parte, già
trovato e posseduto. Non per nulla Fichte, nella sua Introduzione alla vita beata, rifacendosi al
Cristianesimo afferma: “Non è un’audace metafora, ma la pura verità quel che dice lo stesso
evangelista Giovanni: ‘Chi rimane nell’amore, rimane in Dio e Dio in lui’ ”.
8.- I grandi temi romantici: la nuova concezione della storia.
Uno degli aspetti caratterizzanti del Romanticismo è l’interesse e il culto per la storia. Fin
dal suo nascere, infatti, la filosofia romantica procede alla teorizzazione di una nuova filosofia
generale della storia, che , pur affondando le sue radici nel tardo illuminismo, finisce per
presentare dei caratteri oggettivamente antitetici a quella professata nell’età dei lumi. Infatti, mentre
per l’illuminismo il soggetto della storia è l’uomo, per il Romanticismo rusulta essere la
Provvidenza.
L’esito fallimentare della Rivoluzione francese e dell’impresa napoleonica aveva contribuito a
generare l’idea che a “tirare le fila “ della storia non fosse l’uomo, ovvero l’insieme degli
individui sociali, bensì una potenza extra-umana e sovraindividuale, concepita, anche in questo
caso (vedi sopra) sia come forza immanente sia come forza trascendente. Per cui, sia che si parli di
Umanità (Herder), di Io trascendentale (Fichte), di Dio (Schlegel) o di Spirito (Hegel), la storia
appare, in ogni caso, al romantico, come il prodotto di un soggetto provvidenziale Assoluto, che
si viene progressivamente realizzando e rivelando nella molteplicità degli avvenimenti, dei
quali costituisce il momento unificante
e totalizzante.
Secondo tale interpretazione , la storia, allora, diventa un processo necessario, incessante e
globalmente positivo di realizzazione dell’infinito. In essa nulla vi è di inutile o irrazionale.
Tutto infatti rientra nel disegno che la Provvidenza traccia per la sua autorivelazione al mondo.
Da tale punto di vista la pretesa illuminista di “giudicare la storia” , rifiutandone alcuni
momenti, viene ad essere romanticamente insostenibile. In primo luogo perché voler giudicare la
storia, equivale a intentare un processo a Dio, che nella storia si manifesta e si realizza. In secondo
luogo perché ogni momento della storia (anche quello più oscuro incomprensibile e doloroso
agli occhi umani) costituisce l’anello necessario di una catena processuale che, nel suo
complesso, è positiva. In terzo luogo perché giudicare il passato alla luce dei valori del presente
(che per gli illuministi erano i valori stessi dell’uomo: pace, benessere, libertà, pubblica felicità
ecc.) significa misconoscere l’individualità e l’autonomia delle singole epoche, che hanno ognuna
una specifica ragion d’essere in relazione alla totalità della storia e che perciò si sottraggono ad ogni
giudizio critico comparativo nei loro confronti.
Tutto ciò spiega perché lo storicismo romantico si accompagni, spesso, ad una forma di
tradizionalismo, che non solo giustifica, ma in qualche modo “santifica” il passato, ritenendolo
espressione del “corso di Dio nella storia” e linfa vita le del presente e del futuro.
Anche su questo punto la differenza con l'illuminismo è marcata. Infatti mentre
l’Illuminismo guarda al mondo storico in modo critico e problematico volendo liberarsi del
passato in cui scorge errori, ignoranza, pregiudizi e violenze, il Romanticismo giustificando il
passato, carica di valore assoluto le istituzioni basilari del passato: la famiglia, i ceti sociali, la
monarchia, la Chiesa e, infine (soprattutto con Hegel) lo Stato.
Tipico di questo atteggiamento è la grande rivalutazione che il Romanticismo opera nei
confronti del Medioevo (bollato dagli illuministi come epoca oscurantista e irrazionale) visto come
epoca di fede, di unità spirituale, di fantasia, di imprese cavalleresche, in cui si forgiano le energie
che daranno origine alle nazionalità moderne (si pensi, solo a titolo d’esempio, a tutto il teatro
musicale wagneriano).
9.- I grandi temi romantici: la filosofia politica.
Strettamente connessa allo storicismo è la filosofia politica romantica, anch’essa
profondamente diversa da quella degli illuministi. Inizialmente, gli autori del Romanticismo
tedesco passano attraverso una vera fiammata filo-rivoluzionaria e appaiono portatori di istanze
di istanze individualistiche ed anti-statalistiche che si esprimono in forme di radicalismo
repubblicano, ma anche di ribellismo anarchico o amoralistico (atteggiamento, questo, tipico
degli esponenti dello Sturm und Drang ).
