Rapporto 2015 Terza parte - Fondazione Farmafactoring

Il Sistema Sanitario
in controluce
Rapporto 2015
Terza parte
IL SISTEMA SANITARIO IN CONTROLUCE
RAPPORTO 2015
L’offerta per i servizi per la LTC in
Italia: analisi di 9 casi aziendali
DOCUMENTO SOTTOPOSTO AD EMBARGO
FINO AL 4 NOVEMBRE 2015
È vietata la riproduzione senza preventivo consenso della Fondazione Farmafactoring
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INDICE
PREMESSA ........................................................................................................4
1. INTRODUZIONE E METODOLOGIA.......................................................6
1.1 LTC: ALCUNE CARATTERISTICHE DEL CONTESTO ITALIANO E
INTERNAZIONALE................................................................................................. 6
1.2 METODOLOGIA ............................................................................................. 12
2. LA LTC IN ITALIA: 9 CASI AZIENDALI..................................................15
2.1 ASL DI BIELLA .............................................................................................. 15
2.2 ASL DI CHIAVARI .......................................................................................... 40
2.3 ASL DI LECCE ............................................................................................... 64
2.4 ASL DI LODI ................................................................................................. 94
2.5 AUSL DI PIACENZA .................................................................................... 110
2.6 ASL ROMA E ............................................................................................... 130
2.7 ASL DI SIENA .............................................................................................. 150
2.8 AAS DI UDINE ............................................................................................ 177
2.9 AULSS DI VENEZIA .................................................................................... 202
3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE........................................................ 227
3.1 CARATTERISTICHE DEI MODELLI DI OFFERTA PER LA LONG TERM CARE...... 228
3.2 ANALOGIE .................................................................................................. 233
3.3 ETEROGENEITÀ .......................................................................................... 235
3.4 CONSIDERAZIONI E PROSPETTIVE ............................................................... 236
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Premessa1
Il contributo del CERGAS Bocconi per Fondazione Farmafactoring si
focalizza, in questa nona edizione del Rapporto, sul sistema di offerta di
servizi LTC in 9 diverse Aziende Sanitarie italiane.
Appare infatti particolarmente rilevante interrogarsi sul futuro dei servizi per
la LTC, in un contesto di risorse pubbliche calanti e in presenza di dinamiche
demografiche ed epidemiologiche che vedono un invecchiamento della
popolazione e una cronicizzazione delle patologie. Il contesto è reso
ulteriormente più complesso da mutamenti sociali riguardanti la disgregazione
delle reti informali di solidarietà e la maggiore partecipazione femminile nel
mondo del lavoro. Per ipotizzare tuttavia le possibili trasformazioni del
sistema dei servizi per anziani non autosufficienti è necessario studiarne
l’attuale configurazione, così da trarne utili indicazioni per indirizzarne
l’evoluzione.
A tal fine, il contributo del CERGAS Bocconi analizza le filiere dei servizi
sociosanitari presenti in 9 diverse Aziende Sanitarie italiane tramite l’utilizzo
dello strumento del caso aziendale. Le realtà coinvolte sono ASL Biella, ASL
Chiavari, ASL Lecce, ASL Lodi, AUSL Piacenza, ASL Roma E, ASL Siena,
AULSS 12 veneziana e ASS 4 Udine. I diversi casi si concentrano sulla
descrizione dei servizi esistenti a partire dalla normativa regionale, con
particolare focus sui seguenti aspetti: finalità e target dichiarati, standard
assistenziali, modelli di finanziamento, caratteristiche quali-quantitative del
sistema di offerta pubblico e privato convenzionato e il grado di copertura del
bisogno. Vengono inoltre affrontati i percorsi di accesso seguiti dagli utenti e i
punti di debolezza e di forza dei sistemi in oggetto. Diviene così possibile
trarre dal confronto delle diverse realtà, pur nel rispetto delle singole
specificità, considerazioni di ordine generale che permettano di comprendere
meglio il modello di servizi attuato e le prospettive di evoluzione desiderate.
Nel complesso, le evidenze ottenute mostrano che i diversi modelli si
configurano secondo assetti variabili relativamente a nomi e acronimi dei
1
Alla redazione del presente Rapporto hanno contribuito Elio Borgonovi (direttore
scientifico), Emanuele Vendramini (coordinatore), Giovanni Fosti e Agnese Pirazzoli.
Gli autori, pur assumendosi pienamente le responsabilità di quanto scritto, desiderano
ringraziare i referenti aziendali per la disponibilità, il tempo dedicato e la passione
dimostrata.
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servizi, alle scale di valutazione del bisogno utilizzate, agli standard assistenziali
previsti e ai percorsi seguiti dagli utenti nell’accesso ai servizi. Anche
l’articolazione di questi ultimi all’interno della filiera è estremamente varia, in
quanto sono presenti sia filiere caratterizzate dalla presenza di poche tipologie
di strutture orientate a intensità di cura variabili, sia filiere con diverse
tipologie di strutture indirizzate a target specifici. Altra evidenza che emerge
dall’analisi è relativa all’eterogeneità dei tassi di copertura raggiunti, in ogni
caso inferiori al 26%. Infine, il focus dei diversi modelli appare più focalizzato
sull’offerta in termini di standard e volumi definibili ex ante, più che sui
bisogni della popolazione di riferimento e la definizione di target verificabili ex
post in termini di mix di presenza nei servizi.
In ragione delle evidenze ottenute e tenendo in considerazione quanto emerso
nella prima parte del Rapporto, ovvero che le pressioni sulle cure a lungo
termine sono attese in crescita per almeno quattro motivi (trasformazioni
demografiche, cambiamento dei modelli sociali, incremento della richiesta di
sistemi di assistenza più orientati al paziente, cambiamento tecnologico), e che
non si prevede un’espansione delle risorse a disposizione del sistema pubblico
per la LTC, appare rilevante focalizzarsi su tre punti di attenzione. In primo
luogo si ritiene opportuno sottolineare l’importanza di orientare i sistemi di
LTC affinché siano focalizzati non solo sulla rete di offerta, ma soprattutto sui
bisogni della popolazione, anche qualora non siano stati da essa esplicitati in
domanda espressa, così da tutelarne le fasce più deboli. In secondo luogo
appare rilevante ricomporre non solo gli interventi svolti dai soggetti pubblici,
attualmente molto frammentati, ma anche i sistemi conoscitivi dei diversi
attori del sistema di interventi. Da ultimo, appare particolarmente importante
favorire la ricomposizione delle risorse, non solamente finanziarie, detenute
dai vari attori del sistema, non solo fra soggetti pubblici (Aziende ed Enti
Locali), ma anche tramite il coinvolgimento delle famiglie.
Il rapporto di ricerca è strutturato come segue: il Capitolo 1 pone in evidenza
alcune caratteristiche del contesto in cui si articolano i servizi di LTC e la
metodologia di analisi seguita alla luce di queste specificità, il Capitolo 2 si
suddivide nei 9 casi aziendali affrontati e il Capitolo 3 raccoglie le principali
evidenze, mostrando analogie e differenze tra i sistemi descritti, per proporre
alcune considerazioni prospettiche per l’evoluzione del sistema di LTC a
livello locale.
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1. Introduzione e metodologia
1.1 LTC: alcune caratteristiche del contesto italiano e internazionale
La LTC viene definita dall’OECD come “A range of services required by persons
with a reduced degree of functional capacity, physical or cognitive, and who are dependent for
an extended period of time on help with basic activities of daily living (ADL)” (Rodrigues
et al., 2012). Ciò significa che, differentemente dai servizi sanitari i quali sono
indirizzati, per quanto possibile, a modificare la situazione del paziente da una
condizione di malattia ad una di salute, i servizi per la LTC sono indirizzati a
rendere più facilmente gestibile nella quotidianità la condizione di non
autosufficienza, parziale o totale, dell’utente preso in carico. Quest’ultimo
manifesta infatti, in accordo con la definizione dell’OECD, la necessità di
essere supportato nelle Attività della Vita Quotidiana, ovvero lavarsi, vestirsi,
mangiare, spostarsi dal letto o dalla sedia, camminare e utilizzare il bagno, e
nelle Attività Strumentali della Vita Quotidiana (IADL – Instrumental Activities
of Daily Living), che comprendono la gestione della casa, la preparazione dei
pasti, l’effettuazione di acquisti, il trasporto e tutte quelle azioni che
permettono di vivere in maniera autonoma la propria giornata.
Per fare fronte alla dipendenza che si genera nei confronti del contesto
circostante a seguito dell’impossibilità di portare autonomamente a termine le
attività sopra descritte, l’utente può ricorrere a (De Donder e Pestieau, 2013):
1. Risorse proprie (risparmio)
2. Assicurazioni private
3. Assistenza informale da parte della famiglia
4. Assistenza formale pubblica
L’assistenza formale pubblica a sua volta può essere suddivisa in due
componenti: la fornitura di servizi di cura – In kind services (all’interno di
strutture residenziali o semiresidenziali e tramite assistenza domiciliare
professionale) e i trasferimenti monetari – Cash-for-care, la cui diversa
combinazione genera regimi di cura differenti. Queste due componenti
rivestono eguale importanza nel contesto italiano, dove la spesa per le
prestazioni LTC non presenta differenze sostanziali fra i trasferimenti
monetari (cash) e le prestazioni (in kind), secondo quanto riportato dalla
seguente tabella:
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Tabella 1: Prestazioni per Long Term Care – SPESA
Prestazioni monetarie
Servizi Reali
Italia
52%
48%
Inghilterra
46%
54%
Francia
39%
61%
Germania
31%
69%
Fonte: Fosti e Notarnicola (2014)
Come si può notare, in questo confronto internazionale l’Italia è l’unico dei
quattro paesi considerati in cui prevalgono i trasferimenti monetari: in tutti gli
altri, pure con pesi molto diversi, prevalgono i servizi reali.
Le considerazioni sulla spesa per i servizi di LTC possono essere integrate con
i dati relativi alla copertura che essi sono in grado di generare. Come emerge
dalla figura 1, anche la copertura garantita da servizi reali e prestazioni
monetarie è comparabile; focalizzando però l’attenzione su quella derivante
dai soli servizi reali, si può notare come l’Italia si qualifichi nella parte bassa
della classifica.
Figura 1: Anziani che ricevono un sostegno alla LTC (Prestazioni monetarie o servizi reali)
in regimi di cura differenti – 2009 o anno più recente
Fonte: Rodrigues et al. (2011)
È importante notare in questa occasione che l’utilizzo di prestazioni monetarie
non regolate e i ridotti livelli di copertura dei servizi formali di LTC sono stati
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collegati (Rodrigues et al., 2012) ad un elevato ricorso alla cura informale
all’interno delle famiglie o al lavoro di badanti straniere, non necessariamente
assunte con contratto regolare, elementi che hanno scoraggiato lo sviluppo del
mercato della cura formale in alcuni paesi che li utilizzano maggiormente
come per esempio Italia, Germania e Austria.
In particolare, in Italia, le famiglie intervengono in maniera decisiva nel
settore, anche attraverso le migliaia di ore di lavoro gratuito di cura profuso in
favore dei propri cari in condizioni di disagio e attraverso il finanziamento del
mercato privato di cura testimoniato dal massiccio ricorso alle badanti, da più
parti richiamato come uno degli aspetti più peculiari del welfare sociosanitario
italiano. Le 774.000 badanti operanti in Italia stimate da IRS (Pasquinelli e
Rusmini, 2008) – di cui 700.000 straniere – fornirebbero infatti assistenza ad
almeno il 6,6 per cento degli anziani ultra sessantacinquenni, per un costo a
carico delle famiglie pari a poco più di 9,35 miliardi di euro, ovvero quasi un
terzo in più della spesa sociale corrente dei comuni italiani.
Questi dati possono essere confrontati con l’abbondante letteratura che tratta
dei diversi schemi interpretativi utilizzati per descrivere i regimi di cura
presenti in Europa. Il punto di partenza generalmente utilizzato per
quest’analisi è rappresentato dalla categorizzazione nei regimi
socialdemocratico, conservatore-corporativo e liberale proposto da EspingAndersen (1990), fortemente criticato negli anni ‘90 in quanto non attribuiva
rilevanza al ruolo giocato dalle famiglie tenendo in considerazione solo le
componenti di stato e mercato (Pavolini e Ranci, 2015). Sulla base di un
approccio di più ampio respiro è invece possibile identificare 5 diversi regimi
di cura: scandinavo/nordico, fortemente redistributivo, attento all’inclusione
sociale e all’universalismo dove gli anziani ricorrono prevalentemente a servizi
reali presso il proprio domicilio secondo la logica dell’”aging in place”;
anglosassone/liberale, dove l’enfasi è posta sulla responsabilità individuale e
dove sono presenti rilevanti programmi di assistenza sociale e di sussidi
indirizzati a specifici soggetti in relazione al reddito (cd “means tested”);
mediterraneo, dove i benefici economici di ridotta entità vengono
controbilanciati dalla presenza di un forte ruolo di sostegno della famiglia;
continentale, caratterizzato da libertà di scelta e flessibilità dato da sussidi
monetari con e senza condizionalità a seconda dei paesi considerati e post
comunista, di recente sviluppo e di ridotta copertura del bisogno. Un’ulteriore
suddivisione è proposta da Kraus et al. (2010), che suddividono i 21 paesi
oggetto del loro studio in 4 gruppi in base alle caratteristiche dell’utilizzo dei
servizi e del finanziamento, come mostrato nella figura seguente:
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Figura 2: Regimi di cura secondo l’uso e il finanziamento dell’assistenza
Nota: IC = Informal Care
Fonte: Aiginger and Leoni (2010)
Unitamente alla rilevanza che questi servizi in kind hanno se ne viene
considerato il peso rispetto alla spesa totale per LTC, appare particolarmente
importante analizzarne la gestione e l’integrazione in un’ottica di risorse
decrescenti. Se infatti sin d’ora l’Italia si distingue da Francia, Germania e
Inghilterra per una platea molto più ampia di soggetti in carico cui alloca però
una quota di risorse pro capite sensibilmente inferiore (Bonanomi et al, 2014),
tale quantitativo di risorse non è certamente destinato ad aumentare. I soggetti
che erogano le risorse pubbliche per il welfare sociale e sociosanitario (INPS
per le prestazioni sociali, SSN per i servizi sanitari e Comuni per i servizi
socio-assistenziali) stanno infatti vivendo delle gravissime crisi finanziarie,
tutte riconducibili, in ultima analisi, all’eccesso di debito pubblico che
caratterizza il nostro Paese. Tale scenario viene inoltre aggravato se si
considera l’invecchiamento progressivo cui la popolazione italiana sta andando
incontro, unitamente alla maggiore incidenza delle patologie croniche e delle
disabilità, particolarmente costose per il settore della sanità. Poiché quindi non
si intravede un aumento delle risorse disponibili per il prossimo futuro ma, al
contrario, si prospetta una loro riduzione, appare particolarmente rilevante
studiare la filiera dei servizi a disposizione degli anziani non autosufficienti
così da individuarne elementi di debolezza e best practice che siano
riproducibili anche in contesti differenti.
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Un’ultima caratteristica che è importante sottolineare ai fini dell’analisi della
filiera dei servizi LTC per anziani è la diversità regionale che contraddistingue
il Paese sia in termini di regolazione, sia di dotazione di strutture e posti letto,
sia di copertura dei bisogni degli utenti. Il Rapporto “L'assistenza agli anziani
non autosufficienti in Italia”, per esempio, relativamente all’assistenza
residenziale per non autosufficienti, riporta che le regioni del Nord si
distinguono per una maggiore dotazione di posti letto sulla percentuale della
popolazione anziana, compresa tra il 3% della Liguria e il 4% del Piemonte,
con il picco del 6,7% della Valle d'Aosta, mentre nel Sud Italia l’offerta di
residenzialità resta al di sotto della media italiana del 2,5%.
Figura 3: Dotazione posti letto complessivi e tasso di anziani non autosufficienti ospiti nei
presidi residenziali socioassistenziali e sociosanitari per livello di assistenza sanitaria
erogata e regione, presenti il 31 dicembre 2010 (valori % pop. anziana)
Fonte: Gori (2013)
Sempre secondo il Rapporto, anche l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI)
risulta molto eterogenea: guardando infatti ai dati disponibili, non tutte le
regioni italiane sembrerebbero aver recepito l’importanza strategica di
investire nel settore della domiciliarità, configurando regimi di assistenza
molto diversi fra loro. In particolare, è interessante notare la stabilizzazione
del livello di copertura della popolazione anziana a livello nazionale tra il 2010
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e il 2011, copertura che già fra il 2005 e il 2011 era aumentata di soli 1,2 punti
percentuali. In tale periodo le regioni che hanno visto una maggiore crescita
dei servizi di ADI sono state l’Emilia-Romagna (+5,2%), l’Umbria (+3,1%),
l’Abruzzo (+2,9%) e la Provincia Autonoma (P.A.) di Trento (+2,8%), mentre
in Friuli-Venezia Giulia e Molise si era venuta a configurare una sensibile
riduzione del livello di copertura (-2,0% e -2,6%).
Figura 4: Copertura dei servizi di assistenza domiciliare integrata in Italia (% sulla
popolazione anziana) e intensità
Fonte: Gori (2013)
Al fine quindi di rappresentare non solo le risorse e i servizi che il sistema
pubblico offre agli anziani non autosufficienti, ma anche di rispecchiare le
diversità locali, lo studio delle filiere dei servizi sociosanitari è stato effettuato
tramite lo strumento dei casi aziendali, approfondito nel paragrafo seguente.
Ci si interroga così sulle diverse caratteristiche dei servizi per la LTC nelle
realtà in analisi, frutto dell’autonomia dei territori nelle scelte – consapevoli,
emergenti e inconsapevoli – sulle modalità di gestione e sui volumi dei servizi
stessi.
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1.2 Metodologia
Come precedentemente illustrato, l’oggetto del presente Rapporto di ricerca è
la LTC, con una focalizzazione specifica sugli anziani non autosufficienti.
La domanda di ricerca propria di questa terza parte, anche alla luce delle
considerazioni e della letteratura presentate nel paragrafo 1.1, è la seguente:
“avendo come riferimento l’Azienda Sanitaria, qual è la risposta che viene
fornita ai bisogni degli anziani non autosufficienti?”. Il quesito riguarda non
solo il setting assistenziale di cura dell’utente (residenziale, semiresidenziale e
domiciliare), ma anche la composizione della filiera dei servizi sociosanitari, la
capacità di risposta alla domanda e, non da ultimo, gli standard assistenziali.
Con riferimento alle scienze sociali di cui l’economia aziendale fa parte, la
scelta della metodologia della ricerca poteva esplicarsi all’interno delle seguenti
opzioni (Yin, 2003; Fattore, 2005):
•
•
•
•
•
Esperimento
Analisi di casi
Evoluzione di casi
Questionario
Studio di materiali (desk research)
Ciascuno degli approcci metodologici ha caratteristiche e finalità proprie,
come illustrato dalla tabella seguente:
Tabella 2: Metodi di ricerca in economia aziendale
Metodologia
Esperimento
Casi si studio
Questionario
Evoluzione di casi
Studio di materiali
(desk research)
Domande di
ricerca
Come? Chi?
Come? Chi?
Chi? Cosa? Dove?
Quanti? Quanto?
Come? Chi?
Come? Chi?
Necessità di un
sistema di
controllo
Si
No
Focus su eventi
contemporanei
Si
Si
No
Si
No
No
No
Si/No
Fonte: Yin (2003)
A fronte di quanto affermato dalla letteratura, avendo la ricerca la finalità di
analizzare il “come” ed il “perché” delle caratteristiche dei servizi e delle scelte
assunte dalle Aziende, senza però utilizzare casi di controllo (le configurazioni
derivanti dalle scelte manageriali sono infatti troppo diverse per essere
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confrontate) e focalizzandosi su fenomeni contemporanei, la metodologia
maggiormente appropriata per l’analisi appare lo studio di casi.
Lo studio di casi non intende né offrire una visione complessiva estendibile
all’intero sistema (sociosanitario), né identificare una one best way ma, appunto,
rispondere alle domande: come viene gestito il crescente bisogno di cura
proprio degli anziani non autosufficienti? Chi è coinvolto nella rete di servizi
così come oggi configurata?
La metodologia si è quindi focalizzata, non dovendo e non potendo avere casi
controllo, su di un caso per regione e ne ha successivamente limitato lo studio
dei casi nel numero di 10.
In un primo momento, sono state identificate le regioni con una elevata
prevalenza di persone anziane escludendo quelle in cui vi fosse, in ragione
delle esigue dimensioni o della ridotta popolazione o per scelta di governance,
una sola azienda, in quanto il caso analizzato avrebbe coinciso con la regione
stessa.
All’interno delle regioni selezionate sono state successivamente identificate
quelle aziende sanitarie che avessero sviluppato, per storia o per
implementazione di strumenti di management, un sistema di gestione non più
per funzioni ma per aree di salute (anziani non autosufficienti, LTC). In
questo modo sono state definite le 10 aziende sanitarie oggetto della ricerca.
Tali aziende, oltre ai precedenti requisiti, hanno dovuto rispondere anche ad
un ulteriore criterio di inclusione: quello legato alla disponibilità dei dati
relativamente ad una tematica, la LTC, che solo in parte è gestita dalle ASL in
quanto vi è un ruolo significativo svolto dagli Enti Locali e dagli erogatori
accreditati e contrattati.
Il numero di aziende che ha superato questo ulteriore processo di selezione è
stato di 9 e precisamente:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
ASL Biella;
ASL Chiavari
ASL Lecce
ASL Lodi
AUSL Piacenza
ASL Roma E
ASL Siena
AULSS 12 veneziana
ASS 4 Udine
Il gruppo di ricerca ha quindi provveduto ad analizzare questi casi di studio
secondo la metodologia classica (Fattore, 2005) delle interviste semi strutturate
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con i referenti con analisi della normativa regionale di riferimento e di
inquadramento.
La ricerca ha adottato un approccio dal generale al particolare ricostruendo in
primo luogo la filiera dei servizi sociosanitari previsti dalla normativa
regionale, per andare poi ad analizzare quanto presente nel territorio
dell’Azienda Sanitaria e approfondire il percorso di accesso; infine, sono state
proposte alcune prime riflessioni sul modello e sui sistemi operativi adottati.
Nello specifico, la prima parte di ciascun caso introduce il sistema regionale
con la normativa di riferimento2 e la filiera come normata. L’analisi dei casi
prosegue poi con la presentazione della filiera dei servizi sociosanitari offerti
dall’Azienda Sanitaria unitamente al sistema di accesso, le relative tariffe e gli
standard assistenziali (siano essi per posto letto o per tipologia di paziente). In
questa seconda parte si intende descrivere la governance del sistema sia in
termini di residenzialità che di semi residenzialità che di domiciliarità con i
criteri di eligibilità ed i correlati sistemi operativi.
Come precedentemente affermato, il focus del Rapporto è l’anziano non
autosufficiente e pertanto si analizzano i servizi sociosanitari intesi come
coprodotti da enti, operatori ed istituzioni differenti (come ad esempio
l’azienda sanitaria ed il Comune) ed afferenti a sistemi diversi. Non è oggetto
del presente lavoro lo studio dei servizi sanitari offerti dalle Aziende Sanitarie,
mentre i servizi sociali vengono presentati così come da esse intercettati e
vissuti.
La governance del sistema viene ulteriormente elaborata nella terza parte dei
diversi casi, che riguarda il meccanismo di accesso al sistema dei servizi. In
chiusura ogni caso presenta una prima rivisitazione e rielaborazione dello
stesso con alcune riflessione sui punti salienti e le aree di miglioramento
emerse nel corso delle interviste.
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La normativa di riferimento è da ritenersi aggiornata al momento dell’intervista.
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2. La LTC in Italia: 9 casi aziendali
Il capitolo riporta, secondo un ordine rigorosamente alfabetico, i 9 casi
aziendali selezionati sulla base dei criteri esposti all’interno del paragrafo 1.2.
Ciascuno di essi comprende una descrizione del contesto aziendale analizzato,
dei servizi per la Long Term Care offerti (prestazioni, target, finalità, standard
assistenziali), dei percorsi di accesso e dei modelli di valutazione degli utenti;
nella parte finale di ciascun caso vengono presentate alcune prime riflessioni
sui punti salienti e le aree di miglioramento emerse nel corso delle interviste
semi-strutturate condotte presso le Aziende. La rielaborazione complessiva
delle informazioni acquisite e la lettura d’insieme dei modelli analizzati sono
invece inserite all’interno del capitolo 3 “Considerazioni conclusive”.
2.1 ASL di Biella3
Il contesto aziendale
L'Azienda Sanitaria di Biella (ASL BI) è stata istituita il 1° gennaio 1995 e
comprende 74 comuni degli 82 della Provincia, per un totale di 172.635
abitanti4, dei quali oltre il 50% concentrato lungo l’asse Biella-Cossato e
nell’immediato hinterland di Biella. L’ASL ricomprende inoltre due distretti,
Biella e Cossato, e un presidio ospedaliero, l'Ospedale degli Infermi, collocato
a Ponderano (BI). La popolazione di riferimento nel territorio è inserita
all’interno della seguente tabella:
Tabella 3: Popolazione di riferimento ASL BI
Popolazione al 1/1/2015
Popolazione totale
Popolazione 65-74
ASL BI
172.635
22.019
Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Gianni Bonelli,
Direttore generale Asl BI, del Dott. Michele Sartore, Direttore del Distretto 1 Asl BI, e del suo
staff, in particolare del Dott. Marco Rosazza Prin, addetto alla segreteria della Commissione di
Vigilanza L.R. 1/2004. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori.
4 Elaborazione Cergas da dati ISTAT 2015 http://dati.istat.it
3
15
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
24.727
46.746
47,10%
52,90%
27,08%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
8.648
Fonte: Elaborazione su dati ISTAT 2015, http://dati.istat.it
I servizi offerti
Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso piemontese è che vengono
offerti, nel territorio dell’ASL di Biella, tutti i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa
regionale. Si origina così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e
sociosanitarie a disposizione della popolazione anziana, più precisamente:
Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, le
Residenze Sanitarie Assistenziali, le Residenze Assistenziali Flessibili In
Regime Transitorio – RAF Reg. Trans. (altrove denominate RSA Reg. Trans.),
i NAT – Nuclei Alzheimer Temporanei, le Residenze Assistenziali, le Piccole
residenze per anziani autosufficienti, le Residenze Assistenziali Alberghiere e
le Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti.
Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati il Centro
diurno Alzheimer, il Centro diurno integrato e il Centro Diurno per anziani
autosufficienti.
Infine, nel caso dei servizi domiciliari erogati dall’ASL, riscontriamo la
presenza del servizio di Assistenza Domiciliare Integrate (ADI), ricompreso
all’interno delle più ampie Cure domiciliari (che comprendono anche servizi
esclusivamente sanitari come l’Assistenza Domiciliare Programmata, il
Servizio Infermieristico Domiciliare o le Prestazioni Infermieristiche
Estemporanee). A tale servizio si aggiungono il Servizio di Assistenza
Domiciliare e i Contributi economici a sostegno della domiciliarità in
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’ASL BI (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over
65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si
veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano.
16
lungoassistenza; in seguito a specifico accordo con l’ASL BI, la gestione del
contributo viene assicurata dai Consorzi Socio Sanitari locali.
I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Biella: la filiera sociosanitaria
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Biella afferenti alla
filiera sociosanitaria.
NAT – Nucleo Temporaneo Alzheimer
(DGR n. 45-4248 del 2012)
Il NAT si configura come un nucleo collocato all’interno di una RSA e
accoglie persone affette da demenza che presentano disturbi comportamentali
e/o problemi sanitari e assistenziali di elevata complessità e che possono trarre
vantaggio da un intervento terapeutico psicoriabilitativo intensivo. I soggetti
assistiti sono quindi affetti da demenza di grado moderato-severo con gravi
disturbi comportamentali o severi sintomi psichici. Gli obiettivi che vengono
perseguiti a sostegno di questi utenti sono:
• riduzione e controllo disturbi comportamentali;
• sostegno alle condizioni generali (in particolare nutrizionali) e
trattamento comorbilità;
• monitoraggio terapie psicofarmacologiche;
• riduzione e/o abolizione della contenzione fisica e tutela
dell’incolumità del paziente;
• attivazione/riabilitazione
applicata
all’area
cognitiva,
del
comportamento e delle abilità funzionali;
• sostegno per i familiari degli ospiti.
L’inserimento in struttura dell’utente è subordinato all’approvazione del PAI
da parte dell'UVG.
Gli standard di personale che vengono previsti dalla DGR n. 45-4248 del 2012
sono:
• Direttore di Comunità Sociosanitaria/responsabile di struttura: 2,71
min/die
• Direttore sanitario: 2,71 min/die
• Medico Responsabile del Nucleo: 4,28 min/die
• Psicologo 4,28 min/die
• Assistenza infermieristica, riabilitazione, mantenimento psico-fisico:
39,00 min/die
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•
•
OSS: 210 min/die
Animatore professionale, terapista occupazionale, educatore
professionale o altre figure professionali dell’area della riabilitazione
e/o altre specializzazioni: 2,14 min/die
Il servizio è di tipo residenziale e prevede che per ciascuna RSA vengano
inseriti al massimo due nuclei da 10 o 20 posti letto.
La tariffa giornaliera applicata è di 132,62 €. La quota sanitaria ricopre il 70%
del valore complessivo della retta ed è a carico dell’SSN, mentre la quota
alberghiera a carico dell’utente è pari al 30%. Questa configurazione si è creata
a seguito dell’approvazione delle DD.GG.RR. n. 10-6357 del 2013 e n. 196893 del 2013, che sospendono la ripartizione al 50% definita dalla DGR n.
85-6287 del 2013 (mantenendo però il valore della retta giornaliera da
quest’ultima definito).
Residenze Sanitarie Assistenziali
(DGR n. 45-4248 del 2012)
La RSA è un presidio che offre assistenza medica, infermieristica, riabilitativa,
tutelare e alberghiera a persone non autosufficienti di norma anziane, con esiti
di patologie fisiche, psichiche, sensoriali e miste. Esistono casi (per lo più in
via eccezionale e temporanea) in cui possono essere effettuati inserimenti di
utenti sotto i 65 anni di età, qualora questi ultimi presentino bisogni
assistenziali e/o sanitari comparabili a quelli di un anziano non autosufficiente
(per esempio presentino problemi sociali/sanitari derivanti da patologie come
l’ictus o siano stati trasferiti da un DSM). Gli utenti accolti devono presentare
un’intensità assistenziale residenziale da bassa ad alta incrementata; ciò
significa che il valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o
riabilitativa (per mantenere l’autonomia funzionale residua) e socioassistenziale (per mantenere o migliorare la vita sociale e relazionale)
dell’intervento pianificato deve essere compreso fra 5 e 125.
L’obiettivo perseguito è quello di garantire un livello medio di assistenza
sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa), integrato da un livello elevato
di assistenza tutelare e alberghiera.
L’ammissione alla RSA è subordinata all’approvazione di un PAI da parte
dell’Unità Valutativa Geriatrica.
Il personale previsto per questa tipologia di strutture è composto da:
• Direttore di Comunità Sociosanitaria/responsabile di struttura: la
presenza del Direttore di Comunità Sociosanitaria deve essere
5
Cfr “Selezione dell’utenza e primo accesso” a pp 36-37
18
•
•
•
•
•
•
garantita a tempo pieno per le strutture autorizzate per almeno 120
p.l. di RSA; per le strutture con numero di posti autorizzati inferiore
la presenza può essere garantita anche parzialmente,
proporzionalmente al numero di posti letto autorizzati.
Convenzionalmente è stato definito uno standard di 2,71
min/p.l./die;
Direttore sanitario: La figura del Direttore Sanitario è prevista nelle
strutture con “NAT” e posti letto adibiti alle fasce “Medio-Alta”,
“Alta”, “Alta Livello Incrementato”. La presenza è garantita a tempo
pieno per le strutture con almeno 120 p.l. ricompresi nelle fasce o
NAT precedentemente indicate; per un numero di posti letto inferiore
può essere garantita anche a tempo parziale proporzionalmente al
numero di posti letto. Convenzionalmente è stato definito uno
standard di 2,71 min/ospite con intensità MA o A o AI o NAT/die;
MMG: L’assistenza viene garantita dall’ASL attraverso i medici di
medicina generale sulla base delle disposizioni previste dal vigente
accordo integrativo regionale (DGR n. 28-2690 del 24.4.2006, art. 14);
Assistenza infermieristica, riabilitazione, mantenimento psico-fisico,
supporto psicologico, fascia: Alta Incrementata 46,00 min/die, Alta
30,00 min/die, Medio-alta 25,00 min/die, Media 18,00 min/die,
Medio-bassa 13,00 min/die, Bassa 8,00 min/die. Per strutture di
intensità Medio Alta e fasce superiori, per almeno 80 p.l., deve essere
garantita la presenza di personale infermieristico per le intere 24 ore
giornaliere; al di sotto degli 80 p.l. e per le fasce inferiori deve essere
garantita la pronta reperibilità notturna;
OSS, fascia: Alta Incrementata 134,00 min/die, Alta 120,00 min/die,
Medio-alta 105,00 min/die, Media 87,00 min/die, Medio-bassa 82,00
min/die, Bassa 72,00 min/die, da garantirsi nell'arco delle 24 ore
Per gli ospiti ricoverati in regime convenzionale con il SSR,
l’assistenza specialistica, farmaceutica e protesica, nonché ogni altra
prestazione diagnostico-terapeutica, sono garantite dall’ASL secondo
le necessità degli ospiti;
Attività di animazione: viene garantita attraverso le figure
professionali dell’animatore professionale, del terapista occupazionale,
dell’educatore professionale o altre figure professionali dell’area della
riabilitazione e/o altre specializzazioni (es. musicoterapia,
teatroterapia, ecc.) che possono essere utilmente impiegate ai fini del
raggiungimento degli obiettivi assistenziali prefissati nei progetti
assistenziali, per un totale complessivo di 18 ore settimanali per n. 72
ospiti e deve essere calibrata sulle peculiarità della fascia di intensità.
Convenzionalmente è stato definito uno standard di 2,14
min/ospite/die.
19
Le dimensioni consentite per le strutture vanno da un minimo di 20 posti letto
ad un massimo di 120, articolati in nuclei elementari singoli da 10 (cui
aggiungere eventuali 2 di pronta accoglienza) o da 20 (cui aggiungere eventuali
4 di pronta accoglienza) posti letto.
Le tariffe giornaliere per l’assistenza prestata dalle RSA stabilita dalla DGR n.
85-6287 del 2013 sono, a seconda del livello d’intensità assistenziale:
Tabella 4: Tariffe giornaliere RSA ASL BI
Livello d’intensità
assistenziale
Alta Intensità
Livello
Incrementale
Alta
Medio Alta
Media
Medio Bassa
Bassa
Tariffa
giornaliera
€ 104,44
Di cui a Carico
SSR
€ 52,22
Di cui a carico
utente/Comune
€ 52,22
€ 95,73
€ 88,00
€ 77,36
€ 73,00
€ 71,56
€ 47,87
€ 44,00
€ 38,68
€ 36,50
€ 35,78
€ 47,87
€ 44,00
€ 38,68
€ 36,50
€ 35,78
Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 85-6287 del 2013
La quota socio-assistenziale prevista a carico dell’utente/Comune è quindi pari
al 50% del valore complessivo della retta.
Residenze Assistenziali Flessibili In Regime Transitorio – RAF Regime
Transitorio
(DGR n. 41-42433 del 1995, DGR n. 17-15226 del 2005, DGR n. 25-12129
del 2009, DGR n. 45-4248 del 2012)
Le RAF Reg. Trans. (altrove presenti come RSA Reg. Trans.) si qualificano
come residenze socio-assistenziali di ospitalità permanente che offrono
assistenza medica, infermieristica, riabilitativa, tutelare e alberghiera. Esse
sono finalizzate a garantire un sufficiente livello di assistenza sanitaria
(infermieristica e riabilitativa), integrato da un livello medio di assistenza
tutelare e alberghiera, ad anziani con un’intensità assistenziale residenziale da
bassa a media. Il valore del punteggio derivante dalla definizione del PAI
dovrà quindi essere compreso fra 5 e 8.
Le RAF Reg. Trans., come indica il nome stesso, sono destinate a scomparire,
in quanto la normativa vigente richiede il loro adeguamento ai requisiti del
Regime Definitivo per una successiva e automatica trasformazione in RSA, ai
20
sensi della DGR n. 45-4248 del 2012. Il Regime Transitorio era stato
introdotto dalla DGR n. 41-42433 del 1995, affinché le strutture prive dei
requisiti strutturali previsti dalle norme nazionali e regionali potessero
proseguire la propria attività, a condizione del raggiungimento di alcuni
requisiti strutturali minimi. Con l’approvazione della DGR 25-12129 del
2009 però, le strutture autorizzate ad operare in Regime Transitorio sono
state accreditate, subordinando il mantenimento dell’accreditamento alla
presentazione di un progetto di adeguamento ai requisiti strutturali del
Regime Definitivo, di un piano finanziario e di un cronoprogramma
dell’intervento. Il termine per la presentazione dei documenti è stato più
volte modificato e quello attualmente in vigore è stabilito dalla DGR n. 541035 del 2015. Le strutture che entro tale termine non si saranno adeguate ai
requisiti del Regime Definitivo dovranno riconvertire i posti letto in questione
in Residenze Assistenziali o Residenze Assistenziali Alberghiere, perdendo
l'accreditamento.
In ragione della fase di trasformazione verso le RSA che queste strutture
stanno vivendo, si riscontrano molteplici similitudini. In primo luogo, anche in
questo caso, l’accesso è consentito previa valutazione da parte della UVG e
definizione del PAI. In secondo luogo, anche gli standard di personale previsti
dalla normativa regionale sono gli stessi; sono però applicabili solo quelli
riferiti alle fasce d’intensità da bassa a media, in quanto le RAF Reg. Trans.
non possono accogliere utenti con un profilo di non autosufficienza maggiore.
I terzo luogo, anche le tariffe applicate sono le stesse, ovvero:
Tabella 5: Tariffe giornaliere RAF – Regime ASL BI
Livello d’intensità
assistenziale
Media
Medio Bassa
Bassa
Tariffa
giornaliera
€ 77,36
€ 73,00
€ 71,56
Di cui a Carico
SSR
€ 38,68
€ 36,50
€ 35,78
Di cui a carico
utente/Comune
€ 38,68
€ 36,50
€ 35,78
Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 85-6287 del 2013
Centro diurno Alzheimer
(DGR n. 45-4248 del 2012)
Il Centro Diurno Alzheimer è un servizio semiresidenziale destinato a soggetti
affetti da demenza e al sostegno dei familiari e/o altre persone di riferimento
che li assistono al domicilio. In particolare, esso si rivolge a persone non
autosufficienti di norma anziane affette da morbo di Alzheimer o altre forme
di demenza con diagnosi accertata, in base a criteri scientifici validati. Il
21
Centro è un elemento fondamentale nella rete dei servizi territoriali ed è in
collegamento con l’UVG e il MMG. La principale finalità di questo servizio è
il miglioramento della qualità della vita dell’utente e dei suoi familiari, con la
conseguente riduzione del ricorso all’istituzionalizzazione o, almeno, un suo
allontanamento nel tempo. Per perseguire tale obiettivo, il centro dà
attuazione a programmi riabilitativi e socializzanti mediante l’insieme
combinato di prestazioni sanitarie e socio-assistenziali; più precisamente, esso
predispone azioni volte a:
• individuare interventi terapeutici, anche per quanto concerne la
presenza di altre eventuali patologie concomitanti;
• migliorare il quadro sintomatologico funzionale, psicologico e
comportamentale;
• ridurre o abolire l’uso di psicofarmaci;
• stimolare le capacità sociali (comunicative, relazionali e cognitive);
• realizzare adeguati interventi di supporto ai famigliari e/o altre
persone di riferimento (per la riduzione dello stress, la promozione
del benessere psicofisico, il miglioramento delle relazioni sociali,
l’acquisizione di conoscenze sulla malattia e di capacità di gestire il
paziente etc).
L’inserimento al Centro Diurno Alzheimer è disposto dall’UVG dell’Azienda
Sanitaria Locale competente per territorio, che verifica l’ammissibilità e
predispone il Progetto individuale.
All’interno della DGR n. 45-4248 del 2012 vengono stabiliti i seguenti
standard di personale:
• Medico responsabile o Direttore sanitario: 3 min/die
• Assistenza infermieristica, riabilitazione, mantenimento psico-fisico:
28,00 min/die
• OSS: 82,00 min/die
• Psicologo: 2 min/die.
L’apertura prevista dal Centro diurno Alzheimer deve essere di almeno 5
giorni alla settimana con un orario minimo di 8 ore giornaliere, con una
ricettività massima di 25 utenti/die. L’attività del Centro può essere sospesa
per limitati periodi durante l’anno, in base a motivate esigenze organizzative
locali.
Dal punto di vista del modello di finanziamento, la tariffa sociosanitaria
giornaliera prevista dalla DGR n. 85-6287 del 2013 per i Centri Diurni
Alzheimer è pari a 70,00 €/die; a seguito dell’approvazione delle DD.GG.RR.
n. 10-6357 del 2013 e n. 19-6893 del 2013, che sospendono la ripartizione al
50% da essa definita, la ripartizione fra quota sanitaria SSN e quota sociale a
carico dell’utente è rispettivamente pari al 70% e 30%.
22
Centro Diurno Integrato
(DGR n. 45-4248 del 2012)
Per Centro Diurno Integrato si intende una struttura semi residenziale che
assiste anziani non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti che
necessitano di prestazioni di carattere assistenziale, relazionale e sanitario che
non possono essere interamente soddisfatte dal nucleo familiare o dai servizi
domiciliari, ma per i quali risulta improprio o prematuro il ricovero in un
servizio assistenziale residenziale. Al suo interno vengono attuati programmi
riabilitativi e socializzanti mediante l’insieme combinato di prestazioni socioassistenziali e sanitarie; è la presenza di queste ultime a differenziare il Centro
Diurno Integrato dal Centro Diurno per anziani autosufficienti. Le prestazioni
offerte sono finalizzate a:
• tutelare la salute e il benessere della persona anziana, al fine di
mantenere e recuperarne l’autonomia e favorirne il mantenimento nel
proprio contesto abitativo, familiare e relazionale;
• fornire un supporto ai nuclei familiari;
• migliorare e sviluppare le capacità residue degli anziani, stimolandone
gli interessi per renderli il più possibile attivi e partecipi alla vita
sociale.
L’utilizzo del servizio è subordinato all’approvazione del PAI da parte
dell'UVG
La DGR n. 45-4248 del 2012 stabilisce per questo servizio un organico
minimo composto dalle seguenti figure professionali:
• Coordinatore almeno part-time con funzioni organizzativemanageriali e gestionali;
• Infermiere professionale: 22,00 min/die;
• OSS: 54,00 min/die;
• Animatore professionale, terapista occupazionale, educatore
professionale o altre figure professionali dell’area della riabilitazione
e/o altre specializzazioni: 6,52 min/die
Il Centro Diurno Integrato deve prevedere un’apertura di almeno 5 giorni alla
settimana (preferibilmente 6) con un orario minimo di 10 ore giornaliere e una
ricettività massima di 20/25 utenti/die. L’attività del Centro può essere
sospesa per limitati periodi durante l’anno, in base a motivate esigenze
organizzative locali.
La retta giornaliera prevista dalla DGR n. 85-6287 del 2013 (e successive
DD.GG.RR. n. 10-6357 del 2013 e n. 19-6893 del 20139) è pari a 46,00 €/die;
il 50% di tale valore viene versato dall’utente come quota alberghiera.
23
Assistenza Domiciliare Integrata
(DGR n. 41-5952 del 2002, sito ASL Biella)
Per ADI si intende l’assistenza, temporanea o protratta, offerta presso il
domicilio a persone in condizione di ridotta o totale non autosufficienza,
affette da malattie cronico-degenerative o da patologie acute stabilizzate e
curabili o malati terminali, in presenza di adeguato supporto familiare o di
altro tipo. Comprende visite del medico di medicina generale e dei medici
specialistici, prestazioni infermieristiche, riabilitative e di assistenza alla
persona; inoltre le persone che sono in carico al servizio di Assistenza
Domiciliare Integrata ricevono dall’ASL i farmaci necessari per le cure oggetto
del progetto, eventuali ausili e l’accompagnamento in ambulanza qualora vi sia
necessità di recarsi presso un ospedale per effettuare degli accertamenti
diagnostici. L’ADI è finalizzata a ritardare il più possibile, o evitare, il ricovero
ospedaliero o l’ingresso in struttura residenziale e a favorire il percorso di
continuità assistenziale con l’ospedale nella fase di dimissione (c.d.
“Dimissione Protetta”).
L'attivazione del servizio avviene da parte del MMG di propria iniziativa o su
segnalazione (da parte di reparti ospedalieri, Servizio infermieristico
domiciliare, Servizi Sociali, parenti, ecc.). Il medico fa richiesta al Servizio di
Cure Primarie del Distretto di competenza e il Responsabile, dopo
valutazione, autorizza l’attivazione dell’ADI. Il servizio è interamente a carico
del SSR e non prevede compartecipazione da parte dell’utente
Contributo economico a sostegno della domiciliarità in lungoassistenza
(DGR n. 39-11190 del 2009, DGR n. 56-13332 del 2010, DGR n. 26-6993 del
2013)
Il contributo economico a sostegno della domiciliarità in lungoassistenza è un
intervento a rilievo sociosanitario che si configura come erogazione monetaria
riconosciuta al beneficiario di un PAI, per la copertura del costo di servizi di
assistenza tutelare socio sanitaria. Questi ultimi sono: prestazioni di cura
familiare e affidamento, assunzione di un Assistente Familiare, acquisto di
prestazioni di assistenza domiciliare del profilo professionale ADEST/OSS
presso fornitori accreditati o riconosciuti dalle ASL o dai Soggetti gestori dei
servizi socio-assistenziali (EE.GG.), acquisto del servizio di telesoccorso,
acquisto di pasti a domicilio. Esso viene riconosciuto ad anziani che siano stati
dichiarati dall'UVG non autosufficienti ed eligibili ad un Progetto di Cure
Domiciliari in Lungoassistenza e a persone con disabilità non autosufficienti di
età inferiore ai 65 anni, con l’obiettivo di sostenere la famiglia nel carico
assistenziale, permettere un rallentamento o una limitazione agli inserimenti
24
residenziali e remunerare prestazioni di assistenza mediante progetti
personalizzati di domiciliarità.
Nell’ASL BI tali contributi vengono gestiti dai Consorzi sociosanitari IRIS e
CISSABO.
L’attribuzione del contributo è possibile qualora vi sia stata l’approvazione del
PAI che lo prevede da parte dell'UVG. Il contributo economico è definito in
base alle seguenti tipologie d’intervento:
1) Assegno di domiciliarità nel caso di prestazioni domiciliari
direttamente acquisite dalla famiglia (assistente familiare regolarmente
assunto, con l’applicazione del CCNL del Lavoro Domestico, dal
soggetto beneficiario o da un fornitore riconosciuto da ASL ed Enti
Gestori);
2) Sostegno intrafamiliare svolto da un familiare distinguendo quando:
a. ha un ruolo solo di caregiver: tale ruolo non è monetizzato, in
quanto intrinseco al legame di parentela e all’eventuale scelta
di convivenza;
b. oltre al ruolo di caregiver, svolge anche compiti di cura nei
confronti dell’anziano non autosufficiente secondo i tre livelli
di necessità assistenziale definiti dalla Commissione
valutativa. In questi casi il familiare deve dimostrare la reale
disponibilità di tempo e di capacità nella cura e nell’assistenza
dell’anziano.
3) Affidamento quando il sostegno è fornito da un volontario
riconosciuto dal Servizio Sociale. L’attività del volontario può essere
integrata dall’intervento domiciliare effettuato dall’assistente familiare
o da altra figura professionale fino alla concorrenza del massimale
previsto, analogamente a quanto avviene per i familiari. L’affidatario
può essere distinto in:
a. Affidatario caregiver: ruolo più leggero nel caso di bassa e
media intensità assistenziale;
b. Affidatario con compiti di cura;
c. Affidamento residenziale: accoglienza temporanea o
definitiva presso l’abitazione dell’affidatario nei casi in cui
l’assenza di reti parentali precluda la permanenza presso il
proprio domicilio.
4) Servizi di Telesoccorso e/o pasti a domicilio.
Gli importi riconosciuti a seconda dei diversi casi sono inseriti nella seguente
tabella:
25
Tabella 6: Valore dei contributi economici a sostegno della domiciliarità in
lungoassistenza per anziani non autosufficienti ASL BI
Livello alta
intensità
assistenziale
(punteggio
superiore a
15)
Assegno di
domiciliarità
Fino a € 1.350,00*
mensili suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
Sostegno
intrafamiliare
€ 400,00 mensili
suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
*€ 1.640,00 se
l’anziano è senza
rete familiare
Livello
media
intensità
assistenziale
(punteggio
da 10 a 15)
Fino a € 1.100,00
mensili suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
€ 300,00 mensili
suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
Livello
bassa
intensità
assistenziale
(punteggio
da 4 a 9)
Fino a € 800,00
mensili suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
€ 200,00 mensili
suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
Affidamento
1. Affidatario
caregiver: non
previsto
2. Affidatario con
compiti di cura: €
600,00 mensili
3. Affidatario
residenziale: €
700,00
Suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
1. Affidatario
caregiver: € 200,00
2. Affidatario con
compiti di cura: €
500,00 mensili
3. Affidatario
residenziale: €
700,00
suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
1. Affidatario
caregiver: € 200,00
2. Affidatario con
compiti di cura: €
400,00 mensili
3. Affidatario
residenziale: €
700,00
suddiviso in:
- 50% quota
sanitaria
- 50% quota sociale
in base al reddito
Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 39-11190 del 2009 e ss.mm.ii.
26
Il costo dell’assistenza tutelare socio sanitaria prevista dal PAI è per il 50%
(componente sanitaria) a carico dell’ASL, mentre il restante 50% (componente
sociale) è a carico dell’Utente/Enti gestori così come disposto dalla DGR n.
51-11389 del 2003. Qualora il beneficiario sia titolare di Indennità di
Accompagnamento, tale previdenza va utilizzata per la copertura della
componente sociale.
Box 1
Le cure intermedie e i sevizi per anziani
Si evidenzia che, oltre alle tipologie di servizi sociosanitari per anziani
precedentemente descritti, vengono previste dalla normativa altre
strutture, dirette anche a diversi target di utenza, che possono inserirsi
nella trattazione in quanto particolarmente rilevanti nel percorso di cura
delle persone anziane. Esse sono:
− Gli Hospice, che nell’ASL di Biella contano n. 10 p.l. autorizzati
secondo quanto determinato nella DGR n. 15-7336 del 2002;
− I posti letto adibiti alla cura dei pazienti in Stato Vegetativo (S.V.), in
Stato di Minima Coscienza (S.M.C.) ed affetti da Locked-in
Sindrome (L.I.S.), che rientrano nel più ampio gruppo delle Gravi
Cerebrolesioni Acquisite (G.C.A.). Istituiti dalla Regione Piemonte con
DGR 62-13647 del 2010, essi vengono chiamati NSV e NAC e sono
autorizzabili in strutture sociosanitarie (RSA) o Case di Cura. Per tale
tipologia di p.l. i requisiti e le procedure per l’accreditamento sono stati
definiti con successiva DGR n. 22-5036 del 2012: nessuna struttura
sociosantaria del biellese, ad oggi, è autorizzata al funzionamento per
tale tipologia di p.l.;
− Infine, con DGR n. 6-5519 del 2013 (approvati all’interno dei criteri
per la realizzazione dell’area di attività extra ospedaliera di continuità
assistenziale a valenza sanitaria con DGR n. 13-1439 del 2011), sono
stati definiti gli standard inerenti i p.l. di Continuità Assistenziale a
Valenza Sanitaria (CAVS), che sono attivabili mediante la
riconversione tra l’altro di p.l. convenzionati in struttura RSA. Ad oggi
non sono presenti tali p.l. nell’ASL BI in strutture RSA, ma sono stati
assegnati nella misura di n. 36 p.l., alle Case di Cura del Territorio
(DGR 67-1716 del 6 luglio 2015) e saranno prossimamente attivati.
27
I dati della filiera sociosanitaria6:
I dati relativi alla filiera sociosanitaria dei servizi per la LTC offerti nel
territorio dell’ASL BI vengono qui presentati in due momenti successivi: in
prima istanza vengono infatti riportati alcuni valori relativi ai servizi di tipo
residenziale, mentre successivamente vengono trattati contemporaneamente
quelli di tipo semiresidenziale e domiciliare. La seguente tabella mostra quindi
alcuni dati di attività relativi ai servizi residenziali per anziani non
autosufficienti descritti nei paragrafi precedenti:
Tabella 7: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) ASL BI
Erogatori
1 privato
Posti letto
20 privati
Utenti in carico
Giornate di degenza
erogate
2
RSA/RAF Regime
Transitorio
Tot. n. 36 di cui 26 privati
e 10 pubblici
Tot. n. 1643 di cui n. 1186
privati e n. 457 pubblici
804
109
209.602
NAT
Fonte: Dati forniti da ASL BI
Rielaborando tali valori l’Azienda è in grado di ottenere alcune misure
aggiuntive, come il tasso di occupazione dei posti letto, l’indice di rotazione
dei posti letto e la degenza media. Il tasso di occupazione dei posti letto risulta
per i NAT pari a 1,5%, mentre nel caso delle RSA/RAF regime transitorio è
pari al 34,95%. L’indice di rotazione dei posti letto risulta invece 0,1 per i
NAT e 0,148 per RSA/RAF regime transitorio mentre la degenza media è,
rispettivamente, pari a 54,5 e 260,69 giorni. Utilizzando tali valori è possibile
calcolare il rapporto fra il numero di posti letto convenzionati appartenenti a
strutture residenziali per non autosufficienti e la popolazione anziana non
autosufficiente come stimata all’interno della Tabella 3, calcolo che origina un
tasso di copertura pari a 19,23%.
È utile ricordare che i dati sopra riportati si riferiscono agli ospiti inseriti “in
convenzione” e per i quali cioè vi è una compartecipazione nel pagamento
della retta da parte dell’ASL BI. Si tenga conto che gli utenti inseriti con tale
modalità risultano essere, nell’anno 2014, il 37% circa del totale degli ospiti
inseriti in strutture socio sanitarie (il restante 63% degli ospiti delle strutture
risulta inserito privatamente ovvero con retta totalmente in capo all’utente
stesso).
6
I dati riportati sono stati forniti dall’ASL Di Biella e fanno riferimento all’anno 2014
28
Vengono inseriti all’interno di questa seconda tabella alcuni dati di attività
riferiti ai servizi semiresidenziali e domiciliari presenti nel territorio in analisi:
Tabella 8: Dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno
2014) ASL BI
Centro
diurno
Alzheimer
Centro
diurno
Integrato
ADI
Contributo
economico a
sostegno
della
domiciliarità
Consorzi
Intercomunali
dei Servizi
Sociosanitari
(IRIS per
Distretto 1 e
CISSABO per
Distretto 2)
Erogatori
1 privato e 1
pubblico
3 privati e 2
pubblici
ASL e 2
Consorzi
Intercomunali
dei Servizi
Sociosanitari
(IRIS per
Distretto 1 e
CISSABO per
Distretto 2)
Posti
disponibili
20 privati e 10
pubblici
40 privati e 45
pubblici
-
-
64
109
4507
Cissabo: 156
Iris: 350
4.907
16.085
N.d.
-
Utenti in
carico
Giornate
erogate/Nu
mero di
accessi
Fonte: Dati forniti da ASL BI
I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Biella: la filiera sociale
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Biella afferenti alla
filiera sociale.
7 Le Cure Domiciliari (di cui l’ADI è la parte numericamente più piccola) seguono alcune
migliaia di casi.
29
Residenze Assistenziali
(DGR n. 38-16335 del 1992; DM n. 308 del 2001; DGR n. 43-4413 del 2001)
Si intendono per Residenze Assistenziali delle residenze collettive che
forniscono agli ospiti prestazioni di tipo alberghiero, di carattere assistenziale,
di tipo culturale e ricreativo, nonché prestazioni dirette a recuperare e
migliorare l’autosufficienza. L’obiettivo perseguito da queste strutture è,
infatti, garantire il soddisfacimento dei bisogni primari ed assistenziali degli
ospiti, sopperendo alle difficoltà che essi incontrano nel provvedere con
propria iniziativa. Vi vengono accolti sia adulti sia anziani in condizioni psicofisiche di parziale autosufficienza, in condizioni cioè di compiere con aiuto le
funzioni primarie. In base alla capacità ricettiva e alla condizione degli ospiti,
le Residenze si suddividono in: Residenze Assistenziali (R.A.) e Residenze
Assistenziali Base (R.A.B., ovvero le residenze assistenziali con capienza
inferiore 10 posti letto, oggi soppresse; restano attive solo le strutture già
esistenti autorizzate al funzionamento come R.A.B.).
Vengono accolti in queste strutture anziani con un profilo di non
autosufficienza parziale, ovvero con un valore risultante dall’analisi
dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa e socio-assistenziale dell’intervento
pianificato fra 1 e 4. Per gli anziani ospitati da almeno un anno che
acquisiscano la non autosufficienza è comunque consentita la permanenza in
struttura, in numero inferiore a 5 ospiti e tenuto conto delle capacità ricettive
ed organizzative, previa approvazione di un nuovo PAI da parte dell’UVG.
Il personale previsto per questa tipologia di struttura è:
• Un responsabile della struttura per la programmazione e della
organizzazione delle attività;
• OSS: 3 ogni 10 ospiti ovvero 65 min/die;
• Animatore: 2,14 min/die.
Si ritiene inoltre necessaria la consulenza del dietista e del terapista della
riabilitazione, unitamente alla presenza dell'assistente sociale. Deve infine
essere garantita dall’ASL competente per territorio sia l’erogazione di
prestazioni sanitarie, sia la reperibilità di personale medico in caso di necessità.
I requisiti strutturali delle Residenze Assistenziali, definiti all’interno della
DGR n. 38-16335 del 1992, sono venuti a mutare con l’approvazione della
DGR n. 45-4248 del 2012; quest’ultima ha infatti determinato la soppressione
delle disposizioni inerenti i requisiti strutturali per le Residenze Assistenziali
Flessibili, cui la DGR del 1992 faceva riferimento in relazione alle Residenze
Assistenziali. In ragione di questo cambiamento, ad oggi i requisiti strutturali
delle RA sono da intendersi sostituiti dai quelli stabiliti dalla DGR n. 45-4248
30
del 2012 per le RSA, ad eccezione del rapporto tra numero dei posti letto per
camera e relativi servizi igienici, che dovrà essere di un servizio igienico ogni 2
posti letto. Le dimensioni consentite per le strutture vanno quindi da minimo
10 posti letto a massimo 60/80 posti letto in relazione alle esigenze del
territorio e, comunque, devono essere sempre articolati per nuclei. Ad ogni
piano possono essere previsti uno o più nuclei abitativi e in nessun caso
possono essere divisi su due piani; essi possono essere elementari singoli
(10/20 p.l.) o sistemi di più nuclei che non vanno oltre i 60 posti.
Il funzionamento è permanente nell’arco della 24 ore, per l’intera settimana e
per tutto l’anno e la retta è interamente a carico dell’utente/Comune
Piccole residenze per anziani autosufficienti
(DGR n. 25-6772 del 2002)
Le Piccole residenze per anziani autosufficienti sono strutture residenziali
autonome, a carattere assistenziale, prevalentemente destinate ad anziani in
condizione di parziale autosufficienza o autosufficienza. Esse sono finalizzate
a garantire il soddisfacimento dei bisogni primari ed assistenziali degli ospiti,
sopperendo alle difficoltà che gli stessi incontrano nel provvedervi
autonomamente.
Come nel caso delle Residenze Assistenziali, vengono accolti in queste
strutture anziani con un profilo di non autosufficienza parziale, ovvero con un
valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa e socioassistenziale dell’intervento pianificato fra 1 e 4. Anche in questo caso quindi
per gli anziani ospitati da almeno un anno che acquisiscano la non
autosufficienza è consentita la permanenza in struttura, in numero inferiore a
5 ospiti e tenuto conto delle capacità ricettive ed organizzative, previa
approvazione di un nuovo PAI da parte dell’UVG.
Trattandosi di una tipologia di residenza assimilabile ad una Residenza
Assistenziale, l’articolazione dell’organico è la stessa contenuta nella DGR n.
38-16335 del 1992, ovvero:
• Un responsabile della struttura per la programmazione e
organizzazione delle attività;
• OSS: 3 ogni 10 ospiti ovvero 65 min/die;
• Animatore: 2,14 min/die.
Si ritiene inoltre necessaria la consulenza del dietista e del terapista della
riabilitazione, unitamente alla presenza dell'assistente sociale. Deve infine
essere garantita dall’ASL competente per territorio sia l’erogazione di
prestazioni sanitarie, sia la reperibilità di personale medico in caso di necessità.
31
Le Piccole residenze per anziani autosufficienti prevedono standard strutturali
inferiori rispetto alle Residenze Assistenziali; le strutture possono contenere
da minimo 15 posti letto a massimo 30 posti letto, più eventuali 3 (al
massimo) per pronta accoglienza.
Residenze Assistenziali Alberghiere
(DGR n. 38-16335 del 1992; DM n. 308 del 2001; DGR n. 43-4413 del 2001)
Con la dicitura Residenze Assistenziali Alberghiere si intendono strutture che
forniscono agli ospiti, in condizione di autosufficienza psicofisica (punteggio
PAI uguale a 0), servizi di tipo alberghiero; esse possono essere sede di centro
diurno e quindi collegarsi all’esterno offrendo una più ampia gamma di servizi
agli ospiti. Queste soluzioni sono state introdotte al fine di favorire le persone
interessate a soluzioni alloggiative in ambienti che consentano di soddisfare
esigenze di socializzazione.
Non vengono forniti standard di personale, ritenendo che l’organizzazione
della struttura debba garantire il soddisfacimento delle prestazioni di carattere
alberghiero, di socializzazione, di rispetto della dieta e di protezione previste,
rispettando un limite dimensionale massimo pari ad 80 posti letto. Infine, la
struttura deve risultare operativa nell’arco delle 24 ore per l’intero anno o per
periodi più limitati, secondo le esigenze del territorio.
Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti
(DGR n. 25-6772 del 2002)
La Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti costituisce una
risposta residenziale alternativa al ricovero in istituto, e non rappresenta una
soluzione ai problemi abitativi delle persone anziane ma un servizio da attuare
in situazioni particolari, caratterizzato da una bassa intensità assistenziale, dalla
bassa complessità organizzativa e da un’utenza con discreta autonomia
personale. Essa costituisce una risposta, anche temporanea (diurna, notturna o
stagionale), alle esigenze di sicurezza e di non isolamento degli anziani e alle
esigenze di periodi di tregua per le famiglie che ne hanno cura. Gli ospiti di
queste strutture devono essere completamente autosufficienti, ovvero avere
un valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa e
socio-assistenziale dell’intervento pianificato pari a 0.
Le comunità sono prive di personale proprio ma deve essere garantito, con
natura ed entità variabile a seconda dei bisogni dell’utente, il supporto dei
servizi assistenziali di base operanti nel territorio, sia per quanto riguarda le
32
prestazioni di assistenza domiciliare, sia per quanta riguarda l’appoggio sociorelazionale volto a mantenere o ripristinare l’inserimento nella vita socioculturale-ricreativa del territorio. In questo caso possono essere presenti nella
struttura al massimo 6 posti letto.
Centro Diurno per anziani autosufficienti
(DGR n. 39-29311 del 2000)
I Centri Diurni per anziani autosufficienti forniscono un servizio di assistenza
a carattere integrativo, di sostegno alla vita domestica e di relazione; essi si
caratterizzano per la polifunzionalità delle prestazioni e possono essere
strutture autonome o integrazioni di presidi già esistenti. Sono finalizzati a:
• tutelare la salute e il benessere della persona anziana, favorendone il
mantenimento nel proprio contesto abitativo, familiare e relazionale;
• migliorare e sviluppare le capacità residue degli anziani, stimolandone
gli interessi per renderli il più possibile attivi e partecipi alla vita
sociale.
