A L I M E N TA Z I O N E
A cura di Rocco G. Trisolini
Andando per… boschi
More, Uva Spina, Azzeruolo
ppartiene alla Famiglia delle Rosaceae, genere
Rubus, specie fruticosus il Rovo.
Il “rubus fruticosus” ha origini nell’Africa
meridionale e Virgilio così ne scrive: “è tempo
di intessere canestri leggeri con virgulti di rovo”.
Narra la leggenda che Satana, cacciato dai cieli,
precipitò in un boschetto di rovi. Era l’11 ottobre, ed ogni
anno in tal giorno il maledetto esce dall’inferno, e torna
sulla terra per scagliare la sua maledizione contro il
pungente cespuglio. Da questo momento le more non sono
buone, perdono il sapore, si coprono di ragnatele e di
muffa. Se volete quindi andare a raccogliere more, fatelo
per tempo, perché non c’è gita che diverta di più, che
renda allegri e felici.
Sacro a Saturno, maltrattato dal linguaggio dei fiori
che gli attribuisce l’invidia, uno dei peccati capitali, il
rovo è amato dai poeti, che lo ritengono degno di adornare
il regno dei cieli. Cresce nei luoghi assolati e polverosi,
non gli importa di
avere vicini calci­
nacci, desolazione e
rovine. I contadini
non lo amano per­
ché è infestante, e
dicono: “Concede­
tegli uno spazio e vi
arriverà fino in ca­
mera”.
Il frutto, come
quello della fragola,
è un falso frutto, una
drupa composta da
pugliasalute
tanti semini, i veri frutti, e da una polpa carnosa. Molto
acido quando non è maturo, a volte legnoso, è eccellente
solo quando è maturo, e soprattutto se è prodotto da piante
coltivate. Ne sono un eccellente esempio, gli ibridi di
recente creazione come le “more senza spine” coltivate
a filare o siepe, diffuso nell'America del Nord, ma ora
anche da noi in Puglia. È un arbusto con tralci molto
lunghi (anche 3 metri) e una elevata capacità pollonifera.
La mora ha proprietà depurative, diuretiche, antireu­
matiche e dissetanti.
Il Rovo è una pianta diffusa soprattutto nell’Europa e
nell’Asia mediterranee. In Italia è presente e comune su
tutto il territorio, isole comprese; cresce preferibilmente
nelle siepi, nei luoghi incolti e resiste sino ad un’altitudine
di circa 1300 m.
Le sue foglie hanno il margine irregolarmente seghet­
tato; i fiori sono riuniti in racemi all’estremità dei rami e
la fioritura avviene da maggio ad agosto; i frutti (more),
composti da parecchie piccole drupe, sono dapprima verdi,
poi rossi ed infine neri lucenti a maturazione. Fruttifica
da agosto ad ottobre.
I frutti sono consumabili freschi o confezionati in
marmellata o gelatina; sono inoltre utilizzati nella prepa­
razione di sciroppi astringenti. Proprietà analoghe ha il
decotto di foglie, utilizzabile per questo in cosmesi, o
come antinfiammatorio delle vie orali. Il succo ottenuto
spremendo le more si impiega per diluire il brandy o si
può lasciar fermentare, come il mosto di uva, ottenendo
un leggero e gradevole vinello.
Uva spina o Ribes grossularia
Della famiglia delle Saxifragaceae, il nome del genere
deriva da una antica parola scandinava ribs, che sta ad
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indicare il ribes di cui l’uva spina è parente stretto.
L’uva spina ha avuto una certa diffusione per opera
dell’uomo, ma rimane essenzialmente europea, l’uva spina
si spinge piuttosto a nord, mentre è assente dalle rive del
Mediterraneo.
L’autentica stirpe selvatica di uva spina si può ancora
trovare da noi sulle Alpi e sull’Appennino centrosettentrionale. Questa specie vegeta nei luoghi cespugliosi,
ai margini dei boschi, nei luoghi pietrosi e
può raggiungere la quota di 1.700 m.
L’aspetto dell’uva spina è
inconfondibile: è un piccolo
cespuglio con esili rami dalla
corteccia grigio-bruno che si
sfalda verticalmente. Le foglie
sono simili a quelle del ribes,
palmate e lobate, ma più
dentellate, esse si dipartono a
gruppi di tre dall’ascella formata
dalle spine che sono pure riunite a
tre a tre sull’asse dei rami; queste spine
sono deboli, ma acutissime.
II frutto (bacca) è del tutto simile ad un acino d’uva,
translucido, coperto da una peluria spinosa e di avviene in
luglio-settembre.
L’uva spina ha conosciuto una certa popolarità in tempi
passati, ma ora è nettamente in regresso come specie orticola.
Un tempo era impiegata per formare siepi che, utili in
quanto spinose, fornivano in autunno un frutto abbastanza
apprezzabile. Nella farmacopea galenica s’impiegano le
foglie, le radici ed anche i frutti. L’uva spina è ricchissima
di vitamine e sali minerali.