Tuttavia, in una seconda fase, quella più propriamente romantica, gli intellettuali germanici,
in virtù del loro provvidenzialismo storico e del loro tradizionalismo, cominciano ad elaborare
degli schemi politici sempre più esaltatori dello Stato e politicamente conservatori.
Partito quindi dall’anarchismo dello Sturm und Drang, il Romanticismo perviene dunque,
progressivamente, al culto dell’Autorità finendo per convergere nell’alveo della Restaurazione .
Questo tuttavia non significa che il Romanticismo possa essere ridotto a semplice ideologia delle
istituzioni assolutistiche-feudali
(ancien regime)
ripristinate
dal
successiva al Congresso di Vienna (1815).
Infatti una certa anima individualistica e libertaria del Romanticismo originario ha continuato
ad essere attiva, coniugandosi, soprattutto nei paesi europei non tedeschi, alle istanze
liberaleggianti ed anti Metternich . Per cui se da un lato, in Europa “romantico” ha potuto essere
sinonimo di “conservatore” (e ciò soprattutto in Germania), dall’altro ha potuto divenire
l’equivalente di “liberale” o di “patriota” (si pensi al Risorgimento italiano).
Si può parlare quindi di un bifrontismo politico della corrente romantica, che risulta
particolarmente evidente nella diversa portata teorica e pratica di una delle idee chiave, dei concetti
più originali e decisivi elaborati all’interno della filosofia politica e storica romantica: quello di
“nazione”.
Anche qui la distinzione netta è con gli illuministi. Mentre l’idea settecentesca di “popolo”
era definita in termini di volontà e di interessi comuni e veniva concepita come risultato di un
contratto e di una libera convenzione, il concetto romantico di “nazione” risulta definito in
termini di elementi tradizionali quali la razza, la lingua, il costume, la religione ecc.
Per cui, se il popolo in senso settecentesco è la coesistenza di individui che vogliono vivere
assieme, la nazione, in senso ottocentesco, è la coesistenza di individui che devono vivere insieme,
nel senso che non possono non farlo senza rinnegarsi o tradire se stessi.
In tal modo dalla “volontà generale” di Rousseau, pensata in termini di “contratto sociale”, si passa,
nel Romanticismo, al concetto di “nazione”, intesa anche come “Spirito di Popolo” (Volksgeist).
Le conseguenze di questa nuova visione sono notevoli soprattutto se rapportate alle
concezioni illuministiche:
all’universalismo degli enciclopedisti si sostituisce uno storicismo concreto che richiama la
pluralità delle nazioni, la loro diversità nella espressione culturale, linguistica religiosa;
al cosmopolitismo giuridico che proclamava diritti naturali comuni e immaginava già organismi
internazionali, si contrappone una nazionalismo giuridico e politico che esalta il diritto “storico” e
la politica “specifica” degli stati;
all’universalismo religioso degli illuministi che proclamava l’ideale di una religione naturale e
razionale, viene contrapposta la molteplicità delle religioni positive e dei loro culti.
La visione dello Stato in termini di nazione porta così ad una concezione organicistica per
cui esso si configura come un organismo in cui il tutto (lo Stato) è superiore alle parti che lo
compongono (individuo , famiglie, corporazioni ...) le quali hanno senso e ragion d’essere solo
nello Stato e in funzione di esso. Questo fa sì che la filosofia politica del Romanticismo, tedesco in
particolare, tenda sempre più a svilupparsi in una direzione statalistica e divinizzatrice dello
stato (statolatria)
che arriva fino alla teorizzazione dello Stato Etico di Hegel (unico vero luogo di inveramento
dell’individuo). E’ su questa strada che il pensiero politico tedesco, esaltando, sin da Herder, il mito
della “nazione missionaria”, ossia del “popolo civilizzatore” ed “educatore”, giunge ad esaltare
il primato moderno della Germania , finendo per gettare le basi delle successive esaltazioni
nazionalistiche dei tedeschi, sino al loro tragico compimento nel nazismo.
La stessa guerra tra Nazioni, finisce per trovare in Hegel una sua giustificazione che la
intende come una specie di “giudizio di Dio” del quale la provvidenza storica storica si avvale per
far trionfare l’incarnazione migliore , cioè la nazione, dello Spirito del mondo.
Tuttavia, anche in questo caso, il Romanticismo non tollera schematizzazioni unilaterali.
