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TOSSICITA’ MIDOLLARE E TERAPIA DI SUPPORTO
Paola Valenti, DMV
Indirizzo per la corrispondenza: [email protected]
AOI Center, Rothusstrasse 2b, 6331 Hünenberg, CH
La mielosoppressione è un effetto collaterale da considerarsi comune in corso di somministrazione
di farmaci chemioterapici, secondario al danno prodotto sulle cellule in rapida attività replicativa
quali quelle midollari. La tossicità midollare può condizionare la qualità di vita del paziente con
aumento del rischio di infezioni, riduzione della qualità di vita e rischio per la sopravvivenza.
La mielosoppressione rientra in genere nella tossicità ritardata (da 48 ore fino a 21 giorni dopo la
somministrazione del chemioterapico) e le linee ad essere colpite sono rappresentate dalla linea
mieloide e dalla linea megacariocitica poiché l’emivita in circolo per i granulociti neutrofili è di
circa 4-8 ore mentre per le piastrine è di circa 10 giorni.
La linea eritroide soffre di tossicità midollare in pazienti sottoposti a trattamenti chemioterapici di
lunga durata poiché l’emivita dei globuli rossi in circolo è di circa 70 giorni nel gatto e 120 giorni
nel cane e pertanto il chemioterapico non può esercitare tossicità acuta in pazienti la cui linea
eritroide sia normale al momento dell’inizio della terapia.
Le cellule staminali, in condizioni normali, non sono interessate dall’effetto tossico dei
chemioterapici mentre i precursori proliferanti hanno elevato indice mitotico e per tale motivo sono
molto sensibili agli effetti della chemioterapia. Cellule non proliferanti quali meta mielociti, cellule
bandate e neutrofili maturi sono invece considerate chemio resistenti.
La mielosoppressione rappresenta nella maggior parte dei casi la tossicità dose limitante
nell’utilizzo di numerosi chemioterapici, condizionando le strategie terapeutiche e la corretta
gestione di regimi basati su intensità e densità di dose. La tossicità midollare deve essere
riconosciuta, classificata cercando di uniformarne la valutazione come proposto nelle linee guida
della Veterinary Comparative Oncology Group (VCOG) e gestita appropriatamente riducendo
morbidità e mortalità dei pazienti.
E’ importante ricordare che tale tossicità può variare da soggetto a soggetto ed essere esacerbata da
preesistenti patologie (es. forme retro virali nella specie felina) o da trattamenti di tipo multimodale
come per esempio. radioterapia associata a chemioterapia neoadiuvante o adiuvante ad essa.
L’effetto mielosoppressivo non è imputabile soltanto all’azione dei farmaci chemioterapici ma va
considerato anche nei protocolli di radioterapia comprendenti campi estesi di radiazioni (es. half
body o total body radiotherapy) che possono esitare in mielosoppressione marcata.
NEUTROPENIA
Il nadir neutropenico è per la maggior parte dei chemioterapici tra il 7 e il 10 giorno e la conta
cellulare, in caso di neutropenia di grado I o II secondo VCOG tende a tornare nella norma nel giro
di 2-3 giorni dopo il nadir. Tutti i pazienti in corso di chemioterapia vanno monitorati con un esame
emocromocitometrico con formula a circa una settimana dal trattamento e in ogni caso prima di
successive somministrazioni di chemioterapico.
I pazienti neutropenici possono presentarsi abbattuti, anoressici o, nei casi più gravi, in stato si
shock.
Neutropenie marcate possono esitare in processi settici che spesso sono la risultante dell’alterazione
della barriera gastrointestinale con conseguente passaggio della flora microbica intestinale in
circolo.
I pazienti neutropenici possono presentarsi afebbrili e febbrili: nel primo caso possono essere gestiti
con
antibioticoterapia
ad
ampio
spettro
per
via
orale
(trimethoprim-sulfa,
amoxicillina+ac.clavulanico associato ad enrofloxacin) con monitoraggio della temperatura
corporea quotidiano. Nel caso di pazienti febbrili, in aggiunta alla terapia antibiotica da
somministrarsi per via endovenosa, è opportuno associare fluido terapia e antipiretici. Il ricorso a
fattori di stimolazione midollare (citochine ricombinanti umane: granulocyte colony stimulating
factor, G-CSF) è da considerarsi solo in casi selezionati cercando di evitare somministrazioni
ripetute responsabili della formazione di anticorpi contro la proteina stessa.