La DGR n. 39-29311 del 2000 individua anche gli standard di personale da
applicare ai centri diurni, che sono:
• 1 operatore OSS per l’assistenza tutelare ogni 10 utenti;
• 1 animatore professionale part-time.
Inoltre, deve essere garantita la funzione di coordinamento del Centro e
possono essere utilizzate altre risorse quali: volontariato, obiettori di
coscienza, inserimenti lavorativi, etc. Il progetto potrà prevedere anche altri
apporti professionali; in particolare, potrà essere richiesta la presenza di una
figura con competenze professionali di carattere sanitario, quale l’infermiere
professionale, da reperirsi nella struttura residenziale di riferimento.
Il Centro ha una ricettività massima di 20/25 utenti/die
Servizio di Assistenza Domiciliare
(Regolamento Comune Biella; LR n. 10 del 2010)
Insieme di prestazioni di natura socio assistenziale effettuate prevalentemente
a domicilio in favore di coloro che manifestano una grave difficoltà in termini
di autonomia personale. Le prestazioni di lungoassistenza nella fase di
cronicità, volte a mantenere e rafforzare l'autonomia funzionale o a rallentarne
il deterioramento, si esplicano in un insieme di servizi quali prestazioni
professionali, prestazioni di assistenza familiare, servizi di sollievo,
affidamento diurno, telesoccorso e fornitura di pasti, servizi di lavanderia,
33
interventi di pulizia, igiene, piccole manutenzioni e adattamenti dell'abitazione.
Gli obiettivi che si intende perseguire tramite tali servizi sono:
• favorire l’autonomia dell’individuo nel contesto familiare e sociale;
• favorire la permanenza al proprio domicilio e ambiente di vita;
• sensibilizzare le realtà locali e promuovere l’attivazione delle risorse
del territorio in funzione del sostegno alle persone in difficoltà,
dell'integrazione sociale e della reciproca solidarietà tra le persone;
• evitare i ricoveri e le ospedalizzazioni non necessarie.
Il costo del servizio e, conseguentemente, le quote di partecipazione a carico
degli utenti vengono determinate annualmente con atto deliberativo
dell’organo competente. Il servizio non è soggetto ad accreditamento anche se
l’approvazione della recente DGR n. 18-1326 del 2015 ne introduce la
possibilità.
I dati della filiera sociale8:
Vengono qui riportati alcuni dati di attività relativi alla filiera sociale di servizi
LTC presente sul territorio dell’ASL BI; come si può notare l’ASL non solo ha
un buon livello conoscitivo dei meccanismi di funzionamento dei servizi di
tipo sociale e della normativa che li regola, ma ne conosce il numero di
erogatori, e relativi posti letto, e detiene diverse informazioni sui volumi di
produzione.
Tabella 9: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) ASL BI
Erogatori
Posti letto
Utenti in
carico -
Piccole
residenze
RAA
Comunità
di tipo
familiare
1 pubblica
Tot. n. 7 di
cui 4
privati e 3
pubblici
1 pubblica
Tot. n. 29
di cui 23
privati e 6
pubblici
15 pubblici
Tot. n. 98
di cui 78
privati e
20 pubblici
6 pubblici
10
13
66
6
RA
RAB9
Tot. n. 20
di cui 15
privati e 5
pubblici
Tot. n. 476
di cui 367
privati e
109
pubblici
Tot. n. 5 di
cui 4
privati e 1
pubblica
398
I dati riportati sono stati forniti dall’ASL Di Biella e fanno riferimento all’anno 2014
Oggi soppresse, restano attive solo le strutture già esistenti autorizzate al funzionamento come
R.A.B.
8
9
34
media
mensile
anno 2014
Tasso di
occupazio
ne dei PL
Giornate
di
degenza
erogate
83,61%
34,48%
86,6%
67,34%
100%
145.270
3.650
4.745
24.090
2.190
Fonte: Dati forniti da ASL BI
Tabella 10: Dati di attività dei servizi sociali semiresidenziali (anno 2014) ASL BI
Centri diurni per anziani autosufficienti
Erogatori
Posti disponibili
Tasso di occupazione
Utenti in carico media
mensile anno 2014
Tot. n. 8 di cui 4 privati e 4 pubblici
Tot. 81 di cui 35 privati e 46 pubblici
24,69%
20
Fonte: Dati forniti da ASL BI
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Il primo contatto dell’utente con il network sociosanitario avviene, di norma,
attraverso i servizi sociali del Comune di riferimento o attraverso gli Sportelli
Unici Socio Sanitari, gestiti dai Distretti 1 e 2 dell’ASL BI e dai Consorzi IRIS
e CISSABO, i quali sono in grado di assistere gli utenti nell’accesso ai servizi
grazie alla presenza congiunta di un un’assistente sociale del Consorzio e
un’infermiera dell’ASL. In alcuni casi, generalmente poco frequenti in quanto
viene effettuata sul territorio un’intensa attività d’informazione, soprattutto
tramite opuscoli disseminati nei luoghi maggiormente frequentati dai
potenziali utenti, dagli interessati o dalle loro famiglie si rivolgono anche ad
altri interlocutori, come il proprio MMG, gli sportelli informativi delle
associazioni di volontariato presenti sul territorio e internet. Questi canali
hanno il compito di reindirizzare i cittadini presso i servizi sociali o gli
Sportelli Unici, così che possano essere adeguatamente supportati nel proprio
percorso di accesso.
L’assistente sociale in collaborazione con l’infermiera supporta quindi
l’interessato, o in sua vece un familiare o altra persona incaricata, nella
35
presentazione all’ASL BI della domanda di valutazione da parte dell’Unità
Valutativa Geriatrica (UVG). L’UVG è articolata, nel funzionamento, nei
territori degli attuali due Distretti. In casi particolari, l’attivazione della
domanda può essere promossa direttamente dall’Assistente Sociale.
Selezione dell’utenza e primo accesso
In seguito, viene fissata una visita domiciliare della Commissione che valuterà
la situazione dell’anziano e predisporrà un’ipotesi progettuale. Là dove
possibile, darà precedenza agli interventi che possano mantenerlo a domicilio.
La domanda di valutazione è anche correlata dall’apposita documentazione
prodotta dal Medico di Medicina Generale. La Commissione potrà approvare
il progetto, chiedere maggiori approfondimenti o proporre altre soluzioni.
L’anziano/a potrà ricevere a domicilio una lettera di convocazione per
effettuare un’ulteriore visita di valutazione oltre alla prima. Nel caso di
impossibilità del paziente a muoversi, è possibile richiedere che le successive
visite di valutazione siano fatte a domicilio. Inoltre, solo in situazioni ritenute
di particolare gravità ed urgenza da parte dei Servizi Sanitari o del Servizio
Sociale, la richiesta di valutazione da parte della commissione UVG può essere
effettuata anche presso l'Ospedale per pazienti ivi ricoverati.
In particolare, le funzioni dell’UVG sono:
• individuare, attraverso la valutazione multidimensionale, i bisogni
sanitari e assistenziali delle persone anziane, identificando le risposte
più idonee al loro soddisfacimento e privilegiando, ove possibile, il
loro mantenimento a domicilio;
• predisporre il Progetto individuale e, qualora sia previsto l’inserimento
in una struttura residenziale, identificare la fascia d’intensità
assistenziale ed il livello prestazionale adeguato;
• predisporre la documentazione necessaria per l’eventuale integrazione
della retta da parte del Comune o Ente gestore socio-assistenziale
competente;
• monitorare la realizzazione e l’andamento dei Progetti individuali
realizzando una valutazione a campione per assicurare la
corrispondenza tra gli specifici bisogni della persona non
autosufficiente e l’intensità assistenziale erogata;
• fornire consulenza tecnico-scientifica per la programmazione dei
servizi a favore degli anziani;
• collaborare con le Unità di Valutazione delle altre A.S.L.;
• su richiesta della Commissione di Vigilanza e/o dei NAS, effettuare
valutazioni volte a definire l’eventuale non autosufficienza degli
anziani ospiti di strutture.
Affinché la seduta della Commissione UVG sia considerata valida, dovranno
essere presenti l’assistente sociale e almeno tre delle figure professionali
36
stabilite dalla normativa, ovvero un medico geriatra con funzione di presidente
o, ove non disponibile, un medico con comprovata esperienza geriatrica, un
medico dell’assistenza sanitaria territoriale con comprovata esperienza
dell’organizzazione dei servizi territoriali, un medico fisiatra, un Assistente
Sociale rappresentante dei due Enti Gestori delle funzioni socio assistenziali
(Consorzi Iris e CISSABO), un Assistente Sociale Distrettuale, un
Responsabile Infermieristico Distrettuale o suo delegato, un Segretario (ruolo
amministrativo). Il Medico di Medicina Generale può partecipare su richiesta
del suo assistito, diventando membro effettivo; l’utente può inoltre richiedere
la presenza di un medico di propria fiducia. Infine, l’UVG può avvalersi della
consulenza di medici specialisti dell’ASL compresi i Medici della medicina
Legale, di Psicologi ecc.
La valutazione viene espressa attraverso un punteggio sanitario e sociale che
determina la definizione per l’anziano di un progetto assistenziale domiciliare,
semiresidenziale o residenziale. Lo strumento adottato per la valutazione è la
Cartella Geriatrica, di cui alla DGR 42-8390 del 2008 e alla DGR 69-481 del
2010, contenente:
a) le Scale sanitarie di Valutazione Multi Dimensionale (ADL, IADL,
A.Di.Co, DMI, SPMSQ) attraverso le quali si quantifica il grado di
salute ed autosufficienza del soggetto, fino ad un punteggio massimo
pari a 14;
b) la Scheda di Valutazione Sociale attraverso la quale si analizza la
situazione di bisogno connessa alla condizione socio-economica,
ambientale e assistenziale dell’anziano anche in relazione alla sua
famiglia, fino ad un punteggio massimo pari a 14.
Il punteggio sanitario minimo per essere riconosciuti non autosufficienti è pari
a 5 punti; tale punteggio determina da solo la fascia di intensità assistenziale,
riportata nella seguente tabella:
Tabella 11: Corrispondenza fra punteggio PAI e intensità
Valore Risultante dal PAI
Intensità derivanti da PAI come da DGR
45/2012
5
6
7-8
9
10-11
12
Bassa
Medio-Bassa
Media
Medio-Alta
Alta
Alta Incrementata
Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 45-4248 del 2012
Il punteggio complessivo (sanitario e sociale) deve essere superiore a 19 per
poter attivare un progetto residenziale.
37
Al termine di tale valutazione, da realizzarsi secondo le modalità previste dalle
DD.GG.RR. n. 42-8390 del 2008, n. 69-481 del 2010 e n. 45-4248 del 2012,
l’UVG approverà o rifiuterà la domanda, predisponendo un progetto
individuale di assistenza.
Definizione del piano di cura
Il Distretto, ricevute le direttive della Commissione, inserisce eventualmente
l’utente all’interno delle liste d’attesa per le componenti residenziali e
semiresidenziali. Queste ultime sono gestite dall’Azienda Sanitaria Locale, e
più precisamente dai Distretti 1 e 2 della stessa; non vi è invece lista d’attesa
per quanto riguarda i servizi di cure domiciliari erogati dall’ASL.
La posizione in lista d’attesa dell’anziano viene determinata dal punteggio
complessivo (sanitario e sociale), sulla base del quale vengono definite la
priorità dell’intervento. La DGR n. 14-5999 del 2013 stabilisce infatti che se il
punteggio è superiore a 24 l’inserimento è urgente e da effettuarsi entro 90
giorni, tra 19 e 23 con modesta rete sociale non risulta urgente e deve
compiersi entro 365 giorni, tra 19 e 23 ma con buona rete sociale è differibile.
Alla data del 30.6.2015, gli utenti presenti in lista d’attesa risultano i seguenti:
Tabella 12: Lista d’attesa ASL BI
SERVIZIO LISTA ATTESA
Residenziale
Semiresidenziale CDI
Semiresidenziale CDA
N. UTENTI IN LISTA ATTESA
336
8
4
Fonte: Dati forniti da ASL BI
Erogazione del servizio
Ogni anno si liberano circa 120-150 quote sanitarie da sottoporre a coloro che
si trovano in lista di attesa; l’interessato, al momento dell'assegnazione della
quota convenzionata, sceglie tra le strutture dell’Albo fornitori che hanno un
posto disponibile. La struttura dovrà essere scelta anche in base al livello di
intensità di assistenza che può assicurare agli ospiti. Un p.l. per non
autosufficiente, infatti, può ospitare un anziano parzialmente o totalmente
autosufficiente ma, viceversa, un p.l. RA o RAA non può ospitare utenti non
autosufficienti.
Tale meccanismo risulta attuabile sia perché molti dei posti letto delle strutture
risultano vuoti a causa della corrente crisi economica, sia perché spesso,
quando viene il suo turno di inserimento “in convenzione”, l’anziano è già
inserito privatamente in una struttura. Solitamente quindi l’anziano fa richiesta
per rimanere presso di essa, dove può restare, con quota sanitaria a carico
dell’ASL, qualora faccia parte dell’Albo fornitori.
38
Da ultimo, la struttura definisce il PAI dell’utente tramite la propria Unità
Valutativa Multidisciplinare (composta da Direttore Sanitario, OSS,
Fisioterapista e Direttore della struttura), sulla base del progetto individuale
residenziale. Tale PAI viene rivalutato ogni 3 mesi nelle strutture in
convenzione, ogni 6 mesi in caso di inserimenti privati.
Criticità e Punti di forza
Una delle caratteristiche principali del sistema dei servizi LTC dell’ASL Di
Biella è certamente l’elevato numero di strutture, spesso di medio/piccole
dimensioni (intorno ai 50 p.l.). Questa peculiarità costituisce
contemporaneamente punto di debolezza e di forza: da un lato numerosi posti
letto autorizzati rischiano di non essere utilizzati e generare diseconomie nella
gestione ordinaria, dall’altro essa genera una vasta offerta per gli utenti inseriti
nel percorso assistenziale residenziale. Inoltre, le dimensioni medio/piccole
delle strutture, unite ad un forte legame con il territorio d’appartenenza
(ovvero il Comune in cui sorgono), permettono una maggiore integrazione
con l’ambiente circostante favorendo la creazione di sinergie con lo stesso.
Questo elemento tuttavia ha uno svantaggio, in quanto ostacola il
raggiungimento di economie di scala.
Ulteriore fattore di criticità per il sistema in questione è la gestione separata
degli assegni di cura (in capo ai Consorzi) e delle soluzioni residenziali e
semiresidenziali (di competenza dell’ASL) che può portare ad una complicata
gestione organizzativa. È interessante sottolineare inoltre che il sistema di
offerta biellese è particolarmente orientato verso il setting residenziale.
Da ultimo, due sono ulteriori elementi di forza che vengono identificati. In
primo luogo gli standard assistenziali di personale erogati risultano superiori
alle richieste normative in termini di quantità di ore di assistenza fornite. In
secondo luogo molte strutture adottano, per gli utenti privati, tariffe
economicamente sostenibili per gli assistiti o per le loro famiglie, erogando
comunque standard assistenziali in linea con le richieste normative.
39
2.2 ASL di Chiavari10
Il contesto aziendale
L'Azienda Sanitaria Locale n. 4 “Chiavarese”, che ricomprende al suo interno
30 Comuni, si suddivide in 3 distretti sociosanitari e comprende un presidio
ospedaliero formato da tre poli ospedalieri, Lavagna (Sede di DEA di I°
livello), Sestri Levante e Rapallo. I distretti sociosanitari rappresentano
l'articolazione territoriale dell'Azienda, alla cui missione contribuiscono
assicurando alla popolazione residente la disponibilità e l'accesso ai servizi e
alle prestazioni di tipo sanitario e di tipo sociale ad elevata integrazione
sanitaria. I distretti sociosanitari assicurano inoltre agli Enti Locali un
supporto tecnico nel processo di individuazione dei bisogni e nella
realizzazione delle attività di promozione della salute. Essi sono:
• Distretto Sociosanitario n. 14 - Tigullio Occidentale comprendente gli
ambiti territoriali sociali di S. Margherita Ligure (Portofino) e di
Rapallo (Zoagli);
• Distretto Sociosanitario n. 15 - Chiavarese comprendente gli ambiti
territoriali sociali di Cicagna (Coreglia Ligure, Favale di Malvaro,
Lorsica, Moconesi, Neirone, Orero, Tribogna), di Borzonasca
(Mezzanego, Rezzoaglio, S. Stefano d'Aveto), di Chiavari (Cogorno
,Carasco, Leivi, S. Colombano Certenoli) e di Lavagna (Ne);
• Distretto Sociosanitario n. 16 - Tigullio comprendente gli ambiti
territoriali sociali di Sestri Levante (Casarza Ligure, Castiglione
Chiavarese, Moneglia) e di Varese Ligure (Carro, Maissana)
Relativamente alla struttura demografica, l’ASL n. 4 “Chiavarese” mostra una
numerosità ridotta delle nuove generazioni e una maggiore presenza delle
vecchie generazioni. Questi risultati sono allineati rispetto al resto della
Regione Liguria, confermata nel 2014 come la regione italiana più vecchia e
con il tasso di natalità più basso. Lo rivelano i dati elaborati dall'Istat: la
popolazione ligure ha infatti l'età media più alta, pari a 48,3 anni, e la più alta
percentuale di over 65, che raggiunge il 28 per cento del totale. La stessa
percentuale di anziani si ritrova anche nel territorio dell’ASL n. 4 (Tabella 13),
che ha circa un 7% in più di anziani rispetto al resto d’Italia e una quota di
10 Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Paolo Cavagnaro,
Direttore generale dell’Asl 4 Chiavarese, e della Dott.ssa Simonetta Lucarini, dirigente medico
geriatra responsabile della S.S. Residenza Sanitaria Assistenziale ASL 4 Chiavarese e degli
inserimenti nelle strutture accreditate. Hanno inoltre contribuito per la parte sociale la Dott.ssa
Valeria Valleri, Dirigente presso il Settore VI Politiche per la persona del Comune di Chiavari e
la Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese"; naturalmente si ringraziano tutti
coloro che hanno partecipato alla raccolta e trasmissione di dati e informazioni. La
responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori
40
ultraottantacinquenni molto elevata. Infine, la presenza degli anziani è
differenziata nel territorio dell’ASL, dove in alcune realtà dell’entroterra si
riscontrano picchi di 43 over 65enni su 100 residenti.
Tabella 13: Popolazione di riferimento ASL di Chiavari
Popolazione al 1/1/2015
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
ASL 4 Chiavarese
147.295
18.667
23.304
41.971
12,67%
15,82%
28,49%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
7.765
Fonte: Dati forniti da ASL 4 Chiavarese
I servizi offerti
Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso ligure è che vengono
offerti, nel territorio dell’ASL n. 4 “Chiavarese”, tutti i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani non autosufficienti previsti dalla
vigente normativa regionale11. Si origina così una gamma molto ampia di
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’ASL 4 Chiavarese (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana
(over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo
utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea,
Milano.
11 La geografia dei servizi sociali e sociosanitari per anziani è stata modificata in tempi recenti
rispetto alla redazione di questo rapporto. In vista di una successiva delibera-quadro su tutto il
settore degli anziani infatti, la giunta della Regione Liguria ha approvato degli indirizzi
vincolanti in materia. Si tratta dell’allegato 1 della DGR n. 514 del 27 marzo 2015 “Percorso di
innovazione della filiera dei servizi sociosanitari per le persone anziane”. In particolare,
l’approvazione della DGR ha costituito un primo step nel processo di sviluppo e innovazione
del sistema residenziale e semiresidenziale per anziani in Liguria e rappresenta un’indicazione di
massima che dovrà essere perfezionata e integrata secondo principi di flessibilità, efficienza,
efficacia, appropriatezza e sostenibilità. Il sistema rappresentato risulta quindi ancora in fase
evolutiva verso una sua configurazione definitiva.
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prestazioni sociosanitarie e sociali a disposizione della popolazione anziana,
più precisamente:
Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura,
Residenze sanitarie assistenziali con funzione di recupero per la fase post
acuzie, Residenze Sanitarie Assistenziali con funzione di mantenimento,
Residenze Protette con funzione di mantenimento, Residenze protette con
funzione di trattamenti di lungo-assistenza e Comunità alloggio.
Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati Centri diurni
di primo livello e Centri diurni di secondo livello; questi ultimi, in alcuni casi,
si sono specializzati nell’assistenza delle persone affette da Alzheimer o
comunque da deficit cognitivo prevalente, qualificandosi di fatto come Centri
diurni Alzheimer. Sono presenti inoltre Centri Sociali prevalentemente a
carattere ludico–sociale ad uso di anziani autosufficienti.
Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio
di Cure Domiciliari Integrate di I°, II° e III° livello, del Servizio di Assistenza
Domiciliare sociale e l’assegno di cura per la non autosufficienza. Da ultimo, si
ritiene opportuno segnalare la presenza di interventi di sostegno al
mantenimento a domicilio di persone con disabilità gravissime; questi
contributi economici non sono indirizzati esclusivamente agli anziani, ma alle
persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di
assistenza continuativa di carattere sociosanitario nelle 24 ore, per bisogni
complessi derivanti dalle gravi condizioni psico­fisiche, con la
compromissione delle funzioni respiratorie, nutrizionali, dello stato di
coscienza, privi di autonomia motoria o comunque bisognosi di assistenza da
parte di terza persona per garantirne l'integrità psico-fisica. Tra i potenziali
beneficiari si includono anche coloro affetti da patologie implicanti gravissimi
disturbi del comportamento tali da richiedere assistenza o controllo
continuativo h24 per l'elevato rischio di vita, come indicato nella DGR n.
1769 del 2013. Per poter accedere all’intervento è necessaria la residenza in
Regione Liguria, il possesso dell’indennità di accompagnamento, non essere
ricoverati in strutture residenziali con esclusione di ricoveri di sollievo non
superiori a 45 gg, non percepire altre misure di sostegno al mantenimento a
domicilio, essere quotidianamente assistito da familiare o badante. È quindi
possibile che tali contributi economici vengano erogati anche agli anziani che
rispondano ai criteri sopra elencati, sebbene non espressamente ideati a loro
favore; per questa motivazione si è deciso qui di definire le caratteristiche più
importanti dell’intervento senza però approfondirle in seguito.
42
I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Chiavari: la filiera
sociosanitaria
Vengono ora descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL n. 4 “Chiavarese”
afferenti alla filiera sociosanitaria.
Residenze sanitarie Assistenziali
(DGR n. 862 del 2011, DGR n. 1749 del 2011 e DGR n. 514 del 2015)
Le Residenze Sanitarie Assistenziali sono strutture dedicate al sollievo e alla
cura degli anziani con disabilità gravi che impediscono le cure al domicilio e
l'ADI. In questa tipologia di presidi comunitari ad alta intensità possono
essere svolte due tipologie di funzioni:
• ricovero temporaneo: finalizzato alla riabilitazione dopo un evento
acuto, al sollievo alla famiglia, all’accoglienza di pazienti anziani nelle
fasi terminali della vita;
• ricovero definitivo con funzione di mantenimento; in caso di grave
disabilità è possibile l'accoglienza in moduli dedicati.
L'attivazione del percorso assistenziale presso queste strutture a seconda delle
prestazioni sociali e sanitarie necessitate dall’utente avviene da parte dell'Unità
di Valutazione Geriatrica (UVG). Quest’ultima dovrà basare il proprio
giudizio sulla compilazione della scheda AGED (Assessment of Geriatric
Disability) Plus, che consente la misurazione della non autosufficienza
attraverso l'esame dei seguenti assi: autonomia funzionale, mobilità, area
cognitiva, disturbi comportamentali e caratteristiche sociali. Ulteriore requisito
per l’accesso in struttura è la definizione degli indirizzi riabilitativi e/o
terapeutico-assistenziali che concorrono alla realizzazione del Piano
Individualizzato di Assistenza (PIA).
All’interno delle RSA possono essere svolte due funzioni: recupero per la fase
post acuzie (la residenza in questo caso è detta anche di I fascia) e funzione di
mantenimento. Per svolgere queste funzioni, indirizzate a target differenti,
sono previsti dalla normativa standard strutturali e organizzativi differenti,
successivamente descritti.
Posti letto con funzione di recupero per la fase post acuzie
In termini generali, i posti letto con funzione di recupero per la fase post
acuzie sono finalizzati alla cura, riabilitazione e mantenimento funzionale delle
abilità tramite l’effettuazione di interventi di recupero a termine. Gli utenti cui
sono indirizzati sono gli anziani non autosufficienti con riduzione della
funzione fisica, deficit cognitivi e/o comportamentali, polipatologie e
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patologie oncologiche non richiedenti cure di tipo ospedaliero o cure erogate
dall’hospice ma impossibilitati a permanere o rientrare al proprio domicilio.
Il trattamento di recupero per questa fase di norma non è superiore a 30 giorni
prorogabili a 60 previa valutazione della UVM. Nei casi di comprovata
necessità riabilitativa il termine può essere prorogato di ulteriori 30/60 giorni
con autorizzazione esplicita della UVM con compartecipazione a carico
dell’utente dal 60° al 90/120°.
All’interno delle strutture con funzione di recupero per la fase post acuzie è
possibile prevedere l’inserimento di moduli per stati vegetativi e di minima
coscienza, finalizzati alla gestione delle comorbilità premorbose o secondarie
alla fase intensiva, alla riabilitazione e mantenimento funzionale delle abilità,
con interventi di recupero/mantenimento dello stato di coscienza ed
attrezzature per il monitoraggio e la sorveglianza del paziente. Tale tipo di
modulo è di norma inserito in una struttura plurimodulare a diversa intensità
assistenziale e possono accedervi anziani in stato vegetativo persistente (da 3-6
mesi) e/o in stato di minima coscienza quando l’inquadramento diagnostico
sia esaurito, il quadro clinico sia stabilizzato, il programma terapeutico
definito, la riabilitazione intensiva completata con passaggio alla fase della
cronicità e vi sia una impossibilità di dimissione al domicilio.
I requisiti di personale funzionali all’autorizzazione al funzionamento e
all’accreditamento, laddove previsto, vengono descritti all’interno della DGR
n. 1749 del 2011 e prevedono la presenza (per utente) di:
• un responsabile sanitario medico per 10 min/die (70 min/settimanali)
da suddividere fra a) 4 min/die per il responsabile sanitario medico
(geriatra o specialista in discipline equipollenti o esperienza
quinquennale presso strutture per anziani autorizzate e/o accreditate)
e b) 6 min/die per il medico non specialista
• un fisioterapista per 23 min/die (161 min/settimanali). La normativa
afferma che in affiancamento al fisioterapista possono essere previste
eventuali altre figure orientate alla tipologia degli ospiti e al loro
fabbisogno assistenziale (es. logopedista, terapista occupazionale,
etc.);
• un infermiere per 42 min/die (294 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un
infermiere per struttura;
• OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali
previste dai contratti per 90 min /die (630 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un
operatore per modulo.
Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 165
(1.155 min/settimanali).
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I requisiti di personale previsti per il modulo degli stati vegetativi e di minima
coscienza differiscono lievemente da quelli non appena descritti e sono (per
utente):
• un responsabile sanitario medico geriatra o specialità equipollente 10
min/die (70 min/settimanali);
• un fisioterapista per 35 min/die (245 min/settimanali. La normativa
afferma che in affiancamento al fisioterapista possono essere previste
eventuali altre figure orientate alla tipologia degli ospiti e al loro
fabbisogno assistenziale (es. logopedista, terapista occupazionale,
etc.);
• un infermiere per 75 min/die (525 min/settimanali). Nelle strutture
monomodulari nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza
dalle 21.00 alle 7.00 di un infermiere. Nelle strutture plurimodulari a
diversa intensità assistenziale deve essere comunque garantita la
presenza infermieristica;
• OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali
previste dai contratti per 100 min/die (700 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un
operatore per modulo.
Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 220
(1.540 min/settimanali).
Gli ambienti della RSA con funzione di recupero per la fase post acuzie
devono essere articolati in moduli di 20/25 posti letto, mentre per gli utenti in
stato vegetativo e di minima coscienza devono essere inseriti in moduli di
5/10 posti.
La retta giornaliera prevista per la funzione di recupero per la fase post acuzie
coincide con la sola quota sanitaria versata dall’ASL, pari a 113,40 euro/die.
Qualora la permanenza nella struttura riabilitativa si protragga oltre la
cessazione del progetto terapeutico, e comunque dal 60° al 90°/120° giorno,
la tariffa complessiva è pari a 112,77 euro/die, di cui 70,77 euro/die di quota
sanitaria e 42,00 euro/die a carico dell’assistito. Tale tariffazione riflette la
normativa regionale, in particolare la DGR n. 1749 del 2011, la quale prevede
che il trattamento di recupero per la fase post acuzie sia di norma inferiore a
30 giorni, prorogabili a 60 previa valutazione dell’UVM. Soltanto nei casi di
comprovata necessità riabilitativa quindi, il termine può essere ulteriormente
prorogato di 30/60 giorni, previa esplicita autorizzazione dell’UVM. Il modulo
per gli stati vegetativi e di minima coscienza, invece, prevede una tariffa di
180,04 euro/die.
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Posti letto con funzione di mantenimento
In termini generali, i posti letto con funzione di mantenimento sono finalizzati
all’erogazione di prestazioni terapeutiche di cura, riabilitazione e
mantenimento funzionale delle abilità, assistenza medica, infermieristica,
tutelare, oltre alla realizzazione di attività rieducative e di animazione. Gli
utenti cui sono indirizzati sono gli anziani non autosufficienti con esiti
cronicizzati da polipatologie e da deficit cognitivi, con punteggio AGED
superiore a 16.
All’interno delle strutture con funzione di mantenimento è possibile prevedere
l’inserimento di moduli dotati di ambiente protesico (Nucleo Alzheimer), di
norma collocati in strutture che provvedono anche ad altri trattamenti
assistenziali nell’area della residenzialità (RSA). Essi adottano un modello di
cura che mira a creare un adattamento ambientale flessibile tra le persone
affette da demenza e lo spazio fisico, i programmi e le persone significative
con le quali il malato deve interagire. Per poter accedere a questo tipo di cure è
necessaria la presenza di una serie di requisiti specifici che vengono accertati
dall'UVG e che il bisogno sia stato sottoposto ad una valutazione UVA (Unità
di Valutazione Alzheimer). Ciò fa si che siano eligibili solo persone con gravi
patologie involutive e disturbi comportamentali (Alzheimer e demenze)
diagnosticate dall’UVA, espressamente valutate dall’ASL.
I requisiti di personale minimi funzionali all’autorizzazione al funzionamento e
all’accreditamento, laddove previsto, per una struttura con funzioni di
mantenimento vengono descritti all’interno della DGR n. 1749 del 2011 e
prevedono la presenza (per utente) di:
• un responsabile sanitario medico geriatra o specialista equipollente per
4 min/die (28 min/settimanali);
• un fisioterapista per 6 min/die (42 min/settimanali). La normativa
afferma che in affiancamento al fisioterapista possono essere previste
eventuali altre figure orientate alla tipologia degli ospiti e al loro
fabbisogno assistenziale (es. logopedista, terapista occupazionale,
etc.);
• un infermiere per 26 min/die (182 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza di un infermiere per
struttura fino a 60 posti, anche con reperibilità in struttura con la
possibilità di inserirlo in turno attivo dalle 21.00 alle 7.00;
• un animatore per 3 min/die (21 Min/settimanali);
• OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali
previste dai contratti per 88 min/die (616 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un
operatore per struttura e in ogni caso ogni 40 posti.
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Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 127
(889 min/settimanali).
I requisiti di personale previsti per il modulo Alzheimer differiscono
lievemente da quelli non appena descritti e sono (per utente):
• un responsabile Sanitario medico geriatra o specialità equipollente per
6 min/die (42 min/settimanali, in cui viene inclusa la funzione di
Responsabile Sanitario);
• neuropsicologo per 4 min/die (28 min/settimanali);
• Infermiere per 20 min/die (140 min/settimanali). Nelle strutture
monomodulari nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza
dalle 21.00 alle 7.00 di un infermiere. Nelle strutture plurimodulari a
diversa intensità assistenziale deve essere comunque garantita la
presenza infermieristica;
• terapista occupazionale per 14 min/die (98 min/settimanali);
• Animatore per 10 min/die (70 min/settimanali);
• OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali
previste dai contratti per 106 min/die (742 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un
operatore per modulo.
Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 160
(1.120 min/settimanali).
Gli ambienti della RSA con funzione di mantenimento devono essere
articolati in moduli di 20/25 posti letto, mentre per il nucleo Alzheimer
devono essere previsti moduli di 15/25 posti.
La retta giornaliera prevista per la funzione di mantenimento si compone di
una quota sanitaria versata dall’ASL pari a 46,93 euro/die e di una
compartecipazione base dell’utente pari a 42,00 euro/die. Quest’ultima può
essere aumentata al massimo del 30% qualora i servizi alberghieri siano
maggiormente personalizzati e/o qualitativamente superiori in base ad accordi
con i Comuni e le ASL/DSS. Stesso livello di compartecipazione viene
previsto per il modulo Alzheimer, dove però la quota sanitaria è pari a 57,02
Residenze protette con funzione di mantenimento
(DGR n. 862 del 2011, DGR n. 1749 del 2011 e DGR n. 514 del 2015)
Le residenze protette con funzione di mantenimento sono strutture
residenziali finalizzate al mantenimento funzionale delle abilità e alla fornitura
di assistenza medica, infermieristica, tutelare, oltre alla realizzazione di attività
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rieducative e di animazione. Svolgono inoltre ricoveri di sollievo. Esse non si
differenziano in alcun modo dalle RSA con funzione di mantenimento, di cui
condividono gli standard di funzionamento e le tariffe, già presentati nel
paragrafo sulle RSA.
Residenze protette con funzione di trattamenti di lungo-assistenza
(DGR n. 862 del 2011, DGR n. 1749 del 2011 e DGR n. 514 del 2015)
Le residenze protette con funzione di trattamenti di lungo-assistenza sono
strutture residenziali che svolgono attività di accoglienza alberghiera, di
animazione e socializzazione, con prestazioni di assistenza sanitaria di
medicina generale, assistenza tutelare e, nel caso di ospiti parzialmente
autosufficienti, assistenza infermieristica. Si qualificano come presidi
comunitari a media intensità e ospitano anziani con esiti cronicizzati di
patologie senili che abbiano punteggio AGED fra 10 e 16. Tale punteggio
viene determinato tramite la valutazione multidimensionale effettuata
dall’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM), che definisce inoltre gli
indirizzi riabilitativi e/o terapeutico-assistenziali che concorrono alla
realizzazione del Piano Individualizzato di Assistenza (PIA). Tali passaggi
sono obbligatori per l’ingresso in struttura.
I requisiti di personale funzionali all’autorizzazione al funzionamento e
all’accreditamento, laddove previsto, delle RP vengono descritti all’interno
della DGR n. 1749 del 2011 e prevedono la presenza (per utente) di:
• un responsabile sanitario medico per 2 min/die (14 min/settimanali);
• un tecnico della riabilitazione per 5 min/die (35 min/settimanali), il
quale abbia una formazione professionale orientata alla tipologia degli
ospiti e al loro fabbisogno assistenziale (es.: fisioterapista, logopedista,
terapista occupazionale, laureato in scienze motorie, in affiancamento
al fisioterapista);
• un infermiere per 9 min/die (63 min/settimanali);
• un animatore per 3 min/die (21 min/settimanali);
• OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali
previste dai contratti per 61 min/die (427 min/settimanali). Nel ciclo
notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un
operatore ogni 40 posti (infermiere/OSS/OSA/OTA). Nelle
strutture organizzate su più piani è garantita di norma la presenza di
un operatore aggiuntivo a tutela degli ospiti e degli operatori. Se
l’operatore non è infermiere, deve essere garantita la reperibilità
infermieristica, anche con reperibilità in struttura con la possibilità di
inserimento in turno attivo.
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Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 80
(560 min/settimanali)
La struttura si articola in moduli di 25/30 posti letto
La retta giornaliera prevista per le residenze protette con funzione di
trattamenti per la lungo assistenza si compone di una quota sanitaria versata
dall’ASL, pari a 29,14 euro/die, e la compartecipazione base dell’utente, pari a
42,00 euro/die. Quest’ultima può essere aumentata al massimo del 30%
qualora i servizi alberghieri siano maggiormente personalizzati e/o
qualitativamente superiori in base ad accordi con i Comuni e le ASL/DSS.
Box 2
La DGR n. 514 del 2015 e la filiera sociosanitaria: gli alloggi protetti
Nella nuova DGR n. 514 del 2015, non ancora attuativa, si ipotizza la
realizzazione di strutture, concepite sulla base del superamento dell’attuale
distinzione tra RP e RSA, organizzate per pazienti con differenti gradi di
complessità. All’interno di tale DGR viene inoltre definito un nuovo
servizio residenziale di Alloggi protetti (anche ad alta intensità) per anziani
che, pur non essendo ancora attivo sul territorio, si vuole qui descrivere.
Gli alloggi protetti si configureranno come presidi familiari di piccole
dimensioni (massimo 6 posti letto), caratterizzati da un'organizzazione di
tipo familiare, in grado di erogare prestazioni di lungoassistenza e di
mantenimento, anche di tipo riabilitativo, ad anziani autosufficienti con
disagio e rischio di emarginazione sociale. Nella media intensità di cura,
l’Alloggio Protetto viene previsto come struttura che si inserisce o che si
appoggia ad una residenza protetta. In questo caso l’alloggio “satellite”
dovrà necessariamente appartenere allo stesso territorio individuato nei
confini dell’Ambito Territoriale Sociale, con una distanza che consenta
interventi in caso di urgenza; la struttura "madre" autorizzata e accreditata
garantirà gli interventi prestazionali sanitari. Nell’alta intensità di cura,
l’alloggio protetto si inserirà o sarà in stretto collegamento con una RSA.
Verrà così permessa la sperimentazione di forme di vita in contesti capaci
di riprodurre l’ambiente familiare, con la garanzia di cure mediche e
infermieristiche quotidiane e di trattamenti di recupero funzionale a
persone con problematiche croniche e necessità di tutela sanitaria. La
permanenza delle persone all’interno dell’alloggio potrà durare fino alla
compatibilità con un contesto assistenziale di tale genere; qualora tale
compatibilità venga meno, verrà previsto un passaggio al modulo
ordinario di RSA.
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Gli alloggi protetti costituiscono per la Regione un progetto sperimentale
equiparato al domicilio: sono da considerarsi presidi sostitutivi delle cure
familiari e pertanto compatibili con le misure di sostegno al domicilio (es
FRNA), con le cure domiciliari e con l’assistenza protesica. Dovrà quindi
essere garantita sia l’assistenza familiare H24, sia l’attivazione di
prestazioni sanitarie (medico, infermieristiche e riabilitative) fornite dalla
ASL e/o dagli enti accreditati profit o no profit territorialmente
competenti.
Centri diurni di primo e secondo livello
(DGR n. 1773 del 2013, DGR n. 514 del 2015)
I Centri Diurni per non autosufficienti si configurano come un servizio rivolto
prevalentemente ad anziani del territorio, con vario grado di non
autosufficienza, che per il loro declino funzionale e/o cognitivo esprimono
bisogni non sufficientemente gestibili a domicilio, ma non ancora tali da
richiedere un ricovero stabile in struttura sociosanitaria, che viene così
ritardato o evitato. Gli obiettivi perseguiti tramite le attività svolte sono:
mantenere la qualità di vita e l’autonomia dell’anziano, fornire un sostegno
integrato alla vita quotidiana orientata alla valorizzazione delle funzioni
residue, agli interventi di tipo occupazionale e all’animazione, impedire
l’isolamento dell’ospite, favorire le relazioni interpersonali e, infine,
promuovere una rete di relazioni con il mondo esterno. Il centro diurno
risponde inoltre a problemi di tipo temporaneo della famiglia e dell’anziano.
La normativa regionale prevede alcuni standard gestionali specifici per il
funzionamento dei Centri Diurni, che si articolano su due livelli a seconda del
target cui sono indirizzati. Essi devono essere organizzati in moduli da 10/25
ospiti e possono accettare iscrizioni in misura maggiore dei posti autorizzati
mantenendo però le presenze giornaliere al di sotto di tale soglia. L’apertura
deve coprire da 7 a 10 ore al giorno per 5 giorni alla settimana e
l’organizzazione quotidiana deve riprodurre la vita familiare attraverso la
costituzione di piccoli gruppi
Centri diurni di primo livello
Il servizio è rivolto ad anziani in condizioni di limitata autonomia fisica con o
senza disturbi cognitivi, in cui quest’ultimo aspetto non rappresenti il
problema dominante. L’ammissione al centro diurno (e la connessa presa in
carico) avviene previa valutazione da parte dell'Unità di Valutazione Geriatria
(UVG) e costruzione del relativo PIA. Gli operatori sociali e sanitari che
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hanno provveduto alla valutazione quindi, insieme agli operatori sociosanitari
del Centro Diurno, fissano gli obiettivi di cura e provvedono alla verifica
periodica sull’andamento del progetto personalizzato di assistenza.
Gli standard di personale per utente previsti dalla DGR n. 1773 del 2013
relativamente al centro diurno di primo livello sono:
• presenza di un coordinatore che garantisca la piena responsabilità per
le funzioni richieste dalla tipologia del centro. Tale attività è svolta da
uno degli operatori del centro;
• un infermiere per 3 min/die (15 min/settimanali);
• operatori di assistenza (OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con
compiti assistenziali previste dai contratti) per 60 min/die (300
min/settimanali);
• un animatore socio-educativo per 15 min/die (75 min/settimanali).
In totale, vengono previsti per ogni utente 78 minuti al giorno di assistenza
(390 min/settimanali)
Da ultimo, la tariffazione prevista si articola in una quota sanitaria da 18,87
euro/die versata dall’ASL e in una quota alberghiera versata dall’utente pari a
15,31 euro/die. In totale quindi il costo di una giornata presso un centro
diurno di primo livello è di 34,18 euro.
Centro diurno di secondo livello
Il servizio è rivolto ad anziani affetti principalmente da patologie
psicoinvolutive severe, il cui grado di non autonomia sia determinato dal
deficit cognitivo; per tale motivo, vengono svolti all’interno del Centro di
secondo livello attività mirate alla riabilitazione cognitiva. L'ammissione è
autorizzata dall’ASL di riferimento previa valutazione dell'UVG, e richiede che
gli ospiti siano stati valutati anche dall'Unità di Valutazione Alzheimer (UVA).
Una particolarità dei Centri diurni di secondo livello è alcuni di essi si sono
specializzati nell’assistenza delle persone affette da Alzheimer o comunque da
deficit cognitivo prevalente, qualificandosi di fatto come Centri diurni
Alzheimer. Per questi pazienti la struttura diventa sede di attuazione di
metodologie di riabilitazione cognitiva sia formali che informali, grazie anche
alla presenza di standard organizzativi e strutturali superiori rispetto a quelli
applicati nei restanti Centri di secondo livello; in questo modo, si desidera
ridurre i disturbi del comportamento e lo stress del care-giver, allontanare la
fase dell’istituzionalizzazione e limitare gli inserimenti impropri in ospedale.
Gli standard di personale per utente previsti dalla DGR n. 1773 del 2013
relativamente al centro diurno di secondo livello sono:
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•
presenza di un coordinatore che garantisca la piena responsabilità per
le funzioni richieste dalla tipologia del centro. Tale attività è svolta da
uno degli operatori del centro;
• uno psicologo o neuropsicologo per 4 min/die (20 min/settimanali);
• un infermiere per 3 min/die (15 min/settimanali);
• un laureato in scienze motorie o educatore, animatore socioeducativo, terapista occupazionale per 30 min/die (150
min/settimanali);
• operatori di assistenza (OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con
compiti assistenziali previste dai contratti) per 90 min/die (450
min/settimanali).
In totale, vengono previsti per ogni utente 127 minuti al giorno di assistenza
(635 min/settimanali). Questi ultimi non ricomprendono le prestazioni
mediche di base, che vengono garantite dal medico di medicina generale
dell’utente
Da ultimo, la tariffazione prevista si articola in una quota sanitaria da 33,33
euro/die versata dall’ASL e in una quota alberghiera versata dall’utente pari a
12,35 euro/die. In totale quindi il costo di una giornata presso un centro
diurno di primo livello è di 45,68 euro.
Cure Domiciliari Integrate di I°, II° e III° livello
(DGR n. 337 del 2007)
Le Cure Domiciliari Integrate costituiscono un servizio erogato dalle Asl in
collaborazione, per i casi che lo necessitino, con i servizi sociali dei Comuni.
Gli interventi di tipo sociale comprendono pulizia dell'appartamento, invio di
pasti caldi, supporto psicologico, disbrigo di pratiche amministrative e
assistenza tutelare alla persona; gli interventi sanitari comprendono attività
riabilitative, assistenza infermieristica, assistenza medica generica e
specialistica, interventi del podologo. Gli utenti target del servizio sono
anziani, disabili e persone affette da malattie cronico-degenerative in fase
stabilizzata, parzialmente, totalmente o temporaneamente non autosufficienti
e con la necessità di un'assistenza continuativa. Per poter accedere al servizio
essi devono possedere i seguenti requisiti:
a) Condizione di non autosufficienza (disabilità) e patologie in atto o
esiti delle stesse che consentano di cure erogabili a domicilio;
b) Adeguato supporto familiare o informale;
c) Idonee condizioni abitative;
d) Consenso informato da parte della persona e della famiglia;
e) Presa in carico da parte del medico di medicina generale.
52
La principale finalità del servizio è permettere alla persona di rimanere il più a
lungo possibile nel suo ambiente domestico e di essere assistita a casa con
programmi personalizzati. In termini più generali, poiché le Cure Domiciliari
Integrate sono ricomprese all’interno delle più ampie Cure domiciliari insieme
alle Cure domiciliari prestazionali occasionali e alle Prestazioni di assistenza
farmaceutica, protesica e integrativa, che non costituiscono oggetto di studio
del presente Rapporto in quanto servizi prettamente sanitari, ne condividono
gli obiettivi e le caratteristiche fondamentali. Le Cure Domiciliari consistono
in trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, prestati da personale
qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti ed in
condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, al fine di
stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la
qualità della vita quotidiana.
Il servizio domiciliare viene attivato dopo la Valutazione Multidimensionale e
dopo aver predisposto un piano assistenziale, che viene illustrato all'utente e/o
ai suoi familiari con la finalità di chiarire le modalità dell'intervento e di
ottenere il consenso. Le spese sanitarie per l’erogazione delle Cure domiciliari
integrate sono a carico del SSR.
Le Cure Domiciliari Integrate si dividono in:
• Cure domiciliari integrate (ADI di primo e secondo livello): interventi
professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo, comprensivi
di prestazioni farmacologiche, analisi cliniche e altra diagnostica, a
favore di persone con patologie che pur non presentando particolari
criticità e sintomi complessi hanno bisogno di continuità assistenziale
ed interventi programmati; gli interventi si articolano su 5 giorni per il
primo livello e 6 giorni per il secondo. Le cure domiciliari sono
attivate dal MMG o dall’ospedale e richiedono presa in carico,
valutazione multidimensionale e PIA. Il MMG è coinvolto in tutto il
processo assistenziale ed assume la responsabilità clinica dei processi
di cura;
• Cure domiciliari integrate di terzo livello: interventi professionali
rivolti a persone con patologie che presentano un elevato livello di
complessità, instabilità clinica, presenza di sintomi di difficile
controllo, necessità di un particolare supporto alla famiglia e/o al
caregiver quali malati terminali (oncologici e non), portatori di
malattie neurologiche degenerative/progressive in fase avanzata (SLA,
distrofia muscolare), fasi avanzate e complicate di malattie croniche,
necessità di nutrizione artificiale parenterale, necessità di supporto
ventilatorio invasivo e stati vegetativi e di minima coscienza. Per i
malati terminali è individuato un profilo specifico di cure palliative
che richiede l’intervento di una équipe formata di cui fa parte il
53
MMG. Anche in questo caso le cure sono attivate dal MMG o
dall’ospedale e richiedono presa in carico, valutazione
multidimensionale e PIA. Gli interventi sono programmati sui 7
giorni settimanali con pronta disponibilità medica sulle 24 ore.
Gli standard qualificanti per le cure domiciliari sono (DGR n. 337 del 2007):
54
Tabella 14: Standard qualificanti per le cure domiciliari ASL di Chiavari
Profilo di
cura
Natura del
bisogno
Intensità
CIA=
GEA/GDC
Attivazione
UVI
Durata
media
12
CD
integrate di
primo
livello (già
ADI)
Clinico
funzionale
sociale
Fino a 0,30
CD
integrate di
secondo
livello (già
ADI)
Clinico
funzionale
sociale
Fino a 0,50
CD
integrate di
terzo
livello
(già OD)
Clinico
funzionale
sociale
Superiore a
0,50
Si
Si
In relazione
al bisogno
espresso
180
giorni
180
giorni
180
giorni
-
-
Complessità
Mix delle figure
professionali/impegno
assistenziale
Infermiere (max: 30’)
Professionisti della riabilitazione
(45’)
Medico (30’)
Operatore sociosanitario (60’)
Infermiere (min.30-max.45’)
Professionisti della riabilitazione
(45’)
Dietista (30’)
Medico (45’)
Operatore sociosanitario (60-90’)
Infermiere (60’)
Professionisti della riabilitazione
(60’)
Dietista (60’)
Psicologo (60’)
Medico e/o medico specialista
(60’)
Operatore sociosanitario
(min.60-max.90’)
Operatività del
servizio (fascia
oraria 8- 20)
5 giorni su 7
8 ore die
6 giorni su 7
10 ore die da lunedì a
venerdì 6 ore il sabato
7 giorni su 7
10 ore die da lunedì a
venerdì 6 ore il sabato
e festivi pronta
disponibilità medica
ore 8/20
Fonte: Elaborazioni su DGR n. 337 del 2007
12
CIA= coefficiente intensità assistenziale; GEA= giornata effettiva assistenza; GDC= giornate di cura (durata PAI).
55
I dati della filiera sociosanitaria13:
L’esposizione dei dati riguardanti la rete di offerta e le attività svolte in
riferimento ai servizi LTC viene di seguito realizzata tramite l’utilizzo di due
tabelle, la prima relativa ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti e
la seconda ai servizi semiresidenziali.
La prima tabella, di seguito riportata, si riferisce in particolar modo alle RSA
con funzione di mantenimento, alle RSA con funzione di recupero per la fase
post acuzie e alle Residenze protette.
Tabella 15: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) ASL di Chiavari
RSA con
funzione di
recupero per la
fase post acuzie
Tot. n. 18 di cui 1 struttura pubblica e 17
strutture private
18 strutture
private
Posti letto
24
48
467
Utenti in carico
Giornate di
degenza erogate
97
310
613
23.501
6.216
165.350
RSA con
funzione di
mantenimento
Erogatori
RP
Fonte: Dati forniti da ASL di Chiavari
Il tasso di occupazione dei posti letto risulta pari al 97% per le RSA con
funzione di mantenimento, al 97% per le RSA con funzione di recupero per la
fase post acuzie e al 91% per le Residenze protette.
Il rapporto fra il numero di posti letto appartenenti a strutture residenziali per
non autosufficienti e la popolazione anziana non autosufficiente come stimata
all’interno della Tabella 13 del presente caso evidenzia un tasso di copertura
dei posti letto pari al 13,14%.
I dati relativi ai servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti sono
invece:
13
Dati al 31.12.2014 forniti dall’Asl 4 Chiavarese e riferiti all’anno 2014
56
Tabella 16: Dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno
2014) ASL di Chiavari
Erogatori
Centri diurni di primo
Centri diurni di secondo
livello
livello
Tot. n. 5 centri diurni di cui 2 nel Distretto socio
sanitario 14, 2 nel DSS 15, 1 nel DSS 16
Posti disponibili
66 di cui 27 di 1 livello
Tasso di occupazione
Utenti in carico
nell’anno 2014
Giornate
erogate/Numero di
accessi
79%
118
14.392 giornate
Fonte: Dati forniti da ASL di Chiavari
I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Chiavari: la filiera sociale
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociale. Si è
deciso di utilizzare, nella descrizione dei servizi residenziali, quanto definito
dalla DGR n. 514 del 2015, non ancora attuativa, al fine di ottenere per questo
tipo di servizi un quadro il più completo possibile e che ne segua l’evoluzione
attualmente in corso; per tale motivo, solo alcuni servizi, al momento attivi sul
territorio, presentano i dati di attività.
Residenza servita
(DGR n. 514 del 2015)
La DGR n. 514 del 2015, introduce tra le strutture a carattere residenziale le
Residenze Servite. Tali strutture, durante il percorso relativo all’innovazione
della filiera dei servizi residenziali e semiresidenziali rivolti agli anziani,
sostituiranno le attuali Comunità alloggio.
La residenza servita è un presidio comunitario a prevalente funzione tutelare
di varie dimensioni a seconda dell’utenza e della funzione svolta. Essa è
finalizzata al supporto dell’autonomia di anziani con buona condizione di
autosufficienza, all’osservazione sociale orientata a monitorare e arginare lo
sviluppo della marginalità, all’accompagnamento sociale per utenti che hanno
concordato un Progetto di assistenza individuale e sono in fase di
riacquisizione dell’autonomia. Gli utenti previsti per queste strutture sono
57
quindi gli anziani autosufficienti con disagio e rischio di emarginazione sociale,
il cui PIA deve tener conto dei requisiti di compatibilità tra la persona e gli
altri ospiti
Non vengono previsti dalla normativa particolari requisiti organizzativi, se non
la presenza di un custode sociale. Dal punto di vista strutturale invece la
residenza deve articolarsi in complessi abitativi composti da più unità in cui
ridistribuire al massimo 20 posti letto, con gestione degli spazi comuni (es.
cucina, sala, giardino). La DGR n. 514 del 2015 non prevede per questa
struttura né oneri da imputare all’SSR né limiti alle rette versate dagli utenti.
Alloggio servito
(DGR n. 514 del 2015)
L’alloggio servito è un presidio a prevalente funzione tutelare di piccole
dimensioni, caratterizzato da un'organizzazione di tipo familiare. Come la
Residenza servita è finalizzato al supporto all’autonomia per anziani con
buona condizione di autosufficienza, a monitorare e arginare lo sviluppo della
marginalità e all’accompagnamento sociale; si rivolge ad anziani autosufficienti
con disagio e rischio di emarginazione sociale, il cui PIA deve tener conto dei
requisiti di compatibilità tra la persona e gli altri ospiti.
Non vengono previsti dalla normativa particolari requisiti organizzativi, se non
la presenza di un custode sociale. Dal punto di vista strutturale invece
l’alloggio servito si configura come struttura inserita in un contesto
condominiale o in abitazioni autonome con la gestione degli spazi comuni (es.
cucina, sala, giardino, lavanderia); vengono consentito l’inserimento di
massimo 6 posti letto. La DGR n. 514 del 2015 non prevede per questa
struttura né oneri da imputare all’SSR né limiti alle rette versate dagli utenti.
Comunità alloggio
(LR n. 29 del 1992, LR n. 12del 2006, DGR n. 514 del 2015)
Struttura a carattere comunitario o per piccoli nuclei di persone anziane
autosufficienti o con lievi disabilità. Offre un servizio di accoglienza
alberghiera con prestazioni di socializzazione e di sostegno al governo della
casa. L'assistenza sanitaria è equivalente a quella erogata a domicilio dal
medico di famiglia e dal Distretto Sanitario. La struttura è supportata dal
Distretto Sociale.
Tale struttura è però destinata a trasformarsi; entro due anni infatti le
comunità alloggio (al momento le uniche strutture attive sul territorio
58
dell’ASL, in quanto previste dalla normativa precedente alla DGR 514)
dovranno essere convertite in residenze protette o alloggi protetti a bassa media intensità.
Centro sociale
(DGR n. 514 del 2015)
Centro comunitario di aggregazione finalizzato a contrastare la solitudine e
promuovere la socializzazione tra le persone anziane. Sono coinvolti anziani
che desiderino occupare il proprio tempo libero con attività ludico-ricreative,
culturali e di intrattenimento. Si rivolge in particolare ai soggetti autosufficienti
a rischio di fragilità ed emarginazione sociale.
Il numero dei posti dipende dallo spazio disponibile e questo servizio non
prevede oneri per il SSR
Servizio di Assistenza Domiciliare sociale
Il SAD è un servizio sociale che si rivolge ai cittadini residenti nei Comuni
afferenti ai Distretti Sociosanitari nn. 14-15-16 in situazione di ridotta o
limitata autosufficienza e talvolta privi di un’adeguata rete sociale. Esso quindi
viene prestato, per alcune ore della giornata, al domicilio di persone anziane e
adulte che non necessitino di cure sanitarie e quando le condizioni socioeconomiche non consentano più un'autonomia totale nello svolgimento delle
normali attività quotidiane. L‘obiettivo primario perseguito è quindi quello di
consentire loro di permanere nel proprio contesto abitativo ed evitando il
ricorso all’istituzionalizzazione.
Il SAD è orientato a favorire l'autosufficienza della persona aiutandola in un
complesso di prestazioni di natura socioassistenziale quali: igiene personale,
corretta deambulazione, preparazione dei pasti, cura della persona, faccende
domestiche, accompagnamento e in altri servizi complementari.
Infine, si segnala che alcuni Comuni afferenti ai Distretti Sociosanitari nn. 1415-16, erogano servizi “complementari” all’assistenza domiciliare quali il
Servizio Pasti caldi a domicilio di telesoccorso e telecontrollo. Essi consistono
rispettivamente nella consegna giornaliera di pasti completi, caldi, preparati e
confezionati in appositi contenitori ad utenti che per difficoltà personali,
dovute all’età o ad una disabilità fisica / psichica, non riescono a provvedere
autonomamente alla preparazione del pasto e nell’attivazione di un sistema di
pronto intervento in caso di urgenza ed un monitoraggio telefonico delle
condizioni dell’anziano.
59
I dati della filiera sociale14:
Vengono di seguito presentate due tabelle; la prima si riferisce a servizi di tipo
sociale residenziale, la seconda a servizi di tipo sociale semiresidenziali e
domiciliari.
Tabella 17: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) ASL di Chiavari
Erogatori
Posti letto
Utenti in carico
Tasso di occupazione dei
posti letto
Giornate di degenza erogate
Comunità alloggio
Tot. n. 7 strutture private di cui 6 nel
Distretto socio sanitario 15 e 1 nel
DSS 16
87
c.a. 72
c.a. 82%
2.555
Fonte: Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese"
Tabella 18: Dati di attività dei servizi sociali semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL
di Chiavari
Gestione ed
erogazione
Utenti in carico
Centro sociale
Tot. n. 4 Centri in
gestione esternalizzata o
in convenzione con i
Comuni
500 utenti attualmente
iscritti ai Centri Sociali
Giornate
di
apertura/garanti del
servizio
Da un minimo di 100 gg
a 365 gg
annui
SAD
Gestione diretta
Comunale/esternalizzata
con gara
d’appalto
411
Il servizio viene
garantito per 365 gg
all’anno
Fonte: Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese"
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Il percorso di accesso ai servizi per anziani offerti nel territorio afferente
all’ASL n. 4 Chiavarese inizia presso la sede del Comune di residenza, dove
l’assistente sociale effettua una prima attività di orientamento dell’utente e la
sua famiglia. Una volta ottenute le prime informazioni e compresi i bisogni
14 Dati al 14 ottobre 2015 forniti dalla Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15
"Chiavarese"
60
dell’anziano, l’assistente sociale compila una scheda sulle condizioni sociali
dell’utente che viene inviata agli operatori dell’ASL.
Selezione dell’utenza e primo accesso
Il nominativo viene inserito nel sistema informativo insieme alle informazioni
contenute nella scheda di valutazione sociale, che vengono integrate
successivamente con le risultanze della valutazione tramite scheda AGED
effettuata dall’UVM. Quest’ultima è costituita da una componente fissa di cui
fanno parte il Direttore Sociale e il Direttore Sanitario del distretto,
l'Assistente Sociale del comune di residenza del cittadino e il medico di base, e
da una componente variabile in cui rientrano tutte le figure che si occupano a
qualsiasi titolo del cittadino dal medico specialista, allo psicologo, allo
psichiatra, agli infermieri, all'O.S.A., all'educatore, al fisioterapista, al tutore o
amministratore di sostegno, nonché il cittadino stesso o i suoi familiari. La
combinazione delle informazioni così ottenute permette di inserire
automaticamente l’utente in lista d’attesa, il cui scorrimento si basa sull’unione
di più criteri: il punteggio relativo alla condizione sanitaria, il punteggio
relativo alla condizione sociale, il tempo trascorso dall’inserimento nella lista
stessa, l’età dell’utente e l’eventuale imminente dimissione da un ricovero
ospedaliero. in quest’ultimo caso infatti l’utente segue un percorso parallelo,
entrando in struttura immediatamente a seguito delle dimissioni, monitorate
settimanalmente dagli operatori ASL assegnati alla gestione della lista d’attesa.
Elemento particolarmente rilevante è l’autonomia residua dell’anziano, che
viene valutata tramite la scala ADL.
La lista d’attesa è unica per tutte le strutture residenziali dell’ASL e viene da
essa gestita. Vista la particolare conformazione della Regione e la tendenza dei
cittadini a preferire le strutture sulla costa, viene garantita alle famiglie la
possibilità di indicare una struttura preferenziale, scelta però non vincolante
per l’ASL; sono concessi infatti al massimo due rifiuti rispetto all’offerta di un
posto in struttura. Questa regola viene applicata anche per scoraggiare la
richiesta “preventiva” di ingresso in RSA, quando ancora il bisogno
dell’anziano non si sia manifestato, e per facilitare la gestione della lista stessa.
Il caso inserito in lista d’attesa viene normalmente rivisto ogni due anni;
qualora si verifichi un eventuale peggioramento delle condizioni sociali o
sanitarie dell’anziano prima dell’ingresso in struttura, esso può essere segnalato
dalla famiglia o dall’assistente sociale assegnato così da rinnovare la
valutazione.
A luglio 2015 risultano in lista d’attesa 365 utenti così suddivisi per Distretto
sociosanitario(DSS):
• 151 utenti nel DSS 14
• 116 utenti nel DSS 15
• 96 utenti nel DSS 16
61
Definizione del piano di cura ed erogazione del servizio
Il PIA viene definito dal medico della struttura accogliente insieme agli
operatori che si sono occupati della valutazione al momento dell’ingresso
dell’anziano. Una volta attuato, il PIA viene rivisto ogni 3-6 mesi mentre la
ASL lo valuta in occasione della vigilanza della struttura o nei casi in cui tale
necessità venga segnalata.
Criticità e Punti di forza
Una delle prime criticità che ci viene segnalata è la gestione distinta dei budget
di Comuni e ASL, che non favorisce la pianificazione e la gestione integrate.
Per favorire l’integrazione degli interventi viene utilizzata solitamente l’UVM;
strumento d’integrazione per le liste d’attesa per la residenzialità è anche il
sistema informativo integrato ASL – Comuni, il programma informatico in
condivisione con i Comuni che permette l’inserimento successivo delle
valutazioni sociale e sanitaria e consente l’aggiornamento automatico delle
informazioni e delle liste d’attesa. Tale sistema informativo non è condiviso
con gli erogatori privati, i quali non hanno accesso alla consultazione delle liste
d’attesa e utilizzano un programma parallelo e collegato per l’inserimento dei
pagamenti.
Altra criticità è che l’utente, pur potendo scegliere liberamente la struttura
nella quale realizzare il ricovero, attualmente solo in una percentuale intorno al
20-30% riesce ad accedere alla struttura scelta.
Anche la conformazione del territorio rappresenta una sfida nella gestione
degli inserimenti in struttura. Sono infatti poche le domande di ingresso che
vengono presentate per le strutture più isolate, quelle più lontane dalla costa,
dove solitamente lavorano e vivono i parenti degli anziani. Questo elemento
complica la gestione della lista d’attesa, i cui meccanismi di funzionamento
sono cambiati nel corso del 2014.