Si è appunto parlato di bifrontismo politico ed è proprio in tal senso che il culto della nazione va
compreso. Se infatti in Germania l’idea di nazione si coniuga con le istanze tradizionalistiche ed
esaltatrici dello Stato e della missione storica del popolo tedesco, negli altri paesi europei (Italia,
Francia, Ungheria ..) si assiste invece ad una saldatura fra il concetto di nazione e quello di
libertà, intesa, quest'ultima, non solo come libertà dallo straniero e indipendenza della
nazione, ma anche come libertà dal potere assoluto, e quindi libertà nello Stato.
Nel nostro Paese, ad esempio, come è ben dimostrato dal Mazzini che rappresenta uno dei
principali esponenti della cultura romantica, il culto della nazione fa tutt’uno con il liberalismo (=
salvaguardia dei diritti individuali), con il patriottismo (= battaglia affinché lo Stato coincida con
la nazione, ossia per l’Unità d’Italia) e con il principio di autodeterminazione nazionale (= ogni
nazione deve essere padrona del proprio destino politico).
10.- I grandi temi romantici: la nuova concezione della
Natura
Un altro dei grandi temi elaborati dalla cultura romantica è quello relativo alla concezione
della natura. Anche qui il tema dell’Infinito che, come si è visto, è il tema cardine del romanticismo
incide in modo significativo portando ad una concezione del mondo fisico molto diversa da quella
nata con la scienza galileiana ed esaltata dall’illuminismo settecentesco.
Come si è visto, da Galileo in poi, la Natura era stata prevalentemente interpretata con un ordine
oggettivo di fenomeni e di relazioni tra fenomeni , misurabili e quantificabili in termini matematici
(matematizzazione della fisica). La Natura era così apparsa come un mondo meccanico, ordinato,
retto da leggi proprie e sottratto per questo da qualsiasi finalismo o animismo di tipo aristotelico o
rinascimentale. Kant aveva dato voce a questa interpretazione del mondo naturale affermando che
l’unica conoscenza valida di esso è quella matematico-fenomenica, ed escludendo la possibilità di
un accesso razionale e conoscitivo alla realtà noumenica.
Per i romantici, che riprendono, soprattutto sulla scorta della riscoperta del panteismo di
Spinoza (per il quale la Natura assume i tratti del divino) , la concezione antico-rinascimentale dalla
Phisis , la concezione della natura si apre ad
una idea i cui tratti caratteristici possono così riassumersi:
organicismo: la natura è un Tutto organizzato e le parti che lo compongono esistono solo in sua
funzione (allo stesso modo in cui cuore, fegato, cervello etc. sono parti in funzione dell’organismo
vivente ...);
vitalismo: la natura è una forza dinamica vivente , dotata di energia;
finalismo: la natura persegue degli scopi, è strutturata in vista di determinati scopi immanenti o
trascendenti;
spiritualismo: la nutra è anch’essa qualche cosa di spirituale, ossia uno “spirito colato” o uno
“spirito in divenire”
concezione dialettica: la natura è organizzata secondo coppie di forze opposte, formate da un polo
positivo e da uno negativo, e costituenti delle unità dinamiche.
In questa maniera i romantici reagiscono alla cultura illuministica che aveva spogliato il
cosmo di ogni somiglianza con l’uomo (deantropomorfizzazone) e da ogni idea di spiritualità
(despiritualizzazione), e affermano che tanto la Natura quanto l’uomo possiedono la stessa
struttura spirituale, la quale pertanto autorizza un’interpretazione psicologica dei fenomeni fisici
ed una interpretazione fisica dei fenomeni psichici.
Schelling che indubbiamente è il filosofo romantico per eccellenza della Natura la
concepisce come uno spirito inconscio in moto verso la coscienza, un lungo percorso che va dai
minerali all'uomo, “preistoria dello Spirito”, sua infinita “odissea” che attraverso le cose
giunge finalmente a trovarsi nell’Uomo.
“I morti e inconsci prodotti della natura non sono se non dei conati falliti della natura per
riflettere su sé medesima; la cosiddetta natura morta è soprattutto un'intelligenza immatura; perciò
nei suoi fenomeni già traspare, ancora allo stato inconscio, il carattere intelligente. La natura
attinge il suo più alto fine, che è quello di divenire oggetto a se medesima, con l’ultima e la più alta
riflessione, che non è altro se non l’uomo, o, più generalmente, ciò che noi chiamiamo ragione; in
tal modo per la prima volta si ha il completo ritorno della natura a se stessa, e appare evidente che la
natura è originariamente identica a ciò che in noi viene riconosciuto come principio intelligente e
cosciente” (Schelling, Introduzione al Sistema dell’idealismo trascendentale).
