Il Sistema Sanitario in controluce Rapporto 2015 Terza parte IL SISTEMA SANITARIO IN CONTROLUCE RAPPORTO 2015 L’offerta per i servizi per la LTC in Italia: analisi di 9 casi aziendali DOCUMENTO SOTTOPOSTO AD EMBARGO FINO AL 4 NOVEMBRE 2015 È vietata la riproduzione senza preventivo consenso della Fondazione Farmafactoring 0 1 2 INDICE PREMESSA ........................................................................................................4 1. INTRODUZIONE E METODOLOGIA.......................................................6 1.1 LTC: ALCUNE CARATTERISTICHE DEL CONTESTO ITALIANO E INTERNAZIONALE................................................................................................. 6 1.2 METODOLOGIA ............................................................................................. 12 2. LA LTC IN ITALIA: 9 CASI AZIENDALI..................................................15 2.1 ASL DI BIELLA .............................................................................................. 15 2.2 ASL DI CHIAVARI .......................................................................................... 40 2.3 ASL DI LECCE ............................................................................................... 64 2.4 ASL DI LODI ................................................................................................. 94 2.5 AUSL DI PIACENZA .................................................................................... 110 2.6 ASL ROMA E ............................................................................................... 130 2.7 ASL DI SIENA .............................................................................................. 150 2.8 AAS DI UDINE ............................................................................................ 177 2.9 AULSS DI VENEZIA .................................................................................... 202 3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE........................................................ 227 3.1 CARATTERISTICHE DEI MODELLI DI OFFERTA PER LA LONG TERM CARE...... 228 3.2 ANALOGIE .................................................................................................. 233 3.3 ETEROGENEITÀ .......................................................................................... 235 3.4 CONSIDERAZIONI E PROSPETTIVE ............................................................... 236 3 Premessa1 Il contributo del CERGAS Bocconi per Fondazione Farmafactoring si focalizza, in questa nona edizione del Rapporto, sul sistema di offerta di servizi LTC in 9 diverse Aziende Sanitarie italiane. Appare infatti particolarmente rilevante interrogarsi sul futuro dei servizi per la LTC, in un contesto di risorse pubbliche calanti e in presenza di dinamiche demografiche ed epidemiologiche che vedono un invecchiamento della popolazione e una cronicizzazione delle patologie. Il contesto è reso ulteriormente più complesso da mutamenti sociali riguardanti la disgregazione delle reti informali di solidarietà e la maggiore partecipazione femminile nel mondo del lavoro. Per ipotizzare tuttavia le possibili trasformazioni del sistema dei servizi per anziani non autosufficienti è necessario studiarne l’attuale configurazione, così da trarne utili indicazioni per indirizzarne l’evoluzione. A tal fine, il contributo del CERGAS Bocconi analizza le filiere dei servizi sociosanitari presenti in 9 diverse Aziende Sanitarie italiane tramite l’utilizzo dello strumento del caso aziendale. Le realtà coinvolte sono ASL Biella, ASL Chiavari, ASL Lecce, ASL Lodi, AUSL Piacenza, ASL Roma E, ASL Siena, AULSS 12 veneziana e ASS 4 Udine. I diversi casi si concentrano sulla descrizione dei servizi esistenti a partire dalla normativa regionale, con particolare focus sui seguenti aspetti: finalità e target dichiarati, standard assistenziali, modelli di finanziamento, caratteristiche quali-quantitative del sistema di offerta pubblico e privato convenzionato e il grado di copertura del bisogno. Vengono inoltre affrontati i percorsi di accesso seguiti dagli utenti e i punti di debolezza e di forza dei sistemi in oggetto. Diviene così possibile trarre dal confronto delle diverse realtà, pur nel rispetto delle singole specificità, considerazioni di ordine generale che permettano di comprendere meglio il modello di servizi attuato e le prospettive di evoluzione desiderate. Nel complesso, le evidenze ottenute mostrano che i diversi modelli si configurano secondo assetti variabili relativamente a nomi e acronimi dei 1 Alla redazione del presente Rapporto hanno contribuito Elio Borgonovi (direttore scientifico), Emanuele Vendramini (coordinatore), Giovanni Fosti e Agnese Pirazzoli. Gli autori, pur assumendosi pienamente le responsabilità di quanto scritto, desiderano ringraziare i referenti aziendali per la disponibilità, il tempo dedicato e la passione dimostrata. 4 servizi, alle scale di valutazione del bisogno utilizzate, agli standard assistenziali previsti e ai percorsi seguiti dagli utenti nell’accesso ai servizi. Anche l’articolazione di questi ultimi all’interno della filiera è estremamente varia, in quanto sono presenti sia filiere caratterizzate dalla presenza di poche tipologie di strutture orientate a intensità di cura variabili, sia filiere con diverse tipologie di strutture indirizzate a target specifici. Altra evidenza che emerge dall’analisi è relativa all’eterogeneità dei tassi di copertura raggiunti, in ogni caso inferiori al 26%. Infine, il focus dei diversi modelli appare più focalizzato sull’offerta in termini di standard e volumi definibili ex ante, più che sui bisogni della popolazione di riferimento e la definizione di target verificabili ex post in termini di mix di presenza nei servizi. In ragione delle evidenze ottenute e tenendo in considerazione quanto emerso nella prima parte del Rapporto, ovvero che le pressioni sulle cure a lungo termine sono attese in crescita per almeno quattro motivi (trasformazioni demografiche, cambiamento dei modelli sociali, incremento della richiesta di sistemi di assistenza più orientati al paziente, cambiamento tecnologico), e che non si prevede un’espansione delle risorse a disposizione del sistema pubblico per la LTC, appare rilevante focalizzarsi su tre punti di attenzione. In primo luogo si ritiene opportuno sottolineare l’importanza di orientare i sistemi di LTC affinché siano focalizzati non solo sulla rete di offerta, ma soprattutto sui bisogni della popolazione, anche qualora non siano stati da essa esplicitati in domanda espressa, così da tutelarne le fasce più deboli. In secondo luogo appare rilevante ricomporre non solo gli interventi svolti dai soggetti pubblici, attualmente molto frammentati, ma anche i sistemi conoscitivi dei diversi attori del sistema di interventi. Da ultimo, appare particolarmente importante favorire la ricomposizione delle risorse, non solamente finanziarie, detenute dai vari attori del sistema, non solo fra soggetti pubblici (Aziende ed Enti Locali), ma anche tramite il coinvolgimento delle famiglie. Il rapporto di ricerca è strutturato come segue: il Capitolo 1 pone in evidenza alcune caratteristiche del contesto in cui si articolano i servizi di LTC e la metodologia di analisi seguita alla luce di queste specificità, il Capitolo 2 si suddivide nei 9 casi aziendali affrontati e il Capitolo 3 raccoglie le principali evidenze, mostrando analogie e differenze tra i sistemi descritti, per proporre alcune considerazioni prospettiche per l’evoluzione del sistema di LTC a livello locale. 5 1. Introduzione e metodologia 1.1 LTC: alcune caratteristiche del contesto italiano e internazionale La LTC viene definita dall’OECD come “A range of services required by persons with a reduced degree of functional capacity, physical or cognitive, and who are dependent for an extended period of time on help with basic activities of daily living (ADL)” (Rodrigues et al., 2012). Ciò significa che, differentemente dai servizi sanitari i quali sono indirizzati, per quanto possibile, a modificare la situazione del paziente da una condizione di malattia ad una di salute, i servizi per la LTC sono indirizzati a rendere più facilmente gestibile nella quotidianità la condizione di non autosufficienza, parziale o totale, dell’utente preso in carico. Quest’ultimo manifesta infatti, in accordo con la definizione dell’OECD, la necessità di essere supportato nelle Attività della Vita Quotidiana, ovvero lavarsi, vestirsi, mangiare, spostarsi dal letto o dalla sedia, camminare e utilizzare il bagno, e nelle Attività Strumentali della Vita Quotidiana (IADL – Instrumental Activities of Daily Living), che comprendono la gestione della casa, la preparazione dei pasti, l’effettuazione di acquisti, il trasporto e tutte quelle azioni che permettono di vivere in maniera autonoma la propria giornata. Per fare fronte alla dipendenza che si genera nei confronti del contesto circostante a seguito dell’impossibilità di portare autonomamente a termine le attività sopra descritte, l’utente può ricorrere a (De Donder e Pestieau, 2013): 1. Risorse proprie (risparmio) 2. Assicurazioni private 3. Assistenza informale da parte della famiglia 4. Assistenza formale pubblica L’assistenza formale pubblica a sua volta può essere suddivisa in due componenti: la fornitura di servizi di cura – In kind services (all’interno di strutture residenziali o semiresidenziali e tramite assistenza domiciliare professionale) e i trasferimenti monetari – Cash-for-care, la cui diversa combinazione genera regimi di cura differenti. Queste due componenti rivestono eguale importanza nel contesto italiano, dove la spesa per le prestazioni LTC non presenta differenze sostanziali fra i trasferimenti monetari (cash) e le prestazioni (in kind), secondo quanto riportato dalla seguente tabella: 6 Tabella 1: Prestazioni per Long Term Care – SPESA Prestazioni monetarie Servizi Reali Italia 52% 48% Inghilterra 46% 54% Francia 39% 61% Germania 31% 69% Fonte: Fosti e Notarnicola (2014) Come si può notare, in questo confronto internazionale l’Italia è l’unico dei quattro paesi considerati in cui prevalgono i trasferimenti monetari: in tutti gli altri, pure con pesi molto diversi, prevalgono i servizi reali. Le considerazioni sulla spesa per i servizi di LTC possono essere integrate con i dati relativi alla copertura che essi sono in grado di generare. Come emerge dalla figura 1, anche la copertura garantita da servizi reali e prestazioni monetarie è comparabile; focalizzando però l’attenzione su quella derivante dai soli servizi reali, si può notare come l’Italia si qualifichi nella parte bassa della classifica. Figura 1: Anziani che ricevono un sostegno alla LTC (Prestazioni monetarie o servizi reali) in regimi di cura differenti – 2009 o anno più recente Fonte: Rodrigues et al. (2011) È importante notare in questa occasione che l’utilizzo di prestazioni monetarie non regolate e i ridotti livelli di copertura dei servizi formali di LTC sono stati 7 collegati (Rodrigues et al., 2012) ad un elevato ricorso alla cura informale all’interno delle famiglie o al lavoro di badanti straniere, non necessariamente assunte con contratto regolare, elementi che hanno scoraggiato lo sviluppo del mercato della cura formale in alcuni paesi che li utilizzano maggiormente come per esempio Italia, Germania e Austria. In particolare, in Italia, le famiglie intervengono in maniera decisiva nel settore, anche attraverso le migliaia di ore di lavoro gratuito di cura profuso in favore dei propri cari in condizioni di disagio e attraverso il finanziamento del mercato privato di cura testimoniato dal massiccio ricorso alle badanti, da più parti richiamato come uno degli aspetti più peculiari del welfare sociosanitario italiano. Le 774.000 badanti operanti in Italia stimate da IRS (Pasquinelli e Rusmini, 2008) – di cui 700.000 straniere – fornirebbero infatti assistenza ad almeno il 6,6 per cento degli anziani ultra sessantacinquenni, per un costo a carico delle famiglie pari a poco più di 9,35 miliardi di euro, ovvero quasi un terzo in più della spesa sociale corrente dei comuni italiani. Questi dati possono essere confrontati con l’abbondante letteratura che tratta dei diversi schemi interpretativi utilizzati per descrivere i regimi di cura presenti in Europa. Il punto di partenza generalmente utilizzato per quest’analisi è rappresentato dalla categorizzazione nei regimi socialdemocratico, conservatore-corporativo e liberale proposto da EspingAndersen (1990), fortemente criticato negli anni ‘90 in quanto non attribuiva rilevanza al ruolo giocato dalle famiglie tenendo in considerazione solo le componenti di stato e mercato (Pavolini e Ranci, 2015). Sulla base di un approccio di più ampio respiro è invece possibile identificare 5 diversi regimi di cura: scandinavo/nordico, fortemente redistributivo, attento all’inclusione sociale e all’universalismo dove gli anziani ricorrono prevalentemente a servizi reali presso il proprio domicilio secondo la logica dell’”aging in place”; anglosassone/liberale, dove l’enfasi è posta sulla responsabilità individuale e dove sono presenti rilevanti programmi di assistenza sociale e di sussidi indirizzati a specifici soggetti in relazione al reddito (cd “means tested”); mediterraneo, dove i benefici economici di ridotta entità vengono controbilanciati dalla presenza di un forte ruolo di sostegno della famiglia; continentale, caratterizzato da libertà di scelta e flessibilità dato da sussidi monetari con e senza condizionalità a seconda dei paesi considerati e post comunista, di recente sviluppo e di ridotta copertura del bisogno. Un’ulteriore suddivisione è proposta da Kraus et al. (2010), che suddividono i 21 paesi oggetto del loro studio in 4 gruppi in base alle caratteristiche dell’utilizzo dei servizi e del finanziamento, come mostrato nella figura seguente: 8 Figura 2: Regimi di cura secondo l’uso e il finanziamento dell’assistenza Nota: IC = Informal Care Fonte: Aiginger and Leoni (2010) Unitamente alla rilevanza che questi servizi in kind hanno se ne viene considerato il peso rispetto alla spesa totale per LTC, appare particolarmente importante analizzarne la gestione e l’integrazione in un’ottica di risorse decrescenti. Se infatti sin d’ora l’Italia si distingue da Francia, Germania e Inghilterra per una platea molto più ampia di soggetti in carico cui alloca però una quota di risorse pro capite sensibilmente inferiore (Bonanomi et al, 2014), tale quantitativo di risorse non è certamente destinato ad aumentare. I soggetti che erogano le risorse pubbliche per il welfare sociale e sociosanitario (INPS per le prestazioni sociali, SSN per i servizi sanitari e Comuni per i servizi socio-assistenziali) stanno infatti vivendo delle gravissime crisi finanziarie, tutte riconducibili, in ultima analisi, all’eccesso di debito pubblico che caratterizza il nostro Paese. Tale scenario viene inoltre aggravato se si considera l’invecchiamento progressivo cui la popolazione italiana sta andando incontro, unitamente alla maggiore incidenza delle patologie croniche e delle disabilità, particolarmente costose per il settore della sanità. Poiché quindi non si intravede un aumento delle risorse disponibili per il prossimo futuro ma, al contrario, si prospetta una loro riduzione, appare particolarmente rilevante studiare la filiera dei servizi a disposizione degli anziani non autosufficienti così da individuarne elementi di debolezza e best practice che siano riproducibili anche in contesti differenti. 9 Un’ultima caratteristica che è importante sottolineare ai fini dell’analisi della filiera dei servizi LTC per anziani è la diversità regionale che contraddistingue il Paese sia in termini di regolazione, sia di dotazione di strutture e posti letto, sia di copertura dei bisogni degli utenti. Il Rapporto “L'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia”, per esempio, relativamente all’assistenza residenziale per non autosufficienti, riporta che le regioni del Nord si distinguono per una maggiore dotazione di posti letto sulla percentuale della popolazione anziana, compresa tra il 3% della Liguria e il 4% del Piemonte, con il picco del 6,7% della Valle d'Aosta, mentre nel Sud Italia l’offerta di residenzialità resta al di sotto della media italiana del 2,5%. Figura 3: Dotazione posti letto complessivi e tasso di anziani non autosufficienti ospiti nei presidi residenziali socioassistenziali e sociosanitari per livello di assistenza sanitaria erogata e regione, presenti il 31 dicembre 2010 (valori % pop. anziana) Fonte: Gori (2013) Sempre secondo il Rapporto, anche l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) risulta molto eterogenea: guardando infatti ai dati disponibili, non tutte le regioni italiane sembrerebbero aver recepito l’importanza strategica di investire nel settore della domiciliarità, configurando regimi di assistenza molto diversi fra loro. In particolare, è interessante notare la stabilizzazione del livello di copertura della popolazione anziana a livello nazionale tra il 2010 10 e il 2011, copertura che già fra il 2005 e il 2011 era aumentata di soli 1,2 punti percentuali. In tale periodo le regioni che hanno visto una maggiore crescita dei servizi di ADI sono state l’Emilia-Romagna (+5,2%), l’Umbria (+3,1%), l’Abruzzo (+2,9%) e la Provincia Autonoma (P.A.) di Trento (+2,8%), mentre in Friuli-Venezia Giulia e Molise si era venuta a configurare una sensibile riduzione del livello di copertura (-2,0% e -2,6%). Figura 4: Copertura dei servizi di assistenza domiciliare integrata in Italia (% sulla popolazione anziana) e intensità Fonte: Gori (2013) Al fine quindi di rappresentare non solo le risorse e i servizi che il sistema pubblico offre agli anziani non autosufficienti, ma anche di rispecchiare le diversità locali, lo studio delle filiere dei servizi sociosanitari è stato effettuato tramite lo strumento dei casi aziendali, approfondito nel paragrafo seguente. Ci si interroga così sulle diverse caratteristiche dei servizi per la LTC nelle realtà in analisi, frutto dell’autonomia dei territori nelle scelte – consapevoli, emergenti e inconsapevoli – sulle modalità di gestione e sui volumi dei servizi stessi. 11 1.2 Metodologia Come precedentemente illustrato, l’oggetto del presente Rapporto di ricerca è la LTC, con una focalizzazione specifica sugli anziani non autosufficienti. La domanda di ricerca propria di questa terza parte, anche alla luce delle considerazioni e della letteratura presentate nel paragrafo 1.1, è la seguente: “avendo come riferimento l’Azienda Sanitaria, qual è la risposta che viene fornita ai bisogni degli anziani non autosufficienti?”. Il quesito riguarda non solo il setting assistenziale di cura dell’utente (residenziale, semiresidenziale e domiciliare), ma anche la composizione della filiera dei servizi sociosanitari, la capacità di risposta alla domanda e, non da ultimo, gli standard assistenziali. Con riferimento alle scienze sociali di cui l’economia aziendale fa parte, la scelta della metodologia della ricerca poteva esplicarsi all’interno delle seguenti opzioni (Yin, 2003; Fattore, 2005): • • • • • Esperimento Analisi di casi Evoluzione di casi Questionario Studio di materiali (desk research) Ciascuno degli approcci metodologici ha caratteristiche e finalità proprie, come illustrato dalla tabella seguente: Tabella 2: Metodi di ricerca in economia aziendale Metodologia Esperimento Casi si studio Questionario Evoluzione di casi Studio di materiali (desk research) Domande di ricerca Come? Chi? Come? Chi? Chi? Cosa? Dove? Quanti? Quanto? Come? Chi? Come? Chi? Necessità di un sistema di controllo Si No Focus su eventi contemporanei Si Si No Si No No No Si/No Fonte: Yin (2003) A fronte di quanto affermato dalla letteratura, avendo la ricerca la finalità di analizzare il “come” ed il “perché” delle caratteristiche dei servizi e delle scelte assunte dalle Aziende, senza però utilizzare casi di controllo (le configurazioni derivanti dalle scelte manageriali sono infatti troppo diverse per essere 12 confrontate) e focalizzandosi su fenomeni contemporanei, la metodologia maggiormente appropriata per l’analisi appare lo studio di casi. Lo studio di casi non intende né offrire una visione complessiva estendibile all’intero sistema (sociosanitario), né identificare una one best way ma, appunto, rispondere alle domande: come viene gestito il crescente bisogno di cura proprio degli anziani non autosufficienti? Chi è coinvolto nella rete di servizi così come oggi configurata? La metodologia si è quindi focalizzata, non dovendo e non potendo avere casi controllo, su di un caso per regione e ne ha successivamente limitato lo studio dei casi nel numero di 10. In un primo momento, sono state identificate le regioni con una elevata prevalenza di persone anziane escludendo quelle in cui vi fosse, in ragione delle esigue dimensioni o della ridotta popolazione o per scelta di governance, una sola azienda, in quanto il caso analizzato avrebbe coinciso con la regione stessa. All’interno delle regioni selezionate sono state successivamente identificate quelle aziende sanitarie che avessero sviluppato, per storia o per implementazione di strumenti di management, un sistema di gestione non più per funzioni ma per aree di salute (anziani non autosufficienti, LTC). In questo modo sono state definite le 10 aziende sanitarie oggetto della ricerca. Tali aziende, oltre ai precedenti requisiti, hanno dovuto rispondere anche ad un ulteriore criterio di inclusione: quello legato alla disponibilità dei dati relativamente ad una tematica, la LTC, che solo in parte è gestita dalle ASL in quanto vi è un ruolo significativo svolto dagli Enti Locali e dagli erogatori accreditati e contrattati. Il numero di aziende che ha superato questo ulteriore processo di selezione è stato di 9 e precisamente: • • • • • • • • • ASL Biella; ASL Chiavari ASL Lecce ASL Lodi AUSL Piacenza ASL Roma E ASL Siena AULSS 12 veneziana ASS 4 Udine Il gruppo di ricerca ha quindi provveduto ad analizzare questi casi di studio secondo la metodologia classica (Fattore, 2005) delle interviste semi strutturate 13 con i referenti con analisi della normativa regionale di riferimento e di inquadramento. La ricerca ha adottato un approccio dal generale al particolare ricostruendo in primo luogo la filiera dei servizi sociosanitari previsti dalla normativa regionale, per andare poi ad analizzare quanto presente nel territorio dell’Azienda Sanitaria e approfondire il percorso di accesso; infine, sono state proposte alcune prime riflessioni sul modello e sui sistemi operativi adottati. Nello specifico, la prima parte di ciascun caso introduce il sistema regionale con la normativa di riferimento2 e la filiera come normata. L’analisi dei casi prosegue poi con la presentazione della filiera dei servizi sociosanitari offerti dall’Azienda Sanitaria unitamente al sistema di accesso, le relative tariffe e gli standard assistenziali (siano essi per posto letto o per tipologia di paziente). In questa seconda parte si intende descrivere la governance del sistema sia in termini di residenzialità che di semi residenzialità che di domiciliarità con i criteri di eligibilità ed i correlati sistemi operativi. Come precedentemente affermato, il focus del Rapporto è l’anziano non autosufficiente e pertanto si analizzano i servizi sociosanitari intesi come coprodotti da enti, operatori ed istituzioni differenti (come ad esempio l’azienda sanitaria ed il Comune) ed afferenti a sistemi diversi. Non è oggetto del presente lavoro lo studio dei servizi sanitari offerti dalle Aziende Sanitarie, mentre i servizi sociali vengono presentati così come da esse intercettati e vissuti. La governance del sistema viene ulteriormente elaborata nella terza parte dei diversi casi, che riguarda il meccanismo di accesso al sistema dei servizi. In chiusura ogni caso presenta una prima rivisitazione e rielaborazione dello stesso con alcune riflessione sui punti salienti e le aree di miglioramento emerse nel corso delle interviste. 2 La normativa di riferimento è da ritenersi aggiornata al momento dell’intervista. 14 2. La LTC in Italia: 9 casi aziendali Il capitolo riporta, secondo un ordine rigorosamente alfabetico, i 9 casi aziendali selezionati sulla base dei criteri esposti all’interno del paragrafo 1.2. Ciascuno di essi comprende una descrizione del contesto aziendale analizzato, dei servizi per la Long Term Care offerti (prestazioni, target, finalità, standard assistenziali), dei percorsi di accesso e dei modelli di valutazione degli utenti; nella parte finale di ciascun caso vengono presentate alcune prime riflessioni sui punti salienti e le aree di miglioramento emerse nel corso delle interviste semi-strutturate condotte presso le Aziende. La rielaborazione complessiva delle informazioni acquisite e la lettura d’insieme dei modelli analizzati sono invece inserite all’interno del capitolo 3 “Considerazioni conclusive”. 2.1 ASL di Biella3 Il contesto aziendale L'Azienda Sanitaria di Biella (ASL BI) è stata istituita il 1° gennaio 1995 e comprende 74 comuni degli 82 della Provincia, per un totale di 172.635 abitanti4, dei quali oltre il 50% concentrato lungo l’asse Biella-Cossato e nell’immediato hinterland di Biella. L’ASL ricomprende inoltre due distretti, Biella e Cossato, e un presidio ospedaliero, l'Ospedale degli Infermi, collocato a Ponderano (BI). La popolazione di riferimento nel territorio è inserita all’interno della seguente tabella: Tabella 3: Popolazione di riferimento ASL BI Popolazione al 1/1/2015 Popolazione totale Popolazione 65-74 ASL BI 172.635 22.019 Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Gianni Bonelli, Direttore generale Asl BI, del Dott. Michele Sartore, Direttore del Distretto 1 Asl BI, e del suo staff, in particolare del Dott. Marco Rosazza Prin, addetto alla segreteria della Commissione di Vigilanza L.R. 1/2004. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori. 4 Elaborazione Cergas da dati ISTAT 2015 http://dati.istat.it 3 15 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) 24.727 46.746 47,10% 52,90% 27,08% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 8.648 Fonte: Elaborazione su dati ISTAT 2015, http://dati.istat.it I servizi offerti Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso piemontese è che vengono offerti, nel territorio dell’ASL di Biella, tutti i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Si origina così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e sociosanitarie a disposizione della popolazione anziana, più precisamente: Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, le Residenze Sanitarie Assistenziali, le Residenze Assistenziali Flessibili In Regime Transitorio – RAF Reg. Trans. (altrove denominate RSA Reg. Trans.), i NAT – Nuclei Alzheimer Temporanei, le Residenze Assistenziali, le Piccole residenze per anziani autosufficienti, le Residenze Assistenziali Alberghiere e le Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti. Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati il Centro diurno Alzheimer, il Centro diurno integrato e il Centro Diurno per anziani autosufficienti. Infine, nel caso dei servizi domiciliari erogati dall’ASL, riscontriamo la presenza del servizio di Assistenza Domiciliare Integrate (ADI), ricompreso all’interno delle più ampie Cure domiciliari (che comprendono anche servizi esclusivamente sanitari come l’Assistenza Domiciliare Programmata, il Servizio Infermieristico Domiciliare o le Prestazioni Infermieristiche Estemporanee). A tale servizio si aggiungono il Servizio di Assistenza Domiciliare e i Contributi economici a sostegno della domiciliarità in ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’ASL BI (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 16 lungoassistenza; in seguito a specifico accordo con l’ASL BI, la gestione del contributo viene assicurata dai Consorzi Socio Sanitari locali. I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Biella: la filiera sociosanitaria Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Biella afferenti alla filiera sociosanitaria. NAT – Nucleo Temporaneo Alzheimer (DGR n. 45-4248 del 2012) Il NAT si configura come un nucleo collocato all’interno di una RSA e accoglie persone affette da demenza che presentano disturbi comportamentali e/o problemi sanitari e assistenziali di elevata complessità e che possono trarre vantaggio da un intervento terapeutico psicoriabilitativo intensivo. I soggetti assistiti sono quindi affetti da demenza di grado moderato-severo con gravi disturbi comportamentali o severi sintomi psichici. Gli obiettivi che vengono perseguiti a sostegno di questi utenti sono: • riduzione e controllo disturbi comportamentali; • sostegno alle condizioni generali (in particolare nutrizionali) e trattamento comorbilità; • monitoraggio terapie psicofarmacologiche; • riduzione e/o abolizione della contenzione fisica e tutela dell’incolumità del paziente; • attivazione/riabilitazione applicata all’area cognitiva, del comportamento e delle abilità funzionali; • sostegno per i familiari degli ospiti. L’inserimento in struttura dell’utente è subordinato all’approvazione del PAI da parte dell'UVG. Gli standard di personale che vengono previsti dalla DGR n. 45-4248 del 2012 sono: • Direttore di Comunità Sociosanitaria/responsabile di struttura: 2,71 min/die • Direttore sanitario: 2,71 min/die • Medico Responsabile del Nucleo: 4,28 min/die • Psicologo 4,28 min/die • Assistenza infermieristica, riabilitazione, mantenimento psico-fisico: 39,00 min/die 17 • • OSS: 210 min/die Animatore professionale, terapista occupazionale, educatore professionale o altre figure professionali dell’area della riabilitazione e/o altre specializzazioni: 2,14 min/die Il servizio è di tipo residenziale e prevede che per ciascuna RSA vengano inseriti al massimo due nuclei da 10 o 20 posti letto. La tariffa giornaliera applicata è di 132,62 €. La quota sanitaria ricopre il 70% del valore complessivo della retta ed è a carico dell’SSN, mentre la quota alberghiera a carico dell’utente è pari al 30%. Questa configurazione si è creata a seguito dell’approvazione delle DD.GG.RR. n. 10-6357 del 2013 e n. 196893 del 2013, che sospendono la ripartizione al 50% definita dalla DGR n. 85-6287 del 2013 (mantenendo però il valore della retta giornaliera da quest’ultima definito). Residenze Sanitarie Assistenziali (DGR n. 45-4248 del 2012) La RSA è un presidio che offre assistenza medica, infermieristica, riabilitativa, tutelare e alberghiera a persone non autosufficienti di norma anziane, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali e miste. Esistono casi (per lo più in via eccezionale e temporanea) in cui possono essere effettuati inserimenti di utenti sotto i 65 anni di età, qualora questi ultimi presentino bisogni assistenziali e/o sanitari comparabili a quelli di un anziano non autosufficiente (per esempio presentino problemi sociali/sanitari derivanti da patologie come l’ictus o siano stati trasferiti da un DSM). Gli utenti accolti devono presentare un’intensità assistenziale residenziale da bassa ad alta incrementata; ciò significa che il valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa (per mantenere l’autonomia funzionale residua) e socioassistenziale (per mantenere o migliorare la vita sociale e relazionale) dell’intervento pianificato deve essere compreso fra 5 e 125. L’obiettivo perseguito è quello di garantire un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa), integrato da un livello elevato di assistenza tutelare e alberghiera. L’ammissione alla RSA è subordinata all’approvazione di un PAI da parte dell’Unità Valutativa Geriatrica. Il personale previsto per questa tipologia di strutture è composto da: • Direttore di Comunità Sociosanitaria/responsabile di struttura: la presenza del Direttore di Comunità Sociosanitaria deve essere 5 Cfr “Selezione dell’utenza e primo accesso” a pp 36-37 18 • • • • • • garantita a tempo pieno per le strutture autorizzate per almeno 120 p.l. di RSA; per le strutture con numero di posti autorizzati inferiore la presenza può essere garantita anche parzialmente, proporzionalmente al numero di posti letto autorizzati. Convenzionalmente è stato definito uno standard di 2,71 min/p.l./die; Direttore sanitario: La figura del Direttore Sanitario è prevista nelle strutture con “NAT” e posti letto adibiti alle fasce “Medio-Alta”, “Alta”, “Alta Livello Incrementato”. La presenza è garantita a tempo pieno per le strutture con almeno 120 p.l. ricompresi nelle fasce o NAT precedentemente indicate; per un numero di posti letto inferiore può essere garantita anche a tempo parziale proporzionalmente al numero di posti letto. Convenzionalmente è stato definito uno standard di 2,71 min/ospite con intensità MA o A o AI o NAT/die; MMG: L’assistenza viene garantita dall’ASL attraverso i medici di medicina generale sulla base delle disposizioni previste dal vigente accordo integrativo regionale (DGR n. 28-2690 del 24.4.2006, art. 14); Assistenza infermieristica, riabilitazione, mantenimento psico-fisico, supporto psicologico, fascia: Alta Incrementata 46,00 min/die, Alta 30,00 min/die, Medio-alta 25,00 min/die, Media 18,00 min/die, Medio-bassa 13,00 min/die, Bassa 8,00 min/die. Per strutture di intensità Medio Alta e fasce superiori, per almeno 80 p.l., deve essere garantita la presenza di personale infermieristico per le intere 24 ore giornaliere; al di sotto degli 80 p.l. e per le fasce inferiori deve essere garantita la pronta reperibilità notturna; OSS, fascia: Alta Incrementata 134,00 min/die, Alta 120,00 min/die, Medio-alta 105,00 min/die, Media 87,00 min/die, Medio-bassa 82,00 min/die, Bassa 72,00 min/die, da garantirsi nell'arco delle 24 ore Per gli ospiti ricoverati in regime convenzionale con il SSR, l’assistenza specialistica, farmaceutica e protesica, nonché ogni altra prestazione diagnostico-terapeutica, sono garantite dall’ASL secondo le necessità degli ospiti; Attività di animazione: viene garantita attraverso le figure professionali dell’animatore professionale, del terapista occupazionale, dell’educatore professionale o altre figure professionali dell’area della riabilitazione e/o altre specializzazioni (es. musicoterapia, teatroterapia, ecc.) che possono essere utilmente impiegate ai fini del raggiungimento degli obiettivi assistenziali prefissati nei progetti assistenziali, per un totale complessivo di 18 ore settimanali per n. 72 ospiti e deve essere calibrata sulle peculiarità della fascia di intensità. Convenzionalmente è stato definito uno standard di 2,14 min/ospite/die. 19 Le dimensioni consentite per le strutture vanno da un minimo di 20 posti letto ad un massimo di 120, articolati in nuclei elementari singoli da 10 (cui aggiungere eventuali 2 di pronta accoglienza) o da 20 (cui aggiungere eventuali 4 di pronta accoglienza) posti letto. Le tariffe giornaliere per l’assistenza prestata dalle RSA stabilita dalla DGR n. 85-6287 del 2013 sono, a seconda del livello d’intensità assistenziale: Tabella 4: Tariffe giornaliere RSA ASL BI Livello d’intensità assistenziale Alta Intensità Livello Incrementale Alta Medio Alta Media Medio Bassa Bassa Tariffa giornaliera € 104,44 Di cui a Carico SSR € 52,22 Di cui a carico utente/Comune € 52,22 € 95,73 € 88,00 € 77,36 € 73,00 € 71,56 € 47,87 € 44,00 € 38,68 € 36,50 € 35,78 € 47,87 € 44,00 € 38,68 € 36,50 € 35,78 Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 85-6287 del 2013 La quota socio-assistenziale prevista a carico dell’utente/Comune è quindi pari al 50% del valore complessivo della retta. Residenze Assistenziali Flessibili In Regime Transitorio – RAF Regime Transitorio (DGR n. 41-42433 del 1995, DGR n. 17-15226 del 2005, DGR n. 25-12129 del 2009, DGR n. 45-4248 del 2012) Le RAF Reg. Trans. (altrove presenti come RSA Reg. Trans.) si qualificano come residenze socio-assistenziali di ospitalità permanente che offrono assistenza medica, infermieristica, riabilitativa, tutelare e alberghiera. Esse sono finalizzate a garantire un sufficiente livello di assistenza sanitaria (infermieristica e riabilitativa), integrato da un livello medio di assistenza tutelare e alberghiera, ad anziani con un’intensità assistenziale residenziale da bassa a media. Il valore del punteggio derivante dalla definizione del PAI dovrà quindi essere compreso fra 5 e 8. Le RAF Reg. Trans., come indica il nome stesso, sono destinate a scomparire, in quanto la normativa vigente richiede il loro adeguamento ai requisiti del Regime Definitivo per una successiva e automatica trasformazione in RSA, ai 20 sensi della DGR n. 45-4248 del 2012. Il Regime Transitorio era stato introdotto dalla DGR n. 41-42433 del 1995, affinché le strutture prive dei requisiti strutturali previsti dalle norme nazionali e regionali potessero proseguire la propria attività, a condizione del raggiungimento di alcuni requisiti strutturali minimi. Con l’approvazione della DGR 25-12129 del 2009 però, le strutture autorizzate ad operare in Regime Transitorio sono state accreditate, subordinando il mantenimento dell’accreditamento alla presentazione di un progetto di adeguamento ai requisiti strutturali del Regime Definitivo, di un piano finanziario e di un cronoprogramma dell’intervento. Il termine per la presentazione dei documenti è stato più volte modificato e quello attualmente in vigore è stabilito dalla DGR n. 541035 del 2015. Le strutture che entro tale termine non si saranno adeguate ai requisiti del Regime Definitivo dovranno riconvertire i posti letto in questione in Residenze Assistenziali o Residenze Assistenziali Alberghiere, perdendo l'accreditamento. In ragione della fase di trasformazione verso le RSA che queste strutture stanno vivendo, si riscontrano molteplici similitudini. In primo luogo, anche in questo caso, l’accesso è consentito previa valutazione da parte della UVG e definizione del PAI. In secondo luogo, anche gli standard di personale previsti dalla normativa regionale sono gli stessi; sono però applicabili solo quelli riferiti alle fasce d’intensità da bassa a media, in quanto le RAF Reg. Trans. non possono accogliere utenti con un profilo di non autosufficienza maggiore. I terzo luogo, anche le tariffe applicate sono le stesse, ovvero: Tabella 5: Tariffe giornaliere RAF – Regime ASL BI Livello d’intensità assistenziale Media Medio Bassa Bassa Tariffa giornaliera € 77,36 € 73,00 € 71,56 Di cui a Carico SSR € 38,68 € 36,50 € 35,78 Di cui a carico utente/Comune € 38,68 € 36,50 € 35,78 Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 85-6287 del 2013 Centro diurno Alzheimer (DGR n. 45-4248 del 2012) Il Centro Diurno Alzheimer è un servizio semiresidenziale destinato a soggetti affetti da demenza e al sostegno dei familiari e/o altre persone di riferimento che li assistono al domicilio. In particolare, esso si rivolge a persone non autosufficienti di norma anziane affette da morbo di Alzheimer o altre forme di demenza con diagnosi accertata, in base a criteri scientifici validati. Il 21 Centro è un elemento fondamentale nella rete dei servizi territoriali ed è in collegamento con l’UVG e il MMG. La principale finalità di questo servizio è il miglioramento della qualità della vita dell’utente e dei suoi familiari, con la conseguente riduzione del ricorso all’istituzionalizzazione o, almeno, un suo allontanamento nel tempo. Per perseguire tale obiettivo, il centro dà attuazione a programmi riabilitativi e socializzanti mediante l’insieme combinato di prestazioni sanitarie e socio-assistenziali; più precisamente, esso predispone azioni volte a: • individuare interventi terapeutici, anche per quanto concerne la presenza di altre eventuali patologie concomitanti; • migliorare il quadro sintomatologico funzionale, psicologico e comportamentale; • ridurre o abolire l’uso di psicofarmaci; • stimolare le capacità sociali (comunicative, relazionali e cognitive); • realizzare adeguati interventi di supporto ai famigliari e/o altre persone di riferimento (per la riduzione dello stress, la promozione del benessere psicofisico, il miglioramento delle relazioni sociali, l’acquisizione di conoscenze sulla malattia e di capacità di gestire il paziente etc). L’inserimento al Centro Diurno Alzheimer è disposto dall’UVG dell’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, che verifica l’ammissibilità e predispone il Progetto individuale. All’interno della DGR n. 45-4248 del 2012 vengono stabiliti i seguenti standard di personale: • Medico responsabile o Direttore sanitario: 3 min/die • Assistenza infermieristica, riabilitazione, mantenimento psico-fisico: 28,00 min/die • OSS: 82,00 min/die • Psicologo: 2 min/die. L’apertura prevista dal Centro diurno Alzheimer deve essere di almeno 5 giorni alla settimana con un orario minimo di 8 ore giornaliere, con una ricettività massima di 25 utenti/die. L’attività del Centro può essere sospesa per limitati periodi durante l’anno, in base a motivate esigenze organizzative locali. Dal punto di vista del modello di finanziamento, la tariffa sociosanitaria giornaliera prevista dalla DGR n. 85-6287 del 2013 per i Centri Diurni Alzheimer è pari a 70,00 €/die; a seguito dell’approvazione delle DD.GG.RR. n. 10-6357 del 2013 e n. 19-6893 del 2013, che sospendono la ripartizione al 50% da essa definita, la ripartizione fra quota sanitaria SSN e quota sociale a carico dell’utente è rispettivamente pari al 70% e 30%. 22 Centro Diurno Integrato (DGR n. 45-4248 del 2012) Per Centro Diurno Integrato si intende una struttura semi residenziale che assiste anziani non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti che necessitano di prestazioni di carattere assistenziale, relazionale e sanitario che non possono essere interamente soddisfatte dal nucleo familiare o dai servizi domiciliari, ma per i quali risulta improprio o prematuro il ricovero in un servizio assistenziale residenziale. Al suo interno vengono attuati programmi riabilitativi e socializzanti mediante l’insieme combinato di prestazioni socioassistenziali e sanitarie; è la presenza di queste ultime a differenziare il Centro Diurno Integrato dal Centro Diurno per anziani autosufficienti. Le prestazioni offerte sono finalizzate a: • tutelare la salute e il benessere della persona anziana, al fine di mantenere e recuperarne l’autonomia e favorirne il mantenimento nel proprio contesto abitativo, familiare e relazionale; • fornire un supporto ai nuclei familiari; • migliorare e sviluppare le capacità residue degli anziani, stimolandone gli interessi per renderli il più possibile attivi e partecipi alla vita sociale. L’utilizzo del servizio è subordinato all’approvazione del PAI da parte dell'UVG La DGR n. 45-4248 del 2012 stabilisce per questo servizio un organico minimo composto dalle seguenti figure professionali: • Coordinatore almeno part-time con funzioni organizzativemanageriali e gestionali; • Infermiere professionale: 22,00 min/die; • OSS: 54,00 min/die; • Animatore professionale, terapista occupazionale, educatore professionale o altre figure professionali dell’area della riabilitazione e/o altre specializzazioni: 6,52 min/die Il Centro Diurno Integrato deve prevedere un’apertura di almeno 5 giorni alla settimana (preferibilmente 6) con un orario minimo di 10 ore giornaliere e una ricettività massima di 20/25 utenti/die. L’attività del Centro può essere sospesa per limitati periodi durante l’anno, in base a motivate esigenze organizzative locali. La retta giornaliera prevista dalla DGR n. 85-6287 del 2013 (e successive DD.GG.RR. n. 10-6357 del 2013 e n. 19-6893 del 20139) è pari a 46,00 €/die; il 50% di tale valore viene versato dall’utente come quota alberghiera. 23 Assistenza Domiciliare Integrata (DGR n. 41-5952 del 2002, sito ASL Biella) Per ADI si intende l’assistenza, temporanea o protratta, offerta presso il domicilio a persone in condizione di ridotta o totale non autosufficienza, affette da malattie cronico-degenerative o da patologie acute stabilizzate e curabili o malati terminali, in presenza di adeguato supporto familiare o di altro tipo. Comprende visite del medico di medicina generale e dei medici specialistici, prestazioni infermieristiche, riabilitative e di assistenza alla persona; inoltre le persone che sono in carico al servizio di Assistenza Domiciliare Integrata ricevono dall’ASL i farmaci necessari per le cure oggetto del progetto, eventuali ausili e l’accompagnamento in ambulanza qualora vi sia necessità di recarsi presso un ospedale per effettuare degli accertamenti diagnostici. L’ADI è finalizzata a ritardare il più possibile, o evitare, il ricovero ospedaliero o l’ingresso in struttura residenziale e a favorire il percorso di continuità assistenziale con l’ospedale nella fase di dimissione (c.d. “Dimissione Protetta”). L'attivazione del servizio avviene da parte del MMG di propria iniziativa o su segnalazione (da parte di reparti ospedalieri, Servizio infermieristico domiciliare, Servizi Sociali, parenti, ecc.). Il medico fa richiesta al Servizio di Cure Primarie del Distretto di competenza e il Responsabile, dopo valutazione, autorizza l’attivazione dell’ADI. Il servizio è interamente a carico del SSR e non prevede compartecipazione da parte dell’utente Contributo economico a sostegno della domiciliarità in lungoassistenza (DGR n. 39-11190 del 2009, DGR n. 56-13332 del 2010, DGR n. 26-6993 del 2013) Il contributo economico a sostegno della domiciliarità in lungoassistenza è un intervento a rilievo sociosanitario che si configura come erogazione monetaria riconosciuta al beneficiario di un PAI, per la copertura del costo di servizi di assistenza tutelare socio sanitaria. Questi ultimi sono: prestazioni di cura familiare e affidamento, assunzione di un Assistente Familiare, acquisto di prestazioni di assistenza domiciliare del profilo professionale ADEST/OSS presso fornitori accreditati o riconosciuti dalle ASL o dai Soggetti gestori dei servizi socio-assistenziali (EE.GG.), acquisto del servizio di telesoccorso, acquisto di pasti a domicilio. Esso viene riconosciuto ad anziani che siano stati dichiarati dall'UVG non autosufficienti ed eligibili ad un Progetto di Cure Domiciliari in Lungoassistenza e a persone con disabilità non autosufficienti di età inferiore ai 65 anni, con l’obiettivo di sostenere la famiglia nel carico assistenziale, permettere un rallentamento o una limitazione agli inserimenti 24 residenziali e remunerare prestazioni di assistenza mediante progetti personalizzati di domiciliarità. Nell’ASL BI tali contributi vengono gestiti dai Consorzi sociosanitari IRIS e CISSABO. L’attribuzione del contributo è possibile qualora vi sia stata l’approvazione del PAI che lo prevede da parte dell'UVG. Il contributo economico è definito in base alle seguenti tipologie d’intervento: 1) Assegno di domiciliarità nel caso di prestazioni domiciliari direttamente acquisite dalla famiglia (assistente familiare regolarmente assunto, con l’applicazione del CCNL del Lavoro Domestico, dal soggetto beneficiario o da un fornitore riconosciuto da ASL ed Enti Gestori); 2) Sostegno intrafamiliare svolto da un familiare distinguendo quando: a. ha un ruolo solo di caregiver: tale ruolo non è monetizzato, in quanto intrinseco al legame di parentela e all’eventuale scelta di convivenza; b. oltre al ruolo di caregiver, svolge anche compiti di cura nei confronti dell’anziano non autosufficiente secondo i tre livelli di necessità assistenziale definiti dalla Commissione valutativa. In questi casi il familiare deve dimostrare la reale disponibilità di tempo e di capacità nella cura e nell’assistenza dell’anziano. 3) Affidamento quando il sostegno è fornito da un volontario riconosciuto dal Servizio Sociale. L’attività del volontario può essere integrata dall’intervento domiciliare effettuato dall’assistente familiare o da altra figura professionale fino alla concorrenza del massimale previsto, analogamente a quanto avviene per i familiari. L’affidatario può essere distinto in: a. Affidatario caregiver: ruolo più leggero nel caso di bassa e media intensità assistenziale; b. Affidatario con compiti di cura; c. Affidamento residenziale: accoglienza temporanea o definitiva presso l’abitazione dell’affidatario nei casi in cui l’assenza di reti parentali precluda la permanenza presso il proprio domicilio. 