Altra peculiarità del sistema è data dalla modalità di valutazione utilizzata per
misurare il grado di autosufficienza dell’utente. La regione Liguria ha adottato
il sistema AGED nel 1987 e oggi la scheda AGED rimane lo strumento di
valutazione utilizzato. Essa ha il vantaggio di permettere una veloce
valutazione dell'autonomia del paziente e del carico medio assistenziale
infermieristico e tutelare giornaliero che consegue ad eventuali handicap, ma
ha lo svantaggio di non essere particolarmente approfondita. Per questo
motivo si potrebbe pensare all’inserimento di un secondo sistema di
valutazione da utilizzarsi in UVM in sostituzione della scheda AGED, che
potrebbe però essere mantenuta per la prima fase di contatto con l’utenza.
62
Un punto di forza del sistema dei servizi che ci viene segnalato è l’equità con
cui vengono effettuati gli inserimenti grazie a regole chiare di scorrimento
nella lista d’attesa. Tale vantaggio si trasforma però in un elemento di
debolezza qualora le regole si rivelino eccessivamente rigide e rendano difficile
la gestione delle emergenze, soprattutto di tipo sociale. Un giovane anziano,
che non provenga da un ricovero ospedaliero e che abbia un punteggio
sanitario non particolarmente elevato, si troverà infatti svantaggiato rispetto
all’inserimento in lista d’attesa, il cui scorrimento si basa anche sulle variabili di
età, imminenza della dimissione e permanenza in lista. Il bisogno sociale,
ancorché grave (per esempio la perdita della casa), associato a problemi
sanitari lievi, non è sufficiente per velocizzare l’ingresso in una struttura
sociosanitaria, mentre l’ingresso in una struttura di tipo sociale è scoraggiato
dalla carenza di fondi e dalla difficoltà dei Comuni di compartecipare alla
spesa dell’utente.
63
2.3 ASL di Lecce15
Il contesto aziendale
Il territorio di competenza dell’ASL di Lecce è di circa 2.800 Kmq, su cui
insiste una popolazione di 807.256 abitanti residenti (dati Istat 2014). Da un
punto di vista ortografico è un ambiente tipicamente pianeggiante e si affaccia
sul mare; per questo motivo è un territorio a forte vocazione turistica, con il
conseguente arrivo e stazionamento nei periodi estivi di migliaia di vacanzieri.
La Provincia di Lecce comprende 97 comuni, per la maggior parte di piccole
dimensioni. Si può notare infatti che il 67% della popolazione, pari a 541.320
abitanti, risiede in 87 comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti. Ciò
ha condizionato e continua a condizionare il processo di programmazione e lo
sviluppo dei servizi sanitari e sociosanitari.
I punti di forza e di debolezza di tale sistema possono essere così sintetizzati:
Punti di forza:
• la presenza di reti informali e legami di solidarietà;
• piccole comunità locali facilitate nell’attuare percorsi di inclusione
sociale;
• esistenza delle condizioni per lo sviluppo di percorsi assistenziali,
territoriali e domiciliari.
Punti di debolezza:
• eccessivo campanilismo;
• debolezza degli organismi sovra comunali chiamati a programmare e
gestire interventi di Ambito sociale;
• difficoltà per i piccoli comuni di fronteggiare situazioni di particolare
gravità.
La programmazione dei servizi sanitari e sociosanitari non può prescindere
dalle caratteristiche demografiche della popolazione di riferimento, riportate
nella seguente tabella:
Tabella 19: Popolazione di riferimento ASL di Lecce
Popolazione al 1/1/2014
Popolazione totale
Provincia di
Lecce
807.256
Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Vito Gigante, direttore
amministrativo dell’Asl di Lecce, e del suo staff. La responsabilità di quanto scritto resta
comunque in capo agli autori
15
64
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
89.330
88.342
177.672
11,07%
10,94%
22,01%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
32.869
Fonte: Dati forniti dall’ASL di Lecce
La lettura di tali valori è interessante se comparata all’evoluzione intercorsa
negli ultimi 20 anni, riportata nella seguente tabella:
Tabella 20: Popolazione di riferimento ASL di Lecce
1994
Classi di
età
0-14
2004
Residenti
%
Residenti
2014
%
Residenti
%
143.754
17,84%
120.874
15,09%
107.988
13,38%
15-64
548.541
68,06%
532.270
66,45%
521.596
64,61%
65-74
70.014
8,69%
83.114
10,38%
89.330
11,07%
>75
43.612
5,41%
64.777
8,09%
88.342
10,94%
Totale
805.921
801.035
807.256
Fonte: Dati forniti dall’ASL d Lecce
I servizi offerti
Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso pugliese è che vengono
offerti, nel territorio dell’ASL di Lecce, tutti i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa
regionale. Si origina così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e
sociosanitarie a disposizione della popolazione anziana, più precisamente:
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’ASL di Lecce (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana
(over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo
utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea,
Milano.
65
Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura,
Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), Residenze Sociosanitarie Assistenziali
per anziani (RSSA), Residenze Sociali Assistenziali per anziani, Case di riposo,
Case alloggio, Gruppi appartamento e Comunità alloggio.
Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Centri
diurni integrati per il supporto cognitivo e comportamentale ai soggetti affetti
da demenza, i Centri diurni per anziani e i Centri sociali polivalenti per
anziani.
Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio
di Assistenza Domiciliare Integrata, del Servizio di Assistenza Domiciliare e
dell’assegno di cura per gravissimi non autosufficienti.
I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Lecce: la filiera sociosanitaria
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Lecce afferenti alla
filiera sociosanitaria.
Residenze Sanitarie Assistenziali
(Regolamento Regionale n. 8 del 2002, DGR n. 1226 del 2005)
Le RSA sono strutture sanitarie residenziali extraospedaliere, gestite da
soggetti pubblici o privati, organizzate per nuclei o moduli funzionali,
finalizzate a fornire ospitalità, prestazioni sanitarie, assistenziali, di recupero
funzionale e di inserimento sociale nonché di prevenzione dell’aggravamento
del danno funzionale per patologie croniche. Esse devono inoltre garantire ai
propri ospiti il rispetto della dignità e della libertà personale, della riservatezza,
dell’individualità, delle convinzioni religiose e delle abitudini, permettendo
loro anche di personalizzare l’ambiente con suppellettili e arredi propri.
Devono garantire la socializzazione in collaborazione con le organizzazioni
esistenti nel territorio, la partecipazione al piano di recupero e la
responsabilizzazione della famiglia e di coloro che intrattengano con l’ospite
relazioni di carattere affettivo, anche al di fuori dei rapporti di parentela.
L’ospitalità presso le RSA può essere temporanea e programmata per il
completamento di programmi riabilitativi o per la riduzione del carico
assistenziale sulla famiglia e può essere prevista come permanenza dell’ospite
per tutto l’arco della giornata, per periodi limitati o durante la notte in
relazione a specifiche patologie. Nell’ambito delle RSA sono organizzati, ove
66
possibile, anche servizi semiresidenziali diretti a persone parzialmente
autosufficienti o non autosufficienti.
L’attività delle RSA è diretta a persone non più in età evolutiva, non assistibili
a domicilio, le cui limitazioni fisiche e/o psichiche non consentano di
condurre una vita autonoma e le cui patologie non necessitino di ricovero in
strutture di tipo ospedaliero o nei centri di riabilitazione. Fra gli altri, target di
questa tipologia di strutture sono anziani con temporanea, totale o prevalente
limitazione della propria autosufficienza, con particolare riguardo alle persone
affette da patologie cronico-degenerative, che non necessitino di assistenza
ospedaliera, compresi soggetti affetti da patologie psico-geriatriche (demenza
senile).
L'accesso alla struttura è disposto dall'Unità di Valutazione Multidimensionale
(UVM) previa valutazione del caso da cui devono emergere, come fattori
determinanti della scelta, il grado di non autosufficienza e l'impossibilità,
anche temporanea, dell'utente ad usufruire di altre forme di assistenza quali
l'assistenza domiciliare o strutture semiresidenziali, che ne consentano la
permanenza al domicilio.
I requisiti di personale previsti dal Regolamento n. 8 del 2002 per le RSA
sono:
• un coordinatore sanitario per almeno 240 min/die. Deve essere un
medico specialista, preferibilmente geriatra o fisiatra, con
responsabilità dell’assistenza sanitaria e delle condizioni psicofisiche
degli ospiti;
• personale medico per almeno 240 min/die per ogni modulo;
• psicologi e assistenti sociali per un numero di ore settimanali correlato
alle esigenze degli ospiti ed al livello assistenziale della RSA; per le
RSA pubbliche tale personale è messo a disposizione dai Comuni o
dall’ASL competente per territorio. Ad uno degli assistenti sociali
deve essere affidato il coordinamento delle attività che concorrono
all’attuazione dei progetti terapeutici;
• un infermiere professionale ogni 30 posti con presenza continuativa
nell’arco delle 24 h;
• terapisti della riabilitazione in numero variabile in relazione al livello
assistenziale della RSA o del nucleo;
• un operatore di assistenza ogni 20 posti con presenza continuativa
nell’arco delle 24 h per moduli a media intensità assistenziale; una
unità ogni 30 posti residenza con presenza continuativa nell’arco delle
24 h per moduli a bassa intensità assistenziale;
• personale amministrativo e personale da adibire ai servizi generali in
rapporto al numero degli ospiti e al sistema organizzativo della
struttura;
67
•
figure professionali in convenzione con riferimento a particolari
esigenze assistenziali.
La DGR n. 1226 del 2005 integra il Regolamento n. 8 del 2002 stabilendo il
profilo organizzativo e gli standard professionali e di funzionamento dei nuclei
Alzheimer, da attivarsi presso le RSA. Nelle strutture dove sia presente un
modulo da 20 posti letto destinato al ricovero di pazienti affetti da morbo di
Alzheimer, quindi, diviene obbligatoria la presenza di un medico Neurologo,
un medico Cardiologo ed un medico Geriatra per un minimo di due ore
settimanali ciascuno, nonché un educatore professionale e un turno di
operatore di assistenza (6 unità) aggiuntivi.
Le RSA possono avere una capienza massima complessiva di 60 posti letto e,
di norma, sono organizzate in nuclei fino a 20 posti. In caso di zone ad alta
densità abitativa, ferma restando l’organizzazione per nuclei, le strutture
possono comprendere fino ad un massimo di 120 posti. In caso di strutture
collegate o inserite in strutture sanitarie di ricovero e cura o in strutture socioassistenziali per soggetti autosufficienti, possono comprendere nuclei con una
ricettività complessiva inferiore ai 60 posti. La normativa regionale, inoltre,
suggerisce di raggruppare nei nuclei ospiti che presentino la stessa patologia o
appartenenti alla stessa area d’intervento. Infine, le RSA non possono
destinare, di norma, più di un nucleo a persone affette da disturbi psichici e,
comunque, non possono essere riservate esclusivamente a persone
appartenenti all’area del disagio mentale.
Dal punto di vista delle modalità di finanziamento dei servizi, la DGR n. 698
del 2003 e la DGR n. 1226 del 2005 stabiliscono le tariffe giornaliere per
l’assistenza prestata dalle RSA in regime residenziale e semiresidenziale. Tali
tariffe sono:
• 100,80 €/die per patologie geriatriche, neurologiche e
neuropsichiatriche stabilizzate;
• 130,00 €/die per pazienti ricoverati nei nuclei Alzheimer;
• 65,00 €/die per pazienti affetti da morbo di Alzheimer in regime
semiresidenziale
La normativa stabilisce inoltre che la quota sanitaria, pari al 70% della tariffa
compressiva, viene versata dall’ASL, mentre l’utente versa una quota
alberghiera pari al 30%. Nei diversi casi si avranno quindi:
• 70,56 €/die a carico ASL unitamente a 30,24 €/die a carico
utente/Comune per patologie geriatriche, neurologiche e
neuropsichiatriche stabilizzate;
• 91,00 €/die a carico ASL unitamente a 39,00 €/die a carico
utente/Comune per ricovero nel nucleo Alzheimer;
• 45,50 €/die a carico ASL unitamente a 19,50 €/die a carico
utente/Comune per ricoveri diurni Alzheimer.
68
Residenze Sociosanitarie Assistenziali per anziani
(Art. 66 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e
ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015)
Le residenze protette o residenze sociosanitarie assistenziali (RSSA) erogano
prevalentemente servizi socioassistenziali a persone anziane, assicurando
assistenza tutelare diurna e notturna, attività riabilitative ed educative,
prestazioni infermieristiche e servizi alberghieri inclusivi della
somministrazione dei pasti.
Le RSSA per anziani possono ospitare persone con età inferiore ai 64 anni
solamente nel caso in cui esse siano affette da demenze senili, morbo di
Alzheimer e demenze correlate. L’ingresso in struttura è infatti indirizzato ad
anziani con gravi deficit psico-fisici le cui patologie, non in fase acuta, non
facciano prevedere che limitati livelli di recuperabilità dell’autonomia e non
possano essere assistite a domicilio. Non essendo in grado di condurre una
vita autonoma, gli ospiti richiedono di norma un alto grado di assistenza alla
persona con interventi di tipo assistenziale e socio-riabilitativo a elevata
integrazione sociosanitaria.
L’accesso alle prestazioni erogate dalla RSSA avviene attraverso il giudizio
espresso dall’Unità di Valutazione multidimensionale.
Il personale previsto dal Regolamento n. 11 del 2015, che ha rinnovato e
integrato i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi definiti dal
Regolamento n. 4 del 2007, per questo tipo di struttura è:
• un responsabile amministrativo della struttura affiancato da operatori
amministrativi;
• un coordinatore sanitario per un minimo di 6 ore settimanali ogni 30
ospiti. Il coordinatore deve essere un medico laureato e abilitato,
preferibilmente specialista in geriatria, in medicina fisica e riabilitativa
o specializzazione equipollente;
• educatori professionali o terapisti occupazionali o altri profili
professionali dell’area socio riabilitativa in misura funzionale rispetto
al progetto personalizzato di assistenza definito dalla UVM,
garantendo almeno 18 ore settimanali ogni 30 ospiti;
• un Operatore Sociosanitario (OSS) o profili equipollenti per 36 ore
settimanali ogni 4 ospiti;
• un infermiere per 36 ore settimanali ogni 15 ospiti. Durante il servizio
notturno è garantita la reperibilità, fatta salva la presenza di un’unità
nella struttura;
• tecnici della riabilitazione nella misura definita in rapporto al piano
individualizzato di assistenza, garantendo, comunque, almeno 18 ore
settimanali di prestazioni ogni 30 ospiti;
69
• assistente sociale per 6 ore settimanali ogni 30 ospiti;
Infine, vengono previsti dalla normativa i seguenti standard per i servizi
generali:
• cucina: 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 2 ausiliari (per la ricettività massima di
120 ospiti);
• lavanderia e stireria: 1 addetto fino a 4 quintali di biancheria da
trattare al giorno; 1 addetto per ogni ulteriore quintale.
I servizi di cucina, di lavanderia, di pulizie e stireria possono essere assicurati
mediante convenzione con ditte esterne. Il servizio di pulizia deve essere
garantito nell’intero arco della giornata.
La ASL competente è tenuta ad assicurare assistenza medica generica,
assistenza medica specialistica (erogata a carico della ASL nel cui territorio
insiste la struttura), fornitura di farmaci e fornitura di presidi sanitari in favore
degli ospiti della RSSA; le cure mediche generiche sono invece assicurate dai
Medici di Medicina Generale.
I requisiti strutturali minimi previsti dalla normativa regionale stabiliscono per
la RSSA una capienza massima di 120 ospiti, articolata in moduli abitativi di
massimo di 30 ospiti. L’ospitalità offerta in tali strutture fa di norma
riferimento a programmi di lunga durata.
Il valore della retta giornaliera della RSSA stabilito dalla DGR n. 279 del 2010
e ss.mm.ii è complessivamente 92,90 euro. Poiché il 50% della retta (c.d. quota
sanitaria) è a carico dell’ASL e il restante 50% è a carico dell'utente e/o, in
caso di indigenza dello stesso, del suo Comune di residenza, il regime tariffario
sarà:
• 46,45 €/die a carico ASL
• 46,45 €/die a carico dell’utente/Comune di residenza
Centro diurno integrato per il supporto cognitivo e comportamentale ai
soggetti affetti da demenza16
(Art. 60ter del Regolamento Regionale n. 4 del 2007 come modificato dal
Regolamento Regionale n. 7 del 2010)
Il Centro diurno integrato per le demenze è una struttura sociosanitaria a ciclo
diurno finalizzata all’accoglienza di soggetti in condizione di non
autosufficienza, che per il loro declino cognitivo e funzionale esprimono
Il Centro diurno integrato per le demenze è un servizio descritto all’interno del Capo II del
RR 4/2007, dedicato alle strutture per diversamente abili, e non del Capo III, dedicato invece
agli anziani. Si è deciso di inserirlo in questa trattazione su suggerimento del Dott. Gigante, il
quale ci ha segnalato che l’utenza di tale servizio è composta in massima parte da persone
anziane
16
70
bisogni non sufficientemente gestibili a domicilio per l’intero arco della
giornata. Esso è finalizzato a: controllare e contenere il processo di
deterioramento cognitivo ed i disturbi del comportamento dei propri utenti,
mantenendone il più a lungo possibile le capacità funzionali e socio relazionali;
consentire il mantenimento dei soggetti a domicilio, ritardandone il ricovero in
strutture residenziali e aiutando la loro famiglia a comprendere l’evoluzione
cronica della malattia; supportare il caregiver rispetto alle attività del Centro;
garantire il dialogo e la collaborazione con gli altri servizi sanitari e
sociosanitari della rete.
Il Centro è destinato a soggetti affetti da demenza eventualmente associata a
disturbi del comportamento, non affetti da gravi deficit motori, gestibili in
regime di semiresidenzialità, capaci di trarre profitto da un intervento
integrato. Non rientrano nelle categorie di utenti che possono essere accolte le
persone affette da malattie psichiatriche (come per esempio la schizofrenia),
da demenza di grado tale da non consentire il ciclo semiresidenziale di
assistenza e le tipologie di prestazioni ivi erogabili e da disturbi del
comportamento di entità tale da compromettere lo svolgimento delle attività
del Centro.
Per poter accedere al Centro diurno integrato per le demenze è necessario che
l’Unità di Valutazione Alzheimer, i servizi ospedalieri e i servizi territoriali
specialistici (neurologici, psichiatrici, geriatrici) esprimano la diagnosi di
demenza. Tali servizi formulano poi la richiesta di accesso al Direttore di
Distretto sociosanitario, cosicché possa attivare la UVM che elabora la scheda
SVAMA del caso; il PAI dell’utente viene successivamente elaborato dalla
UVM stessa unitamente all’equipe del Centro, che lo verificano
periodicamente.
Il personale previsto dal RR 7 del 2010 comprende:
• un coordinatore della struttura individuato tra le figure sociosanitarie
del Centro;
• un medico specialista (geriatra/neurologo) per almeno 8 ore
settimanali;
• 4 educatori professionali per 30 ospiti e per 36 ore settimanali;
• uno psicologo per almeno 18 ore settimanali;
• un fisioterapista per almeno 12 ore settimanali;
• un infermiere per almeno 12 ore settimanali. Tale figura deve essere
fornita dai servizi territoriali del Distretto sociosanitario di riferimento
o dalle strutture residenziali sociosanitarie presso cui è allocato il
Centro;
• 4 Operatori sociosanitari (OSS) per 30 ospiti e per 36 ore settimanali
71
Il Centro è strutturato per una capacità ricettiva massima di 30 utenti; in caso
di strutture specializzate per l’accoglienza di specifiche patologie, può essere
strutturato su una capacità ricettiva massima di 15 ospiti, adeguando
proporzionalmente gli standard strutturali e organizzativi. Esso è tenuto a
pianificare le attività diversificandole in base alle esigenze dell’utenza e ad
assicurare l’apertura per almeno 8 ore al giorno per 6 giorni a settimana, dal
lunedì al sabato. La frequenza di utilizzo del Centro per ciascun utente potrà
variare da un minimo di 3 a un massimo di 6 giorni a settimana, in base a
quanto definito nel PAI.
Visti gli obiettivi e le attività del Centro, la quota di compartecipazione del
SSR al pagamento della retta giornaliera pro utente è pari al 50% del totale.
Essendo la tariffa complessiva pari a 63,65 euro (DGR n. 3032 del 2010) si
avranno:
• 31,82 €/die a carico dell’ASL
• 31,83 €/die a carico dell’utente/Comune di residenza.
Cure Domiciliari Integrate - Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata di I°,
II° e III° livello
(Art. 88 del Regolamento n. 4 del 2007, DGR n. 630 del 2015, Regolamento
Regionale n. 11 del 2015, DGR n. 750 del 2015)
La Regione Puglia si trova oggi in un momento di forte cambiamento per
quanto riguarda i servizi domiciliari (c.d. Cure Domiciliari), la cui normativa è
stata novellata dalle DGR n. 630 e 750 del 2015.
L'obiettivo generale che viene perseguito è quello di uniformare, su tutto il
territorio regionale, il sistema della presa in carico domiciliare così da
esercitare le funzioni di programmazione, indirizzo e controllo in modo
unitario. Le Cure Domiciliari si distinguono Assistenza Domiciliare di tipo
Prestazionale, Assistenza Domiciliare Integrata di Primo Livello, Secondo
Livello e Terzo Livello e Cure Palliative per malati oncologici e pazienti
terminali. A motivo del suo carattere sociosanitario, verrà approfondita in
questa sede l’ADI di Primo, Secondo e Terzo Livello.
Per Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) si intende un complesso unitario
di interventi socio-assistenziali e sanitari, definiti nel Piano Assistenziale
Individuale, rivolti a persone che necessitano, in modalità programmata, di
cure e di assistenza a lunga persistenza. Dette cure richiedono una molteplicità
di prestazioni di tipo medico generico, medico-specialistico, infermieristico,
riabilitativo, nonché di assistenza farmaceutica e protesica. Gli interventi
forniti ai cittadini favoriscono la permanenza nell’ambiente di vita, evitando
72
l’istituzionalizzazione e consentendo loro una soddisfacente vita di relazione
attraverso un complesso di prestazioni.
Le prestazioni ADI si rivolgono a pazienti/utenti che presentano bisogni
complessi e che necessitano di continuità assistenziale e interventi
programmati che si articolano sui 5 giorni (I^ livello), 6 giorni (II^ livello), 7
giorni (III^ livello). In particolare la DGR n. 750 del 2015 stabilisce che:
• L'Assistenza Domiciliare Integrata di primo livello si articola su 5
giorni su 7 (dal lunedì al venerdì), nella fascia oraria 08.00 - 20.00, con
una operatività del servizio di 8 ore al giorno;
• L'Assistenza Domiciliare Integrata di secondo livello si articola su 6
giorni su 7 (dal lunedì al sabato), nella fascia oraria 08.00 - 20.00, con
una operatività del servizio di 10 ore al giorno dal lunedì al venerdì e
di 6 ore il sabato;
• L'Assistenza Domiciliare Integrata di terzo livello si articola sui 7
giorni su 7, nella fascia oraria 08.00 - 20.00, con una operatività del
servizio di 10 ore al giorno dal lunedì al venerdì e di 6 ore il sabato e i
festivi; è inoltre prevista la pronta disponibilità medica.
L'assistenza di terzo livello consiste in interventi professionali rivolti a persone
che generalmente presentano dei bisogni caratterizzati da un livello di
complessità particolarmente elevato e:
• che necessitano di nutrizione artificiale enterale e parenterale;
• che necessitano di supporto ventilatorio invasivo;
• in stato vegetativo e di minima coscienza;
• in fase avanzata e complicata di malattie cronico-degenerative e/o
progressive.
L’accesso alle prestazioni di assistenza domiciliare avviene attraverso l’UVM;
tali prestazioni si integrano, nel progetto personalizzato, con l’eventuale
riconoscimento dell’assegno di cura in presenza di una situazione di fragilità
economica connessa alla non autosufficienza di uno dei componenti del
nucleo familiare.
Il personale previsto per l’erogazione delle prestazioni di assistenza domiciliare
integrata è, per i diversi livelli assistenziali:
• Assistenza domiciliare a basso peso assistenziale – I livello (da 2
accessi mensili a 2 accessi settimanali): 30' per medico, 30' per
l'infermiere, 45' per il terapista della riabilitazione, 60' per l'Operatore
SocioSanitario (OSS);
• Assistenza Domiciliare a medio peso assistenziale - II livello (da 3 a 6
accessi settimanali): 45' medico, 30'/45' per l'infermiere, 45' per il
terapista della riabilitazione, 60'/90' per l'Operatore SocioSanitario
(OSS);
73
•
Cure Palliative ed Assistenza Domiciliare ad alto peso assistenziale III livello (di norma 6 accessi settimanali): 60' medico, 60' per
l'infermiere, 60' per il terapista della riabilitazione, 60'/90' per
l'Operatore SocioSanitario OSS), 60' per altri professionisti sanitari.
II Medico di Medicina Generate e il Pediatra di Libera Scelta hanno un ruolo
centrale nel processo di cura in quanto ne assumono la responsabilità clinica.
Per tutti i livelli di Cure Domiciliari costituisce necessaria integrazione
l'erogazione di prestazioni socioassistenziali e sociosanitarie assimilabili alle
prestazioni SAD per la cura degli ambienti domestici e della persona, nonché
alle prestazioni degli operatori sociosanitari. Le prestazioni socioassistenziali
domiciliari di competenza degli ambiti territoriali comprendono aiuto alla
persona nello svolgimento delle normali attività quotidiane e nella pulizia della
persona e dell'abitazione, sostegno alla mobilità personale, aiuto per le famiglie
che assumono compiti di accoglienza e di cura di anziani gravemente non
autosufficienti.
I parametri considerati per la tariffazione delle prestazioni sociosanitarie ADI
a compartecipazione ASL-Comuni sono i seguenti (DGR n. 630 del 2015):
• numero ore per PAI, differenziato per livello di ADI
• numero ore per PAI integrative per la cura della persona e
dell'ambiente
• costo medio del personale sulla base dei principali CCNL (riferimenti:
Coop, UNEBA)
• costi indiretti e comuni (coordinamento, centrale di monitoraggio e
assistenza, trasporto, ...)
Non sono, invece, considerati i costi per prodotti farmaceutici, ausili e altri
presidi sanitari, che restano a carico del SSR o dell'utente.
II costo del servizio di cure domiciliari (ADI) di primo e di secondo livello
integrate trova copertura a carico del Servizio Sanitario Regionale al 100% per
le prestazioni sanitarie, infermieristiche, riabilitative, di farmaceutica e
protesica e al 50% per le prestazioni di aiuto infermieristico e igiene e cura alla
persona garantite dall'OSS, rimanendo a carico dei Comuni o dell’utente la
rimanente quota del 50%. Le prestazioni continuative ed estensive (SAD) di
assistenza tutelare alla persona garantite dall'OSS, nonché le ulteriori
prestazioni connesse all'igiene della persona e dell'ambiente domestico, alla
compagnia e alla preparazione pasti sono al 100% a carico dei Comuni, in
quanto prestazioni a valenza socioassistenziale.
II servizio delle CDI di terzo livello è invece di esclusiva competenza sanitaria,
anche con riferimento alla figura OSS aiuto infermieristico. Eventuali altre
prestazioni a carattere sociosanitario-assistenziale ovvero prestazioni di aiuto
personale e di assistenza tutelare prescritte dall'UVM a completamento del
PAI restano a totale carico del Comune e sono classificate sempre come ADI.
74
La tariffa oraria regionale di riferimento per l’ADI viene indicata all’interno
della successiva DGR n. 1160 del 2015. Essa stabilisce che:
• La definizione del valore dell’ADI – componente sanitaria verrà
rinviata a successivi provvedimenti della Giunta Regionale;
• Il valore dell’ADI – componente sociale (OSS) è pari a, per ogni ora
di assistenza erogata:
o Équipe per 30 utenti ADI base: 20 euro/utente
o Équipe per 30 utenti ADI con prestazione aggiuntiva
teleassistenza: 27,37 euro/utente
Attualmente quindi le prestazioni sanitarie non sono incluse nella tariffa
definita dalla normativa, ma risultano a carico dell’SSN poiché da quest’ultimo
erogate in gestione diretta o attraverso il rimborso degli oneri effettivamente
sostenuti dall’ente gestore del servizio.
I dati della filiera sociosanitaria17:
La seguente tabella mostra alcuni dati di attività relativi ai servizi residenziali
per anziani non autosufficienti descritti nei paragrafi precedenti:
Tabella 21: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) ASL di Lecce
RSA
(residenziale)
RSA
(semiresidenziale)
3 privati, in
associazione alle
strutture residenziali
RSSA
Erogatori
6 (5 privati e 1
pubblico)
Posti letto
290 (232 privati e
58 pubblici)
55 privati
471
31
513 (354
privati e 159
pubblici)
642
88.546
4.672
175.582
Utenti in carico
Giornate di
degenza erogate
11 (8 private e
3 pubbliche)
Fonte: Dati forniti da ASL LE
Tali valori vengono utilizzati dall’Azienda per calcolare alcune misure di
riferimento attraverso le quali monitorare l’attività svolta; fra esse emergono il
tasso di occupazione dei posti letto, pari a 83,07% per le RSA residenziali e
93,77%, per le RSSA, e l’indice di rotazione dei posti letto, del valore di 1,613
per le RSA residenziali e 1,224 per le RSSA. Di grande rilevanza è anche la
17
Dati al 31.12.2014 forniti dall’Asl di Lecce
75
degenza media, del valore di 190,85 giorni nelle RSA residenziali, 150,71 giorni
nelle RSA semiresidenziali e 286,75 giorni nelle RSSA.
I dati riferiti ai servizi semiresidenziali e domiciliari sono invece riportati nella
seguente tabella:
Tabella 22 dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno
2014) ASL di Lecce
Erogatori
Utenti in carico
Giornate
erogate/Numero
di accessi
Centri diurni Integrati
per il supporto cognitivo
e comportamentale ai
soggetti affetti da
demenza
N.d.
44
5.988
ADI
11 (9 privati e 2 pubblici)18
4.523
Accessi medico: 31.934
Accessi altro personale:
160.444
Fonte: Dati forniti da ASL LE
I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Lecce: la filiera sociale
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Lecce afferenti alla
filiera sociale.
Residenze sociali assistenziali per anziani
(Art. 67 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e
ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015)
La Residenza sociale assistenziale è una struttura sociosanitaria a bassa
intensità assistenziale sanitaria che eroga prevalentemente servizi
socioassistenziali. Le Residenze sociali assicurano ai propri ospiti assistenza
tutelare diurna e notturna, attività socializzanti ed educative, prestazioni
infermieristiche, prestazioni e servizi alberghieri inclusivi della
somministrazione dei pasti. L’utenza di tale struttura è costituita da persone
anziane, di età superiore ai 64 anni, con gravi deficit psico-fisici; esse non
necessitano di prestazioni sanitarie complesse ma richiedono un elevato grado
di assistenza con interventi di tipo assistenziale, non sono in grado di condurre
18
Elaborazione su dati forniti dalla Regione Puglia
76
una vita autonoma e le patologie di cui soffrono, non in fase acuta, non
possono far prevedere che limitati livelli di recuperabilità dell’autonomia e non
possono essere assistite a domicilio.
La residenza sociale è collegata funzionalmente con i servizi sociosanitari
dell’Ambito comprendenti l’assistenza medico-generica, l’assistenza
farmaceutica, il segretariato sociale, l’assistenza domiciliare integrata, i centri a
carattere residenziale diurno, anche al fine di programmare la continuità degli
interventi assistenziali dopo la dimissione e ridurre l’incidenza del ricovero in
strutture ospedaliere o extra-ospedaliere sanitarie per ospiti che abbiano le
caratteristiche sopra individuate.
Il personale che viene previsto dal RR 11 del 2015 per le Residenze sociali
assistenziali è:
• un responsabile amministrativo della struttura affiancato da operatori
amministrativi;
• un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti ogni 4 ospiti
per 36 ore settimanali;
• infermieri: in organico 12 ore giornaliere ogni 60 posti;
• tecnici della riabilitazione in rapporto di 9 ore settimanali ogni nucleo
da 30 ospiti, e comunque in misura funzionale rispetto al PAI, per il
quale la struttura può avvalersi delle prestazioni delle strutture del
SSR;
• un assistente sociale per 12 ore settimanali di prestazioni ogni 30
ospiti
• un coordinatore sociale, nella figura di un assistente sociale laureato,
di un educatore o educatore professionale, impegnato con prevalenti
compiti di coordinamento in materia di attività socializzanti, educative
e di dietetica, nonché di coordinamento dell’intera attività
sociosanitaria e di garanzia della applicazione di protocolli omogenei
per l’accoglienza e la gestione dei casi. Il coordinatore è impegnato
per un minimo di 12 ore settimanali di prestazioni ogni 30 ospiti.
Infine, vengono previsti dalla normativa i seguenti standard per i servizi
generali:
• cucina: 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 2 ausiliari (per la ricettività massima di
120 ospiti);
• lavanderia e stireria: 1 addetto fino a 4 quintali di biancheria da
trattare al giorno; 1 addetto per ogni ulteriore quintale.
I servizi di cucina, di lavanderia, di pulizie e stireria possono essere assicurati
mediante convenzione con ditte esterne. Il servizio di pulizia deve essere
garantito nell’intero arco della giornata.
La ASL competente è tenuta ad assicurare, in ogni caso, assistenza medica
generica, assistenza medica specialistica, fornitura di farmaci e fornitura di
77
presidi sanitari. Le cure mediche generiche sono assicurate dai Medici di
Medicina generale mentre l’assistenza medica specialistica viene erogata a
carico della ASL nel cui territorio insiste la struttura.
La capienza massima della struttura non può superare i 120 ospiti, che
possono essere dislocati in moduli abitativi di massimo di 30 persone.
All’interno delle residenze sociali assistenziali per anziani, le eventuali
prestazioni sanitarie necessarie per la cura e il benessere dell’utente ospite
vengono erogate nel rispetto del modello organizzativo del Servizio Sanitario
Regionale. Le residenze sociali, pertanto, non accedono ad accreditamento
con le ASL per l’assegnazione delle quote di spesa per l’assistenza a rilievo
sanitario fornita alle persone parzialmente o del tutto non autosufficienti. La
tariffa regionale per persona al giorno è pari a 62,51 euro e non sono previsti
oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii).
Casa di riposo
(Art. 65 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e
ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015)
La casa di riposo è una struttura sociale residenziale a prevalente accoglienza
alberghiera che eroga prestazioni e servizi alberghieri inclusivi della
somministrazione pasti e dove vengono svolte attività di supporto nella
quotidianità e di sostegno all’autonomia individuale e sociale. La struttura è
destinata ad ospitare, temporaneamente o permanentemente, anziani
autosufficienti che scelgono di usufruire di servizi collettivi, che hanno dei
condizionamenti di natura economica o sociale nel condurre una vita
autonoma o che sono privi di altro supporto familiare.
In merito ai requisiti di personale, il RR 4 del 2007 prevede:
• un responsabile amministrativo della struttura affiancato da operatori
amministrativi;
• un coordinatore responsabile della struttura, nella figura
dell’educatore professionale o dell’assistente sociale, che assicuri una
presenza di almeno 12 ore settimanali;
• un Operatore Socio‐Sanitario per 36 ore settimanali ogni 10 ospiti;
• presenza programmata dell’assistente sociale e dell’animatore
socio‐culturale;
• personale ausiliario nel numero di almeno 1 ogni 10 ospiti. Nella
fascia notturna un operatore ausiliario ogni 20 ospiti;
• le prestazioni sanitarie sono assicurate mediante le strutture delle
AA.SS.LL. e possono essere affidate ad un Medico convenzionato
78
con il SSR limitatamente agli aspetti igienico sanitari della Casa di
Riposo. L’assistenza medica in favore degli ospiti è assicurata dai
medici di medicina generale. Deve essere garantita nell’arco dell’intera
giornata la somministrazione di eventuali terapie prescritte tramite
figura professionale infermieristica.
Infine, vengono previsti dalla normativa i seguenti standard per i servizi
generali:
• cucina: 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 2 ausiliari (per la ricettività massima di
120 ospiti);
• lavanderia e stireria: 1 addetto fino a 4 quintali di biancheria da
trattare al giorno; 1 addetto per ogni ulteriore quintale.
I servizi di cucina, di lavanderia, di pulizie e stireria possono essere assicurati
mediante convenzione con ditte esterne; il servizio di pulizia deve essere
garantito nell’intero arco della giornata. Il servizio di telefonista, portiere e
custode va organizzato a seconda delle esigenze della casa di riposo.
La casa di riposo può ospitare al massimo 120 anziani organizzati in moduli
con capienza massima di 30 ospiti. Al suo interno devono essere presenti un
ambulatorio dove possano essere praticate le consultazioni e le visite
periodiche oltre alle cure normali, una palestra e uno spogliatoio riservato per
il personale.
La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 37,89 euro e non sono
previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii).
Casa alloggio
(Art. 64 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e
ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015)
La casa alloggio è una struttura residenziale a prevalente accoglienza
alberghiera, a bassa intensità assistenziale, costituita da un insieme di alloggi di
piccola dimensione e varia tipologia dotati di servizi collettivi e di tutti gli
accessori per consentire una vita autonoma. Al suo interno vengono erogati
prestazioni e servizi alberghieri inclusivi della somministrazione pasti e
vengono svolte attività di supporto nella quotidianità e di sostegno
all’autonomia individuale e sociale. La struttura è destinata ad anziani
autosufficienti.
Il personale previsto per la casa alloggio dal RR 4 del 2007 è composto da:
• un coordinatore responsabile della struttura, nella figura dell’assistente
sociale, che assicuri una presenza di almeno 12 ore settimanali.
79
•
un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti per 10 ospiti,
che garantisca la presenza nelle ore diurne, per un minimo di 12 ore
giornaliere.
La struttura ha una capacità massima di 20 ospiti e deve essere organizzata in
alloggi contigui, adeguatamente arredati e dimensionati in relazione ai bisogni
degli ospiti accolti, che costituiscano unità abitative autonome.
La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 31,26 euro e non sono
previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii).
Gruppo appartamento
(Art. 63 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e
ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015)
Il gruppo appartamento è una struttura residenziale per il co‐housing sociale a
bassa intensità assistenziale, consistente in un nucleo di convivenza a carattere
familiare per anziani autosufficienti che necessitino di una vita di coppia e
comunitaria e di reciproca solidarietà. Tale struttura è indirizzata al sostegno
abitativo e all’erogazione di prestazioni di sostegno alla cura materiale della
persona in relazione ai bisogni individuali degli ospiti.
All’interno del RR 4 del 2007 viene prevista la presenza di:
• un coordinatore responsabile della struttura, nella figura dell’assistente
sociale, che assicuri una presenza di almeno 12 ore settimanali.
• un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti che
garantisca la presenza nelle ore diurne, per un minimo di 6 ore
giornaliere.
Il gruppo appartamento può ospitare da 2 a 6 persone in appartamenti
collocati in civili abitazioni, adeguatamente dimensionati in relazione ai bisogni
degli ospiti.
La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 44,09 euro e non sono
previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii).
Comunità alloggio
(Art. 62 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e
ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015)
La comunità alloggio è una struttura residenziale a bassa intensità assistenziale,
consistente in un nucleo di convivenza a carattere comunitario per anziani
autosufficienti che necessitino di una vita comunitaria e di reciproca
80
solidarietà. Le prestazioni erogate dalla struttura sono finalizzate a garantire
attività a sostegno dell’autonomia individuale e sociale.
In merito ai requisiti di personale, il RR 4 del 2007 prevede:
• la presenza programmata per fasce orarie di un assistente sociale, che
assicura una presenza di almeno 12 ore settimanali e viene individuato
il coordinatore della struttura;
• la presenza programmata di altri operatori sociali per le attività di
socializzazione ed animazione;
• un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti che
garantisca la presenza continuativa nell’arco della giornata.
La comunità alloggio deve essere organizzata in modo da favorire la vita
comunitaria e la sua capacità ricettiva può andare da un minimo di 7 ad un
massimo di 12 ospiti.
La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 64,72 euro e non sono
previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii).
Centro diurno
(Art. 68 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007)
Il centro diurno è una struttura socio-assistenziale a regime semiresidenziale
costituente luogo d’incontro e di relazioni in grado di permettere, anche
all’interno o in collegamento con le strutture di cui ai commi 3, 4 e 5, dell’art.
43 della LR n. 19 del 2006, l’erogabilità delle prestazioni che rispondano a
specifici bisogni della popolazione anziana. Le attività svolte all’interno del
centro sono aperte al territorio e coinvolgono le risorse della comunità locale.
Esse vengono organizzate in base alle esigenze dell’utenza e sono volte ad
assicurare l’assistenza nell’espletamento delle attività e delle funzioni
quotidiane, anche attraverso prestazioni a carattere assistenziale (igiene
personale) e sanitario correlate alle terapie prescritte dai medici curanti,
nonché un servizio lavanderia, la somministrazione dei pasti e un servizio di
trasporto sociale, salvo accordi diversi con i Comuni
Il centro organizza, inoltre:
• attività educative a supporto dell’autonomia;
• attività di socializzazione ed animazione;
• attività culturali e ludico-ricreative;
• attività psico-motorie.
81
I requisiti di personale previsti dal Regolamento n. 4 del 2007 per i centri
diurni sono:
• almeno un educatore professionale e un’assistente sociale per 18 ore
settimanali, per assicurare il funzionamento della struttura;
• presenza programmata di operatori addetti all’assistenza in misura
adeguata al numero, alle caratteristiche e alle esigenze dell’utenza;
• animatori sociali e professionisti con competenze adeguate allo
svolgimento delle specifiche attività programmate; presenza fissa di
personale ausiliario in misura di 1 ogni 15 ospiti.
Le attività di socializzazione ed animazione, le attività culturali e ludicoricreative, le attività psico-motorie possono essere oggetto di convenzione.
Il centro può configurarsi come entità edilizia autonoma o come spazio
aggregato ad altre strutture, fermi restando gli specifici requisiti previsti per
ciascuna struttura. Può ospitare fino ad un massimo di 30 utenti e assicura
l’apertura per otto ore al giorno, e per almeno cinque giorni a settimana. La
tariffa regionale riconosciuta per questo tipo di servizio non è definita.
Centro sociale polivalente per anziani
(Art. 106 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007)
Il Centro sociale polivalente per anziani è una struttura autorizzata
all’erogazione di un servizio aperto alla partecipazione anche non continuativa
di anziani autosufficienti. Si colloca nella rete dei servizi sociali territoriali,
caratterizzandosi per l’offerta di una pluralità di attività ed interventi,
diversificati in base alle esigenze degli anziani utenti e delle loro famiglie. Nel
centro vengono organizzate attività ludico-ricreative, di socializzazione e di
animazione aperte al territorio con garanzia della salute e dell’incolumità degli
utenti durante il loro svolgimento. Gli interventi e le attività all’interno e
all’esterno della struttura devono consentire di contrastare l’isolamento e
l’emarginazione sociale delle persone anziane, di mantenere i livelli di
autonomia della persona, di supportarne la famiglia. Il Centro, inoltre, può
concorrere alla erogazione del servizio di pronto intervento sociale per l’area
anziani.
Il personale definito per l’erogazione dei servizi individuati dalla normativa
regionale è:
• operatori addetti all’assistenza in misura adeguata alle caratteristiche e
alle esigenze degli ospiti;
• educatori e animatori sociali per 36 ore settimanali ciascuno, al fine di
garantire il regolare funzionamento della struttura, con utenza non
superiore a 60 persone;
82
•
presenza programmata dell’assistente sociale, nonché di terapisti della
riabilitazione in presenza di esigenze specifiche per alcuni utenti.
Il Centro sociale polivalente per anziani deve garantire l’apertura per almeno 8
ore, suddivise tra ore diurne e ore pomeridiane, per 6 giorni la settimana. Nel
Centro possono essere accolti contemporaneamente non più di 60 utenti,
residenti nel quartiere, nel Comune o nei Comuni dello stesso ambito
territoriale sociale, in presenza di una superficie di 200 mq. La ricettività può
variare in relazione alla superficie complessiva a disposizione, fino ad un
massimo di 120 utenti, accolti contemporaneamente in strutture con superficie
complessiva non superiore a 500 mq. La tariffa regionale riconosciuta per
questo tipo di servizio non è definita.
Servizio di Assistenza Domiciliare
(Art. 87 del Regolamento n. 4 del 2007, DGR n. 630 del 2015, Regolamento
Regionale n. 11 del 2015, DGR n. 750 del 2015)
Il servizio di assistenza domiciliare comprende prestazioni di tipo
socioassistenziale che si articolano per aree di bisogno in assistenza domiciliare
per minori e famiglie, assistenza domiciliare per diversamente abili, assistenza
domiciliare per anziani. Sono prestazioni di assistenza domiciliare quelle di
aiuto alla persona nello svolgimento delle normali attività quotidiane, quelle di
sostegno alla mobilità personale, vale a dire le attività di trasporto e
accompagnamento per persone anziane e parzialmente non autosufficienti,
quelle di assistenza domiciliare anche le prestazioni di aiuto per famiglie che
assumono compiti di accoglienza e di cura di diversamente abili fisici, psichici
e sensoriali e di altre persone in difficoltà, di anziani. Sono considerate
prestazioni aggiuntive i servizi per la teleassistenza e il telemonitoraggio
erogati h24 da una centrale di assistenza con personale dedicato con
l’adeguato impiego di tecnologia per la domotica sociale.
Il servizio di assistenza domiciliare consiste quindi in interventi finalizzati a
favorire la permanenza degli utenti nel loro ambiente di vita evitandone
l’istituzionalizzazione, a consentire loro una soddisfacente vita di relazione e a
sollevare le famiglie dal carico di cura. È un servizio rivolto a soggetti con
limitata autonomia, che vivono da soli o con famiglie che non sono in grado
di assicurare un buon livello di assistenza per la cura e l'igiene della persona e
delta casa e per il mantenimento delle condizioni di autonomia.
Il personale previsto per questo tipo di servizio dal Regolamento n. 11/2015,
che ha rinnovato e integrato i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi
definiti dal Regolamento n. 4/2007, è costituito da figure professionali di
assistenza alla persona, nella misura di almeno 1 OSS per 36 ore settimanali
83
ogni 10 utenti per l’alimentazione e l’igiene della persona oltre ad eventuali
figure ausiliarie per l’igiene della casa. Gli operatori devono possedere
specifica formazione in relazione alle diverse aree di bisogno trattate. Per le
attività di teleassistenza e telemonitoraggio è assicurato personale di contatto e
di assistenza a distanza con specifica formazione per l’assistenza di base alla
persona anziana e in condizioni di disagio e/o solitudine, nella misura di
almeno 1 postazione telefonica e web monitorata h24 ogni 30 utenti in carico,
nonché mediante l’impiego di specifiche tecnologie di domotica sociale presso
il domicilio degli utenti assistiti. La attività integrative di welfare leggero
(compagnia, aiuto nel disbrigo di piccole pratiche e sostegno della mobilità
personale) sono parte integrante del servizio di assistenza e possono essere
assicurate dall’Ambito e dalla ASL avvalendosi delle associazioni di
volontariato e di promozione sociale, sulla base di apposite convenzioni.
Infine, il servizio di assistenza domiciliare deve articolarsi territorialmente in
maniera da garantire la massima fruibilità da parte di tutti i cittadini,
garantendo in ogni caso la presenza del servizio per ognuno degli Ambiti
territoriali.
I parametri considerati per la tariffazione delle prestazioni SAD sono i
seguenti (DGR n. 630 del 2015):
• numero ore per PAI per la cura della persona e dell'ambiente
• costo medio del personale sulla base dei principali CCNL (riferimenti:
Coop, UNEBA)
• costi indiretti e comuni (coordinamento, centrale di monitoraggio e
assistenza, trasporto, ...)
Non sono, invece, considerati i costi per prodotti farmaceutici, ausili e altri
presidi sanitari, che restano a carico del SSR o dell'utente. La tariffa oraria
regionale di riferimento per il SAD diviene quindi (DGR n. 1160 del 2015):
• Équipe per 30 utenti SAD: 18,36 euro/utente
• Acquisto di 30 ore settimanali di servizio SAD o ADI - prestazioni
“OSS” (domanda individuale con buono servizio19): 18,45
euro/utente
Le prestazioni continuative ed estensive di assistenza tutelare alla persona
garantite dall'OSS, nonché le ulteriori prestazioni connesse all'igiene della
19 Una particolare forma di erogazione dei servizi sociali pubblici che concilia il principio di
libera scelta dell'utente con la garanzia della qualità e dell'accessibilità economica al servizio. II
buono servizio è un titolo di acquisto utilizzato dai Comuni e dagli utenti per accedere che dà
diritto all'utente di ricevere il servizio, a sua scelta, da una delle agenzie che si siano a tal fine
accreditate presso l'amministrazione titolare della funzione mediante l'iscrizione nel Catalogo
dell'offerta (accessibile su piattaforma telematica).
84
persona e dell'ambiente domestico, alla compagnia e alla preparazione pasti
sono al 100% a carico dei Comuni, in quanto prestazioni a valenza
socioassistenziale.
Assegno di cura per gravissimi non autosufficienti
(DGR n. 2530 del 2013, atto di determina n. 4 del 2014)
Da febbraio 2014 è attivo nella Regione Puglia un nuovo modello di assegno
di cura rivolto alle persone non autosufficienti. Fino al 2013, infatti, in Puglia
esistevano tre strumenti differenti: gli assegni di cura per le persone con SLA,
gli assegni di cura per non autosufficienti gravi e l’Assistenza indiretta
personalizzata. Con le novità introdotte dalla DGR 2530 del 2013 e adottate
con atto di determina n. 4 del 2014, restano attivi gli Assegni di cura per i
pazienti affetti da SLA (sindrome laterale amiotrofica) e SMA (atrofia
muscolare spinale) e a questi sono affiancati i nuovi Assegni di cura riservati ai
non autosufficienti gravissimi; essi ricomprendono sia il vecchio assegno di
cura per le persone non autosufficienti, sia l’Assistenza indiretta
personalizzata, introdotti nel 2010. La modifica della normativa è stata definita
in ragione delle criticità presentate dai due strumenti citati, caratterizzati da
tempi di attesa insostenibili generati da un numero elevatissimo di domande in
larga parte non appropriate, da inefficienza di alcuni uffici comunali e da
dichiarazioni di gravità della non autosufficienza sottoscritte dai medici di
famiglia e rivelatesi non corrispondenti alla reale condizione del paziente.
Sono quindi state rinnovate le modalità di presentazione delle domande,
definiti i criteri di accesso al beneficio, semplificata la procedura di
concessione la cui gestione viene affidata quasi totalmente alle Asl.
Il nuovo assegno di cura viene definito dalla DGR 2530 del 2013 “un contributo
economico onnicomprensivo erogato in favore del nucleo familiare di pazienti affetti da
SLA/SMA e di persone in condizioni di disabilità gravissima, per sostenere
economicamente i familiari che sostengono direttamente (caregiver familiare) e indirettamente
(caregiver professionale) i congiunti che si trovano in condizioni di malattia e di non
autosufficienza lieve/media/grave”. Tale contributo è finalizzato a perseguire
diversi obiettivi specifici come favorire la permanenza di persone affette da
SLA/SMA non autosufficienti o in condizioni di gravissima disabilità a
domicilio, ricevendo le necessarie cure sia da parte dei servizi sociali e sanitari
che da parte del nucleo familiare; assicurare una forma di sostegno economico
adeguata alle famiglie che hanno assunto in carico di questo lavoro di cura;
contrastare le situazioni di vera e propria indigenza economica derivante dagli
oneri per la cura di una persona non autosufficiente; favorire il rientro, anche
temporaneo, presso il proprio domicilio della persona ricoverata presso
strutture sociosanitarie.
85
Il beneficio è cumulabile con pensioni, indennità di accompagnamento e ogni
altro assegno o emolumento riconosciuto con carattere previdenziale e/o
assicurativo; non è però cumulabile con altre misure di sostegno economico al
reddito familiare per la non autosufficienza (a titolo esemplificativo: contributi
straordinari per il contrasto alle nuove povertà, buoni servizio di conciliazione,
ecc...) promosse dalla Regione e/o dagli enti locali.
I prerequisiti di accesso e l’importo del contributo si differenziano a seconda
del beneficiario:
Assegni di cura per i pazienti affetti da SLA e SMA
a) Prerequisito di accesso: diagnosi di SLA, SMA o altre patologie
strettamente affini per diagnosi o decorso della malattia
b) II contributo ha importo mensile di 500,00 - 1.000,00 - 1.100,00 euro, in
relazione alle seguenti condizioni:
1. l'importo mensile di 500,00 euro è assicurato a tutti i pazienti cui
sia stata diagnosticata la SLA, che ne facciano richiesta e per i
quali l'UVM abbia rilevato contenute limitazioni nella vita
quotidiana misurate in termini di punteggio Barthell non
superiore a 49 p., e che richiedono assistenza non continuativa di
tipo sociale (SAD, trasporto, pasti, ecc..);
2. l'importo mensile di 1.000,00 euro è assicurato a tutti i pazienti
per i quali l'UVM abbia rilevato limitazioni nella vita quotidiana
misurate in termini di punteggio Barthell compreso tra 50 e 90
p., e che richiedono assistenza continuativa di tipo sociale e/o
sociosanitario (ADI);
3. l'importo mensile di 1.100,00 euro è assicurato a tutti i pazienti
per i quali l'UVM abbia rilevato gravi limitazioni nella vita
quotidiana misurate in termini di punteggio Barthell superiore a
90 p., e che richiedono assistenza continuativa di tipo
sociosanitario (ADI) e sanitario.
Assegni di cura per i pazienti in condizioni di gravissima disabilità
a) Prerequisito di accesso: hanno accesso i pazienti con diagnosi certa
facenti parte di uno dei seguenti gruppi in ordine di priorità:
1. pazienti in coma, stato vegetativo o di minima coscienza, che
perduri da oltre 1mese alla data di presentazione della domanda
di accesso al beneficio;
2. pazienti affetti da patologie gravemente invalidanti, che ne
determino la dipendenza continuativa e vitale per la respirazione
assistita e per l’alimentazione indotta;
3. pazienti affetti da patologie gravemente invalidanti, che ne
determino la dipendenza continuativa e vitale per la respirazione
assistita o per l’alimentazione indotta;
86
4. pazienti affetti da patologie neurodegenerative e cronicodegenerative non reversibili, rare, gravemente invalidanti e di
particolare impegno assistenziale quali ad esempio Corea di
Huntington, Sindrome di Rett etc.;
Solo successivamente alla presa in carico di questi pazienti, e in presenza
di eventuali economie, sarà possibile estendere la presentazione delle
domande per altri anziani parzialmente non autosufficienti ed affetti da
patologie cronico-degenerative non reversibili meno gravi o non rare.
b) Importo del contributo:
L'importo di questo assegno di cura non è variabile ed è concesso in
misura fissa di Euro 600,00 per mese. Il beneficio viene concesso
esclusivamente se, in presenza del requisito soggettivo di cui sopra,
l'UVM abbia rilevato gravi limitazioni nella vita quotidiana superiori a 90
p. misurate in termini di punteggio Barthell o equivalente, che richiedano
assistenza continuativa di tipo sociosanitario (ADI) e sanitario; deve
essere inoltre presente una dipendenza vitale che necessita di assistenza
continua nelle 24 ore.
La procedura è a sportello e le domande vengono presentate esclusivamente,
pena l’esclusione, on line dal soggetto beneficiario (assistito) o da altro
soggetto richiedente. Dopo la domanda on line, su richiesta del responsabile
amministrativo, viene richiesta ulteriore documentazione cartacea per
completare il fascicolo per l’UVM. L’UVM valuta la documentazione
complessiva in collaborazione con i direttori di distretto, i MMG e i PLS e,
tramite compilazione della scheda SVAMA, assegna un punteggio al caso, che
per accedere al beneficio dovrà comunque essere superiore a 90.
Successivamente, l'UVM costruisce il PAI tenendo conto del bisogno
socioassistenziale e sociosanitario di tipo domiciliare, requisito vincolante per
la concessione dell'assegno di cura.
Nel 2014 nell’ASL di Lecce, sono stati erogati:
• Pazienti SLA/SMA e patologie affini: 120 assegni di cura per un totale
di € 949.940,00
• Pazienti non autosufficienti gravissimi: 358 assegni di cura per un
totale di € 1.055.540,00
87
I dati della filiera sociale20:
Vengono di seguito presentate due tabelle; la prima si riferisce a servizi di tipo
sociale residenziale, la seconda a servizi di tipo sociale semiresidenziali e
domiciliari. L’Asl risulta quindi cosciente della rete di offerta di servizi sociali
presenti nel suo territorio.
Tabella 23: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) ASL di Lecce
Residenze
sociali
assistenzia
li
Erogatori
10 (privati)
Posti letto
249
Case di
riposo
24 (22
private e 2
pubbliche)
640 (605
privati e 35
pubblici)
Case
alloggio
Gruppo
appartame
nto
Comunità
alloggio
5 (privati)
10 (privati)
5 privati
54
55
55
Fonte: Dati forniti da ASL LE
Tabella 24: Dati di attività dei servizi sociali semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL
di Lecce
Centro diurno
Erogatori
Posti disponibili
4 (2 privati e 2
pubblici)
90 (50 privati e 40
pubblici)
Centro sociale
polivalente per
anziani
SAD
1 privato
7 (5 privati e 2
pubblici)
60
-
Fonte: Dati forniti da ASL LE
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
La segnalazione relativa alla necessità di attivazione di un servizio
sociosanitario territoriale può essere avanzata, preferibilmente su apposito
modello predisposto dalla Porta Unica di Accesso (PUA) e/o similare, dal
diretto interessato, dalla Rete Informale Territoriale (famiglia, vicinato,
volontariato ecc.) o dalla Rete Formale Territoriale (Medico di Medicina
20
Dati al 4 marzo 2015 forniti dalla Regione Puglia
88
Generale, Pediatra di libera Scelta, Servizio Sociale Comunale e Unità
Operative distrettuali ed extradistrettuali, Dipartimenti e Presidi ospedalieri).
La richiesta di assistenza, indirizzata al Direttore del Distretto Sociosanitario
di competenza, dovrà essere corredata da una relazione del MMG/PLS o dal
medico del Reparto ospedaliero per pazienti in fase di dimissione ospedaliera
o dal medico dell’Unità Operativa Territoriale presso cui è in carico la
persona. Nella relazione medica devono essere riportate: la diagnosi clinica, le
terapie al momento praticate, la condizione di non autosufficienza
dell’assistito e il livello di dipendenza psico-fisica, con le motivazioni cliniche e
assistenziali, le proposte di trattamento terapeutico-riabilitativo che rendono
necessario il regime di assistenza richiesto.
Selezione dell’utenza e primo accesso
La richiesta di assistenza, contenente i dati anagrafici del cittadino, la
prestazione sociosanitaria richiesta a gestione integrata, la diagnosi clinica, le
patologie presenti e le motivazioni socio-economiche della richiesta, dovrà
essere consegnata, corredata dalla documentazione medica, alla Porta Unitaria
di Accesso. Quest’ultima rielabora l’istanza ed esercita un’azione di filtro al
“sistema di accoglienza della domanda” in grado di aprire al cittadino tutta la
gamma delle opportunità offerte dalla rete locale dei servizi sociali e sanitari.
La PUA trasmette infine, se necessario, la documentazione all’UVM per la
valutazione multidimensionale.
Definizione del piano di cura
L’UVM si configura come un’équipe multiprofessionale a composizione
variabile in relazione al bisogno della persona, di cui sono componenti
irrinunciabili il Direttore del Distretto o suo delegato, il Medico di Medicina
Generale o Pediatra di Libera Scelta di riferimento dell’assistito e l’Assistente
Sociale dell’Ambito Territoriale/Comune di residenza della persona, che
interviene per la valutazione all’accesso di servizi sociosanitari. A seconda delle
necessità, possono partecipare inoltre: il responsabile del Servizio Sociale
Professionale del Distretto, il medico specialista di riferimento (geriatra,
neurologo, fisiatra, psichiatra, neuropsichiatra infantile, ecc.), l’infermiere
professionale, il terapista della riabilitazione, o altre figure dell’area clinica in
rappresentanza delle strutture sovradistrettuali (Dipartimento di Salute
Mentale, Dipartimento delle Dipendenze Patologiche, Struttura
Sovradistrettuale della Riabilitazione) ed eventuali altre figure professionali che
dovessero rendersi necessarie in relazione al bisogno specifico della persona.
L’UVM, di norma, si riunisce due volte la settimana e, comunque, con una
periodicità che consenta la conclusione degli adempimenti di competenza
entro il termine massimo di 20 giorni dalla segnalazione del caso. L’UVM
quindi, entro il termine di 20 giorni fatte salve le procedure per l’accesso di
urgenza e le dimissioni protette, esamina la domanda, effettua la valutazione
89
del caso e cura l’elaborazione del Progetto Assistenziale Individualizzato
(PAI); in caso di non eleggibilità, invece, motiva il diniego. Il PAI deve tenere
conto dei bisogni, delle aspettative e priorità del richiedente e dei suoi
familiari, delle sue menomazioni, disabilità e, soprattutto, delle risorse-abilità
residue e recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali, personali e
familiari. Esso deve inoltre essere articolato in forma comprensibile al
richiedente e/o ai suoi familiari, che ne condividono i contenuti e lo
sottoscrivono, ponendo termine alla fase della presa in carico della persona.
Nel rispetto del principio di libera scelta della persona e della sua famiglia,
l’UVM nella definizione del PAI provvede ad individuare una rosa di almeno 3
strutture riconducibili alla tipologia individuata per l’appropriatezza della
risposta al bisogno, per le quali sia già attiva apposita convenzione o apposito
accordo contrattuale, tenendo conto dei seguenti elementi: eventuali liste di
attesa, qualità delle prestazioni sanitarie e dell’accoglienza sociale e alberghiera,
delle condizioni economiche più vantaggiose praticate e dalla maggiore
vicinanza possibile alla residenza della persona e del suo nucleo familiare.
Il PAI redatto dall’UVM viene recepito, attraverso le rispettive figure di
riferimento a ciò abilitate, dalla Struttura sanitaria (Distretto, Riabilitazione,
NPIA, CSM e SeRT), coinvolta in via prevalente e destinataria di specifico
budget, che rilascia l’autorizzazione all’accesso ai servizi sociosanitari a
gestione integrata e compartecipata congiuntamente al Servizio Sociale
Comunale o d’Ambito. Per i casi di comprovata ed urgente necessità, così
come previsto dall’art. 3, comma 9 del Regolamento Regionale n. 4 del
18/1/2007, è consentito un protocollo operativo di urgenza.
In caso di eleggibilità della persona verso un regime di ricovero in struttura
residenziale, l’equipe che ha effettuato la valutazione recepisce l’indicazione
dell’assistito paziente (o del suo rappresentante: familiare, tutore,
amministratore di sostegno) circa la struttura residenziale prescelta, tra quelle
di riferimento del territorio della ASL di appartenenza per verificarne la
disponibilità all’accoglimento e acquisire il parere favorevole del Responsabile
Sanitario. Per i ricoveri in strutture con sede fuori dal territorio dell’ASL di
residenza dell’utente si osservano le procedure di cui all’art. 10, comma 5, R.R.
n°8 del 20.12.2002. In presenza di istanze di ricovero superiori alla
disponibilità dei posti, l’ammissione dell’utente avverrà secondo le seguenti
priorità, previo inserimento nella lista d’attesa in ordine cronologico di
presentazione dell’istanza:
1) Dimissioni protette da Ospedale ad alto impegno assistenziale;
2) Peso dei bisogni assistenziali effettuato in sede di valutazione.
Diversamente da quanto descritto precedentemente, in caso di dimissione da
Ospedale, la Direzione medica dell’Ospedale invia la richiesta di Dimissione
Ospedaliera Protetta al Distretto di residenza dell’assistito. Insieme ad essa
viene trasmessa la relazione sanitaria redatta dal medico ospedaliero del
reparto in cui è ricoverato il paziente; al suo interno, oltre alla diagnosi, viene
90
indicata la data prevista per la dimissione ed i bisogni assistenziali della
persona. La condizione di dimissibilità ed il rientro a domicilio devono essere
condivisi ed approvati, in sede di valutazione, dal MMG/PLS dell’assistito.