11- I grandi temi romantici: l’ottimismo al di là del
pessimismo.
Considerato sotto certi punti di vista , il Romanticismo sembra segnare il trionfo del
pessimismo più esasperato. Infatti nella letteratura romantica dominano gli astati d’animo tristi e
melanconici e abbondano personaggi inquieti e delusi, alla ricerca di una felicità sempre sognata e
mai raggiunta. Del resto come è stato più volte sottolineato dagli studiosi, il Romanticismo nasce
proprio da una coscienza d’infelicità e da un'anelito verso l’infinito, ossia da un desiderio di andare
oltre gli ostacoli che stringono l'esistenza d'ogni parte.
Le stesse biografie degli esponenti del Romanticismo sembrano suffragare questa
concezione incline al pessimismo: Novalis scompare a soli 29 anni, ammalato di
tubercolosi, Hölderlin finisce la sua vita in preda alla follia rinchiuso in una torre solitaria, il poeta
inglese Byron muore in Grecia combattendo per l’indipendenza della nazione, Schubert, forse il più
rappresentativo esponente della musica romantica, muore di sifilide a 31 anni .
Anzi, Romanticismo e dolore sono così legati, che in questo movimento culturale nasce
persino la “voluptas dolendi”, ossia l’autocompiacimento della sofferenza stessa intesa come il
prezzo che deve pagare ogni individuo per entrare nella schiera dei grandi. Si può dunque
concludere che il Romanticismo è sostanzialmente una cultura pessimista?
La risposta a questa domanda, per quanto paradossale, possa sembra non è positiva.
Al di là infatti del suo pessimismo , il Romanticismo è e rimane un movimento di idee
sostanzialmente ottimista. E’ questo uno degli ulteriori esempi della ambivalenza romantica (si
pensi al bifrontismo politico ...).
Ciò che bisogna distinguere è la predisposizione romantica verso gli stati d’animo tristi e
melanconici (nonché verso la rappresentazione del dramma e della sofferenza) , dalla concezione
complessiva che il romantico ha del mondo e della storia. Se infatti la prima è certamente incline
al pessimismo, la seconda, al contrario, facendosi interprete di una visione provvidenzialistica della
storia, concependo la Natura, l’uomo ed ogni realtà in una chiave interpretativa (panteista o
trascendentista) di carattere eminentemente religioso che pone al centro l’Assoluto, l'infinito ,
finisce per sfociare nell’ottimismo.
Di conseguenza, si può dire che nei romantici vi sia sempre una tendenziale risoluzione del
negativo nel positivo, in quanto essi, al di là della caoticità e della dolorosità del mondo, sono
portati a ricercare un senso o un piano capace di riscattare questa stessa caoticità e il male ad
essa connesso trasformandolo in un momento del farsi complessivo del bene.
Qualunque sia la via percorsa - panteistica, idealistica, cristiana o semplicemente estetica o
politica - i romantici finiscono dunque per approdare ad una forma di ottimismo cosmico o storico
che nel dolore, nell’infelicità e nel male scorge delle manifestazioni parziali e necessarie di un
Tutto che è sempre, nella sua globalità pacificato e felice.
La manifestazione forse più alta di tale tendenza ottimistica è certamente quella espressa
dall’idealismo di Hegel, secondo cui il mondo è la manifestazione di un’unica infinita Ragione
che abita in ogni momento della vita e della storia, facendo sì che la realtà sia sempre ciò che
deve essere, ossia razionalità e perfezione.
La controprova di come il Romanticismo si accompagni ad una concezione globalmente più
ottimistica che pessimistica, è offerta, per ciò che riguarda l’Italia, dal caso Leopardi da un lato e
dal caso Manzoni dall’altro.
Infatti Leopardi, più legato sul piano filosofico, alla cultura settecentesca e illuministica,
elabora una visione pessimistica della realtà, antitetica ad ogni forma di provvidenzialismo
religioso o laico (che il Leopardi possa essere considerato, almeno per certi aspetti della sua opera e
della sua poesia un romantico, è questione dibattuta tra gli studiosi, mentre c’è
sostanziale
accordo sul
fatto che il suo pensiero sia essenzialmente di forma settecentesca e risulti più vicino alla cultura
illuministica). Invece Manzoni, profondamente partecipe della cultura romantica, parla di
“provvida sventura” e crede in una finale redenzione della sofferenza e della negatività
attraverso la fede in Dio e nella Provvidenza (messaggio che costituisce, come è noto, il nucleo
tematico sia dell’Adelchi che, soprattutto, dei Promessi Sposi).
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