un limone protegge da infezioni gastrointestinali

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Anno IV – Numero 699
AVVISO
Ordine
1. ORDINE: informazioni
che l’iscritto deve sapere
sul sistema contributivo
dell’ENPAF
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
2. Un limone protegge da
infezioni gastrointestinali
3. Prostatite e sovrappeso:
dieta e attività fisica
possono migliorare la
terapia
4. "Chi mangia
peperoncino vive più a
lungo"
Prevenzione e
Salute
5. La sindrome da rientro
esiste davvero: come
contrastarla - I consigli
6. il massaggio cardiaco
«ideale»? Va fatto per
almeno 35 minuti
7.
Mercoledì 02 Settembre 2015, S. Elpidio
Proverbio di oggi………..
Chi chiagne fotte a chi ride. (Chi piange frega chi ride).
UN LIMONE PROTEGGE DA INFEZIONI
GASTROINTESTINALI
Il succo dell’agrume rappresenta una protezione naturale
contro il Norovirus
Il succo di limone ci protegge dalle infezioni, riducendo
la possibilità di contrarre infezioni da Norovirus, causa
di disturbi gastrointestinali anche gravi.
IL CITRATO ALTERA LA MORFOLOGIA DEL VIRUS
Il citrato del succo di limone o i disinfettanti contenenti citrato possono
cambiare la forma delle proteine esterne del virus, impedendogli così di
infettare le cellule. Questo lavoro è la continuazione di uno studio precedente
finanziato dall’NIH nel quale gli autori avevano notato che il citrato si lega alla
proteina del capside, la struttura esterna del norovirus. Questa volta, i
ricercatori hanno osservato l’effetto di concentrazioni crescenti di citrato su
un virus con caratteristiche simili al norovirus umano, non coltivabile in
laboratorio, notando che le particelle del virus modificano la propria forma
dopo essersi legate col citrato.
Questo meccanismo di alterazione morfologica potrebbe spiegare perché il
citrato riduce l’infettività delle particelle virali: «Qualche goccia di succo di
limone su cibo o superfici contaminate potrebbe quindi prevenire la
trasmissione del virus» secondo ricercatori dell’Università di Heidelberg.
UNA PRIORITÀ PER LA SALUTE PUBBLICA
Meteo Napoli
Martedì 2 Settembre
 Cielo sereno
Minima: 25°C
Massima: 31°C
Umidità:
Mattina = 76%
Pomeriggio =46%
Il norovirus è un virus molto contagioso. Costituisce la più frequente causa di
gastroenteriti acute di origine non batterica, i cui sintomi sono crampi allo
stomaco, diarrea, nausea e vomito. Si trasmette per via orale e fecale o
tramite le mani o gli alimenti contaminati. Proprio come l’influenza stagionale,
il norovirus ha la sua massima diffusione nei mesi invernali.
Sono ogni anno circa 20 milioni gli americani che lo contraggono, circa 70mila
i ricoveri e quasi 800 i decessi. Capirne i meccanismi di diffusione è stata
definita una priorità di salute pubblica. Ora, gli scienziati stanno indagando
l’effetto dell’acido citrico su coloro che già sono stati infettati dal norovirus,
per verificare se funzioni anche nel ridurre i sintomi. (Salute, La Stampa)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 699
PREVENZIONE E SALUTE
LA SINDROME DA RIENTRO ESISTE DAVVERO:
COME CONTRASTARLA - I CONSIGLI
La vacanze sono appena finite e non per tutti sono state un altro motivo di stress:
chi è riuscito a godersele, a rilassarsi e a cambiare i propri ritmi di vita magari al
ritorno farà più fatica a rientrare nella routine.
Che cos’è: La sindrome da rientro è un disturbo dell’adattamento, che può fare la
sua comparsa quando si passa da un periodo di relativo riposo a un periodo di
impegni, tipicamente al rientro dalle vacanze. I sintomi della sindrome da rientro
sono giustificati dall’effetto dello stress sull’asse ipotalamo-ipofisi-surreni.
Gli eventi stressanti, che possono favorire la comparsa della sindrome sono legati
alla ripresa delle normali attività a cui non si è più abituati.
