G R La musica in Italia nel secolo secondo le impressioni di viaggiatori stranieri pubblicato come: G R, La musica in Italia nel secolo secondo le impressioni di viaggiatori stranieri, «Rivista musicale italiana», , , pp. —; , , pp. —. A dar maggior pregio alla sua bella edizione del Giornale del viaggio in Italia di Michele di Montaigne, Alessandro d’Ancona vi aggiunse, da par suo, una copiosissima bibliografia dei viaggi e delle descrizioni d’Italia e dei costumi italiani, scritti in lingue straniere. «Forse verrà tempo — scriveva allora l’illustre professore dell’ateneo pisano — di perfezionare questo saggio e di cavarne fuori un libro che ritragga l’Italia, le sue vicende, i suoi costumi colla scorta degli scrittori stranieri». Ed il libro nessuno potrebbe scriverlo con più profonda conoscenza della materia e con più sicura lealtà d’informazione che lo stesso d’Ancona. Ma undici anni sono ormai trascorsi ed il libro non è ancora stato scritto e, sebbene qua e là qualche saggio ne abbia dato il d’Ancona in giornali e riviste, illustrando qualcuna delle rare relazioni di viaggio delle quali aveva potuto arricchire la sua già doviziosa collezione privata, nulla pur troppo dà a vedere che stia per venir fuori. Poichè il d’Ancona, come tutti i bibliografi, sembra dir con Dante «Messo t’ho innanzi, or di per te ti ciba» cercherò, largamente valendomi del suo lavoro, di portare un contributo alla storia musicale col rintracciare nelle relazioni dei viaggiatori stranieri in Italia quanto vi si riferisce all’arte dei suoni. Già la Vernon Lee nei suoi Studies of the Eighteenth Century in Italy, così mal presentato in veste italiana col titolo il Settecento in Italia, ebbe ad intraprendere un lavoro consimile. Ma l’egregia autrice si limitò a dare un ampio sunto del Musical tour or present state of music in France and Italy di Ch. Burney, il noto musicologo inglese. Non soltanto nel Burney, ma in tutte o quasi tutte le relazioni di viaggi dei secoli andati, ci sono accenni e talvolta pagine intiere sulle condizioni della musica presso di noi. Anche chi non era musicista, scendendo in Italia, non si poteva sottrarre al fascino dell’arte divina e, sia che segnasse brevemente le sue impressioni, sia che raccogliesse notizie di maggior conto o tentasse paralleli e confronti, lasciava una testimonianza preziosa di quanto aveva sentito e gustato. Tanto:più preziosa poiché, essendo rare le indicazioni che si possono ritrarre da altre fonti, per esempio delle effemeridi e giornali, aiuta a colmar lacune, a correggere date, ad identificar nomi e soprannomi, ad illustrare usanze teatrali, a rettificare insomma i parecchi errori onde i dizionari biografici -musicali, anche i migliori, formicolano. Questo intento io so di non aver potuto raggiungere che in ben piccola parte. Delle molte relazioni di viaggio citate dal d’Ancona parecchie mi sono sfuggite, per quanto diligente ricerca io ne abbia fatta. Ad ogni modo spero di aver fatto opera non del tutto inutile indicando al futuro storico della musica in Italia — oh! quant’è ancora lontano il tempo in cui dal minuto lavoro d’analisi e di ricostruzione stori- ca si potrà assorgere al grande lavoro sintetico! — una fonte finora quasi trascurata, un campo dove pochi hanno, ch’io mi sappia, spigolato. u Vivo ritratto dello stato d’Italia sul finire del secolo decimosesto, il viaggio di Michele di Montaigne, «le français le plus sage qui ait jamais existé», come lo chiama il Sainte Beuve nei Nouveaux Lundis, ci dà molti ragguagli sulla vita di quel tempo. Passando le Alpi, l’autore degli Essais veniva a cercare nelle acque termali un rimedio alla malandata salute ma, mentre intendeva a ricuperare «la belle lumière de la santé», mosso da quella «honneste curiosité de s’enquérir de toutes choses» che gli dettò la sua opera magistrale, raccoglieva tesori d’osservazioni sui costumi nostri. Peccato che siano scarsissimi i cenni sulla musica. Nota a Pistoia l’uso di suonar le trombe in chiesa al momento dell’elevazione, a Lucca che si dilettano molto di musica e comunemente cantano tutti. Si vede però — aggiunge — che hanno pochissime bone voci. Fu cantato a questa messa con ogni sforzo e non ci fu pure gran cose.1 Ma null’altro. Lodovico principe di Anhalt, che nell’Accademia della Crusca fu detto l’Acceso, lasciò in versi tedeschi una narrazione dei suoi viaggi.2 Fu a Firenze nel , proprio quando si stava maturando la grande riforma della musica recitativa da cui doveva uscire nel memorando ottobre , colla rappresentazione della favola d’Euridice a palazzo Pitti, l’opera in musica. Ma il principe-poeta non era, a quanto pare, anche musicista. Si contenta di ricordare che uno dei suoi compagni, il conte Gian Guglielmo di Wied, imparava a suonar «quella specie di liuto che si chiama tiorba», un altro, Gioachino di Loss, il liuto «in cui impiegava quasi tutto il tempo volendo recarlo a perfezione», altri ancora il violino, il cornetto, il piffero. E di notizie musicali fiorentine si limita a rammentare che «il palazzo Vecchio ha davanti alla facciata una ringhiera che si alza di alcuni piedi dal suolo, sulla quale per mezz’ora la sera si suonano le più grate ed allegre sinfonie». Se scarsa è la messe che ho potuto raccogliere da viaggiatori della seconda metà del Cinquecento, ancor più scarsa è quella fornita dal Seicento. Non mancano le descrizioni di viaggi in Italia, ma sono per lo più di carattere archeologico, storico, sacro o, quelle che avrebbero forse presentato per noi maggior curiosità, diventate irreperibili. In compenso, quale varietà d’impressioni, di notizie, di giudizii non ci presenta la ricchissima letteratura di viaggi del Settecento, di quel Settecento che diede per tanto tempo il primato alla musica italiana e più ancora ai nostri virtuosi. Appena s’affacciava alle Alpi, il viaggiatore si sentiva come avvolto da quell’onda di armonia che pervadeva da un capo all’altro la penisola, e di città in città, attratto dalla fama dei virtuosi, dal lusso delle rappresentazioni sceniche, dall’eleganza dei teatri, compieva un vero pellegrinaggio musicale. A Genova, non sì tosto v’è giunto «j’ai commencé à goûter — scrive il de Brosses — les plaisirs de la musique italienne». E Mme Du Bocage ci descrive le peregrinazioni degl’inglesi melomani che passavano il Carnevale tra Napoli e Roma, si trattenevano a Roma per le cerimonie della Settimana Santa, verso l’Ascensione si portavano a Venezia, di là passavano per le stagioni di fiera a Padova e Vicenza, poco ————————— 1 2 Il Montaigne scrisse una parte del suo Giornale in italiano. L. A-K, Reise Beschreibung, pubblicato dal Deckmann nelle Accessiones historiae Anhaltinae, . dopo a Milano e, trattenutisi per parecchio tempo a Firenze, principiavano il giro artistico alle varie fiere d’autunno. Ils font quelques fois — scriveva la Du Bocage — pendant six ans cette même promenade et le bon sens les arrête où ils se trouvent bien. E il Grosley nota compiacendosene che anche nelle piccole città di Lombardia si sente suonare con un certo gusto il violino e nelle chiese di villaggio persino gli ufficii divini danno idea di piccoli concerti. u Il celebre scrittore inglese Addison, il futuro autore dello «Spectator», venne in Italia sul finire del , e viaggiandola tutta, meno la Sicilia, vi si trattenne fino al . Nella descrizione che ne scrisse di poi volle particolarmente ragguagliare l’Italia dei suoi giorni coll’antica, onde frequenti vi sono le citazioni di Virgilio e di altri scrittori classici. «Addison — dice il Châteaubriand nei Mémoires d’outretombe (lib. ) — voyage en scholar». Non mancano però nei Remarks on several parts of Italy in the years , , 3 osservazioni sull’Italia contemporanea, e quindi accenni a cose teatrali. L’Addison, a dir vero, s’interessa più ai libretti che alla musica. Di questa si contenta di dire che è buona, di quelli, a dimostrare come siano pessimi «esquisitely ill», riporta qualche esempio. I soggetti, egli nota, sono tolti per lo più dalla storia greca e romana, ma che v’è di più ridicolo che udire uno di quei severi antichi Romani parlare per bocca di un eunuco, specialmente quando il soggetto è scelto fuori di quelle corti ove gli eunuchi hanno parte? E ricorda come l’opera più in voga al tempo del suo soggiorno a Venezia avesse per argomento la rivalità d’amore di Cesare e Scipione.4 Oggetto di tanto contrasto è la figlia di Catone: preferendo essa Cesare, il fiero repubblicano si risolve al suicidio. Ed il suicidio si compie nella biblioteca di Catone ove tra gli altri libri Addison osserva Plutarco e Tasso. Singolare figura, tra quelle dei viaggiatori stranieri in Italia nel Settecento, è il padre G. B. Labat. Missionario alle Antille, filibustiere, abile matematico, architetto, artigliere, girò la Spagna e l’Italia tra il e il e poiché egli aveva «l’esprit enclin à la raillerie — dice il Châteaubriand — et le caractère à la liberté» per quanto monaco domenicano, vide o notò molte cose nei suoi Voyages en Espagne et en Italie.5 Assiste a Genova alla messa solenne cantata in presenza del doge ma, non avvezzo alla musica italiana, egli «a de la peine à s’accomoder». Non nega ch’essa sia «très savante» ed ammette che i Francesi abbiano appreso la musica dagl’italiani: Il est vrai — aggiunge — que Lully qui étoit italien l’a portée à une très haute perfection. Il ne s’agit plus que de savoir s’il avoit apporté de son pays tout ce qu’on a admiré de lui dans le nôtre. Comunque la musica di Genova non gli piacque, forse perché non era solito a sentir quelle voci che non si sapeva se fossero di bambini, d’uomini o di donne: À force de chercher d’où venaient ces sons — continua il buon domenicano — je découvris quatre ou cinq de ces musiciens qui avoient la face large, qui étoient gras comme des chapons, et qui ouvroient une grande bouche pour laisser échapper une voix grosse comme un filet en faisant mille contorsions pour former ou pour donner plus de grâce à leurs roulades. Il y avait nombre de voix fort bonnes. Mais ce qui me parut meilleur ce fut la symphonie. ————————— 3 4 5 London, Tonson, . È probabilmente il Catone uticense, poesia di Mattia Moris, musica di Carlo Franc. Pollarolo, rappresentato al S. Gio. Grisostomo nel . Amsterdam, aus dépens de la Compagnie, . Procedendo verso l’Italia centrale e meridionale, all’incontro di molti altri viaggiatori, il Labat non trova gran che di notevole sotto il rispetto musicale. Accenna appena ai famosi «oratori» romani e si scaglia contro la cappella di Tivoli che consta di sette od otto voci: les plus mauvaises de toute l’Italie qui ne chantent point sans être soutenues de l’orgue et qui ne laissent pas d’être appelées à toutes les fêtes de la ville qui sont en très grand nombre et qui se font payer comme s’ils composoient quelque chose de bon. La cappella di Pozzuoli, dopo quella di Tivoli, è «la plus détestable». Con Guyot de Merville (-), un giornalista e commediografo francese «nemico di Voltaire ma di spiriti volterriani» che fu anch’egli in Italia dal al , abbiamo qualche notizia sulla diffusione della musica nelle varie classi sociali. A Siena le donne del medio ceto «passent leurs après-midi chez elle à chanter et à jouer de plusieurs instruments» 6 e nelle loro riunioni «les unes font des petits concerts de voix accompagnés d’instruments»: nel contado senese sono molto dilettevoli i balli ed i canti dei contadini: Nous les écoutâmes chanter. Chacun de ces paysans prend une fille par la main et la mène devant celui qui joue de la guitarre ou du violon. Là ils expriment par leur chant accompagné de ces instruments le sujet de leurs passions amoureuses. A l’égard de la musique vous devez penser qu’elle n’est pas fort suivie, mais en revanche c’est une chose plaisante que leurs chansons impromptu… A Livorno si ha il carnevale più divertente d’Italia dopo Venezia, specialmente per il gran concorso d’inglesi. Quantum mutatus! u Poco dopo essere stato nominato membro dell’Académie Française, Montesquieu, cui le Lettres Persanes, capolavoro d’osservazione e di umorismo, avevano aperto le illustre porte, intraprese un lungo viaggio in Germania, Austria, Ungheria, Italia, Svizzera, Olanda, Inghilterra. In Italia viaggiò dall’autunno del all’estate inoltrato del e, come il suo compaesano Montaigne, tenne una specie di giornale delle sue impressioni. Son note sparse cui non poté dar forma definitiva, ma tanto più appaiono sincere. Furono pubblicate solo pochi anni or sono dal pronipote barone Alberto di Montesquieu.7 Tornandoci su, ne avrebbe certo il grave scrittore tolto molti particolari che noi moderni ghiottamente gustiamo. Dei teatri di Venezia tace il Montesquieu; osserva solo che se vi diminuiscono i viaggiatori si deve attribuire al fatto che quasi dovunque in Italia ormai ci sono buoni teatri di musica e «ceux de Venise ne valent pas plus que ceux de la plupart des autres villes». A Firenze frequentò i venerdì della marchesa Ferroni, ove c’era sempre un’assemblea di virtuosi: l’abate Niccolini ne era «l’étoile polaire». Fu anche a teatro a sentirvi la Turcotta,8 la seconda cantante d’Italia, egli nota, dopo la Faustina.9 Ed aggiunge: ————————— 6 7 8 M G M, Voyage historique et politique d’Italie, La Have, Guyot, , voll. in °. M, Voyages, Bordeaux . Maria Giustina Turcotti, soprano, fiorentina, compare per la prima volta nella stagione d’autunno del al S. Angelo di Venezia e vi sostiene- la parte di Leonora nella Cimene di Girol. Bassani e Marco Zucchini; nel carnevale quella di Armida negli Eccessi della gelosia di T. Albinoni e di Giuditta nell’Innocenza difesa di Fortunato Chelleri. Non ritorna a Venezia, sempre al S. Angelo, che nell’autunno del a farvi la parte di Elisa nell’Annibale di Porpora; nel carnevale del quella di Cleofide nell’Alessandro nelle Indie (di G. B. Pescetti su poesia del Metastasio) e di Semiramide nel Nino di Fr. Courcelle: nell’autunno del al S. Gio. Grisostomo quella di Irene nel Bajazet di Andrea Bernasconi e nel carnevale dell’anno seguente quella d’Erisena nell’Alessandro nelle Indie di Gio. Ad. Hasse, di Laddice nel Siroe di Gennaro Manna, d’Aspasia nella J’ai bien pris goût à ces opéras italiens. Il en coute très petit à Florence pour l’opéra. Ce sont des gentilhommes du pays qui s’associent pour en faire un. Comme ils ont de l’argent, qu’ils payent bien, ils ont tout à meilleur marché que ces misérable entrepreneurs. On s’abonne pour un louis pour tout le carnaval. Il gennaio Montesquieu era a Roma, in tempo ancora per vedervi aperti i teatri. Il y a trois théâtres à Rome — egli scrive — le Grand Théâtre appelé de’ Liberti [sic], Capranica, et la Pace, qui est un petit théatre.10 Ils sont toujours pleins. C’est là que les abbés vont étudier leur théologie et c’est là que concourt tout le peuple, jusq’au dernier bourgeois furieux de musique, car le cordonnier et le tailleur est [sic] connoisseur … Ils ont de.très mauvaises danses et ils en sont enchantés. Ils n’ont pas précisément d’idée juste de la danse; ils la confondent avec les sauts et celui qui saute plus haut leur plaît le plus. E altrove accenna ai musici: A Rome les femmes ne montant pas sur le théatre, ce sont des castrati 11 habillés en femmes. Cela fait un très mauvais effet pour les mœurs: car rien (que je sache) n’ìnspire plus l’amour philosophe aux Romains. Naturam expelles furca etc. Il y avoit de mon temps à Rome au théatre de Capranica deus petits chatrés, Mariotti et Chiostra, habillés en femmes, qui étoient les plus belles créatures que j’ai jamais vues de ma vie et qui auroient inspiré le goût de Gomorrhe aug gens qui ont le goût le moins dépravé. Un jeune Anglois croyant qu’un de ces deux étoit une femme en devint amoureux à la fureur et on l’entretint dans cette passion, plus d’un mois. Autrefois le grand duc Cosme avait fait le même réglement par dévotion. Oltre Mariotti e Chiostra, sui cui meriti come artisti però non si pronunzia, Montesquieu udì anche a Roma Farfallino e Scalzi.12 Furono certo gli spettacoli di Roma che gli suggerirono alcuni pensieri notevoli sulla musica: Il est étonnant — scrive nel suo Giornale di viaggio (, ) — que les Français qui sont si inconstants ayent gardé leur musique, qu’ils aiment encore ses anciens airs, les opéras de Lully. Les italiens veulent toujours de nouvelle musique: leurs opéras sont toujours nouveaux. Seroit … ce que leur musique est plus susceptible de donner du nouveau? E nelle Pensées tuttora inedite (, ): Dans mon séjour en Italie je me suis extrêmement converti sur la musique italienne. Il me semble que dans la musique française les instruments accompagnent la voix et que dans l’italienne ils la prennent et l’enlèvent. La musique italienne se plie mieux que la française qui semble roide. C’est comme un lutteur plus agile. L’une entre dans l’oreille, l’autre la meut. Di Napoli, ove passò la primavera del , nessun accenno teatrale; qua e là nel rimanente del viaggio in Italia qualche noterella su certi edifizii teatrali, quello di Fano, il famoso teatro Farnese ecc. ————————— Semiramide di Zornelli e di Fille nello scherzo comico pastorale La ninfa Apollo di A. Bernasconi. Cfr. anche passim, C, I teatri di Napoli. 9 Su Faustina Bordoni, moglie di Gio. Adolfo Hasse il Sassone, cfr. A. N, Faustina BordoniHasse. 10 Cfr. S, La corte e la società romana nei secoli e , pp. -. 11 Rileviamo ancora nel tomo , p. , questo aneddoto, scritto pure nel testo in italiano: «A un castrato che cantava male dicevo: mi farei rendere t… miei» [sic]. 12 Non ho dati su Mariotti, Chiostra e Farfallino. Lo Scalzi cantò per la prima volta a Venezia al S. Giovanni Grisostomo nell’autunno del nel Leucippe e Teonoe, libretto di Pietro Suarez, musica di Antonio Pollarolo; per l’ultima compare (carnevale ) nell’Alessandro nelle Indie, libretto del Metastasio, musica del Sassone. Era riputato tra i migliori, tanto che si fecero pratiche per averlo al S. Carlo. Cfr. C, I teatri di Napoli, p. . Morì, secondo il Fétis, a Genova nella Congregazione dell’Oratorio ove si era ritirato. Fu in Italia quasi contemporaneamente al Montesquieu il celebre avventuriero tedesco, il barone Carlo Luigi di Pöllnitz.13 I brani più interessanti per noi delle sue memorie di viaggio 14 si riferiscono a Venezia ed a Roma. Je ne sçais si j’oserois mettre au nombre des plaisirs de Venise — scrive l’avventuriero (, ) — les musiques des églises. Je crois néammoins qu’oui, parce qu’on y va assurément plus pour satisfaire l’ouïe que la dévotion. L’église de la Pietà 15 est la plus suivie: elle appartient à des religieuses qui ne reconnaissent d’autre père que l’amour. Elles y sont mises fort jeunes: on leur apprend la musique et à jouer de toutes sortes d’instruments: il y en a qui excellent. Actuellement l’Apollonia passe pour la première chanteuse et Anna Maria pour le premier violon de l’Italie. Di Roma il Pöllnitz così descrive (, ) il teatro Aliberti: La salle en est excessivement grande, ce qui fait que les voix s’y perdent. Il y a sept rangs de loges qui sont fort basses et petites, ce qui donne un air de poulailler à la salle. Le parterre contient neuf cent personnes commodément assises. Le théâtre est grand, fort élevé et a des belles décorations: mais les changements de scènes ne s’y font pas avec la diligence usitée dans nos spectacles: chacun y place une pièce, néammoins, quand tout cela est rangé, cela a son merite. Les habits des trois premiérs acteurs sont magnifiques; ceux des autres horribles. Les voix sont belles: la musique ordinairement bonne. Les danses ne peuvent se regarder; vous ne sauriez vous imaginer rien de plus affreux. Les femmes sont des hommes travestis par le scrupule, si j’ose le dire, ridicule qu’on a ici de ne point vouloir que les femmes paraissent sur les théâtres: cela fait que l’opéra de Rome est toujours fort inférieur aux autres d’Italie. I musici gli fanno il solito effetto poco gradevole e non si sa spiegare gli entusiasmi dei Romani: Il n’y a rien de plus ridicule que de voir ces demi-hommes faire les femmes: ils n’ont ni air ni grâce: cependant on les applaudit ici comme les meilleures actrices le sont ailleurs. Quoique je sois passionné pour la musique italienne, je vous avoue que je ne laisse pas aussi de m’ennuyer à leurs opéras, lorsque je vois ces mutilés faire le Roland, l’Hercule quelque autre héros de la même espèce: et je m’ impatiente de ne voir jamais que six acteurs, point de machines, point de danses hors des entractes. Il me parait qu’un tel opéra mériteroit mieux le nom de Concert. Del resto le buone voci vanno scomparendo e, secondo il Pöllnitz, tra il e il ’ non ci sono che cinque o sei uomini e tre donne che abbiano qualche fama. Così è per i compositori. È morto Vinci «dicono avvelenato» 16 a Napoli e non rimangono più che il Sassone e Porpora. Tradizionale, anche nel secolo , era nella casa di Baviera l’amore alla musica.17 Non è quindi da far meraviglia che, pur muovendo alla volta d’Italia a compiervi un devoto pellegrinaggio a Loreto, l’elettore Carlo Alberto di Baviera, l’elettrice Amalia sua moglie, Ferdinando suo fratello ed alcuni personaggi della loro corte, facessero qualche strappo al loro programma per assistere a spettacoli musicali. ————————— 13 -. Dopo una gioventù molto avventurosa trascorsa in continui viaggi in cui si mostrò «un vero Proteo, cortigiano, giocatore, scrittore protestante, cattolico, canonico e che so io», finì maestro di cerimonie di Federico , che lo teneva come una specie di buffone di corte. 