4) Servizi di Telesoccorso e/o pasti a domicilio. Gli importi riconosciuti a seconda dei diversi casi sono inseriti nella seguente tabella: 25 Tabella 6: Valore dei contributi economici a sostegno della domiciliarità in lungoassistenza per anziani non autosufficienti ASL BI Livello alta intensità assistenziale (punteggio superiore a 15) Assegno di domiciliarità Fino a € 1.350,00* mensili suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito Sostegno intrafamiliare € 400,00 mensili suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito *€ 1.640,00 se l’anziano è senza rete familiare Livello media intensità assistenziale (punteggio da 10 a 15) Fino a € 1.100,00 mensili suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito € 300,00 mensili suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito Livello bassa intensità assistenziale (punteggio da 4 a 9) Fino a € 800,00 mensili suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito € 200,00 mensili suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito Affidamento 1. Affidatario caregiver: non previsto 2. Affidatario con compiti di cura: € 600,00 mensili 3. Affidatario residenziale: € 700,00 Suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito 1. Affidatario caregiver: € 200,00 2. Affidatario con compiti di cura: € 500,00 mensili 3. Affidatario residenziale: € 700,00 suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito 1. Affidatario caregiver: € 200,00 2. Affidatario con compiti di cura: € 400,00 mensili 3. Affidatario residenziale: € 700,00 suddiviso in: - 50% quota sanitaria - 50% quota sociale in base al reddito Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 39-11190 del 2009 e ss.mm.ii. 26 Il costo dell’assistenza tutelare socio sanitaria prevista dal PAI è per il 50% (componente sanitaria) a carico dell’ASL, mentre il restante 50% (componente sociale) è a carico dell’Utente/Enti gestori così come disposto dalla DGR n. 51-11389 del 2003. Qualora il beneficiario sia titolare di Indennità di Accompagnamento, tale previdenza va utilizzata per la copertura della componente sociale. Box 1 Le cure intermedie e i sevizi per anziani Si evidenzia che, oltre alle tipologie di servizi sociosanitari per anziani precedentemente descritti, vengono previste dalla normativa altre strutture, dirette anche a diversi target di utenza, che possono inserirsi nella trattazione in quanto particolarmente rilevanti nel percorso di cura delle persone anziane. Esse sono: − Gli Hospice, che nell’ASL di Biella contano n. 10 p.l. autorizzati secondo quanto determinato nella DGR n. 15-7336 del 2002; − I posti letto adibiti alla cura dei pazienti in Stato Vegetativo (S.V.), in Stato di Minima Coscienza (S.M.C.) ed affetti da Locked-in Sindrome (L.I.S.), che rientrano nel più ampio gruppo delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite (G.C.A.). Istituiti dalla Regione Piemonte con DGR 62-13647 del 2010, essi vengono chiamati NSV e NAC e sono autorizzabili in strutture sociosanitarie (RSA) o Case di Cura. Per tale tipologia di p.l. i requisiti e le procedure per l’accreditamento sono stati definiti con successiva DGR n. 22-5036 del 2012: nessuna struttura sociosantaria del biellese, ad oggi, è autorizzata al funzionamento per tale tipologia di p.l.; − Infine, con DGR n. 6-5519 del 2013 (approvati all’interno dei criteri per la realizzazione dell’area di attività extra ospedaliera di continuità assistenziale a valenza sanitaria con DGR n. 13-1439 del 2011), sono stati definiti gli standard inerenti i p.l. di Continuità Assistenziale a Valenza Sanitaria (CAVS), che sono attivabili mediante la riconversione tra l’altro di p.l. convenzionati in struttura RSA. Ad oggi non sono presenti tali p.l. nell’ASL BI in strutture RSA, ma sono stati assegnati nella misura di n. 36 p.l., alle Case di Cura del Territorio (DGR 67-1716 del 6 luglio 2015) e saranno prossimamente attivati. 27 I dati della filiera sociosanitaria6: I dati relativi alla filiera sociosanitaria dei servizi per la LTC offerti nel territorio dell’ASL BI vengono qui presentati in due momenti successivi: in prima istanza vengono infatti riportati alcuni valori relativi ai servizi di tipo residenziale, mentre successivamente vengono trattati contemporaneamente quelli di tipo semiresidenziale e domiciliare. La seguente tabella mostra quindi alcuni dati di attività relativi ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti descritti nei paragrafi precedenti: Tabella 7: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) ASL BI Erogatori 1 privato Posti letto 20 privati Utenti in carico Giornate di degenza erogate 2 RSA/RAF Regime Transitorio Tot. n. 36 di cui 26 privati e 10 pubblici Tot. n. 1643 di cui n. 1186 privati e n. 457 pubblici 804 109 209.602 NAT Fonte: Dati forniti da ASL BI Rielaborando tali valori l’Azienda è in grado di ottenere alcune misure aggiuntive, come il tasso di occupazione dei posti letto, l’indice di rotazione dei posti letto e la degenza media. Il tasso di occupazione dei posti letto risulta per i NAT pari a 1,5%, mentre nel caso delle RSA/RAF regime transitorio è pari al 34,95%. L’indice di rotazione dei posti letto risulta invece 0,1 per i NAT e 0,148 per RSA/RAF regime transitorio mentre la degenza media è, rispettivamente, pari a 54,5 e 260,69 giorni. Utilizzando tali valori è possibile calcolare il rapporto fra il numero di posti letto convenzionati appartenenti a strutture residenziali per non autosufficienti e la popolazione anziana non autosufficiente come stimata all’interno della Tabella 3, calcolo che origina un tasso di copertura pari a 19,23%. È utile ricordare che i dati sopra riportati si riferiscono agli ospiti inseriti “in convenzione” e per i quali cioè vi è una compartecipazione nel pagamento della retta da parte dell’ASL BI. Si tenga conto che gli utenti inseriti con tale modalità risultano essere, nell’anno 2014, il 37% circa del totale degli ospiti inseriti in strutture socio sanitarie (il restante 63% degli ospiti delle strutture risulta inserito privatamente ovvero con retta totalmente in capo all’utente stesso). 6 I dati riportati sono stati forniti dall’ASL Di Biella e fanno riferimento all’anno 2014 28 Vengono inseriti all’interno di questa seconda tabella alcuni dati di attività riferiti ai servizi semiresidenziali e domiciliari presenti nel territorio in analisi: Tabella 8: Dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL BI Centro diurno Alzheimer Centro diurno Integrato ADI Contributo economico a sostegno della domiciliarità Consorzi Intercomunali dei Servizi Sociosanitari (IRIS per Distretto 1 e CISSABO per Distretto 2) Erogatori 1 privato e 1 pubblico 3 privati e 2 pubblici ASL e 2 Consorzi Intercomunali dei Servizi Sociosanitari (IRIS per Distretto 1 e CISSABO per Distretto 2) Posti disponibili 20 privati e 10 pubblici 40 privati e 45 pubblici - - 64 109 4507 Cissabo: 156 Iris: 350 4.907 16.085 N.d. - Utenti in carico Giornate erogate/Nu mero di accessi Fonte: Dati forniti da ASL BI I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Biella: la filiera sociale Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Biella afferenti alla filiera sociale. 7 Le Cure Domiciliari (di cui l’ADI è la parte numericamente più piccola) seguono alcune migliaia di casi. 29 Residenze Assistenziali (DGR n. 38-16335 del 1992; DM n. 308 del 2001; DGR n. 43-4413 del 2001) Si intendono per Residenze Assistenziali delle residenze collettive che forniscono agli ospiti prestazioni di tipo alberghiero, di carattere assistenziale, di tipo culturale e ricreativo, nonché prestazioni dirette a recuperare e migliorare l’autosufficienza. L’obiettivo perseguito da queste strutture è, infatti, garantire il soddisfacimento dei bisogni primari ed assistenziali degli ospiti, sopperendo alle difficoltà che essi incontrano nel provvedere con propria iniziativa. Vi vengono accolti sia adulti sia anziani in condizioni psicofisiche di parziale autosufficienza, in condizioni cioè di compiere con aiuto le funzioni primarie. In base alla capacità ricettiva e alla condizione degli ospiti, le Residenze si suddividono in: Residenze Assistenziali (R.A.) e Residenze Assistenziali Base (R.A.B., ovvero le residenze assistenziali con capienza inferiore 10 posti letto, oggi soppresse; restano attive solo le strutture già esistenti autorizzate al funzionamento come R.A.B.). Vengono accolti in queste strutture anziani con un profilo di non autosufficienza parziale, ovvero con un valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa e socio-assistenziale dell’intervento pianificato fra 1 e 4. Per gli anziani ospitati da almeno un anno che acquisiscano la non autosufficienza è comunque consentita la permanenza in struttura, in numero inferiore a 5 ospiti e tenuto conto delle capacità ricettive ed organizzative, previa approvazione di un nuovo PAI da parte dell’UVG. Il personale previsto per questa tipologia di struttura è: • Un responsabile della struttura per la programmazione e della organizzazione delle attività; • OSS: 3 ogni 10 ospiti ovvero 65 min/die; • Animatore: 2,14 min/die. Si ritiene inoltre necessaria la consulenza del dietista e del terapista della riabilitazione, unitamente alla presenza dell'assistente sociale. Deve infine essere garantita dall’ASL competente per territorio sia l’erogazione di prestazioni sanitarie, sia la reperibilità di personale medico in caso di necessità. I requisiti strutturali delle Residenze Assistenziali, definiti all’interno della DGR n. 38-16335 del 1992, sono venuti a mutare con l’approvazione della DGR n. 45-4248 del 2012; quest’ultima ha infatti determinato la soppressione delle disposizioni inerenti i requisiti strutturali per le Residenze Assistenziali Flessibili, cui la DGR del 1992 faceva riferimento in relazione alle Residenze Assistenziali. In ragione di questo cambiamento, ad oggi i requisiti strutturali delle RA sono da intendersi sostituiti dai quelli stabiliti dalla DGR n. 45-4248 30 del 2012 per le RSA, ad eccezione del rapporto tra numero dei posti letto per camera e relativi servizi igienici, che dovrà essere di un servizio igienico ogni 2 posti letto. Le dimensioni consentite per le strutture vanno quindi da minimo 10 posti letto a massimo 60/80 posti letto in relazione alle esigenze del territorio e, comunque, devono essere sempre articolati per nuclei. Ad ogni piano possono essere previsti uno o più nuclei abitativi e in nessun caso possono essere divisi su due piani; essi possono essere elementari singoli (10/20 p.l.) o sistemi di più nuclei che non vanno oltre i 60 posti. Il funzionamento è permanente nell’arco della 24 ore, per l’intera settimana e per tutto l’anno e la retta è interamente a carico dell’utente/Comune Piccole residenze per anziani autosufficienti (DGR n. 25-6772 del 2002) Le Piccole residenze per anziani autosufficienti sono strutture residenziali autonome, a carattere assistenziale, prevalentemente destinate ad anziani in condizione di parziale autosufficienza o autosufficienza. Esse sono finalizzate a garantire il soddisfacimento dei bisogni primari ed assistenziali degli ospiti, sopperendo alle difficoltà che gli stessi incontrano nel provvedervi autonomamente. Come nel caso delle Residenze Assistenziali, vengono accolti in queste strutture anziani con un profilo di non autosufficienza parziale, ovvero con un valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa e socioassistenziale dell’intervento pianificato fra 1 e 4. Anche in questo caso quindi per gli anziani ospitati da almeno un anno che acquisiscano la non autosufficienza è consentita la permanenza in struttura, in numero inferiore a 5 ospiti e tenuto conto delle capacità ricettive ed organizzative, previa approvazione di un nuovo PAI da parte dell’UVG. Trattandosi di una tipologia di residenza assimilabile ad una Residenza Assistenziale, l’articolazione dell’organico è la stessa contenuta nella DGR n. 38-16335 del 1992, ovvero: • Un responsabile della struttura per la programmazione e organizzazione delle attività; • OSS: 3 ogni 10 ospiti ovvero 65 min/die; • Animatore: 2,14 min/die. Si ritiene inoltre necessaria la consulenza del dietista e del terapista della riabilitazione, unitamente alla presenza dell'assistente sociale. Deve infine essere garantita dall’ASL competente per territorio sia l’erogazione di prestazioni sanitarie, sia la reperibilità di personale medico in caso di necessità. 31 Le Piccole residenze per anziani autosufficienti prevedono standard strutturali inferiori rispetto alle Residenze Assistenziali; le strutture possono contenere da minimo 15 posti letto a massimo 30 posti letto, più eventuali 3 (al massimo) per pronta accoglienza. Residenze Assistenziali Alberghiere (DGR n. 38-16335 del 1992; DM n. 308 del 2001; DGR n. 43-4413 del 2001) Con la dicitura Residenze Assistenziali Alberghiere si intendono strutture che forniscono agli ospiti, in condizione di autosufficienza psicofisica (punteggio PAI uguale a 0), servizi di tipo alberghiero; esse possono essere sede di centro diurno e quindi collegarsi all’esterno offrendo una più ampia gamma di servizi agli ospiti. Queste soluzioni sono state introdotte al fine di favorire le persone interessate a soluzioni alloggiative in ambienti che consentano di soddisfare esigenze di socializzazione. Non vengono forniti standard di personale, ritenendo che l’organizzazione della struttura debba garantire il soddisfacimento delle prestazioni di carattere alberghiero, di socializzazione, di rispetto della dieta e di protezione previste, rispettando un limite dimensionale massimo pari ad 80 posti letto. Infine, la struttura deve risultare operativa nell’arco delle 24 ore per l’intero anno o per periodi più limitati, secondo le esigenze del territorio. Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti (DGR n. 25-6772 del 2002) La Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti costituisce una risposta residenziale alternativa al ricovero in istituto, e non rappresenta una soluzione ai problemi abitativi delle persone anziane ma un servizio da attuare in situazioni particolari, caratterizzato da una bassa intensità assistenziale, dalla bassa complessità organizzativa e da un’utenza con discreta autonomia personale. Essa costituisce una risposta, anche temporanea (diurna, notturna o stagionale), alle esigenze di sicurezza e di non isolamento degli anziani e alle esigenze di periodi di tregua per le famiglie che ne hanno cura. Gli ospiti di queste strutture devono essere completamente autosufficienti, ovvero avere un valore risultante dall’analisi dell’intensità terapeutica e/o riabilitativa e socio-assistenziale dell’intervento pianificato pari a 0. Le comunità sono prive di personale proprio ma deve essere garantito, con natura ed entità variabile a seconda dei bisogni dell’utente, il supporto dei servizi assistenziali di base operanti nel territorio, sia per quanto riguarda le 32 prestazioni di assistenza domiciliare, sia per quanta riguarda l’appoggio sociorelazionale volto a mantenere o ripristinare l’inserimento nella vita socioculturale-ricreativa del territorio. In questo caso possono essere presenti nella struttura al massimo 6 posti letto. Centro Diurno per anziani autosufficienti (DGR n. 39-29311 del 2000) I Centri Diurni per anziani autosufficienti forniscono un servizio di assistenza a carattere integrativo, di sostegno alla vita domestica e di relazione; essi si caratterizzano per la polifunzionalità delle prestazioni e possono essere strutture autonome o integrazioni di presidi già esistenti. Sono finalizzati a: • tutelare la salute e il benessere della persona anziana, favorendone il mantenimento nel proprio contesto abitativo, familiare e relazionale; • migliorare e sviluppare le capacità residue degli anziani, stimolandone gli interessi per renderli il più possibile attivi e partecipi alla vita sociale. La DGR n. 39-29311 del 2000 individua anche gli standard di personale da applicare ai centri diurni, che sono: • 1 operatore OSS per l’assistenza tutelare ogni 10 utenti; • 1 animatore professionale part-time. Inoltre, deve essere garantita la funzione di coordinamento del Centro e possono essere utilizzate altre risorse quali: volontariato, obiettori di coscienza, inserimenti lavorativi, etc. Il progetto potrà prevedere anche altri apporti professionali; in particolare, potrà essere richiesta la presenza di una figura con competenze professionali di carattere sanitario, quale l’infermiere professionale, da reperirsi nella struttura residenziale di riferimento. Il Centro ha una ricettività massima di 20/25 utenti/die Servizio di Assistenza Domiciliare (Regolamento Comune Biella; LR n. 10 del 2010) Insieme di prestazioni di natura socio assistenziale effettuate prevalentemente a domicilio in favore di coloro che manifestano una grave difficoltà in termini di autonomia personale. Le prestazioni di lungoassistenza nella fase di cronicità, volte a mantenere e rafforzare l'autonomia funzionale o a rallentarne il deterioramento, si esplicano in un insieme di servizi quali prestazioni professionali, prestazioni di assistenza familiare, servizi di sollievo, affidamento diurno, telesoccorso e fornitura di pasti, servizi di lavanderia, 33 interventi di pulizia, igiene, piccole manutenzioni e adattamenti dell'abitazione. Gli obiettivi che si intende perseguire tramite tali servizi sono: • favorire l’autonomia dell’individuo nel contesto familiare e sociale; • favorire la permanenza al proprio domicilio e ambiente di vita; • sensibilizzare le realtà locali e promuovere l’attivazione delle risorse del territorio in funzione del sostegno alle persone in difficoltà, dell'integrazione sociale e della reciproca solidarietà tra le persone; • evitare i ricoveri e le ospedalizzazioni non necessarie. Il costo del servizio e, conseguentemente, le quote di partecipazione a carico degli utenti vengono determinate annualmente con atto deliberativo dell’organo competente. Il servizio non è soggetto ad accreditamento anche se l’approvazione della recente DGR n. 18-1326 del 2015 ne introduce la possibilità. I dati della filiera sociale8: Vengono qui riportati alcuni dati di attività relativi alla filiera sociale di servizi LTC presente sul territorio dell’ASL BI; come si può notare l’ASL non solo ha un buon livello conoscitivo dei meccanismi di funzionamento dei servizi di tipo sociale e della normativa che li regola, ma ne conosce il numero di erogatori, e relativi posti letto, e detiene diverse informazioni sui volumi di produzione. Tabella 9: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) ASL BI Erogatori Posti letto Utenti in carico - Piccole residenze RAA Comunità di tipo familiare 1 pubblica Tot. n. 7 di cui 4 privati e 3 pubblici 1 pubblica Tot. n. 29 di cui 23 privati e 6 pubblici 15 pubblici Tot. n. 98 di cui 78 privati e 20 pubblici 6 pubblici 10 13 66 6 RA RAB9 Tot. n. 20 di cui 15 privati e 5 pubblici Tot. n. 476 di cui 367 privati e 109 pubblici Tot. n. 5 di cui 4 privati e 1 pubblica 398 I dati riportati sono stati forniti dall’ASL Di Biella e fanno riferimento all’anno 2014 Oggi soppresse, restano attive solo le strutture già esistenti autorizzate al funzionamento come R.A.B. 8 9 34 media mensile anno 2014 Tasso di occupazio ne dei PL Giornate di degenza erogate 83,61% 34,48% 86,6% 67,34% 100% 145.270 3.650 4.745 24.090 2.190 Fonte: Dati forniti da ASL BI Tabella 10: Dati di attività dei servizi sociali semiresidenziali (anno 2014) ASL BI Centri diurni per anziani autosufficienti Erogatori Posti disponibili Tasso di occupazione Utenti in carico media mensile anno 2014 Tot. n. 8 di cui 4 privati e 4 pubblici Tot. 81 di cui 35 privati e 46 pubblici 24,69% 20 Fonte: Dati forniti da ASL BI Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Il primo contatto dell’utente con il network sociosanitario avviene, di norma, attraverso i servizi sociali del Comune di riferimento o attraverso gli Sportelli Unici Socio Sanitari, gestiti dai Distretti 1 e 2 dell’ASL BI e dai Consorzi IRIS e CISSABO, i quali sono in grado di assistere gli utenti nell’accesso ai servizi grazie alla presenza congiunta di un un’assistente sociale del Consorzio e un’infermiera dell’ASL. In alcuni casi, generalmente poco frequenti in quanto viene effettuata sul territorio un’intensa attività d’informazione, soprattutto tramite opuscoli disseminati nei luoghi maggiormente frequentati dai potenziali utenti, dagli interessati o dalle loro famiglie si rivolgono anche ad altri interlocutori, come il proprio MMG, gli sportelli informativi delle associazioni di volontariato presenti sul territorio e internet. Questi canali hanno il compito di reindirizzare i cittadini presso i servizi sociali o gli Sportelli Unici, così che possano essere adeguatamente supportati nel proprio percorso di accesso. L’assistente sociale in collaborazione con l’infermiera supporta quindi l’interessato, o in sua vece un familiare o altra persona incaricata, nella 35 presentazione all’ASL BI della domanda di valutazione da parte dell’Unità Valutativa Geriatrica (UVG). L’UVG è articolata, nel funzionamento, nei territori degli attuali due Distretti. In casi particolari, l’attivazione della domanda può essere promossa direttamente dall’Assistente Sociale. Selezione dell’utenza e primo accesso In seguito, viene fissata una visita domiciliare della Commissione che valuterà la situazione dell’anziano e predisporrà un’ipotesi progettuale. Là dove possibile, darà precedenza agli interventi che possano mantenerlo a domicilio. La domanda di valutazione è anche correlata dall’apposita documentazione prodotta dal Medico di Medicina Generale. La Commissione potrà approvare il progetto, chiedere maggiori approfondimenti o proporre altre soluzioni. L’anziano/a potrà ricevere a domicilio una lettera di convocazione per effettuare un’ulteriore visita di valutazione oltre alla prima. Nel caso di impossibilità del paziente a muoversi, è possibile richiedere che le successive visite di valutazione siano fatte a domicilio. Inoltre, solo in situazioni ritenute di particolare gravità ed urgenza da parte dei Servizi Sanitari o del Servizio Sociale, la richiesta di valutazione da parte della commissione UVG può essere effettuata anche presso l'Ospedale per pazienti ivi ricoverati. In particolare, le funzioni dell’UVG sono: • individuare, attraverso la valutazione multidimensionale, i bisogni sanitari e assistenziali delle persone anziane, identificando le risposte più idonee al loro soddisfacimento e privilegiando, ove possibile, il loro mantenimento a domicilio; • predisporre il Progetto individuale e, qualora sia previsto l’inserimento in una struttura residenziale, identificare la fascia d’intensità assistenziale ed il livello prestazionale adeguato; • predisporre la documentazione necessaria per l’eventuale integrazione della retta da parte del Comune o Ente gestore socio-assistenziale competente; • monitorare la realizzazione e l’andamento dei Progetti individuali realizzando una valutazione a campione per assicurare la corrispondenza tra gli specifici bisogni della persona non autosufficiente e l’intensità assistenziale erogata; • fornire consulenza tecnico-scientifica per la programmazione dei servizi a favore degli anziani; • collaborare con le Unità di Valutazione delle altre A.S.L.; • su richiesta della Commissione di Vigilanza e/o dei NAS, effettuare valutazioni volte a definire l’eventuale non autosufficienza degli anziani ospiti di strutture. Affinché la seduta della Commissione UVG sia considerata valida, dovranno essere presenti l’assistente sociale e almeno tre delle figure professionali 36 stabilite dalla normativa, ovvero un medico geriatra con funzione di presidente o, ove non disponibile, un medico con comprovata esperienza geriatrica, un medico dell’assistenza sanitaria territoriale con comprovata esperienza dell’organizzazione dei servizi territoriali, un medico fisiatra, un Assistente Sociale rappresentante dei due Enti Gestori delle funzioni socio assistenziali (Consorzi Iris e CISSABO), un Assistente Sociale Distrettuale, un Responsabile Infermieristico Distrettuale o suo delegato, un Segretario (ruolo amministrativo). Il Medico di Medicina Generale può partecipare su richiesta del suo assistito, diventando membro effettivo; l’utente può inoltre richiedere la presenza di un medico di propria fiducia. Infine, l’UVG può avvalersi della consulenza di medici specialisti dell’ASL compresi i Medici della medicina Legale, di Psicologi ecc. La valutazione viene espressa attraverso un punteggio sanitario e sociale che determina la definizione per l’anziano di un progetto assistenziale domiciliare, semiresidenziale o residenziale. Lo strumento adottato per la valutazione è la Cartella Geriatrica, di cui alla DGR 42-8390 del 2008 e alla DGR 69-481 del 2010, contenente: a) le Scale sanitarie di Valutazione Multi Dimensionale (ADL, IADL, A.Di.Co, DMI, SPMSQ) attraverso le quali si quantifica il grado di salute ed autosufficienza del soggetto, fino ad un punteggio massimo pari a 14; b) la Scheda di Valutazione Sociale attraverso la quale si analizza la situazione di bisogno connessa alla condizione socio-economica, ambientale e assistenziale dell’anziano anche in relazione alla sua famiglia, fino ad un punteggio massimo pari a 14. Il punteggio sanitario minimo per essere riconosciuti non autosufficienti è pari a 5 punti; tale punteggio determina da solo la fascia di intensità assistenziale, riportata nella seguente tabella: Tabella 11: Corrispondenza fra punteggio PAI e intensità Valore Risultante dal PAI Intensità derivanti da PAI come da DGR 45/2012 5 6 7-8 9 10-11 12 Bassa Medio-Bassa Media Medio-Alta Alta Alta Incrementata Fonte: Elaborazione su informazioni contenute nella DGR n. 45-4248 del 2012 Il punteggio complessivo (sanitario e sociale) deve essere superiore a 19 per poter attivare un progetto residenziale. 37 Al termine di tale valutazione, da realizzarsi secondo le modalità previste dalle DD.GG.RR. n. 42-8390 del 2008, n. 69-481 del 2010 e n. 45-4248 del 2012, l’UVG approverà o rifiuterà la domanda, predisponendo un progetto individuale di assistenza. Definizione del piano di cura Il Distretto, ricevute le direttive della Commissione, inserisce eventualmente l’utente all’interno delle liste d’attesa per le componenti residenziali e semiresidenziali. Queste ultime sono gestite dall’Azienda Sanitaria Locale, e più precisamente dai Distretti 1 e 2 della stessa; non vi è invece lista d’attesa per quanto riguarda i servizi di cure domiciliari erogati dall’ASL. La posizione in lista d’attesa dell’anziano viene determinata dal punteggio complessivo (sanitario e sociale), sulla base del quale vengono definite la priorità dell’intervento. La DGR n. 14-5999 del 2013 stabilisce infatti che se il punteggio è superiore a 24 l’inserimento è urgente e da effettuarsi entro 90 giorni, tra 19 e 23 con modesta rete sociale non risulta urgente e deve compiersi entro 365 giorni, tra 19 e 23 ma con buona rete sociale è differibile. Alla data del 30.6.2015, gli utenti presenti in lista d’attesa risultano i seguenti: Tabella 12: Lista d’attesa ASL BI SERVIZIO LISTA ATTESA Residenziale Semiresidenziale CDI Semiresidenziale CDA N. UTENTI IN LISTA ATTESA 336 8 4 Fonte: Dati forniti da ASL BI Erogazione del servizio Ogni anno si liberano circa 120-150 quote sanitarie da sottoporre a coloro che si trovano in lista di attesa; l’interessato, al momento dell'assegnazione della quota convenzionata, sceglie tra le strutture dell’Albo fornitori che hanno un posto disponibile. La struttura dovrà essere scelta anche in base al livello di intensità di assistenza che può assicurare agli ospiti. Un p.l. per non autosufficiente, infatti, può ospitare un anziano parzialmente o totalmente autosufficiente ma, viceversa, un p.l. RA o RAA non può ospitare utenti non autosufficienti. Tale meccanismo risulta attuabile sia perché molti dei posti letto delle strutture risultano vuoti a causa della corrente crisi economica, sia perché spesso, quando viene il suo turno di inserimento “in convenzione”, l’anziano è già inserito privatamente in una struttura. Solitamente quindi l’anziano fa richiesta per rimanere presso di essa, dove può restare, con quota sanitaria a carico dell’ASL, qualora faccia parte dell’Albo fornitori. 38 Da ultimo, la struttura definisce il PAI dell’utente tramite la propria Unità Valutativa Multidisciplinare (composta da Direttore Sanitario, OSS, Fisioterapista e Direttore della struttura), sulla base del progetto individuale residenziale. Tale PAI viene rivalutato ogni 3 mesi nelle strutture in convenzione, ogni 6 mesi in caso di inserimenti privati. Criticità e Punti di forza Una delle caratteristiche principali del sistema dei servizi LTC dell’ASL Di Biella è certamente l’elevato numero di strutture, spesso di medio/piccole dimensioni (intorno ai 50 p.l.). Questa peculiarità costituisce contemporaneamente punto di debolezza e di forza: da un lato numerosi posti letto autorizzati rischiano di non essere utilizzati e generare diseconomie nella gestione ordinaria, dall’altro essa genera una vasta offerta per gli utenti inseriti nel percorso assistenziale residenziale. Inoltre, le dimensioni medio/piccole delle strutture, unite ad un forte legame con il territorio d’appartenenza (ovvero il Comune in cui sorgono), permettono una maggiore integrazione con l’ambiente circostante favorendo la creazione di sinergie con lo stesso. Questo elemento tuttavia ha uno svantaggio, in quanto ostacola il raggiungimento di economie di scala. Ulteriore fattore di criticità per il sistema in questione è la gestione separata degli assegni di cura (in capo ai Consorzi) e delle soluzioni residenziali e semiresidenziali (di competenza dell’ASL) che può portare ad una complicata gestione organizzativa. È interessante sottolineare inoltre che il sistema di offerta biellese è particolarmente orientato verso il setting residenziale. Da ultimo, due sono ulteriori elementi di forza che vengono identificati. In primo luogo gli standard assistenziali di personale erogati risultano superiori alle richieste normative in termini di quantità di ore di assistenza fornite. In secondo luogo molte strutture adottano, per gli utenti privati, tariffe economicamente sostenibili per gli assistiti o per le loro famiglie, erogando comunque standard assistenziali in linea con le richieste normative. 39 2.2 ASL di Chiavari10 Il contesto aziendale L'Azienda Sanitaria Locale n. 4 “Chiavarese”, che ricomprende al suo interno 30 Comuni, si suddivide in 3 distretti sociosanitari e comprende un presidio ospedaliero formato da tre poli ospedalieri, Lavagna (Sede di DEA di I° livello), Sestri Levante e Rapallo. I distretti sociosanitari rappresentano l'articolazione territoriale dell'Azienda, alla cui missione contribuiscono assicurando alla popolazione residente la disponibilità e l'accesso ai servizi e alle prestazioni di tipo sanitario e di tipo sociale ad elevata integrazione sanitaria. I distretti sociosanitari assicurano inoltre agli Enti Locali un supporto tecnico nel processo di individuazione dei bisogni e nella realizzazione delle attività di promozione della salute. Essi sono: • Distretto Sociosanitario n. 14 - Tigullio Occidentale comprendente gli ambiti territoriali sociali di S. Margherita Ligure (Portofino) e di Rapallo (Zoagli); • Distretto Sociosanitario n. 15 - Chiavarese comprendente gli ambiti territoriali sociali di Cicagna (Coreglia Ligure, Favale di Malvaro, Lorsica, Moconesi, Neirone, Orero, Tribogna), di Borzonasca (Mezzanego, Rezzoaglio, S. Stefano d'Aveto), di Chiavari (Cogorno ,Carasco, Leivi, S. Colombano Certenoli) e di Lavagna (Ne); • Distretto Sociosanitario n. 16 - Tigullio comprendente gli ambiti territoriali sociali di Sestri Levante (Casarza Ligure, Castiglione Chiavarese, Moneglia) e di Varese Ligure (Carro, Maissana) Relativamente alla struttura demografica, l’ASL n. 4 “Chiavarese” mostra una numerosità ridotta delle nuove generazioni e una maggiore presenza delle vecchie generazioni. Questi risultati sono allineati rispetto al resto della Regione Liguria, confermata nel 2014 come la regione italiana più vecchia e con il tasso di natalità più basso. Lo rivelano i dati elaborati dall'Istat: la popolazione ligure ha infatti l'età media più alta, pari a 48,3 anni, e la più alta percentuale di over 65, che raggiunge il 28 per cento del totale. La stessa percentuale di anziani si ritrova anche nel territorio dell’ASL n. 4 (Tabella 13), che ha circa un 7% in più di anziani rispetto al resto d’Italia e una quota di 10 Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Paolo Cavagnaro, Direttore generale dell’Asl 4 Chiavarese, e della Dott.ssa Simonetta Lucarini, dirigente medico geriatra responsabile della S.S. Residenza Sanitaria Assistenziale ASL 4 Chiavarese e degli inserimenti nelle strutture accreditate. Hanno inoltre contribuito per la parte sociale la Dott.ssa Valeria Valleri, Dirigente presso il Settore VI Politiche per la persona del Comune di Chiavari e la Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese"; naturalmente si ringraziano tutti coloro che hanno partecipato alla raccolta e trasmissione di dati e informazioni. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori 40 ultraottantacinquenni molto elevata. Infine, la presenza degli anziani è differenziata nel territorio dell’ASL, dove in alcune realtà dell’entroterra si riscontrano picchi di 43 over 65enni su 100 residenti. Tabella 13: Popolazione di riferimento ASL di Chiavari Popolazione al 1/1/2015 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) ASL 4 Chiavarese 147.295 18.667 23.304 41.971 12,67% 15,82% 28,49% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 7.765 Fonte: Dati forniti da ASL 4 Chiavarese I servizi offerti Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso ligure è che vengono offerti, nel territorio dell’ASL n. 4 “Chiavarese”, tutti i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani non autosufficienti previsti dalla vigente normativa regionale11. Si origina così una gamma molto ampia di ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’ASL 4 Chiavarese (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 11 La geografia dei servizi sociali e sociosanitari per anziani è stata modificata in tempi recenti rispetto alla redazione di questo rapporto. In vista di una successiva delibera-quadro su tutto il settore degli anziani infatti, la giunta della Regione Liguria ha approvato degli indirizzi vincolanti in materia. Si tratta dell’allegato 1 della DGR n. 514 del 27 marzo 2015 “Percorso di innovazione della filiera dei servizi sociosanitari per le persone anziane”. In particolare, l’approvazione della DGR ha costituito un primo step nel processo di sviluppo e innovazione del sistema residenziale e semiresidenziale per anziani in Liguria e rappresenta un’indicazione di massima che dovrà essere perfezionata e integrata secondo principi di flessibilità, efficienza, efficacia, appropriatezza e sostenibilità. Il sistema rappresentato risulta quindi ancora in fase evolutiva verso una sua configurazione definitiva. 41 prestazioni sociosanitarie e sociali a disposizione della popolazione anziana, più precisamente: Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, Residenze sanitarie assistenziali con funzione di recupero per la fase post acuzie, Residenze Sanitarie Assistenziali con funzione di mantenimento, Residenze Protette con funzione di mantenimento, Residenze protette con funzione di trattamenti di lungo-assistenza e Comunità alloggio. Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati Centri diurni di primo livello e Centri diurni di secondo livello; questi ultimi, in alcuni casi, si sono specializzati nell’assistenza delle persone affette da Alzheimer o comunque da deficit cognitivo prevalente, qualificandosi di fatto come Centri diurni Alzheimer. Sono presenti inoltre Centri Sociali prevalentemente a carattere ludico–sociale ad uso di anziani autosufficienti. Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio di Cure Domiciliari Integrate di I°, II° e III° livello, del Servizio di Assistenza Domiciliare sociale e l’assegno di cura per la non autosufficienza. Da ultimo, si ritiene opportuno segnalare la presenza di interventi di sostegno al mantenimento a domicilio di persone con disabilità gravissime; questi contributi economici non sono indirizzati esclusivamente agli anziani, ma alle persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continuativa di carattere sociosanitario nelle 24 ore, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psico­fisiche, con la compromissione delle funzioni respiratorie, nutrizionali, dello stato di coscienza, privi di autonomia motoria o comunque bisognosi di assistenza da parte di terza persona per garantirne l'integrità psico-fisica. Tra i potenziali beneficiari si includono anche coloro affetti da patologie implicanti gravissimi disturbi del comportamento tali da richiedere assistenza o controllo continuativo h24 per l'elevato rischio di vita, come indicato nella DGR n. 1769 del 2013. Per poter accedere all’intervento è necessaria la residenza in Regione Liguria, il possesso dell’indennità di accompagnamento, non essere ricoverati in strutture residenziali con esclusione di ricoveri di sollievo non superiori a 45 gg, non percepire altre misure di sostegno al mantenimento a domicilio, essere quotidianamente assistito da familiare o badante. È quindi possibile che tali contributi economici vengano erogati anche agli anziani che rispondano ai criteri sopra elencati, sebbene non espressamente ideati a loro favore; per questa motivazione si è deciso qui di definire le caratteristiche più importanti dell’intervento senza però approfondirle in seguito. 42 I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Chiavari: la filiera sociosanitaria Vengono ora descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL n. 4 “Chiavarese” afferenti alla filiera sociosanitaria. Residenze sanitarie Assistenziali (DGR n. 862 del 2011, DGR n. 1749 del 2011 e DGR n. 514 del 2015) Le Residenze Sanitarie Assistenziali sono strutture dedicate al sollievo e alla cura degli anziani con disabilità gravi che impediscono le cure al domicilio e l'ADI. In questa tipologia di presidi comunitari ad alta intensità possono essere svolte due tipologie di funzioni: • ricovero temporaneo: finalizzato alla riabilitazione dopo un evento acuto, al sollievo alla famiglia, all’accoglienza di pazienti anziani nelle fasi terminali della vita; • ricovero definitivo con funzione di mantenimento; in caso di grave disabilità è possibile l'accoglienza in moduli dedicati. L'attivazione del percorso assistenziale presso queste strutture a seconda delle prestazioni sociali e sanitarie necessitate dall’utente avviene da parte dell'Unità di Valutazione Geriatrica (UVG). Quest’ultima dovrà basare il proprio giudizio sulla compilazione della scheda AGED (Assessment of Geriatric Disability) Plus, che consente la misurazione della non autosufficienza attraverso l'esame dei seguenti assi: autonomia funzionale, mobilità, area cognitiva, disturbi comportamentali e caratteristiche sociali. Ulteriore requisito per l’accesso in struttura è la definizione degli indirizzi riabilitativi e/o terapeutico-assistenziali che concorrono alla realizzazione del Piano Individualizzato di Assistenza (PIA). All’interno delle RSA possono essere svolte due funzioni: recupero per la fase post acuzie (la residenza in questo caso è detta anche di I fascia) e funzione di mantenimento. Per svolgere queste funzioni, indirizzate a target differenti, sono previsti dalla normativa standard strutturali e organizzativi differenti, successivamente descritti. Posti letto con funzione di recupero per la fase post acuzie In termini generali, i posti letto con funzione di recupero per la fase post acuzie sono finalizzati alla cura, riabilitazione e mantenimento funzionale delle abilità tramite l’effettuazione di interventi di recupero a termine. Gli utenti cui sono indirizzati sono gli anziani non autosufficienti con riduzione della funzione fisica, deficit cognitivi e/o comportamentali, polipatologie e 43 patologie oncologiche non richiedenti cure di tipo ospedaliero o cure erogate dall’hospice ma impossibilitati a permanere o rientrare al proprio domicilio. Il trattamento di recupero per questa fase di norma non è superiore a 30 giorni prorogabili a 60 previa valutazione della UVM. Nei casi di comprovata necessità riabilitativa il termine può essere prorogato di ulteriori 30/60 giorni con autorizzazione esplicita della UVM con compartecipazione a carico dell’utente dal 60° al 90/120°. All’interno delle strutture con funzione di recupero per la fase post acuzie è possibile prevedere l’inserimento di moduli per stati vegetativi e di minima coscienza, finalizzati alla gestione delle comorbilità premorbose o secondarie alla fase intensiva, alla riabilitazione e mantenimento funzionale delle abilità, con interventi di recupero/mantenimento dello stato di coscienza ed attrezzature per il monitoraggio e la sorveglianza del paziente. Tale tipo di modulo è di norma inserito in una struttura plurimodulare a diversa intensità assistenziale e possono accedervi anziani in stato vegetativo persistente (da 3-6 mesi) e/o in stato di minima coscienza quando l’inquadramento diagnostico sia esaurito, il quadro clinico sia stabilizzato, il programma terapeutico definito, la riabilitazione intensiva completata con passaggio alla fase della cronicità e vi sia una impossibilità di dimissione al domicilio. I requisiti di personale funzionali all’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento, laddove previsto, vengono descritti all’interno della DGR n. 1749 del 2011 e prevedono la presenza (per utente) di: • un responsabile sanitario medico per 10 min/die (70 min/settimanali) da suddividere fra a) 4 min/die per il responsabile sanitario medico (geriatra o specialista in discipline equipollenti o esperienza quinquennale presso strutture per anziani autorizzate e/o accreditate) e b) 6 min/die per il medico non specialista • un fisioterapista per 23 min/die (161 min/settimanali). La normativa afferma che in affiancamento al fisioterapista possono essere previste eventuali altre figure orientate alla tipologia degli ospiti e al loro fabbisogno assistenziale (es. logopedista, terapista occupazionale, etc.); • un infermiere per 42 min/die (294 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un infermiere per struttura; • OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti per 90 min /die (630 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un operatore per modulo. Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 165 (1.155 min/settimanali). 44 I requisiti di personale previsti per il modulo degli stati vegetativi e di minima coscienza differiscono lievemente da quelli non appena descritti e sono (per utente): • un responsabile sanitario medico geriatra o specialità equipollente 10 min/die (70 min/settimanali); • un fisioterapista per 35 min/die (245 min/settimanali. La normativa afferma che in affiancamento al fisioterapista possono essere previste eventuali altre figure orientate alla tipologia degli ospiti e al loro fabbisogno assistenziale (es. logopedista, terapista occupazionale, etc.); • un infermiere per 75 min/die (525 min/settimanali). Nelle strutture monomodulari nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un infermiere. Nelle strutture plurimodulari a diversa intensità assistenziale deve essere comunque garantita la presenza infermieristica; • OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti per 100 min/die (700 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un operatore per modulo. Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 220 (1.540 min/settimanali). Gli ambienti della RSA con funzione di recupero per la fase post acuzie devono essere articolati in moduli di 20/25 posti letto, mentre per gli utenti in stato vegetativo e di minima coscienza devono essere inseriti in moduli di 5/10 posti. La retta giornaliera prevista per la funzione di recupero per la fase post acuzie coincide con la sola quota sanitaria versata dall’ASL, pari a 113,40 euro/die. Qualora la permanenza nella struttura riabilitativa si protragga oltre la cessazione del progetto terapeutico, e comunque dal 60° al 90°/120° giorno, la tariffa complessiva è pari a 112,77 euro/die, di cui 70,77 euro/die di quota sanitaria e 42,00 euro/die a carico dell’assistito. Tale tariffazione riflette la normativa regionale, in particolare la DGR n. 1749 del 2011, la quale prevede che il trattamento di recupero per la fase post acuzie sia di norma inferiore a 30 giorni, prorogabili a 60 previa valutazione dell’UVM. Soltanto nei casi di comprovata necessità riabilitativa quindi, il termine può essere ulteriormente prorogato di 30/60 giorni, previa esplicita autorizzazione dell’UVM. Il modulo per gli stati vegetativi e di minima coscienza, invece, prevede una tariffa di 180,04 euro/die. 45 Posti letto con funzione di mantenimento In termini generali, i posti letto con funzione di mantenimento sono finalizzati all’erogazione di prestazioni terapeutiche di cura, riabilitazione e mantenimento funzionale delle abilità, assistenza medica, infermieristica, tutelare, oltre alla realizzazione di attività rieducative e di animazione. Gli utenti cui sono indirizzati sono gli anziani non autosufficienti con esiti cronicizzati da polipatologie e da deficit cognitivi, con punteggio AGED superiore a 16. All’interno delle strutture con funzione di mantenimento è possibile prevedere l’inserimento di moduli dotati di ambiente protesico (Nucleo Alzheimer), di norma collocati in strutture che provvedono anche ad altri trattamenti assistenziali nell’area della residenzialità (RSA). Essi adottano un modello di cura che mira a creare un adattamento ambientale flessibile tra le persone affette da demenza e lo spazio fisico, i programmi e le persone significative con le quali il malato deve interagire. Per poter accedere a questo tipo di cure è necessaria la presenza di una serie di requisiti specifici che vengono accertati dall'UVG e che il bisogno sia stato sottoposto ad una valutazione UVA (Unità di Valutazione Alzheimer). Ciò fa si che siano eligibili solo persone con gravi patologie involutive e disturbi comportamentali (Alzheimer e demenze) diagnosticate dall’UVA, espressamente valutate dall’ASL. I requisiti di personale minimi funzionali all’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento, laddove previsto, per una struttura con funzioni di mantenimento vengono descritti all’interno della DGR n. 1749 del 2011 e prevedono la presenza (per utente) di: • un responsabile sanitario medico geriatra o specialista equipollente per 4 min/die (28 min/settimanali); • un fisioterapista per 6 min/die (42 min/settimanali). La normativa afferma che in affiancamento al fisioterapista possono essere previste eventuali altre figure orientate alla tipologia degli ospiti e al loro fabbisogno assistenziale (es. logopedista, terapista occupazionale, etc.); • un infermiere per 26 min/die (182 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza di un infermiere per struttura fino a 60 posti, anche con reperibilità in struttura con la possibilità di inserirlo in turno attivo dalle 21.00 alle 7.00; • un animatore per 3 min/die (21 Min/settimanali); • OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti per 88 min/die (616 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un operatore per struttura e in ogni caso ogni 40 posti. 46 Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 127 (889 min/settimanali). I requisiti di personale previsti per il modulo Alzheimer differiscono lievemente da quelli non appena descritti e sono (per utente): • un responsabile Sanitario medico geriatra o specialità equipollente per 6 min/die (42 min/settimanali, in cui viene inclusa la funzione di Responsabile Sanitario); • neuropsicologo per 4 min/die (28 min/settimanali); • Infermiere per 20 min/die (140 min/settimanali). Nelle strutture monomodulari nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un infermiere. Nelle strutture plurimodulari a diversa intensità assistenziale deve essere comunque garantita la presenza infermieristica; • terapista occupazionale per 14 min/die (98 min/settimanali); • Animatore per 10 min/die (70 min/settimanali); • OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti per 106 min/die (742 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un operatore per modulo. Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 160 (1.120 min/settimanali). Gli ambienti della RSA con funzione di mantenimento devono essere articolati in moduli di 20/25 posti letto, mentre per il nucleo Alzheimer devono essere previsti moduli di 15/25 posti. La retta giornaliera prevista per la funzione di mantenimento si compone di una quota sanitaria versata dall’ASL pari a 46,93 euro/die e di una compartecipazione base dell’utente pari a 42,00 euro/die. Quest’ultima può essere aumentata al massimo del 30% qualora i servizi alberghieri siano maggiormente personalizzati e/o qualitativamente superiori in base ad accordi con i Comuni e le ASL/DSS. Stesso livello di compartecipazione viene previsto per il modulo Alzheimer, dove però la quota sanitaria è pari a 57,02 Residenze protette con funzione di mantenimento (DGR n. 862 del 2011, DGR n. 1749 del 2011 e DGR n. 514 del 2015) Le residenze protette con funzione di mantenimento sono strutture residenziali finalizzate al mantenimento funzionale delle abilità e alla fornitura di assistenza medica, infermieristica, tutelare, oltre alla realizzazione di attività 47 rieducative e di animazione. Svolgono inoltre ricoveri di sollievo. Esse non si differenziano in alcun modo dalle RSA con funzione di mantenimento, di cui condividono gli standard di funzionamento e le tariffe, già presentati nel paragrafo sulle RSA. Residenze protette con funzione di trattamenti di lungo-assistenza (DGR n. 862 del 2011, DGR n. 1749 del 2011 e DGR n. 514 del 2015) Le residenze protette con funzione di trattamenti di lungo-assistenza sono strutture residenziali che svolgono attività di accoglienza alberghiera, di animazione e socializzazione, con prestazioni di assistenza sanitaria di medicina generale, assistenza tutelare e, nel caso di ospiti parzialmente autosufficienti, assistenza infermieristica. Si qualificano come presidi comunitari a media intensità e ospitano anziani con esiti cronicizzati di patologie senili che abbiano punteggio AGED fra 10 e 16. Tale punteggio viene determinato tramite la valutazione multidimensionale effettuata dall’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM), che definisce inoltre gli indirizzi riabilitativi e/o terapeutico-assistenziali che concorrono alla realizzazione del Piano Individualizzato di Assistenza (PIA). Tali passaggi sono obbligatori per l’ingresso in struttura. I requisiti di personale funzionali all’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento, laddove previsto, delle RP vengono descritti all’interno della DGR n. 1749 del 2011 e prevedono la presenza (per utente) di: • un responsabile sanitario medico per 2 min/die (14 min/settimanali); • un tecnico della riabilitazione per 5 min/die (35 min/settimanali), il quale abbia una formazione professionale orientata alla tipologia degli ospiti e al loro fabbisogno assistenziale (es.: fisioterapista, logopedista, terapista occupazionale, laureato in scienze motorie, in affiancamento al fisioterapista); • un infermiere per 9 min/die (63 min/settimanali); • un animatore per 3 min/die (21 min/settimanali); • OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti per 61 min/die (427 min/settimanali). Nel ciclo notturno deve essere garantita la presenza dalle 21.00 alle 7.00 di un operatore ogni 40 posti (infermiere/OSS/OSA/OTA). Nelle strutture organizzate su più piani è garantita di norma la presenza di un operatore aggiuntivo a tutela degli ospiti e degli operatori. Se l’operatore non è infermiere, deve essere garantita la reperibilità infermieristica, anche con reperibilità in struttura con la possibilità di inserimento in turno attivo. 