““MESSAGGI PUBBLICITARI E TUTELA DEI MINORI”

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“MESSAGGI PUBBLICITARI E TUTELA DEI MINORI”
PROF.SSA FRANCESCA MITE
Università Telematica Pegaso
Messaggi pubblicitari e tutela dei minori
Indice
1
INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
EXCURSUS NORMATIVO SULLE FORME DI TUTELA DEI MINORI RISPETTO AI MESSAGGI
PUBBLICITARI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3
SEGUE: IL CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE TV E LA TUTELA DEI MINORI -------------- 10
4
SEGUE: PROBLEMI DI COORDINAMENTO CON LA CD. LEGGE GASPARRI, RILIEVI CRITICI 12
5
SEGUE: LA TUTELA DEI MINORI NEL TESTO UNICO DELLA RADIOTELEVISIONE E NEL
CODICE DEL CONSUMO --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
6
LE FATTISPECIE LEGISLATIVE DI PUBBLICITÀ INGANNEVOLE CHE COINVOLGONO I
MINORI EX D.LGS. N. 145/2007 NELL’INTERPRETAZIONE DEGLI ORGANISMI DI CONTROLLO ----- 23
7
IL CODICE DI AUTODISCIPLINA DELLA COMUNICAZIONE COMMERCIALE E LA TUTELA DEI
MINORI -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 28
8
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ------------------------------------------------------------------------------------- 31
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 32
SITI INTERNET --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 32
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Messaggi pubblicitari e tutela dei minori
1 Introduzione
Le immagini e i contenuti dei messaggi provenienti dall’intero sistema delle comunicazioni
e dai media in generale, sono potenzialmente in grado di orientare l’opinione pubblica,
determinando anche scelte politiche, economiche, finanziarie dell’intera collettività.
Nell’odierno impianto delle comunicazioni, tuttavia, coloro i quali più di tutti subiscono l’influenza
dei moderi sistemi di diffusione delle comunicazioni sono, per loro natura, i bambini.
È di tutta evidenza, anche per un osservatore non esperto del settore, quanto forte sia l’influenza che
i moderni mezzi di comunicazione possono imprimere sui soggetti nel corso dell’età evolutiva,
incidendo in maniera aggressiva sui loro processi formativi ed educativi; ciò è tanto più vero in una
società, come quella odierna, fortemente permeata da una intensa evoluzione tecnologica che ha
completamente rivoluzionato l’intero settore delle comunicazioni.
In tale contesto, ad uscire “stravolto” è anche il rapporto bambini-Tv1 che, non a caso, rappresenta
oggi più che mai un argomento tanto delicato quanto attuale e sul quale si è concentrata l’attenzione
del Legislatore, degli organismi di controllo, della giurisprudenza, degli interpreti, degli operatori
del settore, della dottrina, dei sociologi. Ed infatti, esiste un impalpabile e pericoloso legame tra ciò
che viene proposto quotidianamente dai mass media all’interno dei programmi ed i comportamenti
non sempre prevedibili, a volte irrazionali che i minori tendono ad assumere.
E allora, posto che fra i programmi di cui sopra, ben possono costituire un rischio per i minori,
anche i messaggi pubblicitari commerciali con la loro idoneità ad influenzare prepotentemente la
mentalità e il comportamento dei bambini e degli adolescenti, si è imposto al nostro Legislatore (
sulla spinta di quello europeo) un intervento nell’ottica di tutelare l’interesse dei minori, considerati
più deboli ed il cui sviluppo etico, fisico e psicologico rappresenta proprio per questo un interesse
superiore e meritevole di protezione giuridica.
La potenzialità che il mezzo televisivo ha in termini di impatto è solo apparentemente superiore a
quella degli altri mezzi di comunicazione; a ben vedere, infatti, oggi, grazie all’evoluzione
tecnologica, gli scenari a cui eravamo abituati si stanno progressivamente trasformando con il
1
Sappiamo bene che nella vita quotidiana di un bambino la Tv occupa una posizione tutt’altro che marginale, ragione
per cui il problema, che qui ci interessa, del rapporto tra pubblicità e minori sembra presentare aspetti di maggiore
preoccupazione e gravità relativamente al mezzo televisivo. Sebbene, come si vedrà, anche l’interattività e la
multimedialità hanno le loro potenzialità in tal senso.
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potenziamento dell’interattività e della multimedialità. Costituirebbe, quindi, un’imperdonabile
leggerezza sminuire l’influenza che la comunicazione commerciale in senso lato2 è in grado di
esercitare sui minori per il tramite anche di altri strumenti: dalle affissioni pubblicitarie alla
pubblicità sui periodici destinati espressamente al pubblico giovanile, per arrivare alle nuove
tecnologie di trasmissione e allo sviluppo della convergenza delle piattaforme e dei media:
televisione, Internet, terminali mobili di videofonia etc.
Oggi, infatti, è innegabile che la multimedialità rappresenta il comportamento emergente tra i
giovani3: l’uso dei vecchi media (la radio e la televisione) si integra con quello dei nuovi media (la
pay-tv, Internet, il pc, il videofonino, l’I-Pod) ed entra sempre più a far parte del quotidiano delle
famiglie. Nella sua stanza il bambino si trova al centro di una rete di informazioni: il pc, la consolle,
l’I-pod, il telefonino etc., ed infatti, tra i bambini e i giovani l’uso delle nuove tecnologie è molto
più diffuso che tra gli adulti.
In tale contesto il minore è considerato una autonoma categoria di utente, necessitando di una
specifica considerazione per la sua limitata capacità di comprendere e distinguere la realtà dalla
finzione.
Da qui si impone l’esigenza di una tutela specifica ed efficace di tale categoria di telespettatori
ipersensibili. Non a caso, tale necessità è sancita a vari livelli: costituzionale, internazionale,
comunitario e nazionale4, tuttavia i nuovi scenari ne rendono tecnicamente più difficile la
2
Oggi nell’ordinamento italiano esistono varie nozioni che hanno riferimenti nella cd. comunicazione commerciale
intesa in senso lato. Tentano di tracciare un percorso che vada dalle definizioni più generali a quelle più specifiche, in
un rapporto di genus a species, S. Sica e V. Zeno Zencovich, i quali considerano, innanzitutto, la nozione di pratica
commerciale di cui al Codice del Consumo, poi quella più propriamente di comunicazione commerciale di cui al codice
di autodisciplina e, infine, quella di pubblicità ad oggi prevista e disciplinata ex D. Lgs. n. 145/2007. S. Sica e V. Zeno
Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, II Edizione, Cedam 2012, pg. 220.
3
C. Calabrò, Conferenza nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza “Il futuro dei bambini è nel presente”, in
www.agcom.it
4
L’articolo 31 della nostra Costituzione impegna la comunità nazionale, in tutte le sue articolazioni, a proteggere
l’infanzia e la gioventù. L’art. 17 “Convenzione sui diritti del fanciullo” approvata dall’ONU nel 1989 e divenuta legge
dello Stato nel 1991, nel rapporto tra minori e mass media, pone un canone di ampia informazione con la precisa finalità
di promuovere il benessere sociale, morale e spirituale dell’utente. Più precisamente, essa impone a tutti di collaborare
alla creazione delle condizioni utili a garantire ai minori una vita autonoma nella società e fa divieto di sottoporli a
interferenze arbitrarie o illegali nella propria privacy e comunque a forme di violenza, danno, abuso mentale,
sfruttamento. Anche in Europa la protezione dei minori da contenuti nocivi per il loro sviluppo psichico e morale
rappresenta un interesse pubblico fondamentale, nel cui rispetto deve esplicarsi il diritto alla libertà di espressione. Tale
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realizzazione perché con l’uso delle nuove tecnologie si entra in un campo caratterizzato da poche
regole, peraltro difficili da fare rispettare.
Nel complesso, la lezione odierna si prefigge lo scopo di indagare innanzitutto quali siano e se ci
siano, i rischi che possono correre i minori esposti ad una particolare forma di comunicazione, cioè,
alla pubblicità commerciale; si individuerà, quindi, il sistema normativo predisposto a tutela degli
interessi dei minori, tenendo presente che un sano, equilibrato e completo sviluppo mentale, fisico e
morale rappresenta un diritto del minore riconosciuto, come detto, dall’ordinamento giuridico
nazionale e internazionale.
In tale contesto, si tenterà di verificare se le forme di tutela dei minori attualmente previste nel
quadro normativo proprio della pubblicità siano sufficienti a tutelare i piccoli spettatori, o se non
sia, invece, necessario apportare degli accorgimenti seppur minimi al sistema, per aumentare il
livello di protezione del pubblico dei più piccoli dagli effetti indesiderati della pubblicità
ingannevole o se non sia addirittura necessario apportare delle modifiche di carattere più radicale.
In particolare, nell’analizzare la disciplina legislativa si procederà ad individuare le fattispecie da
essa previste in cui rileva la presenza di un minore al fine di qualificare come ingannevole un
messaggio pubblicitario; l’attenzione si soffermerà, altresì, sulle disposizioni pubblicitarie di
carattere autodisciplinare a autoregolamentare.
Quindi ed infine, l’attenzione si concentrerà su alcune pronunce organismi statuali e autodisciplinari
che sono predisposti all’applicazione delle stesse leggi e dei regolamenti di autodisciplina.
In ogni caso, nel rispetto di una onesta riflessione critica sul tema de quo e, cioè, sul rapporto tra la
comunicazione pubblicitaria e i minori, è doveroso non abbandonarsi alla facile tentazione di
demonizzare la pubblicità ad ogni costo: ed infatti, non ci sono solo coloro che assumono una
posizione di denuncia cercando di attivare varie forme di contrasto e resistenza alla comunicazione
pubblicitaria, tanto sul piano pubblico quanto su quello dei comportamenti privati5; vi sono, a ben
obiettivo deve essere perseguito dagli Stati membri con l’adozione di adeguate misure, come stabilito dalla direttiva “Tv
senza frontiere” (89/522/CEE), attuata in Italia dalla legge Mammì, come modificata dalla direttiva 97/36/CEE e come
confermato dalla nuova direttiva “Servizi Media e Audiovisivi” (2007/65/CEE).