14 Lettres du baron de Pöllnitz, A Londres, chez Jean Nourre, , e édit., voll. in-°. 15 Sui famosi conservatori di Venezia cfr. W, Catalogo delle opere in musica rappresentate nel secolo in Venezia («Nuovo archivio veneto», , , pp. -). Dal diligente lavoro dell’erudito bibliotecario veneziano, cui gli storici della musica debbono molta gratitudine, ho tolto molte indicazioni sulle rappresentazioni teatrali in Venezia. 16 È noto l’aneddoto della gran dama romana che per vendicarsi del maestro già suo amante lo avrebbe fatto avvelenare a Napoli nel con una tazza di cioccolatte. 17 Cfr. R, Geschichte der Oper am Hofe zu München. Nel giornale di viaggio dell’augusto pellegrino, pubblicato molti anni di poi dall’Oefele,18 si trovano molti accenni a cose teatrali. Giunti appena a Verona la sera del maggio — era, s’intende, stagione di fiere: nous nous masquâmes — scrive il principe — pour aller à l’opéra qui réussit assez bien. Un certain jeune homme nommé Lorenzo Girardi 19 fut celui qui se distingua le mieux, le reste de la troupe était médiocre. La composition de la musique est de Vivaldi: le livre avait le nom de Caton composé anciennement [sic] par le fameux poète Metastase. Le tout ensemble ne laisse pas que de plaire. Mais plus que toute chose la belle structure de ce théâtre qui est un des plus grands de l’Italie où toutes les loges se trouvent avancées de façon que de partout on découvre tout le théâtre et on entend les voix à merveille. A Venezia le impressioni non furono quali si aspettavano da una città tanto rinomata per le belle voci e la magnificenza degli spettacoli. L’opera l’Alvida 20 era «très médiocre, dépourvue de bonnes voix». Naturalmente i principi ebbero la serenata sul canal grande, fecero la visita di prammatica ai conservatori. Alla Pietà le «filles trouvées … ont excellé en toutes sortes, d’instruments: quant aux vois il n’y avait rien d’estraordinaire»; agli Incurabili sentirono la voix de haute-contre d’une nommée Isabella qui surpasse toutes les autres, quoiqu’il y eut encore deux autres excellentes chanteuses. Lasciata «l’agréable Venise en métamorphosant le coureurs de masques en dévots pélerins», non seppero resistere alla tentazione della fiera del Santo a Padova e, trovandosi nell’occasione, «ils sont devenus larrons et ont commencé par les plaisirs différant la dévoction au jour suivant». Lì a Padova sentirono la Siroe 21 col Girardi che l’elettore fece tosto scritturare pel suo teatro di Monaco. Si facevano applaudire accanto al Girardi il basso Pinaci 22 «par rapport à son action»: così la moglie del Pinaci 23 «qui était habillée en homme» ed un’altra donna, la Manzini.24 ————————— 18 Sitzungberichte der Königliche bayerische Akademie der Wissenschaften di Monaco, . Il suo nome si trova anche scritto Ghirardi, Gherardi e Gerardi. Aveva cantato nel Carnevale dello stesso anno al S. Angelo di Venezia le parti di Ciro nel Ciro riconosciuto, poesia di Metastasio, musica di B. Galuppi e d’Artaserse nell’Artaserse Longimano, poesia di Metastasio (riformata da G. Boldini) musica di Gaetano Antonio Pampino. Compare di nuovo a Venezia al S. Samuele nell’Ascensione del nel Gustavo primo re di Svezia, poesia di Goldoni, musica di B. Galuppi, e nell’autunno del nel Tigrane di Giuseppe Arena al S. Gio. Grisostomo. Nel libretto del Tigrane è designato come «virtuoso di S. A. El. di Baviera». Quale «virtuoso di S. M. C.», appare nel libretto dell’Ipermestra, poesia di Metastasio, musica di Gluck (S. Giovanni Grisostomo, autunno ). 20 Il testo dice la Girilta, ma si tratta evidentemente dell’Alvida, poesia di A. Zeno, musica di B. Galuppi, datasi appunto al S. Samuele per la fiera dell’Ascensione del . «Questo è l’Amor generoso — scrive l’Allacci nella Drammaturgia — rappresentatosi l’anno nel teatro S. Cassiano ed ora in gran parte variato dal Lalli». Nel la musica era di F. Gasparini. 21 Era forse quella del Vinci. 22 Gio. Battista Pinazzi o Pinacci «virtuoso del Ser. Pr. d’Armestat [sic]» è menzionato per la prima volta nel libretto degli Equivoci d’amore e d’innocenza, poesia di Antonio Salvi, musica di Francesco Gasparini (S. Gio. Grisostomo, autunno ); poi nel libretto Il più fedel tra gli amici, poesia di Gio. Maria Guizzardi, musica di Michelangelo Gasparini (S. Gio. Grisostomo, autunno ), nel libretto della Nerina, favola pastorale di Pietro d’Averara, musica di A. Pollarolo (S. Samuele, Ascensione ), nel libretto del Candace, drama di D. Lalli e Pietro Pariati, musica di G. R. Lampugnani (S. Gio. Grisostomo, autunno ), e dell’Oronte re de’ Sciti (id. Carnevale ). Il Pinacci cantò il Bajazet di Bernasconi (S. Gio. Grisostomo, autunno ) colla Turcotti e di nuovo con lei l’Alessandro nelle Indie di Hasse e il Siroe di Manna (S. Gio. Grisostomo, Carnevale ). Cantò per l’ultima volta a Venezia nell’Ezio di G. B. Pescetti nel Carnevale del (S. Gio. Grisostomo). 23 Anna Maria Bagnolese Pinacci. Cantò nell’autunno del al S. Gio. Grisostomo nel Farnace di Rinaldo di Capua e nel carnevale del nell’Ottone di Gio. d’Alessandro e nell’Adriano in Siria di Antonio Giaj. La Bagnolese è ricordata anche nelle lettere di Orazio Mann, ministro inglese a Firenze. Parlando dell’apertura della stagione di carnevale - alla Pergola coll’Andromaca, «the very worst opera that ever was heard», il Mann accenna alla Bagnolese ed all’Andriani. Cfr. 19 Nel ritorno da Loreto i principi si fermarono a Faenza dans la maison d’un musicien nommé Bortoletto qui étoit autrefois à mon service. Il nous fit voir sa maison qui était bâtie avec bien du goût. Il fit un peu de musique et nous donna un diner magnifique. Il giugno erano a Bologna e vi sentirono l’opera Siface:25 La musique était fort belle et les décorations magnifiques. Ce n’est pourtant que les hommes qui ont soutenu cet opéra, car pour les femmes il n’y avait pas moyen de les entendre. En voix de soprano le fameux Carestini 26 y brilloit le plus, un musicien de l’Empereur, nommé Salimbeni,27 eut aussi son parti et je puis dire que ce jeune homme me plut infiniment, lequel s’il continue ainsi deviendra un des meilleurs de l’Italie. Però la voce d’un certo Amorevoli 28 a paru l’emporter sur tous. Je puis dire qu’aucun chanteur de basse taille ne m’a pu toucher comme celui là. Il a une agilité étonnante, fait tous ses agréments avec bien du jugement et surpasse encore selon mon goût; le fameux Paita,29 qui était le plus approuvé en Italie. I principi musicomani ebbero anche un’accademia in casa Angelelli:30 Il faut avouer que c’est une des plus belles que nous avions entendu depuis longtemps. Les trois chanteurs de l’opéra y firent des merveilles et Amorevole paraissait dans la chambre encore mieux que sur le théâtre. Un duetto que la Rosa nommée la Bavaroise chanta avec Carestini a merité l’applaudissement général. Cette chanteuse est excellente, quand elle le veut bien et chante très mal quand elle est de mauvaise humeur, ce qui lui arrive le plus souvent. L’elettore la poteva conoscer bene, perché la Schwarzmann, soprannominata in Italia la Bavarese, aveva appartenuto per alcuni anni dal al teatro della Corte bavarese. Un’altra cantante, la Torvoti, si fece pure sentire in quell’accademia: aveva una bellissima voce. Peccato che «la graisse excessive l’empêche de chanter sur le théâtre». Di strumentisti si fecero poi applaudire la Schiantarelli 31 sul clavicembalo, un ————————— D, «Mann» and Manners at the Court of Florence (-), London, R. Bentley and son, , , p. . 24 È probabilmente la Rosa Mancini, «virtuosa della Duchessa di Parma», che trovo a Venezia nella fiera dell’Ascensione del (S. Samuele, Sulpizia fedele, poesia di D. Lalli e Gio. Boldini, musica di Antonio Pollarolo). 25 Di Leo al teatro Malvezzi. Cfr. R, I teatri di Bologna, pp. -. Vi cantarono Giovanni Carestini, Lucia Facchinelli, Caterina Fumagalli, Angiolo Amorevoli, Felice Salimbeni e Natalino Schiantarelli. Nei conti di spese per il Siface, pubblicati dal Ricci (p. ), è notato: «per consumo , di cera per la lumiera, suggeritori, omini alli palchi e banzole e per il principe di Gales ed El. di Baviera £ ,». 26 Giovanni C., detto anche il Cusanino (-). Cfr. Fétis, Riemann ecc. 27 Felice Salimbeni «allievo del maestro Porpora». Così nel libretto della Ginevra, poesia di Antonio Salvi, musica di Giuseppe Sellitti (S. Samuele, Ascensione ). Nel libretto del Cesare in Egitto, poesia di G. B. Bussani, musica di Giminiano Giacomelli (S. Gio. Grisostomo, autunno ) è designato come «all’attual servizio di S. M. CC.». Sul celebre soprano (-) vedi i dizionari biografici musicali più accreditati. 28 È probabilmente Angelo Amorevoli che troviamo per la prima volta menzionato nei libretti veneziani nel . Faceva la parte di Ottone imperatore nella Dalisa, poesia di Nicolò Minato, musica di Gio. Adolfo Hasse (S. Samuele, fiera dell’Ascensione). Cantò all’inaugurazione del S. Carlo nell’autunno . 29 Il nome di Giovanni Paita, genovese, ricorre molte volte dal al nei libretti veneziani. Cfr il Fétis che lo dice tenore, mentre qui l’elettore di Baviera pare chiamarlo piuttosto baritono. 30 Quest’accademia di musica è ricordata dal T, Cronaca, p. v. In casa Angelelli v’era tradizione di buona musica: vi si rappresentò nel la Gara delle Stagioni. Così vi si ebbero spettacoli nel . Cfr. R, I teatri di Bologna. 31 Forse sorella della Natalina, cantante. suonatore di basso di viola, un violinista. «Enfin — conchiude il principe — ce fut une musique parfaite!» u Quadro esatto, brillante, spiritoso e spesso comico dell’Italia del secolo sono le famose lettere del presidente de Brosses.32 Qualunque soggetto tratti, dice un suo biografo, sa istruirci, interessarci e divertirci. Può dunque darci molti ragguagli anche sul teatro musicale negli anni e , data del suo viaggio. «J’ai commencé ici — scrive da Genova il ° luglio — à goûter les plaisirs de la musique italienne». Si trattava, a dir vero, soltanto di una orchestrina d’un teatro di commedia, ché la stagione non era propizia al teatro di opera. Je suis bien outré de voir — scrisse poco dopo da Milano — que ni ici ni en aucune autre ville je ne pourrai voir d’opéra jusqu’au temps à peu près fixé pour notre retour. Mais je suis à l’affut de toutes les occasions de m’en dédommager de sorte que je ne passe quasi poin de jours sans entendre de la musique peu ou beaucoup. Così sente deux religieuses célèbres, qui quoiqu’elles aient la voix belle et qu’elle chantant très bien, m’ont paru fort inférieures à la Vanloo 33 que vous avez sans doute entendue à Paris. Quanto ai soprani, ces voix ne me plaisent pas du tout: à l’exception d’un ou deux tout ce que j’ai ouï m’a paru misérable. Ce n’est pas la peine de troquer ses oreilles contro le droit de piailler de la sorte. De plus leurs récitatifs et leurs airs sont parvenus à un tel point de baroque, qu’ils me feraient revenir bientôt de mon estrème prévention pour la musique italienne par dessus la française, s’ils n’eusseut en soin de me ramener à una manière de penser ordinaire par quelques airs marqués au bon coin, par de symphonies admirables et des chœurs dont on né saurait trop faire l’éloge. Dans les musiques d’église le grand orgue et les cors accompagnent les voix et cela fait un effet beaucoup meilleur que je n’aurais présumé. Je me suis fait beaucoup priser et chérir de principaux musiciens du pays, en criant bravissimo à tout propos et en ménageant on ne peut pas moins leur modestie. In fin di luglio era a Verona; ivi s’aspettava di trovar coltivata intensamente la musica nell’Accademia Filarmonica, ma come molte altre accademie «ils ne font rien de ce qu’ils devraient faire», cosicché furono frustrate le sue speranze di sentire gli accademici suonare il barbito, la citara ed il sistro od eseguire una cantata su parole di Pindaro e con musica di Timoteo. Si consola, visitando il teatro d’opera, allora chiuso, e lo trova meno bello di quello di Mantova, ma più bello di qualunque altro di Francia. A Padova si diletta della conversazione del marchese Poleni, dotto matematico, editore di Vitruvio e possessore di una ricca biblioteca, ma ————————— 32 Le président de Brosses en Italie. Lettres familières écrites d’Italie en et par C. D B, e édition, Paris, Didier et C., , voll. 33 Cristina Somis, figlia del riputato violinista francese Lorenzo, e sorella del più famoso Giovanni Battista. Sposò diciottenne nel gennaio a Torino il celebre pittore Carlo Vanloo e morì a Parigi il aprile . Cfr. D V, I Vanloo in Piemonte, in «Archivio storico dell’arte», . Vi si trovano anche molte preziose notizie genealogiche e biografiche sui Somis. Il DB, Vie de Carlo Yanloo, Paris, , riporta questi versi: Que ne puis-je à ton air, o charmante Christine, Disait Vanloo, joignant ta voix divine, Sur la toile animer ton gosier enchanteur! Mais l’art résiste à mon envie. Avec ta voix, tes grâces, ta douceur L’amour grava ton portrait donc mon cœur, Et je veux que l’Hymen m’en fasse une copie. Della «charmante Vanloo» il De Brosses scrisse pure: «personne ne la surpasse dans l’art de conduir la voix, dans la délicatesse et le goût esquis du chant». ce qui prouve mieux que c’est un galant homme c’est son inclination pour la musique; il m’a fait entendre M. Negri, un virtuosissime joueur d’orgues dont j’ai été assez satisfait et à mon retour à Padoue il m’a promis de me procurer Tartini, célèbré violon et un autre qui ne lui cède pas. Agosto non era certo un momento favorevole per sentir musica a Venezia o almeno musica da teatro, perché del resto il n’ya presque point de soirée qu’il n’y ait académie quelque part: le peuple court sur le Grand Canal l’entendre avec autant d’ardeur que si c’était pour la première fois. Fa conoscenza con Vivaldi 34 e questi diventa tosto uno dei suoi più intimi amici «pour me vendre des concertos bien cher», aggiunge il mordace borgognone. Non n’è in fondo scontento perché ce que je désirais était de l’entendre et d’avoir souvent de-bonnes récréations musicales: c’est un vecchio, qui a une furie de composition prodigieuse. Je l’ai ouï se faire fort de composer un concerto, avec toutes ses parties, plus promptement qu’un copiste ne le pourrait copier. J’ai trouvé, à mon grand étonnement, qu’il n’est pas aussi estimé qu’il le mérite en ce pays ci, où tout est de mode, où l’on entend ses ouvrages depuis trop longtemps et où la musique de l’année précédente n’est plus de recette. Tutta l’ammirazione è per il famoso Sassone: Je l’ai ouï chez lui aussi bien que la célèbre Faustina Bordoni, sa femme, qui chante d’un grand goût et d’une légèreté charmante mais, ce n’est plus une voix neuve. C’est sans contradit la plus complaisante et la meilleure femme du monde, mais ce n’est pas la meilleure chanteuse. Scrive altrove il De Brosses «L’affollement de la nation [veneziana] pour cet art est inconcevable» e lo dimostra dando anche molti ragguagli della «musique transcendante des hopitaux» ossia dei famosi «conservatorî». Le ricoverate cantano e suonano «comme des anges». Non c’è nulla di tanto piacevole a vedersi, aggiunge, d’une jeune et jolie religieuse en habit blanc, avec un bouquet de grenades sur l’oreille, conduire l’orchestre et battre la mesure avec toute la grâce et toute la précision imaginables. Leurs voix sont adorables pour la tournure et la légèreté; car on ne sait ici ce que c’est que rondeur et sons liés à la française. La Zabette des Incurables est surtout etonnante par l’étendue de sa voix et les coups d’archet qu’elle a dans le gosier. Pour moi, je ne fais aucun doute qu’elle n’ait avalé le violon de Somis. C’est elle qui enlève tous le suffrages et ce serait vouloir se faire assommer par la populace que d’égaler quelque autre à elle. Mais écontez, mes amis, je crois que personne ne nous entend, et je vous dis à l’oreille que la Margarita des Mendicanti la vaut mieux et me plaît davantage. Il De Brosses frequenta più d’ogni altro la Pietà «le premier pour l’exécution des symphonies». Alla Pietà: quelle rondeur d’exécution! C’est là seulement qu’on entend ce premier coup d’archet si faussement vanté à l’Opéra de Paris. La Chiaretta, serait surement le premier violon de l’Italie, si l’Anna Maria des Hospitalettes ne la surpassait encore. J’ai été assez heureux pour entendre cette dernière qui est si fantasque qu’à peine joue-t-elle une fois en un an.35 Ripassando da Padova De Brosses ebbe poco dopo occasione di sentir Tartini: C’est tout ce que j’ai ouï de mieux — ne scrive tosto — pour l’extrème netteté de sons dont on ne perd jamais le plus petit et pour la parfaite justesse. Son jeu est dans le genre de celui de Le Clerc 36 et n’a que peu de brillant: la sintesse du toucher est son fort. ————————— 34 Antonio Vivaldi, detto il Prete rosso, famoso violinista. Sono noti gli aneddoti sulla sua grande fecondità musicale. 35 E altrove (, pag. ) dell’Anna Maria dice: «pour la grande exécution et pour être chef de meute à la tête d’un orchestre je crois que la fille de Venise ne la cède à personne». 36 Meglio Leclair (-), uno dei capi della scuola francese di violino, distintosi anche come compositore. Strano a dirsi — galanteria a parte — il De Brosses tende a preferire «a tous autres égards» l’Anna Maria a Tartini. Del quale fa questo ritratto che non doveva risponder troppo alla realtà: Ce garçon qui n’était pas fait pour ce métier là et qui s’y est vu réduit après avoir été abandonné par ses parents pour avoir fait un sot mariage tandis qu’il étudiait à l’université de Padoue est poli, complaisant, sans orgueil et sans fantaisie: il raisonne comme un ange et sans partialité sur les différents mérites des musiques francaise et italienne. Je fus au moins aussi satisfait de sa conversation que de son jeu. Je ne fus pas moins content du jeu excellentissime, sur le violoncello, d’un abbé Vandini qui était avec lui. Il nostro presidente trascorse il settembre a Bologna. Non era stagione da teatri ma per fortuna era di moda anzi «le plus essentiel de tous le devoirs» di andare tre volte per settimana al teatro di S. Giovanni di Persiceto.37 Se fosse stato in città non ci sarebbe andato nessuno «cela serait trop bourgeois», ma siccome era fuori il est du bon air d’y être exact. Dieu sait si les petits maîtres ou petites maîtresses manquent de mettre quatre chevaux de poste sur [sic] une berline et d’y voler de toutes le villes voisines comme à un rendez vous. C’est presque le seul opéra qu’il y ait maintenant en Italie, où l’on n’en fait guère que le Carnaval. Pour un opéra de campagne il est assez passable. Ce n’est pas qu’il y ait ni chœurs, ni danses, ni poëme supportable ni acteurs: mais la musique italienne a un tel charme qu’elle ne laisse rien à désirer dans le monde quand on l’entend. Si capisce l’entusiasmo del De Brosses. Sentiva per la prima volta uno dei più squisiti capolavori dell’arte italiana: la Serva Padrona, del divino Pergolese. Si dava negli entractes da un bouffon et une bouffonne d’un naturel et d’une espression comiques qui ne se peuvent ni payer ni imaginer. E tale era la vis comica dei due artisti che il De Brosses esce a dire: Il n’est pas vrai qu’on puisse mourir de rire; car à coup sûr j’en serais mort, malgré la douleur que je ressentais de ce que l’épanouissement de ma rate m’empêchait de sentir, autant que je l’aurais voulu, la musique céleste de cette farce. Elle est de Pergolèse. J’ai acheté sur le pupitre la partition originale, que je veux porter en France. L’entusiasmo del De Brosses era condiviso dal pubblico, specialmente femminile: Au resto, les dames se mettent là fort à l’aise, causent ou pour mieux dire crient pendant la pièce, d’une loge à celle, qui est vis à vis, se lèvent en pied, battent des mains, en criant bravo! bravo! Pour les hommes il sont plus modérés: quand un acte est fini et qu’il leur a plu ils se contentent de hurler jusqu’à ce qu’on le recommence. Altra impressione musicale bolognese fu per il De Brosses il violinista Laurenti,38 ma quantunque Bologna sia «le grand séminaire de la musique de l’Italie» non potè accorgersene gran fatto. Nous sommes mal tombés: la Cazzoni 39 est à Vienne, la Pernozzi 40 et Caffarello sont allés en Espagne pour le mariage de l’infant et Farinelli, le premier châtré de l’univers, y ————————— 37 Il De Brosses dice solo che il teatro di cui parla era a quattro leghe da Bologna. Ma che fosse quello di S. Giovanni in Persiceto si desume dalla Cronaca musicale del B, serbata nella Biblioteca universitaria di Bologna (t. , c. ): «Su questo teatro Formagliari si rappresentarono li ridicoli intermezzi in musica intitolati La serva padrona, i quali si rappresentavano nel passato settembre nel castello di S. Giovanni». Sul teatro di S. Giovanni in Persiceto nessuna notizia ho potuto trovare nel R, I teatri di Bologna, né fu concesso favorirmi al dott. Ludovico Frati, cui debbo la cortese comunicazione dell’estratto della cronaca Barilli. 