L’assistente sociale del Comune o dell’Ambito Territoriale di residenza
dell’utente redige la relazione sociale con informazioni relative alla situazione
familiare ed alle reti di supporto. In particolare la relazione dovrà evidenziare
le situazioni di eventuale assenza o impossibilità della rete parentale e/o
amicale ad assistere il congiunto a domicilio, specificando la motivazione di
tale indisponibilità.
Erogazione del servizio
Sarà cura della equipe di valutazione effettuare un monitoraggio delle
prestazioni erogate secondo il progetto assistenziale individualizzato. In caso
di struttura ricadente in Distretto diverso da quello di residenza del paziente, i
compiti di monitoraggio del paziente saranno espletati dall’equipe
territorialmente competente, di concerto con quella di residenza del paziente.
Il progetto deve essere aggiornato, modificato, adattato e nuovamente
comunicato al richiedente ed agli altri operatori qualora si verifichi un
cambiamento sostanziale degli elementi in base ai quali è stato elaborato
(bisogni, preferenze, menomazioni, abilità-disabilità residue, limiti ambientali e
di risorse, aspettative, priorità). Tutte le proposte di modifica strutturale del
PAI sono di competenza dell’UVM.
Criticità e Punti di forza
Il quadro normavo regionale per i servizi LTC appare oggi piuttosto completo
e aggiornato; è infatti stato recepito il DPCM LEA 2001, costituito il fondo
regionale per la non autosufficienza, riformato il sistema delle cure domiciliari
integrate, rinnovate le linee guida regionali per l’accesso ai servizi sanitari
territoriali e alla rete integrata dei servizi sociosanitari. Un’ulteriore spinta
verso il rinnovamento della rete dei servizi è giunta dall’approvazione degli
investimenti e delle prescrizioni per il potenziamento dei servizi per anziani e
persone non autosufficienti contenute all’interno del Piano di Azione e
Coesione (PAC) – Servizi di Cura 2014‐2016 e del Piano Operativo di Salute
2013-2015.
Permangono però diverse criticità, prima fra tutte l’assenza di fabbisogni
standard, ovvero di parametri numerici e/o indici di popolazione per ambiti
territoriali predefiniti, per le prestazioni sociosanitarie territoriali. Con il
passare del tempo, tale assenza ha portato gli erogatori a localizzare la
costruzione di nuove strutture, incentivata dalla concessione dei Fondi
Europei di Sviluppo Regionale, rispetto alle proprie percezioni del fabbisogno
proprio della popolazione. Questo fenomeno è stato amplificato dalla
91
liberalizzazione nella realizzazione delle strutture sociosanitarie, per cui non
veniva più prevista l’espressione del parere di compatibilità regionale previsto
ai sensi dell’articolo 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992 e s.m.i. e dell’articolo 7 della
L.R. n. 8/2004. In questo modo, il governo della rete dei servizi e la
pianificazione sono divenute sempre più complesse all’interno della Regione,
determinando di fatto una distribuzione disomogenea dei servizi nei diversi
territori provinciali, con diverso grado di accessibilità per le famiglie pugliesi. Il
problema della disomogeneità è inoltre enfatizzato dal fatto che le prassi
consolidate nelle ASL e nei Distretti sociosanitari delle ASL pugliesi non di
rado si rivelano non conformi ai principi di pari opportunità nell’accesso delle
prestazioni, di piena accessibilità delle stesse, di continuità assistenziale e di
appropriatezza delle stesse, sia pure tutti enunciati e declinati nella normativa
nazionale e regionale vigente (Determinazione del dirigente servizio
programmazione sociale e integrazione socio sanitaria 5 giugno 2015, n. 238)
Nonostante la liberalizzazione nella realizzazione delle strutture e il
conseguente aumento del numero di posti letto per abitante, la Regione Puglia
presenta ancora oggi una sottodotazione di posti letto per l’insieme dell’offerta
residenziale sanitaria extraospedaliera e sociosanitaria, rispetto ai parametri
medi nazionali come rilevati dal Ministero della Salute (DGR n. 1159 del
2015).
Una criticità che ci viene segnalata in merito ai servizi domiciliari è che non
tutti i distretti sociosanitari sono dotati di equipe strutturate per l’erogazione di
Cure Domiciliari Integrate (medici, infermieri, OSS, terapisti). Tali prestazioni,
inoltre, ma non sempre sono progettate in modo integrato, ma si integrano in
UVM o “a domicilio” tramite la gestione informale ed emergente delle
esigenze di utente ed erogatori: di fatto le procedure di affidamento dei servizi
sociosanitari domiciliari dei Comuni solo di rado sono raccordate con le
procedure per la parte dei servizi di competenza delle ASL
Insufficiente raccordo funzionale si riscontra anche tra i diversi segmenti di
offerta residenziale (R1‐R2‐R3) e tra questi e le strutture ospedaliere,
considerando in particolare i bisogni assistenziali di pazienti affetti da
patologie croniche.
Un punto di debolezza del sistema viene indicato anche all’interno della DGR
n. 1159 del 2015, che evidenzia come l’espressione del fabbisogno finanziario
per tutte le ASL non tenga conto delle dinamiche della domanda e delle attuali
liste d’attesa registrate da alcune delle tipologie di strutture. A questo elemento
è opportuno aggiungere le difficoltà riscontrate dalle famiglie nel sostenere, a
seconda dei casi, i costi della quota sociale o la retta delle strutture
sociosanitarie e sociali. Le difficoltà economiche e la domanda ridotta spesso
spingono le strutture ad accettare dei versamenti inferiori alle quote
normalmente applicate, con conseguenze negative sulla economicità della
struttura stessa
92
Infine, un punto di forza del sistema che ci viene segnalato è rappresentato
dalla grande potenzialità delle strutture sociali e delle cure domiciliari integrate,
che potrebbero contribuire al recupero degli stabili in disuso dei centri storci e
alla costruzione di nuove reti di solidarietà fra gli abitanti.
93
2.4 ASL di Lodi21
Il contesto aziendale
L'ASL di Lodi è stata costituita quale azienda sanitaria locale sperimentale a
decorrere dall'1/1/1998 – (Decreto del Presidente della Regione Lombardia
22/12/1997 n. 07063 sett. 1619) e, successivamente, a seguito dell'istituzione
dell'Azienda Ospedaliera di Lodi (DGRL n. VII/7786 - Decreto R.L. n.1190
del 30/1/02), sono stati ridefiniti i suoi compiti in allineamento alla Legge n.
31/1997 e al PSSR. L'ASL di Lodi ai sensi dell'art. 3 comma 1-bis del D. Lgs.
n. 502/1992 è costituita con personalità giuridica pubblica ed autonomia
imprenditoriale.
L’ambito territoriale comprende il territorio dei 61 Comuni coincidenti con
tutti quelli della Provincia di Lodi, nonché del Comune di San Colombano al
Lambro appartenente alla Provincia di Milano, per un totale di 62 Comuni e
243.044 abitanti. Il territorio è articolato in due Aree Distrettuali Socio
Sanitarie, ovvero l’Area Distrettuale Socio Sanitaria dell’Alto Lodigiano che
consta di 35 Comuni e l’Area Distrettuale Socio Sanitaria del Basso Lodigiano
che comprende 27 Comuni, e un Distretto di Medicina Veterinaria. La
popolazione di riferimento è di seguito illustrata all’interno delle tabelle 23 a e
23 b.
Tabella 25 a e 25 b: Popolazione di riferimento ASL di Lodi
Fonte Piano di Programmazione e coordinamento dei servizi socio sanitari 2015 ASL Lodi
Popolazione al 1/1/2014
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
Provincia di Lodi
243.044
25.307
25.054
50.361
10,31%
10,31%
Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del dott. Giancarlo Iannello,
direttore sociale della ASL di Lodi ed al suo staff. La responsabilità di quanto scritto resta
comunque in capo agli autori
21
94
% popolazione Anziana (over 65)
20,72%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
9.317
Fonte: Dati ISTAT 2014
La normativa regionale: i servizi LTC offerti
I riferimenti normativi che disciplinano i servizi per gli anziani ed in
particolare per i non autosufficienti, sono le seguenti delibere di giunta
regionale: la DGR 2569 del 31/10/2014 per la definizione degli standard, la
DGR 1765 dell’08/05/2014 per la definizione dei controlli e la DGR
3851/2012 in cui vengono definiti i differenti livelli per l’Assistenza
Domiciliare Integrata, mentre per le RSA si fa riferimento alla DGR
12618/2003. La filiera dei servizi per gli anziani disciplinata da Regione
Lombardia può essere sintetizzata dalla seguente tabella, che prevede per i
servizi sociali la comunità alloggio e l’alloggio protetto mentre per i servizi
sociosanitari la RSA, l’ADI e la riabilitazione.
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’ASL di Lodi (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over
65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si
veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano.
95
Tabella 26: I servizi sociali e sociosanitari in Regione Lombardia
ANZIANI
Informazioni
generali
Settore di
appartenenza
Riferimenti
normativi
Descrizione
generale
Tipo di offerta
Obiettivo/fin
alità
Comunità alloggio
Alloggio protetto
anziani
In sperimentazione
Nella rete di offerta
Sociale
Sociale
DGR. 740 del
27.9.2013
Soluzione abitativa per
disabili o anziani
autosufficienti in grado
di partecipare
all’organizzazione della
vita domestica ma non
di vivere
autonomamente nel
proprio domicilio.
Ricovero
Sostituzione o
sostegno alla famiglia
di origine non più in
grado di provvedere ai
bisogni del paziente
CDI
RSA
ADI
Riabilitazione
Sociosanitario
Sociosanitario
Sociosanitario
Sociosanitario
DGR. n. 11497 del
17.3.2010
DGR. 740 del
27.9.2013
DGR. 4598/12 in
attuazione della DGR.
4334/12. DGR. 740
del 27.9.2013
DGR. 3851 del
25.7.2012. DGR. 740
del 27.9.2013
DGR. 19883 del
16.12.2004. DGR 4598
del 28.12.2012 in
attuazione della DGR
4334 del 2012.
Abitazioni, spazi
comuni e
servizi/prestazioni
sociali resi
occasionalmente o
continuativamente dal
gestore, prevalente
contenuto sociale
Servizio semiresidenziale prestazioni
socio-assistenziali e
sanitarie normalmente
erogate in Rsa
(assistenza nelle attività
di base della vita)
Struttura residenziale
che garantisce
interventi di elevato
contenuto
sociosanitario
Prestazioni sociosanitarie nelle aree
delle funzioni vitali e
delle funzioni primarie
Presidio sanitario non
ospedaliero per
trattamenti riabilitativi
di diversa intensità,
nelle aree specialistica,
generale e geriatrica, di
mantenimento.
Ricovero
Diurno
Ricovero
Garantire un ambiente
controllato e protetto.
Rispondere
tempestivamente alle
esigenze degli ospiti,
indirizzare gli anziani
verso la
struttura/servizio più
vicina ai loro bisogni
Garantire un'assistenza
intermedia tra RSA e
ADI, un elevato
standard di vita,
contenuti riabilitativi
e/o di mantenimento,
socializzazione
Migliorare i livelli di
autonomia e
promuovere il
benessere elevato
contenuto sociosanitario, favorire il
processo di
dismissione
ospedaliera
Prestazione a domicilio
Evitare ricoveri
impropri e ritardare
l’istituzionalizzazione
della persona,
consentendogli di
ottenere supporto alla
fragilità nella sua casa e
di scegliere
liberamente la modalità
e gli erogatori
dell’assistenza.
Ricovero o diurno
Recupero degli esiti
derivanti da episodi
acuti o di funzioni lese
o menomate
96
ANZIANI
Comunità
alloggio
Alloggio protetto anziani
CDI
RSA
ADI
Riabilitazione
Destinatari
Anziani
autosufficienti
Anziani
Anziani
Anziani
Anziani
Anziani
Requisiti di
ingresso
Non autosufficienza
(ma non gravi da
Sufficiente grado di
richiedere RSA) o
autonomia (non richiedono
ad alto rischio di
assistenza sociosanitaria
perdita
continua), reti familiari
dell’autonomia,
rarefatte, abitazioni
bisogni non
inadeguate
facilmente gestibili a
domicilio
Totale o parziale non
autosufficienza, necessità di
un elevata intensità di
protezione
Soggetti
fragili/vulnerabili che
non necessitano di un
ricovero ospedaliero ma
che non possono recarsi
presso gli ambulatori o
lo studio del medico,
perché non trasportabili
e in condizioni di non
autosufficienza anche
temporanea.
Soggetti portatori
di disabilità
fisiche, psichiche
e sensoriali o
miste
Standard
assistenziali
Medico 6 h
settimanali, terapista
Presenza/reperibilità di un
della riabilitazione
operatore sociale, 24 ore al
34 sett ospite,
giorno 365 giorni l'anno.
infermiere 34a sett
Altro personale secondo gli
ospite,
interventi previsti dalla
animatore/educator
carta dei servizi
e 28a sett ospite,
ASA -Ota 168a sett
ospite
DGR. 12618/2003: standard
di personale e revisione
remunerazione assistenza in
nucleo dedicato: 2000
minuti/settimanali/utente.
Assistenza su posto letto
ordinario: 1500
minuti/settimanali/utente, e
comunque un minimo di
1100
minuti/settimanali/utente
Standard
gestionali
specifici
assistenza in
nucleo dedicato:
2000
minuti/settimanal
i/utente.
Assistenza su
posto letto
ordinario: 1500
minuti/settimanali/utente
Struttura con requisiti
abitativi: nel centro urbano,
niente barriere
architettoniche, ambienti di
socializzazione, ben
connessa alla rete dei
servizi sanitari e sociali
Fonte: Elaborazione su DD.GG.RR
97
RSA
La DGR 12618 del 2003 definisce lo standard minimo di personale per
l’autorizzazione al funzionamento, espresso come tempo di assistenza
dedicato ad ogni ospite, che è fissato in 750 minuti settimanali. Per il
raggiungimento dello standard assistenziale sopra descritto deve essere
obbligatoriamente garantita la presenza almeno delle seguenti figure
professionali: medico, infermiere, animatore od operatore socio educativo
(classe 18) od educatore professionale Classe 2, A.S.A/O.T.A. Diventa
obbligatoria l’introduzione graduale della figura dell’OSS nei limiti
dell’effettiva disponibilità di tale operatore. L’assistenza infermieristica deve
essere garantita nell’arco delle 24 ore. Ai fini dei requisiti di accreditamento lo
standard minimo richiesto è fissato in 901 minuti settimanali per ospite.
Inoltre, come previsto dalla normativa, le RSA si impegnano a: tenere la lista
d’attesa dei richiedenti il ricovero, verificare che i richiedenti ammessi al
ricovero abbiamo il requisito della non autosufficienza, redigere per ogni
ammesso il Piano di Assistenza Individuale, aprire il fascicolo sanitario e
sociale da aggiornare come previsto dalla normativa regionale.
ADI
Come disciplinato dal Decreto dirigenziale 6032 del 2012, l’Assistenza
Domiciliare Integrata (ADI) si colloca nella rete di servizi sociosanitari volti a
garantire alle persone in condizione di fragilità prestazioni sociosanitarie
integrate “a domicilio”, anche in contesti di residenzialità
individuale/collettiva alternativi alla propria casa, eletti dalla persona a dimora
abituale.
Le prestazioni, che vengono poi declinate all’interno del piano di assistenza
individuale, devono essere erogate da personale qualificato ed in possesso
degli specifici titoli professionali; esse sono complementari e non sostitutive
del caregiver familiare. Le specifiche prestazioni, fornite attraverso i caregiver
professionali (a mero titolo esemplificativo: infermieri, operatori tecnici della
riabilitazione quali fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti ecc.)
possono quindi sostenere e/o integrare presenze familiari (parenti e/o loro
collaboratori) esistenti e disponibili, non sostituirle completamente.
L’ADI è rivolta a persone in situazione di fragilità, caratterizzate da:
•
•
presenza di una condizione di non autosufficienza parziale o totale, di
carattere temporaneo o definitivo;
presenza di una condizione di non deambulabilità;
98
•
•
•
non trasportabilità presso presidi sanitari ambulatoriali in grado di
rispondere ai bisogni della persona;
presenza di un supporto nella rete familiare/parentale o informale;
presenza di condizioni abitative che garantiscano la praticabilità
dell’assistenza, acquisite anche a seguito di azioni necessarie per il
superamento di eventuali fattori ostativi (esempio: abbattimento di
barriere architettoniche).
Si precisa che sono comprese tra i destinatari dell’ADI le persone nella fase
terminale della vita, non riconducibili alla tipologia di utenza assistibile
mediante l’ospedalizzazione domiciliare cure palliative, ai sensi della DGR n.
7180 del 24 aprile 2008 ed eventuali successive integrazioni.
La valutazione del caso prevede due fasi:
•
•
Valutazione Triage, è il primo contatto con il caregiver (ad es. la
famiglia) che si occupa di attivare la rete dei servizi sociosanitari per
l’utente. Il triage ha l’obiettivo di rilevare i bisogni semplici che
richiedono interventi mono professionali ed i bisogni complessi che
richiedono
un
approfondimento
tramite
valutazione
multidimensionale di secondo livello.
Valutazione multidimensionale di secondo livello, cui accedono le
persone che hanno avuto un punteggio di triage ≥3 .
L’esito della valutazione multidimensionale prevede l’elaborazione di Progetti
di Cura personalizzati e l’attribuzione di un profilo assistenziale coerentemente
ai bisogni rilevati.
La valutazione di secondo livello effettuata da un’équipe multidisciplinare Unità di Valutazione Multidisciplinare (composta da medico, infermiere ed
assistente sociale) – si svolge, di norma, al domicilio della persona, attraverso
l’utilizzo dello strumento di valutazione indicato da Regione Lombardia
VAOR Home Care22
La valutazione di secondo livello si articola come segue:
a. La valutazione funzionale
La valutazione dei bisogni viene applicata a domini riconosciuti come
essenziali per impatto e trasversalità, svincolati quindi dalla patologia
causante e dall’età della persona valutata.
22
http://www.famiglia.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Redazionale_P&childpagename=DG
_Famiglia%2FDetail&cid=1213487626697&pagename=DG_FAMWrapper (ultimo accesso 22
settembre 2015)
99
b) La valutazione sociale
Il sistema di valutazione della persona tiene in considerazione aspetti
sociali quali:
o la rete assistenziale, misurando l’organizzazione degli interventi
da parte sia della rete familiare che non familiare;
o l’adeguatezza della condizione abitativa e dell’ambiente di vita.
Nel modello regionale di valutazione del bisogno sono stati introdotti fattori
correttivi della valutazione che hanno impatto sui profili assistenziali. Si tiene
infatti conto, in sede di valutazione sociale, dell’impatto dei familiari e
caregiver nell’assistenza alla persona rispetto ai diversi domini funzionali. La
valutazione sociale permette di individuare, inoltre, il reale grado di sostegno
che la famiglia può offrire rispetto ai singoli bisogni della persona (domini
scala di valutazione).
Pertanto, rispetto ai diversi domini (respirazione, nutrizione, etc), la
valutazione ha l’obiettivo di far emergere il supporto attivo della famiglia/dei
caregiver nel farsi carico dei servizi e delle prestazioni necessarie per
rispondere a quel bisogno.
La valutazione del supporto della famiglia permette di individuare il reale
bisogno, inteso come le prestazioni a cui la famiglia non riesce a far fronte e
per le quali è richiesto il supporto di un soggetto esterno.
La valutazione del sostegno della famiglia, pertanto, non va ad incidere sul
livello di gravità (che esprime la fragilità della persona), ma contribuisce a
determinarne il profilo23.
L’indice di complessità assistenziale (I.C.A.) utilizzato, è un indice basato sulla
rilevazione di alcune condizioni funzionali di particolare impegno assistenziale,
così da definire la corretta “pesatura” delle risorse professionali ed
economiche a parità di livello di bisogno e la necessaria flessibilità delle
risposte in rapporto all’evoluzione del bisogno stesso. Questo indice offre la
possibilità di introdurre un “fattore correttivo” ai diversi profili di assistenza e
di riconoscere il carico assistenziale aggiuntivo anche in termini economici.
In questo modo dalla valutazione multidimensionale del bisogno vengono
determinati:
23 il presente studio non ha come obiettivo quello di entrare nel merito degli aspetti tecnici e
clinici della valutazione e specificatamente, nel caso della Regione Lombardia, della Vaor. Per
un approfondimento si rimanda alla documentazione specifica prodotta sia a livello aziendale
che regionale sul tema.
100
•
•
•
il livello di gravità della persona ed il relativo profilo corrispondenti
all’impegno assistenziale ed il numero degli accessi in caso di ADI
prestazionale;
la durata dell’intervento ;
il valore economico complessivo del voucher sociosanitario.
Sulla base dei livelli di gravità determinati dalla valutazione del bisogno (che
contemplano anche i fattori correttivi) è possibile identificare i relativi profili
assistenziali, corrispondenti all’impegno assistenziale oltre che alla complessità
dell’intervento richiesto, e la relativa tariffa.
In riferimento a quanto previsto dal D.P.C.M. del 14/02/2001, i livelli di
assistenza vengono stabiliti tenendo conto dei seguenti parametri:
• la natura del bisogno che, mediante la valutazione dei bisogni inerenti
l’area sociosanitaria, funzionale, cognitiva, affettiva nonché l’area
sociale/ambientale, caratterizza l’ambito di bisogno prevalente;
• la complessità dell’intervento caratterizzata dalla composizione dei
fattori produttivi impiegati (mix di risorse professionali) e dalla loro
articolazione, con particolare riferimento alla tipologia delle
prestazioni;
• l’intensità assistenziale stabilita in base alle fasi temporali (intensiva,
estensiva e di lungoassistenza) che caratterizzano il piano assistenziale
e la frequenza degli interventi previsti;
• la durata in relazione alle fasi temporali intensiva (durata breve e
definita).
La definizione dei profili si basa su un indice di intensità assistenziale,
calcolato come Giornata Effettiva di Assistenza (GEA)/giornate di presa in
carico. L’Intensità assistenziale è costruita sulla base di un modello teorico che
correla il livello di gravità e il profilo assistenziale; ad ogni dominio del
modello di valutazione del bisogno è attribuito un indice di intensità
assistenziale teorico, valutato sulla base dei GEA settimanali previsti per
rispondere al bisogno. La combinazione dei GEA teorici totali (nella
definizione della proposta dei GEA teorici, sono stati compresi interventi di
aiuto infermieristico o tutelare finalizzati al buon esito dell'intervento
sociosanitario), necessari per soddisfare il bisogno della persona, genera il
profilo assistenziale da erogare. Dalla stessa valutazione, mediante la matrice
dei GEA teorici, è possibile calcolare i GEA teorici per ogni dimensione di
valutazione. Successivamente, combinando i GEA per ogni item di
valutazione, si calcola il numero di GEA totale richiesto dalla valutazione
dell’utente e, conseguentemente, l’intensità assistenziale ed il profilo di
assistenza dell’utente. I profili così elaborati contemplano due profili
prestazionali e quattro profili assistenziali. Tali profili intendono dare una
101
risposta prestazionale, professionalmente qualificata, continuativa o
occasionale, ad un bisogno puntuale di tipo sociosanitario che presuppone la
valutazione multidimensionale, la presa in carico della persona e la definizione
di un piano di assistenza individuale semplificato. I profili assistenziali si
distinguono in sei tipologie in funzione della diversa intensità assistenziale così
come illustrato dalla tabella seguente.
Tabella 27: I profili assistenziali
Fonte: DGR 3851/2012
Facendo riferimento al modello di valutazione proposto, è ipotizzabile
l’identificazione di 4 livelli di gravità del bisogno:
• Livello 1 - Il primo livello di bisogno prevede una compromissione
funzionale lieve, con un sufficiente livello di autonomia nelle ADL. La
persona non presenta significative riduzioni della capacità funzionale
complessiva, è in grado mediamente di svolgere la propria attività
quotidiana/lavorativa anche con l’aiuto di ausili. La complessità assistenziale è
bassa, gli interventi richiesti spesso sono mono/biprofessionali e mirati a
specifiche problematiche (es: infermieristiche e/o riabilitative e assistenziali).
Sono presenti anche bisogni correlati alla “fragilità sociale”. Già a questo
livello risulta di fondamentale importanza la presa in carico territoriale, a
102
garanzia della continuità assistenziale in tutte le sue componenti. Gli interventi
programmabili presentano una forte componente sociale ed in caso di persone
con disabilità, in particolare nell’età pediatrica, risulta determinante anche
l’intervento educativo, reso alla famiglia in supporto alle abituali attività
assistenziali.
• Livello 2 – Il secondo livello di bisogno prevede una fase caratterizzata da
un andamento instabile, nel quale si alternano fasi di peggioramento a fasi di
miglioramento con possibilità di ripristino, anche se non ottimale, di alcune
funzioni a seguito di terapie farmacologiche e/o interventi riabilitativi
intensivi. Possono essere presenti anche situazioni temporanee di non
autosufficienza. La compromissione complessiva appare di grado moderato e
principalmente a carico di funzioni quali la mobilità, la cura del sé, la
nutrizione, il tono dell’umore e in misura variabile la respirazione. Tali
compromissioni necessitano di controlli specialistici per il monitoraggio
dell’evoluzione clinica e di eventuali interventi correlati alle complicanze delle
malattie intercorrenti. La tenuta delle reti familiari è una variabile decisiva nella
progettazione dei percorsi successivi alla dimissione dalla fase ospedaliera e
nella tenuta a livello domiciliare. La complessità assistenziale è medio-bassa
ma soggetta a possibili variazioni. Spesso questo livello si caratterizza per la
necessità di interventi mirati, sanitari e tutelari, finalizzati anche
all’addestramento del caregiver nella gestione delle problematiche emergenti.
• Livello 3 – Il terzo livello di bisogno si caratterizza per il consolidamento
della gravità del quadro di compromissione globale (dipendenza totale) con
l’interessamento di più aree. L’aggravamento del deficit a carico della
componente motoria condiziona pesantemente lo svolgimento in autonomia
delle attività di base e strumentali e richiede la necessità del ricorso ad ausili
personalizzati. La compromissione delle principali funzioni sensoriali,
unitamente alla deflessione reattiva del tono dell’umore e la presenza di deficit
della cognitività, comportano una riduzione della vita di relazione e dei
rapporti sociali; nelle fasce di età più giovani tutto questo può comportare una
riduzione della capacità lavorativa con interruzione per lunghi periodi
dell’attività professionale. Il bisogno sociosanitario è correlato all’instabilità
clinica su un quadro cronico evolutivo/progressivo. Molto spesso si rendono
necessari ricoveri ospedalieri per la gestione delle complicanze legate
all’evolversi della malattia o al riacutizzarsi della malattia cronica. La tenuta
delle reti familiari è una variabile decisiva nella progettazione dei percorsi
assistenziali e nella scelta del setting assistenziale più appropriato. La
complessità assistenziale è medio-alta ma con problematiche prevalenti a
carico della componente tutelare/assistenziale, molto spesso con la necessità
di una copertura continua nelle 24 ore, per la gran parte svolta dal caregiver.
103
• Livello 4 - Il quarto livello di bisogno può presentare un quadro di
gravissima compromissione funzionale e di totale dipendenza nelle attività
quotidiane, anche con problematiche di tipo sociosanitario che richiedono
frequenti e costanti interventi medico-specialistici ed infermieristici. Possono
essere ricompresi in questo livello le situazioni legate allo stato di terminalità
oncologica e non oncologica ad elevata complessità assistenziale: la comparsa
in talune situazioni di grave insufficienza respiratoria che rende inevitabile la
dipendenza dal ventilatore, la presenza della nutrizione artificiale, il totale
allettamento, la necessità di effettuare manovre, per quanto palliative, di
particolare impegno (es: paracentesi, toracentesi, ecc.); esse rappresentano solo
alcune delle condizioni che caratterizzano questo livello assistenziale.
L’assistenza si connota per la complessità dell’intervento, che richiede
competenze specifiche nella gestione delle problematiche sociosanitarie e una
tenuta forte delle reti familiari e del caregiver nella progettazione dei percorsi
assistenziali e nella scelta del setting assistenziale più appropriato.
La tariffa associata a ciascuno dei quattro profili assistenziali, ad eccezione di
quelli prestazionali, ha come periodo di riferimento standard quello mensile.
Nel caso di durata pari a frazione di mese, il valore del voucher corrisponde al
valore mensile del profilo moltiplicato per la durata del PAI, rapportata su
base mensile (es. per PAI di durata pari a 20 giorni, la durata su base mensile è
pari a 20/30=0,67, quindi nel caso di un voucher di profilo 1, di € 360, il
valore del voucher da riconoscere è di € 360 x 0,67 = € 241,20).
Il valore del voucher prestazionale è determinato dal prodotto del numero di
accessi per la tariffa correlata al relativo profilo; analogamente si calcola il
voucher prelievi, che è il risultato del prodotto del numero di accessi per
prelievi per la tariffa prestazionale corrispondente. I voucher prestazionali
sono liquidati "a conclusione PAI" gli altri sono retribuiti ad acconto e a saldo.
I controlli ai fini della liquidazione sono i seguenti:
• devono essere stati effettuati tutti gli accessi previsti dal PAI;
• devono essere state eseguite tutte le prestazioni previste dal PAI;
• i profili professionali che hanno erogato le prestazioni devono essere
coerenti con quanto previsto nel PAI.
In caso di incoerenza tra quanto previsto dal PAI e quanto effettuato dall’Ente
Erogatore occorre tempestivamente segnalare all’ASL la motivazione della
variazione.
In caso di sospensione dell’assistenza ad esempio, nell’evenienza più comune,
per ricovero ospedaliero, viene riconosciuto, al termine del mese, un valore
economico corrispondente all’effettivo periodo di erogazione delle
prestazioni. Parimenti, in caso di chiusura anticipata dell’assistenza o in caso di
decesso, viene riconosciuto un valore economico corrispondente all’effettivo
periodo di erogazione delle prestazioni.
104
I servizi sociosanitari offerti nell’ASL di Lodi
L’ASL di Lodi presenta un’offerta suddivisa in sanitaria, sociosanitaria e
sociale rappresentata dalla seguente tabella.
Figura 5: La filiera di offerta dell’ASL di Lodi
Legenda:
Fonte: Piano di programmazione e coordinamento dei servizi socio sanitari 2015 e fonti della Direzione Sociale
105
In tema di servizi residenziali presso RSA, l’ASL di Lodi si caratterizza per una
lista d’attesa (dati 2015) di circa 885 persone di cui 246 Maschi e 639 Femmine
(fonte: direzione sociale ASL Lodi). Nello specifico è importante evidenziare
come quest’ultima venga gestita. La RSA acquisisce attraverso il sistema di
gestione unificata l’elenco completo degli utenti che hanno espresso la
preferenza/scelta verso una determinata struttura; tale elenco determina una
lista di attesa che non costituisce graduatoria, ma un semplice elenco di
soggetti che hanno presentato domanda di ingresso. Questo, con espresso
riferimento alla DGRL 7/7435 del 14.12.2001, riserva alle RSA l’onere e la
titolarità della determinazione degli accessi. Per il posto reso vacante la RSA si
impegna ad effettuare le chiamate di ingresso dalla suddetta lista di attesa. In
aderenza alla DGRL 7/7435 del 2001, gli ingressi vengono determinati
autonomamente da ciascuna RSA in base alla compatibilità ambientale ed alle
condizioni socio-psico-sanitarie degli anziani richiedenti, valutati secondo la
scala SOSIA24 (globalità delle necessità assistenziali), come segue:
• compatibilità del soggetto richiedente, specie in ordine alla sussistenza
di patologie psichiatriche e/o comportamentali, con il resto degli
ospiti del nucleo di degenza,
• rispetto del carico socio-assistenziale del nucleo di degenza, definito
con valutazione sanitaria SOSIA, al fine di garantire una costante e
corretta erogazione delle prestazioni assistenziali e sanitarie.
In merito ai dati di attività l’ASL di Lodi si caratterizza per 1680 persone
ricoverate nel 2013 ed una rete di offerta per strutture residenziali pari a 6,2
posti letto per 1.000 abitanti ultra 75 (1351 p.l. e 21961 cittadini residenti ultra
75). Le giornate erogate a carico del FSR sono 14.160 con un tasso di
saturazione del 95%.
L’età media all’entrata in RSA è di 85 anni e l’età media dei pazienti ospitati è
di 87 anni con il 46% degli ospiti ultra 90enne.
Il tasso di copertura è del 24% nel distretto di Sant’Angelo lodigiano, del 13%
al distretto di Lodi (ora identificati come Distretto dell’Alto lodigiano) e 32%
nel distretto di Casalpusterlengo, ora rappresentato dal distretto del Basso
lodigiano. La media aziendale del tasso di copertura è del 23% (fonte: ASL
Lodi).
In merito ai CDI, l'età media all'ingresso è di 82 anni, mentre l'età media dei
frequentanti è di 83. Si tratta di un'utenza con disturbi importanti soprattutto
della sfera cognitiva, impegnativi dal punto di vista dell'assistenza in quanto
Il sistema SOSIA è un sistema che valuta tre dimensioni: mobilità, cognitività e comorbilità.
Esso classifica i pazienti eligibili in RSA in 8 categorie dove la prima è la più grave e l’ottava la
meno grave. A queste categorie corrispondono differenti quote sanitarie pagate dalla ASL: classi
1 e 2, 49 euro a giornata; classi 3-4-5-6, 39 euro a giornata; classi 7 e 8, 29 euro a giornata. I
pazienti con Alzheimer 52 euro a giornata mentre gli stati vegetativi 135 euro o 180 euro a
seconda se siano in nucleo o meno (fonte: ASL Lodi).
24
106
richiedono standard organizzativo-gestionali elevati, peraltro rilevati in ambito
di Vigilanza.
Nello specifico un CDI è aperto 7 giorni su 7, 3 CDI lo sono 6 su 7 e uno
soltanto è aperto dal lunedì al venerdì (è l'unico non inserito all'interno di una
RSA). Nel 2013 si è consolidata da parte dei gestori la flessibilità dell'offerta in
termine di ampliamento degli orari e delle giornate di apertura. La scelta è stata
assunta per rispondere al meglio ai bisogni delle famiglie, soprattutto durante il
fine settimana, nonostante rappresenti per i gestori un impegno dal punto di
vista gestionale ed economico, tenuto conto del numero ristretto di utenti che
fruiscono di tale servizio al sabato e alla domenica. I CDI del territorio hanno
da tempo articolato i propri interventi in funzione del
recupero/mantenimento delle capacità cognitive attraverso interventi di ROT
Therapy, Comunicazione Aumentativa, ecc. I CDI concorrono alla
realizzazione dell'azione innovativa attivata a livello territoriale ai sensi delle
DGR 37 e 63/2013, denominata "RSA diurna e CDI di prossimità".
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Il primo contatto avviene mediante richiesta da parte dell’utente o di un suo
familiare e, come da delibera n. 2942 del 19 dicembre 2014 e valida per i
servizi erogati nel 2015, la persona che intenda accedere ad una delle misure
previste deve prenotare un appuntamento per la valutazione
multidimensionale del bisogno presso la ASL - Dipartimento ASSI/distretto
più vicino alla propria residenza.
La ASL, una volta effettuata la valutazione dei bisogni della persona ed entro
10 giorni lavorativi, consegna all’utente l’esito della valutazione, anche nel caso
in cui la misura richiesta non fosse adeguata, e lo indirizza verso gli interventi
più appropriati per la sua situazione.
In caso di accoglimento della richiesta, l’Azienda Sanitaria Locale predispone il
Progetto individuale che deve contenere:
• l’indicazione della misura per la quale viene attivato il progetto (si
veda la filiera presentata ad inizio capitolo);
• gli obiettivi e le prestazioni/interventi più adeguati a rispondere al
bisogno;
• il valore del voucher commisurato al bisogno;
• la durata ipotizzata del progetto;
• l’elenco dei Soggetti erogatori cui rivolgersi per avviare gli interventi.
107
Selezione dell’utenza e primo accesso
Di seguito viene presentato il percorso di accesso e la selezione dell’utenza
relativamente ai servizi domiciliari.
Figura 6: Diagramma di flusso del processo di valutazione del bisogno
Font: Decreto dirigenziale 6032/2012
È importante evidenziare come nel sistema lombardo, a fronte di un’analisi dei
bisogni espressi effettuata dall’ASL, vi sia una piena autonomia del cittadino e
dei suoi familiari nel scegliere la struttura erogatrice o ente gestore del servizio.
Per quanto riguarda l’assistenza domiciliare, l’ASL di Lodi è passata negli
ultimi 6 anni da 3 a 20 erogatori differenti25. Per il ricovero in RSA invece è
necessario presentare direttamente domanda di ingresso presso una qualunque
delle 16 RSA dell’ASL; nella domanda di ingresso è possibile indicare tutte le
RSA lodigiane verso le quali si intende esprimere la preferenza/scelta di
ricovero. E’ quindi importante evidenziare come, alla luce della DGRL 7/7435
del 14.12.2001, la lista di attesa non costituisca graduatoria, ma un elenco di
soggetti che hanno presentato domanda di ingresso, mentre l’onere e la
titolarità della determinazione degli inserimenti è riservato alle RSA.
Conclusioni
25http://www.lombardiasociale.it/2015/07/13/lo-stato-dellofferta-di-servizi-domiciliari-e-a-
ciclo-diurno-in-lombardia/ (ultimo accesso 24 luglio 2015)
108
Il sistema analizzato e ben implementato dall’ASL della Provincia di Lodi
presenta le specificità del modello adottato dalla Regione Lombardia, con una
separazione tra la funzione di programmazione e valutazione e quella di
erogazione del servizio, affidata ad Enti Gestori che hanno la responsabilità
della lista d’attesa e dell’inserimento degli utenti all’interno dei servizi.
Il ruolo dell’ASL rimane centrale, grazie anche alla BDA, la Banca Dati
Assistiti, che permette di conoscere i consumi della popolazione residente e
quindi di intercettare potenzialmente le fragilità presenti nella popolazione
anziana.
Il non controllo reale sulla lista non necessariamente costituisce un punto di
debolezza del sistema, in quanto garantisce il diritto alla libera scelta dell’Ente
gestore. Il controllo ex post sull’appropriatezza dei criteri di eleggibilità degli
utenti da parte delle RSA potrebbe essere oggetto di dibattito in quanto non
sempre viene garantita l’efficacia della verifica se non, ovviamente, su standard
e procedure.
109
2.5 AUSL di Piacenza26
Il contesto aziendale
L'Azienda Usl di Piacenza si è costituita l'1 luglio del 1994 dalla fusione di tre
Unità Sanitarie Locali ed estende la sua competenza su tutto il territorio della
Provincia di Piacenza. L’Azienda Sanitaria ha una popolazione di riferimento
di 288.013 unità (dato 2014) e si compone di tre distretti: Levante, Ponente e
Città di Piacenza, per un totale di 49 Comuni.
Tabella 28: Popolazione di riferimento AUSL di Piacenza
Popolazione al 1/1/2014
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
Provincia di
Piacenza
288.013
32.875
38.173
71.048
11,4%
13,3%
24,7%
13.144
Fonte: Istat 2014
In tema di gestione dei servizi per anziani, il sistema Emiliano Romagnolo
prevede che l’AUSL svolga il ruolo di (co)committente e pagatore
relativamente al fondo regionale per la non autosufficienza (FRNA), che viene
Pur nella responsabilità esclusiva di quanto scritto da parte degli autori, si vuole ringraziare
per il prezioso contributo la dott.ssa Costanza Ceda, Direttore Sociale Ausl di Piacenza;; la
dott.ssa Maria Gamberini, già direttore sociale della AUSL di Piacenza e attualmente Direttore
Amministrativo; il dott. Stefano Cugini, Assessore al Welfare della Città di Piacenza e il dott.
Luigi Squeri, responsabile direzione operativa servizi alla persona e al cittadino del Comune di
Piacenza.
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’AUSL di Piacenza (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana
(over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo
utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea,
Milano.
26
110
prima definito a livello regionale e poi attribuito alle varie Aziende. A loro
volta le AUSL ripartiscono il fondo a livello distrettuale come da indicazioni
della Conferenza territoriale sociale e sanitaria provinciale.
Ai fini dell’analisi, sia per completezza che per omogeneità dei dati, ma anche
per una consolidata committenza congiunta con Ente Locale ed Ente Gestore
del servizio, il Caso di Piacenza si concentra sul distretto cittadino coincidente
con la Città di Piacenza (102.269 abitanti, 25.464 ultra 65enni con una stima di
4.711 non autosufficienti; dati 201427).
La quota del FRNA per il Distretto di Piacenza, oggetto del caso, è di circa 11
milioni di euro, mentre la spesa per i servizi per la non autosufficienza
ammonta invece a 32 milioni di euro così ripartiti (fonte: bilancio sociale 201214 Comune di Piacenza):
• 20% fondo sanitario
• 40% fondi regionali e nazionali
• 24% contribuzioni degli utenti
• 16% risorse comunali
La normativa regionale: i servizi LTC offerti
La rete per servizi agli anziani può essere rappresentata dalla seguente figura,
che presenta la filiera complessiva.
27 Fonte bilancio sociale 2012-14 Comune di Piacenza
111
Tabella 29: I servizi sociali e sociosanitari in Regione Emilia Romagna
ANZIANI
Settore di
appartenenza
Riferimenti
normativi
Descrizione
generale
Tipo di offerta
Obiettivo/finalità
Comunità
Alloggio
Casa di Riposo,
Casa Albergo,
Albergo per
Anziani
Casa Residenza per
Anziani Non
Autosufficienti (ex
RSA, Casa Protetta)
Centro Diurno per
Anziani/Centro
Diurno Assistenziale
Accoglienza
temporanea di
sollievo
Assistenza Domiciliare
Integrata
Sociale
Sociale
Sociosanitario
Sociosanitario
Sociosanitario
Sociosanitario
DGR 564/2000
al punto 1.2
DGR 564/2000 al DGR 564/2000 al punto
punto 1.3
1.4
DGR 564/2000 al
punto 1.1
DGR 1206/2007
DGR 124/1999, PIANO
allegato 2
SANITARIO 1999-2001
Ricoveri a carattere
Assistenza integrata che
Strutture residenziali
temporaneo in Case
prevede prestazioni sanitarie
Struttura socioStruttura socio(accoglienza temporanea
Residenza per Anziani
e/o un sostegno di tipo
assistenziale
assistenziale
o permanente), fornisce
o Centri Diurni con
socio-assitenziale. Si basa
residenziale
residenziale NON ospitalità ed assistenza,
parzialmente
Struttura
attività di riattivazione,
sull'integrazione di figure
autogestita per
offre occasioni di vita
autogestita per
semiresidenziale che
vigilanza sanitaria o di
professionali sanitarie e/o
anziani che
comunitaria e
anziani che
fornisce assistenza
recupero dell´anziano
sociali (medici di famiglia,
necessitano di vita
disponibilità di servizi
necessitano di
infermieristica e nello
dopo il ricovero
infermieri, medici specialisti,
comunitaria, con
per l'aiuto nelle attività
vita comunitaria,
svolgimento delle
ospedaliero per il
fisioterapisti, assistenti sociali,
attività
quotidiane, offre stimoli
con attività
normali azioni
mantenimento delle
assistenti di base e con
aggregative e
e possibilità di attività
aggregative e
quotidiane + attività
abilità funzionali.
l'ausilio di volontari) e
ricreativooccupazionali e
ricreativoricreative, aggregativo- Assicura prestazioni
prevede tre livelli di intensità
culturali, ma
ricreativo-culturali, di
culturali, ma
culturali e di
assistenziali e sanitarie delle cure fornite in relazione
anche assistenza
mantenimento e
anche assistenza
mobilizzazione
di elevata intensità in
ai bisogni assistenziali del
infermieristica e
riattivazione. Garantisce
infermieristica e
base alle esigenze
singolo paziente per il quale è
personale per
assistenza medica,
personale per
individuate dal PAI.
elaborato un piano
emergenze
infermieristica e
emergenze
Affianca l'assistenza
personalizzato e individuato
trattamenti riabilitativi
domiciliare
un responsabile del caso
Ricovero
Ricovero
Ricovero
Diurno
Ricovero
Prestazione a domicilio
Fornire
Fornire ospitalità
Offrire un sostegno ed Assicurare assistenza
Prevenire ulteriori
ospitalità ed
ed assistenza,
un aiuto all'anziano e personale in situazioni
Mantenere a domicilio le
perdite di autonomia,
assistenza
occasioni di vita
alla sua famiglia,
di emergenza dovute a persone non autosufficienti,
mantenere le capacità
creando le
comunitaria e
potenziare, mantenere mancanza improvvisa
favorendo il recupero delle
fisiche, mentali, affettive
condizioni per
disponibilità di
e/o compensare
del caregiver, garantire capacità residue di autonomia
e relazionali della
una vita
servizi per l'aiuto
l'autonomia,
un periodo di sollievo
e relazione.
persona ospitata
comunitaria,
nelle attività
dell'identità,
per coloro che
112
Destinatari
parzialmente
autogestita,
stimolando
atteggiamenti
solidaristici e di
auto-aiuto, con
l'appoggio dei
servizi
territoriali.
quotidiane,
stimoli e
possibilità di
attività
occupazionali e
ricreativoculturali, di
mantenimento e
riattivazione.
Anziani non
autosufficienti di
grado lieve
Anziani non
autosufficienti di
grado lieve
dell'orientamento
spaziotemporale, della
relazione
interpersonale e della
socializzazione;
garantire tutela
sociosanitaria
Anziani non
autosufficienti di grado
medio o elevato che non
possono restare nella
propria abitazione
Anziani con diversi
gradi di non
autosufficienza
assistono persone non
autosufficienti
programmabile sulla
base delle esigenze
dell’anziano e del
caregiver stesso
evitando un ricovero
definitivo, assicurare
l’accompagnamento
nella ridefinizione
delle capacità di cura
del caregiver
principale a seguito di
una modifica
dell’equilibrio
assistenziale
conseguente alle
mutate condizioni
dell’anziano.
Anziani non
autosufficienti assistiti
in famiglie che si
fanno carico
dell´assistenza, o
anziani in situazioni di
emergenza e di
bisogno sociosanitario
in attesa della
predisposizione di un
più appropriato
programma
assistenziale.
Persone non autosufficienti
Fonte: Elaborazione su DD.GG.RR
113
Nello specifico i servizi per autosufficienti possono essere così ulteriormente
descritti:
• Comunità alloggio: Struttura socio-assistenziale residenziale
parzialmente autogestita per anziani che necessitino di vita comunitaria,
con attività aggregative e ricreativo-culturali, ma anche assistenza
infermieristica e personale per emergenze.
• Casa albergo/Casa di riposo: Struttura socio-assistenziale residenziale
non autogestita per anziani che necessitino di vita comunitaria, con
attività aggregative e ricreativo-culturali, ma anche assistenza
infermieristica e personale per emergenze.
Con la DGR 514 del 2009 ed in parte la DGR 715 del 2015, i servizi per gli
anziani non autosufficienti sono stati sottoposti alla normativa per
l’accreditamento28 dei servizi sociali e sociosanitari. Già previsto dalla legge
regionale 2 del 2003, l’accreditamento è un processo amministrativo volto a
garantire in tutto il territorio regionale livelli omogenei di qualità
dell’assistenza e dei servizi sociosanitari, a partire dalla valorizzazione e
implementazione delle strutture di accoglienza, delle tecnologie messe a
disposizione, delle competenze dei professionisti. Con l’accreditamento si
introduce un sistema omogeneo di tariffazione su base regionale, sia per la
parte derivata dai Fondi Regionali per la Non Autosufficienza (FRNA), sia per
la parte direttamente richiesta come compartecipazione alle famiglie
(prevalentemente compartecipazione alla retta).
Attualmente il processo di accreditamento, in corso dal 2010, sta
attraversando il passaggio da transitorio a definitivo, con il quale si
dovrebbero definire tutte le gestioni direttamente accreditate, superando le
gestioni miste; si definisce quindi una scelta di gestione unitaria, accreditando
il gestore pubblico, prevalentemente ASP29 o ASC, che opererà unicamente
con propri dipendenti pubblici, o accreditando il gestore privato.
Con l’avvio del processo di accreditamento sono state individuate le tipologie
di servizi interessate dall’applicazione del regime dell’accreditamento
(unicamente i servizi rivolti ad anziani e disabili) e sono stati disciplinati i
Lo strumento dell’accreditamento non è riconducibile allo schema dell’appalto di servizi e
consiste invece in un provvedimento amministrativo discrezionale che l’Amministrazione
competente adotta al termine di un procedimento valutativo da effettuarsi in coerenza con le
decisioni adottate in sede di programmazione e alle logiche ed ai requisiti di qualità dei servizi
erogati L’accreditamento è infatti finalizzato ad individuare i servizi e le strutture necessari per la
copertura del fabbisogno espresso nella programmazione territoriale e consente, a seguito
dell’espletamento di procedure nelle quali dovranno essere dimostrati da parte dei soggetti
gestori i requisiti di qualità nella conduzione e nell’erogazione del servizio, l’instaurazione dei
rapporti di servizio pubblico tra i soggetti titolari della committenza dei servizi sociosanitari ed i
soggetti gestori/erogatori di tali servizi, le cui relazioni vengono disciplinate attraverso un
apposito contratto di servizio.
29 ASP, Azienda pubblica di Servizi alla Persona; ASC, Azienda Speciale Consortile.
28
114
compiti istituzionali spettanti al soggetto competente alla concessione
dell’accreditamento ed all’organismo tecnico di ambito provinciale (OTAP), al quale
spetta la funzione tecnica di verifica dei requisiti di qualità.
Tra i servizi per anziani non autosufficienti, in regione Emilia Romagna
devono essere accreditati tutti i servizi di:
• assistenza domiciliare
• casa-residenza per anziani non autosufficienti (che ricomprende le
tipologie casa protetta e RSA)
• centro diurno assistenziale per anziani
L’assistenza domiciliare si rivolge a persone non autosufficienti,
parzialmente non autosufficienti o a rischio di non autosufficienza. Prevede
interventi di supporto anche ai familiari, in collaborazione con le assistenti
familiari se presenti. In particolare, garantisce l’erogazione di servizi flessibili e
con la partecipazione di professionisti e discipline diverse, in base al
programma assistenziale individuale elaborato dai Servizi territoriali
competenti:
a. Presa in carico tramite supervisione, consulenza e affiancamento, delle
persone assistite a domicilio direttamente da familiari e con l’aiuto di
assistenti familiari garantendo anche la funzione di tutoring sia per i
familiari che per le assistenti familiari;
b. Presa in carico complessiva e svolgimento delle prestazioni di
carattere socio-assistenziale e socio-educativo previste nel piano
individualizzato di assistenza tra quelle relative a: cura personale,
supporto sociale nella vita quotidiana, mantenimento della propria
indipendenza e nelle proprie relazioni, promozione della
partecipazione ad attività sociali, supporto educativo, emotivo e
psicologico, compresa la mediazione nelle relazioni interpersonali,
interventi educativi finalizzati all’acquisizione e/o al mantenimento
delle abilità personali e sociali, eventuale supporto nella gestione
pratica della vita quotidiana.
c. Piena integrazione con gli interventi e le prestazioni di carattere
sanitario (medico, infermieristico e riabilitativo) di competenza del
Dipartimento di cure primarie dell’Azienda Usl.
I requisiti da assicurare nel regime di accreditamento transitorio sono
definiti nell'allegato b della citata delibera 514/2009 (che sostituisce,
relativamente alla qualificazione del personale, quanto indicato nella
precedente delibera della Giunta regionale 1206/2007)
Le indicazioni relative alle tariffe per il regime di accreditamento transitorio
sono contenute nella delibera di Giunta regionale 2110/2009. I requisiti che
devono essere garantiti per l’accreditamento definitivo del servizio di
assistenza domiciliare sociosanitaria sono descritti nell’allegato D della delibera
di Giunta 514/2009.
115
Il centro diurno è un servizio sociosanitario a carattere diurno destinato a
persone anziane con diverso grado di non autosufficienza. Esso ha tra le
proprie finalità: garantire un sostegno e un aiuto all'anziano e alla sua famiglia,
il potenziamento, mantenimento e/o compensazione di competenze della
persona anziana relative alla sfera dell'autonomia, dell'identità,
dell'orientamento spazio-temporale, della relazione interpersonale e della
socializzazione e assicurare la tutela sociosanitaria. I requisiti di
autorizzazione al funzionamento sono definiti al punto 1.1 della delibera di
Giunta 564/2000. I requisiti per l'accreditamento transitorio sono indicati
nella delibera di Giunta regionale 1378/1999 e successive modificazioni e
integrazioni (in particolare, delibere 183/2003 e 159/2009); essi prevedono la
valutazione semestrale degli ospiti sulla base della determinazione del direttore
generale sanità e politiche sociali dell’11 agosto 1999, n. 7108.
Le indicazioni relative alle tariffe per il regime di accreditamento transitorio
sono contenute nella delibera di Giunta 2110/2009. I requisiti garantiti
nell'accreditamento definitivo sono descritti al punto D.2.2 dell'allegato D
della Delibera di Giunta 514/2009, successivamente modificati ed integrati
dalla 715/2015 a partire dal 1 luglio 2015.
La casa-residenza per anziani, che ingloba la ex Casa Protetta/RSA, è un
servizio sociosanitario residenziale destinato ad accogliere, temporaneamente
o permanentemente, anziani non autosufficienti di grado medio ed elevato,
che non necessitano di specifiche prestazioni ospedaliere.
La casa-residenza fornisce ospitalità ed assistenza, offre occasioni di vita
comunitaria e disponibilità di servizi per l'aiuto nelle attività quotidiane, offre
stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativo-culturali, di
mantenimento e riattivazione. Garantisce assistenza medica, infermieristica e
trattamenti riabilitativi per il mantenimento ed il miglioramento dello stato di
salute e di benessere della persona anziana ospitata.
I requisiti di autorizzazione al funzionamento sono indicati al Punto 1.4
della delibera di Giunta regionale 564/2000. Per l'accreditamento
transitorio devono essere garantiti i requisiti indicati nella delibera di Giunta
regionale 1378/1979 e successive modificazioni ed integrazioni e si prevede la
valutazione semestrale degli ospiti sulla base della determinazione del direttore
generale sanità e politiche sociali dell’11 agosto 1999, n. 7108. Le indicazioni
relative alle tariffe per il regime di accreditamento transitorio sono
contenute nella delibera di Giunta 2110/2009. I requisiti che saranno da
garantire nell'accreditamento definitivo sono descritti al punto D.2.3
dell'Allegato D della delibera di Giunta regionale 514/2009, come poi
modificati dalla 715 del 2015 in vigore dal 1 Luglio del 2015. I dati,
relativamente ai servizi residenziali e semiresidenziali, forniti dalla Banca dati
FAR (flusso assistenza residenziale e semiresidenziale per anziani) del 2012,
evidenziano per la Regione Emilia Romagna una certa eterogeneità a livello
116
interaziendale sia in termini di volume che di case mix, come di seguito
riportato.
Tabella 30: Dati Assistenza residenziale Regione Emilia Romagna
Fonte: FAR 2012
Tabella 31: Tasso specifico per età assistenza residenziale Regione Emilia Romagna
Fonte: FAR 2012
117
Tabella 32: Tipologia di accoglienza in Assistenza residenziale Regione Emilia Romagna
Fonte: FAR 2012
Tabella 33: Degenza media in strutture residenziali
Fonte: FAR 2012
Anche la degenza media risulta essere particolarmente eterogenea con un
massimo di 40,26 mesi in un contesto e di un minimo di 23,08 mesi in un
altro.
118
Tabella 34: Motivazione richiesta d’ammissione in strutture residenziali
Fonte: FAR 2012
In merito alla motivazione della richiesta d’ammissione in strutture
residenziali, domina in tutti i contesti regionali la perdita di autonomia legata
ad un decorso degenerativo, anche se vi sono casi in cui il 38,69% della
motivazione è legata alla stabilizzazione dello stato clinico (post acuzie) ed altri
in cui il 30,27% è dovuto ad una motivazione sociale.
Tabella 35: Provenienza degli ospiti in strutture residenziali
Fonte: FAR 2012
Interessante evidenziare come la provenienza degli ospiti in strutture
residenziali sia prevalentemente l’abitazione con punte del 61,77% ed un
minimo del 24,94%; ridotta è la provenienza dall’ospedale che non supera un
massimo del 17,59% con un minimo del 4,26%.
119
Tabella 36: Consumi sanitari degli anziani in regime di ricovero: i primi 15 DRG
Fonte: FAR 2012
L’analisi dei consumi sanitari degli anziani in regime di ricovero evidenzia una
prevalenza di condizioni di salute tipiche del paziente cronico, polipatologico
e legate al sistema respiratorio.
Tabella 37: Tipologia di dimissione da struttura residenziale Regione Emilia Romagna
Fonte: FAR 2012
La dimissione dalla struttura residenziale è prevalentemente legata al decesso,
con una percentuale minima del 58,97% ed una massima del 86,12%;
marginale è il dato di dimissione al domicilio del paziente.
120
Tabella 38: Dati Assistenza semiresidenziale (centro diurno) Regione Emilia Romagna
Fonte: FAR 2012
La tabella 38 evidenzia i dati relativi ai centri diurni della Regione Emilia
Romagna, con un totale di giornate complessive “prodotte” pari a 867.879.
Tabella 39: Tasso specifico Assistenza semiresidenziale (centro diurno) Regione Emilia
Romagna
Fonte: FAR 2012
121
Tabella 40: Permanenza media Assistenza semiresidenziale (centro diurno) Regione
Emilia Romagna
Fonte: FAR 2012
La permanenza media è intorno all’anno, con un massimo di oltre 15 mesi ed
un minimo di 10 mesi.
I servizi sociosanitari offerti nell’AUSL di Piacenza
Nel Distretto città di Piacenza, la filiera di offerta per gli anziani non
autosufficienti è cosi strutturata:
• 395 posti CRA (Casa Residenza Anziani) di cui 216 pubblici (ASP,
Azienda Servizi alla Persona) ed i restanti privati accreditati;
• 1.700 giornate di sollievo residenziale30 (5 posti disponibili);
• 55 posti nei centri diurni anziani;
• 91.750 ore servizio assistenza domiciliare per anziani e disabili a cui si
aggiungono oltre 6.500 ore finanziate da INPS attraverso il progetto
Home care premium per un totale complessivo che supera le 98.000
ore.
• 1 Hospice, gestito da una cooperativa no profit31
In aggiunta ai servizi di assistenza domiciliare vi sono 179 anziani sostenuti
con servizi accessori di sostegno alla domiciliarità (pasti, trasporti) e 317
beneficiari di assegni di cura per anziani (infra).
I ricoveri di sollievo consistono in un servizio di ricovero temporaneo a tariffa ridotta, rivolto
a persone anziane residenti nel Comune di Piacenza, certificate non autosufficienti dall’Unità di
Valutazione Multidimensionale. Si offre la possibilità di ricovero temporaneo in una Casa
Residenza per Anziani non autosufficienti al fine di dare sollievo a situazioni di particolare
difficoltà, quali: temporanea assenza della persona che garantisce assistenza all’anziano,
necessità di fornire al familiare un sollievo temporaneo dall’attività di cura. Il ricovero può avere
durata massima di un mese. Il servizio è a tariffa ridotta, i costi sono infatti sostenuti dal Fondo
Regionale per la Non Autosufficienza. La durata massina di un ricovero di sollievo è di 30 gg
eventualmente prorogabile di altri 30gg.
31 Fonte Bilancio sociale Comune di Piacenza 2012-14
30
122
Strutture residenziali
Il tasso di copertura dei posti in strutture residenziali (395) è pari al 2,9% della
popolazione ultrasettantacinquenne ed il costo giornaliero delle strutture
residenziali (CRA) è stato definito dalla DGR 715 del 201532:
Tabella 41: Remunerazione per giornata di accoglienza in Casa Residenza per Anziani
Fonte: DGR 715 del 2015
La lista d’attesa per le 5 (3 private, 2 pubbliche) CRA del distretto di Piacenza
è di circa 6 mesi con circa 300 utenti in lista.
Alla luce dell’esistente lista d’attesa, è stato concordato attraverso un
protocollo d’intesa la disponibilità di altri 25 posti in 3 diverse strutture private
autorizzate con un costo giornaliero di circa 85 euro a carico dell’utente,
calmierato poi grazie ad un contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di
Piacenza e Vigevano pari a 15 euro al giorno. In questo modo il Servizio
Assistenza Anziani (SAA) offre alle persone in lista d’attesa la possibilità di
usufruire di un ulteriore servizio senza che queste perdano il proprio posto
nella graduatoria per l’accesso ai posti accreditati.
Le CRA devono garantire i seguenti standard (sulla base delle DGR 514/2009
e 715/2015):
• operatori sociosanitari nel rapporto definito dal case-mix di struttura,
prevedendo il rapporto minimo di 1 operatore ogni 3,1 anziani
classificati nel gruppo “Soggetti con disabilità di grado moderato”, 1
operatore ogni 2,6 anziani classificati nel gruppo “Soggetti con
disabilità di grado severo” , 1 operatore ogni 2 anziani classificati nel
gruppo “Soggetti con elevato bisogno sanitario e correlato bisogno
assistenziale” e 1 operatore ogni 1,8 ospiti classificati “Soggetti con
grave disturbo comportamentale” o in relazione a bisogni assistenziali
32
•
•
•
•
Sulla base della DGR 1378 del 1999 la classificazione è la seguente:
Gruppo A soggetti con grave disturbo comportamentale
Gruppo B soggetti con elevato bisogno sanitario e correlato elevato bisogno assistenziale
Gruppo C soggetti con disabilità di grado severo
Gruppo D soggetti con disabilità di grado moderato
123
più elevati, per assistenza diurna e notturna, con esclusione delle
funzioni connesse alla pulizia degli spazi;
• un responsabile di nucleo per le attività̀ assistenziali: responsabile delle
attività̀ assistenziali (RAA) o infermiere per i nuclei che ospitano
persone a più alta complessità sanitaria che richiedono maggiore
integrazione sociosanitaria. Nelle strutture con un solo nucleo sino a
25 posti letto il coordinatore responsabile a tempo pieno può svolgere
anche le funzioni di responsabile di nucleo;
• infermieri nel rapporto minimo di 1 ogni 12 anziani da aumentare in
relazione ai bisogni di salute degli ospiti in relazione a quanto previsto
nei PAI e comunque assicurando, nelle strutture che accolgono
anziani non autosufficienti con elevate necessità sociosanitarie, la
presenza infermieristica 24 ore su 24;
• fisioterapista nel rapporto minimo di 1 ogni 60 ospiti, da aumentare
ad 1 ogni 40 in relazione ai bisogni riabilitativi degli ospiti secondo
quanto previsto nei PAI;
• un medico con presenza programmata da un minimo di 5 ore
settimanali a un massimo di 15 ogni 25 anziani in relazione alle
condizioni e necessità̀ sanitarie degli ospiti;
• un responsabile delle attività sanitarie con presenza programmata di 5
ore settimanali ogni 25 ospiti
Nelle strutture da 35 a 75 p.l., il soggetto gestore della CRA assicura l’attività
di un Coordinatore a tempo pieno. Nelle strutture di capacità recettiva
inferiore ai 35 ospiti, il coordinatore deve assicurare almeno 24 ore settimanali;
nelle strutture di capacità ricettiva superiore a 75 posti, l'attività del
coordinatore deve essere proporzionalmente adeguata.
Il soggetto gestore di una CRA deve assicurare la presenza di un animatore
per attività̀ programmate ogni 60 ospiti.
Strutture Semi residenziali
Nell’AUSL di Piacenza si contano 55 posti nei centri diurni (in gran parte
privati accreditati) a cui si aggiungono altri 10 (5+5) posti privati non
accreditati ma con retta calmierata e dedicati in particolare a coloro in lista
d’attesa. Attualmente in lista d’attesa vi sono 40 persone anziane.
La tariffa giornaliera per i centri diurni deriva dalla quota FRNA e dalla quota
utente/comune) come da tabella seguente:
124
Tabella 42: Remunerazione per giornata di accoglienza in Centro Diurno per Anziani
Dei 29,35 euro a carico dell’utente, una quota minima di 7 euro è a carico del
bilancio comunale (Comune di Piacenza), cifra che aumenta (fino appunto a
30 euro) in funzione del livello ISEE del paziente.