5
Gli allarmisti richiamano molti esempi di marketing selvaggio e di manipolazione incontrollata ai danni dei minori e
propongono una serie di iniziative concrete per “de commercializzare” almeno parzialmente l’infanzia. Fra queste
emerge sicuramente la necessità di un intervento pubblico di regolamentazione: in paesi come Norvegia, Svezia,
Austria, Grecia, Australia, ad esempio, esistono restrizioni molto forti, in certi casi con la proibizione di indirizzare
messaggi pubblicitari a minori di dodici anni. In tal senso, Michele Maranzana Associazione Psy&Co, Quando la
pubblicità guarda i bambini, su www.nonsoloteatro.com. Per la pubblicità ingannevole del cd. cibo spazzatura, si rinvia
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vedere, anche coloro i quali si domandano giustamente se la pubblicità faccia davvero male ai
minori e si sforzano di dialogare direttamente con il mondo dei professionisti della pubblicità6.
a “Pubblicità di cibo spazzatura, la Norvegia vuole vietarla ai minorenni” su www.ilpuntocoldiretti.it “Se, nel nostro
Paese la legislazione che dovrebbe tutelare i minori dalle pubblicità ingannevole è pressoché inesistente, l’esempio ci
viene da altri paesi europei, che scegliendo la strada di una normativa più severa e rigorosa contro la pubblicità dei cibi
ipercalorici stanno ottenendo risultati incoraggianti nella lotta all’obesità infantile. In Francia, ad esempio, su alcuni
prodotti vengono apposte delle fascette simili a quelle utilizzate per i pacchetti di sigarette; in Olanda è vietata la
pubblicità dei dolci per i minori di 12 anni, un divieto che viene adottato anche in Svezia, Danimarca e Norvegia. In
Svezia vige addirittura il divieto di utilizzare i personaggi dei cartoni animati per la pubblicità. Ma non finisce qui: in
questi giorni la Norvegia sta discutendo la proposta di allargare il divieto di pubblicizzare cibo spazzatura fino ai minori
di 18 anni già a partire dal prossimo anno. L’unica certezza è che nei Paesi in cui c’è maggiore severità contro la
pubblicità del cibo spazzatura, la frenata sui consumi del cibo ipercalorico ha coinciso con una diminuzione del tasso di
obesità infantile. Allora perché non seguire l’esempio norvegese?”
6
Per coloro i quali provengono dal mondo dei pubblicitari o dall’industria, la pubblicità e l’acquisto dei prodotti
aiuterebbe i bambini a sentirsi forti, ad aumentare il senso di autostima e di controllo sul proprio ambiente. I difensori
della pubblicità affermano anche che i bambini di oggi non siano eccessivamente influenzati o danneggiati dalla
pubblicità, capaci come sono di attivare autonomamente i “filtri” necessari, più svegli e sofisticati.
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2 Excursus normativo sulle forme di tutela dei
minori rispetto ai messaggi pubblicitari
Come si è detto nell’introduzione, la tutela dei bambini dalla pubblicità e nelle varie forme
di pubblicità costituisce un tema che da lungo tempo impegna il nostro Legislatore, oltre che, come
si vedrà quello europeo.
Una ricostruzione cronologica7 della normativa in questione aiuterà a comprendere come e se
l’approccio del Legislatore rispetto alla questione minori e pubblicità sia negli anni cambiato e da
quale prospettiva esso si è mosso.
Già l’art. 14 della L. 8/2/1948, n. 47, (peraltro ancora in vigore)8, recante le disposizioni sulla
stampa, estendeva l’applicazione dell’art. 528 del Codice penale (pubblicazioni e spettacoli osceni)
anche alle pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti, quando fossero idonee ad
offendere il loro sentimento morale o ad incitare alla corruzione, al delitto o al suicidio, ai giornali e
ai periodici destinati all’infanzia, ove favorissero istinti violenti ed antisociali. Disponendo, altresì,
l’applicazione delle medesime disposizioni a quei giornali e periodici destinati all’infanzia, nei
quali la descrizione o l’illustrazione di vicende poliziesche e di avventure sia fatta, sistematicamente
o ripetutamente, in modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale.
Si tratta di una disposizione, questa, la cui applicazione è stata estesa da parte della giurisprudenza
anche ai cd videogiochi sempre che questi ultimi siano esplicitamente destinati ai fanciulli e agli
adolescenti 9.
7
Per una più compiuta, precisa e critica ricostruzione normativa sul tema, si rinvia a F. Malagoli, Pubblicità e minori in
Largoconsumo.
8
Legge 8 febbraio 1948, n. 47 recante “Disposizioni sulla stampa”, pubblicata nella Gazz. Uff. 20 febbraio 1948, n. 43.
Il comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha
ritenuto indispensabile la permanenza in vigore del presente provvedimento.
9
Il disposto di cui all’art. 14 l. 8 febbraio 1948 n. 47, secondo il quale sono penalmente sanzionabili, ai sensi dell’art.
528 c.p., "le pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti quando, per la sensibilità ed impressionabilità ad essi
proprie, siano comunque idonee ad offendere il loro sentimento morale o a costituire per essi incitamento alla
corruzione, al delitto o al suicidio", può trovare applicazione anche con riguardo ai cd. "video giochi" sempre che questi
ultimi siano esplicitamente destinati ai fanciulli e agli adolescenti. (Nella specie, tale condizione è stata esclusa, sulla
base della considerazione che le confezioni dei giochi in questione recavano l’indicazione "sconsigliato ai minori e alle
persone impressionabili"). Cass. pen. Sez. III, 21/12/1999, n. 4118 in Riv. Pen., 2000, 338.
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Successivamente anche la legge 12/12/1960, n. 1591 (peraltro ancora in vigore) 10, riguardante le
affissioni e l’esposizione al pubblico di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore o alla
decenza, avendo riguardo ai minori degli anni 18 e alle esigenze della loro tutela morale, ha stabilito
all’art. 1 pene per coloro i quali fabbricassero, introducessero, affiggessero immagini tali da
offendere il pudore o la pubblica decenza.
Al riguardo è stato precisato in giurisprudenza che «La l. 12 dicembre 1960 n. 1591 vieta soltanto
quelle visioni di figure, immagini, disegni ed oggetti figurati ritenuti osceni secondo la particolare
sensibilità dei minori di anni diciotto, alle quali la collettività, composta anche di fanciulli e di
adolescenti, risulti esposta per il solo fatto di trovarsi in circolazione per le strade e nelle piazze;
pertanto, avendo ad oggetto la citata legge le sole immagini staticamente esposte in luoghi di
pubblica circolazione, la cui visione non risulti condizionata dall’espletamento di alcun atto di
volontà essa non riguarda le raffigurazioni filmiche proiettate televisivamente, essendo le immagini
individuate, in questa ipotesi, nella loro dimensione dinamica, nel quadro complessivo dell’opera
filmica»11.
La legge 6 agosto 1990, n. 223, “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato“, cd.
Legge Mammì12, dal nome del suo primo firmatario, l’allora ministro delle poste e
10
Legge 12 dicembre 1960, n. 1591, recante “Disposizioni concernenti l’affissione e l’esposizione al pubblico di
manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore o alla decenza”, pubblicata nella Gazz. Uff. 3 gennaio 1961, n. 2.
Il comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha
ritenuto indispensabile la permanenza in vigore del presente provvedimento.
11
Trib. Roma, 30/05/1989, in Giur. di Merito, 1990, 111 nota di TERRUSI
Dir. Informazione e Informatica, 1989, 98
12
Legge 6 agosto 1990, n. 223, recante “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”, pubblicata nella
Gazz. Uff. 9 agosto 1990, n. 185, S.O. Per il regolamento di attuazione della presente legge, vedi il D.P.R. 27 marzo
1992, n. 255. Le disposizioni concernenti la tenuta e l’organizzazione del Registro nazionale della stampa e del Registro
nazionale delle imprese radiotelevisive contenute nella presente legge, sono state abrogate ai sensi di quanto disposto
dall’art. 1, L. 31 luglio 1997, n. 249 e dall’art. 38, Del.Aut.gar.com. 30 maggio 2001, n. 236/01/CONS. Vedi, anche, il
D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177 e l’art. 139, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
La Mammì è stata la prima legge organica di sistema che l’ordinamento italiano abbia mai avuto in materia radio
televisiva. L’intento della legge è stato quello di dotare l’Italia di una legislazione minima, attraverso l’attuazione della
direttiva comunitaria 552 del 1989 C.E.E., “Televisione senza frontiere“. La Legge Mammì si divide in 5 titoli e 41
articoli, ma quello fondamentale è il Titolo I, che si ispira ad alcuni valori costituzionali. L’articolo 1 indica che la
diffusione di programmi televisivi o radiofonici deve avere un carattere di interesse generale. L’articolo 2 si riferisce al
pluralismo dell’informazione. Tuttavia è da dire che le garanzie di pluralismo non sono state ritenute sufficienti, tant’è
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telecomunicazioni repubblicano Oscar Mammì, disciplinando il sistema radiotelevisivo, ha stabilito
che la pubblicità radiofonica e televisiva non arrecasse pregiudizio morale o fisico ai minorenni e ne
ha vietato l’inserimento nei programmi di cartoni animati.
Immediatamente dopo, anche il D.M. n. 425 del 30/11/199113 ha imposto alla pubblicità televisiva
di non arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni, di non esortarli direttamente all’acquisto di
un prodotto o di un servizio, sfruttandone l’inesperienza e la credulità evitando, altresì, di
persuadere i genitori o altre persone all’acquisto del prodotto pubblicizzato. Sempre nel decreto si
afferma che la pubblicità televisiva si astenga dallo sfruttare la loro particolare fiducia nei confronti
di genitori, insegnanti ed altre persone o mostrare, senza motivo, minorenni in situazioni pericolose.