38 Girolamo Nicolò (†) violinista a S. Petronio. 39 È certo la Cuzzoni-Sandoni (-), parmigiana, virtuosa della gran principessa Violante di Toscana, nota per le sue rivalità a Londra colla Bordoni. Comparve per la prima volta sulla scena al Formagliari di Bologna nell’Alarico re dei Goti di G. B. Bassani in giugno . Cfr. Fétis, Riemann, Ricci, ecc. est établi pour toujours. Il a soit de roi soit de la cour, lui alimenté, desaltéré, porté, plus de liv. de rente. E come mot de la fin scocca una delle sue spiritose arguzie: cela s’appelle vendre ses effets un peu cher, sans compter que le roi a anobli lui et sa posterité. Di Firenze il De Brosses ricorda le «conversazioni» splendide per apparato, eleganza degli invitati e rinfreschi, ma che gli sarebbero piaciute poco («ce n’est pas d’aujourd’hui que j’ai reconnu que les Italiens n’entendent rien à s’amuser») se non avesse avuto occasione di sentirvi «les deus virtuoses du pays». L’uno Tagnani «petit violon minaudier dont le jeu est rempli de gentilesses assez fades». Di lui nota che accompagna perfettamente e che il a inventé une clef aux violons faite comme celle des flûtes qui s’abaisse sur les cordes en poussant le menton et fait la sourdine: il a aussi ajouté, sous le chevalet, sept petites cordes de cuivre et je ne sais combien d’autres miévretés. L’altro è il famoso Veracini,41 le premier ou l’un des premiers de l’Europe: son jeu est juste, noble, savant et précis mais assez dénué de grâce. C’era anche un altro che suonava la teorba e l’archiliuto «aussi bien que possible», il che lo convinse «qu’on n’avait jamais mieus fait que d’abandonner ces instruments». Da Firenze seguiamo subito a Napoli il nostro arguto borgognone che riserba pel viaggio di ritorno le sue impressioni musicali, romane. «Nous avons eu quatre opéras à la fois sur quatre théâtres différents». Erano, avverte il Croce,42 il San Carlo, i Fiorentini, il Nuovo e quello della Pace. Il De Brosses però non parla che della Partenope di Sarro,43 sentita al San Carlo, e della Frascatana di Leo forse ai Fiorentini. ————————— 40 È probabilmente Anna Maria Peruzzi, detta la Parruchierina, virtuosa della serenissima principessa ereditaria di Modena. La brevissima notizia del Fétis è piena di spropositi; secondo il F. la Peruzzi avrebbe soggiornato dieci anni a Praga, dal al , nella compagnia al servizio del conte De Sporck. Figura invece nella primavera del nella Forza del sangue del Buini al Marsigli di Bologna, nell’autunno nei Tre difensori della patria del Pescetti al S. Angelo di Venezia, ivi nella Statira e nell’Elenia di T. Albinori e nell’Odio placato di Galuppi (carnevale ), al S. Samuele nella Venere placata di Fr. Courcelle (Ascensione ), al S. Angelo nell’Alessandro nelle Indie del Pescetti e nel Nino di F. Courcelle (carnevale ). Memorabile fu l’esecuzione del Siroe re di Persia del Metastasio, musicato da Hasse, dato al Malvezzi di Bologna nella primavera del . Vi cantò con Farinello, Caffarello e la Tesi-Tramontíni, Anna Maria Peruzzi: ed ebbe lire d’onorario, mentre ne percepivano per uno la Tesi-Tramontini e Farinello, Caffarello. Il gennaio andò in scena al Formagliari di Bologna il Catone in Utica di Metastasio con musica di diversi: vi cantava pure la Peruzzi, che vi diede ancora l’Alessandro nelle Indie dello Schiassi. N’ebbe dal duca di Soria regalo di un nobile anello di diamanti e zecchini la «virtuosa cantarina Anna Peruzzi che portò il vanto sopra gli altri» (B, Zibaldone, , v). Sulla Peruzzi a Napoli nel , che vi cantò all’inaugurazione del S. Carlo, cfr. C, I teatri di Napoli, pp. -, , e passim. V. ’A, Anna Peruzzi e Vittoria Tesi sulla «Lega del bene», , p. . Nel la Peruzzi fu a Madrid per le nozze dell’infante Filippo, poi in Portogallo, ove ebbe per mesi doble e per il viaggio. 41 Veracini (Francesco-Maria) -. Questa notizia del De. Brosses serve a correggere i dizionari biografici che sorvolano sulla vita di lui dopo il , epoca della sua partenza da Londra, oppure, come il Fétis, lo fanno tornare in Italia solo nel . 42 B. C, I teatri di Napoli, secoli -, Napoli, Pierro, , p. . 43 Sarri (Domenico), —? Il Fétis non accenna a quest’opera senile di lui. «Son rimasto oltremodo mortificato in sentir la conferma del poco o niun gradimento di S. M. a rispetto della musica della Partenope. Il compositore Sarro è stato sempremai celebrato; gli è vero però che fiorì in tempo vetusto»; lettera dell’uditore Ulloa, novembre , riferita da Croce, op. cit., p. 346. C’était ici — scrive — le premier grand opéra que nous eussions vu. La composition de Sarri, musicien savant, mais sec et triste, n’en était pas fort bonne mais en récompense elle fut parfaitement executée. Le célèbre Senesino 44 faisait le premier rôle: je fus enchanté du goût de son chant et de son action théâtrale. Cependant je m’aperçus avec étonnement que les gens du pays n’en étaient guère satisfaits. Ils se plaignaient qu’il chantait d’un stile antico. C’est qu’il faut vous dire que le goût de la musique change ici au moins tous les dix ans. Tutti gli applausi erano per la Baratti 45 «nouvelle actrice jolie et déliberée» che recitava da uomo: Circonstance touchante qui n’a peut-être pas peu contribué à réunir pour elle une si grande quantité de suffrages. En vérité elle les mérite même comme fille… Nota poi tra le altre cose il gusto per lo spettacoloso, specialmente a Napoli. Nell’opera Partenope c’era une action de cavalerie effective qui me plut infinement. Les deux maîtres de camp, avant que d’en venir aux mains, chantèrent à cheval un duo contradictoire d’un chromatique parfait et très capable de faire pareille aux longues harangues des hérs de l’Iliade. Ma le sue preferenze sono per la Frascatana: Quelle invention! quelle harmonie! quelle excellente plaisanterie musicale! — esclama — je porterai cet opéra en France. Da quella «capitale du monde musicien» almeno per la musica vocale, perché «l’instrumentale a son règne en Lombardie» viene il De Brosses a Roma, donde furono scritte quasi tutte le lettere, che formano il secondo volume della genialissima sua opera. Qui sempre più abbondante è la materia da spigolare: concerti, oratori, opere ed anzi un intero capitolo sulla musica. A Roma il De Brosses frequenta tra le altre case quella del pretendente al trono d’Inghilterra, Giacomo Stuart. Ivi si dava tutti i venerdì «un concert exquis» e il De Brosses non ne perdeva uno. I due figli di Giacomo erano appassionatissimi per la musica. Il primogenito, Carlo Edoardo, quello che poi fu sconfitto a Culloden e sposò la principessa di Stolberg (la famosa contessa di Albany), suonava benissimo il violoncello; l’altro, il futuro cardinale d’York, «chante les airs italiens — scrive il De Brosses — avec une jolie voix d’enfant du meilleur goût». Un giorno il De Brosses entrò, mentre suonavano il famoso concerto di Corelli, la Notte di Natale, e manifestò rincrescimento di non poterlo sentir tutto. Quando il pezzo fu terminato, il principe di Galles (Carlo Edoardo) ordinò che si ricominciasse dicendo: «Je viens d’ouïr dire à M. De Brosses qu’il serait bien aise de l’entendre tout entier». A Santa Cecilia ebbe occasione di sentire une excellente musique de la composition d’un seigneur Diego, espagnol, qui nous donna le meilleur motet que j’aie entendu de l’année en Italie; surtout les chœurs étaient à enlever. Volle comprare il motetto ma le drôle en demandait cinq cents livres. C’est une misère ici où l’on ne grave ni l’on n’imprime la musique que d’avoir la première copie qui s’en tire. Sentì pure nella medesima occasione il violinista Pascalini che ————————— 44 45 È il celeberrimo soprano Francesco Bernardi detto il Senesino. Forse Maria Teresa Baratti o Baratta che nel (primavera) fu scritturata tra «li migliori cantanti d’Europa, sì di musici che di cantarine» al Malvezzi di Bologna per l’Eumene di Zanetti (cfr. R, I teatri di Bologna, p. ). Nel ricorda il Ricci, p. , traendolo dal Barilli, l’aneddoto della fuga della »virtuosa cantatrice Baratti» con un milord inglese. fit aussi des miracles dans un concerto. S’il n’est pas le premier violon de l’Italie, c’est au moins colui que j’ai jamais entendu le mieux jouer. Quanto al teatro «Dieu marci nous n’en manquons pas». Ce ne sono quattro aperti contemporaneamente, ma le bon air n’est pas d’écouter la pièce, mais bien d’aller de loge en loge faire des visites et baguenauder avec les petites dames. Ciò non impedì a De Brosses di raccogliere tanta copia di osservazioni da dedicare un’intera lettera che occupa cinquanta pagine di stampa del ° volume dell’opera sua al seguente argomento Spectacles et musique. u Vediamo di riassumere brevemente questa parte per noi davvero capitale dell’opera del De Brosses. Punto di partenza della lettera, indirizza M. De Maleteste, è la vecchia questione intorno alla supremazia della musica italiana. Il De Maleteste, già s’intende, è un ammiratore sfegatato della musica francese, il De Brosses invece si afferma subito eclettico. I Francesi, egli dice, non possono pronunziarsi sulla musica italiana, fintanto che non l’abbiano sentita in Italia, oltracciò per poter giudicar bene «il faut être parfaitement au fait de la langue et entrer dans le sentiment des paroles», non separare la musica dalla rappresentazione teatrale. A Parigi sentiamo, aggiunge, «de jolis menuets italiens ou de grands airs chargés de roulades» e, pur rendendo giustizia alla bellezza dell’armonia e del canto sentenziamo che la musica italiana «ne sait que badiner sur des syllabes et qu’elle manque de l’expression qui caractérise le sentiment». Niente di più falso: eccelle invece a tradurre secondo il genio della lingua, tanto quanto la francese, in modo forte o patetico i sentimenti. Questi passi semplici e commoventi sono i più gustati in Italia: le cantanti in Francia non li fanno mai sentire, perché non li capiscono, non li sanno cantare, né alcuno li gusterebbe, parce que le mérite de ces lambeaux arrachés d’une tragédie consiste dans la justesse de l’expression, que l’on ne peut sentir sans être au fait de ce qui a précédé et de la véritable position de l’acteur. Gli è capitato un giorno di trovare dal libraio Pagliarini un «traité des deux musiques, écrit par un français nommé Bonnet»,46 nemicissimo della musica italiana. Ostilità derivante più che altro dall’ignoranza, poiché non sa una parola di italiano e tenta gabellare per capo d’opera della musica italiana «un certain vieux air prétendu italien, io provo nel cuore un lieto ardore, fabriqué en France, à ce que j’estime et répété depuis cinquante ans», facendone pietra di paragone per giudicare il resto. Il musico Menicuccio, trovato il libro sul tavolino del De Brosses, prese a leggerne qualche pagina e rimase stupefatto «de ce comble de déraison», dando occasione al francese di fargli una piccola dissertazione per correggerlo della antipatia che dimostrava riguardo alla musica francese «malgré le petit séjour qu’il a fait en France». Difetto comune, aggiunge il De Brosses, a tutti gli italiani che sono tanto infatuati della loro musica «qu’ils n’imaginent pas qu’il soit supportable d’entendre parler d’aucune autre». Poco mancò, a questo proposito, che il Sassone non venisse per una questione consimile alle mani col De Brosses. Il Sassone, più italiano degli italianissimi ————————— 46 È probabilmente «la comparaison de la musique italienne et de la musique française où, en examinant en détail les avantages des spectacles et les mérites des compositeurs des deux nations, on montre quelles sont les vraies beautés de la musique de Jean Laurent Le Cerf de la Vieville» stampato a Bruxelles nel (a edizione ) e ristampato ripetutamente nell’Histoire de la musique et de ses effets di B et B (Amsterdam, sans date, in-°, vll.). d’allora, non voleva sentir parlare di Lulli, di Campra, di Destouches, di Lalande. Di Lalande sopratutto che il De Brosses vantava superiore, per musica da chiesa, a tutti gl’italiani viventi: Là dessus — citiamo il testo preciso del De Brosses — je vis mon homme prêt à suffoquer de colère contro Lalande et ses fauteurs: il tenait déjà du chromatique: et, si la Faustine, sa femme, ne s’était mise entre nous deux, il m’allait harper avec une double croche et m’accabler de diésis. Interessanti sono pure i ragguagli che il De Brosses dà in quest’importantissima lettera sull’ architettura dei teatri, sulle stagioni teatrali, sulle imprese, sulle orchestre, sui castrati, ecc. Ma son cose in parte già note e troppo andremmo per le lunghe a riassumerle. Contentiamoci di riferire p. es. questo giudizio sui musici: Il faut être accoutumés à ces voix de castrats pour les goûter. Le timbre en est aussi clair et perçant que colui des enfants de chœur et beaucoup plus fort; il me parait qu’ils chantent à l’octave au dessus de la voix naturelle de la femme. Leurs voix ont presque toujours quelque chose de sec et d’aigre, bien éloigné de la douceur jeune et moelleuse des voix de femmes: mais elles sont brillantes, légères, pleines d’éclat, très fortes et tres étendues. Los voix des femmes italiennes sont aussi d’un pareil genre, légères et flexibles au dernier point : en un mot du même caractère que leur musique. Fa poi la rassegna delle voci migliori che abbia sentito in Italia. Di donne la Faustina, la Tesi, la Baratti; di musici Senesino, Lorenzino, Marianini, Appianino, Egizietto, Monticelli, Salimbeni, Porporino «jeune écolier de Porpora, joli comme la plus jolie fille»; il tenore Balbi «la plus haute taille qui se puisse allant aussi haut que Jellyot 47 et fort bon acteur». Quanto al buon gusto del canto nessuno può darne idea più giusta della «charmante Vanloo»: la sua voce è poco estesa, ce ne sono di più belle in Italia, ma «personne ne la surpasse dans l’art de la conduire dans la délicatesse et le goût exquis du chant». Nelle opere italiane ci sono arie di tutti i generi destinate ad esprimere le varie immagini che la musica può rappresentare. Ce ne sono à grand fracas, pleins de musique et d’harmonie pour les voix éclatantes — altre — d’un chant agréable et d’une tournure délicieuse pour les voix fines et sensibles — altre infine — passionés, tendres, touchants, vrais dans l’espression du sentiment de la nature, propres à l’action théâtrale et à faire valoir le jeu de l’acteur. Le arie della prima specie «à grand effet» sono quasi sempre accompagnate da strumenti a fiato, oboi, trombe e corni: cento strumenti a corde ed a fiato sanno accompagnarle senza coprire la voce. Quelle della seconda, sono madrigali; quelle della terza esprimono solo la passione. In queste il maestro non cerca che di rendere con semplicità e forza insieme il sentimento ed ottiene l’ effetto con molto di patetico e di vero. In questa terza categoria il De Brosses mette le arie semplici legate al soggetto in cui eccellono Vinci e Pergolese; le arie che esprimono terrore, alla vista di qualche oggetto spaventoso, come sarebbe quella del Siroe (di Latille) «qui me fit dresser les cheveux à la tête, la première fois que je l’entendis». Quanto al recitativo il De Brosses ci si avvezza ma a fatica; da principio lo trova «baroque et monotone». Se è ben trattato, come qualcuno di quelli di Jomelli, bisogna però riconoscere che per la forza della declamazione e la varietà armoniosa e sublime dell’accompagnamento è oltremodo drammatico «bien au dessus des meilleurs récitatifs français et des plus beaux airs italiens». ————————— 47 Pierre Jéliotte o Jéllyot (-). Fu per molti anni all’Opera di Parigi. «La beauté de sa voix était incomparable» dice il Fétis. L’orchestra in Italia è migliore che in Francia: «ces gens-ci ont tout autrement que nous de justesse et de précision», tant’è vero che si batte il tempo in chiesa, ma non mai all’opera. È poi abilissima nell’accompagnare con molto sentimento delle gradazioni e del chiaroscuro, con grande varietà di strumenti. Nella sonata di violino a solo il De Brosses trova gli italiani inferiori ai francesi: ma nell’esecuzione quelli sono al di sopra: Le jeu français paràit mat et insipide auprès du leur: ce n’est pas que nous n’ayons la main aussi bonne qu’eux sur le manche du violon, c’est la main de l’archet qui nous manque; ils ont mille tournures délicates, mille saillies, en un mot une articulation que nous ne savons pas attraper. Gl’intermezzi buffi sono una delizia, purché la musica sia buona e molto ne eseguita, come il Maestro di musica di Scarlatti, la Serva padrona e Livietta e Tracolo «de mon charmant Pergolese». Le «précieuses» non li stimano e canzonano il De Brosses de mon affolement pour ces farces; mais je persiste dans mon opinion que moins le genre est grave, mieux la musique italienne y réussit. En effet on sent qu’elle respire la gaité et qu’elle y est dans son élément. È inutile riassumere il breve cenno sui conservatori napoletani e sui maestri del tempo: notiamo solo l’ammirazione del De Brosses per l’Artaserse di Vinci e per il recitativo Eccomi al fine in libertà del mio dolor coll’aria Pallido il sole aggiuntavi dal Sassone. Di questo pezzo ebbe copia dal principe Edoardo Stuart e lo tenne prezioso tra le settecento od ottocento arie che fece copiare durante il suo soggiorno in Italia. Di Pergolese sappiamo già quanto il De Brosses fosse ammiratore: C’est mon acteur d’affection. Ah! le joli génie simple et naturel. On ne peut pas écrire avec plus de facilité, de grâce et de goût. Consolez moi dans mon affliction: j’en ai grand besoin; mon pauvre favori vient de mourir de la poitrine à l’agé de ans. Il est mort au milieu des applaudissements que lui attirait son excellent opéra de l’Olympiade 48 qui m’a tant fait de plaisir. Alla lunga dissertazione sulla musica di teatro aggiunge il De Brosses alcune righe sulla musica di chiesa, ricordando la funzione sentita a Santa Cecilia «où un Èspagnol [Diego?] donna un motet de sa composition le plus beau que j’ai ouï en Italie» ed un’altra bellissima datasi a capodanno al Gesù. Non saprebbe dire quali siano attualmente i migliori compositori del genere. Quant à Carissimi, dont vous me faites mention, pour Dieu! gardez vous d’en parler ici, sous peine d’étre regardé comme un chapeau pointu: il y a longtemps que ceux qui lui ont succédé sont passés de mode. Ha sentito magnificare a Venezia les psaumes en langue vulgaire d’un nommé [sic] Benedetto Marcello: ils sont à trois et quatre voix, à basse continue, sans symphonie. Ce que j’en ai ouï m’a paru savant, mais triste et dénué de chant. Prima di lasciare la piacevole compagnia dell’arguto De Brosses, fermiamoci ancora un momento con lui a Milano a sentire