In merito al centro diurno il soggetto gestore assicura, su richiesta, la
possibilità̀ di estensione dell’orario di apertura giornaliero (di norma non
inferiore alle 10 ore giornaliere) e l’estensione delle giornate di apertura
settimanali (anche ai festivi).
In tema di standard di servizio (sulla base delle DGR 514/2009 e 715/2015):
• gli operatori socio sanitari devono essere nel rapporto di almeno 1
operatore ogni 8 utenti non autosufficienti di grado moderato e 1
operatore per ogni 5 utenti non autosufficienti di grado severo. La
presenza di OSS deve essere adeguata in base alle esigenze individuali
evidenziate nel PAI, in particolare per le persone con demenza con
gravi disturbi comportamentali. In ogni caso deve essere assicurata la
presenza contemporanea di due OSS, se previsto dal PAI, durante
l’effettuazione di prestazioni quali: mobilizzazione, igiene quotidiana,
bagno, vestizione, aiuto nell’alimentazione;
• un coordinatore del servizio o un responsabile delle attività
assistenziali nel rapporto di almeno 18 ore settimanali ogni 20 utenti,
eventualmente ridotto in modo proporzionale. Se trattasi di servizio
integrato in una casa protetta/ RSA, tale funzione può essere svolta in
modo integrato con la struttura residenziale;
• un infermiere nel rapporto minimo di 3 ore settimanali sino a 14
utenti e 4 ore settimanali per 15 o più utenti, per assicurare la
partecipazione alla definizione dei piani individuali di assistenza e la
valutazione della necessità di interventi infermieristici. Con presenza
programmata per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai
piani individuali di assistenza;
• un fisioterapista per assicurare la consulenza agli OSS e la valutazione
della necessità di interventi di riattivazione e mantenimento nel caso
in cui tale esigenza venga individuata in sede di definizione del PAI.
Inoltre ed in aggiunta la presenza programmata del fisioterapista per il
tempo necessario a garantire quanto previsto dai piani individuali di
assistenza.
125
Assistenza domiciliare
In merito all’assistenza domiciliare nel distretto di Piacenza che, come detto,
coincide con la Città di Piacenza, negli ultimi tre anni sono stati presi in carico
rispettivamente 267 (2012), 245 (2013) e 278 (2014) utenti.
Il monte ore di servizi domiciliari per anziani non autosufficienti è stato di
64.804 (2012), 63.527 (2013) e 62.805 (nel 2014)3334.
La media di ore mensili per anziano nel 2014 è stata quindi pari a 27 con un
tetto massimo di 20 ore settimanali.
La DGR 2110 del 2009 disciplina le tariffe per l’assistenza domiciliare e
precisamente:
Tabelle 43 e 44: Costo e Remunerazione dell’Assistenza Domiciliare con riferimento ad
un’ora di erogazione del servizio
Fonte: DGR 2110 del 2009
In aggiunta ai servizi domiciliari vi è lo strumento dell’assegno di cura. La
Regione Emilia-Romagna, con Delibera di Giunta Regionale n. 1377 /99 e n°
2686/04 (per l'area anziani), ha esplicitato i criteri per l'organizzazione e
l'erogazione degli assegni di cura per anziani e disabili, basati su livelli diversi e
graduati in relazione al bisogno sanitario e socio-assistenziale del singolo
paziente. L'obiettivo è garantire il sostegno dell'assistito presso il proprio
domicilio quale scelta elettiva assistenziale.
Essendo consolidato in tutti gli ambiti territoriali l'assetto organizzativo
previsto dalle D.G.R. appena citate, dal 2009 è attivato il Sistema di
Monitoraggio degli Assegni di Cura (SMAC) che prevede un flusso
informativo regionale su base individuale, con periodicità semestrale, per la
rilevazione dell'utenza e degli assegni di cura erogati, al fine di garantire un
monitoraggio periodico e strutturato dei percorsi assistenziali attivati a livello
Report consuntivo delle attività finanziate dal FRNA 2014 approvato dal Distretto di
Piacenza
34 Di cui 6598 legate al progetto home care premium finanziate da INPS
33
126
locale e finanziati nell'ambito del FRNA (Fondo Regionale per la Non
Autosufficienza).
Di seguito si presenta la fotografia per classe di età dei contratti legati agli
assegni di cura per provincia.
Tabella 45: Assegni di Cura per classe di età, Regione Emilia Romagna
Fonte: Relazione periodica sull’applicazione della delibera della Giunta Regionale 1377/1999 anno 2013
Nello specifico il numero degli assegni di cura erogati negli ultimi tre anni a
livello di distretto di Piacenza sono stati 414 nel 2012, 340 nel 2013 e 317 nel
2014, con una lista d’attesa di circa un anno.
Le liste d’attesa dei servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari sono
gestite dal SAA (Servizio assistenza anziani), che è diretto da un’assistente
sociale del comune ed è fisicamente collocato all’interno dell’Azienda USL.
Complessivamente il tasso di copertura del bisogno di servizi socio sanitari per
anziani non autosufficienti è circa del 25%35.
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Il primo contatto avviene con l’assistente sociale che, dopo un primo
colloquio e una prima valutazione del bisogno, attiva attraverso il SAA
(Servizio Assistenza Anziani) la valutazione multidimensionale a cui partecipa
anche il personale infermieristico.
35
Fonte: Comune di Piacenza
127
La valutazione multidimensionale è articolata in un primo livello (assistente
sociale responsabile del caso e infermiere territoriale) e in un secondo livello,
nel quale all’équipe si aggiunge il medico geriatra. La valutazione si conclude
con un Piano individualizzato di vita e di cure (PIVEC) che contiene sia la
certificazione di non autosufficienza (e quindi del criterio di eleggibilità per
l’accesso ai servizi e alle prestazioni finanziate dal FRNA), sia gli obiettivi
assistenziali e un orientamento rispetto alle risposte.
A seguito della valutazione e della restituzione alla famiglia da parte
dell’assistente sociale, è definita la posizione in lista di attesa e gli eventuali
interventi sostitutivi o di emergenza.
Il SAA svolge un coordinamento a livello distrettuale dei servizi socio sanitari
rivolti agli anziani; esso autorizza l'ammissione alla rete dei servizi e collabora
con l'Unità di valutazione geriatrica, che consiste in una commissione tecnica
costituita da un geriatra, dall’assistente sociale responsabile del caso e
dall’infermiere territoriale e ha il compito di valutare i singoli casi per
individuare il servizio più idoneo in cui inserire l'anziano. Il Servizio
Assistenza Anziani si occupa inoltre, in raccordo con le unità operative di
supporto sia dell’Ausl che del Comune, del sistema informativo, ed esercita
funzioni di controllo della qualità dei servizi. Il Servizio Assistenza Anziani
rientra nell’ambito della collaborazione fra il Comune di Piacenza e l'Azienda
Usl-Distretto Città di Piacenza per il governo congiunto delle politiche e degli
interventi sociosanitari, la gestione del Fondo per la non autosufficienza, la
costituzione dell’Ufficio di Piano (in sostanza il SAA è un organismo integrato
che funge da porta di accesso ai servizi per gli anziani finanziati dal FRNA e
quindi è esso stesso oggetto della collaborazione tra i committenti).
In particolare il SAA svolge le seguenti attività:
• Monitoraggio dei bisogni della popolazione anziana
• Progettazione e sviluppo di nuovi servizi in relazione ai bisogni
emergenti nell’ambito dell’attività dell’Ufficio di Piano
• Valutazione dello stato di bisogno e progettare soluzioni assistenziali
personalizzate
• Coordinamento degli interventi in atto sul territorio e garantire
l'integrazione tra gli operatori e tra i servizi
• Raccordo degli interventi sociali e sanitari sulla popolazione anziana
• Sviluppo di un sistema di controllo della qualità dei servizi
• Informazione sui percorsi di accesso alla rete dei servizi e sull'offerta
di servizi
128
Selezione dell’utenza e primo accesso
La selezione dell’utenza deriva in particolar modo da una autoselezione tra chi
fa domanda per un servizio, rivolgendosi tipicamente all’assistente sociale, e
chi invece no.
L’utenza non sembra venire propriamente selezionata quanto più clusterizzata
sulla base del bisogno (ad esempio: gruppo A soggetti con grave disturbo
comportamentale; gruppo B soggetti con elevato bisogno sanitario e correlato
elevato bisogno assistenziale; gruppo C soggetti con disabilità di grado severo;
gruppo D soggetti con disabilità di grado moderato).
Conclusioni
La gestione dei pazienti anziani non autosufficienti sembra essere di
particolare interesse e qualità relativamente a coloro che sono inseriti nel
sistema disciplinato per tipologie e standard dalla regione (stimato nel 25%
della domanda). Non sembra vi sia una così puntuale conoscenza di coloro
che per differenti motivi non entrano nel sistema.
129
2.6 ASL Roma E36
Il contesto aziendale
L’ASL “Roma E” comprende i Municipi XIII, XIV e XV, nonché la parte del
Municipio I (Prati Trionfale) collocata sulla riva destra del Tevere,
corrispondente all’ex Municipio XVII, per una superficie totale di 329.26
km/q. Essa ricomprende al proprio interno quattro distretti, più
specificatamente i distretti ex XVII, ex XVIII, ex XIX ed ex XX, e tre presidi
ospedalieri a gestione diretta. La sua popolazione di riferimento è riassunta
nella seguente tabella:
Tabella 46: Popolazione di riferimento ASL Roma E
Popolazione al 1/1/2014
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
ASL Roma E
555.633
59.812
62.743
122.555
10,8%
11,3%
22,1%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
22.673
Fonte: Roma Capitale-Ufficio di Statistica e Censimento – anno 2013
I servizi offerti
Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso romano è che vengono
offerti, nel territorio dell’ASL “Roma E”, alcuni servizi residenziali,
Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Angelo Tanese,
Direttore generale Asl Roma E, e della Dott.ssa Maria Rosaria Romagnuolo, Direttore Distretto
XIV. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori.
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’ASL Roma E (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana
(over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo
utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea,
Milano.
36
130
semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa
regionale. Essi sono:
Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura,
Residenze Sanitarie Assistenziali, Case di riposo per anziani autosufficienti e
Comunità Alloggio per anziani autosufficienti. Non risultano quindi essere
state attivate sul territorio Case famiglia per anziani autosufficienti e Case
albergo, le cui caratteristiche (finalità, target, standard strutturali e organizzativi
etc.) sono successivamente approfondite all’interno dei Box 4 e 5.
Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Centri
Diurni Alzheimer, i Centri Diurni Anziani Fragili (CEDAF) e i Centri diurni
per anziani autosufficienti, in autogestione agli utenti stessi o con gestione
affidata ad un erogatore specifico. In questo caso non risultano operative sul
territorio in analisi strutture semiresidenziali per anziani non autosufficienti.
Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio
di Assistenza Domiciliare Integrata a carico del SSR (ADI) ed il servizio di
Assistenza Domiciliare a carico del Municipio (assistenza diretta e indiretta).
I servizi presenti nel territorio dell’ASL Roma E: la filiera sociosanitaria
Sono successivamente descritti i servizi residenziali, semiresidenziali e
domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociosanitaria offerti nel territorio
dell’“ASL Roma E” in ordine di intensità di cura.
Residenze sanitarie assistenziali
(Regolamento regionale n. 1 del 1994; Decreto del commissario ad acta
U00039 del 2012; Decreto del commissario ad acta U00099 del 2012; Decreto
del commissario ad acta U00105 del 2013)
Le Residenze Sanitarie Assistenziali si qualificano come strutture sanitarie
residenziali, gestite da soggetti pubblici o privati, organizzate per nuclei,
finalizzate a fornire ospitalità, prestazioni sanitarie, assistenziali, di recupero
funzionale e di inserimento sociale nonché di prevenzione dell’aggravamento
del danno funzionale per patologie croniche nei confronti di persone non
autosufficienti, non assistibili a domicilio e che non necessitano di ricovero in
strutture di tipo ospedaliero o nei centri di riabilitazione. Nell’ambito delle
RSA sono inoltre previsti anche servizi semiresidenziali diretti a persone
parzialmente autosufficienti o non autosufficienti; tali servizi verranno
131
descritti all’interno del paragrafo dedicato ai servizi semiresidenziali
appartenenti alla filiera sociosanitaria. Nelle RSA sono quindi ospitate:
a. persone non più in età evolutiva portatrici di alterazioni morbose
stabilizzate o morfo-funzionali, che hanno superato la fase acuta della
malattia e per le quali è stato compiuto un adeguato trattamento
terapeutico o di riabilitazione di tipo intensivo, ma che necessitano di
trattamenti terapeutici e riabilitativi protratti nel tempo;
b. persone anziane che presentano patologie cronico-degenerative, ma
che non necessitano di assistenza ospedaliera, ivi compresi i soggetti
affetti da disturbi cognitivo-comportamentali gravi (demenza);
c. persone adulte colpite da handicap di natura fisica, psichica o
sensoriale in condizioni di non autosufficienza o affette da malattie
croniche;
d. persone adulte portatrici di disturbi psichiatrici in condizione di non
autosufficienza o affetti da malattie croniche, per le quali sia stata
esclusa la possibilità di utilizzare altre soluzioni terapeuticoassistenziali.
I livelli assistenziali garantiti agli utenti sono articolati in relazione alla
complessità dell’assistenza da erogare; si avranno quindi:
• Trattamento Intensivo
L’Assistenza Intensiva, essenziale al supporto delle funzioni vitali (ventilazione
meccanica assistita, nutrizione enterale-parenterale protratta, trattamento di
stati vegetativi o coma prolungato, malattie neurodegenerative progressive,
ecc), è rivolta a persone non autosufficienti, anche anziane, gravemente
compromesse. I trattamenti intensivi sono erogati in specifici Nuclei di
assistenza residenziale intensiva.
• Trattamento Estensivo
L’Assistenza estensiva viene erogata in Nuclei di assistenza residenziale
estensiva destinati a persone non autosufficienti, anche anziane, con necessità
di elevata tutela sanitaria: cure mediche, cure infermieristiche quotidiane,
trattamenti di recupero funzionale, somministrazione di terapie endovenose,
trattamento di lesioni da decubito profonde, ecc. Per quanto riguarda i
pazienti affetti da demenza, nelle fasi in cui il disturbo mnesico è associato a
disturbi del comportamento e/o dell’affettività, che richiedono trattamenti
estensivi di riorientamento e tutela personale in ambiente protetto, le
prestazioni sono erogate in Nuclei di assistenza estensiva per disturbi
cognitivo-comportamentali gravi. La degenza/frequenza è finalizzata al
recupero ed alla stabilizzazione clinico-funzionale degli ospiti ponendosi come
obiettivo principale il rientro degli stessi al proprio domicilio o al livello
residenziale di mantenimento.
• Trattamento di Mantenimento
L’Assistenza di mantenimento viene erogata in Nuclei di assistenza
residenziale di mantenimento destinati a persone non autosufficienti, anche
132
anziane, con necessità di media tutela sanitaria cui vengono erogate prestazioni
di lungo assistenza, anche di tipo riabilitativo. Per fornire risposte appropriate
ai bisogni espressi dal case mix dei soggetti eleggibili per il livello di
mantenimento, sono individuati due ambiti di differente intensità assistenziale:
maggiore intensità (A) e minore intensità (B).
All’interno di una singola struttura possono coesistere nuclei assistenziali
diversi (intensivo, estensivo, mantenimento) allo scopo di qualificare
l’assistenza e garantire la continuità delle cure.
L’accesso alle strutture avviene mediante valutazione multidimensionale da
parte dell'Unità di Valutazione Multidimensionale Distrettuale (UVMD), che
verifica i bisogni sociali e sanitari dell’utente indirizzandolo verso il setting
assistenziale più appropriato; sulla base di questa valutazione ed in
collaborazione con la UVMD, le singole strutture definiscono il PAI per ogni
utente. In seguito il Municipio di appartenenza stabilisce, in base all’ISEE, la
compartecipazione dell'ospite alla retta.
Le strutture devono essere in possesso del seguente personale (Decreto del
commissario ad acta U00099 del 2012):
a) Medico Responsabile della Direzione Medica della struttura. Fino a 60
p.l. è prevista la presenza della figura del medico responsabile a tempo
definito (18 ore a 20 p.l., 24 ore a 40 p.l., 30 ore a 60 p.l.), oltre i 60
p.l. un medico full time (38 ore). Tale funzione viene estesa anche agli
eventuali nuclei semiresidenziali presenti nella stessa struttura;
b) Infermiere Dirigente con la responsabilità delle attività assistenziali,
organizzative ed alberghiere (coadiuvato, per le strutture superiori a
60 p.l., almeno da un infermiere coordinatore). Tale funzione viene
estesa anche agli eventuali nuclei semiresidenziali presenti nella stessa
struttura;
c) Infermieri in numero variabile, in relazione ai livelli prestazionali dei
nuclei della Struttura, con un rapporto minimo non inferiore agli
standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale LEA
Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali. Deve essere assicurata la
presenza notturna di almeno un infermiere ogni 60 posti letto;
d) Terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, educatori
professionali in numero variabile in relazione ai livelli prestazionali dei
nuclei della Struttura con un rapporto minimo non inferiore agli
standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale LEA
Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali. Tra il personale della
riabilitazione sono compresi, secondo le necessità assistenziali: il
fisioterapista, il logopedista, il terapista occupazionale, l’educatore
professionale;
e) Operatori socio - sanitari o figure equipollenti in numero variabile in
relazione ai livelli prestazionali dei nuclei della Struttura con un
133
rapporto minimo non inferiore agli standard assistenziali previsti dalla
Commissione Ministeriale LEA Prestazioni Residenziali e
Semiresidenziali;
f) Assistente sociale, Psicologo e Dietista anche a tempo parziale non
inferiore alle 12 h settimanali;
g) Personale amministrativo nonché di personale da adibire ai servizi
generali in rapporto al numero dei posti letto e al sistema
organizzativo della struttura.
In aggiunta a questi standard di personale, vengono definiti dei requisiti
aggiuntivi per i diversi livelli prestazionali, qui riportati:
1) Livello prestazionale Intensivo: a) Presenza del medico a copertura delle
24h nella struttura b) Assistenza medica dedicata: 300 minuti/die per nucleo c)
Presenza Infermieristica a copertura delle 24h nel nucleo d) Assistenza globale
dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione, Infermiere) superiore a 210
minuti/die per persona (valore medio) di cui assistenza infermieristica
dedicata superiore a 90 minuti/die per persona (valore medio);
2) Livello prestazionale Estensivo per Disturbi CognitivoComportamentali: a) Presenza del medico a copertura delle 24h nella
struttura b) Assistenza medica dedicata: 15 minuti/die per nucleo c) Presenza
Infermieristica a copertura delle 8h nel nucleo e 24h nella struttura d)
Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione)
superiore a 190 minuti/die per persona (valore medio) di cui assistenza
infermieristica dedicata superiore a 45 minuti/die per persona (valore medio);
3) Livello prestazionale Estensivo: a) Presenza del medico a copertura delle
24h nella struttura b) Assistenza medica dedicata: 15 minuti/die per nucleo c)
Presenza Infermieristica a copertura delle 12h nel nucleo e 24h nella struttura
d) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione,
Infermieri) superiore a 180 minuti/die per persona di cui assistenza
infermieristica dedicata superiore a 60 minuti/die per persona.
4) Livello prestazionale di Mantenimento A: a) Assistenza medica
dedicata: 160 minuti/die per nucleo b) Presenza Infermieristica a copertura
delle 24h nel nucleo c) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della
riabilitazione, Infermiere) superiore a 140 minuti/die per persona (valore
medio) di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 45 minuti/die per
persona (valore medio);
5) Livello prestazionale di Mantenimento B: a) Assistenza medica
dedicata: 80 minuti/die per nucleo b) Presenza Infermieristica a copertura
delle 8h nel nucleo e 24h nella struttura c) Assistenza globale dedicata (OTA,
OSS, Terapista della riabilitazione) superiore a 100 minuti/die per persona
(valore medio) di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 20
minuti/die per persona (valore medio);
134
La capienza della struttura va da un minimo di 20 posti letto a un massimo di
80; in via eccezionale è possibile incrementarla fino a raggiungere i 120 posti
letto. La RSA è di norma articolata in nuclei di minimo 10 e massimo 20
persone; per il solo livello prestazionale intensivo il nucleo è di minimo 4 e
massimo 10 persone.
In base alla normativa vigente (DGR n. 98 del 2007, DGR 173 del 2008, DGR
n. 933 del 2014, Decreto del Commissario ad Acta n. U00101 del 2013), la
diaria giornaliera per l’ospitalità in RSA prevede generalmente una ripartizione
al 50% a carico del Fondo Sanitario Nazionale e al 50% a carico dell’assistito,
con la eventuale compartecipazione del Comune di residenza per coloro che
hanno un reddito annuale ISEE inferiore a € 13.000,00 (la Regione Lazio
rimborsa ai Comuni l’80% delle spese effettivamente sostenute per
l’integrazione della retta RSA).
Le quote sanitaria e sociale previste variano in base al livello di assistenza e
sono:
• Intensivo: quota sanitaria 220,30 €/die, quota sociale 0 €/die
• Mantenimento A: quota sanitaria 59,2 €/die, quota sociale 59,2 €/die
• Mantenimento B: quota sanitaria 49,2 €/die, quota sociale 49,2 €/die
Le tariffe per l’Assistenza estensiva, anche per disturbi cognitivicomportamentali gravi, non risultano ancora definite a livello regionale.
Nel territorio della ASL Roma E insistono 12 RSA di natura privata per un
totale di 928 posti letto. Nel 2014 in tali strutture sono stati ospitati 1178
ospiti di cui 875 residenti della ASL Roma E.
Centri Diurni Alzheimer
(Legge Regionale n. 41 del 2003, Deliberazione Giunta Comunale n. 479 del
2006, Deliberazione G.C. n. 8 del 2007, Deliberazione Giunta Regionale n.
1304 del 2004, LR 6 del 2012)
I Centri Diurni Alzheimer sono strutture atte ad ospitare, in regime di
semiresidenzialità, anziani che presentino patologia di Alzheimer e demenze
correlate, residenti nel territorio afferente all’Asl. L’attività svolta da questi
Centri è finalizzata a favorire il recupero e/o il mantenimento delle residue
capacità psicofisiche dell'anziano, evitando il più possibile il loro decadimento.
Essi offrono un sostegno socio-assistenziale evitando, o comunque
ritardando, l'istituzionalizzazione, così da garantire la permanenza dell’anziano
nel proprio contesto sociale.
L’accesso è subordinato alla valutazione multidimensionale del bisogno
dell’utente, effettuata da parte dell’UVMD.
135
Gli standard assistenziali minimi (dagli obiettivi e attività del Centro, alla
giornata tipo, al personale, alle modalità di accesso al servizio, etc.) e le tariffe
vengono determinati da protocolli d’intesa in riferimento alle singole strutture,
siglati fra l’Asl e il Comune o i Municipi. Tali protocolli sono redatti in
esecuzione della Deliberazione del Consiglio Comunale n. 152/1997, della
Deliberazione della Giunta Comunale n. 1506/99, delle Delibere della Giunta
Regionale n. 860/2001, n. 433/07, n. 202/2011 e n. 307/2011, della legge
regionale n. 6/2012, del DCA regionale n. 431/12 e della DGR n.239/2013.
In termini generali si può affermare che le spese relative al personale socioassistenziale, al trasporto, alla gestione ed al materiale d’uso per le attività, alla
manutenzione, ai consumi, alla mensa per gli ospiti e le spese generali sono a
carico dell’Amministrazione Capitolina; l’Asl Roma E si fa invece carico delle
spese del personale sanitario operante nei Centri Diurni e delle spese derivanti
dall’esercizio delle attività sanitarie da essi svolte presso i Centri stessi. È
prevista inoltre la compartecipazione alla spesa da parte degli utenti calcolata
sulla base dell’indicatore ISEE.
Centri Diurni Anziani Fragili (CEDAF)
(Deliberazione G.C. n. 8 del 2007, Deliberazione G. C. n. 1506 del 1999,
Deliberazione Consiglio Comunale n. 535 del 2002, Deliberazione Giunta
Capitolina n. 355 del 2012)
Struttura a carattere semi residenziale che si configura principalmente come
luogo ad accoglienza diurna, tutela e assistenza per persone anziane con
fragilità o parziale non autosufficienza. I Centri Diurni Anziani Fragili si
dividono in centri diurni a media intensità assistenziale e centri diurni ad alta
intensità assistenziale e sono volti a favorire il recupero e/o il mantenimento
delle residue capacità psicofisiche dell'anziano, evitando il più possibile il loro
decadimento e ad offrire un sostegno socio-assistenziale evitando o comunque
ritardando l'istituzionalizzazione. Sono diretti inoltre alla promozione
dell'inclusione sociale dell'anziano e al sostegno alla famiglia nel suo impegno
quotidiano di assistenza. La normativa indica come target del servizio gli
anziani autosufficienti o fragili/parzialmente non autosufficienti; tuttavia ad
oggi, in nessuno dei Municipi del territorio dell’ASL Roma E, i CEDAF sono
oggetto di progetti integrati socio sanitari (Piani di Zona), qualificandosi di
fatto come centri diurni sociali per anziani autosufficienti. Questa particolarità
si riflette anche nel meccanismo di finanziamento adottato, in quanto non
viene versata una quota sanitaria da parte dell’Asl, ma è il Municipio di
riferimento a definire il budget che verrà suddiviso fra le strutture, cui si
aggiungerà la compartecipazione dell’utente.
136
Anche in questo caso, se i Centri sono inclusi nei Progetti integrati
sociosanitari (Piani di Zona), gli standard assistenziali minimi vengono
determinati da protocolli d’intesa siglati fra l’Asl e il Comune o i Municipi in
riferimento alle singole strutture.
Box 3
Le strutture semiresidenziali per anziani non autosufficienti
Al fine di ampliare l’analisi della filiera sociosanitaria, si inserisce un
approfondimento sui servizi semiresidenziali per anziani non
autosufficienti previsti dalla normativa regionale anche se non attivi sul
territorio dell’Asl Roma E. La normativa di riferimento in questo caso è
costituita dai decreti del commissario ad acta U00099 del 2012 e U00105
del 2013. Le attività in regime semiresidenziale dirette a persone
parzialmente autosufficienti o non autosufficienti, a seguito di valutazione
multidimensionale operata dalla UVMD, possono essere esercitate:
• all’interno di strutture esclusivamente dedicate ad attività in regime
semiresidenziale, con capacità ricettiva massima di 30 pazienti;
• all’interno di strutture di tipo residenziale, secondo una
percentuale compresa tra il 10 e il 20% della capacità ricettiva
complessiva (totale posti letto) della struttura medesima.
Tali strutture sono orientate a favorire il recupero e/o il mantenimento
delle residue capacità psico-fisiche dell’anziano. Il servizio intende inoltre
incentivare l’inclusione sociale dell’utente e offrire un valido e concreto
supporto alle famiglie. Le attività si articolano nei livelli estensivo, per
disturbi cognitivi-comportamentali gravi legati alle sindromi demenziali, e
di mantenimento, rivolto all'area della non autosufficienza e della fragilità
in genere, dedicato a persone con malattie cronico-degenerative in fase di
ampia stabilizzazione ma con forte perdita dell'autonomia fisica.
La durata della permanenza presso la struttura deve essere inferiore a 6
ore, comprensive della colazione e del pasto. Il personale è commisurato ai
livelli prestazionali dei nuclei della Struttura con un rapporto minimo non
inferiore agli standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale
LEA Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali integrati come segue:
• Nucleo estensivo per disturbi cognitivo-comportamentali gravi
(DCA U00105 del 2013):
a. Almeno 1 OTA/OSS ogni 3 posti;
b. Educatore Professionale/Terapista occupazionale per almeno 18
ore settimanali ogni 15–20 posti;
137
c. Un infermiere coordinatore per almeno 18 ore settimanali ogni 20
posti;
d. Un infermiere per almeno 4 ore settimanali per 15-20 posti; in
aggiunta è prevista la presenza programmata dell'infermiere per il
tempo necessario a garantire quanto previsto dai PAI;
e. Un fisioterapista anche con presenza programmata a per il tempo
necessario a garantire quanto previsto dai PAI.
•
In termini generali, deve essere garantita un’assistenza globale
dedicata (Infermiere, OSS, animatore, terapista occupazionale)
superiore a 80 minuti/die persona (valore medio).
Nucleo di mantenimento – RSA (DCA U00099 del 2012):
a. Almeno 1 OTA/OSS ogni 5 posti. In ogni caso deve essere
assicurata la presenza contemporanea di due operatori durante
l'effettuazione di prestazioni quali: mobilizzazione, igiene
quotidiana, bagno, vestizione, aiuto nell'alimentazione;
b. Educatore Professionale/Terapista occupazionale nel rapporto
minimo di 15 ore settimanali ogni 15–20 posti;
c. un infermiere coordinatore nel rapporto di almeno 18 ore
settimanali ogni 20 posti, eventualmente ridotto in modo
proporzionale;
d. un infermiere nel rapporto minimo di 6 ore settimanali per 15-20
posti e con presenza programmata per il tempo necessario a
garantire quanto previsto dai PAI;
e. un fisioterapista anche con presenza programmata a per il tempo
necessario a garantire quanto previsto dai PAI.
In termini generali, l’assistenza globale dedicata (Infermiere, OSS,
animatore, terapista occupazionale) deve essere superiore a 50
minuti/die persona (valore medio).
In entrambi i casi, se trattasi di servizio inserito in una struttura
residenziale, le funzioni ai punti b. c. d. e. possono essere svolte in modo
integrato con gli altri livelli prestazionali offerti. La tariffa per questi
servizi, stabilita dal DCA n. U00101 del 2013, è pari al 52% della
corrispondente tariffa residenziale.
ADI
(DGR n. 325 del 2008, DGR n. 326 del 2008, DPCA 39 del 2012)
Per Assistenza Domiciliare Integrata si intende un insieme di prestazioni
socio-assistenziali e sanitarie rese a domicilio a favore di persone che,
138
temporaneamente o stabilmente per motivi sanitari e/o sociali, si trovano nella
condizione di non poter lasciare l'abitazione. Essa è finalizzata a favorire la
permanenza dei destinatari del servizio nel proprio ambiente, ad elevare la
qualità della vita degli stessi, ad evitare il fenomeno dell'isolamento e
dell'emarginazione sociale. La DGR n. 326 del 2008 afferma che i destinatari
dell’assistenza domiciliare sono prevalentemente soggetti anziani, caratterizzati
da condizioni di fragilità, non autosufficienza e polipatologia. Accanto a
questa tipologia di pazienti si considera anche la possibilità di qualificare
ulteriormente alcuni settori dell’assistenza, rivolti a pazienti con bisogni
assistenziali specifici (persone parzialmente o totalmente non autosufficienti,
persone disabili che necessitano di riabilitazione nella forma estensiva e di
mantenimento, persone affette da HIV e AIDS, pazienti terminali oncologici e
non, persone affette da disagio mentale, persone in stati di dipendenza),
determinati dalla presenza di precise patologie o di procedure assistenziali
particolarmente complesse che richiedono il possesso di requisiti specifici di
tipo organizzativo, strutturale e tecnologico. Su questa base l’ADI viene
suddivisa fra area della “fragilità” (ADI generica), area della complessità e area
specialistica (ADI specialistica); queste ultime, prettamente sanitarie, non
verranno trattate in questa sede. Ad ogni modo, l’assistenza dovrà essere
multidisciplinare per tutti gli utenti e prevedere l’azione congiunta dei servizi
sanitari territoriali competenti per la patologia specifica sofferta dal paziente.
Per accedere al servizio di ADI generica si rende necessaria la valutazione
multidimensionale e la redazione del PAI, ad eccezione delle cure domiciliari
prestazionali. È necessario però che gli utenti rispondano ai requisiti di ridotta
autosufficienza, necessità di assistenza primaria, idoneità delle condizioni
socio-ambientali dell'assistito in termini di rete di supporto (familiare e non) e
di idoneità dell’alloggio per l’assistenza abitativa stabiliti dalla normativa.
L’ADI generica prevede tre livelli di assistenza (anche detti di mantenimento,
estensivo e intensivo), finalizzati ad assicurare la miglior qualità della vita
possibile, a prevenire il peggioramento delle condizioni cliniche, a supportare
il nucleo familiare, ad evitare i ricoveri impropri; essi sono esemplificati nella
seguente tabella:
Tabella 47: Livelli di assistenza ADI generica
CARATTERISTICA
Individuazione
del
referente
familiare
(care giver)
Individuazione
del
case manager
LIVELLI ASSISTENZIALI
BASSO (o I°)
MEDIO (o II°)
ALTO (o III°)
Sempre necessaria
Non
indispensabile
Sempre necessaria
139
Rapporto
infermiere/assistiti
Rapporto
fisioterapista/assistiti
Accessi
settimanali
infermieri
Accessi settimanali tdr
1:18
1:10
1:5
1:34
1:17
1:10
1-2
3-4
5–7
0,75
1,5
3
Fonte: Elaborazione su DGR n. 326 del 2008
Il costo medio dell’accesso per giornata di presa in carico viene riportato dalla
DGR n. 326 del 2008 ed è pari a:
• Per livello assistenziale basso: 12,87 €/die;
• Per livello assistenziale medio: 34,74 €/die;
• Per livello assistenziale elevato: 80,42 €/die.
Tale tariffa è completamente a carico dell’Asl, in quanto ad oggi la normativa
regionale non prevede l’integrazione tra sociale e sanitario rispetto
all’assistenza domiciliare integrata, i cui costi ricadono esclusivamente sul SSR.
I servizi presenti nel territorio dell’ASL Roma E: la filiera sociale
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociale e offerti
nel territorio dell’Asl “Roma E”.
Casa di riposo
(DGR n. 126 del 2015)
La casa di riposo per anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti
è una struttura a prevalente accoglienza alberghiera in grado di assicurare
anche interventi culturali e ricreativi nonché servizi specifici a carattere socioassistenziale. La sua finalità principale è il mantenimento e recupero delle
residue capacità di autonomia della persona ed il sostegno della famiglia,
promuovendo la partecipazione dell’anziano alla vita sociale del territorio.
Anche in questo caso non è necessaria l’attivazione della UVMD e non sono
previsti requisiti di ingresso.
Il personale previsto dalla DGR n. 126 del 2015 per questo tipo di struttura è:
• Responsabile: assicura la propria presenza per un tempo adeguato alle
necessità della struttura;
• Operatore sociosanitario: tale personale è adeguato nel numero alle
necessità degli ospiti e comunque è presente in numero non inferiore
140
ad un operatore ogni 20 anziani e, durante le ore notturne, in numero
non inferiore ad un operatore ogni 40 ospiti. In caso di presenza di
ospiti non autosufficienti la presenza degli operatori varia in relazione
alle maggiori necessità degli stessi e a quanto previsto nei singoli piani;
• Personale addetto ai servizi generali: tali servizi possono anche essere
convenzionati o appaltati mediante ditte esterne.
È prevista la presenza programmata di un assistente sociale e di un educatore
professionale.
Le case di riposo possono ospitare non più di ottanta persone anziane non
autosufficienti, per le quali non sia possibile il mantenimento nel proprio
ambito familiare e sociale temporaneamente o definitivamente oppure che
scelgano autonomamente tale tipo di residenza. Ove possibile esse privilegiano
il formarsi di un ambiente misto, femminile e maschile, nonché la possibilità di
ospitare coppie di coniugi. Agli ospiti sono assicurati:
• prestazioni di tipo alberghiero: alloggio, vitto e servizi generali
(lavanderia, stireria, pulizie generali);
• servizi specifici a carattere socio-assistenziale e sociosanitario per
favorire l’autonomia personale dell’anziano e per ridurre i rischi di
isolamento e di emarginazione; essi consistono in un aiuto integrato di
tipo domestico, sociale ed igienico-sanitario, personale e ambientale;
• interventi culturali e ricreativi;
• utilizzazione di tutti i servizi del territorio;
• prestazioni di carattere sociosanitario assimilabili alle forme di
assistenza rese a domicilio;
• servizi personali specifici (barbiere, parrucchiere, podologo ecc);
• assistenza religiosa e spirituale a seconda della confessione degli ospiti.
Il funzionamento della struttura è garantito per l’intero arco dell’anno,
compresa l’assistenza tutelare diurna e notturna. La retta, definita dalla singola
struttura, è a carico dell'utente/Comune
Comunità alloggio
(DGR n. 126 del 2015)
Per comunità alloggio si intende una struttura consistente in un nucleo di
convivenza a carattere comunitario, caratterizzata da flessibilità organizzativa,
che presta servizi socio-assistenziali. Il target del servizio sono gli anziani
autosufficienti o parzialmente non autosufficienti mentre l’obiettivo
perseguito è il mantenimento e il recupero delle residue capacità di autonomia
della persona per ridurre i rischi di isolamento e di emarginazione, oltre al
sostegno della famiglia. L’organizzazione della comunità alloggio prevede il
rispetto delle esigenze di ciascun residente e l’attuazione di modalità che
141
contemperino sia iniziative di tipo autonomo sia attività comuni proposte
dagli operatori, cosicché l’anziano possa percepirsi come membro della
comunità e non soltanto come ospite di una struttura. Anche in questo caso
non è necessaria l’attivazione della UVMD e non sono previsti requisiti di
ingresso.
Gli standard di personale ricalcano quelli definiti per le case famiglia: è infatti
prevista la presenza di un responsabile, e gli operatori sociosanitari devono
essere adeguati nel numero alle necessità degli ospiti anziani anche in base alle
indicazioni preventivamente espresse dalla ASL competente per territorio,
comunque in numero non inferiore ad un OSS ogni 6 ospiti. Durante le ore
notturne è sufficiente la presenza di un operatore. E’ prevista inoltre la
presenza programmata di un assistente sociale e di un educatore professionale.
Secondo la necessità della struttura è previsto del personale addetto ai servizi
generali (pulizie, cucina, lavanderia, stireria, guardaroba, portineria, ecc).
Alle persone anziane accolte nella comunità alloggio (di numero compreso fra
7 e 12) devono essere assicurati i seguenti servizi e prestazioni:
• alloggio, vitto e servizi generali (lavanderia, stireria, pulizie generali);
• servizi specifici a carattere socio-assistenziale consistenti in un aiuto
integrato di tipo domestico, sociale ed igienico-sanitario, personale e
ambientale;
• utilizzazione di tutti i servizi del territorio;
• interventi di sostegno e di sviluppo di abilità individuali che
favoriscano l’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane;
• azioni finalizzate all’acquisizione ed al mantenimento delle abilità
fisiche, cognitive e relazionali e dell’autonomia personale;
• azioni culturali, formative e/o ricreative, di gruppo ed individuali,
tendenti a promuovere forme di integrazione sociale;
• assistenza tutelare diurna e notturna;
Il funzionamento della struttura è garantito per l’intero arco dell’anno. La
retta, definita dalla singola struttura, è a carico dell'utente/Comune.
142
Box 4
Casa albergo
Si decide di inserire in questo box la descrizione della Casa Albergo,
servizio residenziale per anziani autosufficienti presente nella normativa
regionale (DGR n. 126 del 2015) ma non implementato all’interno del
territorio dell’Asl Roma E.
Le case albergo sono strutture a ciclo residenziale e a prevalente
accoglienza alberghiera nelle quali vengono assicurati, oltre alle prestazioni
di tipo alberghiero, interventi culturali e ricreativi, servizi specifici a
carattere socio-assistenziale. Tali strutture residenziali consistono in un
complesso di mini-appartamenti provvisti di servizi sia autonomi sia
centralizzati (e. reception, uffici amministrativi, sale polivalenti etc). Le
case albergo ospitano persone anziane autosufficienti che vivono da sole o
in coppia, che non necessitano di particolare assistenza e che scelgono di
vivere una vita autonoma, anche se in parte organizzata. Non sono previsti
dalla normativa requisiti di accesso al servizio
Nelle case albergo è previsto il seguente personale:
• Responsabile: assicura la propria presenza per un tempo adeguato;
• Personale addetto alla “reception”: a tal fine è garantita la presenza
di almeno un addetto ad ogni turno di lavoro al servizio di
portineria e la presenza diurna di almeno un operatore per la
raccolta/registrazione delle richieste degli anziani residenti;
• Operatore sociosanitario: è presente in misura adeguata alle
necessità degli anziani residenti e comunque in numero non
inferiore di un operatore ogni 20 ospiti. La presenza è garantita
anche nelle ore notturne, anche relativamente al servizio di
emergenza sanitaria;
• Personale addetto ai servizi amministrativi: con presenza
programmata;
• Personale addetto ai servizi generali: può variare in relazione al
tipo di organizzazione del centro-servizi, in particolare laddove
vengano previsti servizi in convenzione.
Da ultimo, è possibile notare che le case albergo sono destinate ad
accogliere non più di ottanta anziani autosufficienti e sono pertanto
realizzate con una capacità di accoglienza massima di 80 mini-appartamenti
nella stessa unità strutturale. La retta giornaliera viene stabilita dalla
struttura ed è a carico dell’utente o, al di sotto di specifiche soglie ISEE,
del Comune di residenza.
143
Box 5
Casa famiglia
Come effettuato nel Box precedente, si decide di inserire in questo box la
descrizione della Casa famiglia, servizio residenziale per anziani
autosufficienti presente nella normativa regionale (DGR n. 126 del 2015)
ma non implementato all’interno del territorio dell’Asl Roma E.
La casa famiglia è una struttura a ciclo residenziale organizzata sul modello
familiare che offre agli ospiti un’esperienza di vita simile a quella esistente
in ambito familiare, affettivamente ricca e in grado di consentire legami
duraturi e validi. Essa si rivolge ad anziani autosufficienti o parzialmente
non autosufficienti ed è finalizzata al mantenimento ed al recupero dei
livelli di autonomia e al sostegno della famiglia. Assicura inoltre il
soddisfacimento di bisogni primari ed assistenziali, nonché interventi di
mantenimento e/o sviluppo di specifiche abilità individuali. Per accedere a
questo tipo di servizio non è necessaria l’attivazione della UVMD e non
sono previsti requisiti di ingresso.
Nelle case famiglia sono previste le seguenti figure professionali:
• Responsabile: presente per un tempo adeguato alle necessità della
struttura e in rapporto alla tipologia degli ospiti, garantendo la
reperibilità nelle ore notturne e nei giorni festivi;
• Operatore sociosanitario: presente in numero adeguato alle
necessità, anche in base alle indicazioni preventivamente espresse
dall’ASL competente per territorio, comunque in numero non
inferiore ad 1 OSS per 6 ospiti per ogni turno di lavoro;
• Educatore professionale: con presenza programmata;
• Assistente sociale: con presenza programmata;
Infine, le eventuali prestazioni sanitarie, programmate in relazione alle
specifiche esigenze degli ospiti, sono garantite nelle forme dell’assistenza
resa a domicilio e sono effettuate con presenza programmata dal Medico
di base, dal Medico specialista, dall’Infermiere professionale, dal Terapista
della riabilitazione e dallo Psicologo.
La ricettività massima della struttura è di 6 posti letto e il funzionamento
della casa famiglia è garantito per l’intero arco dell’anno; la retta, definita
dalla singola struttura, è a carico dell'utente/Comune.
144
Struttura semiresidenziale per anziani autosufficienti o parzialmente non
autosufficienti
(Art. 10 LR n. 41 del 2003; DGR n. 126 del 2015)
Le strutture a ciclo semiresidenziale per anziani sono strutture caratterizzate
da ospitalità di tipo diurno per anziani autosufficienti o parzialmente non
autosufficienti. Tale ospitalità è offerta da apposite strutture, all’interno o in
collegamento con strutture a ciclo residenziale a carattere comunitario e a
prevalente accoglienza alberghiera. Le attività svolte garantiscono la
somministrazione dei pasti, l’assistenza agli utenti nell’espletamento delle
normali attività e funzioni quotidiane, nonché specifiche attività ricreative,
educative, culturali ed aggregative, al fine di favorire l’inclusione sociale
dell’anziano, di sviluppare le capacità psico-fisiche residue, di sostenere la
famiglia nel suo impegno quotidiano di assistenza e di proporsi come valida
alternativa all’istituzionalizzazione.
Nelle strutture a ciclo semiresidenziale per anziani è prevista l’individuazione
di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia del servizio
prestato ed alle caratteristiche ed ai bisogni dell’utenza ospitata, nonché la
presenza di un coordinatore responsabile della struttura e del servizio. Più
precisamente:
• La quantità degli operatori sociosanitari presenti nella struttura è
strettamente legata e stabilita in riferimento ai bisogni degli anziani,
secondo le indicazioni preventivamente espresse dalla ASL e
comunque in un rapporto minimo di un operatore ogni dieci utenti;
• La presenza di un educatore professionale in forma programmata
assicura attività di animazione attivando dinamiche relazionali con
l’ambiente di riferimento interno, familiare e con il contesto esterno;
• In ogni struttura a ciclo semiresidenziale, al fine di soddisfare le
eventuali prestazioni di tipo sanitario, è prevista la presenza
programmata di figure sanitarie quali un medico specialista e un
infermiere, che forniscono prestazioni programmate, in relazione alle
eventuali specifiche esigenze degli utenti, assimilabili alle forme di
assistenza rese a domicilio;
• L’équipe che segue l’anziano lavora in stretta collaborazione con i
servizi sociali, con i servizi della ASL e con il medico di medicina
generale dell’anziano stesso, nel rispetto dei piani personalizzati di
assistenza di ciascun anziano utente.
La struttura a ciclo semiresidenziale può ospitare un massimo di trenta anziani,
autosufficienti o non autosufficienti, organizzati in gruppi di lavoro,
privilegiando il formarsi di un ambiente misto, femminile e maschile. Essa
deve garantire, di norma, il funzionamento per un minimo di sette ore
giornaliere, per cinque giorni alla settimana e per dieci mesi l’anno. Per
145
motivate esigenze organizzative e gestionali, previa valutazione del Comune
competente, la struttura può essere autorizzata a funzionare per periodi
inferiori, e comunque per non meno di tre giorni a settimana. Viene prevista
un’eventuale quota associativa a carico dell'utente o del Comune.
Centro anziani
(Art. 1 e art. 4 LR n. 41 del 2003, DGR 126 del 2015)
Per centro anziani si intende un servizio gestito dagli utenti stessi, che offre
attività di tipo ricreativo e culturale, ludico-motorio, formativo-informativo,
sociale e di scambio culturale e intergenerazionale ad anziani autosufficienti,
residenti o domiciliati nel Comune che abbiano compiuto i 55 anni d’età. È
consentita l’iscrizione anche di adulti con età inferiore ai 55 anni, purché
venga rispettata la percentuale del 70% di iscritti con età superiore ai 55 anni.
Le attività del centro, pur essendo in stretto collegamento con il Servizio
sociale del Comune e in integrazione con la rete dei servizi territoriali, sono
autogestite e sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi di
socializzazione e di aggregazione dell’anziano utente, che diventa egli stesso
risorsa del territorio.
Le attività da svolgere vengono approvate dall’Assemblea degli iscritti e gestite
dal Comitato di gestione in quanto gli utenti non sono semplicemente fruitori
del servizio ma soci a tutti gli effetti, responsabili e attivi nella
programmazione delle attività e nella scelta degli interventi. Il Centro anziani
deve avere dei locali idonei per lo svolgimento delle molteplici attività in essi
previste. La capienza dei locali deve essere in rapporto al numero dei presenti
nel rispetto delle norme di ordine pubblico legate alla sicurezza dei cittadini.
Devono essere inoltre previsti più spazi separati in base alle varie attività che
vengono svolte e ogni spazio deve essere strutturato in modo da accogliere
agevolmente le persone che svolgono l’attività; è necessaria anche la presenza
di spazi nei quali socializzare e spazi che consentano lo svolgimento di attività
individuali. Infine, il Centro anziani deve essere connesso con le altre strutture
sociali già funzionanti (centri sociali polivalenti, biblioteche, sale di lettura
ecc.). Viene prevista un’eventuale quota associativa a carico dell'utente o del
Comune
Assistenza domiciliare diretta e indiretta - SAISA
(Articolo 22 LR n. 38 del 1996, Regolamento del Comune di Roma n. 90 del
2005, Deliberazione della Giunta Comunale di Roma n. 479 del 2006, “Linee
guida per una riforma della disciplina dell’assistenza domiciliare socioassistenziale”, Deliberazione Giunta Capitolina n. 355 del 2012)
146
Si tratta di un insieme di prestazioni di tipo socio-assistenziale rese a domicilio.
Il servizio può essere erogato in forma diretta o indiretta, qualora venga svolto
da operatori accreditati e iscritti nell’apposito registro, assunti direttamente
dagli utenti o dalle loro famiglie in qualità di assistenti personali. Vengono
assistiti anziani in condizioni di parziale, temporanea o totale non
autosufficienza che per la loro situazione personale, familiare e socioambientale necessitino di sostegno e affiancamento nell’espletamento delle
attività della vita quotidiana e per la loro integrazione sociale. L’obiettivo
perseguito è favorire la permanenza delle persone fragili il più a lungo
possibile nel proprio ambito familiare e sociale, elevando la qualità della vita
delle stesse e dei membri della famiglia. Si evitano così fenomeni di isolamento
e di emarginazione sociale, prevenendo il ricorso a forme di
istituzionalizzazione e favorendo i processi di de-istituzionalizzazione.
La Regione Lazio non ha fornito, nel corso degli anni, ulteriori indicazioni
rispetto alla generica definizione del servizio contenuta nell’articolo 22 della
LR n. 38 del 1996 e alle sintetiche indicazioni contenute nelle “Linee guida”
relative all'utilizzo delle risorse finanziarie destinate ai Piani di Zona, non
appena riportate. Per questo motivo i singoli Comuni hanno stabilito
autonomamente le regole cui attenersi nell'erogazione delle prestazioni,
determinando disomogeneità nei criteri e nelle modalità seguite nel territorio
regionale. A titolo di esempio possiamo notare che gli utenti che vogliono
usufruire di questo servizio all’interno del Municipio XIV, dove la ricerca è
stata condotta, dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti specifici: 1.
Anziano residente nel Municipio Roma XIV; 2. Certificato del medico curante
che attesti il grado di autosufficienza; 3. Modello ISEE o, se in possesso,
fotocopia dell’indennità di accompagnamento e/o legge 104 art. 3 c. 3.
Il servizio vene erogato a carico del Comune con eventuale compartecipazione
dell’utente in base al reddito ISEE. Il possesso dell’indennità di
accompagnamento o della legge 104 art.3 c. 3 comporta l’esenzione
dall’eventuale pagamento previsto.
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Una volta manifestatasi la necessità di accedere ai servizi sociali e sociosanitari
offerti nel territorio, il percorso dell’utente inizia solitamente presso il Punto
Unico di Accesso del Distretto di residenza, generalmente aperto dal lunedì al
venerdì dalle 8.30 alle 12.30 e un giorno alla settimana dalle 14.30 alle 17.00
(ciò avviene in 2 distretti su 4; nei restanti due il PUA è in fase di
costituzione). Nonostante la conoscenza dell’esistenza e delle funzioni dei
PUA si stia progressivamente diffondendo, non sempre il cittadino si rivolge a
147
questo sportello come primo interlocutore; spesso infatti la prima richiesta di
supporto viene sottoposta al medico di medicina generale o agli operatori di
un servizio ASL già utilizzato (alcuni per esempio si recano al
poliambulatorio). Sarà compito di questi attori reindirizzare l’utente verso la
corretta porta di accesso al sistema. All’interno del PUA gli operatori del
segretariato sociale del Municipio e gli operatori del distretto accolgono
l’utente (o la sua famiglia) dando inizio ad un percorso di orientamento basato
su una prevalutazione della situazione sociale e sanitaria dell’utente.
Selezione dell’utenza e primo accesso
La prevalutazione dell’utente è funzionale ad una prima raccolta di
informazioni (generalità, condizioni cliniche, necessità assistenziali, etc.) che
permetta agli operatori presenti di indirizzare l’utente verso il percorso più
indicato per la sua situazione. Talvolta, infatti, l’utente si rivolge allo sportello
con una chiara indicazione del servizio che vorrebbe veder attivato, non
necessariamente quello più corretto per la sua condizione. Nel caso in cui gli
operatori del PUA valutino che il bisogno presentato è monoservizio, l’utente
viene reindirizzato verso il servizio di cui necessita; in caso contrario invece
attivano l’UVMD per l'analisi dei bisogni e la definizione dei problemi. La
valutazione multidimensionale coinvolge, oltre al MMG dell’utente, almeno
l’assistente sociale, l’infermiere e il medico di distretto, integrati a seconda
delle specificità del caso trattato da altre figure professionali (medici specialisti,
terapista della riabilitazione, psicologo, etc.). Nei casi più complessi il PUA
può attivare anche la Centrale per i Casi Complessi, che svolge la funzione di
facilitare la gestione integrata dei casi da parte dei Servizi dell’ASL e del
Municipio, individuando le figure professionali, i Servizi, le “risorse” da
coinvolgere nella gestione dei singoli casi o nella costituzione della UVMD.
Essa si riunisce una volta alla settimana per circa tre ore ed è costituita da:
• Distretto: il Direttore del Distretto, o suo delegato, e la P.O.
Assistenza Sociale Distretto;
• Municipio: la P.O. tecnica, o suo sostituto, e un Amministrativo.
Definizione del piano di cura per RSA e ADI
L’UVMD effettua rilevazioni dirette sull’assistito e la famiglia, valutando in
seguito le informazioni raccolte. Attribuisce così un punteggio al singolo caso,
sulla base della compilazione della scheda RUG per i servizi residenziali o
utilizzando strumenti di distretto, ad oggi non ancora codificati dalla
normativa regionale, nel caso di servizi domiciliari. Nel caso in cui il
richiedente RSA non sia domiciliato sul territorio, la valutazione viene
richiesta per delega al distretto di domicilio.
L’utente, in relazione alla sua richiesta, può quindi accedere ai servizi
domiciliari o alla lista d’attesa comune per tutte le RSA presenti nel territorio
dell’ASL. Una possibilità che viene lasciata è quella di iscriversi alla lista
148
d’attesa propria di una specifica struttura, comunque gestita dall’ASL, e non in
quella complessiva; in questo modo i tempi per l’ingresso sono mediamente
superiori a quelli della lista comune (massimo 90 giorni per le donne e 30
giorni per gli uomini). I criteri di scorrimento delle liste d’attesa per le RSA
sono 3: la valutazione RUG, la durata della permanenza in lista d’attesa ed un
criterio emergenziale di tipo fragilità sociale, formalizzato e basato su una
valutazione congiunta fra Municipio e ASL.
Criticità e Punti di forza
Nella Regione Lazio non risulta ancora recepita la Legge n. 328 del 2000
“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali” e tale carenza ha sino ad ora condizionato l’erogazione dei servizi
integrati sociosanitari.
Da alcuni anni tuttavia un “punto di forza” del sistema riguarda l’istituzione
del PUA integrato sociosanitario, anche se un rilevante “punto di debolezza”
risiede nella persistente separazione organizzativa della gestione delle risorse
sociali (Roma Capitale e Municipi di Roma Capitale) e sanitarie (Distretti
sanitari ASL). L’integrazione avviene quindi soprattutto ad un livello
operativo, spesso informale, fra dirigenti ed operatori, fatto che comunque
non riesce ad evitare sovrapposizioni o carenza dei servizi (ad esempio nel
campo dei servizi domiciliari, dove talvolta i diversi interventi degli operatori
coinvolti vengono realizzati in contemporanea o in immediata successione).
Sempre in relazione a tale separazione organizzativa, ulteriore criticità è
rappresentata dalla mancanza di flessibilità nell’identificazione del miglior
setting assistenziale per il singolo assistito, che spesso permane nello stesso
setting assistenziale anche quando questo non è più congruo.
Infine, nell’ASL Roma E, Distretto e Municipio ad oggi hanno una sede
comune solo in due territori su quattro (XIV e XV) e tali criticità logistiche si
affiancano alla mancanza di un comune modello organizzativo (come detto, la
normativa regionale in campo socio sanitario non è unica, e di conseguenza i
piani strategici ASL/Enti Locali sono separati), complicando ulteriormente
l’erogazione dei servizi sociosanitari per gli anziani.
Quanto sopra descritto fa principalmente riferimento all’esperienza operativa
del Distretto XIV, in un più generale contesto in cui la ASL Roma E sta
andando incontro ad una rilevante riorganizzazione dei propri servizi e dei
processi di presa in carico dei soggetti fragili, in particolare anziani.
149
2.7 ASL di Siena37
Il contesto aziendale
L’Azienda USL 7 di Siena, costituita il 1° gennaio 1995, articola la propria
offerta di servizi su un potenziale bacino di utenza di circa 270.000 abitanti (al
01.01.2015), residenti nei 36 comuni della Provincia di Siena. L’Azienda è
organizzata in quattro Zone/Distretto:
1. Zona Alta Val d’Elsa (5 comuni)
2. Zona Senese (15 comuni)
3. Zona Valdichiana Senese (10 comuni)
4. Zona Amiata Val d’Orcia (6 comuni)
Tabella 48: Popolazione di riferimento ASL di Siena
Popolazione al 1/1/2015
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
Provincia di Siena
270.285
31.116
37.919
69.035
11,5%
14%
25,5%
12.771
Fonte: Istat 2014
La popolazione della provincia si distribuisce su un territorio molto vasto
(3.821,22 kmq): la densità abitativa provinciale (circa 71 ab. Km2), che
raggiunge valori particolarmente bassi nell’ambito della Zona Amiata val
37 Pur nella responsabilità esclusiva di quanto scritto da parte degli autori, si vuole ringraziare
per il prezioso contributo la dott.ssa Simona Dei già direttrice Sanitaria della ASL 7 di Siena,
dott.ssa Laura Torricelli segreteria staff di direzione e la dott.ssa Patrizia Calvelli direttore della
Società della Salute della Val d’Elsa
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’ASL di Siena (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana
(over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo
utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea,
Milano.
150
d’Orcia (circa 33 ab. Km2), risulta molto al di sotto del dato Regionale (160
ab. Km2), con importanti ripercussioni sull'organizzazione dei servizi
territoriali e sull'entità di risorse in essi impiegate. L’ASL 7 è caratterizzata da
una popolazione decisamente anziana, come testimonia l’indice di vecchiaia,
che descrive quante persone con più di sessantacinque anni vi sono per ogni
persona sotto i quindici anni (i valori riferiti sono rapportati a 100); il dato
della provincia di Siena (195,66 nel 2012) si mantiene notevolmente più
elevato di quello della Toscana (186,04 nel 2011), con un trend in lento ma
costante aumento nell’ultimo triennio 2010-2012 (+1,66). I dati sulla mortalità
contribuiscono senza dubbio a fornire un quadro complessivo dello stato di
salute di una popolazione; per quanto riguarda il tasso di mortalità
standardizzato per età 2007-2009 (Fonte: ARS) globalmente si nota che i
valori delle 4 Zone dell’AUSL 7 si pongono al di sotto di quello regionale.
Osservando il trend, si nota una tendenza alla diminuzione nell’ultimo
decennio per tutte le Zone (Figura 7).
Figura 7: Tasso di mortalità generale
Fonte: ARS
La performance complessiva dell’Azienda di Siena è rappresentata dalla figura
8 e precisamente dal sistema denominato bersaglio38, che bene evidenzia la
situazione aziendale.
38Fonte:
Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
151
Figura 8: Il bersaglio della AUSL 7 Siena (dati 2014)
Dopo aver brevemente presentato i dati relativi alla ASL 7 di Siena è
importante evidenziare che, come disciplinato dalla legge regionale n°
28/2015, a partire dal 1 gennaio 2016 l’AUSL di Siena verrà accorpata alle
AUSL di Arezzo e di Grosseto per formare l’Azienda di Area Vasta Sud Est.
I servizi offerti
La filiera dei servizi per anziani prevista dalla Regione Toscana può essere
sintetizzata dalla seguente tabella, avente la finalità di delineare il portafoglio di
offerta dei servizi (socio assistenziali e sociosanitari).
152
Tabella 49: I servizi sociali e sociosanitari in Regione Toscana
ANZIANI
RSA
Struttura semiresidenziale
per anziani
ADI
Residenze Sociali Assistite
Settore di
appartenenza
Sociosanitario
Sociosanitario
Sociosanitario
Sociale
Riferimenti
normativi
Piano Sanitario Regionale
1999-2001, Decreto 15/R del
24.4.2008 in attuazione dell'art
61 della LR 41/2005
Descrizione
generale
Struttura residenziale, che
eroga prestazioni socioassistenziali e ad integrazione
sociosanitaria, destinata ad
accogliere temporaneamente o
permanentemente persone
anziane non autosufficienti
Tipo di offerta
Ciclo continuativo
Obiettivo/final
ità
Gli obiettivi cambiano a
seconda del nucleo.
Nucleo base: garantire
l'assistenza sociosanitaria in
presenza di patologie
stabilizzate
Decreto 15/R del 24.4.2008 in
Decreto 15/R del 24.4.2008 in DGR 168 del 24.3.1992, PSR 2002-2004, attuazione dell'art 61 della LR 41/2005
attuazione dell'art 61 della LR
DGR 262 del 08.03.2010, PSSIR 2012non prevede più tale tipologia. Le
41/2005
2015, DGR 660 del 25.05.2015
RR.AA. Autorizzate ante decreto
mantengono i requisiti ex lege 72/97
Strutture residenziali che erogano
prestazioni socio-assistenziali, finalizzate
a rispondere ai bisogni di vita quotidiana,
garantendo l'opportunità di mantenere i
Struttura semiresidenziale per Servizio di assistenza presente in tutte le legami affettivi e sociali anche per brevi
persone anziane, che assicura
ASL della Regione. Prestazioni di tipo
periodi per dare un temporaneo sollievo
attività assistenziali dirette a
sanitario: assistenza infermieristica,
alle famiglie. Le strutture sono destinate
gruppi di persone per più ore al
medico generica, specialistica ed
ad accogliere temporaneamente o
giorno e per più giorni la
interventi di riabilitazione + prestazioni
permanentemente persone anziane
settimana e garantisce l’alta
di tipo sociale: assistenza sociale, aiuto
autosufficienti. Le strutture denominate
integrazione tra assistenza
domestico ed alla persona, aiuti
R.A. (Residenza Assistita) offrono:
sociale e assistenza sanitaria
complementari (pasti, lavanderia...).
assistenza alberghiera, assistenza per le
attività quotidiane. L' assistenza medica e
assistenza infermieristica e/o
specialistica sono garantite dai servizi
territoriali.
Ciclo diurno
Prestazione a domicilio
Ciclo continuativo
Favorire le relazioni
Mantenere l’anziano nel proprio
interpersonali e le attività di
ambiente salvaguardando i rapporti
Offrire un ambiente domestico e
socializzazione al fine di ridurre familiari, attivare nei servizi distrettuali
familiare che favorisca le abilità
i sintomi dei processi
gli interventi di prevenzione e cura per
relazionali e sociali al fine di
degenerativi cognitivi,
ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero,
rallentare/ridurre i sintomi degenerativi
funzionali e comportamentali e
avviare azioni per facilitare il rientro
funzionali, comportamentali, cognitivi
migliorare le abilità relazionali e
degli anziani istituzionalizzati
sociali
nell’ambiente di provenienza
153
ANZIANI
Destinatari
RSA
Struttura semiresidenziale
per anziani
ADI
Anziani non autosufficienti
impossibilitati a rimanere
presso il proprio domicilio, che
necessitano di protezione
diretta ad integrare o sostituire
la limitazione totale e
stabilizzata delle loro capacità
(esiti di patologie stabilizzate
Persone parzialmente o totalmente non
accompagnati da impossibilità
Anziani autosufficienti in
autosufficienti affetti da patologie
ad essere assistiti dal proprio
situazione di disagio sociale e/o
croniche o post acute trattabili a
nucleo familiare, fase post-acuta
a rischio di isolamento e di
domicilio e inserite in un contesto
e/o post-ospedaliera che
perdita e anziani non
familiare o sociale capace di collaborare e
necessiti di un intervento
autosufficienti
di integrarsi con il servizio stesso
finalizzato al miglioramento del
livello funzionale ed al relativo
mantenimento, decadimento
cognitivo medio/grave che
necessiti di stretta sorveglianza,
completa dipendenza, anche
per quanto riguarda
l’alimentazione)
Residenze Sociali Assistite
Solo per autosufficienti
Fonte: Elaborazione su DD.GG.RR
154
Nello specifico il tema della non autosufficienza è disciplinato dalla delibera
della Giunta Regionale n.370 del 2010 che definisce il “Progetto per l'assistenza
continua alla persona non autosufficiente”.