Il D. Lgs. n. 74/1992, tra l’altro abrogato con l’introduzione del Codice del consumo, considerava
comunque ingannevole la pubblicità che, suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, fosse
idonea anche solo indirettamente a minacciarne la sicurezza o ad abusare della loro naturale
credulità o mancanza di esperienza. Non solo, considerava ingannevole il messaggio pubblicitario
che, impiegando bambini ed adolescenti, abusasse dei naturali sentimenti degli adulti per i più
giovani. È di tutta evidenza quanto forte sia la similitudine di tale ultimo provvedimento con il su
richiamato DM del 1991.
che la sentenza n. 420 del 1990 la dichiara costituzionalmente illegittima. Dopo l’introduzione della legge è stato deciso
di istituire un’autorità Antitrust, mentre la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il comma 4 dell’art. 15 (le
concessioni a un singolo soggetto non possono superare il 25% del numero di reti nazionali previste dal piano di
assegnazione e comunque il numero di tre).
La legge obbliga ogni rete ad avere un direttore diverso ed un telegiornale con un relativo direttore, vietando inoltre
pubblicità durante i cartoni animati e fissando il massimo numero di spot durante la trasmissione di film.
13
DM 30 novembre 1991, n. 425, “ Regolamento concernente attuazione degli articoli 13, 15 e 16 della direttiva del
Consiglio delle Comunità europee del 3 ottobre 1989 (89/552/CEE), relativi alla pubblicità televisiva dei prodotti del
tabacco e delle bevande alcooliche ed alla tutela dei minorenni “, pubblicato nella Gazz. Uff. 7 gennaio 1992, n. 4,
emanato dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni.
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Segue: il Codice di Autoregolamentazione tv e
la tutela dei minori
Nato nel 200214 come forma di autoregolamentazione di settore, il Codice di
Autoregolamentazione Tv e minori, approvato e sottoscritto dalle imprese televisive e da importanti
associazioni di categoria, impone alle emittenti, nella consapevolezza della minore capacità di
giudizio e di
discernimento dei più giovani, di controllare i contenuti della pubblicità, dei
programmi in generale, dei filmati promozionali dei film di prossima uscita, vietando loro di
trasmettere pubblicità e autopromozioni che possano arrecare un pregiudizio all’armonico sviluppo
della personalità dei minori, ovvero che possano costituire fonte di pericolo fisico o morale per gli
stessi, con particolare attenzione alla fascia protetta. Peraltro vengono stabiliti tre diversi livelli di
protezione.
Il primo livello di protezione identificato dal Codice, quello della cd. protezione generale vale per
tutte le fasce orarie di programmazione. Nel rispetto di tale livello di protezione, si prevede che i
messaggi pubblicitari non possono proporre i minori quali protagonisti impegnati in atteggiamenti
pericolosi o intenti al consumo di alcool, di tabacco, di sostanze stupefacenti, né screditare o
“ridicolizzare” l’astinenza dall’uso di tali sostanze o esaltarne l’assunzione; ancora, si stabilisce che
i messaggi pubblicitari non possono esortare direttamente i più giovani all’acquisto, abusando della
loro naturale credulità15 e inesperienza. Si precisa, infine che la pubblicità non debba indurre in
errore circa le prerogative16, la natura17, il prezzo18 e gli accessori19 dei giocattoli.
14
Approvato dall’assemblea plenaria della Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo il 5 novembre 2002 e
sottoscritto dalle imprese televisive il 29 novembre 2002.
15
«Un messaggio pubblicitario, sebbene non indirizzato direttamente a un pubblico di minori, è idoneo a raggiungere
anche bambini ed adolescenti, in particolare per i suoi contenuti fortemente suscettibili di abusare della normale
credulità e inesperienza dei minori, invogliando gli stessi ad assumere atteggiamenti pericolosi per la loro salute e
sicurezza, come ad esempio l’atto di infilarsi in testa una busta di plastica». Autorità Garante per la concorrenza,
31/03/2004, n. 13052, in Massima redazionale, 2004.
16
Con riferimento al grado di conoscenze e di abilità necessarie all’utilizzo del prodotto.
17
In particolare sulle prestazioni e sulle dimensioni dei giocattoli reclamizzati.
18
Ciò vale ancor di più quando il funzionamento dei giocattoli imponga l’acquisto di prodotti complementari.
19
La descrizione degli accessori inclusi e non inclusi nella confezione.
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Il secondo livello di protezione quello cd. di protezione rafforzata attiene alle fasce orarie di
programmazione che vanno dalle ore 7.00 alle ore 16.00 e dalle ore 19.00 alle ore 22,30, arco
temporale in cui si presume che il pubblico minorile davanti al televisore sia di sicuro piuttosto
numeroso, ma supportato generalmente dalla presenza di un adulto. Proprio in quanto trattasi di
protezione rafforzata in queste fasce orarie, il codice vieta tutte quelle pubblicità direttamente
rivolte ai minori, che possano compromettere il loro equilibrio psichico e morale; in particolare
vieta i seguenti stati: situazioni che possano indurli a ritenere che il mancato possesso del prodotto
pubblicizzato significhi inferiorità o mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei genitori;
situazioni che possono creare dipendenza affettiva dagli oggetti; situazioni di trasgressione; o
situazioni che violino norme di comportamento socialmente accettate o che screditino l’autorità, la
responsabilità e i giudizi dei genitori, degli insegnanti o di altre persone autorevoli; o situazioni di
ambiguità tra bene e male che disorientino i più giovani20.
L’ultimo livello, quello della cd. protezione specifica, attiene alla fascia oraria di programmazione
compresa tra le ore 16.00 e le ore 19.00, durante cui si presume che il minore possa più facilmente
trovarsi da solo davanti allo schermo. Peraltro si tratta di un livello di protezione specifico dei
programmi direttamente rivolti ai minori. E così, in questa fascia si prevede che i messaggi
pubblicitari, le promozioni e qualsiasi altra forma di comunicazione commerciale pubblicitaria che
abbia come destinatari i minori, siano preceduti, seguiti e caratterizzati da elementi che facciano
percepire in maniera chiara ed inequivocabile anche ai più piccoli che non sappiano ancora leggere
o ai minori disabili, la discontinuità rispetto alla trasmissione precedente. In tale fascia protetta,
oltretutto, non possono essere diffusi annunci pubblicitari di bevande alcoliche o superalcoliche, di
servizi telefonici a valore aggiunto a carattere di intrattenimento, di profilattici e contraccettivi 21.
20
Situazioni queste ben segnalate da S. Sica e V. Zeno Zencovich, ibidem, pg. 259.
21
Tale divieto non trova applicazione nell’ipotesi di apposite campagne sociali.
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Segue: problemi di coordinamento con la cd.
Legge Gasparri, rilievi critici
In tale panorama normativo irrompe, dopo appena due anni dall’emanazione del Codice di
Autoregolamentazione Tv, l’ennesimo provvedimento normativo: la legge 3 maggio 2004, n. 11222,
c.d. Legge Gasparri sull’assetto del sistema televisivo che pure si occupa della tutela dei minori e i
cui contenuti sui minori sono stati trasportati, come si vedrà più avanti, nel capo II del cd. Tusmar
(Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici) e, precisamente, negli artt. 34 e 35.
Con la sua entrata in vigore, si è disposto, all’art. 1023 oltre al recepimento del Codice di
Autodisciplina all’intero dell’ordinamento nazionale24, un divieto indiscriminato dell’utilizzo di
minori degli anni quattordici nei messaggi pubblicitari radiotelevisivi e negli spot.
22
Legge 3 maggio 2004, n. 112, recante “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della
RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della
radiotelevisione”, pubblicata nella Gazz. Uff. 5 maggio 2004, n. 104, S.O.
23
10. Tutela dei minori nella programmazione televisiva. 1. Fermo restando il rispetto delle norme comunitarie e
nazionali vigenti a tutela dei minori e in particolare delle norme contenute nell’articolo 8, comma 1, e nell’articolo 15,
comma 10, della legge 6 agosto 1990, n. 223, le emittenti televisive devono osservare e promuovere le disposizioni per
la tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori approvato il 29 novembre 2002. Eventuali
integrazioni, modifiche o adozione di nuovi documenti di autoregolamentazione sono recepiti con decreto del Ministro
delle comunicazioni, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere della
Commissione parlamentare di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451. 2. Le emittenti televisive sono altresì tenute a
garantire, anche secondo quanto stabilito nel Codice di cui al comma 1, l’applicazione di specifiche misure a tutela dei
minori nella fascia oraria di programmazione dalle ore 16,00 alle ore 19,00 e all’interno dei programmi direttamente
rivolti ai minori, con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e ad ogni altra forma di
comunicazione commerciale e pubblicitaria. È comunque vietata ogni forma di comunicazione pubblicitaria avente
come oggetto bevande contenenti alcool all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori e nelle interruzioni
pubblicitarie immediatamente precedenti e successive. Specifiche misure devono essere osservate nelle trasmissioni di
commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani
dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell’avversario, per prevenire fenomeni di violenza legati allo
svolgimento di manifestazioni sportive. 3. L’impiego di minori di anni quattordici in programmi radiotelevisivi è
disciplinato con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal
Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per le pari
opportunità, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 3-bis. Lo schema di regolamento di
cui al comma 3 è trasmesso alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Commissione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451, che si esprimono entro sessanta
giorni dall’assegnazione. 4. Alla verifica dell’osservanza delle disposizioni di cui al presente articolo, e di cui ai commi
da 10 a 13 dell’articolo 15 della legge 6 agosto 1990, n. 223, provvede la Commissione per i servizi e i prodotti
dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di
autoregolamentazione TV e minori, anche sulla base delle segnalazioni effettuate dal medesimo Comitato.