48 Il totale dei minuti giornalieri di assistenza prevista per utente sono quindi 80 (560 min/settimanali) La struttura si articola in moduli di 25/30 posti letto La retta giornaliera prevista per le residenze protette con funzione di trattamenti per la lungo assistenza si compone di una quota sanitaria versata dall’ASL, pari a 29,14 euro/die, e la compartecipazione base dell’utente, pari a 42,00 euro/die. Quest’ultima può essere aumentata al massimo del 30% qualora i servizi alberghieri siano maggiormente personalizzati e/o qualitativamente superiori in base ad accordi con i Comuni e le ASL/DSS. Box 2 La DGR n. 514 del 2015 e la filiera sociosanitaria: gli alloggi protetti Nella nuova DGR n. 514 del 2015, non ancora attuativa, si ipotizza la realizzazione di strutture, concepite sulla base del superamento dell’attuale distinzione tra RP e RSA, organizzate per pazienti con differenti gradi di complessità. All’interno di tale DGR viene inoltre definito un nuovo servizio residenziale di Alloggi protetti (anche ad alta intensità) per anziani che, pur non essendo ancora attivo sul territorio, si vuole qui descrivere. Gli alloggi protetti si configureranno come presidi familiari di piccole dimensioni (massimo 6 posti letto), caratterizzati da un'organizzazione di tipo familiare, in grado di erogare prestazioni di lungoassistenza e di mantenimento, anche di tipo riabilitativo, ad anziani autosufficienti con disagio e rischio di emarginazione sociale. Nella media intensità di cura, l’Alloggio Protetto viene previsto come struttura che si inserisce o che si appoggia ad una residenza protetta. In questo caso l’alloggio “satellite” dovrà necessariamente appartenere allo stesso territorio individuato nei confini dell’Ambito Territoriale Sociale, con una distanza che consenta interventi in caso di urgenza; la struttura "madre" autorizzata e accreditata garantirà gli interventi prestazionali sanitari. Nell’alta intensità di cura, l’alloggio protetto si inserirà o sarà in stretto collegamento con una RSA. Verrà così permessa la sperimentazione di forme di vita in contesti capaci di riprodurre l’ambiente familiare, con la garanzia di cure mediche e infermieristiche quotidiane e di trattamenti di recupero funzionale a persone con problematiche croniche e necessità di tutela sanitaria. La permanenza delle persone all’interno dell’alloggio potrà durare fino alla compatibilità con un contesto assistenziale di tale genere; qualora tale compatibilità venga meno, verrà previsto un passaggio al modulo ordinario di RSA. 49 Gli alloggi protetti costituiscono per la Regione un progetto sperimentale equiparato al domicilio: sono da considerarsi presidi sostitutivi delle cure familiari e pertanto compatibili con le misure di sostegno al domicilio (es FRNA), con le cure domiciliari e con l’assistenza protesica. Dovrà quindi essere garantita sia l’assistenza familiare H24, sia l’attivazione di prestazioni sanitarie (medico, infermieristiche e riabilitative) fornite dalla ASL e/o dagli enti accreditati profit o no profit territorialmente competenti. Centri diurni di primo e secondo livello (DGR n. 1773 del 2013, DGR n. 514 del 2015) I Centri Diurni per non autosufficienti si configurano come un servizio rivolto prevalentemente ad anziani del territorio, con vario grado di non autosufficienza, che per il loro declino funzionale e/o cognitivo esprimono bisogni non sufficientemente gestibili a domicilio, ma non ancora tali da richiedere un ricovero stabile in struttura sociosanitaria, che viene così ritardato o evitato. Gli obiettivi perseguiti tramite le attività svolte sono: mantenere la qualità di vita e l’autonomia dell’anziano, fornire un sostegno integrato alla vita quotidiana orientata alla valorizzazione delle funzioni residue, agli interventi di tipo occupazionale e all’animazione, impedire l’isolamento dell’ospite, favorire le relazioni interpersonali e, infine, promuovere una rete di relazioni con il mondo esterno. Il centro diurno risponde inoltre a problemi di tipo temporaneo della famiglia e dell’anziano. La normativa regionale prevede alcuni standard gestionali specifici per il funzionamento dei Centri Diurni, che si articolano su due livelli a seconda del target cui sono indirizzati. Essi devono essere organizzati in moduli da 10/25 ospiti e possono accettare iscrizioni in misura maggiore dei posti autorizzati mantenendo però le presenze giornaliere al di sotto di tale soglia. L’apertura deve coprire da 7 a 10 ore al giorno per 5 giorni alla settimana e l’organizzazione quotidiana deve riprodurre la vita familiare attraverso la costituzione di piccoli gruppi Centri diurni di primo livello Il servizio è rivolto ad anziani in condizioni di limitata autonomia fisica con o senza disturbi cognitivi, in cui quest’ultimo aspetto non rappresenti il problema dominante. L’ammissione al centro diurno (e la connessa presa in carico) avviene previa valutazione da parte dell'Unità di Valutazione Geriatria (UVG) e costruzione del relativo PIA. Gli operatori sociali e sanitari che 50 hanno provveduto alla valutazione quindi, insieme agli operatori sociosanitari del Centro Diurno, fissano gli obiettivi di cura e provvedono alla verifica periodica sull’andamento del progetto personalizzato di assistenza. Gli standard di personale per utente previsti dalla DGR n. 1773 del 2013 relativamente al centro diurno di primo livello sono: • presenza di un coordinatore che garantisca la piena responsabilità per le funzioni richieste dalla tipologia del centro. Tale attività è svolta da uno degli operatori del centro; • un infermiere per 3 min/die (15 min/settimanali); • operatori di assistenza (OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti) per 60 min/die (300 min/settimanali); • un animatore socio-educativo per 15 min/die (75 min/settimanali). In totale, vengono previsti per ogni utente 78 minuti al giorno di assistenza (390 min/settimanali) Da ultimo, la tariffazione prevista si articola in una quota sanitaria da 18,87 euro/die versata dall’ASL e in una quota alberghiera versata dall’utente pari a 15,31 euro/die. In totale quindi il costo di una giornata presso un centro diurno di primo livello è di 34,18 euro. Centro diurno di secondo livello Il servizio è rivolto ad anziani affetti principalmente da patologie psicoinvolutive severe, il cui grado di non autonomia sia determinato dal deficit cognitivo; per tale motivo, vengono svolti all’interno del Centro di secondo livello attività mirate alla riabilitazione cognitiva. L'ammissione è autorizzata dall’ASL di riferimento previa valutazione dell'UVG, e richiede che gli ospiti siano stati valutati anche dall'Unità di Valutazione Alzheimer (UVA). Una particolarità dei Centri diurni di secondo livello è alcuni di essi si sono specializzati nell’assistenza delle persone affette da Alzheimer o comunque da deficit cognitivo prevalente, qualificandosi di fatto come Centri diurni Alzheimer. Per questi pazienti la struttura diventa sede di attuazione di metodologie di riabilitazione cognitiva sia formali che informali, grazie anche alla presenza di standard organizzativi e strutturali superiori rispetto a quelli applicati nei restanti Centri di secondo livello; in questo modo, si desidera ridurre i disturbi del comportamento e lo stress del care-giver, allontanare la fase dell’istituzionalizzazione e limitare gli inserimenti impropri in ospedale. Gli standard di personale per utente previsti dalla DGR n. 1773 del 2013 relativamente al centro diurno di secondo livello sono: 51 • presenza di un coordinatore che garantisca la piena responsabilità per le funzioni richieste dalla tipologia del centro. Tale attività è svolta da uno degli operatori del centro; • uno psicologo o neuropsicologo per 4 min/die (20 min/settimanali); • un infermiere per 3 min/die (15 min/settimanali); • un laureato in scienze motorie o educatore, animatore socioeducativo, terapista occupazionale per 30 min/die (150 min/settimanali); • operatori di assistenza (OSS, OTA, OSA e altre figure qualificate con compiti assistenziali previste dai contratti) per 90 min/die (450 min/settimanali). In totale, vengono previsti per ogni utente 127 minuti al giorno di assistenza (635 min/settimanali). Questi ultimi non ricomprendono le prestazioni mediche di base, che vengono garantite dal medico di medicina generale dell’utente Da ultimo, la tariffazione prevista si articola in una quota sanitaria da 33,33 euro/die versata dall’ASL e in una quota alberghiera versata dall’utente pari a 12,35 euro/die. In totale quindi il costo di una giornata presso un centro diurno di primo livello è di 45,68 euro. Cure Domiciliari Integrate di I°, II° e III° livello (DGR n. 337 del 2007) Le Cure Domiciliari Integrate costituiscono un servizio erogato dalle Asl in collaborazione, per i casi che lo necessitino, con i servizi sociali dei Comuni. Gli interventi di tipo sociale comprendono pulizia dell'appartamento, invio di pasti caldi, supporto psicologico, disbrigo di pratiche amministrative e assistenza tutelare alla persona; gli interventi sanitari comprendono attività riabilitative, assistenza infermieristica, assistenza medica generica e specialistica, interventi del podologo. Gli utenti target del servizio sono anziani, disabili e persone affette da malattie cronico-degenerative in fase stabilizzata, parzialmente, totalmente o temporaneamente non autosufficienti e con la necessità di un'assistenza continuativa. Per poter accedere al servizio essi devono possedere i seguenti requisiti: a) Condizione di non autosufficienza (disabilità) e patologie in atto o esiti delle stesse che consentano di cure erogabili a domicilio; b) Adeguato supporto familiare o informale; c) Idonee condizioni abitative; d) Consenso informato da parte della persona e della famiglia; e) Presa in carico da parte del medico di medicina generale. 52 La principale finalità del servizio è permettere alla persona di rimanere il più a lungo possibile nel suo ambiente domestico e di essere assistita a casa con programmi personalizzati. In termini più generali, poiché le Cure Domiciliari Integrate sono ricomprese all’interno delle più ampie Cure domiciliari insieme alle Cure domiciliari prestazionali occasionali e alle Prestazioni di assistenza farmaceutica, protesica e integrativa, che non costituiscono oggetto di studio del presente Rapporto in quanto servizi prettamente sanitari, ne condividono gli obiettivi e le caratteristiche fondamentali. Le Cure Domiciliari consistono in trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, prestati da personale qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti ed in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, al fine di stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana. Il servizio domiciliare viene attivato dopo la Valutazione Multidimensionale e dopo aver predisposto un piano assistenziale, che viene illustrato all'utente e/o ai suoi familiari con la finalità di chiarire le modalità dell'intervento e di ottenere il consenso. Le spese sanitarie per l’erogazione delle Cure domiciliari integrate sono a carico del SSR. Le Cure Domiciliari Integrate si dividono in: • Cure domiciliari integrate (ADI di primo e secondo livello): interventi professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo, comprensivi di prestazioni farmacologiche, analisi cliniche e altra diagnostica, a favore di persone con patologie che pur non presentando particolari criticità e sintomi complessi hanno bisogno di continuità assistenziale ed interventi programmati; gli interventi si articolano su 5 giorni per il primo livello e 6 giorni per il secondo. Le cure domiciliari sono attivate dal MMG o dall’ospedale e richiedono presa in carico, valutazione multidimensionale e PIA. Il MMG è coinvolto in tutto il processo assistenziale ed assume la responsabilità clinica dei processi di cura; • Cure domiciliari integrate di terzo livello: interventi professionali rivolti a persone con patologie che presentano un elevato livello di complessità, instabilità clinica, presenza di sintomi di difficile controllo, necessità di un particolare supporto alla famiglia e/o al caregiver quali malati terminali (oncologici e non), portatori di malattie neurologiche degenerative/progressive in fase avanzata (SLA, distrofia muscolare), fasi avanzate e complicate di malattie croniche, necessità di nutrizione artificiale parenterale, necessità di supporto ventilatorio invasivo e stati vegetativi e di minima coscienza. Per i malati terminali è individuato un profilo specifico di cure palliative che richiede l’intervento di una équipe formata di cui fa parte il 53 MMG. Anche in questo caso le cure sono attivate dal MMG o dall’ospedale e richiedono presa in carico, valutazione multidimensionale e PIA. Gli interventi sono programmati sui 7 giorni settimanali con pronta disponibilità medica sulle 24 ore. Gli standard qualificanti per le cure domiciliari sono (DGR n. 337 del 2007): 54 Tabella 14: Standard qualificanti per le cure domiciliari ASL di Chiavari Profilo di cura Natura del bisogno Intensità CIA= GEA/GDC Attivazione UVI Durata media 12 CD integrate di primo livello (già ADI) Clinico funzionale sociale Fino a 0,30 CD integrate di secondo livello (già ADI) Clinico funzionale sociale Fino a 0,50 CD integrate di terzo livello (già OD) Clinico funzionale sociale Superiore a 0,50 Si Si In relazione al bisogno espresso 180 giorni 180 giorni 180 giorni - - Complessità Mix delle figure professionali/impegno assistenziale Infermiere (max: 30’) Professionisti della riabilitazione (45’) Medico (30’) Operatore sociosanitario (60’) Infermiere (min.30-max.45’) Professionisti della riabilitazione (45’) Dietista (30’) Medico (45’) Operatore sociosanitario (60-90’) Infermiere (60’) Professionisti della riabilitazione (60’) Dietista (60’) Psicologo (60’) Medico e/o medico specialista (60’) Operatore sociosanitario (min.60-max.90’) Operatività del servizio (fascia oraria 8- 20) 5 giorni su 7 8 ore die 6 giorni su 7 10 ore die da lunedì a venerdì 6 ore il sabato 7 giorni su 7 10 ore die da lunedì a venerdì 6 ore il sabato e festivi pronta disponibilità medica ore 8/20 Fonte: Elaborazioni su DGR n. 337 del 2007 12 CIA= coefficiente intensità assistenziale; GEA= giornata effettiva assistenza; GDC= giornate di cura (durata PAI). 55 I dati della filiera sociosanitaria13: L’esposizione dei dati riguardanti la rete di offerta e le attività svolte in riferimento ai servizi LTC viene di seguito realizzata tramite l’utilizzo di due tabelle, la prima relativa ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti e la seconda ai servizi semiresidenziali. La prima tabella, di seguito riportata, si riferisce in particolar modo alle RSA con funzione di mantenimento, alle RSA con funzione di recupero per la fase post acuzie e alle Residenze protette. Tabella 15: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) ASL di Chiavari RSA con funzione di recupero per la fase post acuzie Tot. n. 18 di cui 1 struttura pubblica e 17 strutture private 18 strutture private Posti letto 24 48 467 Utenti in carico Giornate di degenza erogate 97 310 613 23.501 6.216 165.350 RSA con funzione di mantenimento Erogatori RP Fonte: Dati forniti da ASL di Chiavari Il tasso di occupazione dei posti letto risulta pari al 97% per le RSA con funzione di mantenimento, al 97% per le RSA con funzione di recupero per la fase post acuzie e al 91% per le Residenze protette. Il rapporto fra il numero di posti letto appartenenti a strutture residenziali per non autosufficienti e la popolazione anziana non autosufficiente come stimata all’interno della Tabella 13 del presente caso evidenzia un tasso di copertura dei posti letto pari al 13,14%. I dati relativi ai servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti sono invece: 13 Dati al 31.12.2014 forniti dall’Asl 4 Chiavarese e riferiti all’anno 2014 56 Tabella 16: Dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL di Chiavari Erogatori Centri diurni di primo Centri diurni di secondo livello livello Tot. n. 5 centri diurni di cui 2 nel Distretto socio sanitario 14, 2 nel DSS 15, 1 nel DSS 16 Posti disponibili 66 di cui 27 di 1 livello Tasso di occupazione Utenti in carico nell’anno 2014 Giornate erogate/Numero di accessi 79% 118 14.392 giornate Fonte: Dati forniti da ASL di Chiavari I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Chiavari: la filiera sociale Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociale. Si è deciso di utilizzare, nella descrizione dei servizi residenziali, quanto definito dalla DGR n. 514 del 2015, non ancora attuativa, al fine di ottenere per questo tipo di servizi un quadro il più completo possibile e che ne segua l’evoluzione attualmente in corso; per tale motivo, solo alcuni servizi, al momento attivi sul territorio, presentano i dati di attività. Residenza servita (DGR n. 514 del 2015) La DGR n. 514 del 2015, introduce tra le strutture a carattere residenziale le Residenze Servite. Tali strutture, durante il percorso relativo all’innovazione della filiera dei servizi residenziali e semiresidenziali rivolti agli anziani, sostituiranno le attuali Comunità alloggio. La residenza servita è un presidio comunitario a prevalente funzione tutelare di varie dimensioni a seconda dell’utenza e della funzione svolta. Essa è finalizzata al supporto dell’autonomia di anziani con buona condizione di autosufficienza, all’osservazione sociale orientata a monitorare e arginare lo sviluppo della marginalità, all’accompagnamento sociale per utenti che hanno concordato un Progetto di assistenza individuale e sono in fase di riacquisizione dell’autonomia. Gli utenti previsti per queste strutture sono 57 quindi gli anziani autosufficienti con disagio e rischio di emarginazione sociale, il cui PIA deve tener conto dei requisiti di compatibilità tra la persona e gli altri ospiti Non vengono previsti dalla normativa particolari requisiti organizzativi, se non la presenza di un custode sociale. Dal punto di vista strutturale invece la residenza deve articolarsi in complessi abitativi composti da più unità in cui ridistribuire al massimo 20 posti letto, con gestione degli spazi comuni (es. cucina, sala, giardino). La DGR n. 514 del 2015 non prevede per questa struttura né oneri da imputare all’SSR né limiti alle rette versate dagli utenti. Alloggio servito (DGR n. 514 del 2015) L’alloggio servito è un presidio a prevalente funzione tutelare di piccole dimensioni, caratterizzato da un'organizzazione di tipo familiare. Come la Residenza servita è finalizzato al supporto all’autonomia per anziani con buona condizione di autosufficienza, a monitorare e arginare lo sviluppo della marginalità e all’accompagnamento sociale; si rivolge ad anziani autosufficienti con disagio e rischio di emarginazione sociale, il cui PIA deve tener conto dei requisiti di compatibilità tra la persona e gli altri ospiti. Non vengono previsti dalla normativa particolari requisiti organizzativi, se non la presenza di un custode sociale. Dal punto di vista strutturale invece l’alloggio servito si configura come struttura inserita in un contesto condominiale o in abitazioni autonome con la gestione degli spazi comuni (es. cucina, sala, giardino, lavanderia); vengono consentito l’inserimento di massimo 6 posti letto. La DGR n. 514 del 2015 non prevede per questa struttura né oneri da imputare all’SSR né limiti alle rette versate dagli utenti. Comunità alloggio (LR n. 29 del 1992, LR n. 12del 2006, DGR n. 514 del 2015) Struttura a carattere comunitario o per piccoli nuclei di persone anziane autosufficienti o con lievi disabilità. Offre un servizio di accoglienza alberghiera con prestazioni di socializzazione e di sostegno al governo della casa. L'assistenza sanitaria è equivalente a quella erogata a domicilio dal medico di famiglia e dal Distretto Sanitario. La struttura è supportata dal Distretto Sociale. Tale struttura è però destinata a trasformarsi; entro due anni infatti le comunità alloggio (al momento le uniche strutture attive sul territorio 58 dell’ASL, in quanto previste dalla normativa precedente alla DGR 514) dovranno essere convertite in residenze protette o alloggi protetti a bassa media intensità. Centro sociale (DGR n. 514 del 2015) Centro comunitario di aggregazione finalizzato a contrastare la solitudine e promuovere la socializzazione tra le persone anziane. Sono coinvolti anziani che desiderino occupare il proprio tempo libero con attività ludico-ricreative, culturali e di intrattenimento. Si rivolge in particolare ai soggetti autosufficienti a rischio di fragilità ed emarginazione sociale. Il numero dei posti dipende dallo spazio disponibile e questo servizio non prevede oneri per il SSR Servizio di Assistenza Domiciliare sociale Il SAD è un servizio sociale che si rivolge ai cittadini residenti nei Comuni afferenti ai Distretti Sociosanitari nn. 14-15-16 in situazione di ridotta o limitata autosufficienza e talvolta privi di un’adeguata rete sociale. Esso quindi viene prestato, per alcune ore della giornata, al domicilio di persone anziane e adulte che non necessitino di cure sanitarie e quando le condizioni socioeconomiche non consentano più un'autonomia totale nello svolgimento delle normali attività quotidiane. L‘obiettivo primario perseguito è quindi quello di consentire loro di permanere nel proprio contesto abitativo ed evitando il ricorso all’istituzionalizzazione. Il SAD è orientato a favorire l'autosufficienza della persona aiutandola in un complesso di prestazioni di natura socioassistenziale quali: igiene personale, corretta deambulazione, preparazione dei pasti, cura della persona, faccende domestiche, accompagnamento e in altri servizi complementari. Infine, si segnala che alcuni Comuni afferenti ai Distretti Sociosanitari nn. 1415-16, erogano servizi “complementari” all’assistenza domiciliare quali il Servizio Pasti caldi a domicilio di telesoccorso e telecontrollo. Essi consistono rispettivamente nella consegna giornaliera di pasti completi, caldi, preparati e confezionati in appositi contenitori ad utenti che per difficoltà personali, dovute all’età o ad una disabilità fisica / psichica, non riescono a provvedere autonomamente alla preparazione del pasto e nell’attivazione di un sistema di pronto intervento in caso di urgenza ed un monitoraggio telefonico delle condizioni dell’anziano. 59 I dati della filiera sociale14: Vengono di seguito presentate due tabelle; la prima si riferisce a servizi di tipo sociale residenziale, la seconda a servizi di tipo sociale semiresidenziali e domiciliari. Tabella 17: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) ASL di Chiavari Erogatori Posti letto Utenti in carico Tasso di occupazione dei posti letto Giornate di degenza erogate Comunità alloggio Tot. n. 7 strutture private di cui 6 nel Distretto socio sanitario 15 e 1 nel DSS 16 87 c.a. 72 c.a. 82% 2.555 Fonte: Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese" Tabella 18: Dati di attività dei servizi sociali semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL di Chiavari Gestione ed erogazione Utenti in carico Centro sociale Tot. n. 4 Centri in gestione esternalizzata o in convenzione con i Comuni 500 utenti attualmente iscritti ai Centri Sociali Giornate di apertura/garanti del servizio Da un minimo di 100 gg a 365 gg annui SAD Gestione diretta Comunale/esternalizzata con gara d’appalto 411 Il servizio viene garantito per 365 gg all’anno Fonte: Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese" Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Il percorso di accesso ai servizi per anziani offerti nel territorio afferente all’ASL n. 4 Chiavarese inizia presso la sede del Comune di residenza, dove l’assistente sociale effettua una prima attività di orientamento dell’utente e la sua famiglia. Una volta ottenute le prime informazioni e compresi i bisogni 14 Dati al 14 ottobre 2015 forniti dalla Segreteria Tecnica Distretto Sociosanitario 15 "Chiavarese" 60 dell’anziano, l’assistente sociale compila una scheda sulle condizioni sociali dell’utente che viene inviata agli operatori dell’ASL. Selezione dell’utenza e primo accesso Il nominativo viene inserito nel sistema informativo insieme alle informazioni contenute nella scheda di valutazione sociale, che vengono integrate successivamente con le risultanze della valutazione tramite scheda AGED effettuata dall’UVM. Quest’ultima è costituita da una componente fissa di cui fanno parte il Direttore Sociale e il Direttore Sanitario del distretto, l'Assistente Sociale del comune di residenza del cittadino e il medico di base, e da una componente variabile in cui rientrano tutte le figure che si occupano a qualsiasi titolo del cittadino dal medico specialista, allo psicologo, allo psichiatra, agli infermieri, all'O.S.A., all'educatore, al fisioterapista, al tutore o amministratore di sostegno, nonché il cittadino stesso o i suoi familiari. La combinazione delle informazioni così ottenute permette di inserire automaticamente l’utente in lista d’attesa, il cui scorrimento si basa sull’unione di più criteri: il punteggio relativo alla condizione sanitaria, il punteggio relativo alla condizione sociale, il tempo trascorso dall’inserimento nella lista stessa, l’età dell’utente e l’eventuale imminente dimissione da un ricovero ospedaliero. in quest’ultimo caso infatti l’utente segue un percorso parallelo, entrando in struttura immediatamente a seguito delle dimissioni, monitorate settimanalmente dagli operatori ASL assegnati alla gestione della lista d’attesa. Elemento particolarmente rilevante è l’autonomia residua dell’anziano, che viene valutata tramite la scala ADL. La lista d’attesa è unica per tutte le strutture residenziali dell’ASL e viene da essa gestita. Vista la particolare conformazione della Regione e la tendenza dei cittadini a preferire le strutture sulla costa, viene garantita alle famiglie la possibilità di indicare una struttura preferenziale, scelta però non vincolante per l’ASL; sono concessi infatti al massimo due rifiuti rispetto all’offerta di un posto in struttura. Questa regola viene applicata anche per scoraggiare la richiesta “preventiva” di ingresso in RSA, quando ancora il bisogno dell’anziano non si sia manifestato, e per facilitare la gestione della lista stessa. Il caso inserito in lista d’attesa viene normalmente rivisto ogni due anni; qualora si verifichi un eventuale peggioramento delle condizioni sociali o sanitarie dell’anziano prima dell’ingresso in struttura, esso può essere segnalato dalla famiglia o dall’assistente sociale assegnato così da rinnovare la valutazione. A luglio 2015 risultano in lista d’attesa 365 utenti così suddivisi per Distretto sociosanitario(DSS): • 151 utenti nel DSS 14 • 116 utenti nel DSS 15 • 96 utenti nel DSS 16 61 Definizione del piano di cura ed erogazione del servizio Il PIA viene definito dal medico della struttura accogliente insieme agli operatori che si sono occupati della valutazione al momento dell’ingresso dell’anziano. Una volta attuato, il PIA viene rivisto ogni 3-6 mesi mentre la ASL lo valuta in occasione della vigilanza della struttura o nei casi in cui tale necessità venga segnalata. Criticità e Punti di forza Una delle prime criticità che ci viene segnalata è la gestione distinta dei budget di Comuni e ASL, che non favorisce la pianificazione e la gestione integrate. Per favorire l’integrazione degli interventi viene utilizzata solitamente l’UVM; strumento d’integrazione per le liste d’attesa per la residenzialità è anche il sistema informativo integrato ASL – Comuni, il programma informatico in condivisione con i Comuni che permette l’inserimento successivo delle valutazioni sociale e sanitaria e consente l’aggiornamento automatico delle informazioni e delle liste d’attesa. Tale sistema informativo non è condiviso con gli erogatori privati, i quali non hanno accesso alla consultazione delle liste d’attesa e utilizzano un programma parallelo e collegato per l’inserimento dei pagamenti. Altra criticità è che l’utente, pur potendo scegliere liberamente la struttura nella quale realizzare il ricovero, attualmente solo in una percentuale intorno al 20-30% riesce ad accedere alla struttura scelta. Anche la conformazione del territorio rappresenta una sfida nella gestione degli inserimenti in struttura. Sono infatti poche le domande di ingresso che vengono presentate per le strutture più isolate, quelle più lontane dalla costa, dove solitamente lavorano e vivono i parenti degli anziani. Questo elemento complica la gestione della lista d’attesa, i cui meccanismi di funzionamento sono cambiati nel corso del 2014. Altra peculiarità del sistema è data dalla modalità di valutazione utilizzata per misurare il grado di autosufficienza dell’utente. La regione Liguria ha adottato il sistema AGED nel 1987 e oggi la scheda AGED rimane lo strumento di valutazione utilizzato. Essa ha il vantaggio di permettere una veloce valutazione dell'autonomia del paziente e del carico medio assistenziale infermieristico e tutelare giornaliero che consegue ad eventuali handicap, ma ha lo svantaggio di non essere particolarmente approfondita. Per questo motivo si potrebbe pensare all’inserimento di un secondo sistema di valutazione da utilizzarsi in UVM in sostituzione della scheda AGED, che potrebbe però essere mantenuta per la prima fase di contatto con l’utenza. 62 Un punto di forza del sistema dei servizi che ci viene segnalato è l’equità con cui vengono effettuati gli inserimenti grazie a regole chiare di scorrimento nella lista d’attesa. Tale vantaggio si trasforma però in un elemento di debolezza qualora le regole si rivelino eccessivamente rigide e rendano difficile la gestione delle emergenze, soprattutto di tipo sociale. Un giovane anziano, che non provenga da un ricovero ospedaliero e che abbia un punteggio sanitario non particolarmente elevato, si troverà infatti svantaggiato rispetto all’inserimento in lista d’attesa, il cui scorrimento si basa anche sulle variabili di età, imminenza della dimissione e permanenza in lista. Il bisogno sociale, ancorché grave (per esempio la perdita della casa), associato a problemi sanitari lievi, non è sufficiente per velocizzare l’ingresso in una struttura sociosanitaria, mentre l’ingresso in una struttura di tipo sociale è scoraggiato dalla carenza di fondi e dalla difficoltà dei Comuni di compartecipare alla spesa dell’utente. 63 2.3 ASL di Lecce15 Il contesto aziendale Il territorio di competenza dell’ASL di Lecce è di circa 2.800 Kmq, su cui insiste una popolazione di 807.256 abitanti residenti (dati Istat 2014). Da un punto di vista ortografico è un ambiente tipicamente pianeggiante e si affaccia sul mare; per questo motivo è un territorio a forte vocazione turistica, con il conseguente arrivo e stazionamento nei periodi estivi di migliaia di vacanzieri. La Provincia di Lecce comprende 97 comuni, per la maggior parte di piccole dimensioni. Si può notare infatti che il 67% della popolazione, pari a 541.320 abitanti, risiede in 87 comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti. Ciò ha condizionato e continua a condizionare il processo di programmazione e lo sviluppo dei servizi sanitari e sociosanitari. I punti di forza e di debolezza di tale sistema possono essere così sintetizzati: Punti di forza: • la presenza di reti informali e legami di solidarietà; • piccole comunità locali facilitate nell’attuare percorsi di inclusione sociale; • esistenza delle condizioni per lo sviluppo di percorsi assistenziali, territoriali e domiciliari. Punti di debolezza: • eccessivo campanilismo; • debolezza degli organismi sovra comunali chiamati a programmare e gestire interventi di Ambito sociale; • difficoltà per i piccoli comuni di fronteggiare situazioni di particolare gravità. La programmazione dei servizi sanitari e sociosanitari non può prescindere dalle caratteristiche demografiche della popolazione di riferimento, riportate nella seguente tabella: Tabella 19: Popolazione di riferimento ASL di Lecce Popolazione al 1/1/2014 Popolazione totale Provincia di Lecce 807.256 Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Vito Gigante, direttore amministrativo dell’Asl di Lecce, e del suo staff. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori 15 64 Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) 89.330 88.342 177.672 11,07% 10,94% 22,01% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 32.869 Fonte: Dati forniti dall’ASL di Lecce La lettura di tali valori è interessante se comparata all’evoluzione intercorsa negli ultimi 20 anni, riportata nella seguente tabella: Tabella 20: Popolazione di riferimento ASL di Lecce 1994 Classi di età 0-14 2004 Residenti % Residenti 2014 % Residenti % 143.754 17,84% 120.874 15,09% 107.988 13,38% 15-64 548.541 68,06% 532.270 66,45% 521.596 64,61% 65-74 70.014 8,69% 83.114 10,38% 89.330 11,07% >75 43.612 5,41% 64.777 8,09% 88.342 10,94% Totale 805.921 801.035 807.256 Fonte: Dati forniti dall’ASL d Lecce I servizi offerti Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso pugliese è che vengono offerti, nel territorio dell’ASL di Lecce, tutti i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Si origina così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e sociosanitarie a disposizione della popolazione anziana, più precisamente: ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’ASL di Lecce (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 65 Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), Residenze Sociosanitarie Assistenziali per anziani (RSSA), Residenze Sociali Assistenziali per anziani, Case di riposo, Case alloggio, Gruppi appartamento e Comunità alloggio. Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Centri diurni integrati per il supporto cognitivo e comportamentale ai soggetti affetti da demenza, i Centri diurni per anziani e i Centri sociali polivalenti per anziani. Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata, del Servizio di Assistenza Domiciliare e dell’assegno di cura per gravissimi non autosufficienti. I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Lecce: la filiera sociosanitaria Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Lecce afferenti alla filiera sociosanitaria. Residenze Sanitarie Assistenziali (Regolamento Regionale n. 8 del 2002, DGR n. 1226 del 2005) Le RSA sono strutture sanitarie residenziali extraospedaliere, gestite da soggetti pubblici o privati, organizzate per nuclei o moduli funzionali, finalizzate a fornire ospitalità, prestazioni sanitarie, assistenziali, di recupero funzionale e di inserimento sociale nonché di prevenzione dell’aggravamento del danno funzionale per patologie croniche. Esse devono inoltre garantire ai propri ospiti il rispetto della dignità e della libertà personale, della riservatezza, dell’individualità, delle convinzioni religiose e delle abitudini, permettendo loro anche di personalizzare l’ambiente con suppellettili e arredi propri. Devono garantire la socializzazione in collaborazione con le organizzazioni esistenti nel territorio, la partecipazione al piano di recupero e la responsabilizzazione della famiglia e di coloro che intrattengano con l’ospite relazioni di carattere affettivo, anche al di fuori dei rapporti di parentela. L’ospitalità presso le RSA può essere temporanea e programmata per il completamento di programmi riabilitativi o per la riduzione del carico assistenziale sulla famiglia e può essere prevista come permanenza dell’ospite per tutto l’arco della giornata, per periodi limitati o durante la notte in relazione a specifiche patologie. Nell’ambito delle RSA sono organizzati, ove 66 possibile, anche servizi semiresidenziali diretti a persone parzialmente autosufficienti o non autosufficienti. L’attività delle RSA è diretta a persone non più in età evolutiva, non assistibili a domicilio, le cui limitazioni fisiche e/o psichiche non consentano di condurre una vita autonoma e le cui patologie non necessitino di ricovero in strutture di tipo ospedaliero o nei centri di riabilitazione. Fra gli altri, target di questa tipologia di strutture sono anziani con temporanea, totale o prevalente limitazione della propria autosufficienza, con particolare riguardo alle persone affette da patologie cronico-degenerative, che non necessitino di assistenza ospedaliera, compresi soggetti affetti da patologie psico-geriatriche (demenza senile). L'accesso alla struttura è disposto dall'Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) previa valutazione del caso da cui devono emergere, come fattori determinanti della scelta, il grado di non autosufficienza e l'impossibilità, anche temporanea, dell'utente ad usufruire di altre forme di assistenza quali l'assistenza domiciliare o strutture semiresidenziali, che ne consentano la permanenza al domicilio. I requisiti di personale previsti dal Regolamento n. 8 del 2002 per le RSA sono: • un coordinatore sanitario per almeno 240 min/die. Deve essere un medico specialista, preferibilmente geriatra o fisiatra, con responsabilità dell’assistenza sanitaria e delle condizioni psicofisiche degli ospiti; • personale medico per almeno 240 min/die per ogni modulo; • psicologi e assistenti sociali per un numero di ore settimanali correlato alle esigenze degli ospiti ed al livello assistenziale della RSA; per le RSA pubbliche tale personale è messo a disposizione dai Comuni o dall’ASL competente per territorio. Ad uno degli assistenti sociali deve essere affidato il coordinamento delle attività che concorrono all’attuazione dei progetti terapeutici; • un infermiere professionale ogni 30 posti con presenza continuativa nell’arco delle 24 h; • terapisti della riabilitazione in numero variabile in relazione al livello assistenziale della RSA o del nucleo; • un operatore di assistenza ogni 20 posti con presenza continuativa nell’arco delle 24 h per moduli a media intensità assistenziale; una unità ogni 30 posti residenza con presenza continuativa nell’arco delle 24 h per moduli a bassa intensità assistenziale; • personale amministrativo e personale da adibire ai servizi generali in rapporto al numero degli ospiti e al sistema organizzativo della struttura; 67 • figure professionali in convenzione con riferimento a particolari esigenze assistenziali. La DGR n. 1226 del 2005 integra il Regolamento n. 8 del 2002 stabilendo il profilo organizzativo e gli standard professionali e di funzionamento dei nuclei Alzheimer, da attivarsi presso le RSA. Nelle strutture dove sia presente un modulo da 20 posti letto destinato al ricovero di pazienti affetti da morbo di Alzheimer, quindi, diviene obbligatoria la presenza di un medico Neurologo, un medico Cardiologo ed un medico Geriatra per un minimo di due ore settimanali ciascuno, nonché un educatore professionale e un turno di operatore di assistenza (6 unità) aggiuntivi. Le RSA possono avere una capienza massima complessiva di 60 posti letto e, di norma, sono organizzate in nuclei fino a 20 posti. In caso di zone ad alta densità abitativa, ferma restando l’organizzazione per nuclei, le strutture possono comprendere fino ad un massimo di 120 posti. In caso di strutture collegate o inserite in strutture sanitarie di ricovero e cura o in strutture socioassistenziali per soggetti autosufficienti, possono comprendere nuclei con una ricettività complessiva inferiore ai 60 posti. La normativa regionale, inoltre, suggerisce di raggruppare nei nuclei ospiti che presentino la stessa patologia o appartenenti alla stessa area d’intervento. Infine, le RSA non possono destinare, di norma, più di un nucleo a persone affette da disturbi psichici e, comunque, non possono essere riservate esclusivamente a persone appartenenti all’area del disagio mentale. Dal punto di vista delle modalità di finanziamento dei servizi, la DGR n. 698 del 2003 e la DGR n. 1226 del 2005 stabiliscono le tariffe giornaliere per l’assistenza prestata dalle RSA in regime residenziale e semiresidenziale. Tali tariffe sono: • 100,80 €/die per patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate; • 130,00 €/die per pazienti ricoverati nei nuclei Alzheimer; • 65,00 €/die per pazienti affetti da morbo di Alzheimer in regime semiresidenziale La normativa stabilisce inoltre che la quota sanitaria, pari al 70% della tariffa compressiva, viene versata dall’ASL, mentre l’utente versa una quota alberghiera pari al 30%. Nei diversi casi si avranno quindi: • 70,56 €/die a carico ASL unitamente a 30,24 €/die a carico utente/Comune per patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate; • 91,00 €/die a carico ASL unitamente a 39,00 €/die a carico utente/Comune per ricovero nel nucleo Alzheimer; • 45,50 €/die a carico ASL unitamente a 19,50 €/die a carico utente/Comune per ricoveri diurni Alzheimer. 68 Residenze Sociosanitarie Assistenziali per anziani (Art. 66 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015) Le residenze protette o residenze sociosanitarie assistenziali (RSSA) erogano prevalentemente servizi socioassistenziali a persone anziane, assicurando assistenza tutelare diurna e notturna, attività riabilitative ed educative, prestazioni infermieristiche e servizi alberghieri inclusivi della somministrazione dei pasti. Le RSSA per anziani possono ospitare persone con età inferiore ai 64 anni solamente nel caso in cui esse siano affette da demenze senili, morbo di Alzheimer e demenze correlate. L’ingresso in struttura è infatti indirizzato ad anziani con gravi deficit psico-fisici le cui patologie, non in fase acuta, non facciano prevedere che limitati livelli di recuperabilità dell’autonomia e non possano essere assistite a domicilio. Non essendo in grado di condurre una vita autonoma, gli ospiti richiedono di norma un alto grado di assistenza alla persona con interventi di tipo assistenziale e socio-riabilitativo a elevata integrazione sociosanitaria. L’accesso alle prestazioni erogate dalla RSSA avviene attraverso il giudizio espresso dall’Unità di Valutazione multidimensionale. Il personale previsto dal Regolamento n. 11 del 2015, che ha rinnovato e integrato i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi definiti dal Regolamento n. 4 del 2007, per questo tipo di struttura è: • un responsabile amministrativo della struttura affiancato da operatori amministrativi; • un coordinatore sanitario per un minimo di 6 ore settimanali ogni 30 ospiti. Il coordinatore deve essere un medico laureato e abilitato, preferibilmente specialista in geriatria, in medicina fisica e riabilitativa o specializzazione equipollente; • educatori professionali o terapisti occupazionali o altri profili professionali dell’area socio riabilitativa in misura funzionale rispetto al progetto personalizzato di assistenza definito dalla UVM, garantendo almeno 18 ore settimanali ogni 30 ospiti; • un Operatore Sociosanitario (OSS) o profili equipollenti per 36 ore settimanali ogni 4 ospiti; • un infermiere per 36 ore settimanali ogni 15 ospiti. Durante il servizio notturno è garantita la reperibilità, fatta salva la presenza di un’unità nella struttura; • tecnici della riabilitazione nella misura definita in rapporto al piano individualizzato di assistenza, garantendo, comunque, almeno 18 ore settimanali di prestazioni ogni 30 ospiti; 69 • assistente sociale per 6 ore settimanali ogni 30 ospiti; Infine, vengono previsti dalla normativa i seguenti standard per i servizi generali: • cucina: 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 2 ausiliari (per la ricettività massima di 120 ospiti); • lavanderia e stireria: 1 addetto fino a 4 quintali di biancheria da trattare al giorno; 1 addetto per ogni ulteriore quintale. I servizi di cucina, di lavanderia, di pulizie e stireria possono essere assicurati mediante convenzione con ditte esterne. Il servizio di pulizia deve essere garantito nell’intero arco della giornata. La ASL competente è tenuta ad assicurare assistenza medica generica, assistenza medica specialistica (erogata a carico della ASL nel cui territorio insiste la struttura), fornitura di farmaci e fornitura di presidi sanitari in favore degli ospiti della RSSA; le cure mediche generiche sono invece assicurate dai Medici di Medicina Generale. I requisiti strutturali minimi previsti dalla normativa regionale stabiliscono per la RSSA una capienza massima di 120 ospiti, articolata in moduli abitativi di massimo di 30 ospiti. L’ospitalità offerta in tali strutture fa di norma riferimento a programmi di lunga durata. Il valore della retta giornaliera della RSSA stabilito dalla DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii è complessivamente 92,90 euro. Poiché il 50% della retta (c.d. quota sanitaria) è a carico dell’ASL e il restante 50% è a carico dell'utente e/o, in caso di indigenza dello stesso, del suo Comune di residenza, il regime tariffario sarà: • 46,45 €/die a carico ASL • 46,45 €/die a carico dell’utente/Comune di residenza Centro diurno integrato per il supporto cognitivo e comportamentale ai soggetti affetti da demenza16 (Art. 60ter del Regolamento Regionale n. 4 del 2007 come modificato dal Regolamento Regionale n. 7 del 2010) Il Centro diurno integrato per le demenze è una struttura sociosanitaria a ciclo diurno finalizzata all’accoglienza di soggetti in condizione di non autosufficienza, che per il loro declino cognitivo e funzionale esprimono Il Centro diurno integrato per le demenze è un servizio descritto all’interno del Capo II del RR 4/2007, dedicato alle strutture per diversamente abili, e non del Capo III, dedicato invece agli anziani. Si è deciso di inserirlo in questa trattazione su suggerimento del Dott. Gigante, il quale ci ha segnalato che l’utenza di tale servizio è composta in massima parte da persone anziane 16 70 bisogni non sufficientemente gestibili a domicilio per l’intero arco della giornata. Esso è finalizzato a: controllare e contenere il processo di deterioramento cognitivo ed i disturbi del comportamento dei propri utenti, mantenendone il più a lungo possibile le capacità funzionali e socio relazionali; consentire il mantenimento dei soggetti a domicilio, ritardandone il ricovero in strutture residenziali e aiutando la loro famiglia a comprendere l’evoluzione cronica della malattia; supportare il caregiver rispetto alle attività del Centro; garantire il dialogo e la collaborazione con gli altri servizi sanitari e sociosanitari della rete. Il Centro è destinato a soggetti affetti da demenza eventualmente associata a disturbi del comportamento, non affetti da gravi deficit motori, gestibili in regime di semiresidenzialità, capaci di trarre profitto da un intervento integrato. Non rientrano nelle categorie di utenti che possono essere accolte le persone affette da malattie psichiatriche (come per esempio la schizofrenia), da demenza di grado tale da non consentire il ciclo semiresidenziale di assistenza e le tipologie di prestazioni ivi erogabili e da disturbi del comportamento di entità tale da compromettere lo svolgimento delle attività del Centro. Per poter accedere al Centro diurno integrato per le demenze è necessario che l’Unità di Valutazione Alzheimer, i servizi ospedalieri e i servizi territoriali specialistici (neurologici, psichiatrici, geriatrici) esprimano la diagnosi di demenza. Tali servizi formulano poi la richiesta di accesso al Direttore di Distretto sociosanitario, cosicché possa attivare la UVM che elabora la scheda SVAMA del caso; il PAI dell’utente viene successivamente elaborato dalla UVM stessa unitamente all’equipe del Centro, che lo verificano periodicamente. Il personale previsto dal RR 7 del 2010 comprende: • un coordinatore della struttura individuato tra le figure sociosanitarie del Centro; • un medico specialista (geriatra/neurologo) per almeno 8 ore settimanali; • 4 educatori professionali per 30 ospiti e per 36 ore settimanali; • uno psicologo per almeno 18 ore settimanali; • un fisioterapista per almeno 12 ore settimanali; • un infermiere per almeno 12 ore settimanali. Tale figura deve essere fornita dai servizi territoriali del Distretto sociosanitario di riferimento o dalle strutture residenziali sociosanitarie presso cui è allocato il Centro; • 4 Operatori sociosanitari (OSS) per 30 ospiti e per 36 ore settimanali 71 Il Centro è strutturato per una capacità ricettiva massima di 30 utenti; in caso di strutture specializzate per l’accoglienza di specifiche patologie, può essere strutturato su una capacità ricettiva massima di 15 ospiti, adeguando proporzionalmente gli standard strutturali e organizzativi. Esso è tenuto a pianificare le attività diversificandole in base alle esigenze dell’utenza e ad assicurare l’apertura per almeno 8 ore al giorno per 6 giorni a settimana, dal lunedì al sabato. La frequenza di utilizzo del Centro per ciascun utente potrà variare da un minimo di 3 a un massimo di 6 giorni a settimana, in base a quanto definito nel PAI. Visti gli obiettivi e le attività del Centro, la quota di compartecipazione del SSR al pagamento della retta giornaliera pro utente è pari al 50% del totale. Essendo la tariffa complessiva pari a 63,65 euro (DGR n. 3032 del 2010) si avranno: • 31,82 €/die a carico dell’ASL • 31,83 €/die a carico dell’utente/Comune di residenza. Cure Domiciliari Integrate - Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata di I°, II° e III° livello (Art. 88 del Regolamento n. 4 del 2007, DGR n. 630 del 2015, Regolamento Regionale n. 11 del 2015, DGR n. 750 del 2015) La Regione Puglia si trova oggi in un momento di forte cambiamento per quanto riguarda i servizi domiciliari (c.d. Cure Domiciliari), la cui normativa è stata novellata dalle DGR n. 630 e 750 del 2015. L'obiettivo generale che viene perseguito è quello di uniformare, su tutto il territorio regionale, il sistema della presa in carico