Con propria L.R. n. 66 del 18 dicembre 2008, la Regione Toscana istituisce
inoltre il Fondo per la non autosufficienza, con il quale intende realizzare un
insieme di servizi capace di rispondere ai bisogni accertati, al fine di migliorare
le condizioni di vita e l’autonomia delle persone non autosufficienti. Esso
viene destinato alla domiciliarità e ai Centri diurni; eventualmente può
finanziare i ricoveri temporanei ma non i definitivi. Le politiche di assistenza
verso le persone anziane definite dalla Regione Toscana intendono affrontare
il tema del miglioramento complessivo dello stato di salute della popolazione
anziana. In questo contesto, il percorso di costruzione progettuale (descritto
nella sottostante figura 9), si articola a partire dal Piano Integrato Sociale
Regionale 2007/2010 che indica, quale obiettivo generale, il carattere
universalistico dell'assistenza alla persona non autosufficiente, riconoscendo il
diritto alla garanzia della prestazione socio sanitaria appropriata, coniugando il
principio della valutazione del bisogno assistenziale con quello della presa in
carico della persona per mezzo di progetti personalizzati e integrati.
Per quanto riguarda gli obiettivi specifici, essi sono individuati nelle seguenti
azioni:
• azioni di prevenzione nei confronti degli anziani fragili, non finanziati
dal fondo;
• accesso unificato ai servizi e identificazione di presidi certi per la
segnalazione del bisogno;
• riqualificazione delle unità di valutazione multidimensionali per la
definizione di programmi assistenziali individuali;
• continuità assistenziale ospedale-territorio;
• sviluppo di risposte flessibili e territoriali, con predilezione della cura
domiciliare e rispetto del principio della appropriatezza assistenziale;
• gestione unitaria e integrata del fondo per la non autosufficienza da
parte dei soggetti istituzionali territoriali;
• emersione e qualificazione del lavoro degli assistenti familiari;
• monitoraggio e valutazione del sistema di gestione dei percorsi
assistenziali e della soddisfazione del cittadino.
155
Figura 9: Il Percorso di costruzione progettuale
Fonte: DGR 370/2010 allegato A
Il Piano Integrato Sociale Regionale 2007/2010, così come modificato dalla
Delibera di Consiglio Regionale n. 69 del 11/11/2009, riconosce, al paragrafo
2.2.2, la non autosufficienza quale problematica di particolare complessità, sia
per gli aspetti legati alla pressione demografica che per le caratteristiche di
perdita di autonomia e di continua evoluzione che la connota.
In particolare, il “Progetto per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente”, in
quanto strumento di attuazione del Piano Integrato Sociale Regionale (PISR),
definisce le azioni relative al conseguimento dell’obiettivo specifico che il
PISR stesso identifica nel “garantire il diritto alla certezza della prestazione
sociosanitaria appropriata alla persona non autosufficiente”. A tal fine il
progetto prevede che alcune azioni, in particolar modo quelle di sistema,
saranno svolte dal livello regionale, mentre il resto verrà demandato al livello
territoriale attraverso gli appositi strumenti di programmazione previsti dalla
normativa regionale. Le Società della Salute39, quali modalità organizzative di
ambito territoriale di zona distretto, costituite in forma di consorzio tra
l’azienda unità sanitaria locale e i comuni, per l’esercizio associato delle attività
sanitarie territoriali, sociosanitarie e sociali integrate, rappresentano lo
strumento efficace per il governo, la programmazione e la gestione di queste
39http://www.regione.toscana.it/sst/organizzazione/societa-della-salute
(ultima visita al sito
effettuata il 24/07/2015)
156
problematiche complesse in ambito zonale. In loro sostituzione, nelle aree
territoriali dove non sono costituite, operano le Conferenze dei Sindaci,
attraverso la Zona distretto. Con la predisposizione dei Piani Integrati di
Salute (PIS), ciascun soggetto assume i propri impegni a valenza pluriennale,
fissando insieme i rispettivi obiettivi di crescita e le forme di verifica da
attivare, predisponendo anche un sistema di monitoraggio integrato
sociosanitario. Su tale linea i Piani Integrati di Salute, nel definire gli obiettivi
di salute, recepiscono gli indirizzi contenuti nel Progetto Regionale e,
conseguentemente, individuano e definiscono il programma territoriale per
l’assistenza continua alla persona non autosufficiente dove sono riportate:
• le relative azioni attuative;
• le risorse messe a disposizione dai Comuni e quelle destinate dal
Fondo Regionale per la Non Autosufficienza;
• il livello organizzativo e operativo dell’accesso, valutazione e presa in
carico
Figura 10: La struttura analitica del progetto
Il sistema territoriale dei servizi per la non autosufficienza in Toscana delinea
un’articolazione organizzativa strutturata su due piani tra loro fortemente
coordinati e che, come illustrato nella fig. 10 sottostante, prevede un livello di
indirizzo e di governo costituito dalle Società della Salute, o in loro
sostituzione dalle Conferenze di Zona dei Sindaci attraverso la Zona Distretto,
157
e un livello di coordinamento e operativo, rappresentato dai livelli base di
cittadinanza sociale per la non autosufficienza: il Punto Unico di Accesso, la
rete dei Punti Insieme e le Unità di Valutazione Multidimensionali.
Figura 11: Il sistema integrato territoriale
Questa organizzazione può rappresentare un elemento di forza all’interno di
relazioni che, per la diversità e molteplicità dei soggetti in campo, sono
caratterizzate da elevata complessità: si crea infatti un sistema che tiene conto
delle caratteristiche proprie dell’organizzazione (ad esempio la necessità di
strutturare servizi in grado di garantire certezza e appropriatezza nelle
risposte), ma anche della “logica di programma”, nonché dell’attivazione di
livelli regionali di assistenza per le persone non autosufficienti.
Una tale organizzazione, attraverso una lettura puntuale dei bisogni
comunitari, consente:
• l’individuazione delle priorità di intervento;
• il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla programmazione
regionale e territoriale;
• la definizione delle modalità organizzative e operative che consentano
la continuità assistenziale e la personalizzazione degli interventi;
• il coinvolgimento della medicina generale, nell’ambito di un approccio
multidimensionale basato su una progettazione individualizzata.
158
a) Il governo del sistema: la Società della Salute
Il sistema dei servizi territoriali acquisisce un ruolo e una funzione strategica se
riesce a strutturare e a mantenere un carattere fortemente integrato. Tale
possibilità è assicurata dal nuovo assetto che, in Toscana, si configura con
l’introduzione delle Società della Salute, che rappresentano il livello di governo
dove si definiscono gli indirizzi di carattere generale, le priorità di intervento e
le modalità di utilizzo del Fondo a livello territoriale. Tale definizione è esito
del processo concertativo partecipativo, che trova compiuta attuazione nella
sottoscrizione delle intese inter istituzionali, così come previsto nell’allegato 3
del PISR 2007-2010 modificato con Delibera del Consiglio Regionale n. 69
dell’11/11/2009 e come integrato dal PISSR 2012-2015 definito con la L.R 40
del 2012 e modificata con L.R51 del 2014.
b) Il coordinamento e la gestione del sistema: il Responsabile di Zona e
il PUA di Zona
La L.R. 66/2008, in coerenza con l’art. 64 della L.R. 40/2005, individua nel
Responsabile di zona, o nel Direttore della SdS ove costituita, la responsabilità
del coordinamento organizzativo del sistema dei servizi territoriali, che
debbono assicurare al cittadino, in tempi certi e definiti, l’accesso, la
valutazione e l’erogazione di prestazioni sulla base di un progetto di assistenza
personalizzato. Pertanto il responsabile di Zona Distretto (ovvero il Direttore
della SdS), mediante il PUA, presente in ogni Zona Distretto, assicura la presa
in carico del cittadino attraverso la gestione e il coordinamento della rete
territoriale dei servizi per la non autosufficienza. Il PUA, coordinato dal
responsabile di Zona Distretto o da suo delegato, è supportato da uno staff
dove sono presenti le figure professionali ritenute necessarie alle connesse
funzioni di regia e di coordinamento. Pertanto rappresenta il “luogo” dove dal
punto divista operativo, professionale e gestionale, si realizza compiutamente
l’integrazione sociosanitaria. In particolare, il comma 2 dell’art. 10 della legge
sopracitata, attribuisce al responsabile di zona i seguenti compiti di governo e
coordinamento:
a. l’integrazione della rete territoriale dei servizi sociali e sanitari;
b. la presa in carico della persona interessata;
c. la gestione integrata delle risorse;
d. la continuità assistenziale;
e. il coordinamento dell’attività dei punti insieme e della UVM;
f. la gestione del sistema informativo integrato delle attività territoriali;
g. la nomina del responsabile del Piano di Assistenza Personalizzato
(PAP) mediante l’individuazione della figura professionale, sulla base
delle caratteristiche del bisogno prevalente; tale figura ha il compito di
seguire l’attuazione del PAP e di essere il referente organizzativo della
persona interessata e dei suoi familiari.
159
La Società della Salute, e in sua mancanza la Conferenza di Zona dei Sindaci,
attraverso la Zona Distretto, così come espressamente previsto dall’art. 71
quindecies della L.R. 40/2005, disciplina l’organizzazione interna di tale
struttura.
Figura 12: Il governo dell’Accesso
Fonte: DGR 370/2010 Allegato A
Questo sistema può essere rappresentato con uno schema ad anelli
concentrici, come illustrato nella figura 12, in cui al centro si colloca il livello
di coordinamento rappresentato dal PUA di Zona. Nel livello
immediatamente successivo i Medici di Medicina Generale, i presidi
ospedalieri e i Punti Insieme accolgono la segnalazione del bisogno inviandola
direttamente al PUA, mentre i luoghi dell’accesso diffuso assumono una
rilevanza fondamentale dal punto divista dell’informazione capillare.
Il governo dell’accesso alle prestazioni integrate sociosanitarie dovrà anche
assicurare tempi certi per la valutazione e l’erogazione delle prestazioni. In
particolare, la legge regionale 66/2008, fissa i seguenti limiti temporali:
1. la UVM deve presentare, alla persona interessata e ai suoi familiari, il
PAP, contenente la risposta assistenziale ritenuta più appropriata a
quel determinato stato di bisogno, entro trenta giorni dalla data di
presentazione dell’istanza al Punto Insieme (art. 10 comma 1);
2. la UVM fissa, nel PAP, il termine massimo entro il quale deve essere
erogata la prestazione, che comunque non deve superare i sessanta
160
giorni dalla data di presentazione dell’istanza (art. 11 comma 5 lettera
e);
3. nel caso il sistema non riesca a garantire l’erogazione delle prestazioni
entro il termine sopradetto, la UVM assicura prestazioni di pari
efficacia condivise con la famiglia e fissa entro novanta giorni dalla
data di presentazione dell’istanza il tempo massimo per attivare le
prestazioni definite (art 12, comma 3).
Il percorso della domanda si articolerà, dunque, come descritto dalla figura 13.
Figura 13: I percorsi della domanda
Fonte: DGR 370/2010 Allegato A
c) Il livello funzionale
Multidisciplinare (UVM)
e
operativo: l’Unità
di
Valutazione
Presso ogni zona distretto viene costituita una Unità di Valutazione
Multidisciplinare. Tale Unità viene individuata come un’articolazione
operativa, composta, così come previsto dall’art. 11 della L.R. 66/2008, da:
• un medico di distretto
• un assistente sociale
• un infermiere
161
L’UVM è di volta in volta integrata dal medico di medicina generale della
persona sottoposta a valutazione. In relazione ai casi in esame è anche
integrata da professionalità specialistiche e dagli operatori coinvolti nella
valutazione del caso che si ritengano necessari ai fini della definizione del
progetto di assistenza personalizzato, con particolare attenzione alla
professionalità geriatrica per i PAP dedicati alle persone >65enni. L’Unità di
Valutazione Multidimensionale (UVM) è costituita con atto del Responsabile
di Zona, art. 11, comma 3, L.R. 66/2008, che provvederà anche ad assegnarne
il coordinamento ad uno dei membri dell’UVM stessa. All’Unità di
Valutazione compete, come previsto dall’art.11, comma 5 L.R. 66/2008:
• la valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno della
persona non autosufficiente;
• la verifica della sussistenza delle condizioni di bisogno che hanno dato
luogo all’attivazione del fondo;
• la individuazione dell’indice di gravità del bisogno;
• la definizione del Progetto Assistenziale Personalizzato (PAP), con
indicazioni quantitative e temporali relative alle prestazioni
sociosanitarie appropriate domiciliari, semiresidenziali e residenziali,
dando ad esso immediata eseguibilità;
• la sua condivisione con la famiglia, ai sensi dell’articolo 11, comma 5,
lettera e) della L.R. 66/2008;
• la periodica verifica degli obiettivi del PAP e della appropriatezza delle
prestazioni erogate, nonché le eventuali rivalutazioni previste.
L’Unità di valutazione, qualora vi sia una richiesta in tal senso, è tenuta ad
ascoltare l’assistito e i suoi familiari o a raccogliere ai fini della valutazione
stessa e della successiva progettazione, eventuali memorie scritte. In ogni caso
al fine di consentire la piena condivisione dell’assistito e/o dei suoi familiari,
gli stessi devono essere coinvolti in fase di redazione del PAP e nel consenso
esplicito alla sua realizzazione.
d) I presidi operativi della rete di accesso: I Punti Insieme
I Punti Insieme costituiscono i presidi dell’accesso al sistema integrato
territoriale. I Punti Insieme, la cui articolazione organizzativa viene definita a
livello di singola zona-distretto, devono garantire:
• l’accoglienza del bisogno;
• la registrazione della segnalazione del bisogno;
• l’orientamento e l’informazione del cittadino;
• l’avvio della raccolta di tutte le informazioni utili ad orientare la
valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno.
162
Il Punto Insieme rappresenta la porta di accesso al sistema integrato dei servizi
per la non autosufficienza e si caratterizza per la sua elevata prossimità al
cittadino, sia nella localizzazione che nella strutturazione.
Il Punto Insieme è un servizio istituzionale collegato funzionalmente con la
rete integrata dei servizi sociali e sociosanitari territoriali, rappresenta
un’articolazione del PUA e costituisce uno dei livelli base di cittadinanza
sociale che si deve garantire sull’intero territorio, facilita un accesso unificato
alle prestazioni e ai servizi previsti dal fondo, eliminando e semplificando i
passaggi che la persona stessa e i suoi familiari devono compiere. In questo
percorso, al cittadino viene chiesto solo di presentare il proprio bisogno,
lasciando che sia poi la struttura organizzativa ad assicurare la risposta
appropriata in tempi certi e predefiniti.
Per tutto ciò il Punto Insieme deve avere una sede accessibile e riconoscibile e
deve avere requisiti strutturali, organizzativi e di strumentazione tecnologica in
grado di assolvere in maniera qualificata e tempestiva, a tutte le funzioni di cui
è incaricato. La valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno
della persona anziana non autosufficiente, è supportata da procedure
valutative e progettuali multidimensionali, con riferimento allo stato di salute
funzionale-organico, alle condizioni cognitive e comportamentali e alla
situazione socio ambientale e familiare. Tali procedure, effettuate sulla base di
una serie di scale, vanno a sostituire la normativa vigente in tema di
valutazione della non autosufficienza, prevista nella Delibera di Consiglio
Regionale n.214/91.
Figura 14: Identificazione Livelli Isogravità del Bisogno
Fonte: DGR 370/2010 Allegato A
Le nuove procedure valutative delle condizioni di bisogno della persona non
autosufficiente, non certificano l’autosufficienza o la non autosufficienza, ma
configurano una situazione di “gravità”, per la quale i servizi sociosanitari
territoriali, attraverso la UVM, si impegnano ad intervenire con certezza e
163
appropriatezza dell’intervento, attraverso la pesatura del bisogno, così come
risulta dalla Figura 14 soprariportata.
Il MMG è in prima battuta il segnalatore d’eccellenza di un bisogno; attraverso
la compilazione della scheda clinica, che assieme alle altre va a comporre la
valutazione multidimensionale, attiva il percorso di presa in carico della
persona non autosufficiente. Una volta ricevuta la scheda clinica dal MMG, il
servizio preposto al governo dell’accesso avvia la fase di valutazione
multidimensionale da parte di tutta l’equipe. Su invito del Responsabile di
Zona, il medico di medicina generale concorda la sua partecipazione alla
seduta della UVM nella quale viene definito e sottoscritto il PAP, al fine di
assicurare la massima condivisione dello stesso, anche nel corso della sua
attuazione e verifica.
L'intervento della competenza geriatrica è fondamentale nei confronti
dell'anziano non autosufficiente. Come la fragilità, anche la non
autosufficienza non rappresenta una condizione statica e uniforme, ma
possiede un suo profilo evolutivo e una propria caratterizzazione
sintomatologica; essa è l’esito di varie concause (motorie, cognitive, sensoriali,
psicoaffettive e sociali) che associandosi fra loro necessitano di una
valutazione multidimensionale geriatrica, finalizzata quindi all’analisi delle
stesse e delle loro interazioni. Occuparsi della non autosufficienza significa
non solo individuare i supporti assistenziali più adeguati per garantire il
mantenimento delle funzioni vitali, ma anche contrastare con ogni mezzo la
progressione del deficit funzionale e individuare le risorse residue da utilizzare
per ridurre l'handicap.
Il geriatra è quindi in grado di orientare e facilitare la valutazione
multidimensionale e di garantire l’inquadramento complessivo delle condizioni
di bisogno attraverso la definizione delle reciproche relazioni di tutte queste
variabili. In questo ambito di intervento la Geriatria collabora, in un'ottica
multidisciplinare, con numerose altre professioni, in ambito medico e
infermieristico, riabilitativo e sociale.
164
Tabella 50: La mappa delle offerte assistenziali per tipologia di offerta
Fonte: DGR 370/2010 Allegato A
Di seguito, per le tre aree (domiciliarità, semiresidenzialità e residenzialità),
vengono indicati gli obiettivi specifici e gli interventi che messi in campo dalla
Regione Toscana per il loro conseguimento (fonte: DGR 370/2010 Allegato A).
1. L’area della domiciliarità
Gli obiettivi per tale area sono:
• garantire, con le risorse aggiuntive del fondo, la copertura progressiva
degli interventi relativi agli assistiti che hanno un livello di isogravità
uguale o superiore al III (secondo la classificazione dei livelli di
isogravità del bisogno descritti precedentemente);
• determinare un’oscillazione tra il minimo e il massimo di copertura
economica per ogni livello di gravità;
• garantire l’ADI (assistenza domiciliare integrata), fornita con servizi
diretti alla persona. I servizi territoriali, sulla base delle indicazioni
fornite dalla UVM nel PAP, organizzano e forniscono direttamente
prestazioni sociali e sanitarie alla persona non autosufficiente presso il
suo domicilio. Tali prestazioni sono modulate rispetto alla tipologia e
all’indice di gravità del bisogno, anche con riferimento alla
classificazione che, a titolo esemplificativo, è stata riportata nel
documento sulle Linee guida per l'organizzazione dell'ADI. La UVM,
al fine di assicurare l'estensione dell'ADI secondo le indicazioni
contenute nei PAP, deve disporre, oltre che delle risorse aggiuntive
165
•
del fondo per la non autosufficienza, anche delle maggiori risorse
necessarie derivanti dal fondo sanitario.
raggiungere una copertura assistenziale più appropriata, in quantità e
qualità e che comunque copre già dal 2010, i servizi previsti dal PAP.
Anche per i primi due livelli la UVM è comunque autorizzata, laddove
lo ritenga opportuno, ad elaborare dei PAP che possano prevedere
prestazioni che, sulla base della disponibilità del budget assegnato,
siano articolate tra un range minimo/massimo e consentano
interventi nei confronti dell’assistito.
Tabella 51: I pacchetti isorisorse
Fonte: DGR 370/2010 Allegato A
L’importo di Isorisorse messo a disposizione dal fondo e previsto nel PAP è
finalizzato alla copertura delle risposte di lungo assistenza indicate nell’articolo
7 della L.R. 66/2008 e aggiuntivo alle prestazioni sanitarie contenute nei LEA
e a quelle sociali fornite dai Comuni in base alle proprie norme regolamentari.
Le risorse destinate dal Fondo per il finanziamento dei pacchetti, così come
sono stati definiti nella tabella 50, sono quelle relative alla programmazione
2010, la cui gestione dovrà essere attentamente monitorata al fine di valutarne
l’adeguatezza e la sostenibilità.
In particolare, nel corso del 2010, attraverso la verifica della domanda reale di
assistenza sul territorio, della sostenibilità da parte del sistema territoriale dei
servizi e degli esiti dello studio epidemiologico della popolazione da parte
dell’ARS (Agenzia Regionale Sanità), si è proceduto a:
• mappare l’effettiva domanda di servizi domiciliari nella Regione;
• verificare la percentuale di copertura assistenziale domiciliare sulla
popolazione >65enne;
• verificare le risorse derivanti dalla compartecipazione dei cittadini;
• verificare e precisare i pacchetti di Isorisorse per ogni livello di gravità
che si intende coprire;
• attivare, così come previsto dalle relazioni sindacali, tavoli di
confronto per una valutazione complessiva del progetto.
166
La massima estensione della domiciliarità, sia in forma diretta che indiretta,
può esser raggiunta solo in presenza di alcune condizioni fondamentali che
impegnino l’intero sistema dei servizi sanitari e sociosanitari ospedalieri e
territoriali:
1. alla gestione integrata, ospedale e territorio, delle dimissioni cosiddette
“difficili” dal presidio ospedaliero, di persone anziane non autosufficienti per
le quali occorrono risposte per l’urgenza e l’avvio delle procedure di
valutazione delle condizioni di bisogno e di progettazione di medio e lungo
periodo, in presenza di protocolli operativi di continuità assistenziale;
2. all’erogazione di tutte le prestazioni sanitarie, sia di quelle per l’urgenza, sia
di quelle da inserire nella progettazione di medio e lungo periodo, che
rientrano nei LEA;
3. alla circolarità delle risposte assistenziali in regime di domiciliarità: il PAP
deve prevedere forme di sostegno alla domiciliarità, anche attraverso il ricorso
a inserimenti diurni e a ricoveri temporanei e di sollievo in RSA.
Per la realizzazione di tali obiettivi potranno essere previsti progetti specifici
che attengono anche il contesto organizzativo/operativo. Gli interventi per
l’area della domiciliarità sono:
• Gli interventi domiciliari sociali e sanitari forniti in forma diretta dal
servizio pubblico;
• Gli interventi di sostegno alle funzioni assistenziali della famiglia che
si assume in proprio il carico assistenziale verso persone non
autosufficienti con gravi forme di demenza senile;
• I buoni servizio o titoli per l’acquisto di servizio (come definito nella
normativa regionale40).
I criteri per l’erogazione delle risorse fanno riferimento sia agli indici di
isogravità che agli indicatori di reddito (ISEE).
2. L’area della semiresidenzialità
Gli obiettivi per l’area della semiresidenzialità sono:
• qualificare la rete dei Centri Diurni toscani per ospitare e assistere
persone anziane non autosufficienti con gravi disturbi cognitivi e del
comportamento associati alla demenza ed a malattie neurologiche
invalidanti;
• aumentare la potenzialità dei centri diurni, garantendo l’ospitalità di
almeno 1500 persone stabilmente;
40
DGR 402/2004, LR 66/2008, LR 82/2009
167
•
rendere flessibile l’organizzazione interna in modo da favorire la
temporaneità e orari differenziati di presenza dell’ospite sempre in
coerenza con il progetto personalizzato di assistenza.
Gli interventi relativi attengono in particolar modo la realizzazione di strutture
a regime diurno.
Il Centro Diurno assistenziale per persone anziane >65 anni prevalentemente
non autosufficienti (articolo 21, primo comma, lettera i, L.R. 41/2005) è
collocato all’interno del sistema diversificato di servizi e interventi integrati,
secondo la logica della circolarità e dell’interscambio tra le diverse tipologie di
prestazioni. Esso opera a sostegno dell’azione della famiglia, in particolare per
le situazioni caratterizzate da elevata intensità assistenziale (persone la cui
condizione di bisogno è aggravata da disturbi cognitivi e del comportamento
associati a forme varie di demenza) per le quali sia possibile definire e attivare
un programma di “cura” con l’obiettivo del miglioramento delle condizioni di
vita dell’assistito e dei suoi familiari. Il Centro Diurno si colloca nella rete dei
servizi territoriali e deve essere affiancato da altre risposte circolari e integrate,
da quelle domiciliari a quelle semiresidenziali di intensità più leggera, ai
ricoveri temporanei in RSA. Nell’ambito di una Progettazione personalizzata
complessa e circolare in cui l’accoglienza diurna è funzionale alla sostenibilità
di altre risposte residenziali temporanee e domiciliari e a mantenere la persona
non autosufficiente presso il proprio domicilio, l’ISEE di riferimento dovrà
essere quello previsto per la domiciliarità. Tale possibilità si intende applicabile
per un periodo massimo di 60 giorni complessivi/annui.
3. L’area della residenzialità (permanente e/o temporanea e di sollievo)
Gli obiettivi per l’area dei servizi residenziali sono:
• La copertura di 10.000 quote/anno per ricoveri permanenti in
residenza e l’attuazione di inserimenti temporanei, attraverso cui
incidere in modo significativo sulle liste di attesa, fino alla loro
definitiva eliminazione;
• La valutazione dell’intervento assistenziale secondo i criteri
dell’appropriatezza;
• La definizione di una soglia massima di compartecipazione alla spesa
da parte dei cittadini;
• Il sostegno specifico agli interventi temporanei, in particolare riferiti ai
percorsi di dimissione ospedaliera.
Gli interventi relativi sono tesi a consolidare il sistema toscano di residenzialità
nell’area della popolazione anziana non autosufficiente. Tale modello, infatti, è
definito nella Deliberazione della GRT n. 402/2004 ed è orientato a
sviluppare una diversificazione nell’offerta di prestazioni, in modo da favorire
168
“…l’inserimento organico ed equilibrato in un’unica struttura di più tipologie di servizi
[…] per favorire la flessibilità delle prestazioni in relazione all’evoluzione della condizione e
dei bisogni della persona e del relativo progetto assistenziale…”. Viene posto l’accento
sull’esigenza di sviluppare la disponibilità di posti dedicati a ricoveri
temporanei e per le funzioni di “sollievo”, in un sistema di interscambio tra
servizi domiciliari e residenziali. Il ricovero di sollievo è funzionale alla
sostenibilità delle altre risposte semiresidenziali e domiciliari e, pertanto, non
può essere previsto per un periodo superiore ai 60 giorni. Nell’ambito di una
Progettazione personalizzata complessa e circolare in cui l’accoglienza
residenziale è funzionale alla sostenibilità di altre risposte residenziali
temporanee e domiciliari e a mantenere la persona non autosufficiente presso
il proprio domicilio, l’ISEE di riferimento dovrà essere quello previsto per la
domiciliarità. Tale possibilità si intende applicabile per un periodo massimo di
60 giorni complessivi/annui.
L’erogazione del contributo alla RSA, per la copertura della retta, è
subordinato alla definizione di un PAP residenziale da parte della UVM ed alla
sua relativa sottoscrizione da parte della persona da assistere e/o dai suoi
familiari. I requisiti strutturali, organizzativi e professionali sono definiti dal
Regolamento regionale, in coerenza con la tipologia descritta all’articolo 21,
primo comma, lettera a) della L.R.41/2005.
Attraverso il livello di governo del PUA e operativo della UVM, il sistema,
come illustrato nella figura seguente (Fig. 15), intende assicurare interventi
specifici per le diverse aree di bisogno, garantendo la circolarità delle risposte e
l’integrazione dei diversi percorsi, in una logica di rete dei servizi territoriali e
promuovendo risposte assistenziali innovative e flessibili, che tengano conto
delle caratteristiche che spesso i bisogni delle persone anziane assumono e che
possono mutare con repentina facilità. Pertanto sia il PUA che la UVM, in
quanto responsabili principali della presa in carico, ne assicurano la continuità
(ospedale-territorio, territorio-territorio, dimissioni ospedaliere difficili), sulla
base di protocolli di “continuità assistenziale” operativi, garantendo
l’allocazione e la gestione delle risorse dedicate alle diverse tipologie
assistenziali ed in particolar modo, delle risorse del fondo destinate agli
interventi per la non autosufficienza.
169
Figura 15: La continuità della presa in carico (fonte DGR 370/2010 Allegato A)
Come si evince dalla tabella 50 e come disciplinato dalla DGR n. 67 del 2
febbraio 2009 che ha modificato la Delibera G.R.. n. 402 del 26/04/2004, i
servizi delle RSA possono essere suddivisi in intensità base (o media) che
corrisponde al modulo 1, intensità motoria (modulo 2), intensità
comportamentale (modulo 3) e stati vegetativi (modulo 4). Nello specifico, il
regolamento DPGR 15R/2008 disciplina per gli standard di personale previsti
per i vari livelli di intensità.
Tabella 52
Intensità
Comples
sità
Ass. IP
minuti/g
g ospite
Ass.
Riabili
tativa
Ass. Base
(OSS,
OSA)
Anima
zione
Specialis
tica
min/gg
ospite
Totale
minuti
settiman
a
Media
Media
26,8
6,8
134,3
6,8
Alta
Motoria
Alta
33,57
13,43
134,3
6,8
2,56
188,1
Alta
Comporta
mentale
Alta
33,57
10
141
6,8
2,56
191,37
Alta
vegetativi
permanenti
Alta
33,57
6,8
141
6,8
2,56
188,1
174,7
Fonte associazione residenze anziani toscane 2014
170
I servizi sociosanitari offerti nell’ASL di Siena
Come visto in precedenza, il sistema toscano per la presa in carico del paziente
anziano non autosufficiente si basa sulle società della Salute, che per l’ASL 7
di Siena sono attivate in 3 zone distretto su 4 (Amiata Senese).
Relativamente alle strutture residenziali, i volumi ed il tasso di occupazione
sono i seguenti:
Tabella 53: Posti letto e tasso di occupazione per Zona Distretto
Zona
Numero posti letto
Senese
586 autorizzati
sanitarie
115
Amiata
d’Orcia
Valdichiana
Val d’elsa
Totale
val
Tasso occupazione 2014
454
quote
91,1%
99,3%
205
163
937
97,2%
95,9%
95,9%
Fonte: ASL 7 Siena
Facendo riferimento alla Tabella 49 in cui viene presentata l’intera filiera dei
servizi per gli anziani e specificatamente alla presenza di RSA, RA e Centri
Diurni; nell’Azienda 7 di Siena sono presenti, suddivise per Zone distretto, le
seguenti strutture di offerta
Tabella 54: RSA, RA e Centri Diurni per Zona distretto
RSA
Senese
Amiata
d‘Orcia
Valdichiana
Val d’Elsa
val
16 (7 pubbliche e
private)
3 (2 Private e
pubblica)
5 (1 pubblica e
private)
3 (2 private e
pubblica)
9
1
4
1
Residenze Assistite
(R.A)
3 (due private ed una
pubblica)
2 private
Centri diurni
8 (1 pubblica e 7
private)
1 privata
2 privati
2 pubblici
1 privato
Fonte: Sito ASL 7 Siena41
41http://www.usl7.toscana.it/index.php/servizi/persone-fragili/ingresso-in-rsa-ra-e-centri-
diurni (visitato l’ultima volta il 24 Luglio 2015)
171
Dei 5 centri diurni presenti nel territorio della ASL 7 di Siena, 3 sono
psichiatrici mentre gli altri due hanno un target indistinto (fonte: Regione
Toscana42)
Facendo riferimento al rapporto RSA 2013 prodotto dal Sant’Anna di Pisa,
nell’Asl 7 di Siena tutti i posti letto sono per il modulo 1 tranne 20 che sono
dedicati al modulo 3 (cognitivo).
Le rette complessive delle RSA si compongono di quote sanitarie unitarie che
ammontano a 52,32 euro e di quote sociali giornaliere per non autosufficienti.
Esse variano da struttura a struttura; nel caso della Val d’Elsa variano da 52 a
53 euro. Questi dati non comprendono tutto ciò che è convenzionato con il
FRNA (fatta eccezione di alcune quote sanitarie, cosiddette aggiuntive) che,
come analizzato precedentemente, si concentra sulla domiciliarità, sui centri
diurni e, marginalmente, relativamente ai ricoveri solo quelli temporanei.
Per quanto riguarda questa tipologia di servizi, i dati di attività relativi al 2013
(utilizzo 2013/2014) sono i seguenti:
Tabella 55: Utenti e relativa spesa per zona Distretto
Siena
Assistenza
domiciliare
diretta
Assistenza
domiciliare
indiretta
(voucher)
Trasporti
RSA
ricoveri
definitivi
RSA
ricoveri
temporanei
RSA centri
diurni
utenti in
carico
VDE
spesa
utenti in
carico
152
199.800,00
549
1.067.000,0
0
VDC
spesa
spesa
177
323.001,92
202
669.719,16
68
228.750,22
62
104.468,88
52
60.580,77
10
45.038,32
27
10.008,00
26
109.777,77
6
191
276.100,00
49
162.891,83
75
277.100,00
32
158.076,64
Altro
Totale FNA
AMIATA
utenti in
spesa
carico
utenti in
carico
967
1.820.000,0
347
758.447,27
1
1.383,40
30
(strutture
semiresid
enziali)
140.856,28
311
982.317,38
9
86.785,00
non
present
e
18.259,68
93
378.833,22
Fonte: ASL 7 Siena
42
http://www.regione.toscana.it/documents/10180/23339/Recapiti%20dei%20CD/39354283-8de8-43cf-8e77-d8ee2cc47844
(visitato
l’ultima volta il 31 luglio 2015)
172
Facendo un focus sulla società della salute della Val d’Elsa e precisamente
sull’Assistenza domiciliare Integrata Diretta, è possibile analizzare come gli
accessi di assistenza domiciliare integrata diretta previsti siano calcolati in
rapporto al livello di isogravità ai sensi della DGRT n. 370/2010, come
previsto dalla seguente tabella:
Tabella 56: Livelli di isorisorse per isogravità per la Zona Distretto Val d’Elsa
Fonte: Delibera della SDS n.5 del 26/06/2014
I pacchetti di isorisorse in questa SdS sono determinati in misura maggiore
rispetto a quelli previsti dalla DGRT n.370/2010 e ciò è stato possibile perché,
sempre ai sensi della citata delibera, non sono presenti richieste di assistenza
domiciliare inevase per mancanza di fondi e/o liste di attesa.
In caso di anziani non autosufficienti, la UVM può proporre anche un servizio
di assistenza domiciliare aggiuntivo finalizzato ad insegnare alla persona che
presta assistenza (familiare) le tecniche assistenziali più adeguate per il
benessere dell'anziano (movimentazione, postura, vestizione, alimentazione,
igiene personale ecc.), nonché il corretto utilizzo degli ausili di deambulazione
e di movimentazione. Tale intervento di specifico “addestramento” ha lo
scopo di trasferire al care-giver (familiare) una competenza sufficiente per
garantire un livello assistenziale adeguato ai principali bisogni dell'assistito.
Questo servizio, che si prefigura al pari di altri servizi domiciliari, non può, di
norma, avere una durata superiore a 15 giorni e prevede un’intensità
assistenziale rapportata al livello di isogravità dell'utente. In caso di anziani
non autosufficienti assistiti tramite assistente familiare (badante), la UVM, in
accordo con i familiari che condividono il PAP, può valutare di concedere
(oltre eventualmente all’assegno di cura) il servizio di assistenza domiciliare
diretta per un periodo limitato (indicativamente 15 ore), al fine di accertarsi
173
della competenza, della qualità e appropriatezza delle prestazioni in ambito
sociosanitario in relazione alle necessità assistenziali dell’utente. Possono
essere previsti altresì accessi periodici dell’assistente domiciliare per il
monitoraggio della situazione. La UVM, per favorire la dimissione ospedaliera
precoce, nelle more della valutazione, può prevedere a carico del FNA per
anziani non autosufficienti un intervento domiciliare di 10 ore, prorogabile per
una volta.
Tabella 57: Rapporto tra nuove segnalazioni e popolazione residente, nell’anno
Fonte: Rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficiente - indicatori di monitoraggio 24 aprile
2015
Tabella 58: Nuove segnalazioni per esito prima lettura del bisogno
Fonte: Rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficiente - indicatori di monitoraggio 24 aprile
2015
Alla luce della stima di 12.771 assistibili non autosufficienti, includendo tutte e
tre le categorie di esito (sanitario, sociosanitario e sociale) pari a 5164 assistiti
si evince che il tasso di copertura del bisogno è quasi del 41%, dato di sicuro
interesse.
Il sistema di misurazione delle performance della Regione Toscana permette
di calcolare la percentuale di decessi avvenuti in ospedale tra gli anziani
174
deceduti durante la presa in carico in assistenza domiciliare nell’anno (fonte
SIAD).
Tabella 59: Nuove segnalazioni per esito prima lettura del bisogno
Fonte: Rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficiente - indicatori di monitoraggio 24 aprile
2015
La durata della presa in carico (media e mediana) per gli anziani non
autosufficienti per i quali l’assistenza semiresidenziale/residenziale si è
conclusa nell’anno per tipologia di dimissione è rappresentata dalla seguente
tabella (fonte rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficienteindicatori di monitoraggio 24 aprile 2015).
Tabella 60: Durata della presa in carico
Note: la voce “altro” comprende dimissione a domicilio senza assistenza, dimissione a domicilio
con assistenza, trasf. a struttura ospedaliera per acuti, dimissione ad altro tipo di residenza
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Riassumendo le varie componenti della filiera dei servizi per non
autosufficienti i contenuti assistenziali e quanto presentato nei paragrafi
precedenti soprattutto nella parte relativa al sistema della Regione Toscana, si
può schematicamente dire che le modalità di accesso di RSA, RA e Centri
Diurni sono le seguenti:
175
La Residenza Sanitaria Assistita (R.S.A.) è una struttura residenziale che
assicura l'assistenza sociale e l'assistenza sanitaria a soggetti anziani non
autosufficienti.
Queste strutture sono rivolte a persone con più di 65 anni riconosciute non
autosufficienti ai sensi della delibera Regionale n.2197 del22/5/2008 ed ad
adulti riconosciuti portatori di handicap in situazione di gravità, ai sensi della
Legge n.104 del 1992, e con condizioni di salute assimilabili alla decadenza
senile, che siano impossibilitati a rimanere nel proprio domicilio.
La Residenza Assistita (R.A.) è una struttura diretta a garantire l'assistenza
sociale nelle 24 ore.
Queste strutture sono rivolte a persone con più di 65 anni riconosciute come
soggetti autosufficienti ai sensi della delibera Regionale n.2197 del 22/5/2008,
che necessitano comunque di forme di assistenza sociale.
Il Centro Diurno è una struttura semiresidenziale per soggetti non
autosufficienti o affetti da handicap grave.
L'accoglienza presso una R.A. od una R.S.A. od un Centro Diurno, si può
ottenere:
▪ presentando il bisogno al Punto Insieme (si veda paragrafo sui
servizi offerti ed in particolare la figura 13);
▪ presentando la scheda di segnalazione all'Assistente Sociale del
Comune di competenza, su indicazione del Punto Insieme.
Conclusioni
Il sistema definito dalla Regione Toscana rappresenta livelli di strutturazione e
di razionalità sicuramente notevoli. All’interno di questo scenario emerge la
ricchezza di dati e il livello di performance della ASL 7 e delle sue zone
distretto che con una capacità di risposta complessiva di oltre il 40% e
specifica del 26% la collocano tra le realtà di maggiore interesse e di studio.
Come evidenziato in sede di presentazione dei dati della ASL 7 di Siena, il
nuovo assetto istituzionale voluto dalla Regione Toscana comporterà
l’istituzione di tre sole aziende, portando all’accorpamento in una sola realtà
delle tre aziende: Siena, Arezzo e Grosseto. La curiosità in merito agli sviluppi
di questi nuovi assetti istituzionali ed alla relativa performance è, sotto molti
punti di vista, d’obbligo.
176
2.8 AAS di Udine43
Il contesto aziendale
L'Azienda per l'Assistenza Sanitaria (AAS) n. 4 "Friuli Centrale" è stata
istituita nel Gennaio 2015 con Legge regionale 16 ottobre 2014, n. 17
"Riordino dell'assetto istituzionale e organizzativo del Servizio Sanitario
Regionale e norme in materia di programmazione sanitaria e sociosanitaria”.
Quest’ultima ha determinato lo scorporo delle strutture e dei servizi ubicati sul
territorio di Codroipo e San Daniele del Friuli, appartenenti all’ex ASS n. 4
“Medio Friuli” (istituita nel gennaio del 1995 a seguito dell'accorpamento delle
USL n. 5 Cividalese, n. 6 Sandanielese e n. 7 Udinese) e oggi attribuiti all’AAS
n. 3 “Alto Friuli-Collinare-Medio Friuli”, e ha previsto, entro il 2016,
l’incorporazione dell’Azienda ospedaliero‐universitaria di Udine nell’AAS 4
“Friuli Centrale”.
Ad oggi, quindi, l’AAS 4 “Friuli Centrale” è organizzata in tre Distretti
(Cividale, Tarcento e Udine, che coincidono con gli ambiti socio assistenziali
territoriali) e ricomprende una struttura ospedaliera, l'Istituto di Medicina
Fisica e Riabilitazione (Gervasutta), e tre dipartimenti (Prevenzione,
Dipendenze, Salute Mentale). Ai fini di questo studio però, si prendono in
esame i dati 2014, quando l’azienda era comprensiva dei cinque distretti.
Una particolarità dell’AAS 4 rilevante ai fini di questo Rapporto, è la presenza
di un Coordinatore sociosanitario44 facente parte della Direzione strategica, il
quale concorre al governo dell’Azienda e al processo di pianificazione e
controllo strategico della stessa. Il Coordinatore sociosanitario coadiuva il
Direttore Generale nella determinazione delle politiche aziendali finalizzate
all’erogazione delle prestazioni sociali e sociosanitarie, all’appropriatezza delle
stesse, alla qualità dei servizi ed all’accesso alle prestazioni; rappresenta il
Direttore Generale nel rapporto con i Comuni e lo supporta nel rapporto con
la Conferenza dei sindaci e con la Rappresentanza dei sindaci. Egli, inoltre,
coadiuva il Direttore Generale nella determinazione e assegnazione dei
“budget di risorsa” ai responsabili delle Strutture di competenza.
La popolazione di riferimento per l’AAS 4 “Friuli Centrale”, comprensiva dei
distretti di Codroipo e San Daniele del Friuli, è riassunta nella seguente tabella:
43 Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo della Dott.ssa Federica Rolli,
Coordinatrice sociosanitaria dell’Aas 4 “Friuli Centrale”, e del suo staff. La responsabilità di
quanto scritto resta comunque in capo agli autori.
44 Per approfondimenti consultare la Delibera del Direttore Generale n. 243 del 2006 e la LR n.
17 del 2014
177
Tabella 61: Popolazione di riferimento AAS 4 Friuli Centrale
Popolazione al 31/12/2014
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
AAS 4
352.933
44.349
43.042
87.391
12,57%
12,20%
24,76%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
16.167
Fonte: Dati AAS 4 popolazione anagrafe comunale
I servizi offerti
È interessante notare che vengono offerti, nel territorio dell’AAS 4 “Friuli
Centrale”, quasi tutti i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per
anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Si origina così una gamma
molto ampia di prestazioni sociali e sociosanitarie a disposizione della
popolazione anziana, più precisamente:
Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura,
Residenze Protette, Residenze Polifunzionali con Modulo di Fascia A,
Residenze ad Utenza Diversificata, Case Albergo e Comunità Alloggio. Viene
inserita all’interno della filiera sociosanitaria di servizi residenziali per anziani
anche la descrizione delle Residenze Sanitarie Assistenziali (box 6) in quanto,
pur facendo esse parte della rete per le cure intermedie, si caratterizzano per il
grande numero di anziani assistiti, costituendo un nodo importante nel loro
percorso di cura.
Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Servizi
semiresidenziali per anziani non autosufficienti e i Centri sociali o Centri di
aggregazione per anziani autosufficienti; questi ultimi non verranno analizzati
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’AAS 4 Friuli Centrale (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione
Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo
utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea,
Milano.
178
in quanto sono stati riorganizzati tramite la DGR n. 1266 del 26 giugno 2015,
che non risulta ancora applicativa al momento della redazione di questo
rapporto.
Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio
di Assistenza Domiciliare Integrata, del Servizio di Assistenza Domiciliare e
l’attribuzione di prestazioni economiche per il sostegno alla domiciliarità
garantite da fondi regionali assegnati agli Ambiti sociali.
I servizi presenti nel territorio dell’AAS 4 Friuli Centrale: la filiera
sociosanitaria
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’AAS 4 Friuli Centrale
afferenti alla filiera sociosanitaria. È molto importante sottolineare che gli
standard strutturali e organizzativi sanciti dalle normative di riferimento per i
servizi residenziali e qui riportati vengono solitamente integrati dagli accordi
contrattuali stipulati dall’AAS con le diverse strutture, che garantiscono
flessibilità al sistema, adattandolo alle esigenze emergenti dell’utenza.
Residenze protette
(DPGR n. 83/Pres. del 1990¸ DGR n. 1966 del 1990)
Le Residenze protette (precedentemente chiamate Residenze di assistenza
sanitaria e sociale, denominazione sostituita con Legge regionale n.51 del
1993) si configurano come strutture rivolte all'ospitalità di anziani non
autosufficienti, in grado di fornire prestazioni di tipo alberghiero, di
socializzazione e di animazione contestualmente a prestazioni di carattere
sanitario e riabilitativo. Le strutture sono finalizzate a garantire
prioritariamente il dignitoso soddisfacimento dei bisogni primari, assistenziali
e sanitari, sopperendo alle difficoltà che la persona incontra per la propria
ridotta autonomia, mantenendone e prevenendone i possibili aggravamenti.
Esse inoltre devono soddisfare il bisogno di rapporto sociale dell’anziano e
valorizzare la capacità di esprimerlo. Sono destinatari delle residenze protette i
soggetti anziani non autosufficienti per i quali sia stata accertata l'impossibilità
di permanere nell'ambito familiare e di usufruire di servizi alternativi al
ricovero. Possono inoltre essere ospitati, fino a raggiungere il 10% del numero
complessivo degli ospiti, soggetti psicogeriatrici che per motivi diversi non
possono essere reinseriti nella famiglia o nel contesto di provenienza.
179
L’inserimento in struttura è subordinato alla valutazione sociale e sanitaria
operata da parte dell’UVD e dalla conseguente redazione del PAI da parte
della residenza individuata.
Il personale sanitario per le Residenze protette viene definito all’interno della
DGR n. 1966 del 1990 ed è:
• medico di medicina generale: con presenza programmata all’interno
della struttura, è anche responsabile del coordinamento di tutte le
azioni a carattere sanitario e igienico-sanitario svolte dagli operatori
nei confronti dei propri assistiti;
• medici specialisti (urologi, ortopedici, oculisti etc): la loro presenza
programmata viene garantita dall'AAS di riferimento;
• Fisioterapista: presente nel rapporto di 1 ogni 50 posti letto, tenendo
conto della numerosità, del grado di infermità e delle esigenze
riabilitative dei pazienti;
• infermiere: presente nel rapporto di 1 ogni 15 posti letto, tenendo
conto della numerosità e del grado di bisogno dei pazienti.
Il personale non sanitario viene invece definito all’interno del DPGR n.
83/Pres. del 1990 ed è:
• assistente sociale: oltre a seguire i problemi connessi all'accoglimento
e agli aspetti relazionali dell'anziano, attua interventi volti a raccordare
l'ospite con la famiglia e l'ambiente d'origine oltre che la struttura con
il complesso dei servizi e delle risorse esistenti sul territorio. Non si
tratta di personale necessariamente dipendente dalla struttura protetta
ma è preferibile che l'assistente sociale sia quello del servizio sociale di
base, specie nelle strutture medio-piccole;
• educatore-animatore: anche in questo caso si tratta di personale non
necessariamente dipendente dalla struttura;
• assistente domiciliare e dei servizi tutelari: si occupa di tutte le attività
di assistenza diretta alla persona e al suo ambiente di vita.
Tale standard di personale viene di fatto utilizzato come riferimento per la
stesura degli accordi contrattuali stipulati dall’AAS con le diverse strutture,
venendo di solito adeguato alle esigenze espresse dall’utenza e, più in generale,
dal territorio.
Le Residenze protette devono avere una capacità ricettiva modulare compresa
tra i 60 ed i 120 posti letto; eventuali deroghe possono essere autorizzate per
le strutture già funzionanti salvo restando gli obblighi fissati dall'articolo 3
DPGR n. 83/Pres. del 1990 nonché per quelle strutture caratterizzate da
progetti di riconversione e di nuova edificazione che prevedono la
compresenza di residenze con caratteristiche di assistenza sanitaria e sociale e
di case albergo. Esse hanno funzionamento permanente nell'arco delle 24 ore,
per l'intera settimana e per tutto l'anno. Sono inoltre costituite da nuclei
180
abitativi con i relativi servizi, dai servizi collettivi, dai servizi ambulatoriali e di
riabilitazione e da servizi generali, dove per nucleo abitativo, dimensionato su
15/30 posti letto, si intende l'insieme di spazi individuali (camere da letto e
annessi servizi igienici), semicollettivi (servizi igienici comunitari, locale
pranzo-soggiorno), spazi per il personale e spazi di collegamento.
Infine, per quanto concerne il modello di finanziamento definito dalle
DD.GG.RR n. 776 del 2010, n. 1282 del 2010 e n. 1408 del 2013, emerge che
l’assistenza sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Regionale e viene
corrisposta alle strutture da parte delle aziende sanitarie attraverso
convenzioni ed erogazioni di farmaci e presidi, oltre che dall’assistenza
medica. L’assistenza di base e la quota alberghiera invece sono garantite dalla
struttura e vengono ad essa rimborsate tramite la retta versata dal
cittadino/ospite. Quest’ultimo a sua volta riceve l’abbattimento di € 16,60 da
parte della Regione, cui può sommare un’integrazione su richiesta pari ad €
2,50 giornalieri per ISEE sino a € 15.000 o € 1,50 per ISEE sino a € 25.000. Il
valore delle rette è variabile; esso viene definito dalle diverse strutture e viene
approvato e aggiornato annualmente da parte della Giunta regionale. Nella
delibera precedentemente citata, ovvero la DGR n. 1408 del 2013, è possibile
consultare il valore delle rette al lordo dei contributi di abbattimento retta e al
netto dei rimborsi per oneri sanitari applicate per l’anno 2014.
Residenze polifunzionali con modulo di fascia A
(LR n. 19 del 1997, LR n. 4 del 2001, DGR n. 1612 del 2001)
Le Residenze polifunzionali con modulo di fascia A costituiscono una
sottocategoria delle Residenze polifunzionali, da cui si distinguono per gli
standard strutturali e organizzativi applicati e in quanto ospitano anziani non
autosufficienti con un punteggio fra i 220 e i 550 punti BINA. Anche in
questo caso però, l’accesso al servizio è consentito tramite valutazione
multidimensionale e redazione del PAI operate da parte dell’UVD.
I requisiti organizzativi stabiliti dalla DGR n. 1612 del 2001 per il
funzionamento delle Residenze con modulo polifunzionale di fascia A
vengono qui riportati, e sono:
• nelle Residenze a più moduli ed organizzazione unica, con dotazione
complessiva di posti letto superiore a 30, il servizio notturno deve
essere garantito da almeno due operatori; nel caso di moduli su piani
differenti devono essere presenti dispositivi di chiamata notturna;
• nei moduli polifunzionali di fascia A il rapporto fra addetto
all’assistenza (qualifica ADEST o superiore) e utente deve garantire
l’assistenza per almeno 75 minuti nell’arco delle 24 ore;
181
•
nei moduli polifunzionali di fascia A deve essere presente una figura
responsabile dei contatti con il Distretto di riferimento;
• deve essere garantita la funzione di barbiere e parrucchiere
La capienza minima delle Residenze polifunzionali comprendenti moduli
polifunzionali di fascia A è fissata in 24 posti letto, quella massima in 80; per
strutture di capienza inferiore a 24 posti letto, la classificazione nella categoria
moduli polifunzionali di fascia A potrà avvenire soltanto in presenza di moduli
specializzati, dai contenuti fortemente innovativi, dedicati a situazioni
complesse (per esempio patologie specifiche), in un programma che dovrà
essere formalmente concordato con i Distretti delle Aziende per l’Assistenza
Sanitaria.
Infine, per quanto concerne il modello di finanziamento definito dalle
DD.GG.RR n. 776 del 2010, n. 1282 del 2010 e n. 1408 del 2013, emerge che
l’assistenza sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Regionale e viene
corrisposta alle strutture da parte delle aziende sanitarie attraverso
convenzioni e erogazioni di farmaci e presidi, oltre che dall’assistenza medica.
L’assistenza di base e la quota alberghiera invece sono garantite dalla struttura
e vengono ad essa rimborsate tramite la retta versata dal cittadino/ospite.
Quest’ultimo a sua volta riceve l’abbattimento di € 13,28 da parte della
Regione, cui può sommare un’integrazione su richiesta pari ad € 2,00
giornalieri per ISEE sino a € 15.000 o € 1,20 per ISEE sino a € 25.000. Il
valore delle rette è variabile; esso viene definito dalle diverse strutture e viene
approvato e aggiornato annualmente da parte della Giunta regionale. Nella
delibera precedentemente citata, ovvero la DGR n. 1408 del 2013, è possibile
consultare il valore delle rette al lordo dei contributi di abbattimento retta e al
netto dei rimborsi per oneri sanitari applicate per l’anno 2014.
Residenze ad utenza diversificata
(DPGR n. 83 del 1990)
In relazione alle esigenze sociali presenti sul territorio e alla considerazione
della labilità del limite tra autosufficienza e non autosufficienza oltre che delle
conseguenze negative che per la persona anziana comporta ogni cambiamento
di ambiente, la normativa regionale prevede la possibilità di attivare strutture
articolate in moduli con tipologia residenziale diversificata. Tali Residenze
possono quindi presentare sia posti letto per autosufficienti che per non
autosufficienti, così da permettere alle persone autosufficienti il cui carico
assistenziale peggiori di restare presso la struttura. La struttura garantisce ai
propri ospiti con problematiche psico-fisiche la soddisfazione dei bisogni
primari, la socializzazione, la prevenzione, il mantenimento e il recupero delle
capacità residue. I posti letto per non autosufficienti, per i quali viene previsto
182
l’abbattimento della retta, rispondono agli standard funzionali, organizzativi e
strutturali precedentemente descritti per le Residenze protette.
Anche nel caso delle Residenze ad utenza diversificata, per quanto concerne il
modello di finanziamento definito dalle DD.GG.RR n. 776 del 2010, n. 1282
del 2010 e n. 1408 del 2013, emerge che l’assistenza sanitaria è a carico del
Servizio Sanitario Regionale e viene corrisposta alle strutture da parte delle
aziende sanitarie attraverso convenzioni e erogazioni di farmaci e presidi, oltre
che dall’assistenza medica. L’assistenza di base e la quota alberghiera invece
sono garantite dalla struttura e vengono ad essa rimborsate tramite la retta
versata dal cittadino/ospite. Quest’ultimo a sua volta riceve l’abbattimento di
€ 16,60 da parte della Regione, cui può sommare un’integrazione su richiesta
pari ad € 2,50 giornalieri per ISEE sino a € 15.000 o € 1,50 per ISEE sino a €
25.000. Il valore delle rette è variabile; esso viene definito dalle diverse
strutture e viene approvato e aggiornato annualmente da parte della Giunta
regionale. Nella delibera precedentemente citata, ovvero la DGR n. 1408 del
2013, è possibile consultare il valore delle rette al lordo dei contributi di
abbattimento retta e al netto dei rimborsi per oneri sanitari applicate per
l’anno 2014.
183
Box 6
Le cure intermedie e i servizi residenziali per anziani: le Residenze
sanitarie assistenziali
Si decide di inserire nel presente box la descrizione delle caratteristiche
fondamentali delle Residenze sanitarie assistenziali in quanto, pur
appartenendo in Friuli Venezia Giulia alla rete delle cure intermedie a
differenza delle altre regioni analizzate, costituiscono un nodo fondamentale
nel percorso di cura e presa in carico degli anziani. La normativa di
riferimento per questo servizio è costituita da: LR n. 13 del 1995, LR n. 10
del 1998, DGR n. 1487 del 2000, LR 10 del 2011, DGR n. 650 del 2013, LR
n. 17 del 2014.
Le RSA si configurano come strutture residenziali sanitarie del distretto,
destinate a fornire assistenza continuativa ad elevato contenuto sanitario e a
prevalente indirizzo riabilitativo, in regime di ricovero. Le attività svolte
sono finalizzate al recupero fisico e sociale delle persone, in genere dopo
una dimissione da un reparto ospedaliero per acuti, così da favorire il
reinserimento al domicilio della persona. Vengono qui assistiti soggetti
anziani e non, temporaneamente o stabilmente non autosufficienti, esclusi i
minori.
L'accesso e la durata del ricovero in RSA vengono stabiliti all’interno del
piano individualizzato di assistenza definito dall'Unità di Valutazione
Distrettuale a seguito di una richiesta che può provenire:
• dal reparto ospedaliero ove il paziente è ricoverato;
• dal medico di medicina generale, dal servizio sociale dei Comuni, da altro
servizio territoriale.
Gli standard previsti dalla normativa (DGR n. 650 del 2013) sono:
• La direzione sanitaria della RSA è affidata ad un medico: direttore del
distretto, se la struttura è pubblica, oppure un medico responsabile in
possesso della specializzazione in igiene e sanità pubblica o di una
specializzazione correlata alla tipologia dell’utenza (geriatra, fisiatra o
altro specialista) o di documentata attività nel settore di almeno 5 anni;
• Presenza medica di almeno 4 ore/die su 2 turni, per 6 giorni a settimana;
• Presenza infermieristica garantita nelle 24 ore, con la definizione di
almeno 1 coordinatore infermieristico.
• Presenza di Operatori sociosanitari o ausiliari o OTA;
• Terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, educatori
professionali, in numero variabile in relazione ai livelli prestazionali dei
nuclei della RSA per almeno 5 ore al giorno ogni nucleo per almeno 6
giorni alla settimana.
184
Più specificatamente, nelle RSA con pazienti non autosufficienti richiedenti
trattamenti assistenziali intensivi deve essere garantita una assistenza globale
di almeno 240 minuti al giorno per ciascun utente (di cui 110 min. di
infermiere e 130 min. di OSS o altro personale di supporto), mentre nelle
RSA riabilitative e con funzione “respiro” deve essere garantita
un’assistenza globale di almeno 160 minuti al giorno per ciascun utente (di
cui 50 min. di infermiere e 110 min. di OSS o altro personale di supporto).
La normativa prevede inoltre lo svolgimento di attività di consulenza da
parte dell’assistente sociale territorialmente competente e da parte di
psicologi e dietisti, oltre alla presenza di personale amministrativo e
personale da adibire ai servizi generali anche in comune con altre strutture.
Può infine essere impiegato personale con funzione di educatore-animatore.
La capienza della struttura può andare da un minimo 20 posti letto ad un
massimo di 120, da articolare in nuclei con esigenze assistenziali e
prestazionali omogenee. La durata della degenza è quella individuata dal
piano personalizzato definito in UVD e comunque di norma non superiore
a 30 giorni.
Al momento della redazione di questo Rapporto, la Regione Friuli Venezia
Giulia sta elaborando le tariffe per la remunerazione dell’attività svolta dalle
RSA, così da uniformarle sull’intero territorio di competenza. Attualmente
infatti tale remunerazione avviene secondo due modalità: i costi sostenuti
dalle RSA pubbliche rientrano nel finanziamento indistinto che ogni anno la
Regione assegna alle Aziende per la copertura dei costi derivanti dalle
diverse attività che un’azienda territoriale svolge, mentre le RSA private
accreditate vengono remunerate in base a rapporti convenzionali stipulati
con l’AAS di riferimento. Nel territorio dell’AAS 4 sono presenti due
strutture di questo tipo (due ASP: una per 60 posti letto e l’altra per 34); le
RSA a gestione diretta sono invece due, una a Udine ed una a Cividale del
Friuli, rispettivamente per 24 e 23 posti letto. Prima della riorganizzazione
avvenuta tramite LR n. 17 del 2014, ovvero nel periodo che corrisponde alla
nostra analisi, il territorio ospitava altre due RSA, una a Codroipo di 27
posti letto e una a San Daniele del Friuli di 24 post letto. Ad ogni modo, la
retta giornaliera è totalmente a carico del FSR fino al trentesimo giorno; a
partire dal trentunesimo giorno di degenza la quota di partecipazione alla
spesa è pari a € 25,82 giornaliere per le spese non sanitarie. Il ricovero di
sollievo invece ha durata massima di 20 giorni. Qualora la degenza dovesse
prolungarsi oltre il termine stabilito dall'equipe distrettuale, viene addebitata
all'utente l'intera retta giornaliera.
185
Box 7
Residenze polifunzionali
Si decide di inserire in questo box la descrizione delle caratteristiche
fondamentali delle residenze polifunzionali, tipologia di struttura presente
sul territorio dell’AAS 4 senza però convenzioni attive, al fine di
rappresentare compiutamente la filiera dei servizi sociosanitari per anziani
presente nella Regione FVG. Le Residenze polifunzionali sono infatti
presenti all’interno della Regione e in modo prevalente nell’area triestina. La
normativa di riferimento è costituita in questo caso dalla LR n. 19 del 1997,
dalla DPGR n. 420 del 1997 e dalla LR n. 6 del 2006.
Le Residenze polifunzionali si qualificano come strutture a valenza
socioassistenziale, gestite da privati in forma individuale o societaria, rivolte
ad accogliere, in via temporanea o continuativa, soggetti adulti di cui al
comma 1 dell'art. 1 della LR FVG n. 19/1997, ovvero che: a) non
necessitino di cure medico-infermieristiche continuative; b) non siano
allettati; c) non presentino piaghe da decubito di quinto grado; d) non siano
affetti da disturbi comportamentali incompatibili con le esigenze della vita
comunitaria. Queste strutture garantiscono ai propri assistiti prestazioni di
tipo alberghiero, assistenziale, di animazione e ricreative, nonché di tutela
sanitaria generica, finalizzate al mantenimento delle funzioni psicofisiche e
al loro recupero a seguito dell'insorgenza di stati morbosi transitori.
L’accesso al servizio è consentito solo previa valutazione multidimensionale
del bisogno da parte dell’UVD; le condizioni complessive accertate, affinché
possa realizzarsi l’inserimento in questa tipologia di struttura, devono
corrispondere ad un valore massimo di 550 punti BINA.
I requisiti minimi strutturali e di dotazione di personale delle Residenze
polifunzionali sono (DPGR n. 420 del 1997):
• direttore responsabile della programmazione, della gestione,
dell'organizzazione interna e della verifica dei programmi di attività;
• addetto all'ospite (ADEST o OTA). Il rapporto operatore/ospiti deve
garantire l'assistenza di 60 minuti per utente nell'arco delle 24 ore con un
minimo di 4 unità di personale laddove tale rapporto risulti inferiore. È
richiesta la garanzia del servizio notturno;
• animatore;
• almeno 1 addetto di cucina e 1 addetto alle pulizie generali.