un’opera di Leo. A sentire, se fosse possibile, perché il chiasso della platea è tale che è impresa difficile. La pagina è spiritosa se non tutta vera, e val la spesa che la citiamo: Ce n’est point assez que chacun y fasse la conversation en criant du plus haut de sa tête et qu’on applaudisse avec de grands hurlements non les chants, mais les chanteurs dès qu’ils paraissent et tout le temps qu’ils chantent et cela sans les écouter. Messieurs du parterre ont, en outre, de longs bâtons refendus dont ils frappent tant qu’ils peuvent sur les bancs par forme d’admiration. Ils ont des correspondants dans les cinquièmes loges qui, à ce signal, lancent à millions des feuilles contenant un sonetto imprimé à la louange ————————— 48 Il giudizio del De Brosses differisce da quello comunemente seguito. Cfr. Fétis, Riemann, ecc. de la signora ou du virtuoso qui vient de chanter. Chacun s’élance à mi corps des loges pour en attraper. Le parterre bondit et la scène finit par un ah! général comme au feu de la Saint Jean. Vi cantava Salimbeni. A Torino finalmente ricordiamo ancora il concerto datogli dal marchese Senneterre, ambasciatore di Francia, ove sente ancora «de ces charmants airs italiéns, dont on ne veut point d’autres en paradis», sente il violoncellista Lanzetti, i due Besozzi, l’uno oboe, l’altro fagotto, «qui eurent ensemble de petites conversations musicales dont il fallait pâmer d’aise». Sente ancora in casa del conte della Rocca Ezechiello «l’un des bons châtrés d’Italie», e non senza stento Somis che suonò un concerto a posta pour moi et fit une sottise: je serais parti persuadé qu’il était de la première force, au lieu que, quoique bon violon, je le trouvais inférieur aux Tartini, Veracini, Pasqualini, San Martini et quelques autres encore. E con questa impressione lasciò l’Italia. u Un altro magistrato francese, oltre il De Brosses, ci ha tramandato, con minore profondità d’osservazione, con minore arguzia, ma pure assai piacevolmente, i suoi ricordi di un viaggio in Italia compiuto dieci anni dopo quello del De Brosses. È il marchese d’Orbessan (-), presidente «à mortier» del Parlamento di Tolosa, che fu tra noi nel - quando la pace d’Aquisgrana allora conchiusa, assicurando alla penisola un lungo periodo di pace, contribuì a farvi fiorire tra le altre arti la musica. Sentiamo adunque anche il d’Orbessan.49 Partito da Tolosa il ottobre , il d’Orbessan entrò in Italia dalla riviera Ligure. Le sue prime impressioni teatrali sono quindi genovesi. In questa città al teatro Sant’Agostino assiste ad una commedia «ornée de divertissements», una specie di opera buffa, e loda «la symphonie de l’orchestre plus brillante que de coutume». Così per sentito dire, probabilmente, loda le altre «salles de spectacle» di Genova ed in particolare il teatro del Falcone: dont la distribution est bien entendue. Los ornements y sont répandus avec goût, chaque spectateur pouvant y voir commodément sans être à charge à son voisin. A Genova con i compagni di viaggio — di rado si viaggiava soli in quei tempi — il d’Orbessan si aggrega al seguito della duchessa di Parma, Luisa Elisabetta di Francia, figlia di Luigi , che si recava a prender possesso del ducato accordato a suo marito Filippo di Borbone dal recente trattato d’Aquisgrana. A Piacenza nous allâmes à l’opéra, où on representait la Serva padrona de Pergolesi, chef d’œuvre de musique dans son genre: la Perticci 50 célèbre cantatrice exécuta parfaitement son rôle. Specialità del d’Orbessan è la descrizione delle «salles de spectacle». Quindi segue una lunga descrizione del teatro, meno grande di quello di Sant’Agostino a Genova ma contenente palchi più brillanti e più ornati di quelli di Genova e molto più illuminato perchè chaque feuille des coulisses était éclairée de seize lampes à huile de trois mêches, ce qui rendait la lumìère et plus vive et plus égale. — Nota poi: — les symphonistes rangés devant un pupitre isolé à deux faces ainsi qu’à Gênes et dans le reste de l’Italie sans maître de musique qui les dirige, ————————— 49 Il Voyage d’Italie è contenuto nella parte del tomo dei Mélanges historiques, critiques, de physique, de littérature et de poësie del D’O, A Toulouse aus dépans de Birosse, . 50 È forse la Caterina Pertici che cantò a Parma al Teatro Ducale nel nel melodramma giocoso La commedia in commedia. hanno però molta precisione nell’ esecuzione. A Piacenza il d’Orbessan, invitato da M. de Lacombe, intendente della guardaroba del principe, assiste anche ad un concerto. Tutte le signore di Piacenza vi assistevano e d’Orbessan ne nota l’eleganza delle vesti, l’«enbonpoint», ma gli paiono meno serie delle genovesi. La musica del concerto era eccellente; vi furono molta applauditi «les deux frères, Ferrari et Marianna (?)». Di Parma ricorda la rappresentazione di due opere buffe l’Orazio e lo Scolaro alla moda,51 ma si ferma con maggiore lusso di particolari a descrivere il teatro Farnese, descrizione, che possiamo senz’altro tralasciare di riassumere, perché si trova in qualunque guida. Di Reggio, ove giungeva il ° dicembre, in avvento cioè, non può dar ragguagli teatrali, ma di musica sacra. Sente in Duomo una messa «d’une esécution brillante» e vi ammira la bella voce del cantante «Reggino qui réunissoit à la plus grande légèreté le goût et l’expression». «Excellente musique» è una frase che ricorre un po’ troppo nelle lettere del d’Orbessan: a Bologna, a Loreto, a Roma assiste a molte funzioni di chiesa e sempre la frase stereotipata ricompare a dar conto delle sue impressioni. Rileviamo ad ogni modo il ricordo che fa del famoso violoncellista romano Constanzi, di cui ammira «les talents et la précision», e come lo colpiscano a Roma e particolarmente a Napoli le esecuzioni a parecchi cori collocati su diverse tribune. Cinque ne ebbe a sentire alla funzione delle Quarantore a S. Filippo Neri a Napoli. A Napoli è meravigliato della bellezza del San Carlo, della numerosa orchestra (ottanta strumenti) e nota che per quel solo carnevale l’impresa è costata centosessanta mila lire. Monticelli 52 riceve per soli due mesi da quattordici a quindici mila zecchini (?) e canta nel Demofoonte di Metastasio con musica del Sassone. Ricca è la messa in scena, ma i balletti sono eseguiti «par des danseurs détéstables». Dei teatri di Firenze e di Venezia il d’Orbessan dice cose note: rileviamo quindi solo più ciò che si riferisce a Torino. In questa città assistette il giugno alla messa del re ed ammirò la pregiata cappella che contava les plus belles voix et les plus fameux joueurs d’instruments de l’Europe — ed eseguiva musica che — tient le milieu entre la musique italienne et la française.53 Descritto il teatro Regio, ricorda avervi sentito la Vittoria d’Imeneo di Galuppi 54 con la Astrua, Cafarelli. La prima veniva da Berlino e le davano lire (?) per poche rappresentazioni. I cori erano numerosi, le danze perfettamente composte od eseguite, l’orchestra formata coi migliori soggetti, come Veracini, i Somis, i Besozzi, Lancetti, ecc. Con Madame du Bocage, ecco ci si presenta la prima viaggiatrice, utile alle nostre ricerche. Mentre la Colombiade ou la foi portée au Nouveau Monde, poema epico che valse all’autrice molti onori, e tra gli altri un ritratto coll’iscrizione «Forma Venus, arte Minerva», è oggi affatto dimenticata, della Du Bocage che visitò l’Italia dalla primavera del all’estate del - si leggono ancora molto volentieri le spiritose Lettres sur l’Italie.55 ————————— 51 Mancano nel F, Spettacoli drammatico-musicali e coreografici in Parma dal al , Parma, Battei, . 52 Monticelli Angelo Maria (-). Cfr. F, e C, I teatri di Napoli, p. . Erano compagni del Manticelli nella stagione - il secondo soprano Giuseppe Sidoti, il tenore Babbi e la moglie ed altri minori. 53 Cfr. E. G, Una lettera inedita del filosofo Condillac sulla cantante Caterina Gabrielli, in «Archivio storico italiano», , fasc. . 54 La poesia era del B e d’occasione per le nozze di Vittorio Amedeo, duca di Savoia con Maria Antonia, infante di Spagna. 55 Recueil des œuvres de Mme Du B, A Lyon chez les frères Perisse, . Il viaggio è nel tomo . Lasciamo pure da parte i soliti cenni sugli ospizi veneziani ed i loro concerti serafici o le indicazioni sommarie sul teatro in costruzione a Bologna (il Comunale)56 e sull’opera buffa a Firenze ed affrettiamoci colla Du Bocage a Napoli, «le pays des cantatrices». Ad una monacazione, scrive la spiritosa francese: j’eus le plaisir d’entendre Caffarelli, coriphée de deux tribunes de musique. Ces chœurs de vois, placés à droite et à gauche des autels les mieux illuminés donnent l’image des symphonies célestes. Nè c’è da stupire: Napoli non è forse le «centre de la bonne musique»? Difatti dirimpetto al suo alloggio ha «un séminaire d’enfants destinés à n’en jamais produire» e tutto il quartiere risuona ad ogni ora dei loro concerti. Apertosi il carnevale, la Du Bocage, che fino allora s’era contentata delle opere buffe, potè assistere quasi ogni sera nel palco dell’ambasciatore di Francia all’opera seria. Le dà noia l’uso delle visite in palco: Chacun reçoit ses visites, écoute les spectateurs qui l’entretiennent et guère les acteurs. Moi qui ai besoin de beaucoup d’attention pour suivre les paroles, je ferais volontiers trève à la conversation: mais la politesse demande que pour répondre à celles dont on m’honore je renonce aux charmes de la mélodie. Alla pantomima invece silenzio perfetto. Guai quelli che si son perpetuati nei teatri a palchi. La cronistoria del nostro Regio informi! La Du Bocage prestava però qualche maggior attenzione dei suoi compagni di palco e visitatori. Ne son prova le osservazioni in cui esce: Pourquoi les drames de Métastase — ella scrive (p. ) — bien, composés, souvent très intéressants à lire, cessent-ils de l’étre en musique? Serait-ce parce que chaque compositeur en retranche à son gré et oblige le poëte pour se prêter à l’harmonie de trop couper ses couplets? L’expression des passions y manquerait-elle de la mesure nécessaire pour attendrir? ou des tragédies-chantées ne pourraient-elles arracher les larmes? A Roma nel carnevale del ci furono due opere buffe ma una sola seria a causa della malattia del papa. Nelle opere buffe, di cui tace purtroppo il titolo, la Du Bocage sentì Batistini: le joli Batistini qui, déguisé en soubrette, avoit tant de grâce dans son air et dans ses attitudes que le cardinal Vicaire chargé de l’inspection des acteurs lui défendit de jouer sans gants [sic] et de raccourcir ses jupes. Nella settimana santa si commosse al Miserere d’Allegri. Assai curiosi sono pure i ragguagli che la scrittrice ci dà dello spettacolo di fiera a Reggio: La beauté de l’opéra attire un grand concours — essa scrive il maggio — les ballets conduits par Pitrot sont superbes; j’en viens de voir un chinois composé de cinq ou six fois autant de figures et de chars qu’un ballet chinois admiré à Paris. Domanda come mai in una città relativamente piccola si possano far tante spese. Gli impresari, le si risponde, perdono in sei settimane e più lire sull’opera, ma ne guadagnano oltre mila sui giocatori, attratti dalla magnificenza dello spettacolo. A Parma, oltre ad ammirare Manzoli e la Gabrielli 57 che «doués des grâces de la figure, de la voix et de la déclamation» sono l’ornamento di quel teatro e a ricordare il teatro di corte di Colorno «bien décoré et plus grand que celui de Versailles» rende omaggio al genio musicale dell’infante Isabella,58 sotto le cui dita «le violon enchante». u ————————— 56 Fu inaugurato il maggio . Cfr. G R, La cappella regia di Torino (-). 58 Sposò il ottobre l’arciduca Giuseppe d’Absburgo, poi Giuseppe e morì tre anni dopo. 57 Il è un anno fecondo di descrizioni di viaggi in Italia. Dopo la Du Bocage abbiamo l’abate Morellet, dopo l’abate Morellet il Grosley, uno dei più importanti osservatori stranieri delle cose nostre nel secolo . L’abate Morellet (-), che ebbe qualche fama tra i «filosofi» come difensore di Voltaire ed entrò all’Accademia Francese, scrisse la relazione del viaggio da lui fatto in Italia in occasione del conclave tenutosi dopo la morte di Benedetto . È più curioso di scienza che d’arte, tanto che, quando si reca a trovar Tartini a Padova nel dicembre, si compiace più a discuter con lui di acustica che a sentirlo suonare «un capriccio que je trouvais médiocre», perchè «il n’avait plus de doigts et fort peu d’archet». Ma la sua conversazione era vivace e lo dimostrava uomo di «beaucoup d’esprit». Tartini voleva fare accettare dall’Accademia delle Scienze di Parigi il suo sistema sul principio dell’armonia.59 Il Morellet, che non aveva letto l’opera del Tartini, credeva che egli non avesse d’autre prétention que de faire recevoir comme véritable base fondamentale le troisième son qui résonne lorsqu’on en fait entendre deux autres, expérience qui lui appartient. Si accorse invece che il violinista aveva idee molto più vaste: il veut assigner le premier principe physique de l’harmonie; il rejette la coincidence des vibrations et il prétend le trouver dans le rapport de certaines ordonnées à certaines abscisses: il prétend que ce rapport est toujours le même que celui des termes de la proposition harmonique et il prouve en passant que son principe est universel dans l’ordre physique et qu’il est une des clefs du système de l’univers. Temendo che l’Accademia non leggesse il suo lavoro, «qui est fort mal écrit et qui est une énigme perpétuelle», Tartini ne aveva fatto un piccolo estratto di pagine in folio, ma il fisico Morelli di Verona disse a Morellet che «la partie mathématique de l’ouvrage est fort mauvaise». Morellet parlò poi al violinista dell’esperienza di De Lusse, nella quale si sentono risuonare sul cembalo e negli strumenti a fiato diversi suoni che in nessun modo si possono riguardare come gli armonici del suono fondamentale. E Tartini gli disse che dal canto suo aveva fatto esperienze analoghe ed aveva trovato che se si toccano insieme i suoni ut 1 ut 2 sol ut mi sol si sente un mezzo armonico più basso che il suono ut. E per ottenere questo risultato accordava il cembalo per quinte esattamente giuste. Nel suo soggiorno a Roma il Morellet riporta grande impressione dal concerto dato al popolo per la festa di S. Luigi dall’ambasciatore di Francia, Rochechouart. Al palazzo di Francia in piazza S. Marcollo l’ambasciatore avait fait établir un orchestre d’instruments à cordes sur un échafaud dressé au devant de la façade et un autre orchestre d’instruments à vent vis à vis à l’autre côté de la petite place, chacun composé de plus de cent instruments. Il popolino si entusiasmava uscendo in frequenti esclamazioni: «o benedetto, o che gusto, piacer di morire!» [sic] Ma i Francesi — commenta il Morellet — «dépourvus du sens auquel s’adressent les sons et avec des oreilles doublées de maroquin, comme nous le disait Caraccioli, l’ambassadeur de Naples», non ci sentivano che «du bruit». Quando avremo ricordato ancora un cavaliere Litta, che il Morellet conobbe a Milano e gli fornì occasione non solo di sentir ogni giorno buona musica poichè era pure discreto compositore, ma di comporre uno scritto De l’expression en musì- ————————— 59 Lo pubblicò nel a Padova col titolo De’ principii dell’armonia Musicale contenuta nel diatonico genere. Cfr. T, Biografia degli italiani illustri, , -. que,60 potremo passare ad uno dei più importanti fra i viaggiatori che, visitando la penisola, ne ricavarono impressioni musicali, Pierre Jean Grosley. Questo letterato (-), che dalla nativa Troyes, da lui ampiamente illustrata, seppe, caso insolito negli scrittori di provincia, allargar la sua fama ai centri maggiori dello spirito e della coltura francese, venne per la prima volta in Italia come addetto alla Tesoreria generale dei viveri dell’esercito durante la guerra di successione austriaca. Non eran tempi da visitare da artista la penisola,61 ma gliene rimase nell’animo un tal desiderio che appena gli fu possibile ci tornò e, già s’intende, compilò le sue brave observations sui nostri usi e costumi. Le prime edizioni di quest’opera assai notevole vanno sotto il nome di «deux gentilhommes suédois»; nelle altre il Grosley mise il suo nome. Il viaggio comincia dal Piemonte a metà circa del ed abbonda di osservazioni assai giuste framezzate di boutades che non han fondamento nessuno. Dove diamine può, per esempio, il Grosley aver pescato — ed il Lalande poco più tardi gli ruba la peregrina notizia — che «les Turinois sont regardés par les Italiens comme les Gascons de l’Italie»? Ma noi non ci vogliamo occupare di lui che nelle sue relazioni colla musica e, tralasciando di spigolare ciò che di curioso e d’importante si riscontra nell’opera sua su altri argomenti, restringiamoci a metterlo a contributo per quanto si riferisce più direttamente al nostro assunto. Della musica italiana il Grosley ha fin dal suo affacciarsi nella penisola buoni saggi. Nelle prime città che incontra sente suonare il violino «avec tous les harpégements et tous les démanchements»; in chiesa, anche nei villaggi, l’office a tout l’air d’un concert, chacun y chantant sa partie selon la portée de sa voix et l’orgue formant par des sons pleins et soutenus la basse de toutes ces parties. Più si va innanzi e più il gusto si affina, tanto che — similitudine assai curiosa — l’Italia «peut-être comparée à un diapason dont Naples tient l’octave». Il soggiorno più lungo il Grosley lo fece a Venezia, ov’era alloggiato allo Scudo di Francia. A Venezia si legò d’amicizia col Goldoni 62 e collo Scarlatti e passò talvolta con loro giornate intiere. Si terminavano con concerti pubblici e privati, cui il Grosley e i suoi compagni — poichè il nostro, secondo l’uso del tempo, viaggiava in compagnia e forse dei due gentiluomini svedesi cui attribuì la paternità dell’opera sua — erano ammessi sotto gli auspici dell’autor comico e del musicista. Una sera ebbero persino, così racconta, un’opera comica apposta per loro. Le Goldoni et le Scarlatti — citiamo testualmente il Grosley — voulant nous donner une idée de leur théâtre dans une saison où tous les théâtres étaient fermés, avaient pris la peine de rassembler une troupe d’élite, qui dans le sallon du théâtre de Saint Jean Chrysostome nous donna une des meilleures pièces en ce genre. Dobbiamo proprio credergli? Non v’eran teatri aperti, ma musica se ne sentiva dovunque. In piazza S. Marco ove talvolta un homme de la lie du peuple, un cordonnier, un forgeron avec les habits de son métier commence un air: d’autres gens de sa sorte se joignant à lui chantent cet air à plusieurs parties avec une justesse, une précision et un goût qu’à peine rencontre-t-on parmi le plus beau monde de nos pays septentrionaux. ————————— 60 Fu pubblicato nel «Mercure» del novembre e nelle Archives littéraires, t. , p. . Vi si trovano idee ingegnose. 61 Si trattenne nell’Alta Italia negli anni e . Rimangono di questo periodo alcune Lettres sur l’Italie assai spiritose (Œuvres inédites, Paris, , vol. ) e dei Mémoires sur les campagnes de et , Amsterdam, . 