domiciliare così da esercitare le funzioni di programmazione, indirizzo e controllo in modo unitario. Le Cure Domiciliari si distinguono Assistenza Domiciliare di tipo Prestazionale, Assistenza Domiciliare Integrata di Primo Livello, Secondo Livello e Terzo Livello e Cure Palliative per malati oncologici e pazienti terminali. A motivo del suo carattere sociosanitario, verrà approfondita in questa sede l’ADI di Primo, Secondo e Terzo Livello. Per Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) si intende un complesso unitario di interventi socio-assistenziali e sanitari, definiti nel Piano Assistenziale Individuale, rivolti a persone che necessitano, in modalità programmata, di cure e di assistenza a lunga persistenza. Dette cure richiedono una molteplicità di prestazioni di tipo medico generico, medico-specialistico, infermieristico, riabilitativo, nonché di assistenza farmaceutica e protesica. Gli interventi forniti ai cittadini favoriscono la permanenza nell’ambiente di vita, evitando 72 l’istituzionalizzazione e consentendo loro una soddisfacente vita di relazione attraverso un complesso di prestazioni. Le prestazioni ADI si rivolgono a pazienti/utenti che presentano bisogni complessi e che necessitano di continuità assistenziale e interventi programmati che si articolano sui 5 giorni (I^ livello), 6 giorni (II^ livello), 7 giorni (III^ livello). In particolare la DGR n. 750 del 2015 stabilisce che: • L'Assistenza Domiciliare Integrata di primo livello si articola su 5 giorni su 7 (dal lunedì al venerdì), nella fascia oraria 08.00 - 20.00, con una operatività del servizio di 8 ore al giorno; • L'Assistenza Domiciliare Integrata di secondo livello si articola su 6 giorni su 7 (dal lunedì al sabato), nella fascia oraria 08.00 - 20.00, con una operatività del servizio di 10 ore al giorno dal lunedì al venerdì e di 6 ore il sabato; • L'Assistenza Domiciliare Integrata di terzo livello si articola sui 7 giorni su 7, nella fascia oraria 08.00 - 20.00, con una operatività del servizio di 10 ore al giorno dal lunedì al venerdì e di 6 ore il sabato e i festivi; è inoltre prevista la pronta disponibilità medica. L'assistenza di terzo livello consiste in interventi professionali rivolti a persone che generalmente presentano dei bisogni caratterizzati da un livello di complessità particolarmente elevato e: • che necessitano di nutrizione artificiale enterale e parenterale; • che necessitano di supporto ventilatorio invasivo; • in stato vegetativo e di minima coscienza; • in fase avanzata e complicata di malattie cronico-degenerative e/o progressive. L’accesso alle prestazioni di assistenza domiciliare avviene attraverso l’UVM; tali prestazioni si integrano, nel progetto personalizzato, con l’eventuale riconoscimento dell’assegno di cura in presenza di una situazione di fragilità economica connessa alla non autosufficienza di uno dei componenti del nucleo familiare. Il personale previsto per l’erogazione delle prestazioni di assistenza domiciliare integrata è, per i diversi livelli assistenziali: • Assistenza domiciliare a basso peso assistenziale – I livello (da 2 accessi mensili a 2 accessi settimanali): 30' per medico, 30' per l'infermiere, 45' per il terapista della riabilitazione, 60' per l'Operatore SocioSanitario (OSS); • Assistenza Domiciliare a medio peso assistenziale - II livello (da 3 a 6 accessi settimanali): 45' medico, 30'/45' per l'infermiere, 45' per il terapista della riabilitazione, 60'/90' per l'Operatore SocioSanitario (OSS); 73 • Cure Palliative ed Assistenza Domiciliare ad alto peso assistenziale III livello (di norma 6 accessi settimanali): 60' medico, 60' per l'infermiere, 60' per il terapista della riabilitazione, 60'/90' per l'Operatore SocioSanitario OSS), 60' per altri professionisti sanitari. II Medico di Medicina Generate e il Pediatra di Libera Scelta hanno un ruolo centrale nel processo di cura in quanto ne assumono la responsabilità clinica. Per tutti i livelli di Cure Domiciliari costituisce necessaria integrazione l'erogazione di prestazioni socioassistenziali e sociosanitarie assimilabili alle prestazioni SAD per la cura degli ambienti domestici e della persona, nonché alle prestazioni degli operatori sociosanitari. Le prestazioni socioassistenziali domiciliari di competenza degli ambiti territoriali comprendono aiuto alla persona nello svolgimento delle normali attività quotidiane e nella pulizia della persona e dell'abitazione, sostegno alla mobilità personale, aiuto per le famiglie che assumono compiti di accoglienza e di cura di anziani gravemente non autosufficienti. I parametri considerati per la tariffazione delle prestazioni sociosanitarie ADI a compartecipazione ASL-Comuni sono i seguenti (DGR n. 630 del 2015): • numero ore per PAI, differenziato per livello di ADI • numero ore per PAI integrative per la cura della persona e dell'ambiente • costo medio del personale sulla base dei principali CCNL (riferimenti: Coop, UNEBA) • costi indiretti e comuni (coordinamento, centrale di monitoraggio e assistenza, trasporto, ...) Non sono, invece, considerati i costi per prodotti farmaceutici, ausili e altri presidi sanitari, che restano a carico del SSR o dell'utente. II costo del servizio di cure domiciliari (ADI) di primo e di secondo livello integrate trova copertura a carico del Servizio Sanitario Regionale al 100% per le prestazioni sanitarie, infermieristiche, riabilitative, di farmaceutica e protesica e al 50% per le prestazioni di aiuto infermieristico e igiene e cura alla persona garantite dall'OSS, rimanendo a carico dei Comuni o dell’utente la rimanente quota del 50%. Le prestazioni continuative ed estensive (SAD) di assistenza tutelare alla persona garantite dall'OSS, nonché le ulteriori prestazioni connesse all'igiene della persona e dell'ambiente domestico, alla compagnia e alla preparazione pasti sono al 100% a carico dei Comuni, in quanto prestazioni a valenza socioassistenziale. II servizio delle CDI di terzo livello è invece di esclusiva competenza sanitaria, anche con riferimento alla figura OSS aiuto infermieristico. Eventuali altre prestazioni a carattere sociosanitario-assistenziale ovvero prestazioni di aiuto personale e di assistenza tutelare prescritte dall'UVM a completamento del PAI restano a totale carico del Comune e sono classificate sempre come ADI. 74 La tariffa oraria regionale di riferimento per l’ADI viene indicata all’interno della successiva DGR n. 1160 del 2015. Essa stabilisce che: • La definizione del valore dell’ADI – componente sanitaria verrà rinviata a successivi provvedimenti della Giunta Regionale; • Il valore dell’ADI – componente sociale (OSS) è pari a, per ogni ora di assistenza erogata: o Équipe per 30 utenti ADI base: 20 euro/utente o Équipe per 30 utenti ADI con prestazione aggiuntiva teleassistenza: 27,37 euro/utente Attualmente quindi le prestazioni sanitarie non sono incluse nella tariffa definita dalla normativa, ma risultano a carico dell’SSN poiché da quest’ultimo erogate in gestione diretta o attraverso il rimborso degli oneri effettivamente sostenuti dall’ente gestore del servizio. I dati della filiera sociosanitaria17: La seguente tabella mostra alcuni dati di attività relativi ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti descritti nei paragrafi precedenti: Tabella 21: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) ASL di Lecce RSA (residenziale) RSA (semiresidenziale) 3 privati, in associazione alle strutture residenziali RSSA Erogatori 6 (5 privati e 1 pubblico) Posti letto 290 (232 privati e 58 pubblici) 55 privati 471 31 513 (354 privati e 159 pubblici) 642 88.546 4.672 175.582 Utenti in carico Giornate di degenza erogate 11 (8 private e 3 pubbliche) Fonte: Dati forniti da ASL LE Tali valori vengono utilizzati dall’Azienda per calcolare alcune misure di riferimento attraverso le quali monitorare l’attività svolta; fra esse emergono il tasso di occupazione dei posti letto, pari a 83,07% per le RSA residenziali e 93,77%, per le RSSA, e l’indice di rotazione dei posti letto, del valore di 1,613 per le RSA residenziali e 1,224 per le RSSA. Di grande rilevanza è anche la 17 Dati al 31.12.2014 forniti dall’Asl di Lecce 75 degenza media, del valore di 190,85 giorni nelle RSA residenziali, 150,71 giorni nelle RSA semiresidenziali e 286,75 giorni nelle RSSA. I dati riferiti ai servizi semiresidenziali e domiciliari sono invece riportati nella seguente tabella: Tabella 22 dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL di Lecce Erogatori Utenti in carico Giornate erogate/Numero di accessi Centri diurni Integrati per il supporto cognitivo e comportamentale ai soggetti affetti da demenza N.d. 44 5.988 ADI 11 (9 privati e 2 pubblici)18 4.523 Accessi medico: 31.934 Accessi altro personale: 160.444 Fonte: Dati forniti da ASL LE I servizi presenti nel territorio dell’ASL di Lecce: la filiera sociale Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’ASL di Lecce afferenti alla filiera sociale. Residenze sociali assistenziali per anziani (Art. 67 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015) La Residenza sociale assistenziale è una struttura sociosanitaria a bassa intensità assistenziale sanitaria che eroga prevalentemente servizi socioassistenziali. Le Residenze sociali assicurano ai propri ospiti assistenza tutelare diurna e notturna, attività socializzanti ed educative, prestazioni infermieristiche, prestazioni e servizi alberghieri inclusivi della somministrazione dei pasti. L’utenza di tale struttura è costituita da persone anziane, di età superiore ai 64 anni, con gravi deficit psico-fisici; esse non necessitano di prestazioni sanitarie complesse ma richiedono un elevato grado di assistenza con interventi di tipo assistenziale, non sono in grado di condurre 18 Elaborazione su dati forniti dalla Regione Puglia 76 una vita autonoma e le patologie di cui soffrono, non in fase acuta, non possono far prevedere che limitati livelli di recuperabilità dell’autonomia e non possono essere assistite a domicilio. La residenza sociale è collegata funzionalmente con i servizi sociosanitari dell’Ambito comprendenti l’assistenza medico-generica, l’assistenza farmaceutica, il segretariato sociale, l’assistenza domiciliare integrata, i centri a carattere residenziale diurno, anche al fine di programmare la continuità degli interventi assistenziali dopo la dimissione e ridurre l’incidenza del ricovero in strutture ospedaliere o extra-ospedaliere sanitarie per ospiti che abbiano le caratteristiche sopra individuate. Il personale che viene previsto dal RR 11 del 2015 per le Residenze sociali assistenziali è: • un responsabile amministrativo della struttura affiancato da operatori amministrativi; • un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti ogni 4 ospiti per 36 ore settimanali; • infermieri: in organico 12 ore giornaliere ogni 60 posti; • tecnici della riabilitazione in rapporto di 9 ore settimanali ogni nucleo da 30 ospiti, e comunque in misura funzionale rispetto al PAI, per il quale la struttura può avvalersi delle prestazioni delle strutture del SSR; • un assistente sociale per 12 ore settimanali di prestazioni ogni 30 ospiti • un coordinatore sociale, nella figura di un assistente sociale laureato, di un educatore o educatore professionale, impegnato con prevalenti compiti di coordinamento in materia di attività socializzanti, educative e di dietetica, nonché di coordinamento dell’intera attività sociosanitaria e di garanzia della applicazione di protocolli omogenei per l’accoglienza e la gestione dei casi. Il coordinatore è impegnato per un minimo di 12 ore settimanali di prestazioni ogni 30 ospiti. Infine, vengono previsti dalla normativa i seguenti standard per i servizi generali: • cucina: 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 2 ausiliari (per la ricettività massima di 120 ospiti); • lavanderia e stireria: 1 addetto fino a 4 quintali di biancheria da trattare al giorno; 1 addetto per ogni ulteriore quintale. I servizi di cucina, di lavanderia, di pulizie e stireria possono essere assicurati mediante convenzione con ditte esterne. Il servizio di pulizia deve essere garantito nell’intero arco della giornata. La ASL competente è tenuta ad assicurare, in ogni caso, assistenza medica generica, assistenza medica specialistica, fornitura di farmaci e fornitura di 77 presidi sanitari. Le cure mediche generiche sono assicurate dai Medici di Medicina generale mentre l’assistenza medica specialistica viene erogata a carico della ASL nel cui territorio insiste la struttura. La capienza massima della struttura non può superare i 120 ospiti, che possono essere dislocati in moduli abitativi di massimo di 30 persone. All’interno delle residenze sociali assistenziali per anziani, le eventuali prestazioni sanitarie necessarie per la cura e il benessere dell’utente ospite vengono erogate nel rispetto del modello organizzativo del Servizio Sanitario Regionale. Le residenze sociali, pertanto, non accedono ad accreditamento con le ASL per l’assegnazione delle quote di spesa per l’assistenza a rilievo sanitario fornita alle persone parzialmente o del tutto non autosufficienti. La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 62,51 euro e non sono previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii). Casa di riposo (Art. 65 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015) La casa di riposo è una struttura sociale residenziale a prevalente accoglienza alberghiera che eroga prestazioni e servizi alberghieri inclusivi della somministrazione pasti e dove vengono svolte attività di supporto nella quotidianità e di sostegno all’autonomia individuale e sociale. La struttura è destinata ad ospitare, temporaneamente o permanentemente, anziani autosufficienti che scelgono di usufruire di servizi collettivi, che hanno dei condizionamenti di natura economica o sociale nel condurre una vita autonoma o che sono privi di altro supporto familiare. In merito ai requisiti di personale, il RR 4 del 2007 prevede: • un responsabile amministrativo della struttura affiancato da operatori amministrativi; • un coordinatore responsabile della struttura, nella figura dell’educatore professionale o dell’assistente sociale, che assicuri una presenza di almeno 12 ore settimanali; • un Operatore Socio‐Sanitario per 36 ore settimanali ogni 10 ospiti; • presenza programmata dell’assistente sociale e dell’animatore socio‐culturale; • personale ausiliario nel numero di almeno 1 ogni 10 ospiti. Nella fascia notturna un operatore ausiliario ogni 20 ospiti; • le prestazioni sanitarie sono assicurate mediante le strutture delle AA.SS.LL. e possono essere affidate ad un Medico convenzionato 78 con il SSR limitatamente agli aspetti igienico sanitari della Casa di Riposo. L’assistenza medica in favore degli ospiti è assicurata dai medici di medicina generale. Deve essere garantita nell’arco dell’intera giornata la somministrazione di eventuali terapie prescritte tramite figura professionale infermieristica. Infine, vengono previsti dalla normativa i seguenti standard per i servizi generali: • cucina: 1 cuoco, 1 aiuto cuoco, 2 ausiliari (per la ricettività massima di 120 ospiti); • lavanderia e stireria: 1 addetto fino a 4 quintali di biancheria da trattare al giorno; 1 addetto per ogni ulteriore quintale. I servizi di cucina, di lavanderia, di pulizie e stireria possono essere assicurati mediante convenzione con ditte esterne; il servizio di pulizia deve essere garantito nell’intero arco della giornata. Il servizio di telefonista, portiere e custode va organizzato a seconda delle esigenze della casa di riposo. La casa di riposo può ospitare al massimo 120 anziani organizzati in moduli con capienza massima di 30 ospiti. Al suo interno devono essere presenti un ambulatorio dove possano essere praticate le consultazioni e le visite periodiche oltre alle cure normali, una palestra e uno spogliatoio riservato per il personale. La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 37,89 euro e non sono previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii). Casa alloggio (Art. 64 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015) La casa alloggio è una struttura residenziale a prevalente accoglienza alberghiera, a bassa intensità assistenziale, costituita da un insieme di alloggi di piccola dimensione e varia tipologia dotati di servizi collettivi e di tutti gli accessori per consentire una vita autonoma. Al suo interno vengono erogati prestazioni e servizi alberghieri inclusivi della somministrazione pasti e vengono svolte attività di supporto nella quotidianità e di sostegno all’autonomia individuale e sociale. La struttura è destinata ad anziani autosufficienti. Il personale previsto per la casa alloggio dal RR 4 del 2007 è composto da: • un coordinatore responsabile della struttura, nella figura dell’assistente sociale, che assicuri una presenza di almeno 12 ore settimanali. 79 • un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti per 10 ospiti, che garantisca la presenza nelle ore diurne, per un minimo di 12 ore giornaliere. La struttura ha una capacità massima di 20 ospiti e deve essere organizzata in alloggi contigui, adeguatamente arredati e dimensionati in relazione ai bisogni degli ospiti accolti, che costituiscano unità abitative autonome. La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 31,26 euro e non sono previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii). Gruppo appartamento (Art. 63 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015) Il gruppo appartamento è una struttura residenziale per il co‐housing sociale a bassa intensità assistenziale, consistente in un nucleo di convivenza a carattere familiare per anziani autosufficienti che necessitino di una vita di coppia e comunitaria e di reciproca solidarietà. Tale struttura è indirizzata al sostegno abitativo e all’erogazione di prestazioni di sostegno alla cura materiale della persona in relazione ai bisogni individuali degli ospiti. All’interno del RR 4 del 2007 viene prevista la presenza di: • un coordinatore responsabile della struttura, nella figura dell’assistente sociale, che assicuri una presenza di almeno 12 ore settimanali. • un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti che garantisca la presenza nelle ore diurne, per un minimo di 6 ore giornaliere. Il gruppo appartamento può ospitare da 2 a 6 persone in appartamenti collocati in civili abitazioni, adeguatamente dimensionati in relazione ai bisogni degli ospiti. La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 44,09 euro e non sono previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii). Comunità alloggio (Art. 62 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii, Regolamento Regionale n. 11 del 2015) La comunità alloggio è una struttura residenziale a bassa intensità assistenziale, consistente in un nucleo di convivenza a carattere comunitario per anziani autosufficienti che necessitino di una vita comunitaria e di reciproca 80 solidarietà. Le prestazioni erogate dalla struttura sono finalizzate a garantire attività a sostegno dell’autonomia individuale e sociale. In merito ai requisiti di personale, il RR 4 del 2007 prevede: • la presenza programmata per fasce orarie di un assistente sociale, che assicura una presenza di almeno 12 ore settimanali e viene individuato il coordinatore della struttura; • la presenza programmata di altri operatori sociali per le attività di socializzazione ed animazione; • un Operatore SocioSanitario (OSS) o profili equipollenti che garantisca la presenza continuativa nell’arco della giornata. La comunità alloggio deve essere organizzata in modo da favorire la vita comunitaria e la sua capacità ricettiva può andare da un minimo di 7 ad un massimo di 12 ospiti. La tariffa regionale per persona al giorno è pari a 64,72 euro e non sono previsti oneri per il SSR (DGR n. 279 del 2010 e ss.mm.ii). Centro diurno (Art. 68 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007) Il centro diurno è una struttura socio-assistenziale a regime semiresidenziale costituente luogo d’incontro e di relazioni in grado di permettere, anche all’interno o in collegamento con le strutture di cui ai commi 3, 4 e 5, dell’art. 43 della LR n. 19 del 2006, l’erogabilità delle prestazioni che rispondano a specifici bisogni della popolazione anziana. Le attività svolte all’interno del centro sono aperte al territorio e coinvolgono le risorse della comunità locale. Esse vengono organizzate in base alle esigenze dell’utenza e sono volte ad assicurare l’assistenza nell’espletamento delle attività e delle funzioni quotidiane, anche attraverso prestazioni a carattere assistenziale (igiene personale) e sanitario correlate alle terapie prescritte dai medici curanti, nonché un servizio lavanderia, la somministrazione dei pasti e un servizio di trasporto sociale, salvo accordi diversi con i Comuni Il centro organizza, inoltre: • attività educative a supporto dell’autonomia; • attività di socializzazione ed animazione; • attività culturali e ludico-ricreative; • attività psico-motorie. 81 I requisiti di personale previsti dal Regolamento n. 4 del 2007 per i centri diurni sono: • almeno un educatore professionale e un’assistente sociale per 18 ore settimanali, per assicurare il funzionamento della struttura; • presenza programmata di operatori addetti all’assistenza in misura adeguata al numero, alle caratteristiche e alle esigenze dell’utenza; • animatori sociali e professionisti con competenze adeguate allo svolgimento delle specifiche attività programmate; presenza fissa di personale ausiliario in misura di 1 ogni 15 ospiti. Le attività di socializzazione ed animazione, le attività culturali e ludicoricreative, le attività psico-motorie possono essere oggetto di convenzione. Il centro può configurarsi come entità edilizia autonoma o come spazio aggregato ad altre strutture, fermi restando gli specifici requisiti previsti per ciascuna struttura. Può ospitare fino ad un massimo di 30 utenti e assicura l’apertura per otto ore al giorno, e per almeno cinque giorni a settimana. La tariffa regionale riconosciuta per questo tipo di servizio non è definita. Centro sociale polivalente per anziani (Art. 106 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007) Il Centro sociale polivalente per anziani è una struttura autorizzata all’erogazione di un servizio aperto alla partecipazione anche non continuativa di anziani autosufficienti. Si colloca nella rete dei servizi sociali territoriali, caratterizzandosi per l’offerta di una pluralità di attività ed interventi, diversificati in base alle esigenze degli anziani utenti e delle loro famiglie. Nel centro vengono organizzate attività ludico-ricreative, di socializzazione e di animazione aperte al territorio con garanzia della salute e dell’incolumità degli utenti durante il loro svolgimento. Gli interventi e le attività all’interno e all’esterno della struttura devono consentire di contrastare l’isolamento e l’emarginazione sociale delle persone anziane, di mantenere i livelli di autonomia della persona, di supportarne la famiglia. Il Centro, inoltre, può concorrere alla erogazione del servizio di pronto intervento sociale per l’area anziani. Il personale definito per l’erogazione dei servizi individuati dalla normativa regionale è: • operatori addetti all’assistenza in misura adeguata alle caratteristiche e alle esigenze degli ospiti; • educatori e animatori sociali per 36 ore settimanali ciascuno, al fine di garantire il regolare funzionamento della struttura, con utenza non superiore a 60 persone; 82 • presenza programmata dell’assistente sociale, nonché di terapisti della riabilitazione in presenza di esigenze specifiche per alcuni utenti. Il Centro sociale polivalente per anziani deve garantire l’apertura per almeno 8 ore, suddivise tra ore diurne e ore pomeridiane, per 6 giorni la settimana. Nel Centro possono essere accolti contemporaneamente non più di 60 utenti, residenti nel quartiere, nel Comune o nei Comuni dello stesso ambito territoriale sociale, in presenza di una superficie di 200 mq. La ricettività può variare in relazione alla superficie complessiva a disposizione, fino ad un massimo di 120 utenti, accolti contemporaneamente in strutture con superficie complessiva non superiore a 500 mq. La tariffa regionale riconosciuta per questo tipo di servizio non è definita. Servizio di Assistenza Domiciliare (Art. 87 del Regolamento n. 4 del 2007, DGR n. 630 del 2015, Regolamento Regionale n. 11 del 2015, DGR n. 750 del 2015) Il servizio di assistenza domiciliare comprende prestazioni di tipo socioassistenziale che si articolano per aree di bisogno in assistenza domiciliare per minori e famiglie, assistenza domiciliare per diversamente abili, assistenza domiciliare per anziani. Sono prestazioni di assistenza domiciliare quelle di aiuto alla persona nello svolgimento delle normali attività quotidiane, quelle di sostegno alla mobilità personale, vale a dire le attività di trasporto e accompagnamento per persone anziane e parzialmente non autosufficienti, quelle di assistenza domiciliare anche le prestazioni di aiuto per famiglie che assumono compiti di accoglienza e di cura di diversamente abili fisici, psichici e sensoriali e di altre persone in difficoltà, di anziani. Sono considerate prestazioni aggiuntive i servizi per la teleassistenza e il telemonitoraggio erogati h24 da una centrale di assistenza con personale dedicato con l’adeguato impiego di tecnologia per la domotica sociale. Il servizio di assistenza domiciliare consiste quindi in interventi finalizzati a favorire la permanenza degli utenti nel loro ambiente di vita evitandone l’istituzionalizzazione, a consentire loro una soddisfacente vita di relazione e a sollevare le famiglie dal carico di cura. È un servizio rivolto a soggetti con limitata autonomia, che vivono da soli o con famiglie che non sono in grado di assicurare un buon livello di assistenza per la cura e l'igiene della persona e delta casa e per il mantenimento delle condizioni di autonomia. Il personale previsto per questo tipo di servizio dal Regolamento n. 11/2015, che ha rinnovato e integrato i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi definiti dal Regolamento n. 4/2007, è costituito da figure professionali di assistenza alla persona, nella misura di almeno 1 OSS per 36 ore settimanali 83 ogni 10 utenti per l’alimentazione e l’igiene della persona oltre ad eventuali figure ausiliarie per l’igiene della casa. Gli operatori devono possedere specifica formazione in relazione alle diverse aree di bisogno trattate. Per le attività di teleassistenza e telemonitoraggio è assicurato personale di contatto e di assistenza a distanza con specifica formazione per l’assistenza di base alla persona anziana e in condizioni di disagio e/o solitudine, nella misura di almeno 1 postazione telefonica e web monitorata h24 ogni 30 utenti in carico, nonché mediante l’impiego di specifiche tecnologie di domotica sociale presso il domicilio degli utenti assistiti. La attività integrative di welfare leggero (compagnia, aiuto nel disbrigo di piccole pratiche e sostegno della mobilità personale) sono parte integrante del servizio di assistenza e possono essere assicurate dall’Ambito e dalla ASL avvalendosi delle associazioni di volontariato e di promozione sociale, sulla base di apposite convenzioni. Infine, il servizio di assistenza domiciliare deve articolarsi territorialmente in maniera da garantire la massima fruibilità da parte di tutti i cittadini, garantendo in ogni caso la presenza del servizio per ognuno degli Ambiti territoriali. I parametri considerati per la tariffazione delle prestazioni SAD sono i seguenti (DGR n. 630 del 2015): • numero ore per PAI per la cura della persona e dell'ambiente • costo medio del personale sulla base dei principali CCNL (riferimenti: Coop, UNEBA) • costi indiretti e comuni (coordinamento, centrale di monitoraggio e assistenza, trasporto, ...) Non sono, invece, considerati i costi per prodotti farmaceutici, ausili e altri presidi sanitari, che restano a carico del SSR o dell'utente. La tariffa oraria regionale di riferimento per il SAD diviene quindi (DGR n. 1160 del 2015): • Équipe per 30 utenti SAD: 18,36 euro/utente • Acquisto di 30 ore settimanali di servizio SAD o ADI - prestazioni “OSS” (domanda individuale con buono servizio19): 18,45 euro/utente Le prestazioni continuative ed estensive di assistenza tutelare alla persona garantite dall'OSS, nonché le ulteriori prestazioni connesse all'igiene della 19 Una particolare forma di erogazione dei servizi sociali pubblici che concilia il principio di libera scelta dell'utente con la garanzia della qualità e dell'accessibilità economica al servizio. II buono servizio è un titolo di acquisto utilizzato dai Comuni e dagli utenti per accedere che dà diritto all'utente di ricevere il servizio, a sua scelta, da una delle agenzie che si siano a tal fine accreditate presso l'amministrazione titolare della funzione mediante l'iscrizione nel Catalogo dell'offerta (accessibile su piattaforma telematica). 84 persona e dell'ambiente domestico, alla compagnia e alla preparazione pasti sono al 100% a carico dei Comuni, in quanto prestazioni a valenza socioassistenziale. Assegno di cura per gravissimi non autosufficienti (DGR n. 2530 del 2013, atto di determina n. 4 del 2014) Da febbraio 2014 è attivo nella Regione Puglia un nuovo modello di assegno di cura rivolto alle persone non autosufficienti. Fino al 2013, infatti, in Puglia esistevano tre strumenti differenti: gli assegni di cura per le persone con SLA, gli assegni di cura per non autosufficienti gravi e l’Assistenza indiretta personalizzata. Con le novità introdotte dalla DGR 2530 del 2013 e adottate con atto di determina n. 4 del 2014, restano attivi gli Assegni di cura per i pazienti affetti da SLA (sindrome laterale amiotrofica) e SMA (atrofia muscolare spinale) e a questi sono affiancati i nuovi Assegni di cura riservati ai non autosufficienti gravissimi; essi ricomprendono sia il vecchio assegno di cura per le persone non autosufficienti, sia l’Assistenza indiretta personalizzata, introdotti nel 2010. La modifica della normativa è stata definita in ragione delle criticità presentate dai due strumenti citati, caratterizzati da tempi di attesa insostenibili generati da un numero elevatissimo di domande in larga parte non appropriate, da inefficienza di alcuni uffici comunali e da dichiarazioni di gravità della non autosufficienza sottoscritte dai medici di famiglia e rivelatesi non corrispondenti alla reale condizione del paziente. Sono quindi state rinnovate le modalità di presentazione delle domande, definiti i criteri di accesso al beneficio, semplificata la procedura di concessione la cui gestione viene affidata quasi totalmente alle Asl. Il nuovo assegno di cura viene definito dalla DGR 2530 del 2013 “un contributo economico onnicomprensivo erogato in favore del nucleo familiare di pazienti affetti da SLA/SMA e di persone in condizioni di disabilità gravissima, per sostenere economicamente i familiari che sostengono direttamente (caregiver familiare) e indirettamente (caregiver professionale) i congiunti che si trovano in condizioni di malattia e di non autosufficienza lieve/media/grave”. Tale contributo è finalizzato a perseguire diversi obiettivi specifici come favorire la permanenza di persone affette da SLA/SMA non autosufficienti o in condizioni di gravissima disabilità a domicilio, ricevendo le necessarie cure sia da parte dei servizi sociali e sanitari che da parte del nucleo familiare; assicurare una forma di sostegno economico adeguata alle famiglie che hanno assunto in carico di questo lavoro di cura; contrastare le situazioni di vera e propria indigenza economica derivante dagli oneri per la cura di una persona non autosufficiente; favorire il rientro, anche temporaneo, presso il proprio domicilio della persona ricoverata presso strutture sociosanitarie. 85 Il beneficio è cumulabile con pensioni, indennità di accompagnamento e ogni altro assegno o emolumento riconosciuto con carattere previdenziale e/o assicurativo; non è però cumulabile con altre misure di sostegno economico al reddito familiare per la non autosufficienza (a titolo esemplificativo: contributi straordinari per il contrasto alle nuove povertà, buoni servizio di conciliazione, ecc...) promosse dalla Regione e/o dagli enti locali. I prerequisiti di accesso e l’importo del contributo si differenziano a seconda del beneficiario: Assegni di cura per i pazienti affetti da SLA e SMA a) Prerequisito di accesso: diagnosi di SLA, SMA o altre patologie strettamente affini per diagnosi o decorso della malattia b) II contributo ha importo mensile di 500,00 - 1.000,00 - 1.100,00 euro, in relazione alle seguenti condizioni: 1. l'importo mensile di 500,00 euro è assicurato a tutti i pazienti cui sia stata diagnosticata la SLA, che ne facciano richiesta e per i quali l'UVM abbia rilevato contenute limitazioni nella vita quotidiana misurate in termini di punteggio Barthell non superiore a 49 p., e che richiedono assistenza non continuativa di tipo sociale (SAD, trasporto, pasti, ecc..); 2. l'importo mensile di 1.000,00 euro è assicurato a tutti i pazienti per i quali l'UVM abbia rilevato limitazioni nella vita quotidiana misurate in termini di punteggio Barthell compreso tra 50 e 90 p., e che richiedono assistenza continuativa di tipo sociale e/o sociosanitario (ADI); 3. l'importo mensile di 1.100,00 euro è assicurato a tutti i pazienti per i quali l'UVM abbia rilevato gravi limitazioni nella vita quotidiana misurate in termini di punteggio Barthell superiore a 90 p., e che richiedono assistenza continuativa di tipo sociosanitario (ADI) e sanitario. Assegni di cura per i pazienti in condizioni di gravissima disabilità a) Prerequisito di accesso: hanno accesso i pazienti con diagnosi certa facenti parte di uno dei seguenti gruppi in ordine di priorità: 1. pazienti in coma, stato vegetativo o di minima coscienza, che perduri da oltre 1mese alla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio; 2. pazienti affetti da patologie gravemente invalidanti, che ne determino la dipendenza continuativa e vitale per la respirazione assistita e per l’alimentazione indotta; 3. pazienti affetti da patologie gravemente invalidanti, che ne determino la dipendenza continuativa e vitale per la respirazione assistita o per l’alimentazione indotta; 86 4. pazienti affetti da patologie neurodegenerative e cronicodegenerative non reversibili, rare, gravemente invalidanti e di particolare impegno assistenziale quali ad esempio Corea di Huntington, Sindrome di Rett etc.; Solo successivamente alla presa in carico di questi pazienti, e in presenza di eventuali economie, sarà possibile estendere la presentazione delle domande per altri anziani parzialmente non autosufficienti ed affetti da patologie cronico-degenerative non reversibili meno gravi o non rare. b) Importo del contributo: L'importo di questo assegno di cura non è variabile ed è concesso in misura fissa di Euro 600,00 per mese. Il beneficio viene concesso esclusivamente se, in presenza del requisito soggettivo di cui sopra, l'UVM abbia rilevato gravi limitazioni nella vita quotidiana superiori a 90 p. misurate in termini di punteggio Barthell o equivalente, che richiedano assistenza continuativa di tipo sociosanitario (ADI) e sanitario; deve essere inoltre presente una dipendenza vitale che necessita di assistenza continua nelle 24 ore. La procedura è a sportello e le domande vengono presentate esclusivamente, pena l’esclusione, on line dal soggetto beneficiario (assistito) o da altro soggetto richiedente. Dopo la domanda on line, su richiesta del responsabile amministrativo, viene richiesta ulteriore documentazione cartacea per completare il fascicolo per l’UVM. L’UVM valuta la documentazione complessiva in collaborazione con i direttori di distretto, i MMG e i PLS e, tramite compilazione della scheda SVAMA, assegna un punteggio al caso, che per accedere al beneficio dovrà comunque essere superiore a 90. Successivamente, l'UVM costruisce il PAI tenendo conto del bisogno socioassistenziale e sociosanitario di tipo domiciliare, requisito vincolante per la concessione dell'assegno di cura. Nel 2014 nell’ASL di Lecce, sono stati erogati: • Pazienti SLA/SMA e patologie affini: 120 assegni di cura per un totale di € 949.940,00 • Pazienti non autosufficienti gravissimi: 358 assegni di cura per un totale di € 1.055.540,00 87 I dati della filiera sociale20: Vengono di seguito presentate due tabelle; la prima si riferisce a servizi di tipo sociale residenziale, la seconda a servizi di tipo sociale semiresidenziali e domiciliari. L’Asl risulta quindi cosciente della rete di offerta di servizi sociali presenti nel suo territorio. Tabella 23: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) ASL di Lecce Residenze sociali assistenzia li Erogatori 10 (privati) Posti letto 249 Case di riposo 24 (22 private e 2 pubbliche) 640 (605 privati e 35 pubblici) Case alloggio Gruppo appartame nto Comunità alloggio 5 (privati) 10 (privati) 5 privati 54 55 55 Fonte: Dati forniti da ASL LE Tabella 24: Dati di attività dei servizi sociali semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) ASL di Lecce Centro diurno Erogatori Posti disponibili 4 (2 privati e 2 pubblici) 90 (50 privati e 40 pubblici) Centro sociale polivalente per anziani SAD 1 privato 7 (5 privati e 2 pubblici) 60 - Fonte: Dati forniti da ASL LE Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto La segnalazione relativa alla necessità di attivazione di un servizio sociosanitario territoriale può essere avanzata, preferibilmente su apposito modello predisposto dalla Porta Unica di Accesso (PUA) e/o similare, dal diretto interessato, dalla Rete Informale Territoriale (famiglia, vicinato, volontariato ecc.) o dalla Rete Formale Territoriale (Medico di Medicina 20 Dati al 4 marzo 2015 forniti dalla Regione Puglia 88 Generale, Pediatra di libera Scelta, Servizio Sociale Comunale e Unità Operative distrettuali ed extradistrettuali, Dipartimenti e Presidi ospedalieri). La richiesta di assistenza, indirizzata al Direttore del Distretto Sociosanitario di competenza, dovrà essere corredata da una relazione del MMG/PLS o dal medico del Reparto ospedaliero per pazienti in fase di dimissione ospedaliera o dal medico dell’Unità Operativa Territoriale presso cui è in carico la persona. Nella relazione medica devono essere riportate: la diagnosi clinica, le terapie al momento praticate, la condizione di non autosufficienza dell’assistito e il livello di dipendenza psico-fisica, con le motivazioni cliniche e assistenziali, le proposte di trattamento terapeutico-riabilitativo che rendono necessario il regime di assistenza richiesto. Selezione dell’utenza e primo accesso La richiesta di assistenza, contenente i dati anagrafici del cittadino, la prestazione sociosanitaria richiesta a gestione integrata, la diagnosi clinica, le patologie presenti e le motivazioni socio-economiche della richiesta, dovrà essere consegnata, corredata dalla documentazione medica, alla Porta Unitaria di Accesso. Quest’ultima rielabora l’istanza ed esercita un’azione di filtro al “sistema di accoglienza della domanda” in grado di aprire al cittadino tutta la gamma delle opportunità offerte dalla rete locale dei servizi sociali e sanitari. La PUA trasmette infine, se necessario, la documentazione all’UVM per la valutazione multidimensionale. Definizione del piano di cura L’UVM si configura come un’équipe multiprofessionale a composizione variabile in relazione al bisogno della persona, di cui sono componenti irrinunciabili il Direttore del Distretto o suo delegato, il Medico di Medicina Generale o Pediatra di Libera Scelta di riferimento dell’assistito e l’Assistente Sociale dell’Ambito Territoriale/Comune di residenza della persona, che interviene per la valutazione all’accesso di servizi sociosanitari. A seconda delle necessità, possono partecipare inoltre: il responsabile del Servizio Sociale Professionale del Distretto, il medico specialista di riferimento (geriatra, neurologo, fisiatra, psichiatra, neuropsichiatra infantile, ecc.), l’infermiere professionale, il terapista della riabilitazione, o altre figure dell’area clinica in rappresentanza delle strutture sovradistrettuali (Dipartimento di Salute Mentale, Dipartimento delle Dipendenze Patologiche, Struttura Sovradistrettuale della Riabilitazione) ed eventuali altre figure professionali che dovessero rendersi necessarie in relazione al bisogno specifico della persona. L’UVM, di norma, si riunisce due volte la settimana e, comunque, con una periodicità che consenta la conclusione degli adempimenti di competenza entro il termine massimo di 20 giorni dalla segnalazione del caso. L’UVM quindi, entro il termine di 20 giorni fatte salve le procedure per l’accesso di urgenza e le dimissioni protette, esamina la domanda, effettua la valutazione 89 del caso e cura l’elaborazione del Progetto Assistenziale Individualizzato (PAI); in caso di non eleggibilità, invece, motiva il diniego. Il PAI deve tenere conto dei bisogni, delle aspettative e priorità del richiedente e dei suoi familiari, delle sue menomazioni, disabilità e, soprattutto, delle risorse-abilità residue e recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali, personali e familiari. Esso deve inoltre essere articolato in forma comprensibile al richiedente e/o ai suoi familiari, che ne condividono i contenuti e lo sottoscrivono, ponendo termine alla fase della presa in carico della persona. Nel rispetto del principio di libera scelta della persona e della sua famiglia, l’UVM nella definizione del PAI provvede ad individuare una rosa di almeno 3 strutture riconducibili alla tipologia individuata per l’appropriatezza della risposta al bisogno, per le quali sia già attiva apposita convenzione o apposito accordo contrattuale, tenendo conto dei seguenti elementi: eventuali liste di attesa, qualità delle prestazioni sanitarie e dell’accoglienza sociale e alberghiera, delle condizioni economiche più vantaggiose praticate e dalla maggiore vicinanza possibile alla residenza della persona e del suo nucleo familiare. Il PAI redatto dall’UVM viene recepito, attraverso le rispettive figure di riferimento a ciò abilitate, dalla Struttura sanitaria (Distretto, Riabilitazione, NPIA, CSM e SeRT), coinvolta in via prevalente e destinataria di specifico budget, che rilascia l’autorizzazione all’accesso ai servizi sociosanitari a gestione integrata e compartecipata congiuntamente al Servizio Sociale Comunale o d’Ambito. Per i casi di comprovata ed urgente necessità, così come previsto dall’art. 3, comma 9 del Regolamento Regionale n. 4 del 18/1/2007, è consentito un protocollo operativo di urgenza. In caso di eleggibilità della persona verso un regime di ricovero in struttura residenziale, l’equipe che ha effettuato la valutazione recepisce l’indicazione dell’assistito paziente (o del suo rappresentante: familiare, tutore, amministratore di sostegno) circa la struttura residenziale prescelta, tra quelle di riferimento del territorio della ASL di appartenenza per verificarne la disponibilità all’accoglimento e acquisire il parere favorevole del Responsabile Sanitario. Per i ricoveri in strutture con sede fuori dal territorio dell’ASL di residenza dell’utente si osservano le procedure di cui all’art. 10, comma 5, R.R. n°8 del 20.12.2002. In presenza di istanze di ricovero superiori alla disponibilità dei posti, l’ammissione dell’utente avverrà secondo le seguenti priorità, previo inserimento nella lista d’attesa in ordine cronologico di presentazione dell’istanza: 1) Dimissioni protette da Ospedale ad alto impegno assistenziale; 2) Peso dei bisogni assistenziali effettuato in sede di valutazione. Diversamente da quanto descritto precedentemente, in caso di dimissione da Ospedale, la Direzione medica dell’Ospedale invia la richiesta di Dimissione Ospedaliera Protetta al Distretto di residenza dell’assistito. Insieme ad essa viene trasmessa la relazione sanitaria redatta dal medico ospedaliero del reparto in cui è ricoverato il paziente; al suo interno, oltre alla diagnosi, viene 90 indicata la data prevista per la dimissione ed i bisogni assistenziali della persona. La condizione di dimissibilità ed il rientro a domicilio devono essere condivisi ed approvati, in sede di valutazione, dal MMG/PLS dell’assistito. L’assistente sociale del Comune o dell’Ambito Territoriale di residenza dell’utente redige la relazione sociale con informazioni relative alla situazione familiare ed alle reti di supporto. In particolare la relazione dovrà evidenziare le situazioni di eventuale assenza o impossibilità della rete parentale e/o amicale ad assistere il congiunto a domicilio, specificando la motivazione di tale indisponibilità. Erogazione del servizio Sarà cura della equipe di valutazione effettuare un monitoraggio delle prestazioni erogate secondo il progetto assistenziale individualizzato. In caso di struttura ricadente in Distretto diverso da quello di residenza del paziente, i compiti di monitoraggio del paziente saranno espletati dall’equipe territorialmente competente, di concerto con quella di residenza del paziente. Il progetto deve essere aggiornato, modificato, adattato e nuovamente comunicato al richiedente ed agli altri operatori qualora si verifichi un cambiamento sostanziale degli elementi in base ai quali è stato elaborato (bisogni, preferenze, menomazioni, abilità-disabilità residue, limiti ambientali e di risorse, aspettative, priorità). Tutte le proposte di modifica strutturale del PAI sono di competenza dell’UVM. Criticità e Punti di forza Il quadro normavo regionale per i servizi LTC appare oggi piuttosto completo e aggiornato; è infatti stato recepito il DPCM LEA 2001, costituito il fondo regionale per la non autosufficienza, riformato il sistema delle cure domiciliari integrate, rinnovate le linee guida regionali per l’accesso ai servizi sanitari territoriali e alla rete integrata dei servizi sociosanitari. Un’ulteriore spinta verso il rinnovamento della rete dei servizi è giunta dall’approvazione degli investimenti e delle prescrizioni per il potenziamento dei servizi per anziani e persone non autosufficienti contenute all’interno del Piano di Azione e Coesione (PAC) – Servizi di Cura 2014‐2016 e del Piano Operativo di Salute 2013-2015. Permangono però diverse criticità, prima fra tutte l’assenza di fabbisogni standard, ovvero di parametri numerici e/o indici di popolazione per ambiti territoriali predefiniti, per le prestazioni sociosanitarie territoriali. Con il passare del tempo, tale assenza ha portato gli erogatori a localizzare la costruzione di nuove strutture, incentivata dalla concessione dei Fondi Europei di Sviluppo Regionale, rispetto alle proprie percezioni del fabbisogno proprio della popolazione. Questo fenomeno è stato amplificato dalla 91 liberalizzazione nella realizzazione delle strutture sociosanitarie, per cui non veniva più prevista l’espressione del parere di compatibilità regionale previsto ai sensi dell’articolo 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992 e s.m.i. e dell’articolo 7 della L.R. n. 8/2004. In questo modo, il governo della rete dei servizi e la pianificazione sono divenute sempre più complesse all’interno della Regione, determinando di fatto una distribuzione disomogenea dei servizi nei diversi territori provinciali, con diverso grado di accessibilità per le famiglie pugliesi. Il problema della disomogeneità è inoltre enfatizzato dal fatto che le prassi consolidate nelle ASL e nei Distretti sociosanitari delle ASL pugliesi non di rado si rivelano non conformi ai principi di pari opportunità nell’accesso delle prestazioni, di piena accessibilità delle stesse, di continuità assistenziale e di appropriatezza delle stesse, sia pure tutti enunciati e declinati nella normativa nazionale e regionale vigente (Determinazione del dirigente servizio programmazione sociale e integrazione socio sanitaria 5 giugno 2015, n. 238) Nonostante la liberalizzazione nella realizzazione delle strutture e il conseguente aumento del numero di posti letto per abitante, la Regione Puglia presenta ancora oggi una sottodotazione di posti letto per l’insieme dell’offerta residenziale sanitaria extraospedaliera e sociosanitaria, rispetto ai parametri medi nazionali come rilevati dal Ministero della Salute (DGR n. 1159 del 2015). Una criticità che ci viene segnalata in merito ai servizi domiciliari è che non tutti i distretti sociosanitari sono dotati di equipe strutturate per l’erogazione di Cure Domiciliari Integrate (medici, infermieri, OSS, terapisti). Tali prestazioni, inoltre, ma non sempre sono progettate in modo integrato, ma si integrano in UVM o “a domicilio” tramite la gestione informale ed emergente delle esigenze di utente ed erogatori: di fatto le procedure di affidamento dei servizi sociosanitari domiciliari dei Comuni solo di rado sono raccordate con le procedure per la parte dei servizi di competenza delle ASL Insufficiente raccordo funzionale si riscontra anche tra i diversi segmenti di offerta residenziale (R1‐R2‐R3) e tra questi e le strutture ospedaliere, considerando in particolare i bisogni assistenziali di pazienti affetti da patologie croniche. Un punto di debolezza del sistema viene indicato anche all’interno della DGR n. 1159 del 2015, che evidenzia come l’espressione del fabbisogno finanziario per tutte le ASL non tenga conto delle dinamiche della domanda e delle attuali liste d’attesa registrate da alcune delle tipologie di strutture. A questo elemento è opportuno aggiungere le difficoltà riscontrate dalle famiglie nel sostenere, a seconda dei casi, i costi della quota sociale o la retta delle strutture sociosanitarie e sociali. Le difficoltà economiche e la domanda ridotta spesso spingono le strutture ad accettare dei versamenti inferiori alle quote normalmente applicate, con conseguenze negative sulla economicità della struttura stessa 92 Infine, un punto di forza del sistema che ci viene segnalato è rappresentato dalla grande potenzialità delle strutture sociali e delle cure domiciliari integrate, che potrebbero contribuire al recupero degli stabili in disuso dei centri storci e alla costruzione di nuove reti di solidarietà fra gli abitanti. 