Cartesio : Il barattolo delle idee : http://ilbarattolodelleidee.org

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OTTOBRE 19, 2016 BY IL BARATTOLO DELLE IDEE 7 COMMENTS
Cartesio: riassunto. Scopritore del
Cogito a cavallo di due epoche.
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Il problema della ricerca di un metodo costituisce l’esigenza principale della
filosofia di Cartesio. Esso deve condurre ad un sapere che permetta di
distinguere il vero dal falso.
La
scoperta
del
metodo:
Il metodo deve essere una guida alla conoscenza umana (interesse teorico).
Guida per la quale però l’uomo può rendersi padrone e possessore della
natura (interesse pratico). Il metodo deve perciò essere unico e valido per tutti
gli ambiti. Deve servire per orientare gli individui verso il vero e l’utile. Nel
formulare il suo metodo Cartesio si avvale sopratutto della matematica. Già per
Galileo Galilei la matematica era il linguaggio con cui era scritto il libro della
natura. Le scienze matematiche per il nostro sono già pervenute ad un metodo
che consente una conoscenza sicura. Si tratta adesso di rendere cosciente
questo metodo, ma anche di giustificarlo. Si tratta vale a dire di dimostrarne
l’universalità e la necessità.
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Cartesio in sintesi:
Obiettivo di Cartesio nella sua fondazione del metodo è:
1. formulare le regole del metodo. In ciò rifarsi alle scienze matematiche
dove viene certamente utilizzato.
2. fondare con una ricerca metafisica il valore assoluto del metodo,
3. dimostrarne l’utilità (l’efficacia) per le varie discipline.
Le regole del metodo
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Principio dell’evidenza: accogliere come vero solo ciò che risulta
evidente.
Analisi: procedere dal complesso al semplice. Si tratta di scomporre un
fatto (il complesso) nei suoi elementi “semplici” non ulteriormente
scomponibili.
Sintesi: dal semplice al complesso. E’ l’operazione inversa di
ricomposizioni degli elementi semplici in una legge.
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Un bel like ti migliora la vita :)!
Enumerazione: E’ l’operazione di controllo. Consiste nel rivedere tutti gli
elementi dell’analisi e ricontrollare tutti i passaggi della sintesi.
Dal dubbio alla certezza di sé: la prima evidenza
Come è possibile notare al primo punto troviamo il cosiddetto criterio
dell’evidenza. Facciamo solo notare che “evidenza” è sinonimo di prova. Si dice
ancora adesso fornire “evidenze” a fare di una propria tesi. Ciò che è evidente
è dunque indiscutibilmente vero. E pare che solo questo può essere posto
come inizio del filosofare.
L’epoché cartesiana
Cartesio muovendo dalla regola dell’evidenza afferma che bisogna inizialmente
“scartare” tutto ciò di cui cui si ha motivo di dubbio. Non possedendo ancora un
criterio (il metodo stesso) per stabilire ciò che può essere conosciuto come
assolutamente certo, tutte le cose appariranno dubbie. Ecco perché per
Cartesio bisogna sospendere l’assenso su tutte le nostre conoscenze.
Sospendere il giudizio (epoché) era l’atto scettico per eccellenza. Di fronte al
dubbio non si afferma come già i sofisti che è l’uomo il criterio del vero e del
falso. Si afferma piuttosto che è impossibile prendere parte alla conoscenza. In
questa prima fase Cartesio è chiamato a dimostra il fatto che è possibile
mettere tra parentesi l’intera conoscenza. Intende cioè obbligarci al silenzio
assoluto:
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Si dubita sulle conoscenze sensibili, perché esse qualche volta ci
ingannano e qualche altra no. Nessuno può inoltre escludere che in linea
di principio che io stia sognando. Può escludere che le cose che
percepisco non siano quindi reali.
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Devo chiedertelo ancora?
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Ci sono conoscenze che reputiamo certe anche nel sogno. Si tratta delle
regole matematiche per esempio. 2+2: farà 4 sia che dorma o che sia
desto. Cartesio introduce allora l’ipotesi del Dio maligno. Un ipotesi
creata ad arte per poter sospendere la validità anche di ciò che ci
sembra assolutamente vero. Può esiste un Dio che volutamente ci
inganna anche sulle verità matematiche.