62 Il Goldoni però nelle sue Memorie nulla dice in proposito. Meglio ancora nelle comunità religiose e nei famosi conservatori. Mentre visitano ai Servi la tomba di fra Paolo Sarpi toute la jeunesse de la communité était à l’orgue qu’elle touchait alternativement. Comme je leur criais viva et bravo, le plus habile se mit au clavier et me régala de cinq ou six morceaux de différents caractères, tous aussi bien choisis que bien exécutés. Dei conservatori nota come la musica sia la parte capitale d’una educazione «qui parait plus propre à former des Laïs et des Aspasies que des religieuses ou des mères de famille». Comunque siasi, non si può rimanere indifferenti alla musica brillante che vi si eseguisce, specialmente a vespro: Elle est exécutée pour la partie vocale et pour la partie instrumentale uniquement par les filles de la maison que l’on voit à travers la grille garnie d’un crépe léger, se trémousser et se donner tous les mouvements qu’exige l’exécution de la musique la plus vive: le tout presque toujours à l’italienne, c’est-à-dire sans battement de mesure. Un mottetto che sentì il Grosley sotto la direzione di Scarlatti fece poco effetto perchè il maestro «le battait à la napolitaine, c’est-à-dire en employant le levé où les autres italiens emploient le frappé ». Nella chiesa di S. Lorenzo il giorno del santo titolare il Grosley assistette alle funzioni rese più solenni da un’esecuzione musicale monstre. Erano quattrocento tra voci e strumenti sotto la guida del Sassone, compositore, s’intende, della musica: Cet orchestre appliqué au revers du portail, en face de l’autel, embrassoit toute la largeur de l’église qui dans sa totalité forme une espèce de grande salle plus large que longue: il était élevé du sol à la hauteur de douze pieds ou environ et distribué en compartiments systématiques et enjolivés avec goût ainsi que les colonnes qui portoient toute la machine par des rubans, des guirlandes et de la toile bouillonnée. Parecchie file di seggiole che voltavano la schiena all’altare erano disposte in mezzo della chiesa e non furono rimosse nemmeno durante la messa grande che durò la bellezza di cinque ore [sic] «aussi chaudes qu’il étoit possible de les avoir à Venise dans le mois d’Août». Le monache, tutte gentildonne, andavano e venivano a due grandi inferriate presso l’altare e facevano conversazione distribuendo rinfreschi a cavalieri ed abati che col ventaglio in mano stavano in cerchio attorno alle inferriate. Il celebrante ed i suoi assistenti stavano quasi sempre seduti, et ayant pour coup d’œil le dos de toute l’assemblée suoient et s’essuyoient, paroissant attendre le dîner avec la plus vive impatience. Il giorno dell’ Assunta simile spettacolo nella chiesa omonima: Là la musique étoit partagée en deux chœurs qui se réunissoient pour certains morceaux. Toute cette musique malgré la variété et la complication de ses parties s’exécutoit sans battement de mesure. Le compositeur n’est occupé qu’à exciter du gesto ou de la voix comme un général d’armée l’est de ceux qui vont à la charge. I teatri di Roma suggeriscono al Grosley le solite tirate sugli eunuchi e sulle loro voci effemminate. Meglio una voce di donna anche meno perfetta o quella di un fanciullo che quei suoni flautati che escono da corpi «qui leur sont si peu analogues». Non può nascondere però una viva ammirazione per il culto che gli Italiani rendono alla musica. Per loro è una passione, un bisogno: besoin relatif à leur tempérament sur lequel elle agit d’ autant plus délicieusement qu’elle est plus bruyante. Ed a riprova di questo suo giudizio riporta una conversazione avuta con un prelato durante una festa in onore della promozione del cardinale Priuli data dal principe di Viana. Davano concerto i migliori musici di Roma. Lo sconosciuto prelato, presso il quale sedeva il Grosley, gli chiese quali fossero le sue impressioni: Je lui répondis — scrive il nostro autore — qu’à en juger par le plaisir qu’elle paroissoit faire aux connoisseurs je la croyois excellente, mais que je n’en entendois que le bruit. — J’aime la franchise de votre aveu, me dit le prélat en souriant, mais prenez patience: dans cinq ou six mois vous commencerez à sentir de la mélodie où vous n’entendez que du bruit. Vous étes à cet égard comme un homme qui ayant vécu dans un souterrain passeroit subitement au grand jour. Les yeux éblouis n’aperceveroient rien et ils ne parviendroient que par degrés à démêler les objets et à les distinguer. — Mais, lui répliquai-je, si vos virtuoses visent plus au bruit qu’à l’harmonie … C’est à cela précisément que vous reconnaîtrez les mauvais. E qui il buon prelato gli raccontò un aneddoto del celebre Tartini. A detta sua, i migliori virtuosi d’Italia non si sentivano consacrati famosi, fintantochè non fossero stati giudicati dal grande violinista di Padova. E per ottenere un giudizio favorevole spiegavano: tous les tours d’adresse, de force et de souplesse: leurs doigts, volent, leur archet pétille et lorsqu’ils ont fini: «Cela est brillant — dit froidement Tartini à la plupart — cela est vif, cela est très fort, mais cela ne m’a rien dit là, ajoute-t-il en portant la main à son coeur». Un’altra volta il Grosley si trovò in una conversazione ove si affettava di riguardare la musica francese «comme une prononciation aussi mauvaise que choquante d’une langue que les Italiens seuls savent parler». Essendo sopraggiunto un magistrato francese che soggiornava allora a Roma, il Grosley lo pregò di cantare qualche aria francese. Il magistrato cantò l’aria Du Dieu des cœurs on adore l’empire, e la cantò «avec l’air, le goût et les agréments des meilleurs chanteurs de Paris». Il Grosley credeva d’averla spuntata, poiché les enchaînes de cet air excitoient dans nos Italiens un trémoussement que je regardois comme une expression d’admiration et de plaisir. Ma quale non fu il suo stupore allorché, terminata l’aria, vide gli uditori giunger le mani ed alzare gli occhi al cielo e li sentì recitare in tuono sordo e lamentevole il versetto: Et secacudum multitudinem miserationum tuarum dele iniquitatem meam. Ils vouloient dire — chiosa il Grosley — que dans l’air qu’on venoit de leur chanter ils n’avoient entendu que le verset du Miserere. Et en effet tous les mouvements d’admiration que les enchaînes m’avoient paru leur arracher, les ayant pressés de s’expliquer, ils me protestèrent que j’avais pris pour admiration ce qui n’étoit qu’indignation excitée par l’ennui porté à son dernier période. Napoli è, secondo il Grosley, il centro della musica in Italia, ma si risente «un peu, ainsi que les autres arts, du goût du terroir pour le capriccioso et le stravagante». L’opera di Napoli è lo spettacolo più brillante, più grande, più magnifico dell’Italia e senza contrasto di tutta Europa; è variato da marce, battaglie, trionfi. Truppe numerose, cavalli riccamente bardati, agili schermidori, tutto contribuisce a dar l’illusione della verità. L’opera di quella stagione era il Demofoonte di Metastasio messo in musica dal Sassone.63 Tutta Napoli l’alzava alle stelle, giurando e spergiurando che nessun maestro aveva mai trattato così eccellentemente tale noto soggetto. Veniva in particolar modo applaudito il duetto che termina il second’atto: mais les larmes se mêlent aux applaudissements dans l’ariette connue: Misero pargoletto! que Timante adresse à son fils qu’il tient dans ses bras. L’expression de cette ariette étoit celle de la nature. Les François présents à ce spectacle oublièrent eux mêmes l’air gauche du soprano qui remplissoit le rôle de Timante et la dissonance de sa voix avec l’énormité de sa taille, de ses bras, de ses jambes pour mêler leurs larmes à celles des Napolitains. Fioccavano naturalmente i bis ed allora: ————————— 63 Vi cantavano il Babbi, Tommaso Guarducci, Carlo Ambrogio, la prima donna Caterina Gallo, Francesca Gabrielli e Maddalena Valle. l’orchestre revient au prélude, le castrat se promène circulairement et reprend l’ariette. Cela se répète quelques fois jusqu’à cinq ou six fois et c’est dans ces reprises que le chanteur épuise toutes les ressources de la nature et de l’art par la variété des nuances qu’il répand sur les tons, sur les modulations et sur tout ce qui tient à l’expression. Quelque légères que soient ces nuances aucune n’échappe aux oreilles italiennes; elles les saisissent, elles les sentent, elles les savourent avec un plaisir, appelé l’avant goût des joies du Paradis. Il Grosley termina le sue osservazioni sull’Italia con una lunga dissertazione intitolata Essai d’histoire comparée de la musique italienne et de la musique française (, pp. -), che fu tradotta dall’Hiller ed inserita nei nn. - dei Woechentliche Nachrichten und Anmerkungen der Musik () e gli valse pure una breve menzione nella Bibliografia del Lichtenthal e nel Dizionario del Fétis. Vi ribadisce le osservazioni fatte nella descrizione del viaggio con qualche pizzico di erudizione ed esce in qualche giudizio meritevole di esser ricordato, come p. e. il seguente sull’organo in Italia: Chaque note s’y fait sentir distinctement et le jeu plein, mâle et sévère répond à la majesté des lieux où cet instrument est admis. Il fait comme la basse continue de la psalmodie et joue ensuite sa partie, piano, sans la broder ni l’allonger par d’inutiles fredons dans les pièces mêmes où le champ lui est abandonné. Ceux qui ont entendu à Rome ou à Naples quelques-unes de ces musiques que l’orgue donne à l’Élévation en parlent comme de pièces composées et exécutées dans cette noble simplicité qui caractérise le sublime et qui l’accompagne toujours. u Alla «colluvie di settentrionali» che veniva a passare alcuni anni «d’ineducazione» nell’Accademia di Torino, ove l’Alfieri dal «terzo appartamento» sdegnoso guardava al «primo appartamento», teatro di sfacciate preferenze usate ai paggi di corte ed agli allievi forestieri, appartenne Edmund Rolfe, di Heacham Hall nella contea di Norfolk. Il suo Continental Dairy 64 o, come l’intitola il recente editore E. Neville Rolfe, console britannico a Napoli, pronipote dell’autore, Old world journey [Viaggio del buon tempo antico], ci dà preziosi ragguagli sulla vita dell’Accademia torinese, e qui non è il luogo di occuparsene,65 ma ci porge pure notizie non trascurabili sugli spettacoli cui assistette a Torino ed in diverse altre città. Ce lo ricorda anche l’Alfieri nella sua mirabile autobiografia, complemento necessario del soggiorno all’Accademia era il viaggio d’Italia. Del teatro Regio di Torino pare che il Rolfe fosse piuttosto assiduo frequentatore. Lo descrive minutamente, insistendo in particolar modo sulla praticità di certa macchina per trasportare cavalli e carri al piano della scena, come pure sui mezzi usati per allungarla. Così nella stagione di carnevale del potè vedervi rappresentata una battaglia in cui v’era uno squadrone di circa cavalli che assalivano e si ritiravano con tanta regolarità che parevano in piazza d’armi. Si rappresentava allora l’opera Tigrane.66 Altri teatri ricorda, ma più per l’architettura che per gli spettacoli. Fu a Parma nel settembre ed ottobre del per il matrimonio dell’infante Isabella coll’arciduca Giuseppe d’Absburgo, poi Giuseppe , la violinista di cui ci parla la Du Bocage, e vi assistè «ogni sera ad un bellissimo spettacolo d’opera». In aprile s’avviò a ————————— 64 E. N-R, Naples in the Nineties, Naples, Emil Prass, . È una descrizione arguta e vivace dei costumi napoletani contemporanei, cui 1’A. aggiunse la pubblicazione del diario del suo antenato. 65 Cfr. un mio articolo sulla «Stampa» di Torino, ottobre : Un compagno d’Accademia di Vittorio Alfieri. 66 Di Piccini. Vi cantavano Maddalena Parigi, Teresa Mazzoli, Pietro De Mezzo, Gaetano Guadagni, Carlo Nicolini, Antonio Gotti. Venezia, dopo aver passato l’inverno all’Accademia e, fermatosi a Verona, ne frequentò il teatro. Gli piacque moltissimo: non è molto grande, ma molto grazioso. Ne ho visti pochi che mi siano piaciuti tanto: quanto alle voci, che è l’articolo principale, non posso dire altrettanto. Si trattenne per l’Ascensione a Venezia, ma si contenta di dire che i veneziani vanno matti per l’opera, più di tutti gli altri Italiani; per la fiera fu a Vicenza e di nuove a Parma. A Parma rimase parecchio tempo «on account of the Opera» che per le sue decorazioni, la musica e i balli è uno dei migliori teatri d’Italia. Secondo l’uso francese — scrive il Rolfe — le danze burlesche sono abolite e non mi par dubbio che di qui a qualche anno queste danze triviali [low dancing] non compariranno più che nell’opera buffa. Presentemente Parma è una specie d’Accademia per formare ballerini e presto potrà fornire a tutta Italia i migliori ballerini che ora vengono da Parigi. Ed aggiunge questo particolare che ha il suo pregio: Qui ogni cosa è più cara che altrove: per un forestiero l’ingresso a teatro è di tre lire di Piemonte, mentre gli abitanti pagano soltanto quindici soldi della stessa moneta. Il luglio partiva per Reggio, ove risiedeva la corte durante la fiera, perchè v’era «un’opera molto buona, ma non però uguale a quella di Parma». E di là si spinse fino a Napoli, visitando molte città dei cui teatri nulla dice, salvo di Lucca. Vi si trattenne nell’autunno del e nota che quella stagione d’opera «seldom fails of drawing many foreigners», era un richiamo dei forestieri. u Spicca tra i visitatori stranieri d’Italia nella seconda metà del settecento l’abate Gabriel François Coyer (-), se non per altro per la curiosa particolarità di aver compiuto tutto il lungo viaggio col proprio legnetto guidato da un cavallo proprio. Così raccolse materia da dare anche lui alle stampe il suo Voyage d’Italie,67 scritto sotto forma di lettere indirizzate ad una «respectable Aspasie». Era il vero tipo dell’abate del secolo : le sue descrizioni d’Italia ricordano per certi riguardi le sue Bagatelles morales, ma le osservazioni più profonde richiamano piuttosto alla mente il suo libro sulla Noblesse commerçante. Comunque è un abate spregiudicato nonostante sia poco lontano dai sessant’anni e, come loda le veneziane «d’une belle carnation et d’une taille svelte», così parla, en connaissance de cause, di materia teatrale. Possiamo quindi prender lui per Cicerone per gli anni e . Entrato in Italia dal Moncenisio, si fermò, com’è naturale, a Torino. Visitò il teatro Regio e lo descrive «d’une grandeur dont les nôtres n’approchent pas». Non vi assistè però a spettacoli, perché non si era ancora di carnevale, e si dovette contentare de l’opéra comique, de ses bouffons ou leurs semblables qui ont donné tant de plaisir et d’humeur à notre bonne ville de Paris. Sentì la Guadagni, «charmante actrice à qui on a crié bien des fuora»; Pugnani,68 «que vous avez admiré à Paris, plaisait à son ordinaire». Nota che non vi sono guardie in teatro: ces gens-là veulent approuver ou siffler selon ce qu’ils sentent: ils veulent être-libres pour leur argent. À mesure que j’avance — scrive da Milano l’ ottobre — les théâtres s’agrandissent. Celai de Milan est plus grand que colui de Turin. ————————— 67 68 Voyage d’Italie, voll. in-°, Paris, Duchesne, -. Il celebre violinista. Era quello, sorto nel palazzo ducale sulle rovine del vecchio bruciato nel e pur esso destinato a rimaner preda di un incendio il febbraio .69 La forme de la salle en quarré long est peu favorable aux spectateurs. Les loges appartiennent en propre à tel ou tel. Chacun éclaire la sienne, la tapisse à son gré, y met des glaces, en fait un cabinet d’assemblée: mais en l’absence du propriétaire elle reste fermée da côté des spectateurs. Cela est-il mieux que de voir l’intérieur d’une loge vide? C’est un problème que je vous donne à résoudre. A Milano sentì la célèbre Paganina que Londres et Berlin ont admirée. On a bien crié des fuora. Ces fréquents bis pour des ariettes assez longues allongent beaucoup les spectacles. Provano ad ogni modo che «les Italiens aiment les acteurs beaucoup plus que nous ne les aimons»: infatti non si contentano di applaudire ma «il crient en nommant brava Paganina, bravo Grazioli, che viva Cespi». Al teatro di Milano vide «autant d’ecclésiastiques que de laiques», ma nessuno se n’adontava. Da Bologna scrive entusiasmato: Vous êtes trop jeune pour avoir entendu le chevalier Broschi lorsqu’il enchanta Paris et Versailles sous le nom de Farinello.70 Sur la foi de la renommée j’avais toujours regretté cette bonne fortune. Je l’ai entendu: mes oreilles en sont encore pleines. Dove lo sentì? anzi è possibile che lo sentisse? Farinelli, tornato di Spagna, non cantò più in pubblico e quasi mai in privato. Capitò a Roma all’aprirsi del carnevale del . Vous sentiriez-vous assez de courage — scrive appunto da Roma — pour essuyer cinq heures d’opéra? En France nous y allons pour entendre et suivre la pièce: ici c’est pour la conversation ou pour se visiter de loge en loge: on n’écoute ou on ne s’extasie qu’à l’ariette. Il est vrai qu’on ne perd guère à la psalmodie du récitatif: mais les beaux vers de Métastase sont aussi perdus… Je vous ai dit que l’on n’écoutait que l’ariette. Je me trompe: on prête aussi son attention aux récitatifs obligés plus touchants que les ariettes, qui vont rarement au cœur. L’opera buffa è non meno frequentata dell’opera seria. Uguale «fureur des spectacles» trova a Napoli dove pur regna la carestia, ma «la bonne compagnie n’a pas encore faim». Il teatro dell’opera presenta uno splendido colpo d’occhio, specialmente «lorsque le roi l’honore de sa présence, ce qui arrivo tous les dimanches». La «pièce du jour» è la Didone abbandonata,71 colla famosa Gabrielli che fa la sua parte con tanta verità qu’il faut que le pieux Énée ait bien de la dévotion pour résister aux charmes de sa voix et de sa figure. Ad una monacazione sente Cafariello che «tâchait de soutenir sa gloire»; la musica eseguita era «on ne peut plus jolie». Ma a Roma, per compenso, del Miserere d’Allegri dice che «ce sont des gémissements qui déchirent le cœur».72 Frequenti sono nei due volumi del Coyer le considerazioni sullo stato della musica e non manca in fine il suo bravo parallelo tra la musica francese e l’italiana, uno degli argomenti più triti di quel tempo. Ci contenteremo di riferire qualche giudi————————— 69 Cfr. C, Storia di Milano, , - e , -. Nell’inverno del -. Piacque perfino a Luigi che non amava la musica e particolarmente la musica italiana. 71 Del Traetta. Cfr. A, La più famosa delle cantanti italiane nella seconda metà del Settecento (Caterina Gabrielli), Milano, Ricordi, ; e C, I Teatri di Napoli, p. . 72 Sulla musica nelle chiese notiamo questo accenno da Loreto: «Parmi les cantiques il y en a un qui est indiqué dans le livret de dévoltion à l’usage des Français sur l’air des folies d’Espagne ». 