93 2.4 ASL di Lodi21 Il contesto aziendale L'ASL di Lodi è stata costituita quale azienda sanitaria locale sperimentale a decorrere dall'1/1/1998 – (Decreto del Presidente della Regione Lombardia 22/12/1997 n. 07063 sett. 1619) e, successivamente, a seguito dell'istituzione dell'Azienda Ospedaliera di Lodi (DGRL n. VII/7786 - Decreto R.L. n.1190 del 30/1/02), sono stati ridefiniti i suoi compiti in allineamento alla Legge n. 31/1997 e al PSSR. L'ASL di Lodi ai sensi dell'art. 3 comma 1-bis del D. Lgs. n. 502/1992 è costituita con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale. L’ambito territoriale comprende il territorio dei 61 Comuni coincidenti con tutti quelli della Provincia di Lodi, nonché del Comune di San Colombano al Lambro appartenente alla Provincia di Milano, per un totale di 62 Comuni e 243.044 abitanti. Il territorio è articolato in due Aree Distrettuali Socio Sanitarie, ovvero l’Area Distrettuale Socio Sanitaria dell’Alto Lodigiano che consta di 35 Comuni e l’Area Distrettuale Socio Sanitaria del Basso Lodigiano che comprende 27 Comuni, e un Distretto di Medicina Veterinaria. La popolazione di riferimento è di seguito illustrata all’interno delle tabelle 23 a e 23 b. Tabella 25 a e 25 b: Popolazione di riferimento ASL di Lodi Fonte Piano di Programmazione e coordinamento dei servizi socio sanitari 2015 ASL Lodi Popolazione al 1/1/2014 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 Provincia di Lodi 243.044 25.307 25.054 50.361 10,31% 10,31% Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del dott. Giancarlo Iannello, direttore sociale della ASL di Lodi ed al suo staff. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori 21 94 % popolazione Anziana (over 65) 20,72% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 9.317 Fonte: Dati ISTAT 2014 La normativa regionale: i servizi LTC offerti I riferimenti normativi che disciplinano i servizi per gli anziani ed in particolare per i non autosufficienti, sono le seguenti delibere di giunta regionale: la DGR 2569 del 31/10/2014 per la definizione degli standard, la DGR 1765 dell’08/05/2014 per la definizione dei controlli e la DGR 3851/2012 in cui vengono definiti i differenti livelli per l’Assistenza Domiciliare Integrata, mentre per le RSA si fa riferimento alla DGR 12618/2003. La filiera dei servizi per gli anziani disciplinata da Regione Lombardia può essere sintetizzata dalla seguente tabella, che prevede per i servizi sociali la comunità alloggio e l’alloggio protetto mentre per i servizi sociosanitari la RSA, l’ADI e la riabilitazione. ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’ASL di Lodi (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 95 Tabella 26: I servizi sociali e sociosanitari in Regione Lombardia ANZIANI Informazioni generali Settore di appartenenza Riferimenti normativi Descrizione generale Tipo di offerta Obiettivo/fin alità Comunità alloggio Alloggio protetto anziani In sperimentazione Nella rete di offerta Sociale Sociale DGR. 740 del 27.9.2013 Soluzione abitativa per disabili o anziani autosufficienti in grado di partecipare all’organizzazione della vita domestica ma non di vivere autonomamente nel proprio domicilio. Ricovero Sostituzione o sostegno alla famiglia di origine non più in grado di provvedere ai bisogni del paziente CDI RSA ADI Riabilitazione Sociosanitario Sociosanitario Sociosanitario Sociosanitario DGR. n. 11497 del 17.3.2010 DGR. 740 del 27.9.2013 DGR. 4598/12 in attuazione della DGR. 4334/12. DGR. 740 del 27.9.2013 DGR. 3851 del 25.7.2012. DGR. 740 del 27.9.2013 DGR. 19883 del 16.12.2004. DGR 4598 del 28.12.2012 in attuazione della DGR 4334 del 2012. Abitazioni, spazi comuni e servizi/prestazioni sociali resi occasionalmente o continuativamente dal gestore, prevalente contenuto sociale Servizio semiresidenziale prestazioni socio-assistenziali e sanitarie normalmente erogate in Rsa (assistenza nelle attività di base della vita) Struttura residenziale che garantisce interventi di elevato contenuto sociosanitario Prestazioni sociosanitarie nelle aree delle funzioni vitali e delle funzioni primarie Presidio sanitario non ospedaliero per trattamenti riabilitativi di diversa intensità, nelle aree specialistica, generale e geriatrica, di mantenimento. Ricovero Diurno Ricovero Garantire un ambiente controllato e protetto. Rispondere tempestivamente alle esigenze degli ospiti, indirizzare gli anziani verso la struttura/servizio più vicina ai loro bisogni Garantire un'assistenza intermedia tra RSA e ADI, un elevato standard di vita, contenuti riabilitativi e/o di mantenimento, socializzazione Migliorare i livelli di autonomia e promuovere il benessere elevato contenuto sociosanitario, favorire il processo di dismissione ospedaliera Prestazione a domicilio Evitare ricoveri impropri e ritardare l’istituzionalizzazione della persona, consentendogli di ottenere supporto alla fragilità nella sua casa e di scegliere liberamente la modalità e gli erogatori dell’assistenza. Ricovero o diurno Recupero degli esiti derivanti da episodi acuti o di funzioni lese o menomate 96 ANZIANI Comunità alloggio Alloggio protetto anziani CDI RSA ADI Riabilitazione Destinatari Anziani autosufficienti Anziani Anziani Anziani Anziani Anziani Requisiti di ingresso Non autosufficienza (ma non gravi da Sufficiente grado di richiedere RSA) o autonomia (non richiedono ad alto rischio di assistenza sociosanitaria perdita continua), reti familiari dell’autonomia, rarefatte, abitazioni bisogni non inadeguate facilmente gestibili a domicilio Totale o parziale non autosufficienza, necessità di un elevata intensità di protezione Soggetti fragili/vulnerabili che non necessitano di un ricovero ospedaliero ma che non possono recarsi presso gli ambulatori o lo studio del medico, perché non trasportabili e in condizioni di non autosufficienza anche temporanea. Soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali o miste Standard assistenziali Medico 6 h settimanali, terapista Presenza/reperibilità di un della riabilitazione operatore sociale, 24 ore al 34 sett ospite, giorno 365 giorni l'anno. infermiere 34a sett Altro personale secondo gli ospite, interventi previsti dalla animatore/educator carta dei servizi e 28a sett ospite, ASA -Ota 168a sett ospite DGR. 12618/2003: standard di personale e revisione remunerazione assistenza in nucleo dedicato: 2000 minuti/settimanali/utente. Assistenza su posto letto ordinario: 1500 minuti/settimanali/utente, e comunque un minimo di 1100 minuti/settimanali/utente Standard gestionali specifici assistenza in nucleo dedicato: 2000 minuti/settimanal i/utente. Assistenza su posto letto ordinario: 1500 minuti/settimanali/utente Struttura con requisiti abitativi: nel centro urbano, niente barriere architettoniche, ambienti di socializzazione, ben connessa alla rete dei servizi sanitari e sociali Fonte: Elaborazione su DD.GG.RR 97 RSA La DGR 12618 del 2003 definisce lo standard minimo di personale per l’autorizzazione al funzionamento, espresso come tempo di assistenza dedicato ad ogni ospite, che è fissato in 750 minuti settimanali. Per il raggiungimento dello standard assistenziale sopra descritto deve essere obbligatoriamente garantita la presenza almeno delle seguenti figure professionali: medico, infermiere, animatore od operatore socio educativo (classe 18) od educatore professionale Classe 2, A.S.A/O.T.A. Diventa obbligatoria l’introduzione graduale della figura dell’OSS nei limiti dell’effettiva disponibilità di tale operatore. L’assistenza infermieristica deve essere garantita nell’arco delle 24 ore. Ai fini dei requisiti di accreditamento lo standard minimo richiesto è fissato in 901 minuti settimanali per ospite. Inoltre, come previsto dalla normativa, le RSA si impegnano a: tenere la lista d’attesa dei richiedenti il ricovero, verificare che i richiedenti ammessi al ricovero abbiamo il requisito della non autosufficienza, redigere per ogni ammesso il Piano di Assistenza Individuale, aprire il fascicolo sanitario e sociale da aggiornare come previsto dalla normativa regionale. ADI Come disciplinato dal Decreto dirigenziale 6032 del 2012, l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) si colloca nella rete di servizi sociosanitari volti a garantire alle persone in condizione di fragilità prestazioni sociosanitarie integrate “a domicilio”, anche in contesti di residenzialità individuale/collettiva alternativi alla propria casa, eletti dalla persona a dimora abituale. Le prestazioni, che vengono poi declinate all’interno del piano di assistenza individuale, devono essere erogate da personale qualificato ed in possesso degli specifici titoli professionali; esse sono complementari e non sostitutive del caregiver familiare. Le specifiche prestazioni, fornite attraverso i caregiver professionali (a mero titolo esemplificativo: infermieri, operatori tecnici della riabilitazione quali fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti ecc.) possono quindi sostenere e/o integrare presenze familiari (parenti e/o loro collaboratori) esistenti e disponibili, non sostituirle completamente. L’ADI è rivolta a persone in situazione di fragilità, caratterizzate da: • • presenza di una condizione di non autosufficienza parziale o totale, di carattere temporaneo o definitivo; presenza di una condizione di non deambulabilità; 98 • • • non trasportabilità presso presidi sanitari ambulatoriali in grado di rispondere ai bisogni della persona; presenza di un supporto nella rete familiare/parentale o informale; presenza di condizioni abitative che garantiscano la praticabilità dell’assistenza, acquisite anche a seguito di azioni necessarie per il superamento di eventuali fattori ostativi (esempio: abbattimento di barriere architettoniche). Si precisa che sono comprese tra i destinatari dell’ADI le persone nella fase terminale della vita, non riconducibili alla tipologia di utenza assistibile mediante l’ospedalizzazione domiciliare cure palliative, ai sensi della DGR n. 7180 del 24 aprile 2008 ed eventuali successive integrazioni. La valutazione del caso prevede due fasi: • • Valutazione Triage, è il primo contatto con il caregiver (ad es. la famiglia) che si occupa di attivare la rete dei servizi sociosanitari per l’utente. Il triage ha l’obiettivo di rilevare i bisogni semplici che richiedono interventi mono professionali ed i bisogni complessi che richiedono un approfondimento tramite valutazione multidimensionale di secondo livello. Valutazione multidimensionale di secondo livello, cui accedono le persone che hanno avuto un punteggio di triage ≥3 . L’esito della valutazione multidimensionale prevede l’elaborazione di Progetti di Cura personalizzati e l’attribuzione di un profilo assistenziale coerentemente ai bisogni rilevati. La valutazione di secondo livello effettuata da un’équipe multidisciplinare Unità di Valutazione Multidisciplinare (composta da medico, infermiere ed assistente sociale) – si svolge, di norma, al domicilio della persona, attraverso l’utilizzo dello strumento di valutazione indicato da Regione Lombardia VAOR Home Care22 La valutazione di secondo livello si articola come segue: a. La valutazione funzionale La valutazione dei bisogni viene applicata a domini riconosciuti come essenziali per impatto e trasversalità, svincolati quindi dalla patologia causante e dall’età della persona valutata. 22 http://www.famiglia.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Redazionale_P&childpagename=DG _Famiglia%2FDetail&cid=1213487626697&pagename=DG_FAMWrapper (ultimo accesso 22 settembre 2015) 99 b) La valutazione sociale Il sistema di valutazione della persona tiene in considerazione aspetti sociali quali: o la rete assistenziale, misurando l’organizzazione degli interventi da parte sia della rete familiare che non familiare; o l’adeguatezza della condizione abitativa e dell’ambiente di vita. Nel modello regionale di valutazione del bisogno sono stati introdotti fattori correttivi della valutazione che hanno impatto sui profili assistenziali. Si tiene infatti conto, in sede di valutazione sociale, dell’impatto dei familiari e caregiver nell’assistenza alla persona rispetto ai diversi domini funzionali. La valutazione sociale permette di individuare, inoltre, il reale grado di sostegno che la famiglia può offrire rispetto ai singoli bisogni della persona (domini scala di valutazione). Pertanto, rispetto ai diversi domini (respirazione, nutrizione, etc), la valutazione ha l’obiettivo di far emergere il supporto attivo della famiglia/dei caregiver nel farsi carico dei servizi e delle prestazioni necessarie per rispondere a quel bisogno. La valutazione del supporto della famiglia permette di individuare il reale bisogno, inteso come le prestazioni a cui la famiglia non riesce a far fronte e per le quali è richiesto il supporto di un soggetto esterno. La valutazione del sostegno della famiglia, pertanto, non va ad incidere sul livello di gravità (che esprime la fragilità della persona), ma contribuisce a determinarne il profilo23. L’indice di complessità assistenziale (I.C.A.) utilizzato, è un indice basato sulla rilevazione di alcune condizioni funzionali di particolare impegno assistenziale, così da definire la corretta “pesatura” delle risorse professionali ed economiche a parità di livello di bisogno e la necessaria flessibilità delle risposte in rapporto all’evoluzione del bisogno stesso. Questo indice offre la possibilità di introdurre un “fattore correttivo” ai diversi profili di assistenza e di riconoscere il carico assistenziale aggiuntivo anche in termini economici. In questo modo dalla valutazione multidimensionale del bisogno vengono determinati: 23 il presente studio non ha come obiettivo quello di entrare nel merito degli aspetti tecnici e clinici della valutazione e specificatamente, nel caso della Regione Lombardia, della Vaor. Per un approfondimento si rimanda alla documentazione specifica prodotta sia a livello aziendale che regionale sul tema. 100 • • • il livello di gravità della persona ed il relativo profilo corrispondenti all’impegno assistenziale ed il numero degli accessi in caso di ADI prestazionale; la durata dell’intervento ; il valore economico complessivo del voucher sociosanitario. Sulla base dei livelli di gravità determinati dalla valutazione del bisogno (che contemplano anche i fattori correttivi) è possibile identificare i relativi profili assistenziali, corrispondenti all’impegno assistenziale oltre che alla complessità dell’intervento richiesto, e la relativa tariffa. In riferimento a quanto previsto dal D.P.C.M. del 14/02/2001, i livelli di assistenza vengono stabiliti tenendo conto dei seguenti parametri: • la natura del bisogno che, mediante la valutazione dei bisogni inerenti l’area sociosanitaria, funzionale, cognitiva, affettiva nonché l’area sociale/ambientale, caratterizza l’ambito di bisogno prevalente; • la complessità dell’intervento caratterizzata dalla composizione dei fattori produttivi impiegati (mix di risorse professionali) e dalla loro articolazione, con particolare riferimento alla tipologia delle prestazioni; • l’intensità assistenziale stabilita in base alle fasi temporali (intensiva, estensiva e di lungoassistenza) che caratterizzano il piano assistenziale e la frequenza degli interventi previsti; • la durata in relazione alle fasi temporali intensiva (durata breve e definita). La definizione dei profili si basa su un indice di intensità assistenziale, calcolato come Giornata Effettiva di Assistenza (GEA)/giornate di presa in carico. L’Intensità assistenziale è costruita sulla base di un modello teorico che correla il livello di gravità e il profilo assistenziale; ad ogni dominio del modello di valutazione del bisogno è attribuito un indice di intensità assistenziale teorico, valutato sulla base dei GEA settimanali previsti per rispondere al bisogno. La combinazione dei GEA teorici totali (nella definizione della proposta dei GEA teorici, sono stati compresi interventi di aiuto infermieristico o tutelare finalizzati al buon esito dell'intervento sociosanitario), necessari per soddisfare il bisogno della persona, genera il profilo assistenziale da erogare. Dalla stessa valutazione, mediante la matrice dei GEA teorici, è possibile calcolare i GEA teorici per ogni dimensione di valutazione. Successivamente, combinando i GEA per ogni item di valutazione, si calcola il numero di GEA totale richiesto dalla valutazione dell’utente e, conseguentemente, l’intensità assistenziale ed il profilo di assistenza dell’utente. I profili così elaborati contemplano due profili prestazionali e quattro profili assistenziali. Tali profili intendono dare una 101 risposta prestazionale, professionalmente qualificata, continuativa o occasionale, ad un bisogno puntuale di tipo sociosanitario che presuppone la valutazione multidimensionale, la presa in carico della persona e la definizione di un piano di assistenza individuale semplificato. I profili assistenziali si distinguono in sei tipologie in funzione della diversa intensità assistenziale così come illustrato dalla tabella seguente. Tabella 27: I profili assistenziali Fonte: DGR 3851/2012 Facendo riferimento al modello di valutazione proposto, è ipotizzabile l’identificazione di 4 livelli di gravità del bisogno: • Livello 1 - Il primo livello di bisogno prevede una compromissione funzionale lieve, con un sufficiente livello di autonomia nelle ADL. La persona non presenta significative riduzioni della capacità funzionale complessiva, è in grado mediamente di svolgere la propria attività quotidiana/lavorativa anche con l’aiuto di ausili. La complessità assistenziale è bassa, gli interventi richiesti spesso sono mono/biprofessionali e mirati a specifiche problematiche (es: infermieristiche e/o riabilitative e assistenziali). Sono presenti anche bisogni correlati alla “fragilità sociale”. Già a questo livello risulta di fondamentale importanza la presa in carico territoriale, a 102 garanzia della continuità assistenziale in tutte le sue componenti. Gli interventi programmabili presentano una forte componente sociale ed in caso di persone con disabilità, in particolare nell’età pediatrica, risulta determinante anche l’intervento educativo, reso alla famiglia in supporto alle abituali attività assistenziali. • Livello 2 – Il secondo livello di bisogno prevede una fase caratterizzata da un andamento instabile, nel quale si alternano fasi di peggioramento a fasi di miglioramento con possibilità di ripristino, anche se non ottimale, di alcune funzioni a seguito di terapie farmacologiche e/o interventi riabilitativi intensivi. Possono essere presenti anche situazioni temporanee di non autosufficienza. La compromissione complessiva appare di grado moderato e principalmente a carico di funzioni quali la mobilità, la cura del sé, la nutrizione, il tono dell’umore e in misura variabile la respirazione. Tali compromissioni necessitano di controlli specialistici per il monitoraggio dell’evoluzione clinica e di eventuali interventi correlati alle complicanze delle malattie intercorrenti. La tenuta delle reti familiari è una variabile decisiva nella progettazione dei percorsi successivi alla dimissione dalla fase ospedaliera e nella tenuta a livello domiciliare. La complessità assistenziale è medio-bassa ma soggetta a possibili variazioni. Spesso questo livello si caratterizza per la necessità di interventi mirati, sanitari e tutelari, finalizzati anche all’addestramento del caregiver nella gestione delle problematiche emergenti. • Livello 3 – Il terzo livello di bisogno si caratterizza per il consolidamento della gravità del quadro di compromissione globale (dipendenza totale) con l’interessamento di più aree. L’aggravamento del deficit a carico della componente motoria condiziona pesantemente lo svolgimento in autonomia delle attività di base e strumentali e richiede la necessità del ricorso ad ausili personalizzati. La compromissione delle principali funzioni sensoriali, unitamente alla deflessione reattiva del tono dell’umore e la presenza di deficit della cognitività, comportano una riduzione della vita di relazione e dei rapporti sociali; nelle fasce di età più giovani tutto questo può comportare una riduzione della capacità lavorativa con interruzione per lunghi periodi dell’attività professionale. Il bisogno sociosanitario è correlato all’instabilità clinica su un quadro cronico evolutivo/progressivo. Molto spesso si rendono necessari ricoveri ospedalieri per la gestione delle complicanze legate all’evolversi della malattia o al riacutizzarsi della malattia cronica. La tenuta delle reti familiari è una variabile decisiva nella progettazione dei percorsi assistenziali e nella scelta del setting assistenziale più appropriato. La complessità assistenziale è medio-alta ma con problematiche prevalenti a carico della componente tutelare/assistenziale, molto spesso con la necessità di una copertura continua nelle 24 ore, per la gran parte svolta dal caregiver. 103 • Livello 4 - Il quarto livello di bisogno può presentare un quadro di gravissima compromissione funzionale e di totale dipendenza nelle attività quotidiane, anche con problematiche di tipo sociosanitario che richiedono frequenti e costanti interventi medico-specialistici ed infermieristici. Possono essere ricompresi in questo livello le situazioni legate allo stato di terminalità oncologica e non oncologica ad elevata complessità assistenziale: la comparsa in talune situazioni di grave insufficienza respiratoria che rende inevitabile la dipendenza dal ventilatore, la presenza della nutrizione artificiale, il totale allettamento, la necessità di effettuare manovre, per quanto palliative, di particolare impegno (es: paracentesi, toracentesi, ecc.); esse rappresentano solo alcune delle condizioni che caratterizzano questo livello assistenziale. L’assistenza si connota per la complessità dell’intervento, che richiede competenze specifiche nella gestione delle problematiche sociosanitarie e una tenuta forte delle reti familiari e del caregiver nella progettazione dei percorsi assistenziali e nella scelta del setting assistenziale più appropriato. La tariffa associata a ciascuno dei quattro profili assistenziali, ad eccezione di quelli prestazionali, ha come periodo di riferimento standard quello mensile. Nel caso di durata pari a frazione di mese, il valore del voucher corrisponde al valore mensile del profilo moltiplicato per la durata del PAI, rapportata su base mensile (es. per PAI di durata pari a 20 giorni, la durata su base mensile è pari a 20/30=0,67, quindi nel caso di un voucher di profilo 1, di € 360, il valore del voucher da riconoscere è di € 360 x 0,67 = € 241,20). Il valore del voucher prestazionale è determinato dal prodotto del numero di accessi per la tariffa correlata al relativo profilo; analogamente si calcola il voucher prelievi, che è il risultato del prodotto del numero di accessi per prelievi per la tariffa prestazionale corrispondente. I voucher prestazionali sono liquidati "a conclusione PAI" gli altri sono retribuiti ad acconto e a saldo. I controlli ai fini della liquidazione sono i seguenti: • devono essere stati effettuati tutti gli accessi previsti dal PAI; • devono essere state eseguite tutte le prestazioni previste dal PAI; • i profili professionali che hanno erogato le prestazioni devono essere coerenti con quanto previsto nel PAI. In caso di incoerenza tra quanto previsto dal PAI e quanto effettuato dall’Ente Erogatore occorre tempestivamente segnalare all’ASL la motivazione della variazione. In caso di sospensione dell’assistenza ad esempio, nell’evenienza più comune, per ricovero ospedaliero, viene riconosciuto, al termine del mese, un valore economico corrispondente all’effettivo periodo di erogazione delle prestazioni. Parimenti, in caso di chiusura anticipata dell’assistenza o in caso di decesso, viene riconosciuto un valore economico corrispondente all’effettivo periodo di erogazione delle prestazioni. 104 I servizi sociosanitari offerti nell’ASL di Lodi L’ASL di Lodi presenta un’offerta suddivisa in sanitaria, sociosanitaria e sociale rappresentata dalla seguente tabella. Figura 5: La filiera di offerta dell’ASL di Lodi Legenda: Fonte: Piano di programmazione e coordinamento dei servizi socio sanitari 2015 e fonti della Direzione Sociale 105 In tema di servizi residenziali presso RSA, l’ASL di Lodi si caratterizza per una lista d’attesa (dati 2015) di circa 885 persone di cui 246 Maschi e 639 Femmine (fonte: direzione sociale ASL Lodi). Nello specifico è importante evidenziare come quest’ultima venga gestita. La RSA acquisisce attraverso il sistema di gestione unificata l’elenco completo degli utenti che hanno espresso la preferenza/scelta verso una determinata struttura; tale elenco determina una lista di attesa che non costituisce graduatoria, ma un semplice elenco di soggetti che hanno presentato domanda di ingresso. Questo, con espresso riferimento alla DGRL 7/7435 del 14.12.2001, riserva alle RSA l’onere e la titolarità della determinazione degli accessi. Per il posto reso vacante la RSA si impegna ad effettuare le chiamate di ingresso dalla suddetta lista di attesa. In aderenza alla DGRL 7/7435 del 2001, gli ingressi vengono determinati autonomamente da ciascuna RSA in base alla compatibilità ambientale ed alle condizioni socio-psico-sanitarie degli anziani richiedenti, valutati secondo la scala SOSIA24 (globalità delle necessità assistenziali), come segue: • compatibilità del soggetto richiedente, specie in ordine alla sussistenza di patologie psichiatriche e/o comportamentali, con il resto degli ospiti del nucleo di degenza, • rispetto del carico socio-assistenziale del nucleo di degenza, definito con valutazione sanitaria SOSIA, al fine di garantire una costante e corretta erogazione delle prestazioni assistenziali e sanitarie. In merito ai dati di attività l’ASL di Lodi si caratterizza per 1680 persone ricoverate nel 2013 ed una rete di offerta per strutture residenziali pari a 6,2 posti letto per 1.000 abitanti ultra 75 (1351 p.l. e 21961 cittadini residenti ultra 75). Le giornate erogate a carico del FSR sono 14.160 con un tasso di saturazione del 95%. L’età media all’entrata in RSA è di 85 anni e l’età media dei pazienti ospitati è di 87 anni con il 46% degli ospiti ultra 90enne. Il tasso di copertura è del 24% nel distretto di Sant’Angelo lodigiano, del 13% al distretto di Lodi (ora identificati come Distretto dell’Alto lodigiano) e 32% nel distretto di Casalpusterlengo, ora rappresentato dal distretto del Basso lodigiano. La media aziendale del tasso di copertura è del 23% (fonte: ASL Lodi). In merito ai CDI, l'età media all'ingresso è di 82 anni, mentre l'età media dei frequentanti è di 83. Si tratta di un'utenza con disturbi importanti soprattutto della sfera cognitiva, impegnativi dal punto di vista dell'assistenza in quanto Il sistema SOSIA è un sistema che valuta tre dimensioni: mobilità, cognitività e comorbilità. Esso classifica i pazienti eligibili in RSA in 8 categorie dove la prima è la più grave e l’ottava la meno grave. A queste categorie corrispondono differenti quote sanitarie pagate dalla ASL: classi 1 e 2, 49 euro a giornata; classi 3-4-5-6, 39 euro a giornata; classi 7 e 8, 29 euro a giornata. I pazienti con Alzheimer 52 euro a giornata mentre gli stati vegetativi 135 euro o 180 euro a seconda se siano in nucleo o meno (fonte: ASL Lodi). 24 106 richiedono standard organizzativo-gestionali elevati, peraltro rilevati in ambito di Vigilanza. Nello specifico un CDI è aperto 7 giorni su 7, 3 CDI lo sono 6 su 7 e uno soltanto è aperto dal lunedì al venerdì (è l'unico non inserito all'interno di una RSA). Nel 2013 si è consolidata da parte dei gestori la flessibilità dell'offerta in termine di ampliamento degli orari e delle giornate di apertura. La scelta è stata assunta per rispondere al meglio ai bisogni delle famiglie, soprattutto durante il fine settimana, nonostante rappresenti per i gestori un impegno dal punto di vista gestionale ed economico, tenuto conto del numero ristretto di utenti che fruiscono di tale servizio al sabato e alla domenica. I CDI del territorio hanno da tempo articolato i propri interventi in funzione del recupero/mantenimento delle capacità cognitive attraverso interventi di ROT Therapy, Comunicazione Aumentativa, ecc. I CDI concorrono alla realizzazione dell'azione innovativa attivata a livello territoriale ai sensi delle DGR 37 e 63/2013, denominata "RSA diurna e CDI di prossimità". Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Il primo contatto avviene mediante richiesta da parte dell’utente o di un suo familiare e, come da delibera n. 2942 del 19 dicembre 2014 e valida per i servizi erogati nel 2015, la persona che intenda accedere ad una delle misure previste deve prenotare un appuntamento per la valutazione multidimensionale del bisogno presso la ASL - Dipartimento ASSI/distretto più vicino alla propria residenza. La ASL, una volta effettuata la valutazione dei bisogni della persona ed entro 10 giorni lavorativi, consegna all’utente l’esito della valutazione, anche nel caso in cui la misura richiesta non fosse adeguata, e lo indirizza verso gli interventi più appropriati per la sua situazione. In caso di accoglimento della richiesta, l’Azienda Sanitaria Locale predispone il Progetto individuale che deve contenere: • l’indicazione della misura per la quale viene attivato il progetto (si veda la filiera presentata ad inizio capitolo); • gli obiettivi e le prestazioni/interventi più adeguati a rispondere al bisogno; • il valore del voucher commisurato al bisogno; • la durata ipotizzata del progetto; • l’elenco dei Soggetti erogatori cui rivolgersi per avviare gli interventi. 107 Selezione dell’utenza e primo accesso Di seguito viene presentato il percorso di accesso e la selezione dell’utenza relativamente ai servizi domiciliari. Figura 6: Diagramma di flusso del processo di valutazione del bisogno Font: Decreto dirigenziale 6032/2012 È importante evidenziare come nel sistema lombardo, a fronte di un’analisi dei bisogni espressi effettuata dall’ASL, vi sia una piena autonomia del cittadino e dei suoi familiari nel scegliere la struttura erogatrice o ente gestore del servizio. Per quanto riguarda l’assistenza domiciliare, l’ASL di Lodi è passata negli ultimi 6 anni da 3 a 20 erogatori differenti25. Per il ricovero in RSA invece è necessario presentare direttamente domanda di ingresso presso una qualunque delle 16 RSA dell’ASL; nella domanda di ingresso è possibile indicare tutte le RSA lodigiane verso le quali si intende esprimere la preferenza/scelta di ricovero. E’ quindi importante evidenziare come, alla luce della DGRL 7/7435 del 14.12.2001, la lista di attesa non costituisca graduatoria, ma un elenco di soggetti che hanno presentato domanda di ingresso, mentre l’onere e la titolarità della determinazione degli inserimenti è riservato alle RSA. Conclusioni 25http://www.lombardiasociale.it/2015/07/13/lo-stato-dellofferta-di-servizi-domiciliari-e-a- ciclo-diurno-in-lombardia/ (ultimo accesso 24 luglio 2015) 108 Il sistema analizzato e ben implementato dall’ASL della Provincia di Lodi presenta le specificità del modello adottato dalla Regione Lombardia, con una separazione tra la funzione di programmazione e valutazione e quella di erogazione del servizio, affidata ad Enti Gestori che hanno la responsabilità della lista d’attesa e dell’inserimento degli utenti all’interno dei servizi. Il ruolo dell’ASL rimane centrale, grazie anche alla BDA, la Banca Dati Assistiti, che permette di conoscere i consumi della popolazione residente e quindi di intercettare potenzialmente le fragilità presenti nella popolazione anziana. Il non controllo reale sulla lista non necessariamente costituisce un punto di debolezza del sistema, in quanto garantisce il diritto alla libera scelta dell’Ente gestore. Il controllo ex post sull’appropriatezza dei criteri di eleggibilità degli utenti da parte delle RSA potrebbe essere oggetto di dibattito in quanto non sempre viene garantita l’efficacia della verifica se non, ovviamente, su standard e procedure. 109 2.5 AUSL di Piacenza26 Il contesto aziendale L'Azienda Usl di Piacenza si è costituita l'1 luglio del 1994 dalla fusione di tre Unità Sanitarie Locali ed estende la sua competenza su tutto il territorio della Provincia di Piacenza. L’Azienda Sanitaria ha una popolazione di riferimento di 288.013 unità (dato 2014) e si compone di tre distretti: Levante, Ponente e Città di Piacenza, per un totale di 49 Comuni. Tabella 28: Popolazione di riferimento AUSL di Piacenza Popolazione al 1/1/2014 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ Provincia di Piacenza 288.013 32.875 38.173 71.048 11,4% 13,3% 24,7% 13.144 Fonte: Istat 2014 In tema di gestione dei servizi per anziani, il sistema Emiliano Romagnolo prevede che l’AUSL svolga il ruolo di (co)committente e pagatore relativamente al fondo regionale per la non autosufficienza (FRNA), che viene Pur nella responsabilità esclusiva di quanto scritto da parte degli autori, si vuole ringraziare per il prezioso contributo la dott.ssa Costanza Ceda, Direttore Sociale Ausl di Piacenza;; la dott.ssa Maria Gamberini, già direttore sociale della AUSL di Piacenza e attualmente Direttore Amministrativo; il dott. Stefano Cugini, Assessore al Welfare della Città di Piacenza e il dott. Luigi Squeri, responsabile direzione operativa servizi alla persona e al cittadino del Comune di Piacenza. ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’AUSL di Piacenza (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 26 110 prima definito a livello regionale e poi attribuito alle varie Aziende. A loro volta le AUSL ripartiscono il fondo a livello distrettuale come da indicazioni della Conferenza territoriale sociale e sanitaria provinciale. Ai fini dell’analisi, sia per completezza che per omogeneità dei dati, ma anche per una consolidata committenza congiunta con Ente Locale ed Ente Gestore del servizio, il Caso di Piacenza si concentra sul distretto cittadino coincidente con la Città di Piacenza (102.269 abitanti, 25.464 ultra 65enni con una stima di 4.711 non autosufficienti; dati 201427). La quota del FRNA per il Distretto di Piacenza, oggetto del caso, è di circa 11 milioni di euro, mentre la spesa per i servizi per la non autosufficienza ammonta invece a 32 milioni di euro così ripartiti (fonte: bilancio sociale 201214 Comune di Piacenza): • 20% fondo sanitario • 40% fondi regionali e nazionali • 24% contribuzioni degli utenti • 16% risorse comunali La normativa regionale: i servizi LTC offerti La rete per servizi agli anziani può essere rappresentata dalla seguente figura, che presenta la filiera complessiva. 27 Fonte bilancio sociale 2012-14 Comune di Piacenza 111 Tabella 29: I servizi sociali e sociosanitari in Regione Emilia Romagna ANZIANI Settore di appartenenza Riferimenti normativi Descrizione generale Tipo di offerta Obiettivo/finalità Comunità Alloggio Casa di Riposo, Casa Albergo, Albergo per Anziani Casa Residenza per Anziani Non Autosufficienti (ex RSA, Casa Protetta) Centro Diurno per Anziani/Centro Diurno Assistenziale Accoglienza temporanea di sollievo Assistenza Domiciliare Integrata Sociale Sociale Sociosanitario Sociosanitario Sociosanitario Sociosanitario DGR 564/2000 al punto 1.2 DGR 564/2000 al DGR 564/2000 al punto punto 1.3 1.4 DGR 564/2000 al punto 1.1 DGR 1206/2007 DGR 124/1999, PIANO allegato 2 SANITARIO 1999-2001 Ricoveri a carattere Assistenza integrata che Strutture residenziali temporaneo in Case prevede prestazioni sanitarie Struttura socioStruttura socio(accoglienza temporanea Residenza per Anziani e/o un sostegno di tipo assistenziale assistenziale o permanente), fornisce o Centri Diurni con socio-assitenziale. Si basa residenziale residenziale NON ospitalità ed assistenza, parzialmente Struttura attività di riattivazione, sull'integrazione di figure autogestita per offre occasioni di vita autogestita per semiresidenziale che vigilanza sanitaria o di professionali sanitarie e/o anziani che comunitaria e anziani che fornisce assistenza recupero dell´anziano sociali (medici di famiglia, necessitano di vita disponibilità di servizi necessitano di infermieristica e nello dopo il ricovero infermieri, medici specialisti, comunitaria, con per l'aiuto nelle attività vita comunitaria, svolgimento delle ospedaliero per il fisioterapisti, assistenti sociali, attività quotidiane, offre stimoli con attività normali azioni mantenimento delle assistenti di base e con aggregative e e possibilità di attività aggregative e quotidiane + attività abilità funzionali. l'ausilio di volontari) e ricreativooccupazionali e ricreativoricreative, aggregativo- Assicura prestazioni prevede tre livelli di intensità culturali, ma ricreativo-culturali, di culturali, ma culturali e di assistenziali e sanitarie delle cure fornite in relazione anche assistenza mantenimento e anche assistenza mobilizzazione di elevata intensità in ai bisogni assistenziali del infermieristica e riattivazione. Garantisce infermieristica e base alle esigenze singolo paziente per il quale è personale per assistenza medica, personale per individuate dal PAI. elaborato un piano emergenze infermieristica e emergenze Affianca l'assistenza personalizzato e individuato trattamenti riabilitativi domiciliare un responsabile del caso Ricovero Ricovero Ricovero Diurno Ricovero Prestazione a domicilio Fornire Fornire ospitalità Offrire un sostegno ed Assicurare assistenza Prevenire ulteriori ospitalità ed ed assistenza, un aiuto all'anziano e personale in situazioni Mantenere a domicilio le perdite di autonomia, assistenza occasioni di vita alla sua famiglia, di emergenza dovute a persone non autosufficienti, mantenere le capacità creando le comunitaria e potenziare, mantenere mancanza improvvisa favorendo il recupero delle fisiche, mentali, affettive condizioni per disponibilità di e/o compensare del caregiver, garantire capacità residue di autonomia e relazionali della una vita servizi per l'aiuto l'autonomia, un periodo di sollievo e relazione. persona ospitata comunitaria, nelle attività dell'identità, per coloro che 112 Destinatari parzialmente autogestita, stimolando atteggiamenti solidaristici e di auto-aiuto, con l'appoggio dei servizi territoriali. quotidiane, stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativoculturali, di mantenimento e riattivazione. Anziani non autosufficienti di grado lieve Anziani non autosufficienti di grado lieve dell'orientamento spaziotemporale, della relazione interpersonale e della socializzazione; garantire tutela sociosanitaria Anziani non autosufficienti di grado medio o elevato che non possono restare nella propria abitazione Anziani con diversi gradi di non autosufficienza assistono persone non autosufficienti programmabile sulla base delle esigenze dell’anziano e del caregiver stesso evitando un ricovero definitivo, assicurare l’accompagnamento nella ridefinizione delle capacità di cura del caregiver principale a seguito di una modifica dell’equilibrio assistenziale conseguente alle mutate condizioni dell’anziano. Anziani non autosufficienti assistiti in famiglie che si fanno carico dell´assistenza, o anziani in situazioni di emergenza e di bisogno sociosanitario in attesa della predisposizione di un più appropriato programma assistenziale. Persone non autosufficienti Fonte: Elaborazione su DD.GG.RR 113 Nello specifico i servizi per autosufficienti possono essere così ulteriormente descritti: • Comunità alloggio: Struttura socio-assistenziale residenziale parzialmente autogestita per anziani che necessitino di vita comunitaria, con attività aggregative e ricreativo-culturali, ma anche assistenza infermieristica e personale per emergenze. • Casa albergo/Casa di riposo: Struttura socio-assistenziale residenziale non autogestita per anziani che necessitino di vita comunitaria, con attività aggregative e ricreativo-culturali, ma anche assistenza infermieristica e personale per emergenze. Con la DGR 514 del 2009 ed in parte la DGR 715 del 2015, i servizi per gli anziani non autosufficienti sono stati sottoposti alla normativa per l’accreditamento28 dei servizi sociali e sociosanitari. Già previsto dalla legge regionale 2 del 2003, l’accreditamento è un processo amministrativo volto a garantire in tutto il territorio regionale livelli omogenei di qualità dell’assistenza e dei servizi sociosanitari, a partire dalla valorizzazione e implementazione delle strutture di accoglienza, delle tecnologie messe a disposizione, delle competenze dei professionisti. Con l’accreditamento si introduce un sistema omogeneo di tariffazione su base regionale, sia per la parte derivata dai Fondi Regionali per la Non Autosufficienza (FRNA), sia per la parte direttamente richiesta come compartecipazione alle famiglie (prevalentemente compartecipazione alla retta). Attualmente il processo di accreditamento, in corso dal 2010, sta attraversando il passaggio da transitorio a definitivo, con il quale si dovrebbero definire tutte le gestioni direttamente accreditate, superando le gestioni miste; si definisce quindi una scelta di gestione unitaria, accreditando il gestore pubblico, prevalentemente ASP29 o ASC, che opererà unicamente con propri dipendenti pubblici, o accreditando il gestore privato. Con l’avvio del processo di accreditamento sono state individuate le tipologie di servizi interessate dall’applicazione del regime dell’accreditamento (unicamente i servizi rivolti ad anziani e disabili) e sono stati disciplinati i Lo strumento dell’accreditamento non è riconducibile allo schema dell’appalto di servizi e consiste invece in un provvedimento amministrativo discrezionale che l’Amministrazione competente adotta al termine di un procedimento valutativo da effettuarsi in coerenza con le decisioni adottate in sede di programmazione e alle logiche ed ai requisiti di qualità dei servizi erogati L’accreditamento è infatti finalizzato ad individuare i servizi e le strutture necessari per la copertura del fabbisogno espresso nella programmazione territoriale e consente, a seguito dell’espletamento di procedure nelle quali dovranno essere dimostrati da parte dei soggetti gestori i requisiti di qualità nella conduzione e nell’erogazione del servizio, l’instaurazione dei rapporti di servizio pubblico tra i soggetti titolari della committenza dei servizi sociosanitari ed i soggetti gestori/erogatori di tali servizi, le cui relazioni vengono disciplinate attraverso un apposito contratto di servizio. 29 ASP, Azienda pubblica di Servizi alla Persona; ASC, Azienda Speciale Consortile. 28 114 compiti istituzionali spettanti al soggetto competente alla concessione dell’accreditamento ed all’organismo tecnico di ambito provinciale (OTAP), al quale spetta la funzione tecnica di verifica dei requisiti di qualità. Tra i servizi per anziani non autosufficienti, in regione Emilia Romagna devono essere accreditati tutti i servizi di: • assistenza domiciliare • casa-residenza per anziani non autosufficienti (che ricomprende le tipologie casa protetta e RSA) • centro diurno assistenziale per anziani L’assistenza domiciliare si rivolge a persone non autosufficienti, parzialmente non autosufficienti o a rischio di non autosufficienza. Prevede interventi di supporto anche ai familiari, in collaborazione con le assistenti familiari se presenti. In particolare, garantisce l’erogazione di servizi flessibili e con la partecipazione di professionisti e discipline diverse, in base al programma assistenziale individuale elaborato dai Servizi territoriali competenti: a. Presa in carico tramite supervisione, consulenza e affiancamento, delle persone assistite a domicilio direttamente da familiari e con l’aiuto di assistenti familiari garantendo anche la funzione di tutoring sia per i familiari che per le assistenti familiari; b. Presa in carico complessiva e svolgimento delle prestazioni di carattere socio-assistenziale e socio-educativo previste nel piano individualizzato di assistenza tra quelle relative a: cura personale, supporto sociale nella vita quotidiana, mantenimento della propria indipendenza e nelle proprie relazioni, promozione della partecipazione ad attività sociali, supporto educativo, emotivo e psicologico, compresa la mediazione nelle relazioni interpersonali, interventi educativi finalizzati all’acquisizione e/o al mantenimento delle abilità personali e sociali, eventuale supporto nella gestione pratica della vita quotidiana. c. Piena integrazione con gli interventi e le prestazioni di carattere sanitario (medico, infermieristico e riabilitativo) di competenza del Dipartimento di cure primarie dell’Azienda Usl. I requisiti da assicurare nel regime di accreditamento transitorio sono definiti nell'allegato b della citata delibera 514/2009 (che sostituisce, relativamente alla qualificazione del personale, quanto indicato nella precedente delibera della Giunta regionale 1206/2007) Le indicazioni relative alle tariffe per il regime di accreditamento transitorio sono contenute nella delibera di Giunta regionale 2110/2009. I requisiti che devono essere garantiti per l’accreditamento definitivo del servizio di assistenza domiciliare sociosanitaria sono descritti nell’allegato D della delibera di Giunta 514/2009. 115 Il centro diurno è un servizio sociosanitario a carattere diurno destinato a persone anziane con diverso grado di non autosufficienza. Esso ha tra le proprie finalità: garantire un sostegno e un aiuto all'anziano e alla sua famiglia, il potenziamento, mantenimento e/o compensazione di competenze della persona anziana relative alla sfera dell'autonomia, dell'identità, dell'orientamento spazio-temporale, della relazione interpersonale e della socializzazione e assicurare la tutela sociosanitaria. I requisiti di autorizzazione al funzionamento sono definiti al punto 1.1 della delibera di Giunta 564/2000. I requisiti per l'accreditamento transitorio sono indicati nella delibera di Giunta regionale 1378/1999 e successive modificazioni e integrazioni (in particolare, delibere 183/2003 e 159/2009); essi prevedono la valutazione semestrale degli ospiti sulla base della determinazione del direttore generale sanità e politiche sociali dell’11 agosto 1999, n. 7108. Le indicazioni relative alle tariffe per il regime di accreditamento transitorio sono contenute nella delibera di Giunta 2110/2009. I requisiti garantiti nell'accreditamento definitivo sono descritti al punto D.2.2 dell'allegato D della Delibera di Giunta 514/2009, successivamente modificati ed integrati dalla 715/2015 a partire dal 1 luglio 2015. La casa-residenza per anziani, che ingloba la ex Casa Protetta/RSA, è un servizio sociosanitario residenziale destinato ad accogliere, temporaneamente o permanentemente, anziani non autosufficienti di grado medio ed elevato, che non necessitano di specifiche prestazioni ospedaliere. La casa-residenza fornisce ospitalità ed assistenza, offre occasioni di vita comunitaria e disponibilità di servizi per l'aiuto nelle attività quotidiane, offre stimoli e possibilità di attività occupazionali e ricreativo-culturali, di mantenimento e riattivazione. Garantisce assistenza medica, infermieristica e trattamenti riabilitativi per il mantenimento ed il miglioramento dello stato di salute e di benessere della persona anziana ospitata. I requisiti di autorizzazione al funzionamento sono indicati al Punto 1.4 della delibera di Giunta regionale 564/2000. Per l'accreditamento transitorio devono essere garantiti i requisiti indicati nella delibera di Giunta regionale 1378/1979 e successive modificazioni ed integrazioni e si prevede la valutazione semestrale degli ospiti sulla base della determinazione del direttore generale sanità e politiche sociali dell’11 agosto 1999, n. 7108. Le indicazioni relative alle tariffe per il regime di accreditamento transitorio sono contenute nella delibera di Giunta 2110/2009. I requisiti che saranno da garantire nell'accreditamento definitivo sono descritti al punto D.2.3 dell'Allegato D della delibera di Giunta regionale 514/2009, come poi modificati dalla 715 del 2015 in vigore dal 1 Luglio del 2015. I dati, relativamente ai servizi residenziali e semiresidenziali, forniti dalla Banca dati FAR (flusso assistenza residenziale e semiresidenziale per anziani) del 2012, evidenziano per la Regione Emilia Romagna una certa eterogeneità a livello 116 interaziendale sia in termini di volume che di case mix, come di seguito riportato. Tabella 30: Dati Assistenza residenziale Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 Tabella 31: Tasso specifico per età assistenza residenziale Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 117 Tabella 32: Tipologia di accoglienza in Assistenza residenziale Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 Tabella 33: Degenza media in strutture residenziali Fonte: FAR 2012 Anche la degenza media risulta essere particolarmente eterogenea con un massimo di 40,26 mesi in un contesto e di un minimo di 23,08 mesi in un altro. 118 Tabella 34: Motivazione richiesta d’ammissione in strutture residenziali Fonte: FAR 2012 In merito alla motivazione della richiesta d’ammissione in strutture residenziali, domina in tutti i contesti regionali la perdita di autonomia legata ad un decorso degenerativo, anche se vi sono casi in cui il 38,69% della motivazione è legata alla stabilizzazione dello stato clinico (post acuzie) ed altri in cui il 30,27% è dovuto ad una motivazione sociale. Tabella 35: Provenienza degli ospiti in strutture residenziali Fonte: FAR 2012 Interessante evidenziare come la provenienza degli ospiti in strutture residenziali sia prevalentemente l’abitazione con punte del 61,77% ed un minimo del 24,94%; ridotta è la provenienza dall’ospedale che non supera un massimo del 17,59% con un minimo del 4,26%. 