Perché occorre radicalizzare il dubbio?
Perché compiere tale operazione? Non cercavamo forse verità evidenti?
Perché non fermarsi alle verità matematiche? Se ricordiamo bene era
esattamente questa la conclusione cui arrivava Locke nel suo saggio
sull’intelletto umano. Il paradosso dell’empirismo di Locke era però che se per
un verso potevamo definire scienza solo ciò che era fondato sull’esperienza,
per altro verso le uniche scienze che potevano dirsi certe erano proprio quelle
matematiche. Queste tuttavia erano anche le uniche che non avevano un
fondamento empirico.
Se non radicalizzassimo il dubbio applicandolo ad ogni forma di conoscenza,
non avremmo per Cartesio ottenuto il nostro obiettivo. Non potremmo vale a
dire elevare il dubbio a metodo di ricerca. Abbiamo infatti detto che le
conoscenze devono essere universali e necessarie. Se di alcune cose
dubitassimo e di altre no, il dubbio non potrebbe essere né l’uno, né l’altro.
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Sai che fatica scrivere questo post? Un like aiuta a gratificare il mio
lavoro! �
Sospesa la validità della nostra intera conoscenza, si scorge alle valli del
pensiero il pensiero stesso, privo di qualsiasi contenuto. L’operazione
cartesiana ci permette infatti di privare l’atto del pensiero dell’oggetto che
sempre lo accompagna. L’operazione è assolutamente virtuale, visto che il
pensare è sempre un pensare qualcosa. Il pensiero, il Cogito, deve però poter
giungere a cogliere se stesso, come puro atto del pensare. Per farlo deve
allora privarsi di qualunque predicato.
Il dubbio iperbolico e la nascita del Cogito
Se si dubita su tutto, detto in modo più
semplice, si potrà guadagnare proprio il dubbio come unico atto certo. Proprio
il dubitare costituisce una certezza, in quanto se dubito (e in genere se penso)
devo necessariamente esistere (Cogito ergo Sum). Per ingannarmi o essere
ingannato devo necessariamente esistere.
Se dubito sono e come posso io dubitare di esistere, se è proprio perché
dubito che esisto?Sant'Agostino
Il criterio (il metodo) ha dunque trovato la sua prima evidenza. Ha trovato la
soggettività singola come sostanza che dubita, ovvero, che pensa (res cogitas).
“Penso dunque sono” non è una dimostrazione di alcunché. Non è un
sillogismo. E’ solo ciò che resta tolte le polveri del dubbio. E’ un affermazione
apodittica, chiara e cristallina che può solo essere accettata come vera.
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Hai qualche dubbio? Questo perché on hai messo un like :)!
Possono non essere reali le cose che penso, ma reale sarà il mio pensare. Le
origini della strategia del dubbio metodico, sono certamente come detto già in
Sant’Agostino. Per Cartesio non si tratta però di stabilire la presenza della
trascendenza (Dio) nell’interiorità dell’uomo. Si tratta piuttosto di trovare
nell’esistenza del soggetto pensante il fondamento della conoscenza umana. Il
primo atto della conoscenza è l’affermazione del pensiero, dell’Io, come
soggetto della ricerca. Il primo atto della conoscenza resta ancora il conosci te
stesso socratico dunque.
La res cogitans evidente a se stessa, si erge allora a garante della validità
della conoscenza dell’uomo e dell’efficacia della sua azione sul mondo.
Obiezioni mosse al Cogito ergo sum:
Le critiche alla strategia cartesiana arrivarono già all’indomani della
pubblicazione delle sue principali opere. Riassumiamo di seguito le principali:
Circolo vizioso:
La verità del Cogito dipende dal criterio dell’evidenza. La verità del principio
d’evidenza non è tuttavia dimostrata ma solo assunta. Questa viene
comprovata solo dopo aver trovato il Cogito come affermazione prima di
qualsiasi possibilità di dubbio. Il criterio dell’evidenza fonda il Cogito il quale a
sua volta fonda il criterio dell’evidenza.
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Ok mi pare giunto il momento di farlo. No? No?!?! 😛
Cartesio risponde che il Cogito non è dimostrato dal principio di autoevidenza.