70 zio più curioso. La musica da Torino a Napoli va sempre perfezionandosi; a Napoli tocca il colmo. Molti vi sono i conservatori che forniscono di soggetti tutta l’Europa. Più che altrove a Napoli la musica ha « une occupation continuelle», nei teatri, nei concerti pubblici, nelle case patrizie, nelle chiese, perché «les Napolitains vivent plus par les oreilles que par les autres sens». E così dal più al meno in tutta Italia: Les violons, la harpe, le chant nous arrêtent dans les rues. On entend sur les places publiques un cordonnier, un forgeron, un menuisier chanter une aria à plusieurs parties avec une justesse, un goût qu’ils doivent à la nature et à l’habitude d’entendre des harmonistes que l’art a formés. u «L’indigesta filza di epistole che si fingono scritte da inviati cinesi in Europa e compongono i sei volumi dell’Espion chinois 73 — sono, a giudizio dell’Ademollo74 — piene di acrimonia così stupida, figlia di un’ignoranza così crassa e d’un’ostentazione di disprezzo così buffonesca» contro la nostra musica teatrale, che non meriterebbero di esser citate, se il famigerato cavalier Goudar, loro autore, non avesse avuto il suo quarto d’ora di celebrità, illudendosi di riformare il gusto in Italia col gridare «il delenda Carthago contro il melodramma italiano». Contentiamoci di darne qualche saggio: Le Roi de Sardaigne — scrive nella lett. da Torino (tomo , pag. ) — passe pour avoir la musique la mieux entendue et on conclut de là que c’est un grand prince: par la raison qu’il sait se procurer une modulation parfaite et que l’harmonie dans l’administration forme une grande partie de l’art de régner. Il y a aussi un opéra italien à sa cour: mais je ne trouve pas que ce soit la meilleure pièce de sa musique. À l’opéra français on parle sans chanter, à celui d’Italie on chante sans parler. Un amant y fait une déclaration d’amour à sa maîtresse avec une seule voyelle qu’il roule pendant un quart d’heure dans sa bouche. Au spectacle du Palais Royal ou gagne des insomnies, à celui de Turin on tombe dans des assoupissements. Les spectateurs y ont cet avantage qu’ils y sont aussi tranquillement que dans leurs lits: on y dormiroit paisiblement pendant les trois actes que dure l’opéra si on n’étoit réveillé de temps en temps par le bruit des ariettes. A Milano, come a Torino, si vedono sulla scena deux ou trois châtrés qui vont, qui viennent et qui d’une voix efféminée chantent gaîment leur martyre. A Venezia ci sono quattro «spectacles divins», i conservatorî, dove «à peu de frais on peut se donner ce saint divertissement». Nella lettera da Bologna (tomo , pagina ) vi è una pagina non priva di verità sulle condizioni della musica sacra: J’alleis dernièrement — scrive il finto chinese — à ce qu’on appelle ici une grand’ messe en musique. En entrant dans l’église je crus d’abord étre à l’opéra: du moins il n’y a aucune différence quant à la composition. Entrées, symphonies, menuets, rigaudons, airs à voix seule, duos, chœurs, accompagnements de tambours, trompettes, timbales, cors de classe, hautbois, violons, fifres, flageolets, en un mot tout ce qui sert à former l’harmonie d’un spectacle se trauvoit employé à celui-ci: C’étoit un chef d’œuvre d’impiété. Quand le compositeur auroit fait une messe pour la déesse de la volupté il n’auroit pu employer des sons plus tendres ni des modulations plus lascives… Il y a surtout un hymne adressé à la Divinité, dont le premier verset commence par ces mots latins Tantum ergo, qui est toujours très divertissant. Il est d’abord question d’un adagio tendre et voluptueux qui dispose l’âme à la tendresse. Ensuite vient un allegro ————————— 73 74 L’Espion chinois, À Cologne, . Un avventuriero francese in Italia nella seconda metà del Settecento, Bergamo . qui la retire de cet état de langueur et qui la réjouit infiniment. Il finit par le mouvement vif et précipité du rigaudon, qui en Europe est colui qui invite le plus à la danse. u Il Voyage en Italie del Lalande è uno dei più meritamente celebrati del secolo . Portando nell’osservazione degli usi, dei costumi, delle arti dell’Italia lo spirito d’indagine che fecero di lui uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi, il Lalande lasciò in nove volumi una testimonianza preziosa del viaggio che compì nella penisola tra il e il . Sarà dunque anche per noi una fonte importante di notizie, di aneddoti, di osservazioni sulla vita musicale del settecento. Entrato in Italia dal Cenisio, il Lalande si ferma parecchio tempo a Torino e descrive minutamente il teatro Regio: 75 le plus étudíé, le mieux composé, le plus complet que l’on voit en Italie, le plus richement et le plus noblement décoré qu’il y ait dans le genre moderne. Rimandiamo al testo del Lalande (, e seguenti), come abbiamo già fatto per altri, il lettore curioso di questi particolari, e contentiamoci di rilevare come il Lalande, diligentissimo raccoglitore di notizie statistiche, ci parli della società dei quaranta cavalieri che esercivano l’impresa, col sussidio annuo della cassetta regia di lire, più le carrozze e i cavalli forniti pure dal re. L’allestimento di un’opera, dice il Lalande, costa circa cento mila lire, perchè si hanno quasi sempre i migliori cantanti d’Italia. Però i palchi non costano più di lire, l’ingresso soldi e per abbonamento . Il teatro Carignano serve per le opere buffe. Di artisti torinesi, ricorda il Lalande, elogiando «l’excellente musique» della Cappella regia, Somis «qui étoit un des plus fameux violons de l’Italie», Pugnani, Viotti, Giardini, i Besozzi, due oboisti e uno fagotto, e finalmente Pagin, Vachon e Lametti. Del teatro di Milano, del Farnese di Parma, del teatro di Reggio non abbiamo che le descrizioni; del Ducale di Parma ci dice il Lalande avervi veduto rappresentare il Bajazet d’Apostolo.Zeno, messo in musica dal Bertoni, nota come lo spettacolo duri dalle alla mezzanotte e mezza ed abbia luogo di solito in maggio e giugno, seguendo poi la commedia francese ed in carnevale l’opera buffa. A Bologna le «arts agréables» sono coltivate intensamente; infatti vi si recluta la maggior parte dei suonatori delle orchestre d’Italia. Il teatro (il Comunale allora allora edificato) è bello e molto frequentato: aussi brillant qu’à Paris, du cóté du beau monde, même dans nos plus grands jours d’opéra: les voyageurs ne manqnent pas d’y aller quand ce ne serait que pour connoître à quel point les femmes y portent le luxe — e, per osservarne il carattere — libro et enjoué. Vengono (e non era particolarità solo di Bologna) accompagnate dai loro cicisbei e talvolta si vedono donner leurs mains à baiser à ceus qui aspirent à le devenir sans que les Italiens trouvent cela extraordinaire. A Firenze, descritto al solito il teatro della Pergola e quello del Cocomero («le petit théâtre»), il Lalande riferisce un aneddoto curioso, di quelli di cui si potrebbe ripetere il noto «se non è vero, è ben trovato». Un francese una sera appicca conversazione con un abate e, parlando di teatri, l’ecclesiastico si lagna delle mille difficoltà che s’incontrano a serbare a Firenze i buoni artisti e narra al forestiere che l’inverno precedente il migliore dei suoi castrati che aveva fatto venire da Napoli l’aveva piantato in asso, che il suo tenore s’era ammalato, che ————————— 75 Yoyage en Italie per M. L, Seconde édition, A Paris, chez la Veuve Desaint, , voll., in-°. La prima edizione sotto il titolo Yoyage d’un francatis en Italie, voll. in-°, fu stampata nel «à Venise et se trouve à Paris, chez Dasaint». de peur de voir déserter son Opéra il en avoit renforcé les danseuses, qu’il en avoit une surtout qui par sa figure et ses talents faisoit l’admiratian de toute la ville, mais qu’un anglois la lui avoit débauchée. Sorpreso di tali discorsi in bocca d’un prete il francese gli chiede chi sia. «Son l’imprenditore dell’opera, per servirla», gli risponde e di fatti era proprio l’impresario. A Lucca le arti parvero al Lalande molto ben coltivate e quanto alla musica, a giudizio anche del Genson «notre plus célèbre violoncello qui étoit en Italie en avec le prince héritier de Brunswick», in nessun luogo, nemmeno a Napoli, si poteva trovare un’orchestra così perfetta come la lucchese, nè sentire una voce come quella della Bastardina. Diffusissimo è il Lalande su tutto quanto riguarda Roma; abbondano quindi anche le informazioni, ma per lo più di carattere statistico, sui teatri (, pp. -), e specialmente sull’Argentina, «le plus fréquenté de tous», sull’Aliberti, sul Tordinona, sul Capranica, ove si rappresentavano opere serie o buffe. Mancano le impressioni personali. Queste sono riserbate al volume che tratta di Napoli, nel quale anzi un intero capitolo è dedicato alla musica ed agli spettacoli: La musique — scrive il Lalande — est surtout le triomphe des Napolitains, il semble que dans ce pays-là les cordes du tympan soient plus tendres, plus harmoniques, plus sonores que dans le reste de l’Europe; la nation même est toute chantante; le geste, l’inflexion de la vois, la prosodie des syllabes, la conversation même, tout y marque et y respiro la musique; aussi Naples est-elle la source principale de la musique italienne, des grands compositeurs et des excellents opéras. E cita oltre ai grandi nomi di Corelli, di Vinci, di Jommelli, di Durante anche quello più modesto di «M. Gibert,76 habile musicien francois, connu par les petits opéras de la Sybille, du Carnaval d’été, de la Fortune au village, d’Apelle et Campaspe», che risiede da parecchi anni a Napoli e coltiva la musica dans la première école qu’il y ait et il puise à la source les musiciens dont on a besoin pour la France et dont il fait des recrues de temps à autre. Seguono le solite note sui «castrati» che possiamo anche tralasciare, qualche cenno sui teatri San Carlo, Fiorentini, Nuovo, e giudizi pur essi non nuovi sul Metastasio. Dei cantanti nostri biasima «le jeu [qui] est détestable en comparaison du nótre». I virtuosi «ne se donnent pas la peine de jouer»; quando lo fanno c’est quelque fois d’une façon très familière et très peu respectueuse pour les spectateurs; ils saluent les personnes de leur connaissance, même au milieu de leur jeu, sans crainte de déplaire au public, dont l’indulgence autorise depuis longtemps cet abus: on peut aussi l’attribuer au peu d’attention qu’on donne au spectacle où l’on fait un bruit insupportable soit dans le parterre soit dans.les loges. Nel volume del Lalande dedicato a Napoli, il sesto, è pure assai interessante il capitolo Du travail des cordes à boyaus et des tanneries. Napoli e Roma hanno quasi il monopolio della fabbrica delle corde per strumenti ad arco. Nonostante il segreto che i fabbricanti, cosa d’altra parte già notata dal Lalande in Francia, serbano sui loro procedimenti, l’illustre viaggiatore potè avere, mercè la gentilezza del sig. Angelo Angelucci, molti ragguagli. L’Angelucci, che aveva negozio «près de la fontaine des serpents», era il più stimato commerciante in questo genere ed impiegava nelle diverse parti del Regno più di cento operai. Rimandiamo il lettore che fosse curioso di questi particolari al libro del Lalande (, -). ————————— 76 P-C G (-). Parecchi dei castrati della cappella del re di Francia a Versailles, tra cui Albanese, furono da lui scritturati a Napoli. Lasciò, oltre le opere editate, i Solfèges ou leçons de musique, Paris . Anche a Venezia trova il Lalande materia di dedicare un intero capitolo agli spettacoli (, pp. -). Dopo Napoli, Venezia è «l’endroit de toute l’Italie où la musique est la meilleure et la plus cultivée»: ma nel suddetto capitolo il Lalande parla assai più di commedie che di musica. Qualche cenno ancora su Padova e Verona, sotto il rispetto musicale, e basti a Lalande. Di Padova nota che la musica della chiesa del Santo è composta di quaranta persone, sedici per le voci e ventiquattro strumenti e tra essi Tartini, Antonio Vandini di Bologna «fort estimé pour le violon»,77 l’oboista Matteo Bissioli di Brescia, il piemontese Vallotti «maître de chapelle l’un des plus estimés de l’Italie».78 A Verona, ricorda il Lalande che in novembre vi si rappresentava l’Antigone, parole di Metastasio, musica di Giuseppe Sarti. Ce spectacle étoit composé sérieusement: il y avoit surtout une actrice qui a paru depuis peu en Italie avec une voix surprenante. Elle s’appelle Aguiari, mais on la nomme plus communément la Bastardina,79 parce qu’on prétend qu’elle est batarde née à Ferrare: je n’ai véritablement rien entendu de si singulier que l’étendue et la flexibilité de cette voix. Il y avoit aussi dans ce temps-là un acteur de première force à Verone, nommé Manzoli et une danseuse très connue, la Mantuanina, dont le nom propre est Ilaria Burgioini. Tons ces acteurs viennent passer à Vérone un temps mort pour les autres théâtres d’Italie et ne laissent pas d’y gagner beaucoup. La Bastardine a sequins ou livres pour une quinzaine de représentations, c’est-à dire pour le mois de novembre que dure l’opéra, et le spectacle conte livres aux entrepreneurs. Aussi est-il très beau; les étrangers y viennent en foule et les habitants de Vérone en sont très empressés. Dans le carnaval ils ont un opera bouffon. u Verrebbe a questo punto il famoso Musical Tour del Burney, ma il viaggio del musicologo inglese è troppo noto perché occorra che noi vi ci fermiamo sopra. Citiamo piuttosto il letterato francese Guys (-) che nel suo Voyage littéraire de la Grèce (Paris,-) inserì anche parecchie Lettres écrites d’Italie nel , notandovi alcune case ove potè sentir buona musica, quella dell’abate Rossi presso Firenze, il console Digne a Roma, la famiglia Auda ad Albano. In casa Gradenigo a Venezia l’autore ammirò la formosa Mme Balbi che nous a chanté avec la voix la plus douce, la plus séduisante et avec toutes les grâces du chant les plus jolies barcaroles, puis des ariettes… Elle a fait chanter le savant Biornhstaldt suédois,80 qui nous a fait mourir de rire surtout quand elle l’a prié de se faire châtrer s’il voulait lui plaire en chantant. Un antico capitano al servizio del re di Prussia, J. W. von Archenholtz (-), viaggiò nel tutta l’Italia, salvo la Sicilia. Nella descrizione de suoi viaggi, che pubblicò col titolo England und Italien (Leipzig e di nuovo ),81 tratteggiò poco benevolmente lo stato dell’Italia nell’ultimo quarto del secolo , onde ————————— 77 Violoncellista, non violinista come asserisce il Lalande. Fu amico intimo di Tartini col quale si trovò a Praga nel e quindi per tre anni al servizio del conte Kinsky. Cfr. V, Les instruments à archet, , p. . 78 Vercellese (-). Fu per molti anni maestro di cappella a Padova. Cfr. P. F, Elogi di Tartini, Vallotti e Gozzi (Padova ). 79 Lucrezia Agujari-Colla nata a Ferrara nel , morta il maggio . Si ritirò dalle scene nel e sposò il direttore d’orchestra Colla. La sua voce era veramente fenomenale ed entusiasmò i pubblici d’Italia e di Londra. 80 I. Björnståhl (-), dotto orientalista svedese, trascorse parecchi anni in Italia. Fu pubblicato dopo la sua morte un suo libro di viaggi in diversi paesi d’Europa: Resa till Frankrike, Italien, Schweiz, Tyshland, Holland, England, Turkiet och Grekland, Stockholm, -, di cui esiste anche una versione italiana (Poschiavo ). Non vi si trova cenno dell’aneddoto narrato dal Guys. 81 Esistono parecchie edizioni della traduzione francese col titolo Tableau de l’Angleterre et de l’Italie, Bruxelles ; Strasbourg et Paris ; Leipzig . diede di lui severo giudizio il Goethe nell’Italiänische Reise 82 e gli rivolse contro una fiera invettiva il poeta irpino (Filippo de Martino) nel Penthecasticon in Germanum,83 specialmente per il male che l’Archenholtz disse dei napoletani. Sentiamo però anche le sue testimonianze, magari con benefizio d’inventario: Gli spettacoli teatrali — dice di Venezia — si svolgono su sette teatri: opera seria e buffa, balli, commedie, farse e marionette. I tre primi generi non saprebbero destare interesse in coloro che hanno frequentato tali spettacoli a Parigi, Londra o anche a Roma, Napoli, Torino e Firenze. La musica è abbastanza buona, ma i costumi sono poveri e la messa in scena miserabile. A Milano ammira il teatro della Scala nuovamente costrutto, «il più vasto ed il più bello di tutta Italia», il ricco e bello apparato del ballo Cleopatra, ma protesta «non aver mai veduto trattare in modo così miserando un soggetto eroico». Parlando di Firenze, nota come il Granduca preferisca il teatro di commedia all’opera, come nei palchi si giuochi durante lo spettacolo, si faccia chiasso quando si canta ed invece silenzio, appena incomincia il ballo, che è del resto di pessimo gusto. I Fiorentini — aggiunge colla sua solita malevolenza — al pari degli altri italiani aborrono da ogni spettacolo che faccia pensare ed applaudiscono tutto ciò che può grossolanamente titillare i loro sensi. Uguale malevolenza spira in ciò ch’egli dice di altre città. A Livorno il forestiero paga doppio l’ingresso al teatro; in caso di rifiuto gli si nega l’ingresso; i Livornesi si giustificano dicendo che son loro che contribuiscono alle spese ed han diritto di imporre una sopratassa agli stranieri. A Genova lo spirito d’economia, proprio di quella repubblica, domina anche negli spettacoli. Non bisogna aspettarsi di vedervi quelle opere splendide che si rappresentano anche in città molto più piccole. Se capita a Genova un cantante di qualche reputazione, ciò non può essere che d’estate, quando quasi tutti gli altri teatri d’Italia sono chiusi e quindi si può avere lano spettacolo con minore spesa. Di Roma l’Archenholtz rammenta il Miserere dell’Allegri «sublime et inimitable qui serait bien digne d’étre détaillé par un Allemand», ed insiste specialmente nella passione che hanno i romani per gli spettacoli, istituendo un parallelo tra il gusto musicale dei romani e quello dei napoletani. I romani, egli dice, disputano ai napoletani la gloria di essere i migliori conoscitori di musica dell’Italia. Molti accordano loro questo primato, ma bisogna riconoscere che mancano ai romani i mezzi di perfezionarsi, mentre a Napoli abbondano. I romani però a sostegno della loro tesi allegano che tutte le opere che piacciono a Roma sono sempre applaudite a Napoli, quelle invece che a Napoli hanno ottimo successo, sono talora fischiate a Roma. Entusiasmo ce n’è e molto nei teatri romani. Applausi, grida di gioia, chiamate sono cosa abituale: spesso l’autore dell’opera che sta in orchestra vien trasportato, seduto come un trionfatore sul suo scanno, sul palcoscenico. Jomelli, racconta l’Archenholtz e non so se è da credergli, fu l’ultimo che ebbe tanto onore; l’anno seguente un’altra opera sua non piacque ed il popolo infuriato lo costrinse a lasciar l’orchestra e ad uscire dalla sala. Il maestro, così svergognato, non volle mai più tornare a Roma.84 Al Mysliweczek,85 secondo l’Archenholtz, poco mancò toccasse ————————— 82 Lettera dicembre . Cfr. D’A, L’Italia alla fine del sec. , p. ; e B. C, Eleonora Fonseca Pimentel, p. . 84 L’Archenholtz probabilmente vuole piuttosto alludere agli insuccessi toccati dallo Jomelli a Napoli dopo il suo ritorno dalla lunga dimora a Stuttgart. Da Roma appunto si era allontanato per passare al servizio di quella Corte. 85 Giuseppe Mysliweczek, detto il Boemo (-), studiò sotto Pescetti a Venezia e scrisse giovanissimo per Parma, indi per Napoli, Roma e Monaco. La sua prodigalità lo costrinse a sostenere 83 un caso consimile. Fortuna per lui ch’era protetto dall’arciduca Ferdinando ed il pubblico lo risparmiò, ma l’opera era veramente «détestable». Per il decennio - le testimonianze dei viaggiatori sono abbastanza numerose, ma in fondo poco importanti. Abbiamo nel Dutens (-), Mémoires d’un voyageur qui se repose,86 pregevoli per tanti altri riguardi, un aneddoto curioso su un mecenate torinese, il marchese di Priero. Ad un concerto, cui assisteva l’autore e dove cantava la Gabrielli e suonavano Pugnani ed i fratelli Besozzi, un vallet de chambre entra avec une grande corbeille couverte; le marquis leva la serviette et prit dans la corbeille une tabatière d’or, qu’il donna à la Gabrielli, une épée riche à Pugnani, un étui à l’un, une montre à l’autre et les renvoya tous aussi satisfaits qu’il paroissoit l’être lui méme. Nelle Lettres d’un voyageur anglois,87 che sono dell’irlandese Martino Sherlock e sollevarono grandi pettegolezzi per i giudizi avventati, anzi le sciocchezze che vi si contengono, si trovano pure, dice il d’Ancona, «cose notevoli». Quanto a musica ci sarebbe tutt’al più da rilevare uno dei soliti paralleli tra la musica italiana e francese e qualche aneddoto su canterine e musici.88 Nel Moore, View of society and manners in Italy,89 vi sono, oltre a molte considerazioni sulla politica di Venezia, ragguagli, non nuovi, ma ben presentati sui teatri veneziani: On ne paie qu’une bagatelle à la porte, ce qui donne le droit d’entrer au parterre, d’où l’on a la faculté d’examiner tout à son aise et de se décider sur la place que l’on veut occuper. A teatro la gente per bene va per lo più in maschera e così anche le dame possono scendere in platea a braccetto dei loro cavalieri serventi; i palchi sono scuri, ma la scena molto bene illuminata, ecc. A Roma si fa più attenzione allo spettacolo che a Venezia; certi pezzi si ascoltano con molta devozione. Il pubblico se ne sta a mani giunte, cogli occhi semichiusi, trattenendo il respiro. Una giovinetta una sera si mette a gridare di mezzo alla platea: «Oh. Dio, dove sono? il piacere mi fa morire». Ad una prima rappresentazione un tale esclama, rivolto al maestro: «Meriterebbe d’essere nominato maestro di cappella della Madonna e di guidare i cori degli angeli!» Così qualche altro aneddoto qua e là ci sarebbe da spigolare; p. e. nelle Lettres sur l’Italie del Dupaty 90 un giudizio sul violinista Nardini,91 il cui violino ————————— frequenti lotte colla miseria. Morì a Roma e fu sepolto per cura del suo allievo Barry in S. Lorenzo in Lucina. La Gabrielli diceva che nessuno aveva mai scritto meglio per la sua voce. 86 Paris , voll. in-°. 87 Ho consultato l’edizione (anonima) di Neufchâtel ; ne esistono parecchie altre, per cui consulta D’Ancona, loc. cit., p. . 88 A Napoli «la race des sirènes n’est pas ancore éteinte: il y a beaucoup de femmes qui chantent divinement, mais elles se changent quelquefois en harpies. Ces métamorphoses n’arrivent qua dans le pays magique de l’opéra (!!)» (p. ). Sempre a Napoli: «Un soprano venait de finir un air: et je disois à la dame [che stava seduta accanto a lui]: “Cet homme a bien chanté” “Ce n’est pas un homme — dit-elle — c’est un musico; il a fort bien chanté: c’est l’amant de cette duchesse qua vous voyez là” “Est-il possible?” “C’est vrai, elle a beaucoup aimé…: maintenant elle ne veut qua des musici ”» (p. -). 89 London, Straham, . Ne conosco solo la traduzione francese Essai sur la soeiété et sur les ma?urs des Italiens, Lausanne . 90 J. B. D (-), Lettres sur l’Italie écrites en . Delle molte edizioni che ne furono fatte ho sott’occhio quella di Parigi, . 