Conseguentemente, all’articolo 1, comma 6, lettera b), numero 6), della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono aggiunti, in
fine, i seguenti periodi: «In caso di inosservanza delle norme in materia di tutela dei minori, ivi comprese quelle
previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni,
la Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità delibera l’irrogazione delle sanzioni previste dall’articolo 31 della
legge 6 agosto 1990, n. 223. Le sanzioni si applicano anche se il fatto costituisce reato e indipendentemente dall’azione
penale. Alle sanzioni inflitte sia dall’Autorità che dal Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV
e minori viene data adeguata pubblicità e la emittente sanzionata ne deve dare notizia nei notiziari diffusi in ore di
massimo o di buon ascolto». 5. In caso di violazione delle norme in materia di tutela dei minori, le sanzioni sono
applicate direttamente secondo le procedure previste dal comma 3 dell’articolo 31 della legge 6 agosto 1990, n. 223, e
non secondo quelle indicate dai commi 1 e 2 dell’articolo 31 della medesima legge n. 223 del 1990, e dalle sezioni I e II
del Capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689. In caso di violazione delle medesime norme non è comunque
ammesso il pagamento in misura ridotta e non si applicano le disposizioni previste dal comma 5 dell’articolo 31 della
legge n. 223 del 1990. Il Ministero delle comunicazioni fornisce supporto organizzativo e logistico all’attività del
Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori mediante le proprie risorse strumentali e di
personale, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato. 6. I limiti minimo e massimo della sanzione pecuniaria
prevista al comma 3 dell’articolo 31 della legge 6 agosto 1990, n. 223, sono elevati, in caso di violazione di norme in
materia di tutela dei minori, rispettivamente a 25.000 e 350.000 euro.
7. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni presenta al Parlamento, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione
in materia di tutela dei diritti dei minori, sui provvedimenti adottati e sulle eventuali sanzioni irrogate. Ogni sei mesi,
l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni invia alla Commissione parlamentare per l’infanzia di cui alla legge 23
dicembre 1997, n. 451, una relazione informativa sullo svolgimento delle attività di sua competenza in materia di tutela
dei diritti dei minori, con particolare riferimento a quelle previste dal presente articolo, corredata da eventuali
segnalazioni, suggerimenti o osservazioni. 7-bis. Nella composizione del Consiglio nazionale degli utenti di cui al
comma 28 dell’articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, è in ogni caso assicurata un’adeguata partecipazione di
esperti designati da associazioni qualificate nella tutela dei minori, nonché da associazioni rappresentative in campo
familiare ed educativo o impegnate nella protezione delle persone con disabilità. 8. All’articolo 114, comma 6, del
codice di procedura penale, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «È altresì vietata la pubblicazione di elementi
che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni». 9. Il Ministro delle
comunicazioni, d’intesa con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con decreto da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dispone la realizzazione di campagne scolastiche per
un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, nonché di trasmissioni con le stesse finalità rivolte ai genitori,
utilizzando a tale fine anche la diffusione sugli stessi mezzi radiotelevisivi in orari di buon ascolto, con particolare
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Si tratta di un divieto che ha suscitato sin da subito un forte clamore presso l’opinione pubblica e
numerose opposizioni da parte delle associazioni delle aziende pubblicitarie, non solo per la sua
eccessiva rigidità, ma anche perché non considerava l’esistenza in commercio prodotti che, per loro
natura, non possono che essere promossi attraverso immagini del mondo infantile (basti pensare a
titolo meramente esemplificativo a prodotti come passeggini, pannolini, alimenti per lo
svezzamento etc).
Non solo, ad accentuare l’anomalia del divieto anche il fatto che, così come formulato, l’ambito di
applicazione si estendeva solo alla radio e alla televisione, nulla prevedendosi, ad esempio, per
pubblicità a mezzo stampa o a mezzo affissioni, ove presumibilmente ben potevano continuare ad
essere utilizzati i minori senza violare alcun divieto.
Tuttavia è da dire che, proprio alla luce delle numerosissime critiche opportunamente mosse alla
disposizione in esame, tale divieto venne abrogato con la legge 6 febbraio 2006, n. 3725.
riferimento alle trasmissioni effettuate dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. 10. Le quote di riserva
per la trasmissione di opere europee, previste dall’articolo 2, comma 1, della legge 30 aprile 1998, n. 122, devono
comprendere anche opere cinematografiche o per la televisione, comprese quelle di animazione, specificamente rivolte
ai minori, nonché produzioni e programmi adatti ai minori ovvero idonei alla visione da parte dei minori e degli adulti.
Il tempo minimo di trasmissione riservato a tali opere e programmi è determinato dall’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni.
24
Per le torsioni provocate dal recepimento nell’ordinamento di un codice di autodisciplina rispetto al percorso tipico
dell’autoregolamentazione, si rinvia a F. Bruno- G. Nava per i quali nel momento in cui un tipico strumento di natura
pattizia elaborato e sottoscritto su base volontaria, diviene legge dello Stato viene travolto il principio classico su cui si
fonda l’istituto della autoregolamentazione, ossia la spinta a far crescere il livello di coinvolgimento e di auto
responsabilizzazione dei soggetti privati. F. Bruno- G. Nava, Nuovo ordinamento delle comunicazioni.
Radiotelevisione, comunicazione., Giuffrè, 2006, pg. 838.
25
Legge 6 febbraio 2006, n. 37, recante “Modifiche all’articolo 10 della L. 3 maggio 2004, n. 112, in materia di tutela
dei minori nella programmazione televisiva”, pubblicata nella Gazz. Uff. 15 febbraio 2006, n. 38.
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Segue: la tutela dei minori nel Testo unico della
radiotelevisione e nel Codice del consumo
L’analisi del sistema normativo che si è formato negli ultimi 70 anni nel settore delle
comunicazioni in riferimento al sempre preminente interesse della tutela del minore, non può ancora
dirsi conclusa. A ben vedere, infatti, con il recente D.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 recante “Testo
unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici”26, di seguito per brevità, Tusmar, si è tentato di
predisporre uno strumento che raccogliesse, riordinandole, tutte le normative di settore intervenute
nel corso degli ultimi settant’anni. Con particolare riferimento al settore che qui ci interessa, con
tale testo il Legislatore statale torna, tra le altre cose, anche sul tema pubblicità e minori,
provvedendo a predisporre una nuova e più incisiva forma di tutela per i secondi; non a caso, tra i
principi fondamentali ex art. 3 è richiamata la promozione e la tutela del benessere, dell’armonico
sviluppo fisico, psichico e morale dei minori garantiti dalla Costituzione, dal diritto dell’Unione
europea, dalle norme internazionali vigenti nell’ordinamento italiano e dalle leggi statali e regionali.
Ancora, ad occuparsi di minori è anche l’art. 3427 del Tusmar che, più precisamente, disciplina la
tutela dei minori nella programmazione audiovisiva vietando le trasmissioni che, anche in relazione
26
D.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 recante “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici”, pubblicato nella
Gazz. Uff. 7 settembre 2005, n. 208, S.O. Titolo così sostituito dal comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 44, a
decorrere dal 30 marzo 2010 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 20 dello stesso provvedimento.
27
Come sostituito dal D.lgs, 15 marzo 2010, n. 44: «Art. 34 (Disposizioni a tutela dei minori). 1. Sono vietate le
trasmissioni che, anche in relazione all’orario di diffusione, possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico, psichico o
morale dei minori o che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche, salve le norme
speciali per le trasmissioni ad accesso condizionato, comprese quelle di cui al comma 5, che comunque impongano
l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo che vincoli alla introduzione del sistema di protezione tutti i
contenuti di cui al comma 3. Il sistema di classificazione dei contenuti ad accesso condizionato è adottato da ciascun
fornitore di servizi di media audiovisivi o fornitore di servizi ad accesso condizionato, sulla base dei criteri proposti dal
Comitato di applicazione del Codice media e minori, d’intesa con l’Autorità, e approvati con decreto ministeriale. Entro
trenta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, il Comitato di applicazione del Codice media e minori
sottopone i criteri all’autorità ministeriale competente che, apportate le eventuali modifiche e integrazioni, li approva
entro i successivi trenta giorni. Entro ulteriori trenta giorni, i fornitori di servizi di media audiovisivi o i fornitori di
servizi adottano il proprio sistema di classificazione, nel rispetto dei criteri approvati con decreto ministeriale.
2. Le trasmissioni delle emittenti televisive, anche analogiche, diffuse su qualsiasi piattaforma di trasmissione, e delle
emittenti radiofoniche, non contengono programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei
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minorenni, a meno che la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i
minorenni che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a tali programmi; qualora tali programmi siano
trasmessi, sia in chiaro che a pagamento, essi devono essere preceduti da un’avvertenza acustica ovvero devono essere
identificati, all’inizio e nel corso della trasmissione, mediante la presenza di un simbolo visivo.
3. Fermo il rispetto delle norme dell’Unione europea a tutela dei minori e di quanto previsto dai commi 1 e 2 del
presente articolo, dall’articolo 3, nonché dall’articolo 32, comma 5, e dall’articolo 36-bis, la trasmissione, anche a
pagamento, dei film ai quali sia stato negato il nulla osta per la proiezione o la rappresentazione in pubblico o che siano
stati vietati ai minori di anni diciotto nonché dei programmi classificabili a visione per soli adulti sulla base del sistema
di classificazione di cui al comma 1, ivi compresi quelli forniti a richiesta, è comunque vietata dalle ore 7,00 alle ore
23,00 su tutte le piattaforme di trasmissione.
4. I film vietati ai minori di anni quattordici non possono essere trasmessi, sia in chiaro che a pagamento, né forniti a
richiesta, sia integralmente che parzialmente, prima delle ore 22,30 e dopo le ore 7,00.