Esso è il principio di autoevidenza stesso. Il soggetto lo possiede per il semplice
fatto che è. Il Cogito è una struttura che si impone da sé in modo chiaro e
cristallino. La sua esistenza non deve essere dimostrata, ma soltanto mostrata.
Sillogismo contratto:
Il sillogismo sarebbe il seguente:
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Premessa Maggiore: Tutto ciò che pensa esiste,
Premessa minore: Io penso,
Conclusione: Io esisto.
Se il principio del Cogito fosse il risultato di un sillogismo in esso la premessa
maggiore, non sarebbe ancora stata di dimostrata. Ciò renderebbe non
verificata la conclusione. Anche in questo caso il problema è che il Cogito non
è un ragionamento, ma un’intuizione immediata della mente.
La critica di Hobbes
La critica di Hobbes potrebbe riassumersi nella seguente frase:
Penso sono un essere pensante e se passeggio? Sono una
passeggiata?
Hobbes osserva che Cartesio nel suo ragionamento ha confuso l’azione (il
pensare), con ciò che produce l’azione. Ovvero per Hobbes è possibile
certamente dire che se un individuo pensa certamente esiste, ma è altrettanto
evidente che non sia possibile spostarsi da questa verità. Ovvero asserire che
siccome pensa è un soggetto pensante. Per analogia potrebbe infatti asserirsi
che siccome passeggio sono una passeggiata.
Cartesio risponde che mentre l’atto del passeggiare non è essenziale per
l’essere umano, il pensare è condizione definente. Mentre non passeggio
sempre pertanto, penso sempre. Per questo motivo non sono un passeggiare”,
un essere che pensa.
Dal Cogito all’esistenza di Dio: la seconda
evidenza
Dio come giustificazione metafisica delle certezze umane.
Il cogito non mi rende certo di null’altro che della mia esistenza. Restano
ancora aperte le questioni di tutte le altre conoscenze, sulle quali pesa ancora
l’ipotesi del Dio Maligno.
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Io esisto come essere pensate. Esisteranno di necessità allora che le idee
come prodotti del mio pensiero. Delle cose che penso tuttavia sono certo che
esistano solo nel mio spirito. La loro esistenza oggettiva non è infatti ancora
dimostrata. Nulla può ancora escludere, per esempio, l’altra grande obiezione,
ovvero il fatto che io stia sognando. L’oggetto di fronte a me mi apparirebbe
concreto e tangibile, ma un po’ come succede in Matrix, esso è il prodotto di
un illusione della mente. Non sono affatto sicuro dunque che oltre a me esista
anche la realtà che percepisco (res extensa).
Cartesio distingue tuttavia tre tipi di Idee quelle che mi sembrano innate, quelle
che mi sembrano estranee ovvero venute da fuori (avventizie) e e quelle
formate o trovate da me stesso (fattizie).
Per Cartesio innata è la capacità di produrre idee. L’idee non sono innate nel
senso Platonico. Non c’è nessun contenuto che possa essere desunto al di là
dell’esperienza, se non il Cogito stesso. Quest’ultimo è comunque legato
all’esperienza del percepire. Tanto è vero che per individuarlo abbiamo dovuto
mettere tra parentesi ogni forma di conoscenza. Alla seconda categoria
appartengono le cose naturali, alla terza le idee delle cose inventate.
Bisogna domandarsi allora tra queste idee di quali possiamo dire che è certo
che esistano. Questa domanda equivale al chiedersi la possibile causa di esse.
Pare chiaro infatti che se un idea non è prodotta dalla mia mente (non è innata),
dovrà necessariamente essere o immaginata (fattizia) o prodotta da altro
(avventizia).
Dimostrazioni dell’esistenza di Dio
Tra tutte queste idee ve ne una che certamente non è stata prodotta da me.