Nei casi di neutropenie gravi (grado III-IV), di pazienti febbrili o fortemente sintomatici, potrebbe
essere necessario eseguire ematoculture ed urinoculture al fine di identificare l’agente patogeno
responsabile di eventuali complicanze infettive.
La chemioterapia andrebbe posticipata in presenza di una conta neutrofilica compresa tra 1500 e
2000/µL. Eccezione a tale regola è rappresentata da pazienti citopenici per sindromi
paraneoplastiche: in tal caso la chemioterapia rappresenta il trattamento in grado di risolvere tali
anomalie ematologiche correlate al tumore stesso.
In presenza di tumori solidi, è consigliabile posticipare la somministrazione del chemioterapico per
poi utilizzarlo al dosaggio stabilito, mentre in presenza di tumori ematopoietici non in remissione o
in pazienti con tumori solidi particolarmente aggressivi è consigliabile ridurre la dose (20-25%)
somministrando il farmaco al tempo stabilito, senza alterare la finestra terapeutica. La riduzione di
dose è comunque da riservare a casi selezionati poiché i regimi dose-intense sono di estrema
importanza per il successo della risposta della terapia antitumorale.
Rimane tuttora dibattuto in medicina veterinaria il ricorso alla terapia antibiotica profilattica in
corso di chemioterapia.
TROMBOCITOPENIA
La tossicità midollare si può manifestare anche con trombocitopenia i cui effetti clinici sono
evidenti in presenza di conte piastriniche molto basse (10000 µL circa). Tali pazienti possono
presentare emorragie in seguito a traumi di modica entità o anche emorragie spontanee, petecchie
ed ecchimosi, ematuria, melena.
Alcune condizioni patologiche quali per esempio erlichiosi ed iperestrogenismo possono esacerbare
la mielotossicità esercitata dai farmaci chemioterapici, contribuendo all’insorgenza di
trombocitopenia.
La riduzione della conta piastrinica può inoltre essere esacerbata da forme neoplastiche associate a
coagulopatie come per esempio l’emangiosarcoma.
Se non sono presenti fattori concomitanti esacerbanti, la trombocitopenia è spesso di grado lieve o
moderato e non richiede terapie. La chemioterapia andrebbe in ogni caso posticipata con conte
inferiori a 50000 µL.
Differente invece l’approccio in presenza di grave piastrinopenia (III-IV grado): in tal caso è
opportuno intraprendere tempestivamente un trattamento a base di corticosteroidi da somministrare
per via orale (1 mg/kg SID). Nel caso in cui non si assista nell’arco di 24-48 ore ad un
miglioramento della conta piastrinica, sarà opportuno aggiungere al trattamento vincristina (induce
la frammentazione dei megacariotici con conseguente rilascio di piastrine) o danazolo. L’utilizzo di
fattori trombopoietici non è ancora segnalato in medicina veterinaria e rimane ancora dibattuto in
medicina umana, nonostante la recente introduzione di fattori di seconda generazione che
presentano minori effetti collaterali. Così come per i pazienti anemici, la trasfusione va riservata a
casi selezionati, in cui il rischio di sanguinamento incontrollato sia elevato.
ANEMIA
L’anemia è da considerarsi la più infrequente se non rara delle complicanze ematologiche in corso
di trattamento chemioterapico e spesso può essere la sommatoria di un’anemia paraneoplastica
(anemia da malattia cronica, da infiltrazione midollare, immunomediata, emolitica
microangiopatica, da perdita) e di un’anemia secondaria alla tossicità dei farmaci chemioterapici.
Può anche derivare da trattamenti multimodali quali l’utilizzo di chemioterapia e radioterapia in
regime combinato.
A differenza di neutropenia e trombocitopenia, l’anemia chemioterapia indotta è spesso purtroppo
non rigenerativa.
I pazienti spesso sono asintomatici ma possono presentarsi letargici ed intolleranti all’esercizio
fisico, dispnoici e tachicardici.
L’utilizzo di eritropoietina ricombinante umana (eritropoietina, darbepoetina) va considerata come
primo presidio terapeutico dal momento che riduce la necessità di ricorrere alla trasfusione.
L’eritropoietina risulta più efficace per quei pazienti in cui si riscontrino bassi livelli di
eritropoietina endogena e ovviamente nei soggetti in cui i precursori eritroidi siano adeguatamente
rappresentati a livello midollare.
Bibliografia
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