La capienza massima prevista per queste strutture è di 60 p.l.; le residenze
con capienza superiore ai 30 ospiti devono essere articolate in moduli per
un massimo di 30 posti ciascuno. La retta giornaliera versata dagli utenti
non prevede abbattimento da parte della Regione; è possibile consultare i
valori delle rette applicate nell’anno 2014 nella DGR n. 1408 del 2013
186
Servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti
(DGR n. 2326 del 2010)
Il servizio semiresidenziale si configura come un servizio rivolto
prevalentemente ad anziani residenti nel contesto territoriale circostante, con
vario grado di non autosufficienza. Esso, tramite le proprie attività assistenziali
di cura alla persona e promozione dell’autonomia personale, socio-riabilitative
di animazione e terapia occupazionale, sanitarie di assistenza medica,
infermieristica e riabilitativa e di ristorazione, persegue i seguenti obiettivi:
- favorire la permanenza a domicilio della persona anziana non
autosufficiente. Il servizio si configura quindi come risorsa a supporto
della domiciliarità che concorre, se non ad evitare del tutto, per lo meno
a ritardare l’ingresso delle persone anziane in strutture residenziali;
- sviluppare le capacità residue degli anziani garantendo una risposta
flessibile e personalizzata ai loro bisogni;
- fornire un supporto concreto, anche per brevi periodi, alle famiglie degli
anziani non autosufficienti;
- consentire la conservazione delle abitudini domestiche, le relazioni, i
legami con il territorio e il contesto di appartenenza in continuità con il
tipo di vita condotto in precedenza;
- garantire il perseguimento del benessere fisico e relazionale e il
miglioramento delle condizioni di vita.
L’accesso al servizio semiresidenziale per anziani non autosufficienti deve
avvenire previa valutazione multidimensionale del bisogno da parte della
UVD; in funzione del profilo di bisogno delineato vengono definiti i PAI sulla
base dei quali vengono attuati gli interventi terapeutici. I servizi in oggetto
devono rivalutare periodicamente i bisogni di ciascun utente al fine di
verificare l’adeguatezza dei programmi di assistenza attivati e i risultati
raggiunti.
Gli standard di personale stabiliti dalla DGR n. 2326 del 2010 prevedono per
il servizio semiresidenziale per anziani non autosufficienti una dotazione
organica flessibile rispetto alle esigenze della sua utenza. Viene stabilito infatti
che per tale servizio il numero degli operatori deve essere definito nel
regolamento della struttura in rapporto alla capacità ricettiva, alle modalità di
erogazione del servizio, valutate su base giornaliera e settimanale, e alle
caratteristiche strutturali.
Ad ogni modo, il servizio semiresidenziale deve garantire la presenza di:
• Un coordinatore del servizio o un responsabile delle attività
assistenziali nel rapporto di almeno 18 ore settimanali ogni 20 utenti,
eventualmente ridotto in modo proporzionale;
187
•
Personale per i servizi alberghieri e generali (ristorazione, igiene
ambientale): in numero adeguato alla numerosità degli utenti e degli
ambienti di cui il servizio è dotato;
• Personale dedicato alle attività di animazione per almeno 18 ore
settimanali;
• Personale addetto all’assistenza di base alla persona. Il servizio
semiresidenziale deve garantire almeno la presenza di operatori
addetti all’assistenza di base nella misura di 1 operatore ogni 10 utenti.
L’assistenza di base viene garantita dagli operatori di cui agli articoli 9
e 10 del DPReg. 333/08;
• Personale dedicato alle attività sanitarie garantito dall’Azienda per i
Servizi Sanitari con risorse proprie o attraverso il rimborso degli oneri
effettivamente
sostenuti
dall’ente
gestore
del
servizio
semiresidenziale:
o Un infermiere nel rapporto minimo di 3 ore settimanali sino a
14 utenti e 4 ore settimanali per 15 o più utenti. All’Azienda
per i Servizi Sanitari competente spetta inoltre l’onere di
garantire ogni ulteriore prestazione sanitaria ritenuta
necessaria a soddisfare i bisogni sanitari rilevati;
• Volontari.
Infine, la deliberazione stabilisce che il servizio semiresidenziale operante
all’interno di una struttura residenziale debba garantire i requisiti organizzativi
sopra citati provvedendo, se necessario, ad aumentare la dotazione organica.
Il servizio semiresidenziale deve essere fortemente integrato nel contesto
comunitario e localizzato in luoghi strategici (ad esempio in prossimità degli
spazi pubblici più significativi) così da essere facilmente raggiungibile. Il
servizio deve funzionare per almeno 5 giorni alla settimana con una apertura
giornaliera di almeno 7 ore e sono da preferire organizzazioni flessibili rispetto
all’orario e ai giorni di funzionamento al fine di tenere in considerazione le
esigenze e i ritmi di vita delle persone anziane accolte. Il numero ottimale degli
utenti è di 20 unità, valore che può variare da un minimo di 5 ad un massimo
di 30 ospiti (sono possibili deroghe al numero degli assistiti tramite
autorizzazioni ad hoc).
L’ammontare della tariffa die a carico del sistema sanitario è pari a:
• 12, 50 € nei servizi semiresidenziali autonomi;
• 10,50 € nei servizi semiresidenziali annessi a strutture residenziali.
Tali valori pro capite vengono ridotti del 30% qualora la presenza dell’utente
sia inferiore alle 5 ore (deliberazione Giunta Regionale FVG n. 2326 del
18.11.2010)
188
ADI
(LR n. 10 del 1998, LR n. 17 del 2014)
Per ADI si intende un complesso di prestazioni sanitarie (mediche,
infermieristiche, riabilitative) e, se necessarie, socioassistenziali, rese al
domicilio dell’ammalato secondo piani individuali programmati di assistenza,
definiti con la partecipazione delle figure professionali interessate al singolo
caso. Vengono assistite persone di tutte le età con importanti problematiche
sanitarie e sociali e che, per gravi motivi di salute, non sono autosufficienti e
non riescono a recarsi presso le strutture sanitarie. Si permette così al cittadino
di rimanere nel proprio domicilio e nel proprio contesto familiare per ricevere
le cure e l’assistenza necessarie, senza dover essere ricoverato in strutture
ospedaliere o residenziali.
In ogni distretto della Regione è garantita un’offerta per 12 ore nei giorni
feriali e, con poche eccezioni, anche nei giorni prefestivi e festivi.
I criteri di finanziamento dell’assistenza domiciliare integrata vengono
esplicitati all’interno della DGR n. 394 del 2015, che ha definito le linee per la
gestione del servizio sanitario regionale per l’anno 2015. Si legge che per tale
tipologia di assistenza lo standard è stato fissato a 42 euro, valore che è stato
raddoppiato a 84 euro per la popolazione residente a oltre 500 metri di
altitudine; i valori così identificati costituiscono pertanto un riferimento per
l’intera Regione. L’attività è quindi interamente a carico del SSR.
I dati della filiera sociosanitaria45:
Vengono di seguito riportati alcuni dati relativi alla rete di offerta e di attività
relativi ai servizi di LTC; la prima tabella rappresentata tratterà dei servizi di
tipo residenziale, mentre la seconda si focalizzerà sui servizi di tipo
semiresidenziale e domiciliare.
45I
dati riportati sono stati forniti dall’AAS 4 Friuli Centrale e fanno riferimento all’anno 2014.
189
Tabella 62: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) AAS 4 Friuli
Centrale
Residenze
Protette
Residenze
polifunzionali
con modulo di
Fascia A
Residenze ad
utenza
diversificata
Erogatori
Tot. n. 3 strutture
di cui 2 strutture
private
e
1
struttura pubblica
8 strutture private
Posti letto
301 (non auto)
332 (di cui 330
non auto)
Tot. n. 14 strutture
di cui 5 strutture
private
e
9
strutture
pubbliche
1.679 (di cui 1.310
non auto)
388
498
2.017
109.196
115.177
528.572
Utenti in carico
nell’anno
Giornate
di
degenza erogate
Fonte: Dati AAS 4 Friuli Centrale
Tali valori permettono all’AAS di ricavare alcune misure relative all’attività
svolta nelle strutture nel corso dell’anno 2014, come il tasso di occupazione
dei posti letto, l’indice di rotazione dei posti letto, l’intervallo di turn-over e la
degenza media. Nelle Residenze Protette si nota che il 99,4% dei posti letto a
disposizione risulta occupato, con un indice di rotazione pari a 0,3 e un
intervallo fra le dimissioni di un paziente e la successiva ammissione di un
altro pari a 7,4 giorni; la degenza media è invece pari a 953 giorni. Nelle
Residenze polifunzionali i valori cambiano lievemente, originando un tasso di
occupazione dei posti letto pari al 95% e un indice di rotazione dei posti letto
pari a 0,6; l’intervallo di turn-over è di 32,3 giorni mentre la degenza media di
559. Da ultimo, si riporta che nelle Residenze ad utenza diversificata l’86,3%
dei posti letto risulta occupato e che l’indice di rotazione dei posti letto
assume un valore pari a 0,3 utenti per posto letto; sono necessari 144,5 giorni
affinché un posto letto rimasto vuoto venga occupato e la degenza media
risulta di 864 giorni. Questi dati possono essere interpretati alla luce del fatto
che le residenze ad utenza diversificata presentano posti letto anche per
anziani autosufficienti, che sono meno utilizzati rispetto a quelli per non
autosufficienti e dove naturalmente il tempo di permanenza è più lungo, che
distanziano l’attività svolta in questa tipologia di struttura dalle altre due.
Interessante infine è notare che le Residenze polifunzionali di tipo A e le
Residenze protette hanno tempi di copertura del posto letto molto veloci, che
testimoniano una prevalenza di bisogno riferito all’area della non
autosufficienza.
Utilizzando infine la stima del numero di anziani non autosufficienti presenti
sul territorio come calcolata all’interno della Tabella 61 presentata nel primo
190
paragrafo del presente caso studio, è possibile quantificare il tasso di copertura
dei posti letto convenzionati appartenenti alle strutture residenziali. Risulta
quindi che il 14,30% degli anziani potenzialmente non autosufficienti residenti
sul territorio dell’AAS a disposizione un posto letto all’interno delle strutture
non appena presentate e descritte nella Tabella 62.
Tabella 63: Dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno
2014) AAS 4 Friuli Centrale
Erogatori 2014
(convenzionati e con
utenza in carico)
Posti disponibili 2014
(convenzionati e con
utenza in carico)
Utenti in carico
Giornate erogate/Numero
di accessi
Servizi
semiresidenziali per
anziani non
autosufficienti
ADI
5 Pubblici e 3 privati
Pubblici e privati, in
particolare nel
distretto di Udine
105 pubblici e 60
privati
-
143
3.660
20.384
113.276
Fonte: Dati AAS 4 Friuli Centrale
I servizi presenti nel territorio dell’AAS 4 Friuli Centrale: la filiera
sociale
I servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla
filiera sociale e offerti nel territorio dell’AAS 4 sono di seguito descritti, in
ordine di intensità di cura.
Casa albergo
(DPGR n. 83 del 1990, DGR n. 2089 del 2006)
La Casa albergo si presenta come una struttura residenziale in grado di fornire
prestazioni di tipo alberghiero e assistenziale, di animazione, di carattere
sanitario e riabilitativo rivolte all'ospitalità permanente o transitoria di anziani
in condizioni psico-fisiche di autosufficienza o di parziale autosufficienza.
Vengono infatti ospitati anziani sostanzialmente autosufficienti, che
necessitino di forme di aiuto per svolgere le funzioni primarie e che presentino
una compromissione della propria autonomia non superiore a 550 punti
191
BINA. Previa autorizzazione regionale e in via transitoria è possibile
mantenere l’ospitalità di persone anziane che, successivamente al momento
dell’accoglimento, abbiano avuto un’evoluzione della condizione funzionale
tale da superare i 550 punti BINA. Tale autorizzazione sarà concessa previa
presenza di: standard strutturali previsti per le Case Albergo nel DPGR n.
083/Pres. del 1990; standard di personale addetto all’assistenza non inferiore a
quello previsto dal DPGR n. 420 del 1997 in analogia a quanto stabilito per le
residenze polifunzionali; apposita dotazione strumentale necessaria per
garantire l’ospitalità di persone con ridotti livelli di autonomia; valutazione
recente degli ospiti attraverso lo strumento Val.Graf.
Queste strutture sono indirizzate a soddisfare e stimolare il bisogno di
rapporto sociale e con la famiglia di origine dell’anziano, attraverso attività
assistenziali e di animazione. Sul versante sanitario-riabilitativo fondamentale
risulta l'attività preventiva e di mantenimento nonché di recupero delle
capacità dopo l'insorgenza di stati morbosi transitori.
Il personale che deve essere presente all’interno delle Case albergo viene
definito dal DPGR n. 83 del 1990, che prevede:
• un responsabile o più responsabili della gestione della struttura,
dell'organizzazione dei servizi e dei rapporti di collaborazione con i
servizi sociali territoriali;
• un assistente sociale che, oltre ad affrontare i problemi connessi
all'accoglimento e agli aspetti relazionali dell'anziano, presti interventi
volti a raccordare l'ospite con la famiglia e l'ambiente d'origine
nonché la struttura con il territorio. È preferibile che le sue funzioni
siano garantite dal servizio sociale di base dell'ambito di provenienza
dell'ospite;
• un animatore che promuova attività di animazione e di ricreazione
nonché di mantenimento degli interessi specifici degli (anche con il
ricorso a forme di organizzazione volontaria);
• assistenti domiciliari e dei servizi tutelari che si occupino di tutte le
attività di assistenza diretta alla persona e al suo ambiente di vita, delle
attività inservientistiche nonché delle prestazioni a scavalco tra sanità
e assistenza. Lo standard di personale ausiliario deve essere rapportato
alle esigenze degli ospiti e comunque tendenzialmente a un rapporto
di 1 ogni 6/10 ospiti;
• servizi di terapia della riabilitazione, con il rapporto di almeno 1
terapista ogni 50 ospiti.
Infine dovrà essere garantita l'assistenza di base e la soddisfazione delle
esigenze medico infermieristiche degli ospiti con l'utilizzo dei servizi sanitari
delle Aziende per l'Assistenza Sanitaria.
192
Le Case albergo possono contenere minimo 60 posti letto e massimo 120.
La retta giornaliera applicata può variare in base ad elementi come le
caratteristiche della stanza, l'assistenza fornita e i trasporti e viene definita dalle
diverse strutture, approvata e aggiornata annualmente da parte della Giunta
regionale. Essa è interamente a carico dell’utente o del suo comune di
residenza. Nel 2014 il valore delle rette, approvate con la DGR n. 1408 del
2013, oscillava fra 9,05 €/die a 54 €/die per utenti autosufficienti, e fra 29,13
€/die a 39,17 €/die per utenti non autosufficienti.
Comunità alloggio
(DPGR n. 83 del 1990)
La comunità alloggio costituisce nel territorio dell’AAS n. 4 Friuli Centrale un
servizio di tipo residenziale organizzato funzionalmente come comunità a
carattere familiare, che offre assistenza alle principali funzioni di base degli
ospiti assicurando prestazioni di carattere educativo, assistenziale, sanitario,
riabilitativo. Vengono qui ospitati anziani o persone adulte con disabilità,
sostanzialmente autosufficienti e che presentano bisogni sanitari di mediobassa complessità e problematiche omogenee o compatibili. In casi eccezionali
e su valutazione dell'equipe multidisciplinare per l'handicap, possono essere
accolti anche minori con disabilità, in ogni caso non al di sotto dei quattordici
anni. L’obiettivo perseguito dalla struttura è il recupero e/o il mantenimento
delle capacità residue anche se l'autonomia per le attività della vita quotidiana è
fortemente compromessa.
Relativamente agli standard di personale è possibile notare che non è richiesta
un’assistenza continuativa poiché appare sufficiente il sostegno interno ai
membri della comunità stessa; è tuttavia previsto il collegamento continuo e
garantito dei servizi domiciliari e degli altri servizi socioassistenziali del
territorio. All’interno della struttura possono essere presenti da un minimo di
5 ad un massimo di 14 posti letto (compresi i posti riservati all’emergenza).
Può essere autorizzata la realizzazione di due strutture contigue per una
capacità ricettiva complessiva di massimo 28 posti.
La retta giornaliera applicata può variare in base ad elementi come le
caratteristiche dell'appartamento o all'assistenza igienica e viene definita dalle
diverse strutture, approvata e aggiornata annualmente da parte della Giunta
regionale. Essa è interamente a carico dell’utente o del suo comune di
residenza. Nel il 2014 il valore delle rette, approvate con la DGR n. 1408 del
2013, oscillava fra 23,34 €/die a 33,33 €/die.
193
SAD
Il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD) è erogato dagli Ambiti
socioassistenziali, i quali costituiscono la modalità ottimale di aggregazione di
Comuni come previsto dalla LR 6/2006.
E’ un servizio rivolto a persone e/o nuclei familiari residenti nel territorio del
Servizio Sociale dei Comuni che necessitino di sostegno, in via temporanea o
continuativa, in relazione al verificarsi di situazioni di limitata autonomia o di
condizioni che comportino il rischio di emarginazione. Gli interventi relativi al
servizio di assistenza domiciliare di base e ai servizi socioassistenziali di
sostegno e promozione della domiciliarità sono rivolti in via prioritaria a:
• persone in condizione di limitata autonomia prive di reti familiari
significative;
• persone in condizione di limitata autonomia a rischio di
istituzionalizzazione;
• persone/nuclei familiari con presenza di individui in condizione di
limitata autonomia che si trovino a fronteggiare eventi critici,
improvvisamente insorti, con bisogni aventi la natura dell’urgenza sotto
il profilo sociale;
• nuclei familiari con presenza di persone in condizione di limitata
autonomia che necessitino di supporto a causa della gravosità del carico
assistenziale da loro sostenuto.
Il SAD non è quindi esclusivamente dedicato all’assistenza domiciliare degli
anziani, i quali costituiscono comunque una quota rilevante degli utenti del
servizio, ma è rivolto anche a minori e nuclei familiari.
L’accesso ai servizi avviene a seguito della presentazione di una domanda di
accesso. L’assistente sociale di riferimento avvia il procedimento per
l’accertamento dei requisiti e valuta la situazione del richiedente o del nucleo
familiare dal punto di vista psico-sociale, anche attraverso una visita
domiciliare, ed economico. L’assistente sociale definisce un progetto
personalizzato che specifica: i bisogni socio-assistenziali; gli obiettivi prefissati;
la durata del progetto personalizzato; i soggetti coinvolti nella realizzazione; gli
interventi previsti e la fascia oraria di realizzazione; durata e periodicità degli
stessi; le modalità ed i tempi della valutazione.
Il servizio è prevalentemente erogato attraverso cooperative sociali e in
qualche ambito (San Daniele e Tarcento) anche con operatori dipendenti.
I costi sono a carico del Comune di residenza dell’assistito, con eventuale
compartecipazione dell’utente, sulla base di regolamenti approvati
dall’Assemblea dei Sindaci dell’Ambito.
L’analisi dei Piani di zona 2013-2015, in modo specifico delle sezioni
“Nomenclatore degli interventi e dei servizi sociali, sanitari e sociosanitari” e
“Indicatori sulle prestazione del Servizio Sociale dei Comuni” dei 5 Ambiti,
mostra un dato di utenti in carico complessivo nell’anno di circa 2.650 utenti.
194
Prestazioni economiche domiciliari
(LR n. 6 del 2006; DGPR n. 7 del 2015)
La normativa regionale, con particolare riferimento alla Legge Regionale n. 6
del 2006 e al Decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia n. 7
del 2015, prevede due diversi interventi economici erogati dagli Ambiti
Distrettuali e indirizzati a sostegno delle situazioni di non autosufficienza, in
particolare degli anziani, trattate a domicilio; essi sono:
1. L’Assegno Per l’Autonomia (APA), un intervento economico a
favore delle persone con grave non autosufficienza e dei familiari che
se ne prendono cura;
2. Il Contributo per l’Aiuto Familiare (CAF), un beneficio
economico avente lo scopo di sostenere le situazioni in cui, per
assistere persone in condizione di grave non autosufficienza, ci si
avvale dell’aiuto di addetti all’assistenza familiare con regolare
contratto di lavoro, per un monte ore non inferiore a 20 alla
settimana, formato anche dalla somma oraria di due o più contratti.
Questi due interventi fanno parte del Fondo per l’Autonomia Possibile (FAP)
insieme al sostegno alla vita indipendente (SVI), in favore delle persone di età
compresa tra i 18 e i 64 anni in condizione di grave disabilità ma in grado di
autodeterminarsi, e al sostegno ad altre forme di emancipazione e di
inserimento sociale, indirizzato a persone in condizione di grave disabilità di
età compresa tra i 12 e i 64 anni. Il FAP è quindi un intervento economico
rivolto a persone che, per la loro condizione di non autosufficienza, non
possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale
vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri. Esso viene utilizzato a
sostegno delle situazioni di non autosufficienza trattate a domicilio e di
progetti sperimentali nel settore della salute mentale.
I due interventi sono finalizzati a:
a. rafforzare il sostegno pubblico all’area della non autosufficienza;
b. favorire la permanenza delle persone non autosufficienti al proprio
domicilio, attivando o potenziando la rete di assistenza domiciliare
integrata;
c. garantire alle persone con disabilità adeguata assistenza personale per
la vita indipendente;
d. sostenere la capacità di risoluzione autonoma delle famiglie;
e. contribuire al miglioramento del governo del sistema territoriale;
f. favorire il superamento dell’eterogeneità esistente nella Regione per
quantità e qualità dell’offerta;
g. contribuire all’incremento dei livelli di integrazione sociosanitaria.
Essi, al fine di rappresentarne le specificità, verranno trattati separatamente.
195
Tabella 64: Assegno Per l’Autonomia (APA) e Contributo per l’Aiuto Familiare (CAF)
Assegno
(APA)
Per
l’Autonomia Contributo
per
Familiare (CAF)
l’Aiuto
Requisiti di È richiesta la redazione di un progetto personalizzato condiviso con
ingresso
l’assistito, o con chi ne fa le veci, e il suo medico curante attraverso
l'intervento di un’équipe multiprofessionale integrata (Unità di
Valutazione Multiprofessionale - UVM)
Possono ricevere il contributo:
a) persone non autosufficienti di
età pari o superiore a 65 anni;
b) persone di età inferiore ai 65
anni in condizioni di grave
disabilità,
come
definita
dall’articolo 3, comma 3, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104;
c) persone di età inferiore ai 65
anni in condizione di grave non
autosufficienza temporanea;
d) persone affette da gravi
patologie dementigene;
e) minori in condizioni di grave
disabilità
come
definita
dall’articolo 3, comma 3, della
legge 104/1992;
f) persone con grave disabilità
come definita dall’articolo 3,
comma 3, della legge 104/1992,
conseguente a gravissimi deficit
sensoriali.
I requisiti per l’ammissibilità al
contributo sono:
a) appartenenza ad una delle
categorie di beneficiari definite
per l’APA;
b) ISEE del nucleo familiare
dell’assistito non superiore ai
30.000 euro;
c) presenza di un regolare
contratto per almeno 20 ore
settimanali stipulato con addetti
all’assistenza assunti direttamente
dagli assistiti/dalle loro famiglie o
messi a disposizione da agenzie
interinali e da soggetti, operanti
nell’ambito dei servizi alla
persona, appartenenti al settore
pubblico, privato e del privato
sociale, o da soggetti costituiti in
forme associative che agiscono
nel campo dell’assistenza a
domicilio.
Infine, l’ISEE del nucleo familiare
non deve superare i 30.000 €.
Valore del
Gli importi annui variano, a
Gli importi annuali variano, a
contributo
seconda della gravità, dell’ISEE e
seconda della gravità e dell’ISEE,
da un minimo di 1.548 € a un
massimo di 6.204 € per la
generalità dei casi e da un minimo
di 1.548 € a un massimo di 6.816
€ per le gravi demenze.
del numero di ore settimanali, da
un minimo di 2.760 € a un
massimo di 10.920 € per la
generalità dei casi e da un minimo
di 2.760 € a un massimo di 12.000
€ per le gravi demenze.
Fonte: elaborazione su informazioni contenute nella LR n. 6 del 2006 e DGPR n. 7 del 2015
196
I dati della filiera sociale
Tabella 65: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) AAS 4
Erogatori
Posti
letto
Comunità alloggio
Tot. n. 5 strutture:
- 4 private
- 1 pubblica
Tot. n. 67 posti letto:
- 43 appartenenti a strutture
private
- 24 appartenenti a strutture
pubbliche
Casa albergo
Tot n. 5 strutture:
- 1 privata
- 4 pubbliche
Tot. n. 431 posti letto:
- 45 appartenenti a strutture
private
- 386 appartenenti a strutture
pubbliche
Fonte: Elaborazione su dati al 09.08.2013 contenuti all’interno dell’allegato alla DGR n. 1408 del 2013
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
La modalità con cui avviene il primo contatto con l’utente è diversa nel caso in
cui quest’ultimo si trovi presso il proprio domicilio o in ospedale, in procinto
di essere dimesso. Nel primo caso, infatti, qualora venga riscontrata la
necessità di inserimento in struttura, l’utente o la sua famiglia si rivolgono
solitamente al medico di medicina generale o al servizio sociale dei comuni.
L’utente quindi, su indicazione del medico o del servizio sociale, richiede
l’inserimento in una casa di riposo; il Distretto di residenza provvederà ad
attivare l’UVD. Nel secondo caso invece è l’ospedale stesso che contatta il
Distretto di Residenza (in particolare l’ufficio che si occupa delle dimissioni
protette) per l’attivazione dell’UVD.
Selezione dell’utenza e primo accesso
L'UVD è stabilmente composta dal medico di medicina generale dell’assistito,
da un assistente sociale, di norma dipendente degli enti locali, e da una figura
infermieristica; in relazione al singolo caso esaminato essa viene di volta in
volta integrata da altre figure professionali il cui apporto si renda necessario.
Definizione del piano di cura ed erogazione del servizio
L’UVD attribuisce un punteggio al singolo caso sulla base della compilazione
della scheda di valutazione multidimensionale BINA, redatta da parte degli
operatori recatisi presso il domicilio dell’utente al fine di valutarne le
condizioni sociosanitarie. Contestualmente viene inoltre compilata la scheda
Val.Graf, che dovrà essere aggiornata da parte della struttura all’ingresso
dell’utente. L’accesso ai servizi risulta quindi orientato dal servizio pubblico
197
(sia aziendale che di ambito sociale) tramite l’utilizzo di strumenti di
valutazione multidimensionali che prevedono anche accessi domiciliari per
favorire la conoscenze del contesto e proporre soluzioni personalizzate. Sulla
base della compilazione delle schede viene attribuito un ordine di priorità agli
utenti, derivante della gravità della loro condizione di salute. Le case di riposo
possono aggiungere punti sulla base di specifici requisiti (per esempio in alcuni
casi possono essere privilegiati i residenti). Nelle singole strutture identificate
si genera una graduatoria; appena vi è disponibilità del posto in una delle
strutture, l’utente viene contattato direttamente da quest’ultima per la proposta
di accoglimento. In funzione del profilo di bisogno delineato, l’UVD elabora
un sintetico Piano di Assistenza Individuale, che verrà integrato e sviluppato
da parte della struttura di accoglienza, sulla base del quale vengono attuati gli
interventi terapeutici, sanitari e socioassistenziali.
Una volta attuato, qualora necessario, il PAI può essere modificato dalle
strutture senza coinvolgimento dell’UVD così da venire incontro alle nuove
esigenze degli utenti.
Criticità e Punti di forza
Uno dei punti di forza del sistema in analisi è la ricchezza dell’offerta per la
popolazione anziana e la possibilità di scelta di diverse soluzioni che
sostengono i nuclei familiari sia nell’inserimento presso strutture residenziali
diversificate per intensità di bisogno e cura, sia nella permanenza al domicilio
degli assistiti. Quest’ultima è supportata tramite i servizi domiciliari, che
rappresentano una parte importante dell’offerta territoriale, erogati sia
direttamente (SAD, ADI), sia attraverso l’assegnazione di un contributo o
assegno di cura. Si segnala inoltre che viene promossa una solidarietà
trasversale attraverso l’individuazione di meccanismi di compartecipazione ai
costi assistenziali per tipologia di struttura residenziale.
Una delle principali criticità del sistema è l’assenza di momenti in cui venga
effettuata una lettura integrata del bisogno dell’utente, che attualmente viene
demandata esclusivamente all’attività svolta dall’UVD. Tale problematica
viene alimentata dall’assenza di budget integrati, che favorirebbero una
collaborazione fra i diversi attori in gioco.
Ulteriore criticità è legata agli stati vegetativi o a situazioni complesse che
prevedono un incremento di costi non solo sanitari ma anche della quota a
carico delle famiglie, oggi in gravi difficoltà economiche, motivo per cui si
attende la riclassificazione delle strutture che potrà ridisegnare
l’organizzazione e anche le tariffe.
Lo spostamento degli ospiti da strutture per autosufficienti a strutture per non
autosufficienti in seguito ad un peggioramento delle condizioni complessive di
salute risulta frequentemente molto complesso, per motivi diversi (la volontà
198
di non sradicare l’anziano da un ambiente che conosce ormai da diverso
tempo, la necessità di venire incontro alle esigenze delle famiglie etc.). Ciò
porta ad una rivalutazione costante del carico assistenziale e sanitario,
mostrando come sia sempre meno diffuso l’utilizzo di posti letto per
autosufficienti.
Box 2
L’evoluzione della normativa
La normativa relativa ai servizi residenziali e semiresidenziali per anziani è,
in Friuli Venezia Giulia, al momento della redazione di questo Rapporto, in
forte evoluzione. È infatti stata approvata il 26 giugno 2015 in via definitiva
la DGR n. 1226, che contiene in allegato il “Regolamento di definizione dei
requisiti, dei criteri e delle evidenze minimi strutturali, tecnologici e
organizzativi per la realizzazione e per l’esercizio di servizi semiresidenziali e
residenziali per anziani”. Essa, inoltre, rinvia a successivi provvedimenti la
determinazione degli ulteriori requisiti per l’accreditamento di tali servizi,
nonché delle procedure per il rilascio e il mantenimento dell’accreditamento,
la determinazione delle procedure attuative per la stipula degli accordi
contrattuali, l’adozione di uno schema di convenzione/accordo contrattuale
tipo per il riconoscimento delle prestazioni sanitarie. Verranno descritte le
principali novità introdotte suddividendo i servizi tra: servizi residenziali per
anziani autosufficienti, servizi residenziali per anziani non autosufficienti e
servizi semiresidenziali per anziani.
Servizi residenziali per anziani autosufficienti
In questo caso la riqualificazione della rete di offerta avviene per singolo
servizio. Vengono infatti definiti dei requisiti comuni a tutte le strutture
(Case albergo e Comunità alloggio, rinominate Residenza assistenziale
alberghiera e Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti) e dei
requisiti specifici per ciascuna di esse. I requisiti si differenziano a seconda
che le strutture siano di nuova realizzazione o già funzionati ai sensi della
normativa in vigore.
Servizi residenziali per anziani non autosufficienti
La DGR n. 1226 del 2015 non stabilisce, diversamente dai servizi
residenziali per anziani autosufficienti, dei requisiti specifici per struttura
(ovvero Residenza protetta, Residenza polifunzionale, Residenza ad utenza
diversificata, etc., precedentemente descritte), ma dei requisiti specifici per
combinazione di categoria di struttura e tipologie di nucleo strutturale
presenti. Più precisamente, la categoria di struttura è data dal numero di
posti letto complessivi e dalle dotazioni tecnologiche, strumentali e di
personale (avremo quindi livello base, primo livello, secondo livello e terzo
livello, di nuova realizzazione o già funzionanti ai sensi della normativa
vigente).
199
Per nucleo strutturale s’intende invece un’area di degenza autonoma dotata
di specifiche caratteristiche strutturali e di dotazioni strumentali, collocata su
uno stesso piano dell’edificio sede dell’attività residenziale (di tipologia N1,
N2, N3, o N1nr e N3nr se collocati in strutture di nuova realizzazione).
Come già affermato, dalla combinazione di questi elementi scaturiranno i
requisiti minimi da applicare.
Servizi semiresidenziali per anziani
In quest’ultimo caso i requisiti minimi richiesti variano in base alla struttura
considerata, ovvero se essa sia indirizzata ad anziani autosufficienti o non
autosufficienti.
Da ultimo è interessante notare che la DGR in oggetto stabilisce dei profili
di bisogno delle persone accolte, correlati all’omogeneo assorbimento di
risorse sanitarie e assistenziali, non sempre direttamente proporzionali alla
gravità clinica o alla compromissione funzionale. I profili sono generati dal
sistema di valutazione multidimensionale e vengono associati dalla delibera
alle diverse strutture di assistenza precedentemente indicate. Essi sono:
Profilo A star
Comprende persone che presentano bisogni complessi a elevatissima
rilevanza sanitaria e sociosanitaria, richiedenti trattamenti intensivi,
essenziali per il supporto alle funzioni vitali. Nello specifico, trovano
collocazione all’interno di questo profilo persone che hanno bisogno di
aiuto per una totale compromissione della capacità di svolgere le attività di
base della vita quotidiana e che, per il soddisfacimento dei loro bisogni
clinico-assistenziali, necessitano per lo più di monitoraggi clinici
pluriquotidiani di tipo specialistico e di trattamenti terapeutici intensivi a
supporto delle funzioni vitali.
Profilo A
Comprende persone che presentano per lo più bisogni sanitari a elevata
rilevanza associati a bisogni sociosanitari complessi. In particolare trovano
collocazione all’interno di questo profilo persone che necessitano di
monitoraggi clinici quotidiani e trattamenti continui, qualificati, specialistici
e presentano spesso una severa limitazione della capacità di svolgere le
attività di base della vita quotidiana.
Profilo B
Comprende persone che presentano per lo più bisogni sanitari di
complessità medio-bassa associati a elevati bisogni sociosanitari. Si tratta di
una gamma piuttosto ampia di utenza che spazia da soggetti con bisogni
sanitari, seppur di media complessità, fino a giungere a utenti con prevalenti
o esclusivi bisogni sociosanitari correlati, a prescindere dal fattore causale, a
una progressiva perdita dell’autosufficienza funzionale (a partire da quella
motoria).
200
Profilo B Comportamentale
Comprende persone che presentano elevati bisogni sociosanitari, associati o
meno a bisogni sanitari di complessità media o bassa, correlati a rilevanti
disturbi del comportamento che complicano malattie mentali o quadri di
deterioramento cognitivo moderato-grave su base dementigena. Nello
specifico, le modalità di sorveglianza e la tipologia di assistenza di cui
necessitano queste persone non sono vincolate alla frequenza di comparsa
dei disturbi comportamentali, ma sono più strettamente collegate al genere e
alla gravità delle problematiche foriere di azioni pericolose per sé e per gli
altri.
Profilo C
Comprende persone - a rischio di precipitazioni funzionali - richiedenti una
presa in carico tempestiva, che presentano bisogni sociosanitari di mediobassa complessità, bisogni clinico-sanitari di solito lievi (o, più raramente, di
media rilevanza) e bisogni sanitari infermieristici di grado diverso, con
ampia variabilità interindividuale.
Profilo E
Comprende persone che presentano bisogni sociosanitari di grado lieve e
solitamente limitati nel tempo, nonché bisogni sanitari per lo più lievi od
occasionali.
201
2.9 AULSS di Venezia46
Il contesto aziendale
L’ambito territoriale di competenza dell’Azienda ULSS (AULSS) 12 Veneziana
comprende i Comuni di Venezia, Cavallino-Treporti, Marcon e Quarto
D’Altino, per un’area di 462,4 kmq con una popolazione residente di 303.732
abitanti al 31 dicembre 201447.
Tale territorio si articola in due Distretti sociosanitari, ovvero:
• Distretto 1: Venezia Centro Storico, Estuario e Cavallino-Treporti;
• Distretto 2: Venezia Terraferma, Quarto d’Altino e Marcon.
Il Distretto Socio Sanitario viene identificato all’interno dell’Azienda AULSS
12 Veneziana come il luogo d’integrazione tra i servizi sanitari, sociosanitari e
socioassistenziali, con l’obiettivo di assicurare una risposta coordinata e
continua ai bisogni della popolazione. Esso si pone quale punto di accesso per
tutti i servizi offerti e come sede di coordinamento e gestione dell’intera filiera
dell’assistenza territoriale.
Il coordinamento di tali Distretti viene assicurato nell’AULSS 12 Veneziana da
una figura specifica, il Direttore dei Servizi Sociali e della Funzione
Territoriale, in collaborazione con il Direttore Sanitario.
Più in particolare, il Direttore dei Servizi Sociali e della Funzione Territoriale è
nominato dal Direttore Generale, sentita la Conferenza dei Sindaci, al fine di
concorrere al processo di pianificazione strategica per la propria materia di
competenza, ovvero allo svolgimento della funzione di programmazione,
allocazione e committenza. Elabora quindi la pianificazione della rete dei
servizi, curando i rapporti istituzionali con le Amministrazioni comunali per le
scelte attinenti alla definizione delle linee strategiche di indirizzo. Dirige e
coordina, in riferimento agli aspetti organizzativi dei servizi sanitari, socio
sanitari e socio assistenziali del territorio, nonché per quel che riguarda i
servizi sociali, i programmi di intervento di area specifica ed i responsabili
delle strutture dell’Azienda. Fornisce, infine, le informazioni e realizza le
attività necessarie per il controllo di gestione dell’Azienda ed il controllo di
qualità dei servizi e delle prestazioni erogate.
Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo della Dott.ssa Giovanna Busso,
Dirigente presso la Direzione dei Servizi Sociali dell’Aulss 12 veneziana, e del Dott. Antonio
Aggio, Direzione regionale Attuazione Programmazione Sanitaria. La responsabilità di quanto
scritto resta comunque in capo agli autori.
47 Dati forniti dall’UOC Controllo di Gestione dell’Azienda ULSS 12 Veneziana.
46
202
Tabella 66: Popolazione di riferimento AULSS 12 veneziana
Popolazione al 31/12/2014
Popolazione totale
Popolazione 65-74
Popolazione over 75
Totale popolazione Anziana (over 65)
% popolazione over 65-74
% popolazione over 75
% popolazione Anziana (over 65)
AULSS 12
303.732
39.043
41.297
80.340
12,85%
13,60%
26,45%
Stima popolazione non autosufficiente over 65
(18,5%)∗
14.863
Fonte: Dati forniti dall’UOC Controllo di Gestione dell’Azienda AULSS 12 Veneziana
I servizi offerti
Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso veneto è che vengono
offerti, nel territorio dell’AULSS 12 “Veneziana”, quasi tutti i servizi
residenziali (mancano infatti le Comunità alloggio per persone anziane,
successivamente descritte nel Box 9) e tutti i servizi semiresidenziali e
domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Si origina
così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e sociosanitarie a
disposizione della popolazione anziana, più precisamente:
Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, Sezione
per gli Stati Vegetativi Permanenti (SVP), Sezioni ad Alta Protezione
Alzheimer (SAPA), Centro di servizi per anziani non autosufficienti (con
distinte unità di offerta per anziani con maggior bisogno assistenziale e per
anziani con ridotto/minimo bisogno assistenziale), Casa Albergo/Mini
Alloggio, Casa per persone anziane autosufficienti.
Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Centri
diurni per persone anziane non autosufficienti.
∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di
incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da
rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65
residente nell’AULSS 12 (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over
65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si
veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano.
203
Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio
di Assistenza Domiciliare Integrata, del Servizio di Assistenza Domiciliare e
dell’Impegnativa di Cura Domiciliare (ICD).
I servizi presenti nel territorio dell’AULSS 12 Veneziana: la filiera
sociosanitaria
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’AULSS 12 “Veneziana”
afferenti alla filiera sociosanitaria.
Sezione per gli Stati Vegetativi Permanenti (SVP)
(DGR n. 702 del 2001, DGR n. 2501 del 2004)
Le SVP sono specifiche strutture di ricovero ed assistenza per Stati Vegetativi
Permanenti, il cui obiettivo è garantire un elevato livello di assistenza sanitaria
ed infermieristica senza gravare le famiglie e le altre maglie della rete
assistenziale. Più specificatamente, è compito delle SVP mantenere la
stabilizzazione dello stato clinico generale e le funzioni vitali, prevenire le
complicazioni, avviare e sviluppare, qualora possibile, un sistema individuale
di comunicazione con l’ambiente, supportare la famiglia, stimolare e favorire
la riabilitazione del paziente.
Gli utenti accolti in queste strutture sono persone che si trovano in condizione
di “stato vegetativo” a seguito di gravi lesioni celebrali.
La valutazione per l’ammissione alle sezioni per i pazienti in stato vegetativo è
svolta dalla UVMD, su proposta del medico dimettente ospedaliero o del
medico di medicina generale in accordo con il responsabile della struttura
accogliente.
Il personale previsto per questa tipologia di strutture è:
• Medico: 6 ore/settimana per ogni nucleo;
• Fisiatra: 2 ore/settimana per ogni nucleo al fine di sovraintendere al
progetto/programma riabilitativo;
• IP, OSS e fisioterapista: 4 ore/die complessive per ciascun paziente
per sette giorni;
• Psicologo: 3 ore/settimana per ogni nucleo per la valutazione
neuropsicologica del soggetto e sostegno psicoterapeutico per la
famiglia.
Le SVP si articolano in sezioni composte di nuclei da 4 posti letto per un
totale massimo di 10 posti letto per sezione.
204
La tariffa giornaliera stabilita dalla DGR n. 2621 del 2012, allegato D, per
l’assistenza prestata dalle SVP è 153,00 €/die.
La normativa stabilisce inoltre una differenziazione della quota sanitaria e della
quota alberghiera a seconda della durata della permanenza dell’utente presso la
struttura; si avranno quindi:
• Per i primi 6 mesi: 153,00 €/die a carico AULSS (quindi la quota
sanitaria è pari al 100%);
• Dopo i primi 6 mesi: 130,00 €/die a carico AULSS e 23,00 €/die a
carico dell’utente con eventuale integrazione a carico del Comune di
residenza.
Sezione Alta Protezione Alzheimer
(DGR n. 702 del 2001, DGR n. 2501 del 2004)
Le SAPA sono strutture destinate ad accogliere persone affette da demenza di
grado moderato o severo che, per il livello del deficit cognitivo e per la
presenza di significative alterazioni comportamentali, non trovino una risposta
adeguata con l’assistenza domiciliare o in altre forme di residenzialità. Si tratta
di una risposta limitata nel tempo, rivolta a coloro che necessitano di un
particolare approccio clinico-assistenziale durante una o più fasi della loro
malattia. In termini generali, l’istituzione di questa tipologia assistenziale era
finalizzata alla creazione di nuovi nodi nella rete delle strutture
extraospedaliere, con la volontà di sostenere tramite un’assistenza più specifica
e specializzata i pazienti e i loro caregiver. Più specificatamente, particolare
attenzione veniva prestata ad obiettivi quali:
• realizzazione di progetti terapeutici specifici per i disturbi cognitivi, i
disturbi del comportamento, i disturbi della motricità, la gestione dei
disturbi sfinterali;
• attuazione di programmi di riattivazione e di ricondizionamento
cognitivo;
• formazione del caregiver parentale e del personale di assistenza;
• utilizzo e verifica del caso attraverso scale validate per i disturbi
cognitivi, comportamentali e funzionali;
• gestione della criticità che ha motivato l'accoglienza in una sezione
residenziale ad alta protezione, compresa la ridefinizione del peso
delle problematiche sociali e della progettazione dei relativi interventi;
L’accesso si realizza previa valutazione da parte della UVMD, su proposta del
medico dimettente ospedaliero o del medico di medicina generale, sentito il
responsabile della struttura di accoglienza. La permanenza sarà limitata al
periodo necessario ad effettuare il programma assistenziale e clinico, con
predisposizione ed individuazione della successiva risposta che potrà essere il
205
rientro a domicilio, eventualmente con assistenza domiciliare integrata o
l’accoglimento in residenza protetta.
Il personale previsto dalla normativa regionale vigente per questa tipologia di
strutture è:
• 1 Infermiere Professionale ogni 8 ospiti;
• 1 OSS ogni 2 ospiti;
• Educatore/animatore: 1 ogni 15 ospiti comprensiva dei caregiver;
• Personale fisioterapista: 0,5 ogni 15 ospiti;
• Sono assicurati 30 minuti die pro ospite di attività svolta dallo
psicologo comprensiva dei caregiver (presa in carico dei disturbi
cognitivi del comportamento e alle connesse attività formative ed
educazionali);
• è prevista l'assistenza medica da parte dei MMG
Si articola in sezioni composte da un minimo di 10 posti letto ad un massimo
di 15; la permanenza in queste strutture non può durare più di 60 giorni.
Il valore della retta giornaliera stabilito dalla DGR n. 2621 del 2012, allegato
D, è complessivamente 128,00 €/die, così suddiviso:
• 92,00 €/die a carico AULSS
• 36,00 €/die a carico dell’utente/Comune di residenza
Centro di servizi per anziani non autosufficienti
(DGR n. 84 del 2007)
Il Centro di servizi è un presidio che offre a persone non autosufficienti di
norma anziani, con esiti di patologie fisici, psichici, sensoriali e misti non
curabili a domicilio, un livello di assistenza medica, infermieristica, riabilitativa,
tutelare e alberghiera organizzate in base alla specifica unità di offerta. Gli
utenti cui questo servizio è rivolto sono gli anziani non autosufficienti con un
bisogno assistenziale non gestibile al domicilio
L’accesso al servizio è garantito previa individuazione dello specifico profilo
assistenziale da parte della UVMD. Deve essere inoltre definito e
documentato un PAI sulla base:
• delle condizioni dell'utente, dei suoi bisogni e del suo contesto
familiare e sociale
• dei risultati che si vogliono ottenere
• della capacità di risposta dell'ente in termini organizzativi interni e di
eventuale integrazione e ricorso ai servizi della rete.
In particolare il PAI deve comprendere la valutazione multidimensionale
dell'utente, l’individuazione degli obiettivi specifici d’intervento,
206
l’individuazione dell’operatore referente del PAI, l’informazione, il
coinvolgimento e la condivisione con l’utente e/o dei suoi familiari nella
definizione del PAI e la sua formalizzazione con la descrizione delle attività
specifiche, dei tempi indicativi di realizzazione, la frequenza e la titolarità degli
interventi, la realizzazione di attività di verifica (procedure, tempi e strumenti)
e altri elementi significativi.
La struttura può avere una capacità ricettiva massimo di 120 posti letto,
organizzati in nuclei di massimo 30. I centri di servizi per anziani non
autosufficienti si suddividono inoltre in due unità di offerta, a seconda dello
specifico profilo assistenziale degli utenti che vengono ospitati. Tali unità di
offerta, si differenziano, fra gli altri, per gli standard di personale adottati e le
tariffe applicate, di seguito descritti.
Unità di offerta per anziani non autosufficienti con maggior bisogno
assistenziale
Il personale previsto dalla DGR n. 84 del 2007 per l’area sociosanitaria è:
• 1 coordinatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 unità di personale48 con funzione di assistenza sociosanitaria ogni
2,4 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 infermiere professionale ogni 12 ospiti presenti in media nell’anno
(gli infermieri generici e/o gli operatori con la qualifica di OSS sono
previsti al massimo per il 30%); deve essere garantito il servizio
infermieristico nell’arco delle 24 ore, con la presenza notturna in sede
di almeno 1 infermiere ogni 60 ospiti.
Per l’area sociale vengono invece previsti:
• 1 educatore-animatore ogni 60 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 assistente sociale ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 psicologo ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno;
• altro personale sanitario (medici, psicologi, terapisti della
riabilitazione, etc.) deve essere garantito dall'AULSS di riferimento;
• deve essere prevista la presenza di adeguato personale ausiliario o
servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico.
Non è possibile identificare una retta giornaliera complessiva comune a tutte
le strutture della Regione, in quanto la quota sociale a carico
dell’utente/Comune di residenza dipende dalla numerosità e dalla modalità di
gestione dei servizi alberghieri offerti nelle diverse sedi e non è definita dalla
normativa vigente. È possibile però riportare la quota sanitaria, che la DGR n.
1673 del 2010 stabilisce in 56,00 €/die; ad ogni modo, tale quota, visti gli
48
1 unità personale corrisponde a 1 persona con contratto di lavoro full time (36 ore)
207
obiettivi e le attività del Centro di servizi, rappresenta circa il 50% del valore
totale della retta.
Unità di offerta per anziani non autosufficienti con ridotto/minimo
bisogno assistenziale
La DGR n. 84 del 2007 individua come personale preposto all’assistenza
nell’area sociosanitaria:
• 1 coordinatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 unità di personale con funzione di assistenza sociosanitaria ogni 2,5
ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 infermiere professionale ogni 15 ospiti presenti in media nell’anno
(gli infermieri generici e/o gli operatori con la qualifica di OSS sono
previsti al massimo per il 30%); deve inoltre essere garantito il servizio
infermieristico nell’arco delle 24 ore, anche mediante il ricorso alla
reperibilità notturna.
Per l’area sociale invece vengono previsti:
• 1 educatore-animatore ogni 60 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 assistente sociale ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 psicologo ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno;
• altro personale sanitario (medici, psicologi, terapisti della
riabilitazione, etc.) deve essere garantito dall'AULSS di riferimento;
• deve essere prevista la presenza di adeguato personale ausiliario o
servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico.
Anche in questo caso non è possibile identificare una retta giornaliera
complessiva comune a tutte le strutture della Regione, in quanto la quota
sociale a carico dell’utente/Comune di residenza dipende dalla numerosità e
dalla modalità di gestione dei servizi alberghieri offerti nelle diverse sedi e non
è definita dalla normativa vigente. È possibile però riportare la quota sanitaria,
che la DGR n. 1673 del 2010 stabilisce in 49,00 €/die; ad ogni modo, tale
quota, visti gli obiettivi e le attività del Centro di servizi, rappresenta circa il
50% del valore totale della retta.
Centro diurno per persone anziane non autosufficienti
(DGR n. 84 del 2007)
Il centro diurno per persone anziane non autosufficienti è un servizio
complesso a carattere diurno che fornisce interventi sanitari (prevenzione,
terapia e riabilitazione), assistenziali (cura della persona, autonomia personale)
e sociali (animazione, terapia occupazionale, socializzazione) ad anziani non
autosufficienti residenti presso il proprio domicilio.
208
Le finalità perseguite tramite l’istituzione e l’operato dei centri diurni sono:
• Ritardare l’istituzionalizzazione e il decadimento psico-fisico
dell’anziano, fornire sostegno e sollievo alle persone anziane non
autosufficienti e/o alle loro famiglie;
• Concorrere al mantenimento della persona anziana nel proprio
ambiente familiare e sociale;
• Dare conveniente risposta ai bisogni di cura delle persone anziane
dimesse dall’ospedale, riducendo così le giornate di ricovero e
alleviando l’onere assistenziale delle famiglie.
L’accesso richiede una valutazione multidimensionale delle condizioni della
persona effettuata dall’UVMD attraverso la compilazione della SVaMA per
l’individuazione del profilo di non autosufficienza ed il successivo inserimento
della persona richiedente nel registro della residenzialità. L’accoglienza in
struttura viene poi autorizzata a seconda del punteggio di gravità, del profilo
individuato e della scelta del Centro di Servizi.
Gli standard di personale definiti dalla DGR n. 84 del 2007 prevedono la
presenza di:
• 1 OSS ogni 4 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 infermiere professionale part time al 75% ogni 30 ospiti presenti in
media nell’ anno
• deve essere prevista la presenza di adeguato personale ausiliario o
servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico
Il centro diurno può inoltre avvalersi della collaborazione di uno psicologo, di
un assistente sociale o di un educatore; la presenza di altro personale sanitario
(medici, psicologi, riabilitatori, etc.) deve essere garantita dall’Azienda AULSS
di riferimento
Il numero massimo di ospiti, in termini di presenze medie giornaliere, che
possono frequentare il Centro diurno sono 30.
Dal punto di vista del finanziamento, la tariffa sociosanitaria giornaliera
prevista dalla DGR n. 1673 del 2010 per i centri diurni si compone di una
quota sanitaria pari a 27,99 €/die e di una compartecipazione
dell’utente/Comune di residenza tramite quota sociale. Quest’ultima non
viene esplicitata nella DGR, ma viene definita dall’ente gestore in base
all’andamento del mercato, e si attesta a circa 29 €/die.
209
Cure Domiciliari
(DGR n. 5273 del 1998, DGR n. 1722 del 2004, DGR n. 39 del 2006, DGR n.
2372 del 2011)
Per Cure domiciliari si intende nella Regione Veneto l’assistenza sanitaria resa
a casa del paziente dagli operatori sanitari delle Cure Domiciliari: MMG,
Infermiere, fisioterapista, Medico Specialista Geriatra, Medico Palliativista,
altro Medico Specialista, Medico di Continuità (non come unica figura ma in
integrazione con gli altri operatori), Operatore Sociosanitario (se dipendente
del Distretto Sociosanitario). Le Cure Domiciliari costituiscono la parte più
strettamente sanitaria dell’assistenza domiciliare; ad esse possono concorrere
anche i familiari, l’assistenza privata a pagamento e gli altri componenti della
rete socioassistenziale (ad esempio: Operatori Sociosanitari del Comune o del
Distretto). In questo contesto l’acronimo ADI, usato in altre realtà, può essere
sostituito dal termine “Cure Domiciliari”.
L’obiettivo che le CD perseguono è di permettere al cittadino di rimanere
presso il proprio domicilio e nel proprio contesto familiare per ricevere le cure
e l’assistenza necessarie, senza dover essere ricoverato in strutture ospedaliere
o residenziali. Gli utenti del servizio sono persone di tutte le età, che si
trovano in condizioni di dipendenza fisica o sociale o sociosanitaria.
La DGR n. 2372 del 2011 identifica alcuni standard di riferimento di servizio
per le Cure domiciliari che vengono qui riportati:
Figura 16: Standard di riferimento per le Cure domiciliari
Fonte: DGR n. 2372 del 2011
I costi sanitari sono totalmente a carico dell’AULSS; il valore della quota
alberghiera versata dall’utente, o dal comune qualora egli si trovi al di sotto di
210
determinate soglie di reddito definite da ciascun comune nei propri
regolamenti, dipende invece dal reddito della persona e viene definito
all’interno dei singoli regolamenti comunali
Impegnativa di Cura Domiciliare (ICD)
(DGR n. 1338 del 2013)
L’Impegnativa di Cura Domiciliare è un contributo erogato per l’assistenza
delle persone non autosufficienti anziane o disabili al proprio domicilio ad
integrazione delle attività di assistenza prestate dai Comuni e dall’AULSS. Essa
mira a garantire la permanenza a domicilio delle persone non autosufficienti
sia attraverso l’assegnazione di un contributo economico, sia attraverso
l’assegnazione di un monte ore di prestazioni o di servizi di pari valore. L’ICD
infatti, introdotta nel 2013, viene utilizzata nella Regione Veneto per riunire in
un unico contesto tutti gli interventi previsti dal Fondo regionale per la non
autosufficienza in ambito domiciliare, già programmati come Assegno di cura
(ADC), Aiuto personale e vita indipendente, ADI-SAD e Sostegno alla grave
disabilità con necessità di assistenza domiciliare nelle 24h (compresa SLA);
vengono inoltre ricondotti all’ICD gli assegni badanti e i contributi per
Alzheimer e demenze. Tale provvedimento si è reso opportuno anche al fine
di adattare il contenuto delle prestazioni domiciliari nell'ambito dell’erogazione
dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza aggiuntivi regionali (DGR 154/CR
del 2012 e DGR 37/CR del 2013).
L’ICD persegue quindi l’ottica della presa in carico, da parte dei servizi sociali
e sociosanitari di Comuni, enti delegati e Aziende AULSS, delle situazioni di
disagio dovute alla non autosufficienza, al fine di supportare le azioni con un
insieme di interventi integrati tra loro. Le attività che generalmente ricevono
assistenza sono:
a. Supervisione e sorveglianza a soggetti con mobilità conservata o
ridotta ma con presenza di decadimento cognitivo e/o disturbi del
comportamento che potrebbero originare comportamenti a rischio
per l’incolumità personale e dei conviventi oltre che la fuga;
b. Assistenza nelle attività strumentali della vita quotidiana (iADL)
ovvero assumere i farmaci in sequenza e dosi corrette, fare la spesa,
preparare i pasti, fare il bucato, eseguire i lavori domestici, gestire
piccole somme di denaro, usare il telefono per comunicare, utilizzare i
mezzi di trasporto;
c. Assistenza nelle attività della vita quotidiana (ADL) in genere
riassunte, in ordine di priorità, in: lavarsi, usare il WC, camminare in
una stanza, spostarsi dal letto ad una poltrona/sedia, vestirsi e
svestirsi, mangiare.
211
Le tipologie di Impegnativa di Cura Domiciliare sono cinque e ciascuna di
esse risponde a diverse intensità di bisogno assistenziale; si avranno quindi:
- Utenti con basso bisogno assistenziale (ICDb, riuniscono gli assegni
di cura base e badanti e il contributo ADI-SAD erogato in forma di
servizio e non di contributo economico), verificato dalla rete dei
servizi sociali e dal Medico di Medicina Generale, con ISEE familiare
inferiore a 16.631,71€. Il valore della quota mensile riconosciuta è di
120€ per ICDb ex ADC e 100€ per ICDb ex ADI-SAD, ripartibile ai
Comuni49.
- Utenti con medio bisogno assistenziale (ICDm che sostituiscono
ADC demenze con disturbo comportamentale), verificato dal
Distretto Socio Sanitario, con presenza di demenze di tutti i tipi
accompagnate da gravi disturbi comportamentali o con maggior
bisogno assistenziale rilevabile dal profilo SVaMA, con ISEE
familiare inferiore a 16.631,71€. Il contributo mensile previsto in
questo caso è pari a 400,00€49.
- Utenti con alto bisogno assistenziale (ICDa, che assorbono la DGR
sulla SLA e gli altri interventi domiciliari per assistenza continuativa
h24), verificato dal Distretto Socio Sanitario, con disabilità gravissime
e in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di
assistenza continua nelle 24 ore, con ISEE familiare inferiore a
60.000,00€. Il valore mensile dell’ICDa è pari a 800,00€49.
- Utenti con grave disabilità psichica e intellettiva (ICDp), già
interventi di promozione dell’autonomia personale e di aiuto
personale; il valore medio mensile dell’ICDp è pari a 225,00€.
- Utenti con grave disabilità fisico-motoria (ICDf, già progetti di vita
indipendente). Questa tipologia di Impegnativa di Cura Domiciliare
viene utilizzata per sovvenzionare dei progetti nei quali la persona in
età adulta con disabilità fisico-motoria, non dipendente da deficit
sensoriali e non correlata a deficit cognitivi, in grado di
autodeterminare la propria volontà, propone e gestisce il proprio
piano personalizzato di assistenza, al fine di conseguire obiettivi di
vita autonoma, parità di opportunità ed integrazione sociale.
L’assistenza personale autogestita permette di vivere autonomamente
presso il proprio domicilio e consente alle famiglie di essere più libere
da obblighi assistenziali. La persona con disabilità infatti sceglie il/i
proprio/i assistente/i, ne cura la formazione, ne concorda
direttamente mansioni, orari e retribuzione; inoltre, il soggetto con
disabilità può, con il finanziamento ricevuto, acquistare attrezzature
specifiche per l’autonomia personale. Il contributo presenta un
49Per
queste ICD gli importi del contributo sono variabili in funzione del reddito o del progetto
assistenziale.
212
ammontare variabile determinato dal progetto personalizzato, con un
limite massimo di 1.000,00€ mensili, mentre il riparto per AULSS è
effettuato su una quota media mensile di 550,00€.
Infine, la DGR n. 1338 del 2013 stabilisce il riparto delle risorse per il Sollievo
che ciascuna Azienda, informata la Conferenza dei Sindaci e la Direzione
regionale Servizi sociali, può utilizzare ad integrazione delle ICD o per
impegnative di residenzialità temporanee e comunque nell’ambito delle attività
definite come LEA.
In generale, il riconoscimento del diritto all’ICD è condizionato
dall’accertamento di:
• Una condizione di non autosufficienza sotto i profili sanitario e
sociale che evidenzia la necessità di un particolare supporto attraverso
l’aiuto da altra persona in una o più attività della vita quotidiana;
• Sufficiente adeguatezza del supporto erogato dalla famiglia,
direttamente o indirettamente, e/o dalla rete sociale a copertura delle
esigenze della persona;
• Una condizione economica della famiglia (o della persona per ICDp e
ICDf) di cui fa parte la persona non autosufficiente contenuta entro
certi limiti ISEE, precedentemente descritti.
Oltre a ciò si aggiungono i requisiti specifici relativi a ciascuna tipologia di
ICD.
Box 8
Le cure intermedie e i sevizi per anziani
(DGR n. 2718 del 2012; DGR n. 2122 del 2013; DGR n. 2108 del 2014;
DGR n. 2683 del 2014)
Si ritiene opportuno inserire all’interno della presente trattazione un
riferimento a due strutture che non vengono normalmente attribuite alla
rete dei servizi per anziani, bensì alla rete delle cure intermedie, ovvero gli
Ospedali di Comunità (ODC) e le Unità Riabilitative Territoriali (URT).
Tale decisione viene assunta perché, in sede di intervista, è stata segnalata
una forte presenza di over65 fra i pazienti ospitati, elemento che testimonia
come queste strutture siano un punto di riferimento fondamentale nel
percorso di cura degli anziani
213
Box 8
Le cure intermedie e i sevizi per anziani
Ospedali di Comunità:
L’ODC (derivante dall’evoluzione e dall’affinamento delle RSD - Residenze
Sanitarie Distrettuali, attualmente presenti nel territorio dell’ULSS n. 12
Veneziana nel numero di 40 per un totale di 175 utenti in carico e di 66
giorni di degenza media) è una struttura di residenzialità extra-ospedaliera a
carattere temporaneo per l’erogazione di prestazioni prevalentemente di tipo
sanitario. Essa è finalizzata a garantire le cure intermedie, ovvero le cure
necessarie per quei pazienti post-acuti o cronici riacutizzati che sono
stabilizzati dal punto di vista medico, ma sono ancora troppo instabili per
poter essere trattati in regime ambulatoriale o residenziale; l’ODC si rivolge,
inoltre, a problemi che si risolvono in un periodo limitato di tempo
(indicativamente 4-6 settimane). Al suo interno vengono svolti
principalmente
tre
tipi
di
attività:
recupero
funzionale,
stabilizzazione/adattamento alla disabilità e palliazione.
I pazienti possono essere inviati sia dall’ospedale che dal territorio dopo la
formulazione del progetto assistenziale con UVMD; per i pazienti
provenienti dall’ospedale o dal PS con accettazione rapida essa deve essere
eseguita entro 7 giorni dall’ingresso in ODC. L’accesso è solitamente rivolto
a pazienti adulti/anziani con profilo SVAMA superiore a 2 e necessità
variabili di cure sanitarie, mentre i pazienti con demenza e disturbi
comportamentali non ben controllati dalla terapia dovrebbero essere assistiti
in nuclei SAPA idealmente contigui o in collegamento funzionale con
l‘ODC. La SVAMA dovrà essere eseguita anche alla dimissione;
quest’ultima dovrà realizzarsi entro 30 giorni dall’ingresso in struttura,
tranne in casi particolari che dovranno essere rivalutati in sede di UVMD.
All’interno dell’ODC deve essere garantita una media di 1850 minuti
settimanali di assistenza comprensivi dell’assistenza infermieristica e OSS
per paziente. Per un nucleo di 24 persone vengono quindi considerati (DGR
n. 2718 del 2012):
• 1 coordinatore infermieristico;
• 7,5 infermieri (5,5 turnisti per H24, 2 infermieri case manager
diurni);
• 12 OSS (2 mattino, 2 pomeriggio, 1 la notte);
• 1 fisioterapista o terapista occupazionale part-time solo per i
pazienti da mobilizzare (circa il 50%);
• 1 accesso dell’assistente sociale secondo necessità;
•
214
Devono essere assicurate le principali consulenze specialistiche in loco tra
cui il palliativista, il fisiatra, il geriatra e lo psicologo (cure palliative). Va
inoltre garantita l’attività di punto prelievo e la possibilità di eseguire esami
radiologici tradizionali in loco.
In merito all’assistenza medica, in caso di ODC da riconversione
ospedaliera essa deve essere organizzata con medici e personale proveniente
dall’area geriatrica o internistica riconvertita; in caso di ODC gestito dalla
medicina di famiglia, è compito della Medicina convenzionata garantire la
presenza del medico di medicina generale nella struttura; come ulteriore
ipotesi, è possibile che l’assistenza medica sia affidata a medici con
specifiche capacità professionali della struttura o del Centro Servizi.
