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Pubblicato il 05 Febbraio 2016
Il Teatro di Pisa ha messo in scena lo spettacolo realizzato per Busseto nel 2001
Suggestiva Aida firmata Zeffirelli
servizio di Mario Del Fante
PISA - Nata per festeggiare l’avvenimento all’attenzione del mondo intero (l’apertura del Canale di
Suez), Aida è da sempre considerata l’opera piu’ grandiosa e spettacolare di Giuseppe Verdi. È titolo
di merito per il Teatro di Pisa (intestato, fra l'altro, al compositore di busseto) aver riportato in scena
sabato 30 Gennaio 2015 questo capolavoro verdiano dopo quello della stagione 2012/13, da noi
criticata in maniera non positiva. Ma questa volta l’operazione è più interessante, perché è stata scelta
non l’Aida della spettacolarità guidata dalle trombe della marcia trionfale, ma un’opera vista da altra
angolazione, sfrondata della monumentalità e focalizzata sul trio Aida/Radames/Amneris.
Franco Zeffirelli realizzò questa edizione che andò in scena il 27 Gennaio 2001 ,giorno della morte di
Giuseppe Verdi, al Teatro di Busseto, ultima di tante edizioni che portano la sua firma da quella del
1963 alla Scala, tutte ricche e sfarzose fino a questa, pensata non per grandi spazi teatrali, ma per un teatrino piccolo come
quello della piccola città parmense. Dice Zeffirelli : “In realtà il trionfalismo è un momento… Ma niente è così ingombrante ed
eclatante come la scena del trionfo. Isolandola dal contesto l’opera mostra il suo volto più autentico… Oviamente a Busseto
certe cose non si potevano fare, i balli per esempio, la marcia c’era ma solo la prima parte… tutta la marcia sacra che viene
dopo, il grande concertato, venne eliminata. Ci furono insomma degli aggiustamenti e degli snellimenti”. È questa Aida “più
piccola” che abbiamo visto con interesse, sul palcoscenico pisano.
Una visione dell'opera dove il trionfalismo e il monumentale lasciano il campo alle vicende sentimentali di Radames,
giovane innamorato più che condottiero, di Aida schiava etiope alla corte dei Faraoni che contende alla principessa Amneris
l’amore di Radames. In questa chiave viene rappresentata tutta l’opera dove la parte più intimistica ha campo libero per
emergere. Anche la scelta delle voci, specialmente quella di Aida e Radames, segue questa chiave di lettura.
Aida era Donata D’Annunzio Lombardi che viene da un repertorio in massima parte lirico-leggero, con una vocalità duttile che
le consente di passare agevolmente dal canto più sfumato a quello in piena voce al servizio di un fraseggio che la
personalità dell’artista rende molto convincente specialmente nelle effusioni liriche, ma con buona tenuta anche sul versante
drammatico e la sua interpretazione è forse meno monumentale ma molto più umana.
Radames era il giovane tenore Leonardo Caimi la cui voce rotonda e gradevole si amalgamava bene con quella di Aida, che
specialmente nella scena del Nilo e nel finale dell’opera ha dato il meglio di sé. Come abbiamo detto all’inizio è stato più un
giovanotto innamorato che il grande condottiero.
Discorso a parte merita Giovanna Casolla unica voce drammatica del cast, che nella parte della principessa Amneris,
aggressiva e pugnace, ha fatto valere la sua classe di grande artista che, specialmente nel terzo atto , ha investito con
possenti accenti il povero Sommo Sacerdote.
Mentre per Aida e Radames, sono state funzionali all’impostazione registica voci liriche, per i personaggi di Amonasro,
Ramfis e il Re occorrono invece interpreti dalle voci piuttosto robuste e possibilmente verdiane.
Amonasro, re degli etiopi, padre di Aida e prigioniero in cerca di rivincita, non può prescindere da una buona potenza vocale,
la parte è bellissima e culmina con la celebre “Non sei mia figlia, dei Faraoni tu sei la schiava”.
Il ruolo è stato interpretato dai più famosi baritoni che hanno riportato grandi successi, fra gli altri ci piace ricordare: Gino
Bechi, Carlo Meliciani, Aldo Protti, Gian Giacomo Guelfi e gli specialisti Raffaele de Falchi e Ettore Nova. L’Amonasro di
questa edizione era Sergio Bologna che canta correttamente la sua parte ma la voce chiara e il limitato volume non gli
hanno consentito di scolpire appieno il grande personaggio.
Lo stesso discorso si può fare in parte, per il Sommo Sacerdote di Elia Todisco dalla voce un po’ “ingolata” che non dà
autorità alla grande figura di Ramfis, solenne, implacabile, tonante, come richiede la scena del giudizio. Anche George
Andguladze ha rappresentato un Re non perfettamente a fuoco. Ottimi, invece, Sofia Janelidzse (Sacerdotessa) ed Emanuele
Bono (Un Messaggero ).
Marco Boemi ha diretto l’Orchestra Regionale Filarmonica Veneta che ha svolto il suo compito eccedendo nei tempi larghi e
con poco mordente. La parte coreografica, molto ridotta , è stata ripresa da Claudio Ronda della Compagnia Fabula Saltica. Il
Coro Lirico Amadeus del Maestro Giorgio Mazzucato è stato molto corretto. La regia di Zeffirelli è stata ripresa da Stefano
Trespidi con una svista che ha fatto sorridere, e cioè: quando dietro Amonasro entrano in scena i prigionieri etiopi e
Radames chiede la libertà osteggiato da Ramfis perché “fatti audaci dal perdono correranno all’armi ancor”, perché
affannarsi tanto per 10 prigionieri 10... Quanto era meglio se fossero entrati in scena lasciando intendere che, dietro la
quinta, la fila proseguiva lunghissima!
Belle le scene di Franco Zeffirelli e i costumi di Anna Anni che hanno contribuito non poco al successo dello spettacolo,
perché, pur con i rilievi sopra esposti, ci sono stati applausi per tutti, particolarmente calorosi per Donata D’Annunzio
Lombardi, Giovanna Casolla e Leonardo Caimi.
Crediti fotografici: Foto D'Amato (Firenze) e Ufficio stampa Teatro Verdi di Pisa
Nella miniatura in alto: Donata D'Annunzio Lombardi (Aida)
Nella sequenza al centro: Giovanna Casolla (Amneris), Leonardo Caimi ( Radames) e Sergio Bologna (Amonasro)
Sotto: ancora Caimi con la D'Annunzio Lombardi nell'ultima scena dell'opera e una foto d'assieme dell'allestimento zeffirelliano
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