91 Pietro Nardini (-), allievo di Tartini. Quando lo sentì il Dupaty era maestro di cappella della corte granducale. est une voix ou en a une, il a touché des fibres de mon oreille qui n’avaient jamais frémi. Avec quelle ténuité Nardini divise l’air! avec quelle adresse il exprime le son de toutes les cordes de son instrument! avec quel art en un mot il épure et travaille le son! ed il giudizio sull’«opéra des vêpres», cui assiste a S. Ignazio di Roma in occasione della festa di San Luigi Gonzaga. E davvero meritava il nome di opera perché «on se promène, on cause, on rit, on fait foule autour des orchestres». Ognuno sa quanta parte occupi nella vita di Goethe il suo viaggio in Italia nel - e quanto perciò sia stato studiato il bel libro, così denso di pensiero, così pieno di profonde impressioni, dell’Italienische Reise.92 Di musica però il Goethe non parla a lungo. A Vicenza il settembre assiste alla rappresentazione di un’opera del cui libretto mediocrissimo formavano l’argomento tre sultane ed il loro rapimento dal serraglio. La musica non era cattiva, ma probabilmente d’un dilettante. Non vi ho trovato un motivo nuovo il quale mi abbia colpito. Degli esecutori gli piace solo la prima donna per la bella voce, la naturalezza, la graziosa e piacevole fisionomia ed il contegno decentissimo, per quanto trovi che le si prodighino applausi esagerati ed in complesso lo spettacolo stanchi, perchè dura fin dopo la mezzanotte ed egli «non vede l’ora di andarsi a riposare». A Venezia, ai Mendicanti (lettera ottobre ), il Goethe provò una forte emozione musicale: Le ragazze — egli scrive — eseguirono un oratorio dietro una grata; la chiesa era affollatissima di persone, bella musica, stupende le voci. La parte di Saulle, personaggio principale del poemetto, era sostenuta da un vecchio. Non avevo idea di una voce della natura di quella, alcuni passi della musica erano bellissimi, il testo adatto al canto, ma di una lingua mista fra il latino e l’italiano che faceva proprio ridere, se non che la musica trova quivi largo campo a spaziare. Disturba però e spiace il noioso battere del maestro: Tutto quel picchiare [col rotolo di musica] distruggeva tutta l’impressione della musica… ogni armonia. Pare impossibile che il maestro, essendo musico, non lo senta e che voglia rivelare la propria presenza con quel maledetto fracasso, mentre sarebbe pur meglio cercasse far conoscere il pregio della sua musica colla perfezione dell’esecuzione. Sapevo che regnava quest’uso in Francia, ma non credevo doverlo trovare in Italia, dove il pubblico pare esservi assuefatto. Nella stessa lettera il Goethe parla dello spettacolo del S. Moisè: La musica — dice — difettava di carattere, mancava ai cantanti l’anima che sola può sollevare e perfezionare tale sorta di spettacoli. Non si potea dire però che nessuna cosa fosse propriamente cattiva, ma due donne soltanto facevano il loro possibile se non per cantare addirittura bene, almeno per far buona figura ed ottenere applausi. Erano giovani, belle, vispe, dotate di buona voce. Gli uomini per contro avevano voci mediocri, erano freddi e pareva che non si dessero il menomo pensiero del pubblico. A Roma (lettera novembre) a Santa Cecilia udì una specie bella e nuova di musica. Nella stessa guisa che si eseguiscono concerti di violino e d’altri strumenti si eseguivano colà concerti di voci in modo che una voce, p. e., il soprano, era quella predominante, la quale eseguiva gli assoli, accompagnata di quando in quando dai cori e sempre poi, come ben si comprende, dall’orchestra. L’effetto di quella musica era bellissimo. e gli piacque assai più dell’opera I litiganti, cui si recò alla sera, senza potervisi trattenere. u ————————— 92 Stuttgart und Tubingen, , in-°. La traduzione italiana, molto mediocre, è del Cossilla. Milano . L’abate Andres (-), letterato spagnolo che ha lasciato una traccia luminosa nella storia delle relazioni letterarie tra Italia e Spagna nel secolo , permise che fossero stampate le lettere familiari da lui scritte al fratello durante i sei anni di permanenza in Italia (-). Dalle Cartas familiares del abate D. Juan Andres a su hermano D. Carlos Andres dandole noticia del viage que hizo a varias ciudades de Italia 93 stralciamo qualche impressione musicale. Nessuno spettacolo — scrive da Mantova il o gennaio (tomo , p. ) — ho potuto godere dei più celebrati in Venezia, salvo quello per così dire spirituale, degli oratori nei conservatori. È uno spettacolo unico nel suo genere, quale non si vede in nessun’altra città di Europa: Oir cantar y aun cantar bien à una muchacha, nada tiene de extraordinario, pero oir cantar tantas y por lo regular todas bien, y mucho mas oirlas y aun verlas tocar el violin y todos los instrumentos y tocarlos excelentemente, es cosa muy extraordinaria que no se puede desfrutar sin igual admiracion y maravilla que deleyte y placer. L’Andres fu certo nei teatri più famosi della penisola, ma si contenta di accennare alla bellezza della loro costruzione e specialmente della Scala e del S. Carlo, e non dice nulla degli spettacoli cui gli fu dato assistere. Come di tanti altri personaggi celebri del secolo decimottavo, anche della graziosa pittrice, Madame Vigée-Lebrun (-), si raffazzonarono le memorie in quel periodo di produzione artificiale di simil genere di componimento tra lo storico e il romanzesco, che corse dal al all’incirca. Pur non avendo nei Souvenirs 94 che vanno sotto il nome di Mme Vigée-Lebrun la genuina narrazione delle sue vicende e le sue schiette impressioni su uomini e cose, vi troviamo una certa veridicità che non permette di trascurarli. Cacciata dalla rivoluzione, la Vigée-Lebrun emigrò in Italia, come tanti altri fedeli per sentimento o per interesse alla corte borbonica, e si trattenne specialmente a Roma ed a Napoli. A Roma nel carnevale del con Angelica Kaufmann andò a sentire Crescentini. Son chant et sa voix — scrive l’autore dei Souvenirs — à cette époque avaient la même perfection: il jouait un rôle de femme et il était affublé d’un grand panier comme on en portait à la Cour de Versailles. Ce qui nous fit beaucoup rire. Il faut ajouter qu’alors Crescentini avait toute la fraîcheur de la jeunesse et qu’il jouait avec une grande expression. Enfin, pour tout dire, il succédait à Marchesi dont toutes les Romaines étaient folles, au point qu’à la dernière représentation qu’il donna, elles lui parlaient tout haut de leurs regrets: plusieurs même pleuraient amèrement, ce qui, pour bien du monde, devint un second spectacle. Ebbe anche occasione di sentire in un concerto la famosa Banti,95 il che a Parigi, dove pure la cantante era stata parecchie volte, non le era mai stato concesso: Je ne sais pas pourquoi — dice la pittrice, dalle cui labbra certo l’estensore dei suoi souvenirs raccolse dovizia di aneddoti — je m’étais figuré qu’elle avait une taille prodigieusement grande. Elle était au contraire très petite et fort laide, ayant une telle quantité de cheveux que son chignon ressemblait à une crinière de cheval. Mais quelle voix! il n’en a jamais existé de pareilles pour la force et l’étendue: la salle, toute grande qu’elle était, ne pouvait la contenir. Le style de son chant, je me le rappelle, était absolument le méme que colui du fameux Pacchiarotti, dont Mme Grassini a été l’élève. Ed aggiunge un aneddoto assai curioso: Cette fameuse cantatrice était conformée d’une manière toute particulière: elle avait la poitrine élevée et construite tout à fait comme un saufflet: c’est ce qu’elle nous fit voir ————————— 93 Madrid, Sancha, -, voll. in-°. Paris, , voll. 95 Brigida Banti-Giorgi, -. 94 après le concert, lorsque quelques dames et moi furent passées avec elle dans un cabinet: et je pensai que cette étrange organisation pouvait expliquer la force et l’agilité de sa voix.96 Possibile, ma non pare curiosa la scena da baraccone di carnevale col gabinetto riservato… alle sole donne? A Napoli la Vigée-Lebrun lasciò parecchi lavori del suo agraziato pennello,97 tra gli altri un ritratto di Paesiello in atto di comporre, che si trova ora al Museo di Napoli. Quell’inverno fece un gran freddo anche a Napoli e pittrice e modello si soffiavano ogni tanto sulle dita. Si provò a far fuoco nello studio, ma comme on s’occupe bien plus en Italie d’avoir de la fraîcheur que de la chaleur, les cheminées sont si mal soignées que la fumée nous étouffait. Les yeux de Paesiello en pleuraient et les miens aussi: et je ne conçois pas comment j’ai pu finir ce portrait. Paisiello era allora nel più bel momento della sua gloria. Nel palco della contessa Scaromoski la pittrice assistette alla prima rappresentazione della Nina.98 La giudica bien certainement un chef d’œuvre, mais tel est l’effet de la première impression reçue que la musique de Paesiello, toute belle qu’elle était, ne me faisait pas autant de plaisir que celle de Dalayrac:99 il faut dire aussi que Mme Dugazon n’était pas là pour jouer Nina. Mme Vigée-Lebrun non trascorse tutto il tempo dell’emigrazione in Italia, ma se ne allontanò dopo tre anni per recarsi in Russia e di là in Inghilterra. Nel partire dalla penisola si fermò ancora a Venezia, dove coll’ambasciatrice di Spagna ricorda essersi recata au spectacle pour le début d’une belle actrice agée de quinze ans au plus et que son chant et surtout son expression rendaient étonnante.100 Assistette anche au dernier concert que donnait Pacchiarotti,101 ce célèbre chanteur, modèle de la grande et belle méthode italienne. Il avait encore tout son talent: mais depuis le jour que je parle il n’a jamais chanté en public. E finalmente rammenta pure il canto celeste, angelico delle giovanette di uno dei famosi conservatori e «plusieurs beaux concerts» cui intervenne a Milano, dove vi sono sempre «quelques fameux chanteurs et quelques grandes cantatrices». u Il poeta drammatico spagnolo D. Leandro F. de Moratin 102 ebbe nel dal suo protettore don Manuel Godoy, poi principe della Pace, l’onnipossente favorito di Carlo IV, un lauto sussidio per intraprendere un lungo viaggio a scopo d’istruzione. Dopo aver soggiornato per circa un anno in Inghilterra, venne nell’agosto del in Italia e vi rimase fino al settembre del , prendendo come quartier generale Bologna e di là allontanandosi frequentemente per compier viaggi nelle diverse parti della penisola. ————————— 96 Riferisce anche il Fétis: «Après sa mort on ouvrit son corps pour connaître la cause de la puissance extraordinaire de sa voix et l’on crut pouvoir l’attribuer au volume considérable de ses poumons». 97 Cfr. B, Dictionnaire général des artistes de l’école française. 98 Vi cantavano coll’incomparabile Celeste Coltellini, Luigi Tasca, Gustavo Lazzarini, Giuseppe Trabalza, Camillo Guidi. 99 Dalayrac (-) ebbe gran voga a Parigi sul finir del secolo , ma ben poco rimane delle sessanta e più opere che diede al teatro tra il e il . La sua Nina è del . 100 Non mi è riuscito sapere di chi voglia, parlare la Vigée-Lebrun. 101 -. Si ritirò appunto dall’arte circa il . 102 -. Nella importante pubblicazione delle Obras postumas del Moratin, compiuta per ordine e a spese del governo spagnolo,103 fu inserita la descrizione del suo Viaje en Italia: por el interes que inspiran las descripciones que hace de todas las ciudades que recorrió, de los monumentos de las artes que fué encontrando, las observaciones que iba haciendo y mas de una véz, por las ocurrencias felices con que, de cuando en cuando, alegra y ameniza este género de narracion, de suyo seco y duro. Tutto quanto si riferisce al teatro piace al Moratin che fa oggetto di studio speciale la drammatica ma si occupa anche del teatro musicale. Ci sarà dunque utile, spigolare nel suo Viaje de Italia tanto più che è forse, dei molti viaggiatori stranieri che visitarono l’Italia nel Settecento, uno dei meno conosciuti.104 A Milano, che fu la prima città da lui visitata in settembre , il Moratin ammira la Scala allora chiamata Teatro Nuovo, e ne dà una lunga descrizione della quale ci contenteremo di riportar pochi passi: La sala — scrive — eccettuati alcuni casi straordinari, non ha altra luce che quella che riceve dal teatro medesimo; il numero degli strumenti dell’orchestra varia secondo le occasioni; il giorno in cui assistetti ad un’opera buffa ne contai sessanta; le decorazioni sono le stesse che quelle di Madrid, eseguite dai Taddei; il coro si componeva di venti voci ed in alcune scene del ballo contai ottanta persone sul palco, però mi pare difficile da credere che talvolta siano quattrocento, come dice Lalande nel suo Viaggio d’Italia. Notai che il pubblico ha qui libertà di far ripetere i passi che gli piacciono; non lo chiede con grida e schiamazzi come gl’inglesi, però non cessa l’applauso finchè l’attore non ricomincia da capo. Grande ammiratore di Bologna ne loda il culto per le arti belle e specialmente per la musica che vi «se cultiva con el mayor ardor», tanto che in tutti gli spettacoli sacri e profani che si ripetono frequentemente, i musici primeggiano «tanto per la composizione quanto per la esecuzione delle voci e degli strumenti». L’Accademia Filarmonica si compone di soggetti di conosciuta abilità. Assistè ad una funzione che si celebrava annualmente in onore di S. Antonio da Padova nella chiesa di S. Giovanni in Monte e mentre che le mie orecchie erano dilettate dai suoni più deliziosi, si offrivano ai miei occhi le grandi opere del Domenichino, del Guercino e dell’immortale Raffaello. Teatri in Bologna non ne vide aperti allora, perchè erano chiusi in tutto lo Stato Pontificio a causa della Rivoluzione francese, ma li visitò e riportò gradita impressione dal teatro Nuovo (il Comunale) che paragona a quello di Milano. Da Bologna in principio di ottobre si recò a Firenze. Ivi alla Pergola sentì l’Ines de Castro, «cosa indigna en cuanto al poeta», e forse men cattiva quanto a musica,105 sebbene ne taccia. Al Cocomero vi erano «malisimos cómicos, malisimos cantores»: come fine di spettacolo dopo la commedia Il diavolo maritato a Parigi si dava il primo atto d’un’opera buffa, e due sere dopo il secondo come farsa in seguito alla rappresentazione del Federico di Comella. Lungo soggiorno fece il Moratin a Napoli e ne ritrasse copia di osservazioni, non tutte originali ma sempre notevoli.106 Dopo aver lungamente parlato delle chiese della città, passa con una transizione «no ménos violenta que las pasadas» a parlar ————————— 103 Obras póstumas de D. L F. M, publicadas de orden y á expensas del Gobierno de S. M., Madrid, imprenta y estereotipia de M. Rivadeneyra, , voll. 104 Se ne valse però assai largamente il C, Torino nei ricordi dei viaggiatori stranieri («Nuova Antologia», settembre ), 105 Di Francesco Bianchi (-). 106 Queste pagine del Moratin sono molto importanti, anche perchè il Croce, che non lo cita, è brevissimo sulla stagione - del S. Carlo. di teatri. Anche trascurando le minute descrizioni che il Moratin fa di ogni teatro, troveremo nelle sue pagine assai da spigolare. Al San Carlo l’orchestra è numerosa e buona; gli attori di solito di molta abilità nel canto, ma per lo più di nessun valore nella declamazione; non si cerchi in loro nè azione, nè gusto, nè decoro, nè proprietà; salgono sulla scena per cantar tre o quattro pezzi di musica e null’altro, tutto il resto lo disprezzano affatto. I costumi sono ricchi, ma impropri e disadatti, inventati si direbbe da gente che ignora assolutamente la storia e la favola non meno delle regole del buon gusto e della proporzione. Pennacchi spropositati, alti tanto quanto gli eroi che li portano. Giasone con brache di terzo pelo nero, calze di seta bianca e calzari greci, Medea pettinata all’ultima moda, i romani vestiti come i persiani e gli armeni come i russi; insomma niente a posto. Le nuove decorazioni del pittore Domenico Chelli, pesanti, confuse, cariche di colore, senza novità e senza gusto; nell’opera Giasone e Medea una decorazione rappresentava una città con edifizi gotici e tra essi un antico monastero di benedettini e così via dicendo. Mal distribuite le parti: già si sa — aggiunge — che gli eroi e i semidei del teatro italiano mancano di t… Cesare, Pirro, Alessandro, Catone, Teseo, Ercole, domatori di mostri, tutti esprimono i loro affetti con tuono sottilissimo ed acuto; a questa ridicolaggine se ne accompagna un’altra, nata dallo stesso principio. Siccome non tutti los capones sono atti a disimpegnare le prime parti ed è cosa stabilita che nessuno degli eroi della scena deve aver traccia di virilità, si ricorre allo spediente di vestir le donne da uomini, ed esse rappresentano quei grandi personaggi il cui nome la storia non ripete senza ammirazione e terrore. Nell’opera di Giasone e Medea teneva la parte dell’intrepido Argonauta un capon chiamato Correggi, quella di sommo sacerdote otro capon chiamato Falcucci, quella del vecchio Eta, re della Colchide, la faceva la signora Anna Davya de Bernucci.107 Nell’opera intitolata Elvira vi sono cinque parti di uomo: due le facevano los caponcillos arriba citados, due altre la signora Davya e la signora Luisa Negli, e solo il tenore non parlava in falsetto; cosicchè dei feroci guerrieri del dramma — lo lascieremo dire in spagnuolo dal Moratin, perchè anche «l’espagnol dans les mots brave l’honnéteté» — unos carecian de escr… y …, y otros anunciaban en su rostro los efectos de la prenez o los de la menstr… Durante lo spettacolo poi, nota ancora il Moratin, si vedono le quinte occupate da donnicciole, bambini, parrucchieri, soldati e gentaglia, che farebbero a pugni colla illusione scenica, se siffatti drammi ne potessero dare; ed i bambini, scalzi, giocano a nascondersi sotto gli alberi del monte Ida o al piede delle colonne che sostengono i superbi porticati del Campidoglio. Siccome la scena è grandissima, tutto sembra in essa piccino e sminuito; le stature colossali degli attori inglesi non sarebbero proporzionate, e che figura fanno Scipione ed Aquilee con una statura delicata e femminile ed una vocina ridicola da gatto famelico. Difetto principale del San Carlo è, secondo il Moratin, la sua immensità; eccettuate le tre o quattro prime file di sedie, dice con qualche esagerazione, ed i palchi più prossimi alla scena, negli altri posti non si ode che lo strepito dell’orchestra. D’altronde il dramma non interessa e la disattenzione è massima; talvolta, quando un pezzo piace, procurano di stare in silenzio, interrompendo il gioco o la conversazione, però non si sente se non da chi sta vicino alla scena; per silenzio che ci sia, appena una quinta parte dell’uditorio può udire le parole della declamazione o del canto. La compagnia di ballo è numerosa, con dodici parti principali, venti————————— 107 Cfr. C, cit., p. . Le parti erano distribuite precisamente così: Sacerdote, Ciro Falcucci, Argo, Vincenza Correggi, Oeta, Anna Devya de Bernucci, Medea, Teresa Macciorletti, Calciope, Maddalena Ammonini. Dell’Elvira, rappresentata per la prima volta il gennaio , la distribuzione era la seguente: Odorico, Domenico Mombelli, Almonte, Ciro Falcucci, Osmida, Vincenzo Correggi, Elvira, Teresa Macciorletti, Adallano, Anna Davya de Bernucci, Ricimen, Luisa Negli, Selinda, Maddalena Ammonini. Cfr. F, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, vol. , p. -. quattro figuranti o comparse. Parve al Moratin che ci fossero, quanto alla danza, soggetti di abilità, ma non quanto alla pantomima. Nessuno poteva competere con quelli veduti a Parigi nè coi soggetti ammirati a Madrid: la Pelosini, la Favier, la Medina, Viganò, ecc. Due sole opere vide il Morxtin al San Carlo nel carnevale -: Giasone e Medea, musica di Gaetano Andreozzi, e gli parve buona; Elvira, musica di Paesiello, che non piacque. Quanto ai libretti erano di autori vergognosi, che non osando far stampare il loro nome e meritano elogio, se non per la loro abilità, almeno per la loro modestia. E per dimostrare la sconclusionatezza, le inconseguenze, le ridicolaggini loro e specialmente del libretto del Giasone e Medea ne dà una lunga analisi, piena di arguzia. Lo spettacolo del San Carlo porge occasione al Moratin di dare uno sguardo alle condizioni della musica nel Regno di Napoli. Questa città è «la scuola della musica e tutta Italia riconosce questa sua supremazia». I viventi non son degeneri dalle tradizioni dei grandi loro predecessori Porpora, Vinci, Leo, Scarlatti, Durante, Pergolese ecc., anzi si pubblicano continuamente a Napoli opere stimate che fanno il giro dei teatri e manifestano che en la ciudad de la sirena — scrive il Moratin colla solita grandiloquenza castigliana — se estudia todavia la encantadora combinacion del tiempo y los sonidos. Di tutti i maestri di cappella italiani viventi che compongono opere teatrali, un terzo almeno è napoletano e sono i più noti Cimarosa, Paesiello, Tarchi, Traetta, Guglielmi, Andreozzi, Fioravanti. Però né Napoli né il rimanente d’Italia può gloriarsi di produrre poeti drammatici il cui merito sia anche lontanamente da paragonarsi a quello dei suoi maestri. Gl’impresari, continua il Moratin, sono i signori del teatro e si procurano le opere nuove pagandole a prezzo vile agli scrittori affamati che si trovano a bizzeffe. Il governo guarda colla massima indifferenza questo ramo di coltura che illustra la nazione; il sovrano stesso, che spesso si compiace d’intervenire ai primari teatri della capitale, non manifesta particolar protezione per le muse; nè i suoi applausi nè la sua approvazione a certi drammi dimostrano intelligenza o buon gusto. Sfido! Era Ferdinando ! E seguitando a ragionar della poesia nelle sue relazioni colla musica, il Moratin lamenta che i drammi di Apostolo Zeno e di Metastasio siano stati messi in disparte, perchè la musica ormai tiranneggia, la poesia avvilita e schiava è ridotta ad una parte accessoria e di minor valore, ed invece di Attilio Regolo, Tito ed Adriano non si vedono più che opere come il Giasone. La poesia essendo ancella della musica, questa si abbandona al calore della fantasia che preferisce la novità alla sincerità, il meraviglioso al verisimile e a forza di talento e studio produce mostri. La declamazione teatrale, dicono gl’Italiani, ha da esser soggetta alla musica e citano gli esempi degli antichi; ma in pratica li dimenticano tali esempi e la loro musica, piena di varietà, di pompa, di grazia, applicata al teatro, è una collezione brillante di inconseguenze e stramberie. Tanto nel genere comico quanto nell’eroico tutti gli artifizi della musica sembrano diretti a distruggere l’illusione teatrale. Quel recitativo monotono e fastidioso, quei preludi strumentali che infrenano e ritardano il progresso dell’azione nelle situazioni più agitate, quella lentezza con cui il canto esprime gli affetti più veementi, quelle ripetizioni fuori di luogo, cui appunta tutti i suoi sforzi la musica insistendo mille volte su di una stessa idea, dando espressioni distinte e contrarie tra loro ad un medesimo affetto, ammonticchiando concettini, trilli e picchiettature, invece di esprimere con sobrietà e vigore le agitazioni dell’animo, vengono presto a noia. Che importa che vi sia varietà, novità, arditezza, invenzione in quei passaggi, se non vi è traccia di verisimiglianza; se il musico distrugge le fatiche del poeta, se tutta la illusione teatrale sparisce al suono dell’orchestra e questa rende inutili gl’incantesimi della prospettiva e dell’illuminazione, la bellezza dei costumi e dell’apparato scenico, la declamazione, la parola, lo stile, quante insomma hanno potuto produrre le arti più seduttrici per render verisimiie la finzione drammatica? Verrà il giorno in cui taluno di quei grandi uomini che il mondo produce di quando in quando, prescindendo dal costume, dagli esempi, dai principi stabiliti, saprà dar alla musica un nuovo carattere e riconciliarla colla naturalezza da cui ora si apparta; però quando verrà questo giorno? La corruzione generale delle arti non dà a credere che potrà venir tanto presto. A queste considerazioni assai assennate e che dinotano nel Moratin molta sicurezza e bontà di gusto e di giudizio tengon dietro ancora alcuni cenni sugli altri teatri di Napoli: i Fiorentini ed il teatro Nuovo, dove eccetto il martedì e venerdì destinati alla commedia si dànno con buona orchestra e mediocri cantanti opere buffe; il Fondo con una sola compagnia buffa e buona musica strumentale, il San Ferdinando invece con compagnia buffa e comica alternantisi, ma «ambas malas». Ai Fiorentini il Moratin sentì Le nozze inaspettate ed il Matrimonio segreto, della quale dà questo strano giudizio: «quantunque molto difettosa è la meno peggio di quante ho vedute a Napoli», ma riferendosi forse piuttosto all’intreccio che alla musica; al teatro Nuovo Le nozze in garbuglio «muy mala» ; al Fondo Le donne dispettose e L’audacia fortunata; al San Ferdinando La donna tra oliera.108 La composizione drammatica delle opere buffe è la più sciocca che si possa immaginare, tutto il merito sta nella musica. Questo genere di componimento meriterebbe di esser esaminato lungamente, ma chi non lo conosce anche in Spagna? Il maestro e gli attori fanno del libretto quanto loro pare e piace, allungando, accorciando, alterando i singoli pezzi, collocando nel primo atto le scene dell’ultimo e sfigurandole in modo che il tristo autore non ci si raccapezzerebbe più; il peggio è che tali drammi non perdono nulla a tali operazioni, tanto son cattivi. Altre volte (e questo succede anche per le opere eroiche) si dà solo il primo atto, e si rappresenta il secondo otto o dieci giorni di poi, oppure, se c’è qualche gran personaggio da contentare, il terzo o secondo atto innanzi al primo. Cosicchè tante volte si vede ardere a Cartagine e distrugger dalle fiamme Didone, col petto attraversato dalla fatal spada di Enea e poco dopo compare la medesima Didone sana e fresca a udir l’ambasciata di Jarba e ad accoglier il glio d’Anchise. Il marzo il Moratin, che era stato iscritto tra gli Arcadi col nome di Inarco Celenio,109 lasciava Napoli e si recava a Roma; ivi eran chiusi, come nel rimanente dello Stato Pontificio i teatri, quindi, trascurando le argute osservazioni del nostro sui costumi romani, passiamo senz’altro con lui a Firenze, ove giunse in fin di aprile. In questa città sentì al teatro Nuovo l’Idomeneo coll’Andreozzi, ed alla Pergola la Vedova raggiratrice colla Benini, cantanti tutt’e due già conosciute a Madrid, il che non toglie che il Moratin trovi poco da lodare in tali spettacoli. Da Firenze il Moratin tornò al suo quartier generale, Bologna, ove passò la primavera «a veder processioni ed udir litanie». Questi furono gli unici spettacoli cui assistè, oltre ad alcuni oratori in musica, ove vide una Maddalena che non gli parve Maddalena pe————————— 108 Le nozze inaspettate, libretto di anonimo, musicato da Gaetano Andreozzi. Le nozze in garbuglio, libretto di G. M. D., musicato da Giacomo Tritto. Le donne dispettose, libretto di Giuseppe Palomba, musica di Gabriele Prota. L’audacia fortunata di Valentino Fioravanti su libretto anonimo. Le donne trappoliere di Domenico Cercià, pure su libretto anonimo. 109 Col nome arcadico firmò parecchie lettere indirizzate allora all’amico don Juan Antonio Melon, pubblicate in appendice al Viaje d’Italia nel ° volume delle Obras póstumas. Non pare tenesse in gran conto la dignità arcadica, perché nella prima di queste lettere aggiunge sotto la firma: «Se vuoi ottenere uguale onore, mandami tre duros». nitente, pettinata à la dernière, arcidipinta, con gran falbalà, un San Pietro «capon, muy estirado de corbatin» ed un San Giovanni Evangelista che non cessava di prender tabacco mentre Giuseppe d’Arimatea piangeva la morte del Redentore. A mezzo settembre del il nostro Moratin si allontanò da Bologna, dirigendosi per Ferrara, Verona, Vicenza e Padova a Venezia. A Venezia, come risulta da certe note sparse che furono pubblicate in appendice al Viaje,110 frequentò assai i teatri. Il S. Moisè gli parve assai piccolo ma abbastanza elegante; concorso brillante, belli, se non riccamente adornati, i palchi. I cantanti erano abbastanza buoni. La Villeneuve aveva voce delicata e grata, azione espressiva, decoro e bella presenza. Si rappresentava il Matrimonio segreto.111 Il San- Benedetto — dice altrove il Moratin — è più grande del San Moisè ed è il primo che ho veduto a Venezia di forma regolare, quasi ad elisse troncata dalla bocca d’opera. Buona orchestra, molta pompa e non cattivo gusto nei vestiari e nelle decorazioni… L’opera buffa La principessa filosofa 112 era una cattiva imitazione del Desden con el Desden,113 ridotte a duetti e quintetti le scene principali della commedia spagnola. I partigiani della musica moderna vedano se c’è più verisimiglianza e naturalezza nelle parti della principessa e del suo amante poste in sol fa e se tutti i gorgheggi ed i trilli armonici (con cui si falsa la verità e forza dell’arte) sono da paragonarsi con una buona rappresentazione che, esprimendo quali sono gli affetti dell’anima, imiti la naturalezza senza sfigurarla e produca il piacere del riso o la dolce malinconia del pianto. Teneva la prima parte l’Andreozzi, conosciuta già per la sua voce di flauto e la sua freddezza boreale, gli altri cantanti valevano ben paco. Sentì pure al San Benedetto l’opera buffa Oro non compra amore 114 colla Gasparini, di cui loda la buona voce, la grazia e l’intelligenza del teatro; essa ed il buffo erano nuovi e furono giustamente applauditi. Alla Fenice finalmente, di cui loda la comodità e l’eleganza, assistette alla rappresentazione dell’Achille in Sciro 115 con Marchesi, «molto applaudito quantunque cantasse meno bene del solito»; con Cari, primo tenore, che «sarebbe buono se gli anni e la pinguedine non gli mozzassero i mezzi, salvo nei recitativi molto ben detti»; «cosa mala» gli parvero «el segundo caponcillo», la donna, la Casentini, e tutti gli altri. Ciò non ostante la Casentini percepiva quattrocento zecchini per la stagione, Marchesi solo trecento, ma in più la casa e la gondola. Tornando a Bologna, il Moratin ebbe una gradita sorpresa. S’era tolto il divieto dei teatri, poichè ormai s’era fatto il callo alle notizie di Francia, e così il nostro spagnolo potè anche veder animate di pubblico plaudente quelle sale che s’era dovuto contentar di visitare a lumi spenti. Delle commedie udite dà i soliti sunti diligenti, ma non tace delle opere. ————————— 110 Obras póstumas, vol. , p. e seg. Il W nel diligentissimo catalogo parecchie volte citato non riferisce il nome della Villeneuve alla data . È vero però che per le opere date al S. Moisè nell’autunno di quell’anno, La bella pescatrice di Guglielmi, e La capricciosa ravveduta di F. Bianchi, i libretti non danno i nomi degli artisti. Manca la menzione del Matrimonio segreto a tal data nel Wiel. 112 La principessa filosofa o sia il controveleno, commedia «ridotta ad uso melodrammatico» in atti, poesia di anonimo, musica di Gaetano Andreozzi, ebbe per esecutori Pietro Verni, Annetta Andreozzi, Teresa Benvenuti, Silvestro Corradini, Giuseppe Zurelli, Camillo Baglioni, Andrea Verni. 113 Di Agostino Moreto y Cavana (-). Ne dà un sunto lo Schaeffer, Geschichte des Spanischer dramas, , p. -. 114 Oro non compra amore o sia Il barone di Mosabianca, dramma giocoso per musica in atti, poesia d’ignoto, musica di Luigi Caruso, ebbe per esecutori Andrea Verni, Teresa Benvenuti, Giulia Gasparini, Marianna Gafferini, Camilla Baglioni, Stefano Mandini, Silvestro Corradini, Giuseppe Zurelli, Pietro Verni. 115 Dramma di Metastasio, musica di Marcello da Capua. Oltre Marchesi, la Casentini ed il Carri, lo eseguivano Francesco Tozzi, Angelo Monanni detto Manzoletto «el segundo caponcilio», Carlo Borsari, Rosa Morra. 111 A teatro Nuovo (ora Comunale) udì l’Apelle e Campaspe di Zingarelli: spettacolo di grande apparato e ricchezza; in orchestra sessanta strumenti, alcune scene dipinte a Bologna di merito sufficiente, mal maneggiate però, come è solito in Italia. Cantò Crescentini, riputato «el major cantor capòn» dopo Marchesi. Pessimo — il giudizio è sempre quello — il libretto, buona la musica. Nel teatro Casali (o Zagnoni) (l’antico Formagliari) si davano opere buffe, tutte «muy malas», s’intende nel libretto, ma sostenute dalla bontà della musica, come Il fanatico in berlina (di Paesiello), I due baroni di Rocca Azzurra, Il marchese Tulipano, La moglie corretta, ecc. Colla primavera il Moratin se ne partì di nuovo per un altro giro in Italia. Per Piacenza se ne fu a Genova, dove non ricorda in occasione di non so più qual processione che vari cori di bambini che cantavano con voce stridula vari mottetti; e da Genova venne a Torino. Qui a causa della guerra colla Francia non c’erano teatri d’opera aperti: «el són de Marte habia hecho enmudecer à las timidas musas», il suono di Marte aveva fatto ammutolire le timide muse. Visitò ciononostante il teatro Regio, di cui loda il fabbricato e le cure usate nelle minime cose dalla Società dei Cavalieri, allora assuntrice dell’impresa. Basti dire «che nella sala della direzione vi è un grande armadio che durante le opere è provvisto di tutto il necessario per le cadute, svenimenti, emicranie, convulsioni, soffocazioni ed altre disgrazie inopinate cui vanno soggette le Berenici, Armide, Porcie e Pantasilee che gorgheggiano e saltano». Da Torino per Milano e Mantova se ne tornò a Bologna, donde un’altra volta ripartì nell’ottobre diretto a Firenze. Ivi vide alla Pergola Elena e Paride «opera molto cattiva, composta di pezzi di musica di vari autori e molto male eseguita» ed al Cocomero, al solito, qualche atto di opera buffa, come farsa dopo la rappresentazione della commedia. I comici erano molto cattivi e peggiori quelli che cantavano. A Roma, dove si trovò nel carnevale del , essendo gli spettacoli nuovamente permessi, salvo per le tragedie assolutamente proibite, potè andar al teatro. E la scelta l’aveva, poichè dopo parecchi anni di carestia si aprirà circa dodici teatri. Al Tor di Nona c’era opera buffa con intermezzi danzanti. Vi sentì la Sposa polacca con tutti i difetti e le nullità di tale stile [s’intende drammatico]: se non era composizione del celebre poeta melodrammatico Palomba, meritava di esserlo; quanto alla musica «v’erano molto buoni pezzi, ma molto male eseguiti; orchestra numerosa e ben diretta». Facevan da donne, secondo l’uso costante dei teatri di Roma, «dos caponcillos, desgarbados y sin voz» e gli altri attori valevano poco. È una singolarità dei teatri di Roma — aggiunge il Moratin — vedere quei mascalzoni ballare, cantare o recitare, facendo le parti di dame delicate, di pastorelle, di ninfe o divinità; la modestia ecclesiastica non permette che il bel sesso trionfi sulla scena colle sue grazie seduttrici, e come nel restante d’Italia si vedono Cesari e Pirri e Alcidi eunuchi, a Roma si vedono attrici la cui voce farebbe scomparire un coro di benedettini e la cui barba e le cui mosse tradiscono la virilità. All’Argentina v’era opera seria e ballo. L’opera era intitolata Il trionfo di Arbace: ma chi sia quest’Arbace — scrive argutamente il Moratin — nè di chi trionfi, nè perchè lo incatenino, nè perchè sale sul teatro, nessuno lo può capire. Primo «capon» era Andrea Martini, chiamato comunemente il Senesino, inferiore a giudizio del Moratìn non solo a Marchesi, ma anche a Crescentini. Ha buona presenza — aggiunge — poca voce, sebbene grata all’orecchio; canta con regola e gusto: però gli manca azione, gesto e sentimento; in una sala privata il suo canto deve fare maggiore effetto. Quanto agli altri due «caponcillos» che facevano da donna «eran cosa muy mala». Al Valle commedie con intermezzo di opera buffa. Si dava I nemici generosi «con bella musica, allegra, espressiva, feconda, rapida, piena di grazia, come Cimarosa le sa fare». Tra gli attori il buffo Benucei aveva bella voce, buono stile, grazia e moderazione nei gesti. Gli altri non valevan gran cosa, se se ne eccettua «un caponcillo» con una voce chiara ed aggradevole, vestito da donna, assai buono e capace di produrre qualche illusione. Anche al Capranica l’opera buffa serviva di intermezzo alla commedia. Pessimi i comici, con gesti, voci, mosse «descompasados y feroces»; tra i cantanti invece alcuni erano abbastanza buoni. L’opera era intitolata La cantatrice bizzarra, al solito il libretto è «cosa malisima», la musica contiene alcuni buoni pezzi. Nel teatro della Pallacorda, uno dei più piccoli di Roma che pareva un baule, si davan pure alternate commedie ed opere buffe, senza «capones» ma cantanti pessimi che stroppiavano la musica eccellente che talvolta capitava nelle loro mani. In un teatro posticcio in una stradicciola presso il ponte Sant’Angelo assistè anche il Moratin alla curiosa rappresentazione di una di quelle farse che prendono nome di Carro o Contrasto della Giudiata e ne dà una vivace descrizione. Secondo quanto mi fu riferito — narra il Moratin — le si dà il nome di Carro, perchè anticamente queste compagnie di comici, anzi di «farsantes», giravano i paesi circonvicini su di un carro sul quale recitavano e cantavano. E si chiamano anche Contrasto della Giudiata perchè vi figurano sempre un paio di giudei con caratteri odiosi o ridicoli. Nel rozzo teatro ch’io vidi in una stradicciola presso il ponte Sant’Angelo non v’era nulla che non fosse conforme al sudicio edificio: attori, farse, balli, vestiari, decorazioni, musica, illuminazione, uditorio. Appena ebbe terminata la sua sinfonia quella che io non oso chiamar orchestra, comparve un personaggio ridicolo, tutto vestito di nero, caricato di un gran mandolino, si sedette su di una seggiola ad un lato del palco, si alzò lo sconnesso telone e si diede principio al dramma, cantato tutto con accompagnamento di mandolino, eccettuata la parte dell’amoroso che recitava in prosa per dar riposo al musico o corifeo. I versi erano di dieci, undici, dodici sillabe e anche più, secondo che era frullato all’autore; il canto, il più strano ed infernale che si possa udire, mi ricordava quello delle nutrici quando cantano «Duermete, nino de cuna, que à los piés tienes la luna y à la cabacera el sol». Tutta la grazia di quel maledetto canto consisteva nel tirar fuori la voce con tutta la forza possibile dei polmoni ed allargare le sillabe finali dei versi. Bisognava vedere come sudavano quei barbari per accattare, a furia di urli, gli applausi del rozzo uditorio. L’azione ed il gesto andavan d’accordo colla musica in delicatezza e perfezione. La commedia si intitolava Il tiranno punito dal Cielo. Lo strepito dell’assemblea, il tanfo di sudore, di sego, di vino, degli aliti pestilenziali non si possono descrivere; è necessario veder questo spettacolo per formarsi un’idea dei divertimenti del volgo di Roma e di quel ch’è tal volgo. Nonostante mi rallegro di averci speso tre ore poichè, avendo veduto rappresentare la Ifigenia a Parigi e a Roma il Contrasto della Giudiata, credo di aver visto il migliore ed il peggiore spettacolo drammatico di Europa. A Bologna finalmente, dove si trovò nella quaresima del , il Moratin ebbe ancora ad ammirare la Bertinotti, «una de las buenas cantatrices de Italia», di cui loda la voce delicata, il sentimento e la conoscenza del teatro, poco dopo la Billington «reputada por la mejor que hoy se conoce», e ne dà il seguente giudizio: Ad una gran conoscenza della musica unisce la voce più grata, le inflessioni più soavi che si possano udire ed eseguisce i passi più difficili con una franchezza e facilità che sorprendono; si aggiunga a questo una bella presenza, molto decoro e compostezza. Si desidererebbe però qualche maggior conoscenza e pratica della scena, vivacità ed espressione nelle sue mosse che in generale sono fredde o sbagliate o insignificanti. Cantò con lei Mombelli, tenore di merito conosciuto. L’opera era la Merope,116 la musica è del gusto che ha regnato molti anni fa. ————————— 116 Di Sebastiano Nasolini (-?), piacentino. L’ settembre del , lasciata Bologna, D. Leandro F. de Moratin se ne ritornava in Spagna e, come appare dalle sue lettere, serbava per tutta la vita profonda impressione artistica e gradito ricordo del suo lungo soggiorno tra noi. Col Moratin siamo giunti quasi al termine di quel secolo decimottavo, che ha tanta importanza nella storia della musica italiana. Dopo di lui altri molti viaggiatori stranieri visitarono la nostra penisola e lasciarono descrizioni e ricordi de’ loro viaggi; ma quanto più ci avviciniamo a’ tempi nostri, tanto più — salve parecchie lodevoli eccezioni — ne scema il valore. Terminerò dunque coll’arguto drammaturgo spagnuolo questa rapida ed incompleta rassegna, augurandomi di aver portato un contributo utile, per quanto piccolo assai, alla storia della musica italiana. Possa il felice risveglio di questi studi fra noi esserci fonte di una più giusta e più serena estimazione delle nostre glorie passate!