Cartesio - Istituto Superiore Statale “PITAGORA”

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 Il fondatore della filosofia moderna: si entra in un nuovo modo di concepire e di
organizzare la filosofia, ancora in atto tutt’ora, che si differenzia dalla filosofia dei
greci e dalla scolastica. Tra l’altro, anche il periodo in cui nasce Cartesio
simboleggia l’alba delle prime rivoluzioni scientifiche: così come Galilei, Keplero
e tanti altri fanno nel campo della scienza, così lui fa nel campo della filosofia.
Aveva un’idea unitaria del sapere: matematico e filosofo al tempo stesso.
 Cartesio nasce il 31 marzo 1596 a La Haye, nella Touraine;
 Pur avendo assimilato con successo il sapere del tempo dalla scuola dei gesuiti di La Fléche, si accorge di aver
appreso nozioni che poco servono alla vita, in quanto non gli hanno consentito di distinguere il vero dal falso;
 Viaggia spesso per l’Europa e si stabilisce in Olanda;
 Le opere principali sono:
 «Regole per dirigere l’ingegno» (1619-1630, periodo in cui partecipa alla guerra dei Trent’anni);
 un trattato sulla metafisica che prenderà poi il nome di « Meditazioni sulla filosofia prima»;
 un trattato sul mondo in cui sostiene la dottrina copernicana, ma che decide di non pubblicarlo una volta venuto a
conoscenza della condanna subita da Galilei nel 1633;
 Tre saggi sulla «Diottrica», sulle « Meteore» e sulla « Geometria», con una prefazione intitolata « Discorso sul metodo»
( 1637);
 « I principi della filosofia» ( 1644);
 « Le passioni dell’anima» (1649);
 Muore a Stoccolma l’11 febbraio 1650.
Lo scopo di Cartesio è quello di trovare un metodo, ossia un criterio attraverso il quale
l’uomo possa orientarsi. Si tratta di un metodo unico e semplice, valido sia nel campo
teoretico che pratico;
Nel formulare le regole del metodo, Cartesio si rivolge alla matematica, la quale va
giustificata per potere essere poi applicata in tutti i campi;
Le regole del metodo sono quattro:
L’evidenza ( consiste nell’accogliere come vero solo ciò che risulta evidente, ossia chiaro e
distinto);
L’analisi ( consiste nel suddividere ogni problema complesso nei suoi elementi più
semplici);
La sintesi ( consiste nel risalire dal semplice al complesso);
L’enumerazione e la revisione (consiste nell’enumerare tutti gli elementi individuati
mediante l’analisi e rivedere tutti i passaggi della sintesi).
 Dubbio metodico:
 Dubbio iperbolico:
consiste nel mettere tutto in discussione,  Consiste nel mettere tutto in discussione
tranne le conoscenze matematiche
comprese le conoscenze matematiche
Si passa dal dubbio metodico a quello iperbolico ipotizzando
la presenza di un « genio maligno», ossia una potenza
malvagia che ci inganna, facendoci apparire chiaro ed
evidente ciò che è falso e assurdo.
 Può dubitare solo chi esiste, questa è l’unica certezza che abbiamo.
 Io non esisto se non come cosa che dubita, cioè come cosa che pensa e dunque sono
uno spirito, un intelletto o ragione.
 Però, ciò non implica il fatto che anche tutto ciò che penso esista.
ARNAULD
CARTESIO
 Il cogito è un « circolo vizioso»,
 È l’evidenza a fondarsi sul cogito,
poiché se il cogito ergo sum viene
accettato perché evidente, vuol dire
che l’evidenza è antecedente al
cogito e quindi Cartesio non può
ricorrere al cogito per spiegare
l’evidenza.
intesa come autoevidenza
esistenziale che l’individuo ha di se
stesso.
GASSENDI
CARTESIO
 Il cogito è un sillogismo abbreviato,
 Il cogito non è un ragionamento, ma
del tipo: «Tutto ciò che pensa esiste.
Io penso. Dunque esisto» e quindi
risulterebbe infondato in quanto il
principio "tutto ciò che pensa
esiste"(premessa maggiore) cade,
come tutto il resto, sotto il dubbio del
genio maligno.
un’intuizione immediata della mente.
HOBBES
CARTESIO
 Cartesio ha senz’altro ragione nel
 Il pensiero, in quanto atto o facoltà
dire che l’io in quanto pensa esiste,
ma ha torto nel pretendere di
pronunciarsi su come esso esista
definendolo sostanza pensante.
del pensare, esige un sostegno, ossia
una sostanza che sta sotto: questa è
nota col nome di res cogitans.
PRIMA PROVA DELL’ESISTENZA DI DIO
Cartesio distingue tre tipi di idee:
-
INNATE ( quelle che sono negli uomini da sempre);
-
AVVENTIZIE (quelle che sembrano estranee agli uomini);
-
FATTIZIE (quelle formate o trovate da me stesso).
-
Da dove
creatu
abb
l’i
deriva la mia idea di
Dio?
E’ difficile supporre che io,
creatura infinita e imperfetta,
abbia potuto produrre da me
l’idea di una sostanza infinita,
eterna, immutabile, indipendente, onnisciente, onnipotente. Questo vuol dire
che la causa dell’idea di infinito dovrà essere esterna a me, ma questa idea di
infinito dovrà essere causata da una realtà infinita, cioè da un ente infinito
esistente: DIO.
SECONDA PROVA DELL’ESISTENZA DI DIO
Da dove derivano le mie imperfezioni?