I meccanismi fisici: L’ipotalamo, in risposta alle informazioni «stressanti» che riceve
dall’organismo, reagisce con la produzione dell’ormone di liberazione della
corticotropina (CRH) che stimola a sua volta l’ipofisi. L’ipofisi mette in circolo un
ormone detto adrenocorticotropina (ACTH) che stimola i surreni. I surreni, piccole
ghiandole poste sopra i reni, producono i veri e propri «ormoni dello stress»,
ovvero adrenalina e cortisolo.
Lo stress: Adrenalina e cortisolo hanno diversi effetti sull’organismo, tra cui:
 aumento della pressione sanguigna
 aumento della glicemia (livelli di glucosio nel sangue)
 aumento del metabolismo
 aumento del ritmo respiratorio
 diminuzione della memoria
 perdita di tono muscolare.
L’allentamento delle tensioni tipico del periodo estivo aveva fatto in modo che questo delicato
sistema si mettesse un po’ a riposo rispetto al ritmo abituale. Il rientro alla vita normale, specie se
repentino, costringe il sistema (in particolare i surreni) a un superlavoro, cui non è immediatamente
pronto, e così diventa normale avere qualche difficoltà a rispondere alle esigenze della vita di sempre.
Chi è più esposto: Chi svolge un’attività lavorativa a maggiore contenuto
intellettuale sembrerebbe più soggetto alla post-vacation syndrome. Secondo uno
studio spagnolo la categoria di persone più colpite dalla sindrome da rientro è quella
dei giovani adulti di età compresa tra i 25 e i 40 anni.
I consigli - Calma!: Riprendere le proprie consuetudini, anche lavorative, con gradualità, magari
concedendosi ancora un paio di giorni liberi da impegni prima di iniziare le attività abituali.
I consigli - Non fare oggi... Una volta tornati al lavoro, cercare, per quanto possibile, di rinviare di
qualche giorno gli impegni più gravosi.
I consigli - A letto presto: “Resettare” il ritmo sonno-veglia: bisogna riabituarsi in modo progressivo a
rispettare orari più regolari, cercando di andare a letto prima, per riuscire a svegliarsi al mattino a un’ora
consona agli impegni che si devono affrontare avendo riposato a sufficienza.
I consigli – Ginnastica: Se in vacanza ci si è dedicati di più all’attività fisica, continuare anche al rientro.
Se invece durante le ferie ci si è lasciati un po’ andare alla pigrizia, il rientro è il momento buono per
iniziare a fare un po’ di moto. L’esercizio fisico, soprattutto se praticato all’aperto, incrementa il livello
nel sangue di endorfine, le sostanze chimiche prodotte dal cervello dotate di proprietà euforizzanti e di
conseguenza antidepressive.
I consigli - Mangiare meglio: Se in vacanza ci si è nutriti in maniera disordinata e sbilanciata,
al rientro bisogna riprendere un’alimentazione più equilibrata. (Salute, Corriere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 699
SCIENZA E SALUTE
IL MASSAGGIO CARDIACO «IDEALE»?
VA FATTO PER ALMENO 35 MINUTI
Uno studio giapponese dimostra che un intervento più lungo non dà risultati
migliori. Dopo ogni minuto dall’arresto diminuisce la probabilità di sopravvivenza
SE DOPO 35 MINUTI DI MANOVRE RIANIMATORIE UN PAZIENTE
CON ARRESTO CARDIACO NON SI RIPRENDE, SI PUÒ DIRE CHE IL
SOCCORRITORE HA FATTO TUTTO QUELLO CHE POTEVA FARE.
E continuare il massaggio non aumenterebbe le chances di successo. Lo dimostra uno studio
giapponese. «Decidere quando interrompere un intervento di rianimazione cardiopolmonare (o Cpr,
acronimo per Cardiopulmonary resuscitation) – ha precisato Yoshikazu Goto dell’University Hospital di
Kanazawa (Giappone) - è un motivo di discussione fra i rianimatori e non è ancora chiaro quanto
debbano durare le manovre». Ecco perché il ricercatore ha pensato di condurre uno studio con
l’obiettivo di valutare quale fosse la durata ideale dell’intervento rianimatorio, per ottenere la più alta
percentuale di sopravvivenza e il minore numero di danni neurologici a distanza.
per chi è sottoposto a massaggio cardiaco la probabilità di sopravvivenza
PRIMO RISULTATO
si riduce di minuto in minuto.