Il costo è intermedio tra quello della lungo degenza ospedaliera e quello
delle strutture residenziali: può essere suddiviso in una quota di rilievo
sanitario (92 euro) ed una alberghiera (25 euro) che è a carico dell’utente a
partire dal 31.mo giorno e che diventa di 45 euro dopo il 60.mo giorno di
presenza. Se la struttura eroga autonomamente l’assistenza medica H24,
vengono aggiunti 10 euro al giorno per paziente.
Unità Riabilitative Territoriali:
Come l’ODC, anche l’URT è una struttura di residenzialità extra-ospedaliera
a carattere temporaneo per l’erogazione di prestazioni prevalentemente di
tipo sanitario e anch’essa è finalizzata a garantire la nascita e il futuro
consolidamento della rete delle cure intermedie in Veneto. Al suo interno
viene offerta una risposta polifunzionale a carattere temporaneo (massimo 8
settimane) principalmente per la riabilitazione neurologica e motoria
finalizzata alla riduzione della disabilità residua dopo eventi acuti o
riacutizzazioni di patologie croniche.
I pazienti possono essere inviati sia dall’ospedale che dal territorio dopo la
formulazione del progetto assistenziale con UVMD; per i pazienti
provenienti dall’ospedale o dal PS con accettazione rapida essa deve essere
eseguita entro 7 giorni dall’ingresso in URT. Qualora si configuri
quest’ultima ipotesi, il paziente effettua comunque il proprio ingresso con
un progetto sanitario, che verrà poi sostituito da un progetto integrato.
L’accesso è solitamente rivolto a pazienti adulti/anziani con profilo
SVAMA superiore a 2 e necessità variabili di cure sanitarie, mentre i pazienti
con decadimento cognitivo e gravi disturbi del comportamento devono
essere assistiti in nuclei SAPA idealmente contigui o in collegamento
funzionale con l‘URT, dove non sarebbero adeguatamente protetti.
215
La SVAMA dovrà essere eseguita anche alla dimissione; quest’ultima dovrà
realizzarsi entro 8 settimane dall’ingresso in struttura, tranne in casi
particolari che dovranno essere rivalutati in sede di UVMD.
All’interno dell’URT deve essere garantita una media di 1850 minuti
settimanali di assistenza comprensivi dell’assistenza infermieristica e OSS
per paziente. Per un nucleo di 24 persone vengono quindi considerati (DGR
n. 2718 del 2012):
• 1 coordinatore infermieristico part-time;
• 7,5 infermieri (5,5 turnisti per H24, 2 infermieri case manager
diurni);
• 12 OSS (2 mattino, 2 pomeriggio, 1 la notte);
• 2 fisioterapisti o terapisti occupazionali TPE ogni 24 posti letto;
• 1 accesso dell’assistente sociale secondo necessità;
Devono essere assicurate le principali consulenze specialistiche (es.
ortopedico, neurologo etc.) e l’accesso regolare di un logopedista. Va inoltre
garantita l’attività di punto prelievo e la possibilità di eseguire esami
radiologici tradizionali in loco. Infine, l’Azienda ULSS resta responsabile
della fornitura di farmaci, dispositivi, presidi e ausili personalizzati.
In merito all’assistenza medica, in caso di URT da riconversione ospedaliera
essa deve essere organizzata con medici e personale proveniente dall’area
geriatrica o internistica riconvertita; in caso di URT gestito dalla medicina di
famiglia, è compito della Medicina convenzionata garantire la presenza del
medico di medicina generale nella struttura; come ulteriore ipotesi, è
possibile che l’assistenza medica sia affidata a medici con specifiche capacità
professionali della struttura o del Centro Servizi. La presenza fisiatrica viene
invece assicurata dal Dipartimento/UOC di Riabilitazione
Il costo è intermedio tra quello della riabilitazione ospedaliera e quello delle
strutture residenziali: può essere suddiviso in una quota di rilievo sanitario
(96 euro) ed una alberghiera (25 euro) che è a carico dell’utente a partire dal
primo fino al 60.mo giorno. Dopo tale soglia, la quota alberghiera sarà di 45
euro. Se la struttura eroga autonomamente l’assistenza medica H24,
vengono aggiunti 10 euro al giorno per paziente.
I dati della filiera sociosanitaria50:
I dati di attività relativi alla filiera sociosanitaria dei servizi per la LTC offerti
nel territorio dell’AULSS 12 vengono qui presentati in due momenti
50
Dati al 29 giugno 2015 forniti dall’ULSS 12 Veneziana
216
successivi: prima vengono riportati prima alcuni valori relativi ai servizi di tipo
residenziale; in seguito e vengono trattati contemporaneamente quelli di tipo
semiresidenziale e domiciliare. La seguente tabella mostra quindi alcuni dati di
attività relativi ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti descritti nei
paragrafi precedenti:
Tabella 67: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) AULSS 12
Veneziana
Erogatori
Posti letto
Utenti in carico
nell’anno 2014
Giornate
di
degenza erogate
SVP
Tot. n. 4 di cui
1 pubblica
3 private
SAPA
12
10
2.056
15
51
3.24951
4.119
2.328
692.735
1 privato
Centro Servizi
Tot. n. 16 di cui
5 pubbliche
11 private
Fonte: Dati al 29 giugno 2015 forniti dall’ULSS 12 Veneziana
È possibile utilizzare ulteriori misure per rappresentare la rete di offerta dei
servizi residenziali per la LTC sin qui descritta e per ritrarne le attività svolte.
Più specificatamente, risultano di particolare interesse il tasso di occupazione
dei posti letto, l’indice di rotazione dei posti letto e la degenza media. Risulta
quindi che nell’anno 2014 i posti letto afferenti alle Sezioni per gli Stati
Vegetativi Permanenti hanno registrato un tasso di occupazione medio pari
all’88% e un indice di rotazione pari a 1,25 utenti per p.l.; la degenza media è
stata invece pari a 275 giorni. Valori comparabili sono stati registrati anche dai
Centri Servizi, che presentano un uguale tasso di occupazione (88%), un
indice di rotazione dei posti letto lievemente più elevato (1,6 utenti/p.l.) cui
corrisponde una degenza media di durata lievemente inferiore, pari a 213
giorni. Si differenziano invece le Sezioni Alta Protezione Alzheimer dove il
tasso di occupazione è minore, pari al 64%, e dove un indice di rotazione più
elevato (5,1 utenti/p.l.) si associa ad una durata media della degenza di molto
inferiore, pari a 46 giorni. Utilizzando i valori sinora riportati è possibile
calcolare il rapporto fra il numero di posti letto convenzionati appartenenti a
strutture residenziali per non autosufficienti e la popolazione anziana non
autosufficiente come stimata all’interno della Tabella 66 all’inizio del presente
caso, calcolo che origina un tasso di copertura pari a 13,98%.
51Il
valore è comprensivo degli utenti inseriti all’interno di strutture ubicate in altre ULSS per i
quali l’ULSS n. 12 Veneziana versa l’impegnativa di residenzialità. Più precisamente, gli utenti
sono 3.022 in strutture sul territorio dell’ULSS n. 12 e 227 in strutture extra ULSS n. 12.
217
Relativamente ai servizi semiresidenziali identifichiamo invece 4 Centri diurni
per persone anziane non autosufficienti, di natura pubblica, che contano una
capienza massima di 98 posti e i cui utenti in carico nel corso del 2014 sono
stati complessivamente 293. Per quanto riguarda invece i servizi domiciliari, gli
utenti in carico all’AULSS nell’anno 2014 sono stati 3.948 per le Cure
Domiciliari (ex ADI) e 2.199 per le Impegnative di Cura Domiciliare
I servizi presenti nel territorio dell’AULSS 12 Veneziana: la filiera
sociale
Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali,
semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’AULSS 12 “Veneziana”
afferenti alla filiera sociale.
Box 9
Le comunità alloggio per persone anziane
Si decide di inserire in questo punto della trattazione la descrizione delle
comunità alloggio per persone anziane per due motivazioni principali: per
rispettare nell’esposizione l’ordine dettato dall’intensità di cura e per
rappresentare compiutamente tutti i servizi residenziali per anziani
appartenenti alla filiera sociale regionale. Questo tipo di struttura non è
infatti attualmente presente nell’ULSS n. 12 Veneziana, ma lo sarà a breve,
in quanto una Struttura per anziani autosufficienti si trova al momento
della redazione di questo caso (settembre 2015) in fase di transizione e
adattamento dei propri standard a quelli definiti per questa categoria di
strutture.
La comunità alloggio, regolata dalla DGR n. 84 del 2007, è un servizio
socio assistenziale, di tipo residenziale, di ridotte dimensioni,
funzionalmente collegato ad altri servizi della rete o ad altre strutture per
anziani di maggiori dimensioni e complessità organizzativa. La struttura è
finalizzata a offrire ospitalità ed assistenza; l’obiettivo è quello di cercare
una vita comunitaria parzialmente autogestita, stimolando atteggiamenti
solidaristici e di auto aiuto, con l’appoggio dei servizi territoriali per il
mantenimento dei livelli di autodeterminazione e di autonomia, e per il
reinserimento sociale.
Gli utenti che usufruiscono del servizio sono anziani autosufficienti o
parzialmente non autosufficienti, ma in grado di gestire in modo quasi
autonomo la loro vita quotidiana.
218
La struttura può però continuare ad assistere ospiti che abbiano perduto la
loro autonomia, per periodi limitati di tempo, e in attesa del loro
trasferimento ad altra struttura adeguatamente attrezzata.
La dotazione organica della comunità deve essere flessibile rispetto alle
esigenze dell'utenza; deve essere prevista la presenza programmata di
figure con funzione di animazione e/o assistenza e la presenza di un
operatore di notte.
La capacità massima della struttura è stabilita a 10 posti letto e la retta
viene versata dall’utente stesso o dal Comune di residenza
Casa Albergo/Mini Alloggio
(DGR n. 84 del 2007)
La casa albergo, denominata anche Mini alloggio, è una residenza collettiva
costituita da un insieme di alloggi di piccola dimensione dotati di tutti gli
accessori per consentire una vita autonoma, obiettivo ultimo del servizio.
Vengono qui ospitate persone in età pensionabile, che non necessitano di
particolare assistenza e scelgono di condurre una vita autonoma
Gli alloggi sono variamente raggruppati in unità residenziali, dotate di servizi
collettivi (servizio ristorante e tempo libero) atti a consentire una scelta tra un
tipo di vita autonoma o comunitaria. La capienza massima è di 100 posti letto
e vengono ospitati al massimo 1 o 2 anziani per alloggio. La retta giornaliera
viene fissata dall’ente gestore e viene versata dall’utente o dal Comune di
residenza.
Casa per persone anziane autosufficienti
(DGR n. 84 del 2007)
La casa per persone anziane autosufficienti è un servizio residenziale per
persone anziane con buona autonomia, che vengono accolte e supportate
nella vita quotidiana, delle quali viene tutelata dell’autonomia residua.
In questo caso vengono previsti dalla DGR n. 84 del 2007 dei requisiti di
personale che vengono suddivisi fra area sociale e area sociosanitaria. In
particolare, si stabilisce per l’area sociosanitaria la presenza di:
• 1 coordinatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 OSS ogni 12,5 ospiti presenti in media nell’anno;
• 1 infermiere professionale ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno;
219
• 1 educatore-animatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno.
Per l’area sociale invece la normativa stabilisce che devono essere garantite agli
ospiti attività ludica, di segretariato sociale e/o di supporto psicologico con
adeguate professionalità secondo i seguenti parametri:
• 1 unità di personale con funzione di educatore-animatore ogni 60
ospiti presenti in media nell’ anno, e/o 1 assistente sociale ogni 120
ospiti presenti in media nell’ anno, e/o 1 psicologo ogni 120 ospiti
presenti in media nell’ anno.
Deve essere prevista inoltre la presenza di adeguato personale con funzioni
amministrative e personale ausiliario o servizio equivalente, comprese le
attività di pronto intervento tecnico flessibile
Queste strutture possono ospitare al massimo 90 posti letto articolati in nuclei
funzionali che possono contenere da un minimo di 10 a un massimo di 30
persone. Anche in questo caso la retta giornaliera viene fissata dall’ente
gestore e viene versata dall’utente o dal Comune di residenza.
Servizio di Assistenza Domiciliare
(DGR n. 39 del 2006, DGR n. 2372 del 2011)
L’assistenza domiciliare fornita in maniera formale dai Comuni è denominata
Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD). Il SAD è un servizio di carattere
socio-assistenziale finalizzato alla prevenzione, al mantenimento e al recupero
delle potenzialità residue che permettono alla persona di rimanere nel proprio
domicilio e nel proprio contesto di relazione. È rivolto alla cura della persona
e dell’ambiente e comprende prestazioni che aiutano la persona nel disbrigo
delle attività quotidiane, quali la fornitura dei pasti, la lavanderia, l’aiuto
domiciliare nella cura e nell’igiene personale, etc., sollevando in parte la
famiglia dal carico assistenziale.
Particolare attenzione va posta inoltre alla necessità di sostenere il caregiver,
sia esso appartenente o meno alla rete parentale, attraverso il supporto
educativo dell'operatore sociosanitario, che offre il proprio sostegno alle
iniziative di assistenza privata che le famiglie auto organizzano.
Più specificatamente, le prestazioni di Assistenza Domiciliare vengono offerte
a persone o a nuclei familiari che, a causa di particolari contingenze o per la
non completa autosufficienza, non sono in grado di garantire il
soddisfacimento delle esigenze personali e domestiche, allo scopo di:
• evitare l’istituzionalizzazione o l’ospedalizzazione delle persone
anziane o disabili, garantendo la loro permanenza nel proprio ambito
di vita anche attraverso il supporto dei servizi diurni territoriali;
• promuovere la responsabilità della famiglia, senza sostituirsi ad essa;
220
•
contribuire con le altre risorse del territorio ad elevare la qualità della
vita delle persone e ad evitare il fenomeno dell’isolamento;
• svolgere attività di prevenzione per consentire un’esistenza autonoma
evitando, ritardando o riducendo i processi involutivi fisici-psichici e
sociali.
I Comuni disciplinano con appositi regolamenti i criteri e le modalità di
erogazione dei servizi domiciliari, comprensivi delle modalità di partecipazione
alla spesa da parte dei cittadini. La Conferenza dei Sindaci, nell’ambito del
Piano Locale per la Domiciliarità (PLD; previsti dalla DGR n. 39 del 2006,
oggi confluiscono nei Piani di Zona), individua criteri omogenei ma non
vincolanti per la predisposizione dei regolamenti delle Amministrazioni Locali,
con particolare riferimento a:
a. modalità di accesso e di valutazione dei bisogni;
b. criteri per la definizione delle priorità;
c. soglie di ISEE per l’eventuale compartecipazione al costo da parte
degli utenti;
d. indicatori e metodi per la verifica e la valutazione dei risultati.
Di fatto tali criteri spesso non vengono utilizzati, dando origine a numerosi
regolamenti comunali con contenuti anche molto differenti.
Infine, per la valutazione dei bisogni, vengono utilizzate le modalità della
valutazione multidimensionale e il tempo della prestazione è stabilito dal
progetto personalizzato che viene rivalutato almeno annualmente.
Si riporta successivamente la tabella che, all’interno del Piano di Zona 20102015 del territorio afferente all’AULSS n. 12 Veneziana, indica le percentuali
di utenti che usufruiscono dei servizi SAD nei Comuni di riferimento:
Figura 17: Utenti SAD
Fonte: Piano di Zona 2010-2015
http://www.ulss12.ve.it/docs/file/pubbl_utenti/Piano%20di%20Zona%2020112015_post%20visto%20di%20congruit%C3%83%C2%A0.pdf
221
Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi
Primo contatto
Il percorso che l’utente segue nell’accesso alla rete dei servizi semiresidenziali e
residenziali per anziani presente nell’AULSS 12 Veneziana si differenzia a
seconda che quest’ultimo si trovi presso il proprio domicilio o in ospedale, in
procinto di essere dimesso. Nel primo caso, una volta riscontrata la necessità
dell’anziano di ricorrere ai servizi offerti sul proprio territorio, l’utente o la sua
famiglia si rivolgono al medico di medicina generale o agli assistenti sociali
operanti presso lo sportello integrato del distretto, così da essere indirizzati
sulle successive azioni da intraprendere. Accade infatti frequentemente che
tale sportello sia già conosciuto all’interno del nucleo familiare, in quanto esso
costituisce un punto di riferimento per l’intero territorio per servizi che vanno:
dall'informazione, l'orientamento e la distribuzione della modulistica;
all'accoglienza della domanda e l'inoltro ad eventuali altri servizi di
competenza; alla fornitura di presidi, ausili e protesica; ai prelievi ematici a
domicilio; a consulenze fisioterapiche/fisiatriche a domicilio.
L’accesso ai servizi conseguente alle dimissioni ospedaliere è, al contrario di
quello non appena descritto, un processo continuativo, che vede interfacciarsi
attori e famiglie senza lunghi periodi di attesa. In questo caso, infatti, gli
anziani effettuano il loro ingresso presso gli Ospedali di comunità o gli URT
(per i quali la lista di attesa è quasi nulla) senza rientrare al proprio domicilio.
Per le altre strutture invece gli utenti possono soggiornare temporaneamente
presso i Centri servizi o presso l’ospedale stesso così da garantire la continuità
del loro percorso. Il percorso ospedaliero è molto più rapido rispetto a quello
che si origina presso il domicilio dell’anziano, in quanto vi è l’incentivo a
liberare rapidamente i posti letto per acuti per accogliere nuovi pazienti e
ridurre i costi dei ricoveri. In questo secondo caso quindi non è la famiglia a
rivolgersi ai servizi, ma sono gli assistenti sociali già presenti all’interno
dell’azienda ospedaliera a ricercare il contatto. In particolare, soprattutto per i
reparti di medicina interna, ortopedia, neurologia e geriatria, sono i medici
stessi ad attivare il processo, segnalando la presenza di anziani il cui percorso
di cura continuerà sul territorio.
Ad ogni modo, indipendentemente dalla provenienza dell’utente (ospedale,
domicilio, strutture extra-ospedaliere, etc.) ed eccettuati i casi di assoluta
urgenza sociale (ovvero stati di documentato “abbandono sociale”), l’iter
procedurale per l’ammissione di un assistito alla rete dei servizi richiede la
presentazione di una domanda di valutazione presso l’Unità di Valutazione
Multidimensionale Distrettuale (UVMD). Tale richiesta deve essere inoltrata
dall’interessato, da un familiare o da un qualsiasi operatore che sia a
conoscenza del bisogno, in ogni caso garantendo il consenso informato della
persona interessata e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali, al
Distretto di competenza territoriale dell’assistito. Il cittadino potrà modificare
222
in qualsiasi momento le preferenze registrate all’atto della domanda tramite
comunicazione in forma scritta da far pervenire presso le Segreterie UVMD.
Selezione dell’utenza e primo accesso
La UVMD, ricevuta la domanda di accoglimento presso i servizi, analizza le
problematiche assistenziali sociali e sanitarie presentate dall’utente tramite
scheda SVaMA (Scheda di Valutazione Multidimensionale dell’Anziano).
Generalmente tale scheda viene compilata dal Medico di medicina generale
per la parte sanitaria e cognitivo-funzionale e dall’assistente sociale del
Comune competente per territorio; in caso di necessità il responsabile della
UVMD può coinvolgere altri specialisti. Partecipano infatti alle attività
dell’UVMD il Direttore del Distretto o suo delegato, il Medico curante,
l’Assistente Sociale referente per area di intervento e ogni altro operatore o
professionista che si renda necessario, in base alle esigenze particolari della
situazione valutata. Viene così definito il profilo di non autosufficienza della
persona, in relazione al quale possono essere stabilite le diverse articolazioni
dei livelli assistenziali, e successivamente il relativo PAI.
Una situazione particolare si verifica nel caso di dimissioni ospedaliere, dove
grazie alla relazione fra personale sanitario e assistenti sociali presenti nella
struttura (e facenti parte della UVMO, Unità di Valutazione
Multidimensionale Ospedaliera) vengono compilate sia la parte sanitaria che
quella sociale della scheda SVaMA per la redazione del PAI. A seguito della
dimissione quindi, l’utente potrà direttamente accedere alle strutture.
Definizione del piano di cura
In seguito alla redazione del PAI, l’utente viene inserito nella graduatoria unica
per la Residenzialità dell’Azienda AULSS di residenza; il suo posizionamento
viene determinato dall’unione del punteggio derivante dal completamento
della scheda, dal tempo trascorso in lista d’attesa e dall’età dell’utente. Nel caso
in cui quest’ultimo richieda un trasferimento da una struttura all’altra e sia
quindi già titolare di un’impegnativa di residenzialità (il titolo che viene
rilasciato al cittadino per l’accesso alle prestazioni rese presso servizi
residenziali e diurni autorizzati all’esercizio e accreditati, comportante il
riconoscimento della quota di rilevo sociosanitario regionale determinata
annualmente dalla Giunta Regionale), questo elemento verrà considerato
come un fattore di priorità.
La figura sottostante, derivante dal piano di zona 2010-2015, riporta il totale
delle persone in lista d’attesa al 31/20/2010.
223
Figura 18: Utenti in lista d’attesa per accoglienza residenziale al 31/10/2010
Fonte: Piano di Zona 2010-2015
http://www.ulss12.ve.it/docs/file/pubbl_utenti/Piano%20di%20Zona%2020112015_post%20visto%20di%20congruit%C3%83%C2%A0.pdf
Dall’analisi delle liste d’attesa effettuata all’interno del Piano di Zona emerge
che circa l’80% del totale delle domande riguarda le persone ultra ottantenni,
in maggior parte donne, e che le condizioni di decadimento cognitivo e
demenza sono causa della maggior parte della domanda di residenzialità (più
dell'80% sul totale)
Erogazione del servizio
La lista d’attesa si configura quindi come unica per ogni tipologia di unità di
offerta (SVP, SAPA etc, ma anche strutture appartenenti alla filiera sanitaria
come Hospice o Ospedali di comunità) con opzioni di scelta. Gli utenti sono
liberi di esprimere una preferenza rispetto agli erogatori dei servizi residenziali
e semiresidenziali presenti sul territorio, esplicitando la propria scelta nel
momento di presentazione della domanda di accoglimento. Nel caso dei
servizi domiciliari, invece, non sempre il cittadino ha la possibilità di scegliere
un erogatore presso cui impiegare i propri Buoni Servizio, i titoli conferiti dai
Comuni per l'acquisto di prestazioni socio-assistenziali di aiuto e sostegno alla
persona presso Soggetti accreditati dall'Amministrazione Comunale e iscritti in
appositi Albi. Ciò accade per esempio nel Comune di Venezia, dove le attività
di assistenza tutelare inserite nell’ambito delle Cure Domiciliari e del SAD
sono demandate ad un’unica Fondazione nata dall’unione di due precedenti
IPAB (IPAB dell’IRE e di Santa Maria dei Battuti), al momento unico
soggetto accreditato per questo tipo di assistenza.
L’utente può inoltre richiedere contemporaneamente l’accesso a servizi diversi
purché non incompatibili (per esempio può richiedere l’ADI nell’attesa
dell’ingresso in un Centro di servizi). Qualora si liberi un posto letto (e quindi
un’impegnativa di residenzialità) anche se non nella struttura prescelta dal
primo in graduatoria e avente diritto alla emissione dell'impegnativa,
224
l’interessato verrà ugualmente contattato per esprimere la propria scelta; nel
caso non venga accettata la disponibilità l’utente rimane comunque in
graduatoria fino alla disponibilità della struttura richiesta. Nonostante questa
possibilità, sono molti gli utenti che accettano la proposta di ingresso,
richiedendo in seguito un trasferimento.
La posizione in graduatoria viene aggiornata solo in caso di aggravamento
della condizione complessiva di non autosufficienza; tale aggravamento può
essere valutato dall’UVMD, di norma dopo almeno sei mesi dall’ultima
valutazione. Il profilo di non autosufficienza degli utenti inseriti in struttura
dovrebbe invece avvenire ogni tre mesi, periodicità che frequentemente non
viene applicata a causa dell’elevato numero di utenti in carico; nel caso invece
degli utenti che usufruiscono delle Cure Domiciliari, la verifica viene effettuata
periodicamente.
Attualmente sono circa 400 le persone in lista nell’AULSS 12 Veneziana per
2083 impegnative totali.
Nelle strutture di tipo sociale, invece, è l’ente gestore della struttura che
dispone l’accesso degli utenti, in quanto il Comune non gestisce liste d’attesa
per i servizi sociali residenziali e semiresidenziali.
Criticità e Punti di forza
Il sistema precedentemente descritto presenta alcune criticità e punti di
debolezza derivanti sia dalle peculiarità del territorio che dalle modalità
organizzative dei servizi attualmente applicate.
In primo luogo ci viene segnalata la difficile gestione delle liste di attesa per i
servizi residenziali e semiresidenziali; gli utenti che ottengono dalla
compilazione della scheda SVaMA un punteggio medio-basso, infatti, non
accedono rapidamente ai servizi, rimanendo a lungo in graduatoria. Di
conseguenza, la necessità di rispondere nell’immediato al bisogno assistenziale
emerso fa si che le famiglie si organizzino autonomamente attivando dei
meccanismi di riproduzione sociale completamente a loro carico.
In secondo luogo, emerge nel territorio dell’AULSS 12 una certa variabilità
nelle quote alberghiere applicate dalle diverse strutture, da imputarsi
prevalentemente alla differente ricchezza e dimensione dei Comuni (in
Comuni piccoli è infatti più difficile incrementare tali quote in ragione del
maggior controllo sociale presente). Si ritiene però che questo elemento verrà
a mutare nel prossimo futuro, a causa della maggiore mobilità dei cittadini che
si sposteranno nelle strutture con le rette più convenienti, portando ad un
generale abbassamento delle quote alberghiere e all’uscita dal mercato delle
strutture meno efficienti.
Un ulteriore elemento di debolezza che emerge dall’analisi del sistema è legato
all’interazione esistente fra la filiera sociale e la filiera sociosanitaria,
225
caratterizzata da scarsa flessibilità e contatti. Un problema che si configura
frequentemente è, infatti, la gestione di quegli anziani che, al termine di un
ricovero, non possono più utilizzare il precedente alloggio sociale avendo
perso i requisiti di autosufficienza. Questi utenti sono costretti a rientrare
presso le proprie famiglie e ad attivare il percorso di ingresso in lista d’attesa e
successivamente in una struttura appartenente alla filiera sociosanitaria. Solo
nei casi di assoluta urgenza sociale (es. l’utente è privo del sostegno familiare e
non dispone di un immobile, magari venduto in previsione dell’ingresso nel
nuovo alloggio) è infatti possibile l’accesso immediato.
In relazione al sistema della domiciliarità si evidenzia una ridotta incisività
degli interventi, dovuta ad accessi brevi e non sempre coordinati, rispetto
all’assistenza che potenzialmente potrebbe essere offerta. Relativamente,
invece, al sistema della semiresidenzialità, si evidenzia una difficoltà
dell’anziano nel raggiungere il centro diurno prescelto, che porta l’utente ad
autoselezionarsi rinunciando al servizio; una possibile soluzione viene
identificata in questo caso nella possibilità di definire un servizio di trasporto
garantito dal Comune che permetta di raggiungere la struttura
Un punto di forza del sistema si può invece identificare nella presenza delle
UVMD che, relativamente alla pianificazione degli interventi, costituiscono un
funzionale strumento di integrazione e di garanzia della continuità ospedaleterritorio. Tale coordinamento viene però meno nella gestione coordinata
degli interventi sanitari e sociali, che non risulta unificata. Questo elemento è
stato enfatizzato dal trasferimento in capo all’AULSS di alcune funzioni
obbligatorie precedentemente appartenenti ai Comuni, che non sono state
riconosciute tramite un aumento delle rispettive quote generando un
disallineamento.
Alcune soluzioni vengono proposte per il risanamento di alcuni punti di
debolezza non appena descritti. In primo luogo si ritiene opportuno attuare
delle politiche che impattino sul futuro degli anziani, agendo sugli adulti e sui
giovani anziani. Contestualmente una possibile proposta è quella di incentivare
il sistema della domiciliarità, rafforzandone i servizi (per esempio tramite
l’aumento del valore delle ICD) e operando sulle politiche abitative così da
favorire la permanenza di nuclei familiari allargati in una stessa abitazione. Da
ultimo, si propone di superare il sistema delle impegnative di residenzialità,
attribuendo un budget ad ogni struttura così da incentivarne l’efficienza e
contrattando con esse alcuni standard di servizio.
226
3. Considerazioni conclusive
L’obiettivo che ha orientato la ricerca è stato quello di comprendere le
caratteristiche degli interventi di Long Term Care per gli anziani non
autosufficienti, sotto il profilo dei differenti setting assistenziali, delle reti di
servizi sociosanitari, delle capacità di copertura dei bisogni e degli standard
assistenziali offerti.
L’analisi è stata condotta assumendo come riferimento le aziende sanitarie,
con la metodologia dell’analisi di caso (v. cap. 1.2.).
Il tracciato istituzionale in cui ogni azienda opera, definito dai modelli di
intervento regionali per la long term care, è molto rilevante nel definire le
scelte aziendali, perché i modelli regionali identificano target, standard,
strumenti. Tuttavia, ai fini di riconoscere i sistemi “in atto”, si è privilegiata
un’ottica di analisi focalizzata sulle singole aziende. L’analisi, in questo modo,
non si è limitata al tracciato istituzionale definito ex ante, ma ha approfondito i
dati relativi ai volumi di offerta nel territorio, agli utenti in carico, ai tassi di
copertura della popolazione, per comprendere l’offerta a disposizione degli
anziani non autosufficienti dal punto di vista dell’articolazione territoriale,
senza limitarsi alle intenzioni di policy.
Le aziende analizzate sono state 9:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
ASL Biella;
ASL Chiavari
ASL Lecce
ASL Lodi
AUSL Piacenza
ASL Roma E
ASL Siena
AULSS 12 veneziana
ASS 4 Udine
227
Quali sono le considerazioni che si ritiene possibile trarre sulla base dei casi
considerati, rispetto al posizionamento degli interventi di long term care per la
popolazione anziana non autosufficiente?
I casi analizzati evidenziano significativi elementi di analogia, e altrettanto
rilevanti tratti di eterogeneità: dopo aver riassunto le caratteristiche dei servizi
e dei modelli di accesso, la presente sintesi richiama sia gli aspetti di
convergenza, sia quelli di divergenza, prima di proporre alcune considerazioni
conclusive.
3.1 Caratteristiche dei modelli di offerta per la long term care
La struttura di ognuno dei casi è stata articolata con una descrizione del
contesto aziendale, una presentazione dei servizi offerti, dei relativi standard e
meccanismi di tariffazione, e dei modelli di accesso. Prima di analizzare i tratti
di convergenza e divergenza dei modelli, si richiamano alcuni dei principali
elementi descrittivi emersi nell’analisi.
I servizi offerti dalle 9 aziende considerate esprimono un’ampia articolazione,
che in ognuno dei casi è stata rappresentata e approfondita. A solo scopo di
sintesi, si richiama un quadro sinottico della nomenclatura dei servizi offerti
sia in ambito residenziale, semiresidenziale, domiciliare. Il quadro sinottico
ordina i servizi residenziali, per ogni caso, in relazione al grado di intensità del
fabbisogno assistenziale del target relativo ai medesimi servizi, e all’intensità
assistenziale erogata negli stessi. Tuttavia, occorre precisare che, considerando
le differenti regioni, le graduazioni di intensità non corrispondono, nel senso
che la massima o la minima intensità assistenziale possono fare riferimento a
standard assistenziali tra loro differenti, con mix professionali non omogenei,
per utenti selezionati con differenti criteri di valutazione.
228
Tabella 68: I servizi per la Long Term Care nelle 9 aziende
Residenziale
alta
Biella
Chiavari
NAT/RSA
media
bassa
RSA/RAF
RSA/RAF e
serv. Sociali
RSA/Residenza
Residenze protette con funzioni
Protetta con
di trattamenti di lunga assistenza e
funzioni di
serv. Sociali
mantenimento
RSSA e
serv. Sociali
Semiresidenziale
Domiciliare
CDA/CDI
ADI
CD I livello e II
livello
Cure
domiciliari
integrate
Centro diurno
integrato per il
supporto cognitivo
e comportamentale
ai soggetti affetti da
demenza / CDI
Cure
domiciliari
integrate
Lecce
RSA
Lodi
RSA
RSA
RSA
CDI
ADI
Piacenza
CRA
CRA
CRA
CD
ADI
Roma E
RSA
(Trattamento
Intensivo ed
Estensivo)
CDA/CEDAF
ADI
RSA (Trattamento di
Mantenimento A e B)
Siena
RSA
Comportament
ale stati
vegetativi
RSA Motoria
RSA Base
(media)
CD
ADI
Udine
RSA (cure
intermedie) /
Residenze
protette
Residenze
polifunzionali /
Residenze
polifunzionali
con modulo di
fascia A
Residenza ad
utenza
diversificata
Strutture
semiresidenziali per
anziani non
autosufficienti
ADI
Venezia
SVP/SAPA e
Centro servizi
anziani non
autosufficienti
(a maggior
bisogno
assistenziale)
CD per anziani non
autosufficienti
Cure
domiciliari
Centro servizi anziani non
autosufficienti (con
ridotto/minimo bisogno
assistenziale)
Fonte: Rielaborazioni sui casi aziendali
Anche il quadro dei servizi offerti è molto eterogeneo, con modalità di
identificazione delle relative mission molto differenti. Considerando i servizi
con maggiore intensità assistenziale proposti nei diversi modelli regionali,
229
emergono differenze significative sotto il profilo delle mission e dei relativi
target, degli standard assistenziali, dei meccanismi di finanziamento. Dal punto
di vista della mission e dei target del servizio, pur con un riferimento generale
alla popolazione anziana non autosufficiente, alcuni servizi esprimono una
funzione di cura e mantenimento, altri esprimono obiettivi espliciti di ritorno
al proprio domicilio, alcuni esplicitano il riferimento alle dimissioni
ospedaliere, altri ancora rispondono a fabbisogni connessi a deficit cognitivi.
Anche gli standard assistenziali, di conseguenza, sono disegnati con
significative differenze, e delineano mix di professionalità e tempi di
intervento piuttosto diversi, con maggiori propensioni verso le professionalità
sociali o verso quelle sanitarie.
Considerazioni sugli elementi di analogia e differenziazione tra i modelli
saranno svolte nei paragrafi successivi; tuttavia si ritiene opportuno
sottolineare sin d’ora la loro limitata comparabilità. In particolare, dal punto di
vista dei modelli di finanziamento, le significative differenze nei valori delle
tariffe devono essere lette nel quadro più complessivo dei modelli di
finanziamento specifici di ogni regione: nei differenti contesti analizzati,
infatti, è molto diverso il mix formato dalle componenti della prestazione che
vengono finanziate con la tariffa dalle componenti che vengono direttamente
finanziate dalle aziende (dispositivi, farmaci, prestazioni sanitarie) ed esulano
quindi dalla tariffa versata agli erogatori. Di conseguenza, a tariffe maggiori o
minori non corrisponde necessariamente un maggiore o minore valore del
finanziamento pubblico di quello specifico servizio, perché devono essere
considerate anche le altre componenti della prestazione all’utente che i
differenti modelli regionali mettono a disposizione, e la cui valorizzazione è
molto meno comparabile.
Dal confronto emerge dunque un quadro complessivo della programmazione
regionale in cui la mission dei servizi, i relativi target, i correlati modelli
assistenziali e i modelli di tariffazione sono molto diversi.
Se il quadro dell’offerta costituisce l’elemento di fondo che nei diversi territori
i cittadini hanno a disposizione, il percorso di accesso è cruciale nel definire i
meccanismi che presiedono alla selezione degli utenti. Ai fini di esplorare le
modalità con cui nei diversi modelli regionali vengono progettati i meccanismi
di selezione degli utenti, alla ricognizione dell’offerta disponibile si è
accompagnata l’esplorazione dei modelli di accesso ai servizi, con particolare
riferimento al luogo del primo contatto, agli strumenti di valutazione, alla
composizione degli organismi per la valutazione degli utenti.
Nella Tabella 69 si richiama un quadro sinottico che riepiloga gli strumenti di
valutazione utilizzati, i luoghi di primo contatto e la composizione degli
organismi di valutazione. Emerge un quadro piuttosto eterogeneo: se la
composizione degli organismi di valutazione è piuttosto simile, sono invece
molto differenti le scelte sotto il profilo dell’integrazione tra interventi sociali e
230
sanitari nella definizione del luogo di primo accesso, così come diverse sono le
scale di valutazione utilizzate.
Tabella 69: Accesso ai servizi: contatto, strumenti e attori della valutazione
I contatto
Valutazione
Organismo per la valutazione dell’utente
Biella
Servizi sociali del
Comune,
Sportelli
Unici
Socio
Sanitari
(gestiti
dai
Distretti e dai
Consorzi)
UVG
Devono essere presenti l’assistente sociale e
almeno tre delle seguenti figure professionali:
geriatra, medico dell’assistenza sanitaria
territoriale,
fisiatra,
Assistente
Sociale
rappresentante dei due Enti Gestori delle
funzioni socio assistenziali, Assistente Sociale
Distrettuale, Responsabile Infermieristico
Distrettuale, Segretario. Può partecipare
l'MMG dell'assistito e altri medici dell'Asl
qualora necessario
Chiavari
Servizi sociali del
Comune
Cartella
Geriatrica
(strumento che
analizza
la
condizione
sanitaria (ADL,
iADL, disturbi
cognitivi
e
comportamentali)
e la condizione
sociale (abitativa,
economica,
familiare,
assistenziale)
Scheda AGED
Lecce
PUA (Distretto
con Comune o
Ambito);
la
richiesta alla Pua
può però essere
inoltrata anche
da MMG, PLS,
Servizio Sociale
Comunale
e
Unità Operative
distrettuali
ed
extradistrettuali,
Dipartimenti e
Presidi
ospedalieri che
costituiscono di
fatto tutti dei
punti di accesso
rsa, CDI, filtro
(in un sistema in
cui c'è libera
scelta
del
paziente)
Lodi
SVAMA
VAOR
SOSIA
UVM
Direttore Sociale e Direttore Sanitario del
distretto, Assistente Sociale del comune di
residenza e MMG; a queste figure professionali
possono aggiungersi tutti coloro che si
occupano a qualsiasi titolo del cittadino dal
medico specialista, allo psicologo, allo
psichiatra,
agli
infermieri,
all'O.S.A.,
all'educatore, al fisioterapista, al tutore o
amministratore di sostegno, nonché il cittadino
stesso o i suoi familiari.
UVM
Direttore del Distretto, MMG o PLS,
Assistente
Sociale
dell’Ambito
Territoriale/Comune di residenza della
persona; possono partecipare inoltre: il
responsabile del Servizio Sociale Professionale
del Distretto, il medico specialista di
riferimento (geriatra, neurologo, fisiatra,
psichiatra, neuropsichiatra infantile, ecc.),
l’infermiere professionale, il terapista della
riabilitazione, o altre figure professionali
I livello: triage (caregiver + filtro)
II livello: IP, Medico, Assistente Sociale (questo
per domiciliarità), per Residenzialità invece la
valutazione viene effettuata dalle RSA
231
Piacenza
Assistente Sociale
BINA
UVG
geriatra, Assistente Sociale, IP
Roma E
Segretariato
sociale
del
Municipio, PUA
(Distretto
con
Municipio)
Scheda
RUG
(residenziali)
e
strumenti
di
distretto
(domiciliari)
Siena
Punto insieme
Isogravità
UVMD
MMG, assistente sociale, infermiere e medico
di distretto, integrati da altre figure
professionali (medici specialisti, terapista della
riabilitazione,
psicologo,
etc.)
qualora
necessario
UVM
Medico di Distretto, Assistente Sociale, IP e
MMG del caso
Udine
Servizi sociali del
Comune, MMG
Scheda BINA e
Val.Graf.
UVD
MMG dell'assistito, assistente sociale (di norma
dipendente degli EE.LL) e figura
infermieristica; può essere integrata da altre
figure professionali.
Venezia
Sportello unico
integrato
(Distretto
con
Comune), MMG
SVAMA
UVMD
Direttore del Distretto, MMG, Assistente
Sociale referente per area di intervento e ogni
altro operatore o professionista che si renda
necessario
Fonte: Rielaborazioni sui casi aziendali
Per comprendere il ruolo esercitato dai soggetti pubblici e privati nei sistemi di
offerta, si propone di seguito un quadro di sintesi in tabella 70, che evidenzia il
numero di strutture residenziali pubbliche e private (profit e non profit)
presenti nel territorio di ognuna delle aziende. In tutte le aziende considerate
sono prevalenti le strutture private. Il mix pubblico-privato è frutto anche dei
modelli di regolazione regionali, ma rappresenta soprattutto l’esito attuale di
stratificazioni che si sono via via succedute per giungere alla situazione in atto.
Tabella 70: Strutture residenziali pubbliche e private
Strutture Pubbliche Strutture Private %pubblico %privato
Biella
10
26
27,8%
72,2%
Chiavari 1
35
2,8%
97,2%
Lecce
4
13
23,5%
76,5%
Lodi
3
13
18,8%
81,3%
Piacenza 7
16
30,4%
69,6%
Roma E 0
12
0,0%
100,0%
Siena
10
17
37%
63%
Udine
10
15
40,0%
60,0%
Venezia
6
15
28,6%
71,4%
Fonte: Rielaborazioni sui casi aziendali
232
Nell’analisi dei singoli casi, oltre al contesto programmatorio e agli strumenti e
meccanismi utilizzati per il governo degli accessi, sono stati raccolti dati
relativi ai tassi di copertura della popolazione in ognuna delle aziende
considerate. La componente di popolazione in carico ai servizi residenziali
non supera, nemmeno nei casi in cui la copertura è più elevata, il 26 % della
popolazione che è possibile considerare non autosufficiente52.
3.2 Analogie
L’analisi dei casi aziendali ha evidenziato alcuni tratti di fondo che ricorrono
nei diversi modelli:
• Tassi di copertura: un primo elemento di analogia è costituito dai
tassi di copertura della popolazione non autosufficiente da parte dei
servizi: in tutte le aziende considerate, pur in presenza di tassi di
copertura eterogenei, la maggior parte della popolazione non
autosufficiente non è in carico al sistema di offerta pubblico, e non
più del 26% degli anziani non autosufficienti è in carico al sistema di
offerta residenziale, che continua a costituire il cuore del sistema di
interventi.
• Centralità dell’offerta residenziale. Tutti i modelli prevedono una
filiera che va dai servizi residenziali ad alta intensità sanitaria, fino agli
interventi domiciliari. Tuttavia è innegabile che, trascorsi gli anni in
cui lo sviluppo delle forme di assistenza domiciliare ha rappresentato
una linea di innovazione, il core degli interventi per la non
autosufficienza continui ad essere costituito dai servizi residenziali. In
questo senso l’analisi conferma quanto emerge dalla letteratura (v.
cap. 1.1).
• Focus: un terzo elemento di convergenza potrebbe essere definito
come un elemento di focalizzazione comune. Ci sono infatti alcuni
temi su cui tutti i modelli evidenziano una forte attenzione, ed altri
che in tutti i modelli non sono in primo piano o non sono trattati, pur
essendo potenzialmente molto rilevanti.
o Tra gli aspetti su cui tutti i modelli concentrano l’attenzione:
forte attenzione nel definire le caratteristiche di ogni singolo
elemento del sistema di offerta, di cui sono definiti in modo
puntuale gli standard, definizione dei modelli di valutazione,
La popolazione non autosufficiente è stata stimata sulla base del parametro del 18,5% della
popolazione over 65 anni presente nel territorio di ogni azienda. Il parametro, pur con evidenti
limiti (in particolare, è un dato medio nazionale che non tiene conto delle specificità territoriali,
è limitato alla popolazione over 65 mentre sarebbe più opportuno fare riferimento alla
popolazione over 75) è tuttavia un indice di riferimento per cogliere, pur in modo non puntuale,
una indicazione segnaletica del posizionamento degli interventi rispetto al fabbisogno espresso
dalla popolazione del territorio.
52
233
•
•
definizione dei meccanismi formali di accesso, tutti dettati
dalla regolazione regionale.
o Tra gli aspetti a cui i modelli, al contrario, non dedicano forte
attenzione, vi è la definizione dei target di popolazione
assistita, in termini di caratteristiche e di numeri obiettivo.
Non si può sostenere che manchi una definizione dei target,
ma poiché le definizioni sono estremamente lasche, la
popolazione potenzialmente inclusa nei target definiti è
molto più ampia di quella effettivamente presente nei servizi.
Data l’opacità dei meccanismi di autoselezione della
domanda53, tutti i modelli convergono nel non definire i
criteri principali che generano la selezione degli utenti che
avviene prima dell’avvio del percorso formalizzato di presa in
carico. Il focus principale è quindi il disegno del sistema di
offerta in termini di standard e volumi definibili ex ante, più
che la definizione di target verificabili ex post in termini di
mix di presenza nei servizi. In termini sintetici, si potrebbe
affermare che il focus del sistema è più sull’offerta che sui
bisogni.
Integrazione al confine: mentre la maggior parte delle aziende
evidenzia tentativi di integrazione della filiera sul fronte del confine
con l’ospedale, è molto diffusa la difficoltà nei processi e meccanismi
di integrazione con gli enti locali, che molte delle aziende analizzate
hanno evidenziato come una delle principali criticità. Il presidio del
confine con il sistema ospedaliero riesce nella maggior parte delle
aziende analizzate a facilitare l’accesso per i casi caratterizzati da una
particolare criticità di tipo clinico, mentre i casi fortemente connotati
da una criticità di natura sociale, non necessariamente associata a una
complessità clinica, possono trovare maggiori difficoltà nel proprio
percorso di accesso.
Natura degli erogatori: in quasi tutte le aziende analizzate la
composizione dei soggetti dell’offerta residenziale vede una forte
La domanda fa riferimento a quella parte di popolazione che ha manifestato le proprie
esigenze nei confronti dei servizi. Perché alcuni soggetti abbiano espresso una domanda, e altri,
portatori di bisogni simili, no, è oggetto di poca attenzione nell’analisi dei servizi, tipicamente
più attente alla domanda e agli utenti in carico. Tuttavia, una maggiore attenzione a questo tema
renderebbe evidente come le scelte di progettazione dei servizi producano una autoselezione
della domanda tale da escludere dai servizi una significativa componente della popolazione, sulla
base di scelte aziendali legate agli orari, ai meccanismi di accesso, alle forme di presentazione
delle richieste, che nei fatti escludono dall’accesso ai servizi una quota significativa di
popolazione, in modo implicito e prevalentemente ignoto, con effetti molto più forti di quelli
riconducibili ai meccanismi formali quali le scale di valutazione, le scelte delle unità di
valutazione o i regolamenti dei servizi. In questo senso, i meccanismi di autoselezione della
domanda, rimangono “opachi” in quanto poco riconosciuti e compresi (Fosti, 2013).
53
234
prevalenza di erogatori di natura privata, in ragione di almeno tre
soggetti privati per ogni soggetto pubblico presente. Il settore della
Long Term Care appare, complessivamente, gestito soprattutto da
attori privati, con un ruolo residuale, nella maggior parte delle
aziende, degli attori pubblici.
3.3 Eterogeneità
Dai quadri sinottici presentati (v. cap. 3.1) emergono anche alcune significative
linee di divergenza tra i casi:
• Nomenclatura dei servizi: le aziende (in diretta conseguenza dei
modelli di regolazione regionali) definiscono in modo differente
servizi che, pur non del tutto omogenei, presentano tratti importanti
di analogia. L’autonomia regionale nel settore ha dato vita a
impostazioni che divergono sia sul piano delle rappresentazioni (la
nomenclatura dei servizi), sia sul piano sostanziale (le caratteristiche
degli stessi servizi). Servizi con sigle analoghe possono in realtà fare
riferimento a impostazioni molto differenti, così come servizi con
definizioni differenti non necessariamente sono molto diversi dal
punto di vista dei target e delle caratteristiche. La comprensione della
geografia complessiva delle prestazioni per la Long Term Care offerte
nel paese da questo punto di vista non è affatto semplice;
• Articolazione dei servizi: i diversi modelli definiscono filiere di
interventi più o meno articolate, anche se occorre riconoscere che in
tutti i modelli sono presenti tentativi di definire un’offerta
caratterizzata da differenti livelli di intensità, che possano
corrispondere a esigenze differenti da parte della popolazione in
condizioni di non autosufficienza.
• Caratteristiche dei servizi: il confronto tra i servizi per gli anziani
non autosufficienti con il massimo grado di intensità assistenziale
offerti da ogni regione evidenzia standard assistenziali molto
differenti, con un mix di prestazioni sanitarie e sociali piuttosto
articolato. Anche in ambito domiciliare i servizi possono differenziarsi
e fare riferimento a uno o più livelli di intervento domiciliare,
caratterizzati da livelli di intensità tra loro differenti.
• Modelli di tariffazione: le tariffe versate dalla regione agli erogatori
sono molto differenti, con picchi massimi e minimi molto diversi.
Tuttavia, i modelli di finanziamento pubblico delle tariffe non sono
omogenei, perché il mix di prestazioni e tariffa con cui ogni modello
regionale finanzia gli interventi è diverso. In alcuni casi prevale la
componente tariffaria, mentre il altri casi molte prestazioni sono
trasferite agli erogatori da parte del terzo pagante pubblico regionale
(tramite le aziende). Le differenze tariffarie devono quindi essere lette
235
•
tenendo presente che differenti tariffe possono pagare differenti mix
di prestazioni offerte dal soggetto erogatore in combinazione con
differenti mix di prestazioni che gli sono trasferiti dalle aziende.
Poiché il tipo di prestazioni trasferite può essere differente, così come
il costo per le aziende delle medesime prestazioni, eventuali
considerazioni che tendano a distinguere i modelli regionali che
finanziano di più o di meno appare poco robusto dal punto di vista
dei dati a supporto.
Percorsi di accesso e modelli di valutazione (attori e strumenti): i
modelli regionali disegnano percorsi differenti che permettono agli
utenti di essere presi in considerazione per l’erogazione di servizi. Il
primo contatto può essere sia nei comuni, sia nelle aziende, sia nelle
strutture residenziali, sia all’interno di ambiti di intervento integrati e
dedicati appositamente all’accesso. Anche la valutazione viene
effettuata con strumenti differenti (si rinvia al paragrafo 1. per la
rassegna delle scale di valutazione), può vedere coinvolti
professionisti diversi e attribuire un ruolo differente agli attori
istituzionali coinvolti (aziende, comuni, ospedale, erogatori).
3.4 Considerazioni e prospettive
Una prima e fondamentale considerazione che emerge dall’analisi svolta è
l’evidente impossibilità di rappresentare in modo unitario l’offerta del paese
per la popolazione non autosufficiente: nei servizi per la Long Term Care ogni
contesto territoriale e aziendale è un mondo a sé.
Tuttavia, un elemento di fondamentale importanza accomuna i casi analizzati
ed è il loro carattere di selettività rispetto al bisogno. Tutti i modelli si
collocano su tassi di copertura parziali della popolazione, che si attestano in un
range che va dal 13 al 26% della popolazione over 65 anni in condizioni di
non autosufficienza. In sostanza, in ognuno dei territori analizzati, la
componente di popolazione non autosufficiente che non è in carico ai servizi
per la long term care è di gran lunga superiore a quella in carico; anche nei
territori con i maggiori tassi di copertura, circa ¾ della popolazione non
autosufficiente non sono in carico al sistema di interventi pubblici per la Long
Term Care54.
Sebbene sia ben noto, va quindi ricordato e sottolineato che il principio
universalistico, che impronta gli interventi in ambito sanitario, non caratterizza
invece il sistema sociosanitario per la Long Term Care.
Il dato è coerente con quanto emerso in una comparazione tra i modelli regionali dell’Emilia
Romagna e della Lombardia (Calò et al., 2013)
54
236
I modelli regionali nei servizi per la Long Term Care, con le loro differenze,
esprimono lo stato di fatto a cui è giunto questo ambito di intervento
sociosanitario, che è stato progressivamente plasmato, per adattamenti
successivi, di pari passo con le trasformazioni in atto nel paese. Se è evidente
l’impatto della struttura della curva demografica sul fabbisogno di interventi
per la Long Term Care, altre trasformazioni epocali sono in corso nei
principali elementi che fanno da cornice ai bisogni connessi
all’invecchiamento, dalla struttura della famiglia, al cambiamento nei ruoli di
cura, alle trasformazioni nelle relazioni intergenerazionali.
Ogni modello regionale, nell’esprimere l’autonomia dei propri decisori e
l’adattamento alle specifiche esigenze del territorio, ha individuato proprie
traiettorie di sviluppo che in parte rispondono alle trasformazioni in corso e al
loro impatto sulle esigenze specifiche di ogni territorio, in parte alla storia e
alla configurazione territoriale (path dependency), in parte alle differenti
preferenze e visioni dei decisori istituzionali.
Le differenze tra modelli, tuttavia, per quanto significative, riguardano non più
del 25% della popolazione in condizioni di non autosufficienza, mentre non
sono altrettanto rilevanti rispetto alla componente prevalente della
popolazione non autosufficiente, che non è inclusa negli interventi.
Da questo punto di vista colpisce un tratto che accomuna i modelli: pur
esprimendo visioni differenti, il focus di tutti i modelli sembra essere molto
più centrato sulla produzione e sul governo dell’offerta che sui bisogni e sulla
copertura della popolazione non autosufficiente. Sia l’analisi del contesto
normativo, sia l’analisi dei dati aziendali, fanno emergere in modo molto forte
elementi interni e definiti del sistema (budget, posti letto, dotazioni strutturali,
standard assistenziali, strumenti di valutazione), mentre sono più deboli
elementi più “esterni”. Non si riscontrano stime esplicite della popolazione
non autosufficiente, assunte a guida per le decisioni, né obiettivi espliciti di
copertura della popolazione non autosufficiente, così come è difficile acquisire
dati ex post sul funzionamento delle strutture: mentre i dati amministrativi
(giornate di presenza degli utenti, ad esempio) sono articolati e puntuali, i dati
di governo (ad esempio: la composizione effettiva del case mix per tipo di
struttura, oppure la degenza media degli ospiti) sono stati di difficile
acquisizione. L’utilizzo dei dati sembra orientato prevalentemente a finalità di
tipo amministrativo o di rendicontazione, meno ad analisi di tipo strategico
che possano evidenziare il posizionamento degli interventi rispetto ai bisogni
della popolazione.
Complessivamente, sia l’attenzione dei regolatori regionali che quella delle
aziende sembrano focalizzate sul disegno dell’offerta, in termini di volumi,
standard e costi: una volta definita l’offerta, i meccanismi di selezione hanno il
compito di definire chi siano, tra i soggetti portatori di bisogni, coloro che
potranno accedere ai servizi. L’attenzione al sistema di offerta prevale rispetto
237
alle energie messe sull’analisi dei bisogni: i modelli regionali chiedono alle
aziende di dare attuazione ai sistemi di offerta così come disegnati, molto più
che di esprimere una funzione di governo della non autosufficienza
attribuendo risorse e target di popolazione da raggiungere. In sostanza, il
driver per il disegno del sistema è rappresentato dalla disponibilità di risorse
molto più che dalla rappresentazione dei bisogni.
Le aziende stesse tendono a rappresentarsi molto più come soggetti che danno
attuazione ai modelli definiti in ambito regionale, che come soggetti portatori
di scelte rispetto alle priorità di intervento sulle persone anziane non
autosufficienti. In realtà, esistono ampi spazi di azione per l’espressione delle
specificità aziendali, e attengono a tutti quegli elementi che non possono
essere oggetto di regolazione, ma “fanno la differenza” per i destinatari dei
servizi. La logistica degli accessi, i dispositivi locali di integrazione
sociosanitaria, i sistemi di relazione tra gli attori territoriali, gli interventi per la
gestione delle situazioni critiche non sono che alcuni degli ambiti in cui le
aziende recuperano spazio di manovra, esprimono le proprie specificità, in
sostanza producono selezione dell’utenza e definiscono, nei fatti, le priorità
perseguite.
Una rappresentazione che vedesse nelle aziende dei meri attuatori dei modelli
regionali, negandone il ruolo di “interpreti” autonomi, sarebbe molto riduttiva:
dal confronto con le aziende è emerso come le persone impieghino le proprie
competenze per allineare i modelli generali regionali e le esigenze specifiche
emergenti dai territori.
La criticità di questo adattamento risiede nel fatto che è più episodico, legato a
singoli eventi e criticità, che governato sistematicamente sulla base di un’analisi
di bisogni condivisa che generi patrimonio conoscitivo per le aziende stesse e
per l’evoluzione dei modelli regionali.
Tenendo presente che i fabbisogni dovuti all’invecchiamento e alle connesse
condizioni di non autosufficienza sono in costante crescita, il tema dei tassi di
copertura delle popolazione dovrebbe essere considerato prioritario, rispetto
ai tratti di eterogeneità che pure caratterizzano i diversi modelli di intervento.
La priorità per tutti gli interventi dovrebbe essere quella di giungere al disegno
di sistemi più inclusivi, in grado di affrontare al meglio l’evoluzione della
struttura demografica e della struttura sociale del nostro paese.
Tuttavia, a questo scopo, la focalizzazione prevalente sul disegno dell’offerta,
invece che sui bisogni, appare un limite fondamentale alle possibilità di
evoluzione del sistema di interventi per la long term care. Il disegno
dell’offerta trova un vincolo fondamentale nelle risorse, che consentono di
ampliare la dotazione di offerta solo a fronte di una corrispondente crescita
nella dotazione finanziaria.
Una maggiore focalizzazione sull’esterno e sui bisogni della popolazione
costituisce invece la principale priorità, per permettere di dare vita a forme di
238
integrazione dei servizi che non sono possibili senza una lettura condivisa dei
bisogni della popolazione.
Una postura strategica più orientata al governo del problema, e meno alla
gestione della produzione, permetterebbe di dare vita a processi e servizi in
grado di:
• connettere le risorse disponibili nei territori (che sono in larga parte
trasferite direttamente alle famiglie)
• integrare la filiera di offerta e ottenere migliori livelli di governo
dell’appropriatezza
• ricomporre gli interventi in capo ai singoli destinatari.
E’ utile infatti ricordare che la dotazione finanziaria che il nostro paese mette a
disposizione per la popolazione non autosufficiente è in parte minima
detenuta dagli enti locali, in misura parziale dalle aziende sanitarie, in misura
maggiore trasferita direttamente alle famiglie da parte dell’Istituto Nazionale
Previdenza Sociale. Le risorse detenute dalle aziende, quindi, rispetto al budget
del territorio, non costituiscono la componente prevalente del budget
pubblico per la Long Term Care ma, al tempo stesso, sono la quota maggiore
di risorse detenute da un soggetto di policy. Sotto questo profilo, l’opzione di
tentare strategie che ricompongano le risorse pubbliche detenute dalle aziende
e dagli enti locali con quelle detenute dalle famiglie appare fondamentale per
ridefinire, ampliare e riposizionare l’offerta del welfare per la non
autosufficienza, e richiedono alle aziende e agli enti locali di formulare
proposte di valore per la popolazione che rendano attrattiva anche per le
famiglie la scelte di connettere le proprie risorse con quelle impiegate dagli
attori pubblici.
Ai fini di sviluppare questa azione di integrazione di risorse pubbliche e
private, è di fondamentale importanza ricomporre gli interventi svolti dai
soggetti pubblici, e in prima istanza è necessario ricomporre le conoscenze
detenute dai diversi attori del sistema di interventi.
I percorsi di integrazione non sono possibili se, come emerso nel corso della
ricerca, ogni singola parte del sistema conosce solo la propria offerta, e non ha
elementi conoscitivi che le permettono di sapere quali siano gli interventi di
altri attori che convergono sugli stessi utenti. Per formulare una proposta di
valore per gli utenti e le famiglie è necessaria una maggiore focalizzazione sui
target, che porta con sé l’esigenza di sviluppare sistemi conoscitivi che, pur
attenti al presidio delle dinamiche amministrative, siano orientati soprattutto a
far emergere i potenziali vantaggi di possibili percorsi di integrazione.
La parzialità nei tassi di copertura della popolazione rende particolarmente
cruciale l’esigenza di integrare la filiera di offerta, perché nella frammentazione
delle reti di offerta il rischio che il sistema perda di vista i più fragili tra i propri
destinatari si amplificano, aggiungendo in questo modo ai problemi di limitata
copertura dei potenziali rischi sul piano dell’equità.
239
Altrettanto cruciale è lo sviluppo di sistemi informativi che permettano di
conoscere lo stato di attuazione degli interventi e consentano ai decisori di
conoscere non solo il quadro dell’offerta disponibile, ma anche le
informazioni rispetto al tipo di utilizzo dei servizi e alla coerenza tra il disegno
ex ante e l’utilizzo ex post.
Il rischio di un dibattito troppo concentrato sull’eterogeneità dei sistemi di
offerta è quello di “accontentarsi” della presenza di tassi di copertura della
popolazione limitati oggi, ancora più parziali in futuro (data la struttura
demografica della popolazione). Inoltre, le differenze nei modelli locali in
parte rispecchiano e rispettano le caratteristiche dei propri territori.
Al tempo stesso, è opportuna una convergenza maggiore dei modelli di
intervento, in coerenza con una cittadinanza comune dei destinatari dei
servizi. Tuttavia, cosa è più efficace per facilitare questa convergenza?
E’ bene dire in modo chiaro che di fronte all’eterogeneità nella geografia
dell’offerta la tentazione di “normalizzare” non pare convincente. Da una
parte, concentrare eccessivamente l’attenzione sui modelli di offerta
rischierebbe di oscurare di nuovo il problema principale del sistema, che è
rappresentato dalla copertura limitata della popolazione (la tentazione di
rimuovere dall’agenda un problema di cui è difficile intravedere una soluzione
è molto forte, e può apparire più concreto ed efficace concentrarsi quindi su
tentativi più realistici, ma meno rilevanti, di omogeneizzare i modelli di
intervento). Dall’altra, se qualche passo avanti verso la convergenza dei
modelli regionali è auspicabile, difficilmente può essere ottenuto dal
perseguimento di modelli burocratici e adempimentali.
Dall’analisi svolta emerge una forte tendenza dei sistemi territoriali a
sovrapporre e talvolta confondere la rappresentazione formale degli interventi
con le dinamiche sostanziali. Per evitare che ai modelli regionali in essere si
sovrapponga un modello unificante, ma limitato al piano formale, può essere
più opportuno investire su processi di progettazione condivisa, e di
apprendimento reciproco.
Percorsi di benchmarking tra aziende e regioni, piuttosto che modelli
prescrittivi di tipo razionale, possono apparire più aperti e indeterminati, ma
costituiscono una via più efficace per evitare il rischio di trasformazioni
puramente formali. L’aumento della formalizzazione, in assenza di un
processo di apprendimento diffuso, è il rischio più probabile per un sistema
che negli anni ha impegnato le proprie energie per attuare le regole di governo
dell’offerta, ed è ancora poco abituato ad interpellarsi in modo condiviso,
aperto e sostenibile, sui bisogni emergenti e sui target a cui fare riferimento.
Le sfide della Long Term Care, sia sul piano della ricomposizione locale, sia
sul piano della convergenza tra modelli regionali, richiedono un approccio
all’intervento pubblico che riesca a superare le logiche più tradizionali per
240
assumere pienamente una prospettiva di public governance55. Per guidare la
transizione verso un welfare per la non autosufficienza più inclusivo e
sostenibile è necessario riconoscere l’autonomia dei differenti attori in gioco, e
generare proposte di valore convincenti per le diverse parti, ai fini di attivare
tutte le risorse disponibili per il governo di un problema destinato ad assumere
sempre maggiore rilevanza negli anni a venire.
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55 Per approfondimenti sui modelli di public governance nelle pubbliche amministrazioni, si
veda Borgonovi, Longo, Fattore, Management delle Istituzioni Pubbliche (Borgonovi et al.,
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