5. L’Autorità, al fine di garantire un adeguato livello di tutela della dignità umana e dello sviluppo fisico, mentale e
morale dei minori, adotta, con procedure di co-regolamentazione, la disciplina di dettaglio contenente l’indicazione
degli accorgimenti tecnicamente realizzabili idonei ad escludere che i minori vedano o ascoltino normalmente i
programmi di cui al comma 3, fra cui l’uso di numeri di identificazione personale e sistemi di filtraggio o di
identificazione, nel rispetto dei seguenti criteri generali:
a) il contenuto classificabile a visione non libera sulla base del sistema di classificazione di cui al comma 1 è offerto
con una funzione di controllo parentale che inibisce l’accesso al contenuto stesso, salva la possibilità per l’utente di
disattivare la predetta funzione tramite la digitazione di uno specifico codice segreto che ne renda possibile la visione;
b) il codice segreto dovrà essere comunicato con modalità riservate, corredato dalle avvertenze in merito alla
responsabilità nell’utilizzo e nella custodia del medesimo, al contraente maggiorenne che stipula il contratto relativo
alla fornitura del contenuto o del servizio.
6. Le emittenti televisive, anche analogiche, diffuse su qualsiasi piattaforma di trasmissione, sono tenute ad osservare le
disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione media e minori approvato il 29 novembre
2002, e successive modificazioni. Le eventuali modificazioni del Codice o l’adozione di nuovi atti di
autoregolamentazione sono recepiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato ai sensi dell’articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere della Commissione parlamentare di cui alla legge 23
dicembre 1997, n. 451 e successive modificazioni.
7. Le emittenti televisive, anche analogiche, sono altresì tenute a garantire, anche secondo quanto stabilito nel Codice
di cui al comma 6, l’applicazione di specifiche misure a tutela dei minori nella fascia oraria di programmazione dalle
ore 16,00 alle ore 19,00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, con particolare riguardo ai messaggi
pubblicitari, alle promozioni e ogni altra forma di comunicazione commerciale audiovisiva.
8. L’impiego di minori di anni quattordici in programmi radiotelevisivi è disciplinato con regolamento del Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro della salute e
con il Ministro per le pari opportunità.
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all’orario di diffusione, possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico, psichico o morale dei
minori o che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche. Si
precisa, di poi, che i programmi trasmessi non devono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o
morale dei minorenni, a meno che la scelta dell’ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento
tecnico escludano che i minorenni vi assistano. Si vieta, di poi, la trasmissione di film vietati ai
minori di 18 anni dalle ore 7,00 alle ore 23,00 su tutte le piattaforme di trasmissione, mentre per
quelli vietati ai minori di 14 anni si dispone che non possano essere trasmessi, sia in chiaro che a
pagamento, né forniti a richiesta, sia integralmente che parzialmente, prima delle ore 22,30 e dopo
le ore 7,00.
Si impone alle emittenti televisive, anche analogiche, diffuse su qualsiasi piattaforma di
trasmissione, l’osservanza delle disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di
autoregolamentazione media e minori sottoscritto dalle imprese televisive il 29 novembre 2002 e
successive modificazioni. Le stesse emittenti televisive, anche analogiche, sono tenute, poi, a
garantire l’applicazione di specifiche misure a tutela dei minori nella fascia oraria di
programmazione dalle ore 16,00 alle ore 19,00 e all’interno dei programmi direttamente rivolti ai
minori, con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e ogni altra forma di
comunicazione commerciale audiovisiva.
Infine e sempre nell’ottica della tutela dei minori rispetto alla comunicazione commerciale, l’art. 36
bis28 del Tusmar, impone, che quelle audiovisive non arrechino pregiudizio fisico o morale ai
9. Il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dispone
la realizzazione di campagne scolastiche per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, nonché di trasmissioni
con le stesse finalità rivolte ai genitori, utilizzando a tale fine anche la diffusione sugli stessi mezzi radiotelevisivi in
orari di buon ascolto, con particolare riferimento alle trasmissioni effettuate dalla concessionaria del servizio pubblico
radiotelevisivo.
10. Le quote di riserva per la trasmissione di opere europee, previste dall’articolo 44 devono comprendere anche opere
cinematografiche o per la televisione, comprese quelle di animazione, specificamente rivolte ai minori, nonché a
produzioni e programmi adatti ai minori ovvero idonei alla visione da parte dei minori e degli adulti. Il tempo minimo
di trasmissione riservato a tali opere e programmi è determinato dall’Autorità.
11. L’Autorità stabilisce con proprio regolamento da adottare entro il 30 giugno 2010, la disciplina di dettaglio prevista
dal comma 5. I fornitori di servizi di media audiovisivi o di servizi si conformano alla menzionata disciplina di dettaglio
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento della Autorità, comunque garantendo che i contenuti di
cui trattasi siano ricevibili e fruibili unicamente nel rispetto delle condizioni fissate dall’Autorità ai sensi del comma
5.».
28
Capo IV - Disposizioni sulla pubblicità, le sponsorizzazioni e l’inserimento di prodotti
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minori, non li esortino pertanto ad acquistare o locare un prodotto o un servizio sfruttandone
l’inesperienza o la credulità, non li incoraggino a persuadere i loro genitori o altri ad acquistare i
36-bis. Principi generali in materia di comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche.
1. Le comunicazioni commerciali audiovisive fornite dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana
rispettano le seguenti prescrizioni:
a) le comunicazioni commerciali audiovisive sono prontamente riconoscibili come tali; sono proibite le comunicazioni
commerciali audiovisive occulte;
b) le comunicazioni commerciali audiovisive non utilizzano tecniche subliminali;
c) le comunicazioni commerciali audiovisive:
1) non pregiudicano il rispetto della dignità umana;
2) non comportano né promuovono discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, nazionalità, religione o
convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale;
3) non incoraggiano comportamenti pregiudizievoli per la salute o la sicurezza;
4) non incoraggiano comportamenti gravemente pregiudizievoli per la protezione dell’ambiente;
d) è vietata qualsiasi forma di comunicazione commerciale audiovisiva per le sigarette e gli altri prodotti a base di
tabacco; le comunicazioni commerciali audiovisive sono vietate anche se effettuate in forma indiretta mediante
utilizzazione di nomi, marchi, simboli o di altri elementi caratteristici di prodotti del tabacco o di aziende la cui attività
principale consiste nella produzione o nella vendita di tali prodotti, quando per forme, modalità e mezzi impiegati
ovvero in base a qualsiasi altro univoco elemento tale utilizzazione sia idonea a perseguire una finalità pubblicitaria dei
prodotti stessi. Al fine di determinare quale sia l’attività principale dell’azienda deve farsi riferimento all’incidenza del
fatturato delle singole attività di modo che quella principale sia comunque prevalente rispetto a ciascuna delle altre
attività di impresa nell’ambito del territorio nazionale;
e) le comunicazioni commerciali audiovisive per le bevande alcoliche non si rivolgono specificatamente ai minori nè
incoraggiano il consumo smodato di tali bevande;
f) sono vietate le comunicazioni commerciali audiovisive dei medicinali e delle cure mediche che si possono ottenere
esclusivamente su prescrizione medica;
g) le comunicazioni commerciali audiovisive non arrecano pregiudizio fisico o morale ai minori. Non esortano pertanto
i minori ad acquistare o locare un prodotto o un servizio sfruttando la loro inesperienza o credulità, né li incoraggiano a
persuadere i loro genitori o altri ad acquistare i beni o i servizi pubblicizzati, né sfruttano la particolare fiducia che i
minori ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altre persone, né mostrano senza motivo minori che si trovano in
situazioni pericolose.
2. Il Ministero, d’intesa con l’Autorità e sentito il Ministero della salute, incoraggia i fornitori di servizi di media ad
elaborare codici di condotta concernenti le comunicazioni audiovisive commerciali non appropriate che accompagnano
i programmi per bambini o vi sono incluse, relative a prodotti alimentari o bevande che contengono sostanze nutritive e
sostanze con un effetto nutrizionale o fisiologico, in particolare quelle come i grassi, gli acidi grassi trans, gli zuccheri,
il sodio o il sale, la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì alle emittenti radiofoniche ed ai servizi dalle stesse forniti .
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beni o i servizi pubblicizzati, né sfruttino la particolare fiducia che i minori ripongono nei genitori,
negli insegnanti o in altre persone, né mostrino senza motivo minori che si trovano in situazioni
pericolose.
A testimoniare la sensibilità del Legislatore nei confronti dei minori e, nello specifico, anche nel
loro rapporto con la comunicazione pubblicitaria, vi è, poi, la disciplina di cui al D.lgs. 6 settembre
2005, n. 206, cd. Codice del consumo29. Preliminarmente è doveroso precisare che esso adotta una
prospettiva tesa a tutelare il minore non tanto nella veste di utente quanto in quella consumatore ed
infatti, nell’esaminare le pratiche commerciali ingannevoli, sancisce all’art. 2130 che è considerata
29
D.lgs 6 settembre 2005, n. 206, recante “ Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n.
229”, pubblicato nella Gazz. Uff 8 ottobre 2005, n. 235, S.O. Nel presente provvedimento ogni riferimento al Ministero
o Ministro delle attività produttive deve intendersi riferito al Ministero o al Ministro dello sviluppo economico, ai sensi
di quanto disposto dall’art. 20, comma 1, D.Lgs. 23 ottobre 2007, n. 221. Nella sua versione modificata dal D.lgs, 2
agosto 2007, n. 146 recante ”Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese
e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il
Regolamento (CE) n. 2006/2004”, pubblicato nella Gazz. Uff. 6 settembre 2007, n. 207.
30
Art. 21. Azioni ingannevoli 1. E’ considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non
rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è
idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o
è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
a) l’esistenza o la natura del prodotto;
b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione,
gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o
della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o
commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e
controlli effettuati sul prodotto;
c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita,
qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all’approvazione dirette o indirette del professionista o
del prodotto;
d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;
e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;
f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, lo
status, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i
premi e i riconoscimenti;
g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’articolo 130 del presente Codice.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti,
può, anche indirettamente, minacciarne la sicurezza.