Cioè prima si riprende meglio è (ma questo è abbastanza ovvio). «È per
questo – che occorre cominciare il più presto possibile».
la maggior parte delle persone sono sopravvissute e hanno avuto danni
neurologici limitati quando l’intervento è durato al massimo 35 minuti.
Oltre questo periodo di tempo, lo studio specifica dai 53 minuti in avanti, non si aggiungono altri
benefici.
SECONDO RISULTATO
COME SI FA LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE
La rianimazione cardiopolmonare (RCP) è una tecnica di primo soccorso indispensabile in situazioni di
emergenza, quando siamo di fronte a un arresto cardiaco. L’obiettivo è prevenire danni al cervello da
mancato apporto di ossigeno, in attesa di poter disporre di un defibrillatore e dei soccorsi sanitari.
Le fasi del soccorso –
1. Il malore
Se
qualcuno
vicino
a
voi sviene all’improvviso, non
reagisce
alla
chiamata (scuotendolo leggermente per le spalle) e non respira normalmente, è
possibile che si tratti di un arresto cardiaco. Fate chiamare subito il 118 e, se
possibile, mandate qualcuno a prendere un defibrillatore.
Le fasi del soccorso –
2. Il massaggio cardiaco
Iniziate immediatamente il massaggio cardiaco e continuate fino all’arrivo
del defibrillatore o dell’ambulanza. Se non lo sapete praticare, potrete essere
istruiti al telefono dagli operatori del 118.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 699
Le fasi del soccorso – 3. Il defibrillatore
Appena avrete a disposizione un defibrillatore (DAE= Defibrillatore
semiAutomatico Esterno), accendetelo: lo strumento vi darà le
indicazioni vocali su come procedere, guidandovi passo dopo passo nelle
semplici manovre del soccorso
Come si fa la Rcp – 4. Il massaggio cardiaco
La rianimazione cardiopolmonare prevede una sequenza
di 30 compressioni toraciche(massaggio cardiaco)
alternate a 2 ventilazioni (respirazione «bocca a bocca» o
meglio «bocca-maschera»).
)Le
compressioni
toraciche
determinano
un abbassamento dello sterno e la spremitura del
cuore contro la colonna vertebrale. Ciò permette al sangue contenuto nelle cavità cardiache di
essere spinto in circolo e di arrivare al cervello, rallentando l’insorgenza di danni
- Sovrapporre le mani sul centro del torace e a braccia tese comprimere profondamente per
raggiungere una profondità di 5-6 cm.
- Ad ogni compressione deve seguire un completo rilasciamento del torace. Completare una serie
di 30 compressioni al ritmo di almeno 100 al minuto. Poi effettuare due insufflazioni e
ricominciare con un’altra serie di 30 compressioni.
Come si fa la Rcp – 5. La respirazione «bocca-maschera»
Va eseguita solo se se ne hanno le competenze, altrimenti si
rischia di perdere tempo prezioso: è dimostrato che il solo
massaggio cardiaco è altrettanto efficace a mantenere una
sufficiente minima ossigenazione.
- Mettere il palmo della mano sulla fronte della persona
e spingere la testa all’indietro, sollevando il mento con l’altra
mano per aprire le vie aeree.
- Appoggiare la bocca sulla maschera o sul mezzo di protezione (fazzoletto, garza o specifico telino)
appoggiato su quella della vittima.
- Eseguire 2 insufflazioni lente e progressive della durata di circa 1 secondo, verificando che il
torace della vittima si sollevi come durante una respirazione normale.
6. Come si usa il defibrillatore
Il solo massaggio cardiaco non basta mai a tenere in vita a lungo
una persona. È fondamentale disporre nel più breve tempo
possibile di un defibrillatore semiautomatico esterno (DAE), un
apparecchio che, somministrando scariche elettriche, può
interrompere la fibrillazione cardiaca o la tachicardia
ventricolare senza polso (le cause più frequenti di arresto
cardiaco) e ripristinare un ritmo e quindi una circolazione efficace.