119 Tabella 36: Consumi sanitari degli anziani in regime di ricovero: i primi 15 DRG Fonte: FAR 2012 L’analisi dei consumi sanitari degli anziani in regime di ricovero evidenzia una prevalenza di condizioni di salute tipiche del paziente cronico, polipatologico e legate al sistema respiratorio. Tabella 37: Tipologia di dimissione da struttura residenziale Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 La dimissione dalla struttura residenziale è prevalentemente legata al decesso, con una percentuale minima del 58,97% ed una massima del 86,12%; marginale è il dato di dimissione al domicilio del paziente. 120 Tabella 38: Dati Assistenza semiresidenziale (centro diurno) Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 La tabella 38 evidenzia i dati relativi ai centri diurni della Regione Emilia Romagna, con un totale di giornate complessive “prodotte” pari a 867.879. Tabella 39: Tasso specifico Assistenza semiresidenziale (centro diurno) Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 121 Tabella 40: Permanenza media Assistenza semiresidenziale (centro diurno) Regione Emilia Romagna Fonte: FAR 2012 La permanenza media è intorno all’anno, con un massimo di oltre 15 mesi ed un minimo di 10 mesi. I servizi sociosanitari offerti nell’AUSL di Piacenza Nel Distretto città di Piacenza, la filiera di offerta per gli anziani non autosufficienti è cosi strutturata: • 395 posti CRA (Casa Residenza Anziani) di cui 216 pubblici (ASP, Azienda Servizi alla Persona) ed i restanti privati accreditati; • 1.700 giornate di sollievo residenziale30 (5 posti disponibili); • 55 posti nei centri diurni anziani; • 91.750 ore servizio assistenza domiciliare per anziani e disabili a cui si aggiungono oltre 6.500 ore finanziate da INPS attraverso il progetto Home care premium per un totale complessivo che supera le 98.000 ore. • 1 Hospice, gestito da una cooperativa no profit31 In aggiunta ai servizi di assistenza domiciliare vi sono 179 anziani sostenuti con servizi accessori di sostegno alla domiciliarità (pasti, trasporti) e 317 beneficiari di assegni di cura per anziani (infra). I ricoveri di sollievo consistono in un servizio di ricovero temporaneo a tariffa ridotta, rivolto a persone anziane residenti nel Comune di Piacenza, certificate non autosufficienti dall’Unità di Valutazione Multidimensionale. Si offre la possibilità di ricovero temporaneo in una Casa Residenza per Anziani non autosufficienti al fine di dare sollievo a situazioni di particolare difficoltà, quali: temporanea assenza della persona che garantisce assistenza all’anziano, necessità di fornire al familiare un sollievo temporaneo dall’attività di cura. Il ricovero può avere durata massima di un mese. Il servizio è a tariffa ridotta, i costi sono infatti sostenuti dal Fondo Regionale per la Non Autosufficienza. La durata massina di un ricovero di sollievo è di 30 gg eventualmente prorogabile di altri 30gg. 31 Fonte Bilancio sociale Comune di Piacenza 2012-14 30 122 Strutture residenziali Il tasso di copertura dei posti in strutture residenziali (395) è pari al 2,9% della popolazione ultrasettantacinquenne ed il costo giornaliero delle strutture residenziali (CRA) è stato definito dalla DGR 715 del 201532: Tabella 41: Remunerazione per giornata di accoglienza in Casa Residenza per Anziani Fonte: DGR 715 del 2015 La lista d’attesa per le 5 (3 private, 2 pubbliche) CRA del distretto di Piacenza è di circa 6 mesi con circa 300 utenti in lista. Alla luce dell’esistente lista d’attesa, è stato concordato attraverso un protocollo d’intesa la disponibilità di altri 25 posti in 3 diverse strutture private autorizzate con un costo giornaliero di circa 85 euro a carico dell’utente, calmierato poi grazie ad un contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano pari a 15 euro al giorno. In questo modo il Servizio Assistenza Anziani (SAA) offre alle persone in lista d’attesa la possibilità di usufruire di un ulteriore servizio senza che queste perdano il proprio posto nella graduatoria per l’accesso ai posti accreditati. Le CRA devono garantire i seguenti standard (sulla base delle DGR 514/2009 e 715/2015): • operatori sociosanitari nel rapporto definito dal case-mix di struttura, prevedendo il rapporto minimo di 1 operatore ogni 3,1 anziani classificati nel gruppo “Soggetti con disabilità di grado moderato”, 1 operatore ogni 2,6 anziani classificati nel gruppo “Soggetti con disabilità di grado severo” , 1 operatore ogni 2 anziani classificati nel gruppo “Soggetti con elevato bisogno sanitario e correlato bisogno assistenziale” e 1 operatore ogni 1,8 ospiti classificati “Soggetti con grave disturbo comportamentale” o in relazione a bisogni assistenziali 32 • • • • Sulla base della DGR 1378 del 1999 la classificazione è la seguente: Gruppo A soggetti con grave disturbo comportamentale Gruppo B soggetti con elevato bisogno sanitario e correlato elevato bisogno assistenziale Gruppo C soggetti con disabilità di grado severo Gruppo D soggetti con disabilità di grado moderato 123 più elevati, per assistenza diurna e notturna, con esclusione delle funzioni connesse alla pulizia degli spazi; • un responsabile di nucleo per le attività̀ assistenziali: responsabile delle attività̀ assistenziali (RAA) o infermiere per i nuclei che ospitano persone a più alta complessità sanitaria che richiedono maggiore integrazione sociosanitaria. Nelle strutture con un solo nucleo sino a 25 posti letto il coordinatore responsabile a tempo pieno può svolgere anche le funzioni di responsabile di nucleo; • infermieri nel rapporto minimo di 1 ogni 12 anziani da aumentare in relazione ai bisogni di salute degli ospiti in relazione a quanto previsto nei PAI e comunque assicurando, nelle strutture che accolgono anziani non autosufficienti con elevate necessità sociosanitarie, la presenza infermieristica 24 ore su 24; • fisioterapista nel rapporto minimo di 1 ogni 60 ospiti, da aumentare ad 1 ogni 40 in relazione ai bisogni riabilitativi degli ospiti secondo quanto previsto nei PAI; • un medico con presenza programmata da un minimo di 5 ore settimanali a un massimo di 15 ogni 25 anziani in relazione alle condizioni e necessità̀ sanitarie degli ospiti; • un responsabile delle attività sanitarie con presenza programmata di 5 ore settimanali ogni 25 ospiti Nelle strutture da 35 a 75 p.l., il soggetto gestore della CRA assicura l’attività di un Coordinatore a tempo pieno. Nelle strutture di capacità recettiva inferiore ai 35 ospiti, il coordinatore deve assicurare almeno 24 ore settimanali; nelle strutture di capacità ricettiva superiore a 75 posti, l'attività del coordinatore deve essere proporzionalmente adeguata. Il soggetto gestore di una CRA deve assicurare la presenza di un animatore per attività̀ programmate ogni 60 ospiti. Strutture Semi residenziali Nell’AUSL di Piacenza si contano 55 posti nei centri diurni (in gran parte privati accreditati) a cui si aggiungono altri 10 (5+5) posti privati non accreditati ma con retta calmierata e dedicati in particolare a coloro in lista d’attesa. Attualmente in lista d’attesa vi sono 40 persone anziane. La tariffa giornaliera per i centri diurni deriva dalla quota FRNA e dalla quota utente/comune) come da tabella seguente: 124 Tabella 42: Remunerazione per giornata di accoglienza in Centro Diurno per Anziani Dei 29,35 euro a carico dell’utente, una quota minima di 7 euro è a carico del bilancio comunale (Comune di Piacenza), cifra che aumenta (fino appunto a 30 euro) in funzione del livello ISEE del paziente. In merito al centro diurno il soggetto gestore assicura, su richiesta, la possibilità̀ di estensione dell’orario di apertura giornaliero (di norma non inferiore alle 10 ore giornaliere) e l’estensione delle giornate di apertura settimanali (anche ai festivi). In tema di standard di servizio (sulla base delle DGR 514/2009 e 715/2015): • gli operatori socio sanitari devono essere nel rapporto di almeno 1 operatore ogni 8 utenti non autosufficienti di grado moderato e 1 operatore per ogni 5 utenti non autosufficienti di grado severo. La presenza di OSS deve essere adeguata in base alle esigenze individuali evidenziate nel PAI, in particolare per le persone con demenza con gravi disturbi comportamentali. In ogni caso deve essere assicurata la presenza contemporanea di due OSS, se previsto dal PAI, durante l’effettuazione di prestazioni quali: mobilizzazione, igiene quotidiana, bagno, vestizione, aiuto nell’alimentazione; • un coordinatore del servizio o un responsabile delle attività assistenziali nel rapporto di almeno 18 ore settimanali ogni 20 utenti, eventualmente ridotto in modo proporzionale. Se trattasi di servizio integrato in una casa protetta/ RSA, tale funzione può essere svolta in modo integrato con la struttura residenziale; • un infermiere nel rapporto minimo di 3 ore settimanali sino a 14 utenti e 4 ore settimanali per 15 o più utenti, per assicurare la partecipazione alla definizione dei piani individuali di assistenza e la valutazione della necessità di interventi infermieristici. Con presenza programmata per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai piani individuali di assistenza; • un fisioterapista per assicurare la consulenza agli OSS e la valutazione della necessità di interventi di riattivazione e mantenimento nel caso in cui tale esigenza venga individuata in sede di definizione del PAI. Inoltre ed in aggiunta la presenza programmata del fisioterapista per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai piani individuali di assistenza. 125 Assistenza domiciliare In merito all’assistenza domiciliare nel distretto di Piacenza che, come detto, coincide con la Città di Piacenza, negli ultimi tre anni sono stati presi in carico rispettivamente 267 (2012), 245 (2013) e 278 (2014) utenti. Il monte ore di servizi domiciliari per anziani non autosufficienti è stato di 64.804 (2012), 63.527 (2013) e 62.805 (nel 2014)3334. La media di ore mensili per anziano nel 2014 è stata quindi pari a 27 con un tetto massimo di 20 ore settimanali. La DGR 2110 del 2009 disciplina le tariffe per l’assistenza domiciliare e precisamente: Tabelle 43 e 44: Costo e Remunerazione dell’Assistenza Domiciliare con riferimento ad un’ora di erogazione del servizio Fonte: DGR 2110 del 2009 In aggiunta ai servizi domiciliari vi è lo strumento dell’assegno di cura. La Regione Emilia-Romagna, con Delibera di Giunta Regionale n. 1377 /99 e n° 2686/04 (per l'area anziani), ha esplicitato i criteri per l'organizzazione e l'erogazione degli assegni di cura per anziani e disabili, basati su livelli diversi e graduati in relazione al bisogno sanitario e socio-assistenziale del singolo paziente. L'obiettivo è garantire il sostegno dell'assistito presso il proprio domicilio quale scelta elettiva assistenziale. Essendo consolidato in tutti gli ambiti territoriali l'assetto organizzativo previsto dalle D.G.R. appena citate, dal 2009 è attivato il Sistema di Monitoraggio degli Assegni di Cura (SMAC) che prevede un flusso informativo regionale su base individuale, con periodicità semestrale, per la rilevazione dell'utenza e degli assegni di cura erogati, al fine di garantire un monitoraggio periodico e strutturato dei percorsi assistenziali attivati a livello Report consuntivo delle attività finanziate dal FRNA 2014 approvato dal Distretto di Piacenza 34 Di cui 6598 legate al progetto home care premium finanziate da INPS 33 126 locale e finanziati nell'ambito del FRNA (Fondo Regionale per la Non Autosufficienza). Di seguito si presenta la fotografia per classe di età dei contratti legati agli assegni di cura per provincia. Tabella 45: Assegni di Cura per classe di età, Regione Emilia Romagna Fonte: Relazione periodica sull’applicazione della delibera della Giunta Regionale 1377/1999 anno 2013 Nello specifico il numero degli assegni di cura erogati negli ultimi tre anni a livello di distretto di Piacenza sono stati 414 nel 2012, 340 nel 2013 e 317 nel 2014, con una lista d’attesa di circa un anno. Le liste d’attesa dei servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari sono gestite dal SAA (Servizio assistenza anziani), che è diretto da un’assistente sociale del comune ed è fisicamente collocato all’interno dell’Azienda USL. Complessivamente il tasso di copertura del bisogno di servizi socio sanitari per anziani non autosufficienti è circa del 25%35. Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Il primo contatto avviene con l’assistente sociale che, dopo un primo colloquio e una prima valutazione del bisogno, attiva attraverso il SAA (Servizio Assistenza Anziani) la valutazione multidimensionale a cui partecipa anche il personale infermieristico. 35 Fonte: Comune di Piacenza 127 La valutazione multidimensionale è articolata in un primo livello (assistente sociale responsabile del caso e infermiere territoriale) e in un secondo livello, nel quale all’équipe si aggiunge il medico geriatra. La valutazione si conclude con un Piano individualizzato di vita e di cure (PIVEC) che contiene sia la certificazione di non autosufficienza (e quindi del criterio di eleggibilità per l’accesso ai servizi e alle prestazioni finanziate dal FRNA), sia gli obiettivi assistenziali e un orientamento rispetto alle risposte. A seguito della valutazione e della restituzione alla famiglia da parte dell’assistente sociale, è definita la posizione in lista di attesa e gli eventuali interventi sostitutivi o di emergenza. Il SAA svolge un coordinamento a livello distrettuale dei servizi socio sanitari rivolti agli anziani; esso autorizza l'ammissione alla rete dei servizi e collabora con l'Unità di valutazione geriatrica, che consiste in una commissione tecnica costituita da un geriatra, dall’assistente sociale responsabile del caso e dall’infermiere territoriale e ha il compito di valutare i singoli casi per individuare il servizio più idoneo in cui inserire l'anziano. Il Servizio Assistenza Anziani si occupa inoltre, in raccordo con le unità operative di supporto sia dell’Ausl che del Comune, del sistema informativo, ed esercita funzioni di controllo della qualità dei servizi. Il Servizio Assistenza Anziani rientra nell’ambito della collaborazione fra il Comune di Piacenza e l'Azienda Usl-Distretto Città di Piacenza per il governo congiunto delle politiche e degli interventi sociosanitari, la gestione del Fondo per la non autosufficienza, la costituzione dell’Ufficio di Piano (in sostanza il SAA è un organismo integrato che funge da porta di accesso ai servizi per gli anziani finanziati dal FRNA e quindi è esso stesso oggetto della collaborazione tra i committenti). In particolare il SAA svolge le seguenti attività: • Monitoraggio dei bisogni della popolazione anziana • Progettazione e sviluppo di nuovi servizi in relazione ai bisogni emergenti nell’ambito dell’attività dell’Ufficio di Piano • Valutazione dello stato di bisogno e progettare soluzioni assistenziali personalizzate • Coordinamento degli interventi in atto sul territorio e garantire l'integrazione tra gli operatori e tra i servizi • Raccordo degli interventi sociali e sanitari sulla popolazione anziana • Sviluppo di un sistema di controllo della qualità dei servizi • Informazione sui percorsi di accesso alla rete dei servizi e sull'offerta di servizi 128 Selezione dell’utenza e primo accesso La selezione dell’utenza deriva in particolar modo da una autoselezione tra chi fa domanda per un servizio, rivolgendosi tipicamente all’assistente sociale, e chi invece no. L’utenza non sembra venire propriamente selezionata quanto più clusterizzata sulla base del bisogno (ad esempio: gruppo A soggetti con grave disturbo comportamentale; gruppo B soggetti con elevato bisogno sanitario e correlato elevato bisogno assistenziale; gruppo C soggetti con disabilità di grado severo; gruppo D soggetti con disabilità di grado moderato). Conclusioni La gestione dei pazienti anziani non autosufficienti sembra essere di particolare interesse e qualità relativamente a coloro che sono inseriti nel sistema disciplinato per tipologie e standard dalla regione (stimato nel 25% della domanda). Non sembra vi sia una così puntuale conoscenza di coloro che per differenti motivi non entrano nel sistema. 129 2.6 ASL Roma E36 Il contesto aziendale L’ASL “Roma E” comprende i Municipi XIII, XIV e XV, nonché la parte del Municipio I (Prati Trionfale) collocata sulla riva destra del Tevere, corrispondente all’ex Municipio XVII, per una superficie totale di 329.26 km/q. Essa ricomprende al proprio interno quattro distretti, più specificatamente i distretti ex XVII, ex XVIII, ex XIX ed ex XX, e tre presidi ospedalieri a gestione diretta. La sua popolazione di riferimento è riassunta nella seguente tabella: Tabella 46: Popolazione di riferimento ASL Roma E Popolazione al 1/1/2014 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) ASL Roma E 555.633 59.812 62.743 122.555 10,8% 11,3% 22,1% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 22.673 Fonte: Roma Capitale-Ufficio di Statistica e Censimento – anno 2013 I servizi offerti Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso romano è che vengono offerti, nel territorio dell’ASL “Roma E”, alcuni servizi residenziali, Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo del Dott. Angelo Tanese, Direttore generale Asl Roma E, e della Dott.ssa Maria Rosaria Romagnuolo, Direttore Distretto XIV. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori. ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’ASL Roma E (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 36 130 semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Essi sono: Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, Residenze Sanitarie Assistenziali, Case di riposo per anziani autosufficienti e Comunità Alloggio per anziani autosufficienti. Non risultano quindi essere state attivate sul territorio Case famiglia per anziani autosufficienti e Case albergo, le cui caratteristiche (finalità, target, standard strutturali e organizzativi etc.) sono successivamente approfondite all’interno dei Box 4 e 5. Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Centri Diurni Alzheimer, i Centri Diurni Anziani Fragili (CEDAF) e i Centri diurni per anziani autosufficienti, in autogestione agli utenti stessi o con gestione affidata ad un erogatore specifico. In questo caso non risultano operative sul territorio in analisi strutture semiresidenziali per anziani non autosufficienti. Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata a carico del SSR (ADI) ed il servizio di Assistenza Domiciliare a carico del Municipio (assistenza diretta e indiretta). I servizi presenti nel territorio dell’ASL Roma E: la filiera sociosanitaria Sono successivamente descritti i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociosanitaria offerti nel territorio dell’“ASL Roma E” in ordine di intensità di cura. Residenze sanitarie assistenziali (Regolamento regionale n. 1 del 1994; Decreto del commissario ad acta U00039 del 2012; Decreto del commissario ad acta U00099 del 2012; Decreto del commissario ad acta U00105 del 2013) Le Residenze Sanitarie Assistenziali si qualificano come strutture sanitarie residenziali, gestite da soggetti pubblici o privati, organizzate per nuclei, finalizzate a fornire ospitalità, prestazioni sanitarie, assistenziali, di recupero funzionale e di inserimento sociale nonché di prevenzione dell’aggravamento del danno funzionale per patologie croniche nei confronti di persone non autosufficienti, non assistibili a domicilio e che non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero o nei centri di riabilitazione. Nell’ambito delle RSA sono inoltre previsti anche servizi semiresidenziali diretti a persone parzialmente autosufficienti o non autosufficienti; tali servizi verranno 131 descritti all’interno del paragrafo dedicato ai servizi semiresidenziali appartenenti alla filiera sociosanitaria. Nelle RSA sono quindi ospitate: a. persone non più in età evolutiva portatrici di alterazioni morbose stabilizzate o morfo-funzionali, che hanno superato la fase acuta della malattia e per le quali è stato compiuto un adeguato trattamento terapeutico o di riabilitazione di tipo intensivo, ma che necessitano di trattamenti terapeutici e riabilitativi protratti nel tempo; b. persone anziane che presentano patologie cronico-degenerative, ma che non necessitano di assistenza ospedaliera, ivi compresi i soggetti affetti da disturbi cognitivo-comportamentali gravi (demenza); c. persone adulte colpite da handicap di natura fisica, psichica o sensoriale in condizioni di non autosufficienza o affette da malattie croniche; d. persone adulte portatrici di disturbi psichiatrici in condizione di non autosufficienza o affetti da malattie croniche, per le quali sia stata esclusa la possibilità di utilizzare altre soluzioni terapeuticoassistenziali. I livelli assistenziali garantiti agli utenti sono articolati in relazione alla complessità dell’assistenza da erogare; si avranno quindi: • Trattamento Intensivo L’Assistenza Intensiva, essenziale al supporto delle funzioni vitali (ventilazione meccanica assistita, nutrizione enterale-parenterale protratta, trattamento di stati vegetativi o coma prolungato, malattie neurodegenerative progressive, ecc), è rivolta a persone non autosufficienti, anche anziane, gravemente compromesse. I trattamenti intensivi sono erogati in specifici Nuclei di assistenza residenziale intensiva. • Trattamento Estensivo L’Assistenza estensiva viene erogata in Nuclei di assistenza residenziale estensiva destinati a persone non autosufficienti, anche anziane, con necessità di elevata tutela sanitaria: cure mediche, cure infermieristiche quotidiane, trattamenti di recupero funzionale, somministrazione di terapie endovenose, trattamento di lesioni da decubito profonde, ecc. Per quanto riguarda i pazienti affetti da demenza, nelle fasi in cui il disturbo mnesico è associato a disturbi del comportamento e/o dell’affettività, che richiedono trattamenti estensivi di riorientamento e tutela personale in ambiente protetto, le prestazioni sono erogate in Nuclei di assistenza estensiva per disturbi cognitivo-comportamentali gravi. La degenza/frequenza è finalizzata al recupero ed alla stabilizzazione clinico-funzionale degli ospiti ponendosi come obiettivo principale il rientro degli stessi al proprio domicilio o al livello residenziale di mantenimento. • Trattamento di Mantenimento L’Assistenza di mantenimento viene erogata in Nuclei di assistenza residenziale di mantenimento destinati a persone non autosufficienti, anche 132 anziane, con necessità di media tutela sanitaria cui vengono erogate prestazioni di lungo assistenza, anche di tipo riabilitativo. Per fornire risposte appropriate ai bisogni espressi dal case mix dei soggetti eleggibili per il livello di mantenimento, sono individuati due ambiti di differente intensità assistenziale: maggiore intensità (A) e minore intensità (B). All’interno di una singola struttura possono coesistere nuclei assistenziali diversi (intensivo, estensivo, mantenimento) allo scopo di qualificare l’assistenza e garantire la continuità delle cure. L’accesso alle strutture avviene mediante valutazione multidimensionale da parte dell'Unità di Valutazione Multidimensionale Distrettuale (UVMD), che verifica i bisogni sociali e sanitari dell’utente indirizzandolo verso il setting assistenziale più appropriato; sulla base di questa valutazione ed in collaborazione con la UVMD, le singole strutture definiscono il PAI per ogni utente. In seguito il Municipio di appartenenza stabilisce, in base all’ISEE, la compartecipazione dell'ospite alla retta. Le strutture devono essere in possesso del seguente personale (Decreto del commissario ad acta U00099 del 2012): a) Medico Responsabile della Direzione Medica della struttura. Fino a 60 p.l. è prevista la presenza della figura del medico responsabile a tempo definito (18 ore a 20 p.l., 24 ore a 40 p.l., 30 ore a 60 p.l.), oltre i 60 p.l. un medico full time (38 ore). Tale funzione viene estesa anche agli eventuali nuclei semiresidenziali presenti nella stessa struttura; b) Infermiere Dirigente con la responsabilità delle attività assistenziali, organizzative ed alberghiere (coadiuvato, per le strutture superiori a 60 p.l., almeno da un infermiere coordinatore). Tale funzione viene estesa anche agli eventuali nuclei semiresidenziali presenti nella stessa struttura; c) Infermieri in numero variabile, in relazione ai livelli prestazionali dei nuclei della Struttura, con un rapporto minimo non inferiore agli standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale LEA Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali. Deve essere assicurata la presenza notturna di almeno un infermiere ogni 60 posti letto; d) Terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, educatori professionali in numero variabile in relazione ai livelli prestazionali dei nuclei della Struttura con un rapporto minimo non inferiore agli standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale LEA Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali. Tra il personale della riabilitazione sono compresi, secondo le necessità assistenziali: il fisioterapista, il logopedista, il terapista occupazionale, l’educatore professionale; e) Operatori socio - sanitari o figure equipollenti in numero variabile in relazione ai livelli prestazionali dei nuclei della Struttura con un 133 rapporto minimo non inferiore agli standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale LEA Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali; f) Assistente sociale, Psicologo e Dietista anche a tempo parziale non inferiore alle 12 h settimanali; g) Personale amministrativo nonché di personale da adibire ai servizi generali in rapporto al numero dei posti letto e al sistema organizzativo della struttura. In aggiunta a questi standard di personale, vengono definiti dei requisiti aggiuntivi per i diversi livelli prestazionali, qui riportati: 1) Livello prestazionale Intensivo: a) Presenza del medico a copertura delle 24h nella struttura b) Assistenza medica dedicata: 300 minuti/die per nucleo c) Presenza Infermieristica a copertura delle 24h nel nucleo d) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione, Infermiere) superiore a 210 minuti/die per persona (valore medio) di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 90 minuti/die per persona (valore medio); 2) Livello prestazionale Estensivo per Disturbi CognitivoComportamentali: a) Presenza del medico a copertura delle 24h nella struttura b) Assistenza medica dedicata: 15 minuti/die per nucleo c) Presenza Infermieristica a copertura delle 8h nel nucleo e 24h nella struttura d) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione) superiore a 190 minuti/die per persona (valore medio) di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 45 minuti/die per persona (valore medio); 3) Livello prestazionale Estensivo: a) Presenza del medico a copertura delle 24h nella struttura b) Assistenza medica dedicata: 15 minuti/die per nucleo c) Presenza Infermieristica a copertura delle 12h nel nucleo e 24h nella struttura d) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione, Infermieri) superiore a 180 minuti/die per persona di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 60 minuti/die per persona. 4) Livello prestazionale di Mantenimento A: a) Assistenza medica dedicata: 160 minuti/die per nucleo b) Presenza Infermieristica a copertura delle 24h nel nucleo c) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione, Infermiere) superiore a 140 minuti/die per persona (valore medio) di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 45 minuti/die per persona (valore medio); 5) Livello prestazionale di Mantenimento B: a) Assistenza medica dedicata: 80 minuti/die per nucleo b) Presenza Infermieristica a copertura delle 8h nel nucleo e 24h nella struttura c) Assistenza globale dedicata (OTA, OSS, Terapista della riabilitazione) superiore a 100 minuti/die per persona (valore medio) di cui assistenza infermieristica dedicata superiore a 20 minuti/die per persona (valore medio); 134 La capienza della struttura va da un minimo di 20 posti letto a un massimo di 80; in via eccezionale è possibile incrementarla fino a raggiungere i 120 posti letto. La RSA è di norma articolata in nuclei di minimo 10 e massimo 20 persone; per il solo livello prestazionale intensivo il nucleo è di minimo 4 e massimo 10 persone. In base alla normativa vigente (DGR n. 98 del 2007, DGR 173 del 2008, DGR n. 933 del 2014, Decreto del Commissario ad Acta n. U00101 del 2013), la diaria giornaliera per l’ospitalità in RSA prevede generalmente una ripartizione al 50% a carico del Fondo Sanitario Nazionale e al 50% a carico dell’assistito, con la eventuale compartecipazione del Comune di residenza per coloro che hanno un reddito annuale ISEE inferiore a € 13.000,00 (la Regione Lazio rimborsa ai Comuni l’80% delle spese effettivamente sostenute per l’integrazione della retta RSA). Le quote sanitaria e sociale previste variano in base al livello di assistenza e sono: • Intensivo: quota sanitaria 220,30 €/die, quota sociale 0 €/die • Mantenimento A: quota sanitaria 59,2 €/die, quota sociale 59,2 €/die • Mantenimento B: quota sanitaria 49,2 €/die, quota sociale 49,2 €/die Le tariffe per l’Assistenza estensiva, anche per disturbi cognitivicomportamentali gravi, non risultano ancora definite a livello regionale. Nel territorio della ASL Roma E insistono 12 RSA di natura privata per un totale di 928 posti letto. Nel 2014 in tali strutture sono stati ospitati 1178 ospiti di cui 875 residenti della ASL Roma E. Centri Diurni Alzheimer (Legge Regionale n. 41 del 2003, Deliberazione Giunta Comunale n. 479 del 2006, Deliberazione G.C. n. 8 del 2007, Deliberazione Giunta Regionale n. 1304 del 2004, LR 6 del 2012) I Centri Diurni Alzheimer sono strutture atte ad ospitare, in regime di semiresidenzialità, anziani che presentino patologia di Alzheimer e demenze correlate, residenti nel territorio afferente all’Asl. L’attività svolta da questi Centri è finalizzata a favorire il recupero e/o il mantenimento delle residue capacità psicofisiche dell'anziano, evitando il più possibile il loro decadimento. Essi offrono un sostegno socio-assistenziale evitando, o comunque ritardando, l'istituzionalizzazione, così da garantire la permanenza dell’anziano nel proprio contesto sociale. L’accesso è subordinato alla valutazione multidimensionale del bisogno dell’utente, effettuata da parte dell’UVMD. 135 Gli standard assistenziali minimi (dagli obiettivi e attività del Centro, alla giornata tipo, al personale, alle modalità di accesso al servizio, etc.) e le tariffe vengono determinati da protocolli d’intesa in riferimento alle singole strutture, siglati fra l’Asl e il Comune o i Municipi. Tali protocolli sono redatti in esecuzione della Deliberazione del Consiglio Comunale n. 152/1997, della Deliberazione della Giunta Comunale n. 1506/99, delle Delibere della Giunta Regionale n. 860/2001, n. 433/07, n. 202/2011 e n. 307/2011, della legge regionale n. 6/2012, del DCA regionale n. 431/12 e della DGR n.239/2013. In termini generali si può affermare che le spese relative al personale socioassistenziale, al trasporto, alla gestione ed al materiale d’uso per le attività, alla manutenzione, ai consumi, alla mensa per gli ospiti e le spese generali sono a carico dell’Amministrazione Capitolina; l’Asl Roma E si fa invece carico delle spese del personale sanitario operante nei Centri Diurni e delle spese derivanti dall’esercizio delle attività sanitarie da essi svolte presso i Centri stessi. È prevista inoltre la compartecipazione alla spesa da parte degli utenti calcolata sulla base dell’indicatore ISEE. Centri Diurni Anziani Fragili (CEDAF) (Deliberazione G.C. n. 8 del 2007, Deliberazione G. C. n. 1506 del 1999, Deliberazione Consiglio Comunale n. 535 del 2002, Deliberazione Giunta Capitolina n. 355 del 2012) Struttura a carattere semi residenziale che si configura principalmente come luogo ad accoglienza diurna, tutela e assistenza per persone anziane con fragilità o parziale non autosufficienza. I Centri Diurni Anziani Fragili si dividono in centri diurni a media intensità assistenziale e centri diurni ad alta intensità assistenziale e sono volti a favorire il recupero e/o il mantenimento delle residue capacità psicofisiche dell'anziano, evitando il più possibile il loro decadimento e ad offrire un sostegno socio-assistenziale evitando o comunque ritardando l'istituzionalizzazione. Sono diretti inoltre alla promozione dell'inclusione sociale dell'anziano e al sostegno alla famiglia nel suo impegno quotidiano di assistenza. La normativa indica come target del servizio gli anziani autosufficienti o fragili/parzialmente non autosufficienti; tuttavia ad oggi, in nessuno dei Municipi del territorio dell’ASL Roma E, i CEDAF sono oggetto di progetti integrati socio sanitari (Piani di Zona), qualificandosi di fatto come centri diurni sociali per anziani autosufficienti. Questa particolarità si riflette anche nel meccanismo di finanziamento adottato, in quanto non viene versata una quota sanitaria da parte dell’Asl, ma è il Municipio di riferimento a definire il budget che verrà suddiviso fra le strutture, cui si aggiungerà la compartecipazione dell’utente. 136 Anche in questo caso, se i Centri sono inclusi nei Progetti integrati sociosanitari (Piani di Zona), gli standard assistenziali minimi vengono determinati da protocolli d’intesa siglati fra l’Asl e il Comune o i Municipi in riferimento alle singole strutture. Box 3 Le strutture semiresidenziali per anziani non autosufficienti Al fine di ampliare l’analisi della filiera sociosanitaria, si inserisce un approfondimento sui servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti previsti dalla normativa regionale anche se non attivi sul territorio dell’Asl Roma E. La normativa di riferimento in questo caso è costituita dai decreti del commissario ad acta U00099 del 2012 e U00105 del 2013. Le attività in regime semiresidenziale dirette a persone parzialmente autosufficienti o non autosufficienti, a seguito di valutazione multidimensionale operata dalla UVMD, possono essere esercitate: • all’interno di strutture esclusivamente dedicate ad attività in regime semiresidenziale, con capacità ricettiva massima di 30 pazienti; • all’interno di strutture di tipo residenziale, secondo una percentuale compresa tra il 10 e il 20% della capacità ricettiva complessiva (totale posti letto) della struttura medesima. Tali strutture sono orientate a favorire il recupero e/o il mantenimento delle residue capacità psico-fisiche dell’anziano. Il servizio intende inoltre incentivare l’inclusione sociale dell’utente e offrire un valido e concreto supporto alle famiglie. Le attività si articolano nei livelli estensivo, per disturbi cognitivi-comportamentali gravi legati alle sindromi demenziali, e di mantenimento, rivolto all'area della non autosufficienza e della fragilità in genere, dedicato a persone con malattie cronico-degenerative in fase di ampia stabilizzazione ma con forte perdita dell'autonomia fisica. La durata della permanenza presso la struttura deve essere inferiore a 6 ore, comprensive della colazione e del pasto. Il personale è commisurato ai livelli prestazionali dei nuclei della Struttura con un rapporto minimo non inferiore agli standard assistenziali previsti dalla Commissione Ministeriale LEA Prestazioni Residenziali e Semiresidenziali integrati come segue: • Nucleo estensivo per disturbi cognitivo-comportamentali gravi (DCA U00105 del 2013): a. Almeno 1 OTA/OSS ogni 3 posti; b. Educatore Professionale/Terapista occupazionale per almeno 18 ore settimanali ogni 15–20 posti; 137 c. Un infermiere coordinatore per almeno 18 ore settimanali ogni 20 posti; d. Un infermiere per almeno 4 ore settimanali per 15-20 posti; in aggiunta è prevista la presenza programmata dell'infermiere per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai PAI; e. Un fisioterapista anche con presenza programmata a per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai PAI. • In termini generali, deve essere garantita un’assistenza globale dedicata (Infermiere, OSS, animatore, terapista occupazionale) superiore a 80 minuti/die persona (valore medio). Nucleo di mantenimento – RSA (DCA U00099 del 2012): a. Almeno 1 OTA/OSS ogni 5 posti. In ogni caso deve essere assicurata la presenza contemporanea di due operatori durante l'effettuazione di prestazioni quali: mobilizzazione, igiene quotidiana, bagno, vestizione, aiuto nell'alimentazione; b. Educatore Professionale/Terapista occupazionale nel rapporto minimo di 15 ore settimanali ogni 15–20 posti; c. un infermiere coordinatore nel rapporto di almeno 18 ore settimanali ogni 20 posti, eventualmente ridotto in modo proporzionale; d. un infermiere nel rapporto minimo di 6 ore settimanali per 15-20 posti e con presenza programmata per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai PAI; e. un fisioterapista anche con presenza programmata a per il tempo necessario a garantire quanto previsto dai PAI. In termini generali, l’assistenza globale dedicata (Infermiere, OSS, animatore, terapista occupazionale) deve essere superiore a 50 minuti/die persona (valore medio). In entrambi i casi, se trattasi di servizio inserito in una struttura residenziale, le funzioni ai punti b. c. d. e. possono essere svolte in modo integrato con gli altri livelli prestazionali offerti. La tariffa per questi servizi, stabilita dal DCA n. U00101 del 2013, è pari al 52% della corrispondente tariffa residenziale. ADI (DGR n. 325 del 2008, DGR n. 326 del 2008, DPCA 39 del 2012) Per Assistenza Domiciliare Integrata si intende un insieme di prestazioni socio-assistenziali e sanitarie rese a domicilio a favore di persone che, 138 temporaneamente o stabilmente per motivi sanitari e/o sociali, si trovano nella condizione di non poter lasciare l'abitazione. Essa è finalizzata a favorire la permanenza dei destinatari del servizio nel proprio ambiente, ad elevare la qualità della vita degli stessi, ad evitare il fenomeno dell'isolamento e dell'emarginazione sociale. La DGR n. 326 del 2008 afferma che i destinatari dell’assistenza domiciliare sono prevalentemente soggetti anziani, caratterizzati da condizioni di fragilità, non autosufficienza e polipatologia. Accanto a questa tipologia di pazienti si considera anche la possibilità di qualificare ulteriormente alcuni settori dell’assistenza, rivolti a pazienti con bisogni assistenziali specifici (persone parzialmente o totalmente non autosufficienti, persone disabili che necessitano di riabilitazione nella forma estensiva e di mantenimento, persone affette da HIV e AIDS, pazienti terminali oncologici e non, persone affette da disagio mentale, persone in stati di dipendenza), determinati dalla presenza di precise patologie o di procedure assistenziali particolarmente complesse che richiedono il possesso di requisiti specifici di tipo organizzativo, strutturale e tecnologico. Su questa base l’ADI viene suddivisa fra area della “fragilità” (ADI generica), area della complessità e area specialistica (ADI specialistica); queste ultime, prettamente sanitarie, non verranno trattate in questa sede. Ad ogni modo, l’assistenza dovrà essere multidisciplinare per tutti gli utenti e prevedere l’azione congiunta dei servizi sanitari territoriali competenti per la patologia specifica sofferta dal paziente. Per accedere al servizio di ADI generica si rende necessaria la valutazione multidimensionale e la redazione del PAI, ad eccezione delle cure domiciliari prestazionali. È necessario però che gli utenti rispondano ai requisiti di ridotta autosufficienza, necessità di assistenza primaria, idoneità delle condizioni socio-ambientali dell'assistito in termini di rete di supporto (familiare e non) e di idoneità dell’alloggio per l’assistenza abitativa stabiliti dalla normativa. L’ADI generica prevede tre livelli di assistenza (anche detti di mantenimento, estensivo e intensivo), finalizzati ad assicurare la miglior qualità della vita possibile, a prevenire il peggioramento delle condizioni cliniche, a supportare il nucleo familiare, ad evitare i ricoveri impropri; essi sono esemplificati nella seguente tabella: Tabella 47: Livelli di assistenza ADI generica CARATTERISTICA Individuazione del referente familiare (care giver) Individuazione del case manager LIVELLI ASSISTENZIALI BASSO (o I°) MEDIO (o II°) ALTO (o III°) Sempre necessaria Non indispensabile Sempre necessaria 139 Rapporto infermiere/assistiti Rapporto fisioterapista/assistiti Accessi settimanali infermieri Accessi settimanali tdr 1:18 1:10 1:5 1:34 1:17 1:10 1-2 3-4 5–7 0,75 1,5 3 Fonte: Elaborazione su DGR n. 326 del 2008 Il costo medio dell’accesso per giornata di presa in carico viene riportato dalla DGR n. 326 del 2008 ed è pari a: • Per livello assistenziale basso: 12,87 €/die; • Per livello assistenziale medio: 34,74 €/die; • Per livello assistenziale elevato: 80,42 €/die. Tale tariffa è completamente a carico dell’Asl, in quanto ad oggi la normativa regionale non prevede l’integrazione tra sociale e sanitario rispetto all’assistenza domiciliare integrata, i cui costi ricadono esclusivamente sul SSR. I servizi presenti nel territorio dell’ASL Roma E: la filiera sociale Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociale e offerti nel territorio dell’Asl “Roma E”. Casa di riposo (DGR n. 126 del 2015) La casa di riposo per anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti è una struttura a prevalente accoglienza alberghiera in grado di assicurare anche interventi culturali e ricreativi nonché servizi specifici a carattere socioassistenziale. La sua finalità principale è il mantenimento e recupero delle residue capacità di autonomia della persona ed il sostegno della famiglia, promuovendo la partecipazione dell’anziano alla vita sociale del territorio. Anche in questo caso non è necessaria l’attivazione della UVMD e non sono previsti requisiti di ingresso. Il personale previsto dalla DGR n. 126 del 2015 per questo tipo di struttura è: • Responsabile: assicura la propria presenza per un tempo adeguato alle necessità della struttura; • Operatore sociosanitario: tale personale è adeguato nel numero alle necessità degli ospiti e comunque è presente in numero non inferiore 140 ad un operatore ogni 20 anziani e, durante le ore notturne, in numero non inferiore ad un operatore ogni 40 ospiti. In caso di presenza di ospiti non autosufficienti la presenza degli operatori varia in relazione alle maggiori necessità degli stessi e a quanto previsto nei singoli piani; • Personale addetto ai servizi generali: tali servizi possono anche essere convenzionati o appaltati mediante ditte esterne. È prevista la presenza programmata di un assistente sociale e di un educatore professionale. Le case di riposo possono ospitare non più di ottanta persone anziane non autosufficienti, per le quali non sia possibile il mantenimento nel proprio ambito familiare e sociale temporaneamente o definitivamente oppure che scelgano autonomamente tale tipo di residenza. Ove possibile esse privilegiano il formarsi di un ambiente misto, femminile e maschile, nonché la possibilità di ospitare coppie di coniugi. Agli ospiti sono assicurati: • prestazioni di tipo alberghiero: alloggio, vitto e servizi generali (lavanderia, stireria, pulizie generali); • servizi specifici a carattere socio-assistenziale e sociosanitario per favorire l’autonomia personale dell’anziano e per ridurre i rischi di isolamento e di emarginazione; essi consistono in un aiuto integrato di tipo domestico, sociale ed igienico-sanitario, personale e ambientale; • interventi culturali e ricreativi; • utilizzazione di tutti i servizi del territorio; • prestazioni di carattere sociosanitario assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio; • servizi personali specifici (barbiere, parrucchiere, podologo ecc); • assistenza religiosa e spirituale a seconda della confessione degli ospiti. Il funzionamento della struttura è garantito per l’intero arco dell’anno, compresa l’assistenza tutelare diurna e notturna. La retta, definita dalla singola struttura, è a carico dell'utente/Comune Comunità alloggio (DGR n. 126 del 2015) Per comunità alloggio si intende una struttura consistente in un nucleo di convivenza a carattere comunitario, caratterizzata da flessibilità organizzativa, che presta servizi socio-assistenziali. Il target del servizio sono gli anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti mentre l’obiettivo perseguito è il mantenimento e il recupero delle residue capacità di autonomia della persona per ridurre i rischi di isolamento e di emarginazione, oltre al sostegno della famiglia. L’organizzazione della comunità alloggio prevede il rispetto delle esigenze di ciascun residente e l’attuazione di modalità che 141 contemperino sia iniziative di tipo autonomo sia attività comuni proposte dagli operatori, cosicché l’anziano possa percepirsi come membro della comunità e non soltanto come ospite di una struttura. Anche in questo caso non è necessaria l’attivazione della UVMD e non sono previsti requisiti di ingresso. Gli standard di personale ricalcano quelli definiti per le case famiglia: è infatti prevista la presenza di un responsabile, e gli operatori sociosanitari devono essere adeguati nel numero alle necessità degli ospiti anziani anche in base alle indicazioni preventivamente espresse dalla ASL competente per territorio, comunque in numero non inferiore ad un OSS ogni 6 ospiti. Durante le ore notturne è sufficiente la presenza di un operatore. E’ prevista inoltre la presenza programmata di un assistente sociale e di un educatore professionale. Secondo la necessità della struttura è previsto del personale addetto ai servizi generali (pulizie, cucina, lavanderia, stireria, guardaroba, portineria, ecc). Alle persone anziane accolte nella comunità alloggio (di numero compreso fra 7 e 12) devono essere assicurati i seguenti servizi e prestazioni: • alloggio, vitto e servizi generali (lavanderia, stireria, pulizie generali); • servizi specifici a carattere socio-assistenziale consistenti in un aiuto integrato di tipo domestico, sociale ed igienico-sanitario, personale e ambientale; • utilizzazione di tutti i servizi del territorio; • interventi di sostegno e di sviluppo di abilità individuali che favoriscano l’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane; • azioni finalizzate all’acquisizione ed al mantenimento delle abilità fisiche, cognitive e relazionali e dell’autonomia personale; • azioni culturali, formative e/o ricreative, di gruppo ed individuali, tendenti a promuovere forme di integrazione sociale; • assistenza tutelare diurna e notturna; Il funzionamento della struttura è garantito per l’intero arco dell’anno. La retta, definita dalla singola struttura, è a carico dell'utente/Comune. 142 Box 4 Casa albergo Si decide di inserire in questo box la descrizione della Casa Albergo, servizio residenziale per anziani autosufficienti presente nella normativa regionale (DGR n. 126 del 2015) ma non implementato all’interno del territorio dell’Asl Roma E. Le case albergo sono strutture a ciclo residenziale e a prevalente accoglienza alberghiera nelle quali vengono assicurati, oltre alle prestazioni di tipo alberghiero, interventi culturali e ricreativi, servizi specifici a carattere socio-assistenziale. Tali strutture residenziali consistono in un complesso di mini-appartamenti provvisti di servizi sia autonomi sia centralizzati (e. reception, uffici amministrativi, sale polivalenti etc). Le case albergo ospitano persone anziane autosufficienti che vivono da sole o in coppia, che non necessitano di particolare assistenza e che scelgono di vivere una vita autonoma, anche se in parte organizzata. Non sono previsti dalla normativa requisiti di accesso al servizio Nelle case albergo è previsto il seguente personale: • Responsabile: assicura la propria presenza per un tempo adeguato; • Personale addetto alla “reception”: a tal fine è garantita la presenza di almeno un addetto ad ogni turno di lavoro al servizio di portineria e la presenza diurna di almeno un operatore per la raccolta/registrazione delle richieste degli anziani residenti; • Operatore sociosanitario: è presente in misura adeguata alle necessità degli anziani residenti e comunque in numero non inferiore di un operatore ogni 20 ospiti. La presenza è garantita anche nelle ore notturne, anche relativamente al servizio di emergenza sanitaria; • Personale addetto ai servizi amministrativi: con presenza programmata; • Personale addetto ai servizi generali: può variare in relazione al tipo di organizzazione del centro-servizi, in particolare laddove vengano previsti servizi in convenzione. Da ultimo, è possibile notare che le case albergo sono destinate ad accogliere non più di ottanta anziani autosufficienti e sono pertanto realizzate con una capacità di accoglienza massima di 80 mini-appartamenti nella stessa unità strutturale. La retta giornaliera viene stabilita dalla struttura ed è a carico dell’utente o, al di sotto di specifiche soglie ISEE, del Comune di residenza. 