Nell’interpretazione giurisprudenziale di tale disposizione emerge che la volontà di attestarsi su una
frontiera di protezione del consumatore che si colloca temporalmente in posizione ben più
anticipata rispetto alla fase prenegoziale o negoziale vera e propria. Al riguardo si segnalano alcune
interpretazioni giurisprudenziali in base alle quali ad esempio «L’art. 21, comma 1, del Codice del
consumo ( d.lgs. n. 206/2005) qualifica come ingannevole una pratica commerciale non solo
quando si caratterizzi per assenza di veridicità, ma anche quando nella sua presentazione
complessiva, avuto riguardo ad una pluralità di elementi indicati dalla disposizione, comprensivi del
prezzo e del modo in cui questo è calcolato, sia idonea ad indurlo ad assumere una decisone di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ne consegue la scorrettezza della pratica
commerciale, come quella per cui è causa, laddove si ravvisi la scomposizione del prezzo del
servizio offerto, cui il consumatore deve pervenire per sommatoria in un quadro composito del
regime tariffario di non immediata percezione, nonché delle modalità grafiche di presentazione
dell’offerta evidentemente sbilanciate nel ruolo informativo agli effetti della corretta ed immediata
cognizione da parte del consumatore medio del prezzo del servizio, per l’enfatizzazione del costo
base di un euro rispetto agli oneri aggiuntivi. Sul punto, si ribadisce come sul professionista gravi
2. È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le
caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:
a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti, i marchi, la
denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita;
b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si è
impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica
commerciale che è vincolato dal codice.
3. E’ considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la
sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di
prudenza e vigilanza.
3-bis. E’ considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario
finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza
assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all’apertura di un conto corrente presso la
medesima banca, istituto o intermediario. (
4. E’ considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed
adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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l’obbligo di mettere a disposizione del consumatore tutte le informazioni idonee a renderlo edotto
delle caratteristiche principali del prodotto e del relativo corrispettivo, ma anche di osservare
modalità di presentazione e di pubblicità che siano ispirate a parametri di completezza, chiarezza ed
univocità, così da consentire decisioni consapevoli sugli oneri da sostenere per l’acquisto del
prodotto o la fruizione del servizio»31.
Più precisamente in esso è contemplata una norma, l’art. 3132 specificamente destinata alle
televendite rivolte ai minori, in considerazione del fatto che le televendite in ragione delle proprie
caratteristiche, si connotano di una maggiore persuasività rispetto alle altre forme di comunicazione
pubblicitaria.
Trattasi di una disposizione, questa del Codice del consumo, che nel riproporre l’art. 40 del
Tusmar33 a proposito delle televendite, appronta un sistema di tutela specifico rivolto ai minori e
31
(Parziale riforma della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma, sez. I, n. 27458/2010); Cons. Stato Sez. VI, 27/10/2011, n.
5785; nello stesso senso Cons. Stato Sez. VI, 09/06/2011, n. 3511, in Massima redazionale, 2011
32
Art. 31. Tutela dei minori
1. La televendita non deve esortare i minorenni a stipulare contratti di compravendita o di locazione di prodotti e di
servizi. La televendita non deve arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni e deve rispettare i seguenti criteri a
loro tutela:
a) non esortare i minorenni ad acquistare un prodotto o un servizio, sfruttandone l’inesperienza o la credulità;
b) non esortare i minorenni a persuadere genitori o altri ad acquistare tali prodotti o servizi;
c) non sfruttare la particolare fiducia che i minorenni ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altri;
d) non mostrare minorenni in situazioni pericolose.
33
Art. 40. (Tusmar) Disposizioni sulle televendite.
1. È vietata la televendita che vilipenda la dignità umana, comporti discriminazioni di razza, sesso o nazionalità, offenda
convinzioni religiose e politiche, induca a comportamenti pregiudizievoli per la salute o la sicurezza o la protezione
dell’ambiente. È vietata la televendita di sigarette o di altri prodotti a base di tabacco.
2. La televendita non deve esortare i minori a stipulare contratti di compravendita o di locazione di prodotti e di servizi.
La televendita non deve arrecare pregiudizio morale o fisico ai minori e deve rispettare i seguenti criteri a loro tutela:
a) non esortare direttamente i minori ad acquistare un prodotto o un servizio, sfruttandone l’inesperienza o la credulità;
b) non esortare direttamente i minori a persuadere genitori o altri ad acquistare tali prodotti o servizi;
c) non sfruttare la particolare fiducia che i minori ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altri;
d) non mostrare, senza motivo, minori in situazioni pericolose.
2-bis. Le finestre di televendita non concorrono al computo dei limiti di cui all’articolo 38, sono chiaramente
identificate come tali con mezzi ottici e acustici e hanno una durata minima ininterrotta di quindici minuti. Nel caso
della radiofonia la durata minima è ridotta a tre minuti (119).
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che, a ben vedere, trova fondamento sotto il profilo giuridico nel comma secondo del già richiamato
art. 31 Cost. che impegna la Repubblica a tutelare l’infanzia e la gioventù e nella considerazione
che tendendo i minori a “sfruttare” più degli adulti il potente mezzo televisivo, sono maggiormente
esposti ai rischi di suggestione che possono derivare dal messaggio.
In particolare, il Codice del Consumo vieta in primis le televendita che esortino i minorenni a
stipulare contratti di compravendita o di locazione di prodotti e di servizi, ovvero che arrechino
pregiudizio morale o fisico ai minorenni, fissando e imponendo, quindi, il rispetto di precisi criteri a
loro tutela.
Subito in dottrina ci si è chiesti se l’ambito di applicazione del divieto si estenda a tutte le
televendite rivolte direttamente ai minori o solo a quelle che contengono espliciti ed espressi
messaggi volti ad esortarli (al fine di indurli) direttamente o indirettamente all’acquisto. Ebbene,
l’opinione prevalente propende per una interpretazione più rigorosa in considerazione del fatto che,
essendo la televendita per sua natura tesa a promuovere la conclusione di un contatto, laddove sia,
poi, rivolta ad un minore, ogni verifica sull’eventuale sfruttamento della credulità o inesperienza del
minore o sullo sfruttamento che i minori ripongono in genitori o insegnanti, appare del tutto
superflua.
Più esattamente tale maggior rigore si è giustificato in considerazione del fatto che «le televendite
sono in grado di esercitare una maggiore forza persuasiva sul bambino, sia per il mezzo utilizzato
che per la durata delle stesse. Inoltre, va considerato il rischio insito nelle offerte al pubblico e, cioè,
la facilità nella conclusione del contratto (che, in queste ipotesi, avviene generalmente dopo
l’accettazione telefonica)»34.
2-ter. Ai palinsesti dedicati esclusivamente alla pubblicità, alle televendite, ovvero all’autopromozione non si applicano
l’articolo 37, commi da 1 a 7, l’articolo 38, comma 2, e l’articolo 44 (120).
(119) Comma aggiunto dal comma 1 dell’art. 14, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 44, a decorrere dal 30 marzo 2010 ai sensi
di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 20 dello stesso provvedimento.
(120) Comma aggiunto dal comma 1 dell’art. 14, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 44, a decorrere dal 30 marzo 2010 ai sensi
di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 20 dello stesso provvedimento.
34
Così in Commentario al Codice civile a cura di Paolo Cendon, D. lg. 6 settembre 2005, n. 206 Codice del Consumo,
Giuffrè, 2010, pg. 376
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6 Le fattispecie legislative di pubblicità
ingannevole che coinvolgono i minori ex D.lgs. n.
145/2007 nell’interpretazione degli organismi di
controllo
Nel 2007 il nostro ordinamento, ha recepito attraverso i Dd.lgs. nn. 145 e 146, il doppio
livello di tutela introdotto a livello comunitario35 e, così, si è nuovamente arricchito il sistema
ordinamentale statale, da un lato con una nuova disciplina della pubblicità ingannevole e
comparativa applicabile ai soli rapporti tra professionisti e, dall’altro, con una nuova forma di tutela
per i consumatori a fronte di una pratica commerciale scorretta adottata da un’impresa.
Più precisamente per l’analisi che a noi interessa, il D.lgs. 2 agosto 2007, n. 145 all’art. 736, senza
introdurre alcuna novità da un punto di vista sostanziale rispetto alla disciplina precedente di cui al
Codice del consumo, individua tre fattispecie distinte di comunicazione commerciale in cui rileva la
presenza di un minore ai fini della qualificazione come ingannevole della pubblicità37.
1) In primis è considerata ingannevole quella comunicazione commerciale che, in quanto
suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, possa minacciare la sicurezza dei
minori. E così, il riferimento è alla pubblicità che si riveli idonea a minacciare, tanto in
modo diretto quanto indiretto, la sicurezza sia fisica che psichica dei minori.
La minaccia alla sicurezza fisica si attua attraverso la proposizione di modelli di comportamento
pericolosi che i più piccoli, per il loro naturale spirito di emulazione, potrebbero essere portati a
imitare. Un’ipotesi di pubblicità pericolosa per la sicurezza fisica è stata ravvisata, ad esempio
dall’Agcm, nel caso Martini (PI/758, 1996/3795, in Boll., 1996/15, 69) relativamente ad una scena
35
Con le direttiva 2005/29/CE e 2006/114/CE.
36
D. lgs. 2 agosto 2007, n. 145, recante “ Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la
direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole”, pubblicato nella Gazz. Uff. 6 settembre 2007, n. 207. Art. 7.
Bambini e adolescenti. 1. È considerata ingannevole la pubblicità che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed
adolescenti, abusa della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed adolescenti in
messaggi pubblicitari, fermo quanto disposto dall’articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112, abusa dei naturali
sentimenti degli adulti per i più giovani. 2. È considerata ingannevole la pubblicità, che, in quanto suscettibile di
raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza.