Per usare un defibrillatore ricordare alcuni semplici passaggi:
1 - Aprire il coperchio (o accendere il tasto on/off) del defibrillatore
2 - Ascoltare le istruzioni vocali
3 - Applicare gli elettrodi adesivi sul torace della vittima come in figura e continuare ad ascoltare
4 - A questo punto premere il tasto arancione per erogare lo shock quando il defibrillatore decide
che è necessario (solo ed esclusivamente in questo caso il tasto arancione diventa attivo e si può
erogare lo shock) (Salute, Corriere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 699
SCIENZA E SALUTE L’ANDROLOGO RISPONDE
PROSTATITE E SOVRAPPESO: DIETA E ATTIVITÀ FISICA
POSSONO MIGLIORARE LA TERAPIA
L'andrologo spiega che la prostatite può essere legata anche al sovrappeso. Risposte
anche sull’aneiaculazione psicogena e su monorchidismo e fertilità
PROSTATITE, PROBLEMI DI EIACULAZIONE E SOVRAPPESO
Domanda. Ho 42 anni ed ho sempre sofferto di prostatite a mia insaputa da quando avevo 17 anni, almeno
una volta ogni due anni, con bruciori alla vescica, specie dopo aver bevuto tante bevande gassate. L’anno
scorso a settembre ho avuto una ricaduta con febbre alta. Da accertamenti effettuati con un urologo
militare (esame dello sperma ed eco trans-rettale) è risultato Escheria coli 200.000, prostata nella norma
per forma e dimensioni, PSA nella norma, area di 8mm della prostata interessata da calcificazioni come da
esiti flogistici. Ho curato con con ciprofloxacina cloridrato e supposte antinfiammatorie. Dopo questa cura
di mia iniziativa ho proseguito con uva ursina per 20 giorni e un integratore alimentare di fermenti lattici
vivi. Ma adesso pur non avendo avuto più febbre e bruciori alla vescica né problemi ad urinare il problema è
l’eiaculazione. Ho perso quasi tutta la “spinta” e la quantità si è ridotta tantissimo. Preciso che per lavoro
sono seduto per quasi 10 ore al giorno e peso 115 kg per 185 di altezza ma faccio ginnastica tutti giorni. Sto
attraversando un vero e proprio calvario, mi saprebbe indicare quanto meno la causa e come risolvere il
problema?
Anche le alterazioni del liquido seminale potrebbero essere dovute ad una
RISPOSTA infiammazione prostatica. Comprendo il suo disagio visto che liberarsi da una
prostatite che tende a cronicizzarsi può diventare molto complicato. Le cause di
questa patologia sono difficili da identificare ed anche quando si riconosca un agente causale batterico
specifico le terapie antibiotiche possono risultare non sufficientemente efficaci. Inoltre, la condizione
di forte sovrappeso che lei riferisce mi ha fatto riflettere; in letteratura scientifica esistono ormai
numerose evidenze che mostrano una forte correlazione tra un alto indice di massa corporea ed una
maggiore incidenza di problemi alla prostata come ad esempio l’ipertrofia prostatica benigna.
Il mio consiglio è quindi quello di mettersi sotto con alimentazione ed attività fisica per riportare il
peso alla normalità e rivalutare nuovamente la condizione della sua prostata con uno specialista
urologo. * Massimo De Martino, Facoltà di Farmacia, Scuola di specializzazione di farmacia
ospedaliera all'università di Salerno
"CHI MANGIA PEPERONCINO VIVE PIÙ A LUNGO"
Lo rivela uno studio cinese su 500mila persone tra i 35 e i 79 anni
Mangiare peperoncino può allungare la vita di molti anni. E' la conclusione di un
maxi-studio che ha monitorato le abitudini alimentari di quasi 500mila persone in
Cina per sette anni. Il team di ricercatori, ha verificato che coloro che consumavano
cibi piccanti una o due volte a settimana riuscivano a ridurre del 10% il rischio di mortalità.
Chi, poi, aggiungeva spezie ai propri pasti dalle tre alle sette volte a settimana poteva contare su un
rischio di mortalità ridotto addirittura del 14%. Un beneficio probabilmente associato all'alto
contenuto di capsaicina, vitamina C e altri nutrienti contenuti in questi ingredienti.