143 Box 5 Casa famiglia Come effettuato nel Box precedente, si decide di inserire in questo box la descrizione della Casa famiglia, servizio residenziale per anziani autosufficienti presente nella normativa regionale (DGR n. 126 del 2015) ma non implementato all’interno del territorio dell’Asl Roma E. La casa famiglia è una struttura a ciclo residenziale organizzata sul modello familiare che offre agli ospiti un’esperienza di vita simile a quella esistente in ambito familiare, affettivamente ricca e in grado di consentire legami duraturi e validi. Essa si rivolge ad anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti ed è finalizzata al mantenimento ed al recupero dei livelli di autonomia e al sostegno della famiglia. Assicura inoltre il soddisfacimento di bisogni primari ed assistenziali, nonché interventi di mantenimento e/o sviluppo di specifiche abilità individuali. Per accedere a questo tipo di servizio non è necessaria l’attivazione della UVMD e non sono previsti requisiti di ingresso. Nelle case famiglia sono previste le seguenti figure professionali: • Responsabile: presente per un tempo adeguato alle necessità della struttura e in rapporto alla tipologia degli ospiti, garantendo la reperibilità nelle ore notturne e nei giorni festivi; • Operatore sociosanitario: presente in numero adeguato alle necessità, anche in base alle indicazioni preventivamente espresse dall’ASL competente per territorio, comunque in numero non inferiore ad 1 OSS per 6 ospiti per ogni turno di lavoro; • Educatore professionale: con presenza programmata; • Assistente sociale: con presenza programmata; Infine, le eventuali prestazioni sanitarie, programmate in relazione alle specifiche esigenze degli ospiti, sono garantite nelle forme dell’assistenza resa a domicilio e sono effettuate con presenza programmata dal Medico di base, dal Medico specialista, dall’Infermiere professionale, dal Terapista della riabilitazione e dallo Psicologo. La ricettività massima della struttura è di 6 posti letto e il funzionamento della casa famiglia è garantito per l’intero arco dell’anno; la retta, definita dalla singola struttura, è a carico dell'utente/Comune. 144 Struttura semiresidenziale per anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti (Art. 10 LR n. 41 del 2003; DGR n. 126 del 2015) Le strutture a ciclo semiresidenziale per anziani sono strutture caratterizzate da ospitalità di tipo diurno per anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti. Tale ospitalità è offerta da apposite strutture, all’interno o in collegamento con strutture a ciclo residenziale a carattere comunitario e a prevalente accoglienza alberghiera. Le attività svolte garantiscono la somministrazione dei pasti, l’assistenza agli utenti nell’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane, nonché specifiche attività ricreative, educative, culturali ed aggregative, al fine di favorire l’inclusione sociale dell’anziano, di sviluppare le capacità psico-fisiche residue, di sostenere la famiglia nel suo impegno quotidiano di assistenza e di proporsi come valida alternativa all’istituzionalizzazione. Nelle strutture a ciclo semiresidenziale per anziani è prevista l’individuazione di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia del servizio prestato ed alle caratteristiche ed ai bisogni dell’utenza ospitata, nonché la presenza di un coordinatore responsabile della struttura e del servizio. Più precisamente: • La quantità degli operatori sociosanitari presenti nella struttura è strettamente legata e stabilita in riferimento ai bisogni degli anziani, secondo le indicazioni preventivamente espresse dalla ASL e comunque in un rapporto minimo di un operatore ogni dieci utenti; • La presenza di un educatore professionale in forma programmata assicura attività di animazione attivando dinamiche relazionali con l’ambiente di riferimento interno, familiare e con il contesto esterno; • In ogni struttura a ciclo semiresidenziale, al fine di soddisfare le eventuali prestazioni di tipo sanitario, è prevista la presenza programmata di figure sanitarie quali un medico specialista e un infermiere, che forniscono prestazioni programmate, in relazione alle eventuali specifiche esigenze degli utenti, assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio; • L’équipe che segue l’anziano lavora in stretta collaborazione con i servizi sociali, con i servizi della ASL e con il medico di medicina generale dell’anziano stesso, nel rispetto dei piani personalizzati di assistenza di ciascun anziano utente. La struttura a ciclo semiresidenziale può ospitare un massimo di trenta anziani, autosufficienti o non autosufficienti, organizzati in gruppi di lavoro, privilegiando il formarsi di un ambiente misto, femminile e maschile. Essa deve garantire, di norma, il funzionamento per un minimo di sette ore giornaliere, per cinque giorni alla settimana e per dieci mesi l’anno. Per 145 motivate esigenze organizzative e gestionali, previa valutazione del Comune competente, la struttura può essere autorizzata a funzionare per periodi inferiori, e comunque per non meno di tre giorni a settimana. Viene prevista un’eventuale quota associativa a carico dell'utente o del Comune. Centro anziani (Art. 1 e art. 4 LR n. 41 del 2003, DGR 126 del 2015) Per centro anziani si intende un servizio gestito dagli utenti stessi, che offre attività di tipo ricreativo e culturale, ludico-motorio, formativo-informativo, sociale e di scambio culturale e intergenerazionale ad anziani autosufficienti, residenti o domiciliati nel Comune che abbiano compiuto i 55 anni d’età. È consentita l’iscrizione anche di adulti con età inferiore ai 55 anni, purché venga rispettata la percentuale del 70% di iscritti con età superiore ai 55 anni. Le attività del centro, pur essendo in stretto collegamento con il Servizio sociale del Comune e in integrazione con la rete dei servizi territoriali, sono autogestite e sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi di socializzazione e di aggregazione dell’anziano utente, che diventa egli stesso risorsa del territorio. Le attività da svolgere vengono approvate dall’Assemblea degli iscritti e gestite dal Comitato di gestione in quanto gli utenti non sono semplicemente fruitori del servizio ma soci a tutti gli effetti, responsabili e attivi nella programmazione delle attività e nella scelta degli interventi. Il Centro anziani deve avere dei locali idonei per lo svolgimento delle molteplici attività in essi previste. La capienza dei locali deve essere in rapporto al numero dei presenti nel rispetto delle norme di ordine pubblico legate alla sicurezza dei cittadini. Devono essere inoltre previsti più spazi separati in base alle varie attività che vengono svolte e ogni spazio deve essere strutturato in modo da accogliere agevolmente le persone che svolgono l’attività; è necessaria anche la presenza di spazi nei quali socializzare e spazi che consentano lo svolgimento di attività individuali. Infine, il Centro anziani deve essere connesso con le altre strutture sociali già funzionanti (centri sociali polivalenti, biblioteche, sale di lettura ecc.). Viene prevista un’eventuale quota associativa a carico dell'utente o del Comune Assistenza domiciliare diretta e indiretta - SAISA (Articolo 22 LR n. 38 del 1996, Regolamento del Comune di Roma n. 90 del 2005, Deliberazione della Giunta Comunale di Roma n. 479 del 2006, “Linee guida per una riforma della disciplina dell’assistenza domiciliare socioassistenziale”, Deliberazione Giunta Capitolina n. 355 del 2012) 146 Si tratta di un insieme di prestazioni di tipo socio-assistenziale rese a domicilio. Il servizio può essere erogato in forma diretta o indiretta, qualora venga svolto da operatori accreditati e iscritti nell’apposito registro, assunti direttamente dagli utenti o dalle loro famiglie in qualità di assistenti personali. Vengono assistiti anziani in condizioni di parziale, temporanea o totale non autosufficienza che per la loro situazione personale, familiare e socioambientale necessitino di sostegno e affiancamento nell’espletamento delle attività della vita quotidiana e per la loro integrazione sociale. L’obiettivo perseguito è favorire la permanenza delle persone fragili il più a lungo possibile nel proprio ambito familiare e sociale, elevando la qualità della vita delle stesse e dei membri della famiglia. Si evitano così fenomeni di isolamento e di emarginazione sociale, prevenendo il ricorso a forme di istituzionalizzazione e favorendo i processi di de-istituzionalizzazione. La Regione Lazio non ha fornito, nel corso degli anni, ulteriori indicazioni rispetto alla generica definizione del servizio contenuta nell’articolo 22 della LR n. 38 del 1996 e alle sintetiche indicazioni contenute nelle “Linee guida” relative all'utilizzo delle risorse finanziarie destinate ai Piani di Zona, non appena riportate. Per questo motivo i singoli Comuni hanno stabilito autonomamente le regole cui attenersi nell'erogazione delle prestazioni, determinando disomogeneità nei criteri e nelle modalità seguite nel territorio regionale. A titolo di esempio possiamo notare che gli utenti che vogliono usufruire di questo servizio all’interno del Municipio XIV, dove la ricerca è stata condotta, dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti specifici: 1. Anziano residente nel Municipio Roma XIV; 2. Certificato del medico curante che attesti il grado di autosufficienza; 3. Modello ISEE o, se in possesso, fotocopia dell’indennità di accompagnamento e/o legge 104 art. 3 c. 3. Il servizio vene erogato a carico del Comune con eventuale compartecipazione dell’utente in base al reddito ISEE. Il possesso dell’indennità di accompagnamento o della legge 104 art.3 c. 3 comporta l’esenzione dall’eventuale pagamento previsto. Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Una volta manifestatasi la necessità di accedere ai servizi sociali e sociosanitari offerti nel territorio, il percorso dell’utente inizia solitamente presso il Punto Unico di Accesso del Distretto di residenza, generalmente aperto dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30 e un giorno alla settimana dalle 14.30 alle 17.00 (ciò avviene in 2 distretti su 4; nei restanti due il PUA è in fase di costituzione). Nonostante la conoscenza dell’esistenza e delle funzioni dei PUA si stia progressivamente diffondendo, non sempre il cittadino si rivolge a 147 questo sportello come primo interlocutore; spesso infatti la prima richiesta di supporto viene sottoposta al medico di medicina generale o agli operatori di un servizio ASL già utilizzato (alcuni per esempio si recano al poliambulatorio). Sarà compito di questi attori reindirizzare l’utente verso la corretta porta di accesso al sistema. All’interno del PUA gli operatori del segretariato sociale del Municipio e gli operatori del distretto accolgono l’utente (o la sua famiglia) dando inizio ad un percorso di orientamento basato su una prevalutazione della situazione sociale e sanitaria dell’utente. Selezione dell’utenza e primo accesso La prevalutazione dell’utente è funzionale ad una prima raccolta di informazioni (generalità, condizioni cliniche, necessità assistenziali, etc.) che permetta agli operatori presenti di indirizzare l’utente verso il percorso più indicato per la sua situazione. Talvolta, infatti, l’utente si rivolge allo sportello con una chiara indicazione del servizio che vorrebbe veder attivato, non necessariamente quello più corretto per la sua condizione. Nel caso in cui gli operatori del PUA valutino che il bisogno presentato è monoservizio, l’utente viene reindirizzato verso il servizio di cui necessita; in caso contrario invece attivano l’UVMD per l'analisi dei bisogni e la definizione dei problemi. La valutazione multidimensionale coinvolge, oltre al MMG dell’utente, almeno l’assistente sociale, l’infermiere e il medico di distretto, integrati a seconda delle specificità del caso trattato da altre figure professionali (medici specialisti, terapista della riabilitazione, psicologo, etc.). Nei casi più complessi il PUA può attivare anche la Centrale per i Casi Complessi, che svolge la funzione di facilitare la gestione integrata dei casi da parte dei Servizi dell’ASL e del Municipio, individuando le figure professionali, i Servizi, le “risorse” da coinvolgere nella gestione dei singoli casi o nella costituzione della UVMD. Essa si riunisce una volta alla settimana per circa tre ore ed è costituita da: • Distretto: il Direttore del Distretto, o suo delegato, e la P.O. Assistenza Sociale Distretto; • Municipio: la P.O. tecnica, o suo sostituto, e un Amministrativo. Definizione del piano di cura per RSA e ADI L’UVMD effettua rilevazioni dirette sull’assistito e la famiglia, valutando in seguito le informazioni raccolte. Attribuisce così un punteggio al singolo caso, sulla base della compilazione della scheda RUG per i servizi residenziali o utilizzando strumenti di distretto, ad oggi non ancora codificati dalla normativa regionale, nel caso di servizi domiciliari. Nel caso in cui il richiedente RSA non sia domiciliato sul territorio, la valutazione viene richiesta per delega al distretto di domicilio. L’utente, in relazione alla sua richiesta, può quindi accedere ai servizi domiciliari o alla lista d’attesa comune per tutte le RSA presenti nel territorio dell’ASL. Una possibilità che viene lasciata è quella di iscriversi alla lista 148 d’attesa propria di una specifica struttura, comunque gestita dall’ASL, e non in quella complessiva; in questo modo i tempi per l’ingresso sono mediamente superiori a quelli della lista comune (massimo 90 giorni per le donne e 30 giorni per gli uomini). I criteri di scorrimento delle liste d’attesa per le RSA sono 3: la valutazione RUG, la durata della permanenza in lista d’attesa ed un criterio emergenziale di tipo fragilità sociale, formalizzato e basato su una valutazione congiunta fra Municipio e ASL. Criticità e Punti di forza Nella Regione Lazio non risulta ancora recepita la Legge n. 328 del 2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” e tale carenza ha sino ad ora condizionato l’erogazione dei servizi integrati sociosanitari. Da alcuni anni tuttavia un “punto di forza” del sistema riguarda l’istituzione del PUA integrato sociosanitario, anche se un rilevante “punto di debolezza” risiede nella persistente separazione organizzativa della gestione delle risorse sociali (Roma Capitale e Municipi di Roma Capitale) e sanitarie (Distretti sanitari ASL). L’integrazione avviene quindi soprattutto ad un livello operativo, spesso informale, fra dirigenti ed operatori, fatto che comunque non riesce ad evitare sovrapposizioni o carenza dei servizi (ad esempio nel campo dei servizi domiciliari, dove talvolta i diversi interventi degli operatori coinvolti vengono realizzati in contemporanea o in immediata successione). Sempre in relazione a tale separazione organizzativa, ulteriore criticità è rappresentata dalla mancanza di flessibilità nell’identificazione del miglior setting assistenziale per il singolo assistito, che spesso permane nello stesso setting assistenziale anche quando questo non è più congruo. Infine, nell’ASL Roma E, Distretto e Municipio ad oggi hanno una sede comune solo in due territori su quattro (XIV e XV) e tali criticità logistiche si affiancano alla mancanza di un comune modello organizzativo (come detto, la normativa regionale in campo socio sanitario non è unica, e di conseguenza i piani strategici ASL/Enti Locali sono separati), complicando ulteriormente l’erogazione dei servizi sociosanitari per gli anziani. Quanto sopra descritto fa principalmente riferimento all’esperienza operativa del Distretto XIV, in un più generale contesto in cui la ASL Roma E sta andando incontro ad una rilevante riorganizzazione dei propri servizi e dei processi di presa in carico dei soggetti fragili, in particolare anziani. 149 2.7 ASL di Siena37 Il contesto aziendale L’Azienda USL 7 di Siena, costituita il 1° gennaio 1995, articola la propria offerta di servizi su un potenziale bacino di utenza di circa 270.000 abitanti (al 01.01.2015), residenti nei 36 comuni della Provincia di Siena. L’Azienda è organizzata in quattro Zone/Distretto: 1. Zona Alta Val d’Elsa (5 comuni) 2. Zona Senese (15 comuni) 3. Zona Valdichiana Senese (10 comuni) 4. Zona Amiata Val d’Orcia (6 comuni) Tabella 48: Popolazione di riferimento ASL di Siena Popolazione al 1/1/2015 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ Provincia di Siena 270.285 31.116 37.919 69.035 11,5% 14% 25,5% 12.771 Fonte: Istat 2014 La popolazione della provincia si distribuisce su un territorio molto vasto (3.821,22 kmq): la densità abitativa provinciale (circa 71 ab. Km2), che raggiunge valori particolarmente bassi nell’ambito della Zona Amiata val 37 Pur nella responsabilità esclusiva di quanto scritto da parte degli autori, si vuole ringraziare per il prezioso contributo la dott.ssa Simona Dei già direttrice Sanitaria della ASL 7 di Siena, dott.ssa Laura Torricelli segreteria staff di direzione e la dott.ssa Patrizia Calvelli direttore della Società della Salute della Val d’Elsa ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’ASL di Siena (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 150 d’Orcia (circa 33 ab. Km2), risulta molto al di sotto del dato Regionale (160 ab. Km2), con importanti ripercussioni sull'organizzazione dei servizi territoriali e sull'entità di risorse in essi impiegate. L’ASL 7 è caratterizzata da una popolazione decisamente anziana, come testimonia l’indice di vecchiaia, che descrive quante persone con più di sessantacinque anni vi sono per ogni persona sotto i quindici anni (i valori riferiti sono rapportati a 100); il dato della provincia di Siena (195,66 nel 2012) si mantiene notevolmente più elevato di quello della Toscana (186,04 nel 2011), con un trend in lento ma costante aumento nell’ultimo triennio 2010-2012 (+1,66). I dati sulla mortalità contribuiscono senza dubbio a fornire un quadro complessivo dello stato di salute di una popolazione; per quanto riguarda il tasso di mortalità standardizzato per età 2007-2009 (Fonte: ARS) globalmente si nota che i valori delle 4 Zone dell’AUSL 7 si pongono al di sotto di quello regionale. Osservando il trend, si nota una tendenza alla diminuzione nell’ultimo decennio per tutte le Zone (Figura 7). Figura 7: Tasso di mortalità generale Fonte: ARS La performance complessiva dell’Azienda di Siena è rappresentata dalla figura 8 e precisamente dal sistema denominato bersaglio38, che bene evidenzia la situazione aziendale. 38Fonte: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa 151 Figura 8: Il bersaglio della AUSL 7 Siena (dati 2014) Dopo aver brevemente presentato i dati relativi alla ASL 7 di Siena è importante evidenziare che, come disciplinato dalla legge regionale n° 28/2015, a partire dal 1 gennaio 2016 l’AUSL di Siena verrà accorpata alle AUSL di Arezzo e di Grosseto per formare l’Azienda di Area Vasta Sud Est. I servizi offerti La filiera dei servizi per anziani prevista dalla Regione Toscana può essere sintetizzata dalla seguente tabella, avente la finalità di delineare il portafoglio di offerta dei servizi (socio assistenziali e sociosanitari). 152 Tabella 49: I servizi sociali e sociosanitari in Regione Toscana ANZIANI RSA Struttura semiresidenziale per anziani ADI Residenze Sociali Assistite Settore di appartenenza Sociosanitario Sociosanitario Sociosanitario Sociale Riferimenti normativi Piano Sanitario Regionale 1999-2001, Decreto 15/R del 24.4.2008 in attuazione dell'art 61 della LR 41/2005 Descrizione generale Struttura residenziale, che eroga prestazioni socioassistenziali e ad integrazione sociosanitaria, destinata ad accogliere temporaneamente o permanentemente persone anziane non autosufficienti Tipo di offerta Ciclo continuativo Obiettivo/final ità Gli obiettivi cambiano a seconda del nucleo. Nucleo base: garantire l'assistenza sociosanitaria in presenza di patologie stabilizzate Decreto 15/R del 24.4.2008 in Decreto 15/R del 24.4.2008 in DGR 168 del 24.3.1992, PSR 2002-2004, attuazione dell'art 61 della LR 41/2005 attuazione dell'art 61 della LR DGR 262 del 08.03.2010, PSSIR 2012non prevede più tale tipologia. Le 41/2005 2015, DGR 660 del 25.05.2015 RR.AA. Autorizzate ante decreto mantengono i requisiti ex lege 72/97 Strutture residenziali che erogano prestazioni socio-assistenziali, finalizzate a rispondere ai bisogni di vita quotidiana, garantendo l'opportunità di mantenere i Struttura semiresidenziale per Servizio di assistenza presente in tutte le legami affettivi e sociali anche per brevi persone anziane, che assicura ASL della Regione. Prestazioni di tipo periodi per dare un temporaneo sollievo attività assistenziali dirette a sanitario: assistenza infermieristica, alle famiglie. Le strutture sono destinate gruppi di persone per più ore al medico generica, specialistica ed ad accogliere temporaneamente o giorno e per più giorni la interventi di riabilitazione + prestazioni permanentemente persone anziane settimana e garantisce l’alta di tipo sociale: assistenza sociale, aiuto autosufficienti. Le strutture denominate integrazione tra assistenza domestico ed alla persona, aiuti R.A. (Residenza Assistita) offrono: sociale e assistenza sanitaria complementari (pasti, lavanderia...). assistenza alberghiera, assistenza per le attività quotidiane. L' assistenza medica e assistenza infermieristica e/o specialistica sono garantite dai servizi territoriali. Ciclo diurno Prestazione a domicilio Ciclo continuativo Favorire le relazioni Mantenere l’anziano nel proprio interpersonali e le attività di ambiente salvaguardando i rapporti Offrire un ambiente domestico e socializzazione al fine di ridurre familiari, attivare nei servizi distrettuali familiare che favorisca le abilità i sintomi dei processi gli interventi di prevenzione e cura per relazionali e sociali al fine di degenerativi cognitivi, ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero, rallentare/ridurre i sintomi degenerativi funzionali e comportamentali e avviare azioni per facilitare il rientro funzionali, comportamentali, cognitivi migliorare le abilità relazionali e degli anziani istituzionalizzati sociali nell’ambiente di provenienza 153 ANZIANI Destinatari RSA Struttura semiresidenziale per anziani ADI Anziani non autosufficienti impossibilitati a rimanere presso il proprio domicilio, che necessitano di protezione diretta ad integrare o sostituire la limitazione totale e stabilizzata delle loro capacità (esiti di patologie stabilizzate Persone parzialmente o totalmente non accompagnati da impossibilità Anziani autosufficienti in autosufficienti affetti da patologie ad essere assistiti dal proprio situazione di disagio sociale e/o croniche o post acute trattabili a nucleo familiare, fase post-acuta a rischio di isolamento e di domicilio e inserite in un contesto e/o post-ospedaliera che perdita e anziani non familiare o sociale capace di collaborare e necessiti di un intervento autosufficienti di integrarsi con il servizio stesso finalizzato al miglioramento del livello funzionale ed al relativo mantenimento, decadimento cognitivo medio/grave che necessiti di stretta sorveglianza, completa dipendenza, anche per quanto riguarda l’alimentazione) Residenze Sociali Assistite Solo per autosufficienti Fonte: Elaborazione su DD.GG.RR 154 Nello specifico il tema della non autosufficienza è disciplinato dalla delibera della Giunta Regionale n.370 del 2010 che definisce il “Progetto per l'assistenza continua alla persona non autosufficiente”. Con propria L.R. n. 66 del 18 dicembre 2008, la Regione Toscana istituisce inoltre il Fondo per la non autosufficienza, con il quale intende realizzare un insieme di servizi capace di rispondere ai bisogni accertati, al fine di migliorare le condizioni di vita e l’autonomia delle persone non autosufficienti. Esso viene destinato alla domiciliarità e ai Centri diurni; eventualmente può finanziare i ricoveri temporanei ma non i definitivi. Le politiche di assistenza verso le persone anziane definite dalla Regione Toscana intendono affrontare il tema del miglioramento complessivo dello stato di salute della popolazione anziana. In questo contesto, il percorso di costruzione progettuale (descritto nella sottostante figura 9), si articola a partire dal Piano Integrato Sociale Regionale 2007/2010 che indica, quale obiettivo generale, il carattere universalistico dell'assistenza alla persona non autosufficiente, riconoscendo il diritto alla garanzia della prestazione socio sanitaria appropriata, coniugando il principio della valutazione del bisogno assistenziale con quello della presa in carico della persona per mezzo di progetti personalizzati e integrati. Per quanto riguarda gli obiettivi specifici, essi sono individuati nelle seguenti azioni: • azioni di prevenzione nei confronti degli anziani fragili, non finanziati dal fondo; • accesso unificato ai servizi e identificazione di presidi certi per la segnalazione del bisogno; • riqualificazione delle unità di valutazione multidimensionali per la definizione di programmi assistenziali individuali; • continuità assistenziale ospedale-territorio; • sviluppo di risposte flessibili e territoriali, con predilezione della cura domiciliare e rispetto del principio della appropriatezza assistenziale; • gestione unitaria e integrata del fondo per la non autosufficienza da parte dei soggetti istituzionali territoriali; • emersione e qualificazione del lavoro degli assistenti familiari; • monitoraggio e valutazione del sistema di gestione dei percorsi assistenziali e della soddisfazione del cittadino. 155 Figura 9: Il Percorso di costruzione progettuale Fonte: DGR 370/2010 allegato A Il Piano Integrato Sociale Regionale 2007/2010, così come modificato dalla Delibera di Consiglio Regionale n. 69 del 11/11/2009, riconosce, al paragrafo 2.2.2, la non autosufficienza quale problematica di particolare complessità, sia per gli aspetti legati alla pressione demografica che per le caratteristiche di perdita di autonomia e di continua evoluzione che la connota. In particolare, il “Progetto per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente”, in quanto strumento di attuazione del Piano Integrato Sociale Regionale (PISR), definisce le azioni relative al conseguimento dell’obiettivo specifico che il PISR stesso identifica nel “garantire il diritto alla certezza della prestazione sociosanitaria appropriata alla persona non autosufficiente”. A tal fine il progetto prevede che alcune azioni, in particolar modo quelle di sistema, saranno svolte dal livello regionale, mentre il resto verrà demandato al livello territoriale attraverso gli appositi strumenti di programmazione previsti dalla normativa regionale. Le Società della Salute39, quali modalità organizzative di ambito territoriale di zona distretto, costituite in forma di consorzio tra l’azienda unità sanitaria locale e i comuni, per l’esercizio associato delle attività sanitarie territoriali, sociosanitarie e sociali integrate, rappresentano lo strumento efficace per il governo, la programmazione e la gestione di queste 39http://www.regione.toscana.it/sst/organizzazione/societa-della-salute (ultima visita al sito effettuata il 24/07/2015) 156 problematiche complesse in ambito zonale. In loro sostituzione, nelle aree territoriali dove non sono costituite, operano le Conferenze dei Sindaci, attraverso la Zona distretto. Con la predisposizione dei Piani Integrati di Salute (PIS), ciascun soggetto assume i propri impegni a valenza pluriennale, fissando insieme i rispettivi obiettivi di crescita e le forme di verifica da attivare, predisponendo anche un sistema di monitoraggio integrato sociosanitario. Su tale linea i Piani Integrati di Salute, nel definire gli obiettivi di salute, recepiscono gli indirizzi contenuti nel Progetto Regionale e, conseguentemente, individuano e definiscono il programma territoriale per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente dove sono riportate: • le relative azioni attuative; • le risorse messe a disposizione dai Comuni e quelle destinate dal Fondo Regionale per la Non Autosufficienza; • il livello organizzativo e operativo dell’accesso, valutazione e presa in carico Figura 10: La struttura analitica del progetto Il sistema territoriale dei servizi per la non autosufficienza in Toscana delinea un’articolazione organizzativa strutturata su due piani tra loro fortemente coordinati e che, come illustrato nella fig. 10 sottostante, prevede un livello di indirizzo e di governo costituito dalle Società della Salute, o in loro sostituzione dalle Conferenze di Zona dei Sindaci attraverso la Zona Distretto, 157 e un livello di coordinamento e operativo, rappresentato dai livelli base di cittadinanza sociale per la non autosufficienza: il Punto Unico di Accesso, la rete dei Punti Insieme e le Unità di Valutazione Multidimensionali. Figura 11: Il sistema integrato territoriale Questa organizzazione può rappresentare un elemento di forza all’interno di relazioni che, per la diversità e molteplicità dei soggetti in campo, sono caratterizzate da elevata complessità: si crea infatti un sistema che tiene conto delle caratteristiche proprie dell’organizzazione (ad esempio la necessità di strutturare servizi in grado di garantire certezza e appropriatezza nelle risposte), ma anche della “logica di programma”, nonché dell’attivazione di livelli regionali di assistenza per le persone non autosufficienti. Una tale organizzazione, attraverso una lettura puntuale dei bisogni comunitari, consente: • l’individuazione delle priorità di intervento; • il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla programmazione regionale e territoriale; • la definizione delle modalità organizzative e operative che consentano la continuità assistenziale e la personalizzazione degli interventi; • il coinvolgimento della medicina generale, nell’ambito di un approccio multidimensionale basato su una progettazione individualizzata. 158 a) Il governo del sistema: la Società della Salute Il sistema dei servizi territoriali acquisisce un ruolo e una funzione strategica se riesce a strutturare e a mantenere un carattere fortemente integrato. Tale possibilità è assicurata dal nuovo assetto che, in Toscana, si configura con l’introduzione delle Società della Salute, che rappresentano il livello di governo dove si definiscono gli indirizzi di carattere generale, le priorità di intervento e le modalità di utilizzo del Fondo a livello territoriale. Tale definizione è esito del processo concertativo partecipativo, che trova compiuta attuazione nella sottoscrizione delle intese inter istituzionali, così come previsto nell’allegato 3 del PISR 2007-2010 modificato con Delibera del Consiglio Regionale n. 69 dell’11/11/2009 e come integrato dal PISSR 2012-2015 definito con la L.R 40 del 2012 e modificata con L.R51 del 2014. b) Il coordinamento e la gestione del sistema: il Responsabile di Zona e il PUA di Zona La L.R. 66/2008, in coerenza con l’art. 64 della L.R. 40/2005, individua nel Responsabile di zona, o nel Direttore della SdS ove costituita, la responsabilità del coordinamento organizzativo del sistema dei servizi territoriali, che debbono assicurare al cittadino, in tempi certi e definiti, l’accesso, la valutazione e l’erogazione di prestazioni sulla base di un progetto di assistenza personalizzato. Pertanto il responsabile di Zona Distretto (ovvero il Direttore della SdS), mediante il PUA, presente in ogni Zona Distretto, assicura la presa in carico del cittadino attraverso la gestione e il coordinamento della rete territoriale dei servizi per la non autosufficienza. Il PUA, coordinato dal responsabile di Zona Distretto o da suo delegato, è supportato da uno staff dove sono presenti le figure professionali ritenute necessarie alle connesse funzioni di regia e di coordinamento. Pertanto rappresenta il “luogo” dove dal punto divista operativo, professionale e gestionale, si realizza compiutamente l’integrazione sociosanitaria. In particolare, il comma 2 dell’art. 10 della legge sopracitata, attribuisce al responsabile di zona i seguenti compiti di governo e coordinamento: a. l’integrazione della rete territoriale dei servizi sociali e sanitari; b. la presa in carico della persona interessata; c. la gestione integrata delle risorse; d. la continuità assistenziale; e. il coordinamento dell’attività dei punti insieme e della UVM; f. la gestione del sistema informativo integrato delle attività territoriali; g. la nomina del responsabile del Piano di Assistenza Personalizzato (PAP) mediante l’individuazione della figura professionale, sulla base delle caratteristiche del bisogno prevalente; tale figura ha il compito di seguire l’attuazione del PAP e di essere il referente organizzativo della persona interessata e dei suoi familiari. 159 La Società della Salute, e in sua mancanza la Conferenza di Zona dei Sindaci, attraverso la Zona Distretto, così come espressamente previsto dall’art. 71 quindecies della L.R. 40/2005, disciplina l’organizzazione interna di tale struttura. Figura 12: Il governo dell’Accesso Fonte: DGR 370/2010 Allegato A Questo sistema può essere rappresentato con uno schema ad anelli concentrici, come illustrato nella figura 12, in cui al centro si colloca il livello di coordinamento rappresentato dal PUA di Zona. Nel livello immediatamente successivo i Medici di Medicina Generale, i presidi ospedalieri e i Punti Insieme accolgono la segnalazione del bisogno inviandola direttamente al PUA, mentre i luoghi dell’accesso diffuso assumono una rilevanza fondamentale dal punto divista dell’informazione capillare. Il governo dell’accesso alle prestazioni integrate sociosanitarie dovrà anche assicurare tempi certi per la valutazione e l’erogazione delle prestazioni. In particolare, la legge regionale 66/2008, fissa i seguenti limiti temporali: 1. la UVM deve presentare, alla persona interessata e ai suoi familiari, il PAP, contenente la risposta assistenziale ritenuta più appropriata a quel determinato stato di bisogno, entro trenta giorni dalla data di presentazione dell’istanza al Punto Insieme (art. 10 comma 1); 2. la UVM fissa, nel PAP, il termine massimo entro il quale deve essere erogata la prestazione, che comunque non deve superare i sessanta 160 giorni dalla data di presentazione dell’istanza (art. 11 comma 5 lettera e); 3. nel caso il sistema non riesca a garantire l’erogazione delle prestazioni entro il termine sopradetto, la UVM assicura prestazioni di pari efficacia condivise con la famiglia e fissa entro novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza il tempo massimo per attivare le prestazioni definite (art 12, comma 3). Il percorso della domanda si articolerà, dunque, come descritto dalla figura 13. Figura 13: I percorsi della domanda Fonte: DGR 370/2010 Allegato A c) Il livello funzionale Multidisciplinare (UVM) e operativo: l’Unità di Valutazione Presso ogni zona distretto viene costituita una Unità di Valutazione Multidisciplinare. Tale Unità viene individuata come un’articolazione operativa, composta, così come previsto dall’art. 11 della L.R. 66/2008, da: • un medico di distretto • un assistente sociale • un infermiere 161 L’UVM è di volta in volta integrata dal medico di medicina generale della persona sottoposta a valutazione. In relazione ai casi in esame è anche integrata da professionalità specialistiche e dagli operatori coinvolti nella valutazione del caso che si ritengano necessari ai fini della definizione del progetto di assistenza personalizzato, con particolare attenzione alla professionalità geriatrica per i PAP dedicati alle persone >65enni. L’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) è costituita con atto del Responsabile di Zona, art. 11, comma 3, L.R. 66/2008, che provvederà anche ad assegnarne il coordinamento ad uno dei membri dell’UVM stessa. All’Unità di Valutazione compete, come previsto dall’art.11, comma 5 L.R. 66/2008: • la valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno della persona non autosufficiente; • la verifica della sussistenza delle condizioni di bisogno che hanno dato luogo all’attivazione del fondo; • la individuazione dell’indice di gravità del bisogno; • la definizione del Progetto Assistenziale Personalizzato (PAP), con indicazioni quantitative e temporali relative alle prestazioni sociosanitarie appropriate domiciliari, semiresidenziali e residenziali, dando ad esso immediata eseguibilità; • la sua condivisione con la famiglia, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, lettera e) della L.R. 66/2008; • la periodica verifica degli obiettivi del PAP e della appropriatezza delle prestazioni erogate, nonché le eventuali rivalutazioni previste. L’Unità di valutazione, qualora vi sia una richiesta in tal senso, è tenuta ad ascoltare l’assistito e i suoi familiari o a raccogliere ai fini della valutazione stessa e della successiva progettazione, eventuali memorie scritte. In ogni caso al fine di consentire la piena condivisione dell’assistito e/o dei suoi familiari, gli stessi devono essere coinvolti in fase di redazione del PAP e nel consenso esplicito alla sua realizzazione. d) I presidi operativi della rete di accesso: I Punti Insieme I Punti Insieme costituiscono i presidi dell’accesso al sistema integrato territoriale. I Punti Insieme, la cui articolazione organizzativa viene definita a livello di singola zona-distretto, devono garantire: • l’accoglienza del bisogno; • la registrazione della segnalazione del bisogno; • l’orientamento e l’informazione del cittadino; • l’avvio della raccolta di tutte le informazioni utili ad orientare la valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno. 162 Il Punto Insieme rappresenta la porta di accesso al sistema integrato dei servizi per la non autosufficienza e si caratterizza per la sua elevata prossimità al cittadino, sia nella localizzazione che nella strutturazione. Il Punto Insieme è un servizio istituzionale collegato funzionalmente con la rete integrata dei servizi sociali e sociosanitari territoriali, rappresenta un’articolazione del PUA e costituisce uno dei livelli base di cittadinanza sociale che si deve garantire sull’intero territorio, facilita un accesso unificato alle prestazioni e ai servizi previsti dal fondo, eliminando e semplificando i passaggi che la persona stessa e i suoi familiari devono compiere. In questo percorso, al cittadino viene chiesto solo di presentare il proprio bisogno, lasciando che sia poi la struttura organizzativa ad assicurare la risposta appropriata in tempi certi e predefiniti. Per tutto ciò il Punto Insieme deve avere una sede accessibile e riconoscibile e deve avere requisiti strutturali, organizzativi e di strumentazione tecnologica in grado di assolvere in maniera qualificata e tempestiva, a tutte le funzioni di cui è incaricato. La valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno della persona anziana non autosufficiente, è supportata da procedure valutative e progettuali multidimensionali, con riferimento allo stato di salute funzionale-organico, alle condizioni cognitive e comportamentali e alla situazione socio ambientale e familiare. Tali procedure, effettuate sulla base di una serie di scale, vanno a sostituire la normativa vigente in tema di valutazione della non autosufficienza, prevista nella Delibera di Consiglio Regionale n.214/91. Figura 14: Identificazione Livelli Isogravità del Bisogno Fonte: DGR 370/2010 Allegato A Le nuove procedure valutative delle condizioni di bisogno della persona non autosufficiente, non certificano l’autosufficienza o la non autosufficienza, ma configurano una situazione di “gravità”, per la quale i servizi sociosanitari territoriali, attraverso la UVM, si impegnano ad intervenire con certezza e 163 appropriatezza dell’intervento, attraverso la pesatura del bisogno, così come risulta dalla Figura 14 soprariportata. Il MMG è in prima battuta il segnalatore d’eccellenza di un bisogno; attraverso la compilazione della scheda clinica, che assieme alle altre va a comporre la valutazione multidimensionale, attiva il percorso di presa in carico della persona non autosufficiente. Una volta ricevuta la scheda clinica dal MMG, il servizio preposto al governo dell’accesso avvia la fase di valutazione multidimensionale da parte di tutta l’equipe. Su invito del Responsabile di Zona, il medico di medicina generale concorda la sua partecipazione alla seduta della UVM nella quale viene definito e sottoscritto il PAP, al fine di assicurare la massima condivisione dello stesso, anche nel corso della sua attuazione e verifica. L'intervento della competenza geriatrica è fondamentale nei confronti dell'anziano non autosufficiente. Come la fragilità, anche la non autosufficienza non rappresenta una condizione statica e uniforme, ma possiede un suo profilo evolutivo e una propria caratterizzazione sintomatologica; essa è l’esito di varie concause (motorie, cognitive, sensoriali, psicoaffettive e sociali) che associandosi fra loro necessitano di una valutazione multidimensionale geriatrica, finalizzata quindi all’analisi delle stesse e delle loro interazioni. Occuparsi della non autosufficienza significa non solo individuare i supporti assistenziali più adeguati per garantire il mantenimento delle funzioni vitali, ma anche contrastare con ogni mezzo la progressione del deficit funzionale e individuare le risorse residue da utilizzare per ridurre l'handicap. Il geriatra è quindi in grado di orientare e facilitare la valutazione multidimensionale e di garantire l’inquadramento complessivo delle condizioni di bisogno attraverso la definizione delle reciproche relazioni di tutte queste variabili. In questo ambito di intervento la Geriatria collabora, in un'ottica multidisciplinare, con numerose altre professioni, in ambito medico e infermieristico, riabilitativo e sociale. 164 Tabella 50: La mappa delle offerte assistenziali per tipologia di offerta Fonte: DGR 370/2010 Allegato A Di seguito, per le tre aree (domiciliarità, semiresidenzialità e residenzialità), vengono indicati gli obiettivi specifici e gli interventi che messi in campo dalla Regione Toscana per il loro conseguimento (fonte: DGR 370/2010 Allegato A). 1. L’area della domiciliarità Gli obiettivi per tale area sono: • garantire, con le risorse aggiuntive del fondo, la copertura progressiva degli interventi relativi agli assistiti che hanno un livello di isogravità uguale o superiore al III (secondo la classificazione dei livelli di isogravità del bisogno descritti precedentemente); • determinare un’oscillazione tra il minimo e il massimo di copertura economica per ogni livello di gravità; • garantire l’ADI (assistenza domiciliare integrata), fornita con servizi diretti alla persona. I servizi territoriali, sulla base delle indicazioni fornite dalla UVM nel PAP, organizzano e forniscono direttamente prestazioni sociali e sanitarie alla persona non autosufficiente presso il suo domicilio. Tali prestazioni sono modulate rispetto alla tipologia e all’indice di gravità del bisogno, anche con riferimento alla classificazione che, a titolo esemplificativo, è stata riportata nel documento sulle Linee guida per l'organizzazione dell'ADI. La UVM, al fine di assicurare l'estensione dell'ADI secondo le indicazioni contenute nei PAP, deve disporre, oltre che delle risorse aggiuntive 165 • del fondo per la non autosufficienza, anche delle maggiori risorse necessarie derivanti dal fondo sanitario. raggiungere una copertura assistenziale più appropriata, in quantità e qualità e che comunque copre già dal 2010, i servizi previsti dal PAP. Anche per i primi due livelli la UVM è comunque autorizzata, laddove lo ritenga opportuno, ad elaborare dei PAP che possano prevedere prestazioni che, sulla base della disponibilità del budget assegnato, siano articolate tra un range minimo/massimo e consentano interventi nei confronti dell’assistito. Tabella 51: I pacchetti isorisorse Fonte: DGR 370/2010 Allegato A L’importo di Isorisorse messo a disposizione dal fondo e previsto nel PAP è finalizzato alla copertura delle risposte di lungo assistenza indicate nell’articolo 7 della L.R. 66/2008 e aggiuntivo alle prestazioni sanitarie contenute nei LEA e a quelle sociali fornite dai Comuni in base alle proprie norme regolamentari. Le risorse destinate dal Fondo per il finanziamento dei pacchetti, così come sono stati definiti nella tabella 50, sono quelle relative alla programmazione 2010, la cui gestione dovrà essere attentamente monitorata al fine di valutarne l’adeguatezza e la sostenibilità. In particolare, nel corso del 2010, attraverso la verifica della domanda reale di assistenza sul territorio, della sostenibilità da parte del sistema territoriale dei servizi e degli esiti dello studio epidemiologico della popolazione da parte dell’ARS (Agenzia Regionale Sanità), si è proceduto a: • mappare l’effettiva domanda di servizi domiciliari nella Regione; • verificare la percentuale di copertura assistenziale domiciliare sulla popolazione >65enne; • verificare le risorse derivanti dalla compartecipazione dei cittadini; • verificare e precisare i pacchetti di Isorisorse per ogni livello di gravità che si intende coprire; • attivare, così come previsto dalle relazioni sindacali, tavoli di confronto per una valutazione complessiva del progetto. 166 La massima estensione della domiciliarità, sia in forma diretta che indiretta, può esser raggiunta solo in presenza di alcune condizioni fondamentali che impegnino l’intero sistema dei servizi sanitari e sociosanitari ospedalieri e territoriali: 1. alla gestione integrata, ospedale e territorio, delle dimissioni cosiddette “difficili” dal presidio ospedaliero, di persone anziane non autosufficienti per le quali occorrono risposte per l’urgenza e l’avvio delle procedure di valutazione delle condizioni di bisogno e di progettazione di medio e lungo periodo, in presenza di protocolli operativi di continuità assistenziale; 2. all’erogazione di tutte le prestazioni sanitarie, sia di quelle per l’urgenza, sia di quelle da inserire nella progettazione di medio e lungo periodo, che rientrano nei LEA; 3. alla circolarità delle risposte assistenziali in regime di domiciliarità: il PAP deve prevedere forme di sostegno alla domiciliarità, anche attraverso il ricorso a inserimenti diurni e a ricoveri temporanei e di sollievo in RSA. Per la realizzazione di tali obiettivi potranno essere previsti progetti specifici che attengono anche il contesto organizzativo/operativo. Gli interventi per l’area della domiciliarità sono: • Gli interventi domiciliari sociali e sanitari forniti in forma diretta dal servizio pubblico; • Gli interventi di sostegno alle funzioni assistenziali della famiglia che si assume in proprio il carico assistenziale verso persone non autosufficienti con gravi forme di demenza senile; • I buoni servizio o titoli per l’acquisto di servizio (come definito nella normativa regionale40). I criteri per l’erogazione delle risorse fanno riferimento sia agli indici di isogravità che agli indicatori di reddito (ISEE). 2. L’area della semiresidenzialità Gli obiettivi per l’area della semiresidenzialità sono: • qualificare la rete dei Centri Diurni toscani per ospitare e assistere persone anziane non autosufficienti con gravi disturbi cognitivi e del comportamento associati alla demenza ed a malattie neurologiche invalidanti; • aumentare la potenzialità dei centri diurni, garantendo l’ospitalità di almeno 1500 persone stabilmente; 40 DGR 402/2004, LR 66/2008, LR 82/2009 167 • rendere flessibile l’organizzazione interna in modo da favorire la temporaneità e orari differenziati di presenza dell’ospite sempre in coerenza con il progetto personalizzato di assistenza. Gli interventi relativi attengono in particolar modo la realizzazione di strutture a regime diurno. Il Centro Diurno assistenziale per persone anziane >65 anni prevalentemente non autosufficienti (articolo 21, primo comma, lettera i, L.R. 41/2005) è collocato all’interno del sistema diversificato di servizi e interventi integrati, secondo la logica della circolarità e dell’interscambio tra le diverse tipologie di prestazioni. Esso opera a sostegno dell’azione della famiglia, in particolare per le situazioni caratterizzate da elevata intensità assistenziale (persone la cui condizione di bisogno è aggravata da disturbi cognitivi e del comportamento associati a forme varie di demenza) per le quali sia possibile definire e attivare un programma di “cura” con l’obiettivo del miglioramento delle condizioni di vita dell’assistito e dei suoi familiari. Il Centro Diurno si colloca nella rete dei servizi territoriali e deve essere affiancato da altre risposte circolari e integrate, da quelle domiciliari a quelle semiresidenziali di intensità più leggera, ai ricoveri temporanei in RSA. Nell’ambito di una Progettazione personalizzata complessa e circolare in cui l’accoglienza diurna è funzionale alla sostenibilità di altre risposte residenziali temporanee e domiciliari e a mantenere la persona non autosufficiente presso il proprio domicilio, l’ISEE di riferimento dovrà essere quello previsto per la domiciliarità. Tale possibilità si intende applicabile per un periodo massimo di 60 giorni complessivi/annui. 3. L’area della residenzialità (permanente e/o temporanea e di sollievo) Gli obiettivi per l’area dei servizi residenziali sono: • La copertura di 10.000 quote/anno per ricoveri permanenti in residenza e l’attuazione di inserimenti temporanei, attraverso cui incidere in modo significativo sulle liste di attesa, fino alla loro definitiva eliminazione; • La valutazione dell’intervento assistenziale secondo i criteri dell’appropriatezza; • La definizione di una soglia massima di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini; • Il sostegno specifico agli interventi temporanei, in particolare riferiti ai percorsi di dimissione ospedaliera. Gli interventi relativi sono tesi a consolidare il sistema toscano di residenzialità nell’area della popolazione anziana non autosufficiente. Tale modello, infatti, è definito nella Deliberazione della GRT n. 402/2004 ed è orientato a sviluppare una diversificazione nell’offerta di prestazioni, in modo da favorire 168 “…l’inserimento organico ed equilibrato in un’unica struttura di più tipologie di servizi […] per favorire la flessibilità delle prestazioni in relazione all’evoluzione della condizione e dei bisogni della persona e del relativo progetto assistenziale…”. Viene posto l’accento sull’esigenza di sviluppare la disponibilità di posti dedicati a ricoveri temporanei e per le funzioni di “sollievo”, in un sistema di interscambio tra servizi domiciliari e residenziali. Il ricovero di sollievo è funzionale alla sostenibilità delle altre risposte semiresidenziali e domiciliari e, pertanto, non può essere previsto per un periodo superiore ai 60 giorni. Nell’ambito di una Progettazione personalizzata complessa e circolare in cui l’accoglienza residenziale è funzionale alla sostenibilità di altre risposte residenziali temporanee e domiciliari e a mantenere la persona non autosufficiente presso il proprio domicilio, l’ISEE di riferimento dovrà essere quello previsto per la domiciliarità. Tale possibilità si intende applicabile per un periodo massimo di 60 giorni complessivi/annui. L’erogazione del contributo alla RSA, per la copertura della retta, è subordinato alla definizione di un PAP residenziale da parte della UVM ed alla sua relativa sottoscrizione da parte della persona da assistere e/o dai suoi familiari. I requisiti strutturali, organizzativi e professionali sono definiti dal Regolamento regionale, in coerenza con la tipologia descritta all’articolo 21, primo comma, lettera a) della L.R.41/2005. Attraverso il livello di governo del PUA e operativo della UVM, il sistema, come illustrato nella figura seguente (Fig. 15), intende assicurare interventi specifici per le diverse aree di bisogno, garantendo la circolarità delle risposte e l’integrazione dei diversi percorsi, in una logica di rete dei servizi territoriali e promuovendo risposte assistenziali innovative e flessibili, che tengano conto delle caratteristiche che spesso i bisogni delle persone anziane assumono e che possono mutare con repentina facilità. Pertanto sia il PUA che la UVM, in quanto responsabili principali della presa in carico, ne assicurano la continuità (ospedale-territorio, territorio-territorio, dimissioni ospedaliere difficili), sulla base di protocolli di “continuità assistenziale” operativi, garantendo l’allocazione e la gestione delle risorse dedicate alle diverse tipologie assistenziali ed in particolar modo, delle risorse del fondo destinate agli interventi per la non autosufficienza. 