L’ A z z e r u o l o o A z z a r u o l o o L a z z e r u o l o
L’azzeruolo, Crataegus azarolus (la parola crataegus
viene dal greco e significa duro mentre il nome con cui è
conosciuto, azerolus viene dallo spagnolo acerola e designa
il frutto e deriva dall’arabo “az-zou’ rour ou’, ovvero ‘az”
appartiene alla Famiglia delle Rosaceae.
È detto anche “Lazzeruolo delle rosacee” (Crataegus
azarolus) o azarolo, dal fusto breve, con rami spesso spinosi,
foglie coriacee, ovate o cuoriformi, pelose, fior bianchi o
rosei, profumati, e frutti eduli, simili a piccole mele, bianche,
gialle e rosse, dette mele lazzeruole, che si raccolgono a
fine settembre.
I frutti migliori di questo arbusto, che hanno buccia
liscia e sono di colore giallo/rosso, si ottengono solo dopo
il primo decennio di vita della pianta.
Gran parte dei botanici ritiene che questa specie sia
originaria dell'Asia Minore o dell'isola di Creta, da cui si
sarebbe diffusa come coltivazione in tutto il resto del
Mediterraneo e dell'Europa.
Tuttavia anche in Italia essa si incontra a volte in una
forma del tutto spontanea che si potrebbe interpretare sia
come inselvatichimento secondario dovuto agli uccelli, sia
come relitto di una antica distribuzione naturale della specie,
molto più ampia di quella attuale.
Alberello di non più di 4 metri d’altezza, con foglie. I
pugliasalute
fiori compaiono in corimbi eretti in aprile-maggio, sono
bianchi. Il frutto è un pomo globoso, nelle piante selvatiche
non più largo di 2 cm, fino a 4 cm nelle varietà coltivate.
Specie termofila, predilige i pendii collinari in buona
esposizione, in particolare nella fascia climatica della
roverella e del leccio, con substrato argilloso o calcareo.
La specie è presente un po’ dappertutto grazie alla sua
elevata rusticità che gli permette di vivere su vari tipi di
terreno (tranne quelli compatti e umidi) e in
diverse condizioni climatiche: lo si ritrova
infatti sia nelle regioni ad inverno
freddo (resiste fino a 25 gradi
centigradi sotto zero) sia nelle zone
ad estate calda e siccitosa; è
presente in Messico come in
Canada, in Cina, in Russia,
nell’Africa settentrionale ed Asia
Minore ed è considerato pianta
valorizzatrice di zone aride e
semidesertiche.
Riprodotto da seme, conserva le
caratteristiche varietali, ma è molto lento nella
messa a frutto. Si innesta preferibilmente su “biancospino”,
ma sono utilizzabili anche il “pero franco”, il “cotogno” e
il “nespolo”.
In base al colore dei frutti si distinguono tre tipi principali
di lazzeruolo commerciali coltivati in Italia, in Liguria,
Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia:
- azzeruolo bianco (detto anche moscatello o azzeruolo
d’Italia a frutto bianco) i cui frutti hanno buccia di colore
bianco giallastro chiaro;
- azzeruolo rosso (detto azzeruolo d’Italia o di Romagna)
dai frutti di colore rosso
- azzeruolo giallo del Canada.
I frutti, simili a piccole mele, possono raggiungere gli
8-10 grammi (rosso) e i 10-15 grammi (giallo) hanno polpa
tenera di colore verde chiaro o crema dal sapore gradevole
dolce acidulo, vengono consumati allo stato fresco soprattutto
nelle regioni meridionali, nelle quali risultano più saporiti.
Le azzeruole (molto gustose, che ricordano il sapore
delle nespole) consumate fresche sono dissetanti, rinfrescanti,
diuretiche e ipotensive; la polpa ha proprietà antianemiche
ed oftalminiche.
Frequentemente sono prescritti per trattare l’ipertensione
arteriosa, l’ansia, il ronzio d’orecchio, il nervosismo. Sono
ricchi di flavonoidi, di vitamine A e C in quantità superiore
a quelle dei kiwi, entrano nella composizione di certe
specialità farmaceutiche e parafarmaceutiche.
I fiori hanno qualità antispasmodiche, ipotensive,
tonicardiche e sedative. In cosmesi rivitalizza le pelli sciupate
grazie alla provitamina A.
L’ Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste con la
circolare 26 gennaio 2001, n. 1, Disposizioni attuative del
Piano regionale di sviluppo rurale - Misura H Imboschimento delle superfici agricole 2000-2006, lo ha
inserito nell’elenco delle piante ammesse al finanziamento
insieme con il Sorbo anche il Corbezzolo (Arbutus unedo)
e l’Azzaruolo (Crateagus azarolus).
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