Dio infatti in quanto sostanza infinita, eterna, onnisciente, onnipotente e
creatrice, non può essere una mia invenzione. Di fatti io sono privo della
perfezione che quell’idea rappresenta. Sulla base del principio che il creato non
può essere più del creatore, l’idea di perfezione non può essere sta prodotta da
me. Se infatti avessi creato da me l’idea di perfezione avrei dovuto essere
perfetto anch’io. Questo è grosso modo l’argomento principale delle tre prove
dell’esistenza di Dio fornite da Cartesio, che riportiamo di seguito:
1) La causa di una sostanza infinita non posso essere io che sono una
sostanza finita. 2) Se fossi la causa di me stesso, mi sarei dato la perfezione
che concepisco come contenute nell’idea di Dio. 3) Il concetto di Dio
presuppone la sua esistenza, in quanto se mancasse dell’esistenza non
sarebbe più l’essere perfetto (prova ontologica).
Da Dio al mondo: Terza evidenza (res
extensa)
Dimostrata l’esistenza di Dio, in quando ente sommo, onnipotente, onnisciente
e bontà infinita, viene ottenuta l’ultima garanzia: essendo perfetto non può
ingannarmi. La facoltà del giudizio non può indurmi in errore se viene
adoperata nel modo corretto. Tutto ciò che appare chiaro ed evidente deve
essere vero. Il garante del criterio dell’evidenza è dunque l’esistenza di un’entità
superiore. Dio è dunque per Cartesio quel terzo termine che ci permette di
passare dalla certezza del nostro io alla certezza delle altre evidenze.
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Stiamo per finire è quasi la tua ultima occasione! �
Al di là dell’accusa di circolarità, già posta in evidenza, nell’autore si rivela tutto
il travaglio del cambiamento. Questa difesa del criterio dell’evidenza risulta in
effetti poco convincente e posticcia, dacché come l’autore stesso riconosce il
criterio è autodimostrativo.
Il fatto che le tre evidenze siano poste in sequenza non deve trarci in inganno
infatti. Le evidenze non scaturiscono le une dalle altre, ma hanno in loro la
loro stessa ragion d’essere. Tuttavia occorre prima scoprire il Cogito per
arrivare a scorgere l’idea di Dio come autoevidente e solo dopo apparirà la terza
evidenza, il mondo come entità estesa altra dal Cogito. Il percorso da Dio al
mondo puo’ essere riassunto così: a) Dio esiste e non mi inganna, b) la ragione
è vera, c) le verità sul mondo sono attendibili.
La perfezione di Dio e l’errore umano
Ma se Dio non mi inganna e la ragione in quanto vera mi permette di cogliere
con evidenza le cose conosciute, da cosa dipende l’errore?
Esso è un prodotto della libertà umana, che è assai più estesa che l’intelletto.
L’Io può fare o non fare, affermare o negare, accettare o rifiutare le cose che
l’intelletto presenta in modo chiaro. Gli altresì data la possibilità di creder per
vere cose che l’intelletto gli suggerisce essere dubbie. In ciò consiste l’errore.
Soltanto attenendosi alle regole del metodo e in primo luogo a quella
dell’evidenza si può evitare l’errore.
L’evidenza per riassumere mi ha permesso di eliminare il dubbio iniziale sulla
realtà corporea delle cose. Io ho l’idea di cose corporee che esistono fuori di
me e che agiscono sui miei sensi. Questa mia supposizione mi appare
evidente. Ho altresì dimostrato che ciò che percepito con evidenza è vero,
deve necessariamente esistere un mondo fuori di me (res extensa). Ciò che è
importante osservare è che per Cartesio percezione e intelletto sono in egual
misura espressione del Cogito. Nella concezione cartesiana esiste dunque un
dualismo tra sostanza pensante, consapevole e libera e sostanza estesa,
inconsapevole e meccanicamente determinata.
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Dualismo cartesiano:
La sostanza corporea non possiede tutte le qualità che noi percepiamo. Alcune
di esse infatti sono quantitative (grandezza, figura, movimento situazione,
durata numero) e appartengono alla sostanza estesa. Altre invece sono attributi
soggettivi (colore, sapore, odore, suono ecc.) e appartengono al soggetto che
la percepisce.
Se le due sostanze sono separate tra loro, com’è possibile nel corpo unificare
la sostanza pensante (l’anima) con il corpo (sostanza estesa). Cartesio elabora
la teoria della ghiandola pineale, concepita come l’unica sostanza del cervello
che non essendo doppia può unificare le sensazioni che provengono dagli
organi di senso.