37
In tal senso, S. Sica e V. Zeno Zencovich, ibidem, pp. 255 e ss.
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in cui il protagonista di uno spot pubblicitario ingerisce un anello38. Trattasi, ad avviso
dell’Autorità, di una scena di forte impatto emotivo e suggestivo, esaltata in positivo come gesto
finale di carattere liberatorio in cui la telecamera con inquadrature ravvicinate segue il percorso
dell’anello dalla bocca alle fasce muscolari del collo.
Secondo l’opinione prevalente, tuttavia, l’unica minaccia che può derivare direttamente da un
messaggio pubblicitario è quella relativa alla sicurezza psichica, che si attua attraverso la diffusione
di immagini raccapriccianti39. Si tratta di immagini che possono provocare nei soggetti più
vulnerabili sentimenti di turbamento tali da minacciare la loro tranquillità pscichica.
Di tale norma nell’interpretazione di cui sopra (minaccia alla sicurezza psichica) ha fatto
applicazione l’Autorità garante nel caso BENETTON/KIRBY: a proposito della immagine di un
malato terminale di aids diffusa dalla prima, l’Autorità ha ritenuto che «la crudeltà delle immagini
proposte attraverso l’esibizione in modo diretto e inequivoco di una scena drammatica di tragedia
familiare viola il senso del rispetto per l’intimità e la riservatezza di chi è gravemente malato così
da poter indurre nei soggetti più indifesi, quali principalmente i bambini e gli adolescenti,
sentimenti di turbamento tali da minacciare la sicurezza psichica degli stessi»40.
Ancora, dall’Autorità Garante è stata ritenuta idonea a minacciare la sicurezza fisica e psichica dei
bambini e degli adolescenti una comunicazione pubblicitaria, costituita da alcuni adesivi recanti
affermazioni o rappresentazioni che evocavano contenuti di violenza fisica o morale, per il
significato letterale del testo e sganciati dal contesto pubblicitario di riferimento; più precisamente,
si trattava di adesivi che avrebbero dovuto reclamizzare l’ultimo giocattolo elettronico prodotto
dalla società Nokia, costituito da una consolle portatile, ma in cui non era riportato l’oggetto della
réclame, bensì solo quelle diciture idonee ad incitare ad azioni aggressive, anche sotto il profilo
della sfera psichica e sessuale dei minori41.
38
Per un approfondimento in tal senso, si rinvia a A. Borruso La pubblicità ingannevole e la nuova disciplina della
pubblicità comparativa, in La nuova giurisprudenza civile commentata, n. 6/2002, pg. 699.
39
Vettori, Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, Cedam, 1999, pg. 509; Marchetti, Commentario breve al
diritto della concorrenza: antitrust, concorrenza sleale, pubblicità, marchi, brevetti, diritto d’autore, Giuffrè, 1997, pg.
720; Corasaniti-Vasselli, Diritto della comunicazione pubblicitaria, Giappichelli, 1999, pg. 49.
40
PI/160, 1994/1752, in Boll., 1994/4, 21.
41
Autorita’ Garante per la concorrenza, 20/05/2004, n. 13218 Autorita’ Garante per la concorrenza, 20/05/2004, n.
13218, in Massima redazionale, 2004.
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Ancor più recentemente l’Agcm ha ritenuto idonea a minacciare la sicurezza psichica degli
adolescenti e in quanto tale censurabile, una pubblicità volta a promuovere una discoteca, effettuata
a mezzo dei cd. flayers, volantini, cioè, inviti, raffiguranti il volto di una ragazza con una pillola tra
le labbra dalle quali si diffondevano fasci di luce gialla. Ad una simile raffigurazione si aggiungeva
l’accostamento della dicitura “Sweet paradise”, ovvero “dolce paradiso” con al di sopra il simbolo
di una farfalla42.
Circa tale fattispecie di pubblicità ingannevole, poi, è stato opportunamente precisato che la
disposizione riguarda tutti i messaggi pubblicitari che possano raggiungere i minori,
indipendentemente dal fatto che la pubblicità sia destinata a loro o agli adulti43.
2) La seconda fattispecie che la norma qualifica come comunicazione commerciale
ingannevole è quella della pubblicità che abusa della naturale credulità o mancanza di
esperienza dei minori, bambini o adolescenti.
In una normativa specificamente dedicata alla disciplina della pubblicità commerciale, tale forma di
abuso è stata individuata nell’approfittamento della credulità o inesperienza dei più giovani, un
abuso che rileva se volto ad indurre in errore e a determinare il destinatario del messaggio
all’acquisto del prodotto pubblicizzato o comunque a stimolarne il desiderio di possesso 44. E così, è
sufficiente che la pubblicità sia anche solo in grado di indurre in errore il bambino evidentemente
“minorato” nella sua capacità decodificativa, perché si integri la fattispecie di pubblicità
ingannevole di cui alla legge in questione.
In ragione di ciò, la dottrina ha scorto in tale forma di tutela rafforzata un «conseguente
ampliamento della comune nozione di ingannevolezza, dal momento che il parametro di giudizio
non saranno più le capacità cognitive degli adulti, ma appunto quelle dei minori»45.
E così, ad esempio, è interessante segnalare una pronuncia del Giurì di Autodisciplina che, proprio a
proposito della delicata capacità decodificativa, ha precisato che «Sebbene la possibilità che un
messaggio venga fruito da un pubblico di minori non esclude in assoluto il ricorso ad una tematica
di tipo sessuale, tuttavia, nei messaggi che possono essere da loro ricevuti, come accade per quelli
trasmessi da reti televisive generaliste, va mantenuto un certo controllo e rigore, tenendo conto che
42
Discoteca Fura, PI/6010, provv. N. 17394, in Boll. N. 36/2007.
43
In tal senso C. Rossello, Pubblicità ingannevole, in Contr. Impr. 1995, pg. 176.
44
In tal senso Fusi - Testa -Cottafavi, La pubblicità ingannevole: commento al d. legis. 25 gennaio 1992, n. 74, Giuffrè,
1993, pg. 239.
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bambini ed adolescenti non dominano la chiave di lettura dell’ironia e del paradosso e non sono in
grado di affrontare, con spirito critico, le situazioni rappresentate»46.
Rispetto a tale fattispecie, ad esempio, l’Autorità Garante ha affermato che un messaggio
pubblicitario, sebbene non indirizzato direttamente a un pubblico di minori, sia idoneo a
raggiungere anche bambini ed adolescenti, in particolare per i suoi contenuti fortemente suscettibili
di abusare della normale credulità e inesperienza dei minori, invogliando gli stessi ad assumere
atteggiamenti pericolosi per la loro salute e sicurezza, come ad esempio l'atto di infilarsi in testa una
busta di plastica47.
3) L’ultima ipotesi normativa di comunicazione ingannevole e, quindi, illecita è quella che,
impiegando bambini ed adolescenti in messaggi pubblicitari, abusa dei naturali
sentimenti degli adulti per i più giovani.
Vi rientrano ad opinione della dottrina quelle pubblicità che, rivolte principalmente agli adulti,
tendono a sfruttare la debolezza dei sentimenti e delle emozioni che gli adulti provano verso i
minori. Da qui, è stata opportunamente colta la singolare portata della norma volta in questo caso «a
tutelare in via immediata non i minori, bensì gli adulti»48, più esposti al rischio che l’operatore
pubblicitario, facendo leva sulla vulnerabilità psicologica, possa imporre loro l’acquisto del
prodotto reclamizzato.
Da un’attenta lettura della norma si evince che l’uso di minori negli spot49 non è vietato in assoluto,
ciò a cui più semplicemente tende il Legislatore è «impedire che venga prodotto un “abuso” inteso
come uso eccessivo dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani»50.
Altro esempio tipico individuato in dottrina di tale fattispecie, è quello in cui la pubblicità suscita
negli adulti sensazioni di sensi di colpa o dubbi per ciò che riguarda la cura dei minori e il tentativo
di persuaderli che tale ruolo sarebbe svolto meglio acquistando quello specifico bene pubblicizzato,
45
Così, S. Sica e V. Zeno Zencovich, ibidem, pg 256.
46
Giurì Codice Autodisciplina pubblicitaria, 14/11/2003, n. 191, in Dir. Industriale, 2004, 187.
Autorità Garante per la concorrenza, 31/03/2004, n. 13052, in Massima redazionale, 2004.
48
Così, S. Sica e V. Zeno Zencovich, ibidem, pg 256.
47
49
Purchè rispetti le norme contenute nel Dm. N. 218/2006 e quelle contenute nel Codice di Autodisciplina Tv e minori,
del quale si è parlato del corso del secondo paragrafo.
50
Provv 15186, PI/4995.
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come quando si afferma che non è una buona madre quella che fa mancare al proprio bambino il
prodotto pubblicizzato51.
51
In tal senso Corasaniti-Vasselli, ibidem, pg. 50.
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7 Il Codice di Autodisciplina della
Comunicazione Commerciale e la tutela dei
minori
Anche il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, che nel 2012 ha
raggiunto la cinquantacinquesima edizione, in vigore dal 23 agosto 201252, si occupa di pubblicità e
minori e, precisamente, agli articoli 11 e 28 bis.
In verità è da dire che precise disposizioni sull’argomento relativo ai minori e al loro rapporto con
la pubblicità, erano già presenti sin dalla prima edizione del Codice, quella del 1966, ove pure si
imponeva una cura particolare nella creazione dei messaggi che si rivolgessero ai bambini, in modo
che non contenessero nulla nell’illustrazione e nei testi, che potesse danneggiare psichicamente,
moralmente o fisicamente i bambini stessi o potesse abusare della loro naturale credulità.