Se io fossi la causa di me stesso, mi sarei dato tutte le perfezioni
possibili e che sono contenute nell’idea di Dio. Dunque, io non
sono il creatore di me stesso, ma il vero creatore è Dio.
TERZA PROVA DELL’ESISTENZA DI DIO ( detta anche prova
ontologica):
Non è possibile concepire Dio come essere perfetto senza
ammettere la sua esistenza, perché l’esistenza è una delle sue
perfezioni necessarie.
ARNAULD
L’ argomentazione sull’esistenza di Dio
di Cartesio è un «circolo vizioso»,
poiché egli pretende di dimostrare
l’esistenza di Dio tramite il criterio
dell’evidenza, ma al tempo stesso
garantendo l’evidenza tramite
l’esistenza di Dio.
GASSENDI
 Gassendi contestò di Cartesio due aspetti
della prima prova dell’esistenza di Dio:
 che l’idea di Dio quale ente infinito fosse
innata;
 che tale idea fosse positiva o originaria.
Per Gassendi, infatti, l’idea di Dio come ente
infinito è frutto dell’educazione, oltre a poter
essere costruita mediante la negazione di
quella finitezza e imperfezione di cui l’uomo
è pervaso. Gassendi critica anche la prova
ontologica, poiché l’esistenza non è un
concetto presente nella definizione di
qualcosa, ma è la condizione perché quella
cosa possa avere delle proprietà.
CARTESIO
 Per Cartesio invece, l’uomo ricava
l’idea dell’imperfezione e della
finitezza dalla negazione dell’idea di
perfezione e di infinito ( e non
viceversa).
Per Cartesio l’errore risiede in un atto di precipitazione della volontà,
che consiste nel dare l’assenso a ciò che non si presenta in modo
sufficientemente chiaro e distinto. L’errore dipende dunque dal libero
arbitrio e si può evitare solo attenendosi alle regole del metodo.
 Res cogitans (la sostanza pensante):
 Res extensa (la sostanza estesa):
 È incorporea e inestesa;
 È corporea e spaziale;
 è consapevole;
 è inconsapevole;
 è libera.
 è determinata.
Cartesio unisce queste due sostanze con la teoria della
ghiandola pineale, concepita come la sola parte del
cervello che, essendo doppia, può unificare le sensazioni
che vengono dagli organi di senso.
 La fisica cartesiana pretende di ricondurre tutta
l’infinita varietà dei fenomeni del mondo fisico ai due
soli ingredienti dell’estensione e del moto. L’una e
l’altro hanno origine da Dio, al quale si deve non solo
la creazione della res extensa, ma anche il
conferimento a essa di una certa determinata quantità
di moto, indistruttibile non meno della materia: due
principi fondamentali di conservazione, del moto e
della materia. Altri interventi di Dio nel mondo, oltre
al primo atto di creazione della materia e al primo
impulso, non sono richiesti.
L’intero universo è
interpretato da Cartesio in
modo meccanicistico:
- esso è una macchina;
- si muove secondo le leggi
del moto e dell’estensione;
- non esistono intenzioni o
finalità libere;
- la natura è solo materia;
- anche gli uomini e gli
animali sono assimilabili a
macchine.
 L’identificazione della materia con l’estensione comporta alcune conseguenze di
grande rilievo:
 lo spazio euclideo è infinito e dunque lo è anche la sostanza estesa;
 lo spazio geometrico è infinitamente divisibile, quindi la materia non può essere
costituita da atomi;
 non è concepibile il vuoto;
 lo spazio è qualitativamente indifferenziato.
L’unico motore del mondo è costituito dall’originaria quantità di moto, il che significa
che Cartesio esclude dalla spiegazione del mondo ogni forza. Le uniche due leggi che
regolano l’universo fisico cartesiano sono il principio di inerzia e il principio della
conservazione della quantità di moto.
 Avendo ripudiato ogni tipo di forza, Cartesio spiega la solidità di un corpo con il
concetto della materia sottile: essa riempie tutto ciò che viene chiamato «vuoto» ed
è costituita di corpuscoli, cioè di frammenti minutissimi di estensione. Sebbene il
moto inerziale sia rettilineo, l’assenza del vuoto finisce con il produrre il chiudersi
del moto in un circolo. Quando un corpo, infatti, si muove attraverso la materia
sottile, è necessario che la materia sottile, che esso sposta davanti a sé, si richiuda
sulla sua scia: si viene a costituire un complesso sistema di vortici. Attraverso
questo modello, Cartesio ritiene di poter spiegare la gravità e il moto di
rivoluzione dei pianeti.
 Prima di attuare il dubbio iperbolico Cartesio sottolinea la necessità di definire
una morale provvisoria, che guidi le sue azioni mentre lui ricerca le fondamenta
del sapere. Le regole provvisorie sono:
 obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese;
 essere il più possibile fermi e risoluti nell’azione;
 vincere piuttosto se stessi che la fortuna.
AZIONI
 Le azioni dipendono dalla volontà
L’uomo deve lasciarsi guidare, per quanto
gli è possibile, non tanto dalle emozioni,
quanto dall’esperienza e dalla ragione:
solo cosi potrà distinguere nel loro giusto
valore il bene e il male ed evitare gli
eccessi. In questo dominio sulle emozioni
consiste la SAGGEZZA
AFFEZIONI
 Le affezioni sono involontarie e sono
costituite da percezioni, sentimenti ed
emozioni.
 La forza dell’
La debolezza
anima consiste
dell’anima
nel vincere le
consiste nel
emozioni:
lasciarsi
GIOIA
dominare dalle
emozioni:
TRISTEZZA
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