La ricerca, pubblicata sul British Medical Journal. Del resto, molte delle virtù del peperoncino - e in
particolare della capsaicina, l'alcaloide che è responsabile della sua piccantezza - sono note: da quella
anti-ossidanti alle anti-infiammatorie e persino anti-cancro. Gli esperti, per ora, sono cauti; lo studio è
stato soltanto 'osservativo' e, pertanto, necessita di approfondimenti tecnici per consigliare un cambio
nello stile alimentare. (Salute, La repubblica)
PAGINA 6
FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno IV – Numero 699
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli
La Bacheca
ORDINE: INFORMAZIONI CHE L’ISCRITTO DEVE SAPERE
SUL SISTEMA CONTRIBUTIVO DELL’ENPAF
• Il contributo previdenziale obbligatorio ridotto, come pure il contributo di solidarietà, non vengono
riconosciuti d’ufficio, occorre un’apposita domanda, se non viene presentata la domanda, la quota
contributiva è applicata in misura intera.
• La domanda di riduzione deve essere presentata entro il 30 settembre dell’anno per il quale si chiede la
riduzione, ovvero entro il 31 dicembre nel caso in cui l’evento che dà diritto alla riduzione si sia
verificato dopo il 30 settembre ed entro il 31 dicembre. Il termine è perentorio ed il suo superamento
comporta il mancato riconoscimento della riduzione.
• Se il farmacista è neoiscritto, la domanda deve essere presentata entro il 30 settembre dell’anno
successivo a quello di iscrizione, il termine è perentorio e il suo superamento comporta l’attribuzione
della quota intera per almeno un biennio (il I° anno di iscrizione e il successivo).
• Il farmacista neoiscritto riceve i bollettini bancari per la riscossione l’anno successivo a quello di
iscrizione, quindi la contribuzione di cui viene richiesto il versamento riguarda due anni, il primo anno di
iscrizione e il successivo, indipendentemente dalla data di iscrizione.
• I bollettini per la riscossione dei contributi vengono recapitati entro il primo trimestre dell’anno. Il
farmacista nuovo iscritto che non abbia ancora richiesto la riduzione, perché ha ancora tempo per farlo,
riceverà i bollettini con due anni di contribuzione previdenziale a quota intera. Se nel diritto può ancora
chiedere la riduzione nei termini indicati ed ottenere l’invio di bollettini con gli importi contributivi
ridotti, ignorando così i bollettini che ha ricevuto in precedenza.
• Per presentare la domanda di riduzione o di attribuzione del contributo di solidarietà non è sufficiente
trovarsi in una delle condizioni previste dal regolamento al momento della domanda, ma occorre averne
il possesso per almeno sei mesi e un giorno nel corso dell’anno o per almeno la metà più uno dei giorni
del primo anno di iscrizione o dell’anno in cui è intervenuta la cancellazione.
• Molto spesso la riduzione viene concessa in riferimento a contratti di lavoro a tempo determinato con la
conseguenza che se al termine del rapporto l’iscritto non ha inviato comunicazioni ulteriori il rischio è
che l’aliquota contributiva venga portata a quota intera, Anche in questo caso, tuttavia, è possibile
risolvere il problema producendo documentazione che dimostri la continuità con la precedente
posizione lavorativa (ad es. la conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato, una proroga
ulteriore a tempo determinato, lo stato di disoccupazione instauratosi con l’iscrizione al centro per
l’impiego). Se vi è continuità non occorre presentare una nuova domanda di riduzione ma è sufficiente
produrre gli attestati che dimostrino la propria posizione.
• Se la condizione che ha consentito di ottenere la riduzione contributiva o il contributo di solidarietà non è
cambiata non occorre rinnovare la domanda di riduzione ogni anno.
• Non si ha diritto alla riduzione, tra le altre ipotesi, se l’attività professionale di farmacista viene svolta:
1. in regime di lavoro autonomo, con o senza partita IVA;
2. con contratto a progetto o in collaborazione coordinata e continuativa;
3. con borsa di studio senza copertura previdenziale ulteriore rispetto all’ENPAF;
4. come titolare, socio, associato agli utili di parafarmacia con vendita al pubblico di farmaci;
5. a titolo gratuito.
• La riduzione contributiva e il contributo di solidarietà attribuiti per lo stato di disoccupazione temporanea
e involontaria non possono essere conservati per più di 5 anni complessivi in tutta la durata del
rapporto assicurativo con l’ENPAF. PER SAPERNE DI PIÙ SCARICA LA GUIDA DAL SITO www.enpaf.it
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