Tornando al Codice di Autodisciplina, si tratta di un complesso di norme di origine non statale
frutto dell’accordo degli operatori del settore e delle loro associazioni di categoria vincolante,
quindi, più precisamente per utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di
veicoli pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la
propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un apposito contratto di pubblicità53
finalizzato all’effettuazione di una comunicazione commerciale.
Ora, posto che nei modelli di contratti di pubblicità è obbligatoriamente inserita la cd clausola di
accettazione, ne consegue che anche la comunicazione commerciale dell’utente, dell’agenzia o del
professionista che non appartengono agli enti già associati è, comunque, sottoposta alle norme di
autodisciplina, con evidenti problemi di coordinamento, quindi, di questa che è una disciplina
volontaria, con quella di provenienza statale altrettanto vincolante.
Nel corso del tempo il Codice di Autodisciplina si è ampliato: se nella prima edizione gli articoli
erano solo 19 articoli, oggi ne sono ben 46, due dei quali come si diceva poco sopra, specificamente
52
La 1ª edizione del Codice risale al 12 maggio 1966.
53
Per meglio assicurare l’osservanza delle decisioni dell’organo giudicante, gli organismi aderenti si impegnano a far sì
che ciascun soggetto ad essi associato inserisca nei propri contratti una speciale clausola di accettazione del Codice, dei
Regolamenti autodisciplinari e delle decisioni assunte dal Giurì, anche in ordine alla loro pubblicazione, nonché delle
ingiunzioni del Comitato di Controllo divenute definitive.
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rivolti ai minori. Nello specifico, l’art. 11 rubricato “Bambini ed adolescenti”54 esordisce
riaffermando che una cura particolare debba essere posta nei messaggi che si rivolgono ai bambini e
agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. I messaggi, in particolare, non devono
contenere nulla che possa danneggiare i più giovani psichicamente, moralmente o fisicamente e non
devono inoltre abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o del loro senso di
lealtà. Si precisa, altresì, che l’annuncio pubblicitario rivolto a bambini ed adolescenti non deve
indurli a violare norme di comportamento sociale generalmente accettate; a compiere azioni o
esporsi a situazioni pericolose; a ritenere che il mancato possesso del prodotto oggetto della
comunicazione significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei
genitori; a sminuire il ruolo dei genitori e di altri educatori nel fornire valide indicazioni dietetiche;
ad adottare l’abitudine a comportamenti alimentari non equilibrati, o
trascurare l’esigenza di
seguire uno stile di vita sano; a sollecitare altre persone all’acquisto del prodotto oggetto della
comunicazione.
Insomma, l’obiettivo di fondo dell’art. 11 è quello di evitare la proposizione esemplare di situazioni
che, imitate o assimilate dai minori, siano per loro causa di danno fisico, morale o psichico. Le
modalità espressive degli adulti, i meccanismi non sempre condivisibili che contrassegnano le loro
relazioni interpersonali e i loro condizionamenti psicologici, pur non essendo dannosi in sé, perché
svolgentesi tra persone che hanno avuto modo di sedimentare il senso del bene e del male, sono
certamente rischiosi se proposti come modelli di comportamento che il bambino può essere portato
a ripetere.
È da dire, tra l’altro, che l’espressione contenuta nell’articolo in questione che rende applicabile la
norma anche in relazione ai messaggi "che possono essere da loro ricevuti" deve intendersi sì
riferita a quella pubblicità che pur non destinata ai minori possa essere da loro ricevuta ma sempre
che riguardi consumi fruibili dai minori55.
Non solo, sempre in riferimento a bambini e adolescenti protagonisti dei messaggi pubblicitari, il
Codice di Autodisciplina ribadisce quanto già affermato dal provvedimento di legge del 2007 di cui
al paragrafo precedente e, cioè, che il loro impiego nella comunicazione debba evitare ogni abuso
dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani.
54
L’art. 11 in questione, è stato recentemente precisato, non trova applicazione nei confronti di un messaggio che non
solo non è rivolto ai minori ma non attiene neppure a consumi fruibili dai minori. Giurì Codice Autodisciplina
pubblicitaria, 08/11/2011, n. 115, in Dir. Industriale, 2011, 6, 579
55
Giurì Codice Autodisciplina pubblicitaria, 26/07/2011, n. 93, in Dir. Industriale, 2011, 5, 488.
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Per concludere l’analisi delle disposizioni che il Codice in questione dedica ai minori, si segnala
l’art. 28 bis rubricato “Giocattoli, giochi e prodotti educativi per i bambini”, ove si prevede che la
comunicazione commerciale ad essi relativa, non debba indurre in errore sulla natura e sulle
prestazioni e dimensioni del prodotto oggetto della comunicazione commerciale, sul grado di
abilità necessario
per utilizzare il prodotto, nonché sull’entità della spesa, specie quando il
funzionamento del prodotto comporti l’acquisto di prodotti complementari.
In ogni caso, la comunicazione riguardante i giocattoli non deve minimizzare il prezzo del prodotto
o far credere che il suo acquisto sia normalmente compatibile con qualsiasi bilancio familiare.
Da segnalare, infine, il recentissimo D.lgs 15 marzo 2010, n. 44, recante “Attuazione della direttiva
2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive”56, con cui,
sempre in riferimento alla tutela dei minori, è stata recepita la Direttiva Comunitaria 2007/65 ed è
stato introdotto l’obbligo della classificazione dei contenuti.
E così, si prevede che il sistema di classificazione dei contenuti ad accesso condizionato sia adottato
da ciascun fornitore di servizi di media audiovisivi o fornitore di servizi ad accesso condizionato,
sulla base dei criteri proposti dal Comitato di applicazione del Codice media e minori, d’intesa con
l’Autorità, e approvati con decreto ministeriale. Più precisamente, il procedimento prevede che
entro trenta giorni dall’entrata in vigore della disposizione, il Comitato di applicazione del Codice
media e minori sottoponga i criteri all’autorità ministeriale competente che, apportate le eventuali
modifiche e integrazioni, li approva entro i successivi trenta giorni. Entro ulteriori trenta giorni, i
fornitori di servizi di media audiovisivi o i fornitori di servizi adottano il proprio sistema di
classificazione, nel rispetto dei criteri approvati con decreto ministeriale.
56
D.lgs 15 marzo 2010, n. 44, recante “Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività
televisive”, pubblicato nella Gazz. Uff. 29 marzo 2010, n. 73.
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8 Considerazioni conclusive
Dall’analisi normativa compiuta circa i rapporti tra comunicazione commerciale e tutela dei
minori, emerge come la problematica che attiene a tale rapporto abbia caratteri in parte comuni e in
parte diversi dalla più ampia problematica relativa al rapporto più generale media e minori. Tra le
due sussiste, infatti, un rapporto di genus a species.
Ad accomunare le due tipologie di rapporti vi è certamente la ratio che ha mosso le rispettive
discipline: l’obiettivo giuridico perseguito in entrambi i casi è quello di prevenire i danni che
potrebbero derivare al minore da una esposizione non controllata a certe forme di pubblicità e
proteggerli dai pregiudizi che potrebbero derivare alla loro sicurezza fisica e pscichica in quanto
destinatari di potenziali forme di comunicazione commerciale ingannevole.
Diverse sono, invece, le norme utilizzate per il perseguimento di tale obiettivo: a quelle generali
proprie della disciplina del rapporto minore e media, si aggiungono, nel rapporto pubblicità e
minori, quelle cd. autodisciplinari e autoregolamentari.
È di tutta evidenza, infatti, quanto numerose siano le norme intervenute a disciplinare tale ultimo
rapporto: non solo fonti costituzionali, non solo statali, ma anche europee oltre che, appunto,
“autodisciplinari” (con il Codice di Autodisciplina pubblicitaria) e “autoregolamentari” (con il
Codice di autoregolamentazione tv e minori). Si ribadisce a tal proposito che, pur trattandosi di una
disciplina volontaria, quella proveniente dal Codice di Autodisciplina pubblicitaria italiana è
vincolante, in virtù della clausola di accettazione contenuta nei contratti di pubblicità, è vincolante
per la maggior parte delle imprese che investono nella comunicazione commerciale.
Ed allora, la variegata composizione del quadro normativo di riferimento, induce a riflettere circa le
ripercussioni che essa ha sul sistema delle tutele previsto da ciascun corpo normativo ed infatti non
sono pochi i problemi di coordinamento tra profili giurisdizionali, amministrativi e autodisciplinari
che probabilmente impongono al Legislatore un intervento chiarificatore, sì da orientare non solo
gli organi di giustizia e di controllo, ma anche gli stessi operatori del complesso settore delle
imprese pubblicitarie.
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Bibliografia
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La nuova giurisprudenza civile commentata n. 6/2002
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 C. Rossello, Pubblicità ingannevole, in Contr. Impr. 1995
 Corasaniti-Vasselli, Diritto della comunicazione pubblicitaria, Giappichelli, 1999
 F. Bruno- G. Nava, Nuovo ordinamento delle comunicazioni. Radiotelevisione,
comunicazione., Giuffrè, 2006
 Fusi - Testa -Cottafavi, La pubblicità ingannevole: commento al d. legis. 25 gennaio 1992,
n. 74, Giuffrè, 1993
 Marchetti, Commentario breve al diritto della concorrenza: antitrust, concorrenza sleale,
pubblicità, marchi, brevetti, diritto d’autore, Giuffrè, 1997
 P.Cendon Commentario al Codice civile, D. lg. 6 settembre 2005, n. 206 Codice del
Consumo, Giuffrè, 2010
 S. Sica e V. Zeno Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, II
Edizione, Cedam 2012
 Vettori, Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, Cedam, 1999
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 M. Maranzana Associazione Psy&Co, Quando la pubblicità guarda i bambini, su
www.nonsoloteatro.com
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 Pubblicità di cibo spazzatura, la Norvegia vuole vietarla ai minorenni” su
www.ilpuntocoldiretti.it
 www.iap.it
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 www.studiolegalemalagoli.it F. Malagoli, Pubblicità e minori in Largoconsumo
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