La sostanza estesa: la fisica secondo Cartesio
La sostanza estesa viene concepita in forte analogia con la concezione
galileiana di natura. Rappresenta infatti un ordine geometrico retto da leggi
matematiche. Rispetto a Galilei Cartesio ebbe però il merito di canonizzare
quello che passerà sotto il nome di meccanicismo e determinismo. I fenomeni
naturali si svolgono secondo quel principio di oggettiva necessità causale che
non lascia spazio a nessuna casualità. Tale necessità è di tipo logicomatematica.
La fisica cartesiana pretende di ricondurre tutta l’infinita varietà dei fenomeni
del mondo fisico ai due soli ingredienti dell’estensione e del moto. Il mondo
esiste come materia in movimento. Per dirla con Pascal al Dio di Cartesio
basta aver dato il primo calcio al mondo; il resto va da sé. La materia è perciò
identificata con l’estensione (la possibilità che ha una cosa di occupare uno
spazio). Lo spazio è infinito, infinitamente divisibile, continuo e tali devono
essere anche le qualità della materia, inoltre tutti gli altri attributi sono
aggiunzioni operate dall’intelletto.
Due solo leggi governano l’universo: il principio di inerzia e il principio della
conservazione della quantità di moto. Tutto entra in questo meccanicismo,
ragione per la quale anche il corpo: lo stesso corpo dell’uomo è una macchina
di cui la res cogitas si serve come di un proprio strumento.
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FILED UNDER: FILOSOFIA MODERNA TAGGED WITH: CERTEZZA DI SE, COGITO, COGITO ERGO SUM,
CRITERIO DELL'EVIDENZA, DETERMINISMO, DIO, DIO MALIGNO, DUALISMO CARTESIANO, DUBBIO,
DUBBIO IPERBOLICO, DUBBIO RADICALE, IL MONDO, MECCANICISMO, METODO, PROVE
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Clara Rita Arena Castelbuono
1. Per Cartesio le passioni umane sono il risultato dell azione del corpo sull
anima. Qual è il meccanismo in base al quale esse si generano?
2. Perchè il dualismo cartesiano è particolarmente evidente nell uomo?
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indubitabile su cui fondare la conoscenza?
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cose?
10. Il dualismo cartesiano e l’analisi delle passioni. Qual è il rapporto tra corpo
e anima?
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Alessio Farina
Ciao Clara innanzitutto grazie per essere passata. Questo articolo l’ho scritto
tempo fa e in parte risponde alle tue domande. Non sono semplicissime e
richiedono un grado di approfondimento che mi ha messo in difficoltà in
qualche punto. Nello specifico non ho capito se a te serve capire Cartesio e
non ti sono chiari questi punti o semplicemente rispondere alle domande,
magari per un esercizio da svolgere. Insomma da dove le hai prese? Ho
comunque risposto scrivendo un articolo a parte. Le domande erano tante e
ho preferito così:
http://ilbarattolodelleidee.org/2017/04/28/cogito-ergo-sum/
Spero di esserti stato utile e se ti va puoi iscriverti al Blog per gli
aggiornamenti e mettere un like sulla mia pagina facebook. Credo di
essermelo meritato �
https://www.facebook.com/ilbarattolodellemilleidee

Clara Rita Arena Castelbuono
Grazie mille veramente. Comunque sono delle domande che ha assegnato la
prof per approfondire Cartesio.
Ho messo like alla tua pagina e la seguo! �

Alessio Farina
Urka che domande! Sarà veramente tosta la prof. scendono abbastanza tanto
nel dettaglio. Comunque sono contento di esserti stato d’aiuto. � Se dovessi
avere altre perplessità non esitare. Questo tipo di confronto aiuta molto anche
me a capire cosa e come approfondire.
Grazie ancora per il like! � Se vuoi puoi aiutarmi a diffondere la mia pagina
Facebook e il mio Blog tra i tuoi amici, non sia mai che sta prof. mette in
difficoltà qualche altro tuo compagno 😛

Clara Rita Arena Castelbuono
Ti ringrazio veramente! Ho compreso molte cose che non riuscivo a capire e a
collegare. Sono contentissima!

Pingback: Jürgen Habermas: riassunto. Dagli interessi guida al paradigma
dell'intesa()
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