169 Figura 15: La continuità della presa in carico (fonte DGR 370/2010 Allegato A) Come si evince dalla tabella 50 e come disciplinato dalla DGR n. 67 del 2 febbraio 2009 che ha modificato la Delibera G.R.. n. 402 del 26/04/2004, i servizi delle RSA possono essere suddivisi in intensità base (o media) che corrisponde al modulo 1, intensità motoria (modulo 2), intensità comportamentale (modulo 3) e stati vegetativi (modulo 4). Nello specifico, il regolamento DPGR 15R/2008 disciplina per gli standard di personale previsti per i vari livelli di intensità. Tabella 52 Intensità Comples sità Ass. IP minuti/g g ospite Ass. Riabili tativa Ass. Base (OSS, OSA) Anima zione Specialis tica min/gg ospite Totale minuti settiman a Media Media 26,8 6,8 134,3 6,8 Alta Motoria Alta 33,57 13,43 134,3 6,8 2,56 188,1 Alta Comporta mentale Alta 33,57 10 141 6,8 2,56 191,37 Alta vegetativi permanenti Alta 33,57 6,8 141 6,8 2,56 188,1 174,7 Fonte associazione residenze anziani toscane 2014 170 I servizi sociosanitari offerti nell’ASL di Siena Come visto in precedenza, il sistema toscano per la presa in carico del paziente anziano non autosufficiente si basa sulle società della Salute, che per l’ASL 7 di Siena sono attivate in 3 zone distretto su 4 (Amiata Senese). Relativamente alle strutture residenziali, i volumi ed il tasso di occupazione sono i seguenti: Tabella 53: Posti letto e tasso di occupazione per Zona Distretto Zona Numero posti letto Senese 586 autorizzati sanitarie 115 Amiata d’Orcia Valdichiana Val d’elsa Totale val Tasso occupazione 2014 454 quote 91,1% 99,3% 205 163 937 97,2% 95,9% 95,9% Fonte: ASL 7 Siena Facendo riferimento alla Tabella 49 in cui viene presentata l’intera filiera dei servizi per gli anziani e specificatamente alla presenza di RSA, RA e Centri Diurni; nell’Azienda 7 di Siena sono presenti, suddivise per Zone distretto, le seguenti strutture di offerta Tabella 54: RSA, RA e Centri Diurni per Zona distretto RSA Senese Amiata d‘Orcia Valdichiana Val d’Elsa val 16 (7 pubbliche e private) 3 (2 Private e pubblica) 5 (1 pubblica e private) 3 (2 private e pubblica) 9 1 4 1 Residenze Assistite (R.A) 3 (due private ed una pubblica) 2 private Centri diurni 8 (1 pubblica e 7 private) 1 privata 2 privati 2 pubblici 1 privato Fonte: Sito ASL 7 Siena41 41http://www.usl7.toscana.it/index.php/servizi/persone-fragili/ingresso-in-rsa-ra-e-centri- diurni (visitato l’ultima volta il 24 Luglio 2015) 171 Dei 5 centri diurni presenti nel territorio della ASL 7 di Siena, 3 sono psichiatrici mentre gli altri due hanno un target indistinto (fonte: Regione Toscana42) Facendo riferimento al rapporto RSA 2013 prodotto dal Sant’Anna di Pisa, nell’Asl 7 di Siena tutti i posti letto sono per il modulo 1 tranne 20 che sono dedicati al modulo 3 (cognitivo). Le rette complessive delle RSA si compongono di quote sanitarie unitarie che ammontano a 52,32 euro e di quote sociali giornaliere per non autosufficienti. Esse variano da struttura a struttura; nel caso della Val d’Elsa variano da 52 a 53 euro. Questi dati non comprendono tutto ciò che è convenzionato con il FRNA (fatta eccezione di alcune quote sanitarie, cosiddette aggiuntive) che, come analizzato precedentemente, si concentra sulla domiciliarità, sui centri diurni e, marginalmente, relativamente ai ricoveri solo quelli temporanei. Per quanto riguarda questa tipologia di servizi, i dati di attività relativi al 2013 (utilizzo 2013/2014) sono i seguenti: Tabella 55: Utenti e relativa spesa per zona Distretto Siena Assistenza domiciliare diretta Assistenza domiciliare indiretta (voucher) Trasporti RSA ricoveri definitivi RSA ricoveri temporanei RSA centri diurni utenti in carico VDE spesa utenti in carico 152 199.800,00 549 1.067.000,0 0 VDC spesa spesa 177 323.001,92 202 669.719,16 68 228.750,22 62 104.468,88 52 60.580,77 10 45.038,32 27 10.008,00 26 109.777,77 6 191 276.100,00 49 162.891,83 75 277.100,00 32 158.076,64 Altro Totale FNA AMIATA utenti in spesa carico utenti in carico 967 1.820.000,0 347 758.447,27 1 1.383,40 30 (strutture semiresid enziali) 140.856,28 311 982.317,38 9 86.785,00 non present e 18.259,68 93 378.833,22 Fonte: ASL 7 Siena 42 http://www.regione.toscana.it/documents/10180/23339/Recapiti%20dei%20CD/39354283-8de8-43cf-8e77-d8ee2cc47844 (visitato l’ultima volta il 31 luglio 2015) 172 Facendo un focus sulla società della salute della Val d’Elsa e precisamente sull’Assistenza domiciliare Integrata Diretta, è possibile analizzare come gli accessi di assistenza domiciliare integrata diretta previsti siano calcolati in rapporto al livello di isogravità ai sensi della DGRT n. 370/2010, come previsto dalla seguente tabella: Tabella 56: Livelli di isorisorse per isogravità per la Zona Distretto Val d’Elsa Fonte: Delibera della SDS n.5 del 26/06/2014 I pacchetti di isorisorse in questa SdS sono determinati in misura maggiore rispetto a quelli previsti dalla DGRT n.370/2010 e ciò è stato possibile perché, sempre ai sensi della citata delibera, non sono presenti richieste di assistenza domiciliare inevase per mancanza di fondi e/o liste di attesa. In caso di anziani non autosufficienti, la UVM può proporre anche un servizio di assistenza domiciliare aggiuntivo finalizzato ad insegnare alla persona che presta assistenza (familiare) le tecniche assistenziali più adeguate per il benessere dell'anziano (movimentazione, postura, vestizione, alimentazione, igiene personale ecc.), nonché il corretto utilizzo degli ausili di deambulazione e di movimentazione. Tale intervento di specifico “addestramento” ha lo scopo di trasferire al care-giver (familiare) una competenza sufficiente per garantire un livello assistenziale adeguato ai principali bisogni dell'assistito. Questo servizio, che si prefigura al pari di altri servizi domiciliari, non può, di norma, avere una durata superiore a 15 giorni e prevede un’intensità assistenziale rapportata al livello di isogravità dell'utente. In caso di anziani non autosufficienti assistiti tramite assistente familiare (badante), la UVM, in accordo con i familiari che condividono il PAP, può valutare di concedere (oltre eventualmente all’assegno di cura) il servizio di assistenza domiciliare diretta per un periodo limitato (indicativamente 15 ore), al fine di accertarsi 173 della competenza, della qualità e appropriatezza delle prestazioni in ambito sociosanitario in relazione alle necessità assistenziali dell’utente. Possono essere previsti altresì accessi periodici dell’assistente domiciliare per il monitoraggio della situazione. La UVM, per favorire la dimissione ospedaliera precoce, nelle more della valutazione, può prevedere a carico del FNA per anziani non autosufficienti un intervento domiciliare di 10 ore, prorogabile per una volta. Tabella 57: Rapporto tra nuove segnalazioni e popolazione residente, nell’anno Fonte: Rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficiente - indicatori di monitoraggio 24 aprile 2015 Tabella 58: Nuove segnalazioni per esito prima lettura del bisogno Fonte: Rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficiente - indicatori di monitoraggio 24 aprile 2015 Alla luce della stima di 12.771 assistibili non autosufficienti, includendo tutte e tre le categorie di esito (sanitario, sociosanitario e sociale) pari a 5164 assistiti si evince che il tasso di copertura del bisogno è quasi del 41%, dato di sicuro interesse. Il sistema di misurazione delle performance della Regione Toscana permette di calcolare la percentuale di decessi avvenuti in ospedale tra gli anziani 174 deceduti durante la presa in carico in assistenza domiciliare nell’anno (fonte SIAD). Tabella 59: Nuove segnalazioni per esito prima lettura del bisogno Fonte: Rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficiente - indicatori di monitoraggio 24 aprile 2015 La durata della presa in carico (media e mediana) per gli anziani non autosufficienti per i quali l’assistenza semiresidenziale/residenziale si è conclusa nell’anno per tipologia di dimissione è rappresentata dalla seguente tabella (fonte rapporto sulla presa in carico dell’anziano non autosufficienteindicatori di monitoraggio 24 aprile 2015). Tabella 60: Durata della presa in carico Note: la voce “altro” comprende dimissione a domicilio senza assistenza, dimissione a domicilio con assistenza, trasf. a struttura ospedaliera per acuti, dimissione ad altro tipo di residenza Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Riassumendo le varie componenti della filiera dei servizi per non autosufficienti i contenuti assistenziali e quanto presentato nei paragrafi precedenti soprattutto nella parte relativa al sistema della Regione Toscana, si può schematicamente dire che le modalità di accesso di RSA, RA e Centri Diurni sono le seguenti: 175 La Residenza Sanitaria Assistita (R.S.A.) è una struttura residenziale che assicura l'assistenza sociale e l'assistenza sanitaria a soggetti anziani non autosufficienti. Queste strutture sono rivolte a persone con più di 65 anni riconosciute non autosufficienti ai sensi della delibera Regionale n.2197 del22/5/2008 ed ad adulti riconosciuti portatori di handicap in situazione di gravità, ai sensi della Legge n.104 del 1992, e con condizioni di salute assimilabili alla decadenza senile, che siano impossibilitati a rimanere nel proprio domicilio. La Residenza Assistita (R.A.) è una struttura diretta a garantire l'assistenza sociale nelle 24 ore. Queste strutture sono rivolte a persone con più di 65 anni riconosciute come soggetti autosufficienti ai sensi della delibera Regionale n.2197 del 22/5/2008, che necessitano comunque di forme di assistenza sociale. Il Centro Diurno è una struttura semiresidenziale per soggetti non autosufficienti o affetti da handicap grave. L'accoglienza presso una R.A. od una R.S.A. od un Centro Diurno, si può ottenere: ▪ presentando il bisogno al Punto Insieme (si veda paragrafo sui servizi offerti ed in particolare la figura 13); ▪ presentando la scheda di segnalazione all'Assistente Sociale del Comune di competenza, su indicazione del Punto Insieme. Conclusioni Il sistema definito dalla Regione Toscana rappresenta livelli di strutturazione e di razionalità sicuramente notevoli. All’interno di questo scenario emerge la ricchezza di dati e il livello di performance della ASL 7 e delle sue zone distretto che con una capacità di risposta complessiva di oltre il 40% e specifica del 26% la collocano tra le realtà di maggiore interesse e di studio. Come evidenziato in sede di presentazione dei dati della ASL 7 di Siena, il nuovo assetto istituzionale voluto dalla Regione Toscana comporterà l’istituzione di tre sole aziende, portando all’accorpamento in una sola realtà delle tre aziende: Siena, Arezzo e Grosseto. La curiosità in merito agli sviluppi di questi nuovi assetti istituzionali ed alla relativa performance è, sotto molti punti di vista, d’obbligo. 176 2.8 AAS di Udine43 Il contesto aziendale L'Azienda per l'Assistenza Sanitaria (AAS) n. 4 "Friuli Centrale" è stata istituita nel Gennaio 2015 con Legge regionale 16 ottobre 2014, n. 17 "Riordino dell'assetto istituzionale e organizzativo del Servizio Sanitario Regionale e norme in materia di programmazione sanitaria e sociosanitaria”. Quest’ultima ha determinato lo scorporo delle strutture e dei servizi ubicati sul territorio di Codroipo e San Daniele del Friuli, appartenenti all’ex ASS n. 4 “Medio Friuli” (istituita nel gennaio del 1995 a seguito dell'accorpamento delle USL n. 5 Cividalese, n. 6 Sandanielese e n. 7 Udinese) e oggi attribuiti all’AAS n. 3 “Alto Friuli-Collinare-Medio Friuli”, e ha previsto, entro il 2016, l’incorporazione dell’Azienda ospedaliero‐universitaria di Udine nell’AAS 4 “Friuli Centrale”. Ad oggi, quindi, l’AAS 4 “Friuli Centrale” è organizzata in tre Distretti (Cividale, Tarcento e Udine, che coincidono con gli ambiti socio assistenziali territoriali) e ricomprende una struttura ospedaliera, l'Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione (Gervasutta), e tre dipartimenti (Prevenzione, Dipendenze, Salute Mentale). Ai fini di questo studio però, si prendono in esame i dati 2014, quando l’azienda era comprensiva dei cinque distretti. Una particolarità dell’AAS 4 rilevante ai fini di questo Rapporto, è la presenza di un Coordinatore sociosanitario44 facente parte della Direzione strategica, il quale concorre al governo dell’Azienda e al processo di pianificazione e controllo strategico della stessa. Il Coordinatore sociosanitario coadiuva il Direttore Generale nella determinazione delle politiche aziendali finalizzate all’erogazione delle prestazioni sociali e sociosanitarie, all’appropriatezza delle stesse, alla qualità dei servizi ed all’accesso alle prestazioni; rappresenta il Direttore Generale nel rapporto con i Comuni e lo supporta nel rapporto con la Conferenza dei sindaci e con la Rappresentanza dei sindaci. Egli, inoltre, coadiuva il Direttore Generale nella determinazione e assegnazione dei “budget di risorsa” ai responsabili delle Strutture di competenza. La popolazione di riferimento per l’AAS 4 “Friuli Centrale”, comprensiva dei distretti di Codroipo e San Daniele del Friuli, è riassunta nella seguente tabella: 43 Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo della Dott.ssa Federica Rolli, Coordinatrice sociosanitaria dell’Aas 4 “Friuli Centrale”, e del suo staff. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori. 44 Per approfondimenti consultare la Delibera del Direttore Generale n. 243 del 2006 e la LR n. 17 del 2014 177 Tabella 61: Popolazione di riferimento AAS 4 Friuli Centrale Popolazione al 31/12/2014 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) AAS 4 352.933 44.349 43.042 87.391 12,57% 12,20% 24,76% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 16.167 Fonte: Dati AAS 4 popolazione anagrafe comunale I servizi offerti È interessante notare che vengono offerti, nel territorio dell’AAS 4 “Friuli Centrale”, quasi tutti i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Si origina così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e sociosanitarie a disposizione della popolazione anziana, più precisamente: Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, Residenze Protette, Residenze Polifunzionali con Modulo di Fascia A, Residenze ad Utenza Diversificata, Case Albergo e Comunità Alloggio. Viene inserita all’interno della filiera sociosanitaria di servizi residenziali per anziani anche la descrizione delle Residenze Sanitarie Assistenziali (box 6) in quanto, pur facendo esse parte della rete per le cure intermedie, si caratterizzano per il grande numero di anziani assistiti, costituendo un nodo importante nel loro percorso di cura. Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti e i Centri sociali o Centri di aggregazione per anziani autosufficienti; questi ultimi non verranno analizzati ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’AAS 4 Friuli Centrale (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 178 in quanto sono stati riorganizzati tramite la DGR n. 1266 del 26 giugno 2015, che non risulta ancora applicativa al momento della redazione di questo rapporto. Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata, del Servizio di Assistenza Domiciliare e l’attribuzione di prestazioni economiche per il sostegno alla domiciliarità garantite da fondi regionali assegnati agli Ambiti sociali. I servizi presenti nel territorio dell’AAS 4 Friuli Centrale: la filiera sociosanitaria Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’AAS 4 Friuli Centrale afferenti alla filiera sociosanitaria. È molto importante sottolineare che gli standard strutturali e organizzativi sanciti dalle normative di riferimento per i servizi residenziali e qui riportati vengono solitamente integrati dagli accordi contrattuali stipulati dall’AAS con le diverse strutture, che garantiscono flessibilità al sistema, adattandolo alle esigenze emergenti dell’utenza. Residenze protette (DPGR n. 83/Pres. del 1990¸ DGR n. 1966 del 1990) Le Residenze protette (precedentemente chiamate Residenze di assistenza sanitaria e sociale, denominazione sostituita con Legge regionale n.51 del 1993) si configurano come strutture rivolte all'ospitalità di anziani non autosufficienti, in grado di fornire prestazioni di tipo alberghiero, di socializzazione e di animazione contestualmente a prestazioni di carattere sanitario e riabilitativo. Le strutture sono finalizzate a garantire prioritariamente il dignitoso soddisfacimento dei bisogni primari, assistenziali e sanitari, sopperendo alle difficoltà che la persona incontra per la propria ridotta autonomia, mantenendone e prevenendone i possibili aggravamenti. Esse inoltre devono soddisfare il bisogno di rapporto sociale dell’anziano e valorizzare la capacità di esprimerlo. Sono destinatari delle residenze protette i soggetti anziani non autosufficienti per i quali sia stata accertata l'impossibilità di permanere nell'ambito familiare e di usufruire di servizi alternativi al ricovero. Possono inoltre essere ospitati, fino a raggiungere il 10% del numero complessivo degli ospiti, soggetti psicogeriatrici che per motivi diversi non possono essere reinseriti nella famiglia o nel contesto di provenienza. 179 L’inserimento in struttura è subordinato alla valutazione sociale e sanitaria operata da parte dell’UVD e dalla conseguente redazione del PAI da parte della residenza individuata. Il personale sanitario per le Residenze protette viene definito all’interno della DGR n. 1966 del 1990 ed è: • medico di medicina generale: con presenza programmata all’interno della struttura, è anche responsabile del coordinamento di tutte le azioni a carattere sanitario e igienico-sanitario svolte dagli operatori nei confronti dei propri assistiti; • medici specialisti (urologi, ortopedici, oculisti etc): la loro presenza programmata viene garantita dall'AAS di riferimento; • Fisioterapista: presente nel rapporto di 1 ogni 50 posti letto, tenendo conto della numerosità, del grado di infermità e delle esigenze riabilitative dei pazienti; • infermiere: presente nel rapporto di 1 ogni 15 posti letto, tenendo conto della numerosità e del grado di bisogno dei pazienti. Il personale non sanitario viene invece definito all’interno del DPGR n. 83/Pres. del 1990 ed è: • assistente sociale: oltre a seguire i problemi connessi all'accoglimento e agli aspetti relazionali dell'anziano, attua interventi volti a raccordare l'ospite con la famiglia e l'ambiente d'origine oltre che la struttura con il complesso dei servizi e delle risorse esistenti sul territorio. Non si tratta di personale necessariamente dipendente dalla struttura protetta ma è preferibile che l'assistente sociale sia quello del servizio sociale di base, specie nelle strutture medio-piccole; • educatore-animatore: anche in questo caso si tratta di personale non necessariamente dipendente dalla struttura; • assistente domiciliare e dei servizi tutelari: si occupa di tutte le attività di assistenza diretta alla persona e al suo ambiente di vita. Tale standard di personale viene di fatto utilizzato come riferimento per la stesura degli accordi contrattuali stipulati dall’AAS con le diverse strutture, venendo di solito adeguato alle esigenze espresse dall’utenza e, più in generale, dal territorio. Le Residenze protette devono avere una capacità ricettiva modulare compresa tra i 60 ed i 120 posti letto; eventuali deroghe possono essere autorizzate per le strutture già funzionanti salvo restando gli obblighi fissati dall'articolo 3 DPGR n. 83/Pres. del 1990 nonché per quelle strutture caratterizzate da progetti di riconversione e di nuova edificazione che prevedono la compresenza di residenze con caratteristiche di assistenza sanitaria e sociale e di case albergo. Esse hanno funzionamento permanente nell'arco delle 24 ore, per l'intera settimana e per tutto l'anno. Sono inoltre costituite da nuclei 180 abitativi con i relativi servizi, dai servizi collettivi, dai servizi ambulatoriali e di riabilitazione e da servizi generali, dove per nucleo abitativo, dimensionato su 15/30 posti letto, si intende l'insieme di spazi individuali (camere da letto e annessi servizi igienici), semicollettivi (servizi igienici comunitari, locale pranzo-soggiorno), spazi per il personale e spazi di collegamento. Infine, per quanto concerne il modello di finanziamento definito dalle DD.GG.RR n. 776 del 2010, n. 1282 del 2010 e n. 1408 del 2013, emerge che l’assistenza sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Regionale e viene corrisposta alle strutture da parte delle aziende sanitarie attraverso convenzioni ed erogazioni di farmaci e presidi, oltre che dall’assistenza medica. L’assistenza di base e la quota alberghiera invece sono garantite dalla struttura e vengono ad essa rimborsate tramite la retta versata dal cittadino/ospite. Quest’ultimo a sua volta riceve l’abbattimento di € 16,60 da parte della Regione, cui può sommare un’integrazione su richiesta pari ad € 2,50 giornalieri per ISEE sino a € 15.000 o € 1,50 per ISEE sino a € 25.000. Il valore delle rette è variabile; esso viene definito dalle diverse strutture e viene approvato e aggiornato annualmente da parte della Giunta regionale. Nella delibera precedentemente citata, ovvero la DGR n. 1408 del 2013, è possibile consultare il valore delle rette al lordo dei contributi di abbattimento retta e al netto dei rimborsi per oneri sanitari applicate per l’anno 2014. Residenze polifunzionali con modulo di fascia A (LR n. 19 del 1997, LR n. 4 del 2001, DGR n. 1612 del 2001) Le Residenze polifunzionali con modulo di fascia A costituiscono una sottocategoria delle Residenze polifunzionali, da cui si distinguono per gli standard strutturali e organizzativi applicati e in quanto ospitano anziani non autosufficienti con un punteggio fra i 220 e i 550 punti BINA. Anche in questo caso però, l’accesso al servizio è consentito tramite valutazione multidimensionale e redazione del PAI operate da parte dell’UVD. I requisiti organizzativi stabiliti dalla DGR n. 1612 del 2001 per il funzionamento delle Residenze con modulo polifunzionale di fascia A vengono qui riportati, e sono: • nelle Residenze a più moduli ed organizzazione unica, con dotazione complessiva di posti letto superiore a 30, il servizio notturno deve essere garantito da almeno due operatori; nel caso di moduli su piani differenti devono essere presenti dispositivi di chiamata notturna; • nei moduli polifunzionali di fascia A il rapporto fra addetto all’assistenza (qualifica ADEST o superiore) e utente deve garantire l’assistenza per almeno 75 minuti nell’arco delle 24 ore; 181 • nei moduli polifunzionali di fascia A deve essere presente una figura responsabile dei contatti con il Distretto di riferimento; • deve essere garantita la funzione di barbiere e parrucchiere La capienza minima delle Residenze polifunzionali comprendenti moduli polifunzionali di fascia A è fissata in 24 posti letto, quella massima in 80; per strutture di capienza inferiore a 24 posti letto, la classificazione nella categoria moduli polifunzionali di fascia A potrà avvenire soltanto in presenza di moduli specializzati, dai contenuti fortemente innovativi, dedicati a situazioni complesse (per esempio patologie specifiche), in un programma che dovrà essere formalmente concordato con i Distretti delle Aziende per l’Assistenza Sanitaria. Infine, per quanto concerne il modello di finanziamento definito dalle DD.GG.RR n. 776 del 2010, n. 1282 del 2010 e n. 1408 del 2013, emerge che l’assistenza sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Regionale e viene corrisposta alle strutture da parte delle aziende sanitarie attraverso convenzioni e erogazioni di farmaci e presidi, oltre che dall’assistenza medica. L’assistenza di base e la quota alberghiera invece sono garantite dalla struttura e vengono ad essa rimborsate tramite la retta versata dal cittadino/ospite. Quest’ultimo a sua volta riceve l’abbattimento di € 13,28 da parte della Regione, cui può sommare un’integrazione su richiesta pari ad € 2,00 giornalieri per ISEE sino a € 15.000 o € 1,20 per ISEE sino a € 25.000. Il valore delle rette è variabile; esso viene definito dalle diverse strutture e viene approvato e aggiornato annualmente da parte della Giunta regionale. Nella delibera precedentemente citata, ovvero la DGR n. 1408 del 2013, è possibile consultare il valore delle rette al lordo dei contributi di abbattimento retta e al netto dei rimborsi per oneri sanitari applicate per l’anno 2014. Residenze ad utenza diversificata (DPGR n. 83 del 1990) In relazione alle esigenze sociali presenti sul territorio e alla considerazione della labilità del limite tra autosufficienza e non autosufficienza oltre che delle conseguenze negative che per la persona anziana comporta ogni cambiamento di ambiente, la normativa regionale prevede la possibilità di attivare strutture articolate in moduli con tipologia residenziale diversificata. Tali Residenze possono quindi presentare sia posti letto per autosufficienti che per non autosufficienti, così da permettere alle persone autosufficienti il cui carico assistenziale peggiori di restare presso la struttura. La struttura garantisce ai propri ospiti con problematiche psico-fisiche la soddisfazione dei bisogni primari, la socializzazione, la prevenzione, il mantenimento e il recupero delle capacità residue. I posti letto per non autosufficienti, per i quali viene previsto 182 l’abbattimento della retta, rispondono agli standard funzionali, organizzativi e strutturali precedentemente descritti per le Residenze protette. Anche nel caso delle Residenze ad utenza diversificata, per quanto concerne il modello di finanziamento definito dalle DD.GG.RR n. 776 del 2010, n. 1282 del 2010 e n. 1408 del 2013, emerge che l’assistenza sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Regionale e viene corrisposta alle strutture da parte delle aziende sanitarie attraverso convenzioni e erogazioni di farmaci e presidi, oltre che dall’assistenza medica. L’assistenza di base e la quota alberghiera invece sono garantite dalla struttura e vengono ad essa rimborsate tramite la retta versata dal cittadino/ospite. Quest’ultimo a sua volta riceve l’abbattimento di € 16,60 da parte della Regione, cui può sommare un’integrazione su richiesta pari ad € 2,50 giornalieri per ISEE sino a € 15.000 o € 1,50 per ISEE sino a € 25.000. Il valore delle rette è variabile; esso viene definito dalle diverse strutture e viene approvato e aggiornato annualmente da parte della Giunta regionale. Nella delibera precedentemente citata, ovvero la DGR n. 1408 del 2013, è possibile consultare il valore delle rette al lordo dei contributi di abbattimento retta e al netto dei rimborsi per oneri sanitari applicate per l’anno 2014. 183 Box 6 Le cure intermedie e i servizi residenziali per anziani: le Residenze sanitarie assistenziali Si decide di inserire nel presente box la descrizione delle caratteristiche fondamentali delle Residenze sanitarie assistenziali in quanto, pur appartenendo in Friuli Venezia Giulia alla rete delle cure intermedie a differenza delle altre regioni analizzate, costituiscono un nodo fondamentale nel percorso di cura e presa in carico degli anziani. La normativa di riferimento per questo servizio è costituita da: LR n. 13 del 1995, LR n. 10 del 1998, DGR n. 1487 del 2000, LR 10 del 2011, DGR n. 650 del 2013, LR n. 17 del 2014. Le RSA si configurano come strutture residenziali sanitarie del distretto, destinate a fornire assistenza continuativa ad elevato contenuto sanitario e a prevalente indirizzo riabilitativo, in regime di ricovero. Le attività svolte sono finalizzate al recupero fisico e sociale delle persone, in genere dopo una dimissione da un reparto ospedaliero per acuti, così da favorire il reinserimento al domicilio della persona. Vengono qui assistiti soggetti anziani e non, temporaneamente o stabilmente non autosufficienti, esclusi i minori. L'accesso e la durata del ricovero in RSA vengono stabiliti all’interno del piano individualizzato di assistenza definito dall'Unità di Valutazione Distrettuale a seguito di una richiesta che può provenire: • dal reparto ospedaliero ove il paziente è ricoverato; • dal medico di medicina generale, dal servizio sociale dei Comuni, da altro servizio territoriale. Gli standard previsti dalla normativa (DGR n. 650 del 2013) sono: • La direzione sanitaria della RSA è affidata ad un medico: direttore del distretto, se la struttura è pubblica, oppure un medico responsabile in possesso della specializzazione in igiene e sanità pubblica o di una specializzazione correlata alla tipologia dell’utenza (geriatra, fisiatra o altro specialista) o di documentata attività nel settore di almeno 5 anni; • Presenza medica di almeno 4 ore/die su 2 turni, per 6 giorni a settimana; • Presenza infermieristica garantita nelle 24 ore, con la definizione di almeno 1 coordinatore infermieristico. • Presenza di Operatori sociosanitari o ausiliari o OTA; • Terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, educatori professionali, in numero variabile in relazione ai livelli prestazionali dei nuclei della RSA per almeno 5 ore al giorno ogni nucleo per almeno 6 giorni alla settimana. 184 Più specificatamente, nelle RSA con pazienti non autosufficienti richiedenti trattamenti assistenziali intensivi deve essere garantita una assistenza globale di almeno 240 minuti al giorno per ciascun utente (di cui 110 min. di infermiere e 130 min. di OSS o altro personale di supporto), mentre nelle RSA riabilitative e con funzione “respiro” deve essere garantita un’assistenza globale di almeno 160 minuti al giorno per ciascun utente (di cui 50 min. di infermiere e 110 min. di OSS o altro personale di supporto). La normativa prevede inoltre lo svolgimento di attività di consulenza da parte dell’assistente sociale territorialmente competente e da parte di psicologi e dietisti, oltre alla presenza di personale amministrativo e personale da adibire ai servizi generali anche in comune con altre strutture. Può infine essere impiegato personale con funzione di educatore-animatore. La capienza della struttura può andare da un minimo 20 posti letto ad un massimo di 120, da articolare in nuclei con esigenze assistenziali e prestazionali omogenee. La durata della degenza è quella individuata dal piano personalizzato definito in UVD e comunque di norma non superiore a 30 giorni. Al momento della redazione di questo Rapporto, la Regione Friuli Venezia Giulia sta elaborando le tariffe per la remunerazione dell’attività svolta dalle RSA, così da uniformarle sull’intero territorio di competenza. Attualmente infatti tale remunerazione avviene secondo due modalità: i costi sostenuti dalle RSA pubbliche rientrano nel finanziamento indistinto che ogni anno la Regione assegna alle Aziende per la copertura dei costi derivanti dalle diverse attività che un’azienda territoriale svolge, mentre le RSA private accreditate vengono remunerate in base a rapporti convenzionali stipulati con l’AAS di riferimento. Nel territorio dell’AAS 4 sono presenti due strutture di questo tipo (due ASP: una per 60 posti letto e l’altra per 34); le RSA a gestione diretta sono invece due, una a Udine ed una a Cividale del Friuli, rispettivamente per 24 e 23 posti letto. Prima della riorganizzazione avvenuta tramite LR n. 17 del 2014, ovvero nel periodo che corrisponde alla nostra analisi, il territorio ospitava altre due RSA, una a Codroipo di 27 posti letto e una a San Daniele del Friuli di 24 post letto. Ad ogni modo, la retta giornaliera è totalmente a carico del FSR fino al trentesimo giorno; a partire dal trentunesimo giorno di degenza la quota di partecipazione alla spesa è pari a € 25,82 giornaliere per le spese non sanitarie. Il ricovero di sollievo invece ha durata massima di 20 giorni. Qualora la degenza dovesse prolungarsi oltre il termine stabilito dall'equipe distrettuale, viene addebitata all'utente l'intera retta giornaliera. 185 Box 7 Residenze polifunzionali Si decide di inserire in questo box la descrizione delle caratteristiche fondamentali delle residenze polifunzionali, tipologia di struttura presente sul territorio dell’AAS 4 senza però convenzioni attive, al fine di rappresentare compiutamente la filiera dei servizi sociosanitari per anziani presente nella Regione FVG. Le Residenze polifunzionali sono infatti presenti all’interno della Regione e in modo prevalente nell’area triestina. La normativa di riferimento è costituita in questo caso dalla LR n. 19 del 1997, dalla DPGR n. 420 del 1997 e dalla LR n. 6 del 2006. Le Residenze polifunzionali si qualificano come strutture a valenza socioassistenziale, gestite da privati in forma individuale o societaria, rivolte ad accogliere, in via temporanea o continuativa, soggetti adulti di cui al comma 1 dell'art. 1 della LR FVG n. 19/1997, ovvero che: a) non necessitino di cure medico-infermieristiche continuative; b) non siano allettati; c) non presentino piaghe da decubito di quinto grado; d) non siano affetti da disturbi comportamentali incompatibili con le esigenze della vita comunitaria. Queste strutture garantiscono ai propri assistiti prestazioni di tipo alberghiero, assistenziale, di animazione e ricreative, nonché di tutela sanitaria generica, finalizzate al mantenimento delle funzioni psicofisiche e al loro recupero a seguito dell'insorgenza di stati morbosi transitori. L’accesso al servizio è consentito solo previa valutazione multidimensionale del bisogno da parte dell’UVD; le condizioni complessive accertate, affinché possa realizzarsi l’inserimento in questa tipologia di struttura, devono corrispondere ad un valore massimo di 550 punti BINA. I requisiti minimi strutturali e di dotazione di personale delle Residenze polifunzionali sono (DPGR n. 420 del 1997): • direttore responsabile della programmazione, della gestione, dell'organizzazione interna e della verifica dei programmi di attività; • addetto all'ospite (ADEST o OTA). Il rapporto operatore/ospiti deve garantire l'assistenza di 60 minuti per utente nell'arco delle 24 ore con un minimo di 4 unità di personale laddove tale rapporto risulti inferiore. È richiesta la garanzia del servizio notturno; • animatore; • almeno 1 addetto di cucina e 1 addetto alle pulizie generali. La capienza massima prevista per queste strutture è di 60 p.l.; le residenze con capienza superiore ai 30 ospiti devono essere articolate in moduli per un massimo di 30 posti ciascuno. La retta giornaliera versata dagli utenti non prevede abbattimento da parte della Regione; è possibile consultare i valori delle rette applicate nell’anno 2014 nella DGR n. 1408 del 2013 186 Servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti (DGR n. 2326 del 2010) Il servizio semiresidenziale si configura come un servizio rivolto prevalentemente ad anziani residenti nel contesto territoriale circostante, con vario grado di non autosufficienza. Esso, tramite le proprie attività assistenziali di cura alla persona e promozione dell’autonomia personale, socio-riabilitative di animazione e terapia occupazionale, sanitarie di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa e di ristorazione, persegue i seguenti obiettivi: - favorire la permanenza a domicilio della persona anziana non autosufficiente. Il servizio si configura quindi come risorsa a supporto della domiciliarità che concorre, se non ad evitare del tutto, per lo meno a ritardare l’ingresso delle persone anziane in strutture residenziali; - sviluppare le capacità residue degli anziani garantendo una risposta flessibile e personalizzata ai loro bisogni; - fornire un supporto concreto, anche per brevi periodi, alle famiglie degli anziani non autosufficienti; - consentire la conservazione delle abitudini domestiche, le relazioni, i legami con il territorio e il contesto di appartenenza in continuità con il tipo di vita condotto in precedenza; - garantire il perseguimento del benessere fisico e relazionale e il miglioramento delle condizioni di vita. L’accesso al servizio semiresidenziale per anziani non autosufficienti deve avvenire previa valutazione multidimensionale del bisogno da parte della UVD; in funzione del profilo di bisogno delineato vengono definiti i PAI sulla base dei quali vengono attuati gli interventi terapeutici. I servizi in oggetto devono rivalutare periodicamente i bisogni di ciascun utente al fine di verificare l’adeguatezza dei programmi di assistenza attivati e i risultati raggiunti. Gli standard di personale stabiliti dalla DGR n. 2326 del 2010 prevedono per il servizio semiresidenziale per anziani non autosufficienti una dotazione organica flessibile rispetto alle esigenze della sua utenza. Viene stabilito infatti che per tale servizio il numero degli operatori deve essere definito nel regolamento della struttura in rapporto alla capacità ricettiva, alle modalità di erogazione del servizio, valutate su base giornaliera e settimanale, e alle caratteristiche strutturali. Ad ogni modo, il servizio semiresidenziale deve garantire la presenza di: • Un coordinatore del servizio o un responsabile delle attività assistenziali nel rapporto di almeno 18 ore settimanali ogni 20 utenti, eventualmente ridotto in modo proporzionale; 187 • Personale per i servizi alberghieri e generali (ristorazione, igiene ambientale): in numero adeguato alla numerosità degli utenti e degli ambienti di cui il servizio è dotato; • Personale dedicato alle attività di animazione per almeno 18 ore settimanali; • Personale addetto all’assistenza di base alla persona. Il servizio semiresidenziale deve garantire almeno la presenza di operatori addetti all’assistenza di base nella misura di 1 operatore ogni 10 utenti. L’assistenza di base viene garantita dagli operatori di cui agli articoli 9 e 10 del DPReg. 333/08; • Personale dedicato alle attività sanitarie garantito dall’Azienda per i Servizi Sanitari con risorse proprie o attraverso il rimborso degli oneri effettivamente sostenuti dall’ente gestore del servizio semiresidenziale: o Un infermiere nel rapporto minimo di 3 ore settimanali sino a 14 utenti e 4 ore settimanali per 15 o più utenti. All’Azienda per i Servizi Sanitari competente spetta inoltre l’onere di garantire ogni ulteriore prestazione sanitaria ritenuta necessaria a soddisfare i bisogni sanitari rilevati; • Volontari. Infine, la deliberazione stabilisce che il servizio semiresidenziale operante all’interno di una struttura residenziale debba garantire i requisiti organizzativi sopra citati provvedendo, se necessario, ad aumentare la dotazione organica. Il servizio semiresidenziale deve essere fortemente integrato nel contesto comunitario e localizzato in luoghi strategici (ad esempio in prossimità degli spazi pubblici più significativi) così da essere facilmente raggiungibile. Il servizio deve funzionare per almeno 5 giorni alla settimana con una apertura giornaliera di almeno 7 ore e sono da preferire organizzazioni flessibili rispetto all’orario e ai giorni di funzionamento al fine di tenere in considerazione le esigenze e i ritmi di vita delle persone anziane accolte. Il numero ottimale degli utenti è di 20 unità, valore che può variare da un minimo di 5 ad un massimo di 30 ospiti (sono possibili deroghe al numero degli assistiti tramite autorizzazioni ad hoc). L’ammontare della tariffa die a carico del sistema sanitario è pari a: • 12, 50 € nei servizi semiresidenziali autonomi; • 10,50 € nei servizi semiresidenziali annessi a strutture residenziali. Tali valori pro capite vengono ridotti del 30% qualora la presenza dell’utente sia inferiore alle 5 ore (deliberazione Giunta Regionale FVG n. 2326 del 18.11.2010) 188 ADI (LR n. 10 del 1998, LR n. 17 del 2014) Per ADI si intende un complesso di prestazioni sanitarie (mediche, infermieristiche, riabilitative) e, se necessarie, socioassistenziali, rese al domicilio dell’ammalato secondo piani individuali programmati di assistenza, definiti con la partecipazione delle figure professionali interessate al singolo caso. Vengono assistite persone di tutte le età con importanti problematiche sanitarie e sociali e che, per gravi motivi di salute, non sono autosufficienti e non riescono a recarsi presso le strutture sanitarie. Si permette così al cittadino di rimanere nel proprio domicilio e nel proprio contesto familiare per ricevere le cure e l’assistenza necessarie, senza dover essere ricoverato in strutture ospedaliere o residenziali. In ogni distretto della Regione è garantita un’offerta per 12 ore nei giorni feriali e, con poche eccezioni, anche nei giorni prefestivi e festivi. I criteri di finanziamento dell’assistenza domiciliare integrata vengono esplicitati all’interno della DGR n. 394 del 2015, che ha definito le linee per la gestione del servizio sanitario regionale per l’anno 2015. Si legge che per tale tipologia di assistenza lo standard è stato fissato a 42 euro, valore che è stato raddoppiato a 84 euro per la popolazione residente a oltre 500 metri di altitudine; i valori così identificati costituiscono pertanto un riferimento per l’intera Regione. L’attività è quindi interamente a carico del SSR. I dati della filiera sociosanitaria45: Vengono di seguito riportati alcuni dati relativi alla rete di offerta e di attività relativi ai servizi di LTC; la prima tabella rappresentata tratterà dei servizi di tipo residenziale, mentre la seconda si focalizzerà sui servizi di tipo semiresidenziale e domiciliare. 45I dati riportati sono stati forniti dall’AAS 4 Friuli Centrale e fanno riferimento all’anno 2014. 189 Tabella 62: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) AAS 4 Friuli Centrale Residenze Protette Residenze polifunzionali con modulo di Fascia A Residenze ad utenza diversificata Erogatori Tot. n. 3 strutture di cui 2 strutture private e 1 struttura pubblica 8 strutture private Posti letto 301 (non auto) 332 (di cui 330 non auto) Tot. n. 14 strutture di cui 5 strutture private e 9 strutture pubbliche 1.679 (di cui 1.310 non auto) 388 498 2.017 109.196 115.177 528.572 Utenti in carico nell’anno Giornate di degenza erogate Fonte: Dati AAS 4 Friuli Centrale Tali valori permettono all’AAS di ricavare alcune misure relative all’attività svolta nelle strutture nel corso dell’anno 2014, come il tasso di occupazione dei posti letto, l’indice di rotazione dei posti letto, l’intervallo di turn-over e la degenza media. Nelle Residenze Protette si nota che il 99,4% dei posti letto a disposizione risulta occupato, con un indice di rotazione pari a 0,3 e un intervallo fra le dimissioni di un paziente e la successiva ammissione di un altro pari a 7,4 giorni; la degenza media è invece pari a 953 giorni. Nelle Residenze polifunzionali i valori cambiano lievemente, originando un tasso di occupazione dei posti letto pari al 95% e un indice di rotazione dei posti letto pari a 0,6; l’intervallo di turn-over è di 32,3 giorni mentre la degenza media di 559. Da ultimo, si riporta che nelle Residenze ad utenza diversificata l’86,3% dei posti letto risulta occupato e che l’indice di rotazione dei posti letto assume un valore pari a 0,3 utenti per posto letto; sono necessari 144,5 giorni affinché un posto letto rimasto vuoto venga occupato e la degenza media risulta di 864 giorni. Questi dati possono essere interpretati alla luce del fatto che le residenze ad utenza diversificata presentano posti letto anche per anziani autosufficienti, che sono meno utilizzati rispetto a quelli per non autosufficienti e dove naturalmente il tempo di permanenza è più lungo, che distanziano l’attività svolta in questa tipologia di struttura dalle altre due. Interessante infine è notare che le Residenze polifunzionali di tipo A e le Residenze protette hanno tempi di copertura del posto letto molto veloci, che testimoniano una prevalenza di bisogno riferito all’area della non autosufficienza. Utilizzando infine la stima del numero di anziani non autosufficienti presenti sul territorio come calcolata all’interno della Tabella 61 presentata nel primo 190 paragrafo del presente caso studio, è possibile quantificare il tasso di copertura dei posti letto convenzionati appartenenti alle strutture residenziali. Risulta quindi che il 14,30% degli anziani potenzialmente non autosufficienti residenti sul territorio dell’AAS a disposizione un posto letto all’interno delle strutture non appena presentate e descritte nella Tabella 62. Tabella 63: Dati di attività dei servizi sociosanitari semiresidenziali e domiciliari (anno 2014) AAS 4 Friuli Centrale Erogatori 2014 (convenzionati e con utenza in carico) Posti disponibili 2014 (convenzionati e con utenza in carico) Utenti in carico Giornate erogate/Numero di accessi Servizi semiresidenziali per anziani non autosufficienti ADI 5 Pubblici e 3 privati Pubblici e privati, in particolare nel distretto di Udine 105 pubblici e 60 privati - 143 3.660 20.384 113.276 Fonte: Dati AAS 4 Friuli Centrale I servizi presenti nel territorio dell’AAS 4 Friuli Centrale: la filiera sociale I servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani afferenti alla filiera sociale e offerti nel territorio dell’AAS 4 sono di seguito descritti, in ordine di intensità di cura. Casa albergo (DPGR n. 83 del 1990, DGR n. 2089 del 2006) La Casa albergo si presenta come una struttura residenziale in grado di fornire prestazioni di tipo alberghiero e assistenziale, di animazione, di carattere sanitario e riabilitativo rivolte all'ospitalità permanente o transitoria di anziani in condizioni psico-fisiche di autosufficienza o di parziale autosufficienza. Vengono infatti ospitati anziani sostanzialmente autosufficienti, che necessitino di forme di aiuto per svolgere le funzioni primarie e che presentino una compromissione della propria autonomia non superiore a 550 punti 191 BINA. Previa autorizzazione regionale e in via transitoria è possibile mantenere l’ospitalità di persone anziane che, successivamente al momento dell’accoglimento, abbiano avuto un’evoluzione della condizione funzionale tale da superare i 550 punti BINA. Tale autorizzazione sarà concessa previa presenza di: standard strutturali previsti per le Case Albergo nel DPGR n. 083/Pres. del 1990; standard di personale addetto all’assistenza non inferiore a quello previsto dal DPGR n. 420 del 1997 in analogia a quanto stabilito per le residenze polifunzionali; apposita dotazione strumentale necessaria per garantire l’ospitalità di persone con ridotti livelli di autonomia; valutazione recente degli ospiti attraverso lo strumento Val.Graf. Queste strutture sono indirizzate a soddisfare e stimolare il bisogno di rapporto sociale e con la famiglia di origine dell’anziano, attraverso attività assistenziali e di animazione. Sul versante sanitario-riabilitativo fondamentale risulta l'attività preventiva e di mantenimento nonché di recupero delle capacità dopo l'insorgenza di stati morbosi transitori. Il personale che deve essere presente all’interno delle Case albergo viene definito dal DPGR n. 83 del 1990, che prevede: • un responsabile o più responsabili della gestione della struttura, dell'organizzazione dei servizi e dei rapporti di collaborazione con i servizi sociali territoriali; • un assistente sociale che, oltre ad affrontare i problemi connessi all'accoglimento e agli aspetti relazionali dell'anziano, presti interventi volti a raccordare l'ospite con la famiglia e l'ambiente d'origine nonché la struttura con il territorio. È preferibile che le sue funzioni siano garantite dal servizio sociale di base dell'ambito di provenienza dell'ospite; • un animatore che promuova attività di animazione e di ricreazione nonché di mantenimento degli interessi specifici degli (anche con il ricorso a forme di organizzazione volontaria); • assistenti domiciliari e dei servizi tutelari che si occupino di tutte le attività di assistenza diretta alla persona e al suo ambiente di vita, delle attività inservientistiche nonché delle prestazioni a scavalco tra sanità e assistenza. Lo standard di personale ausiliario deve essere rapportato alle esigenze degli ospiti e comunque tendenzialmente a un rapporto di 1 ogni 6/10 ospiti; • servizi di terapia della riabilitazione, con il rapporto di almeno 1 terapista ogni 50 ospiti. Infine dovrà essere garantita l'assistenza di base e la soddisfazione delle esigenze medico infermieristiche degli ospiti con l'utilizzo dei servizi sanitari delle Aziende per l'Assistenza Sanitaria. 192 Le Case albergo possono contenere minimo 60 posti letto e massimo 120. La retta giornaliera applicata può variare in base ad elementi come le caratteristiche della stanza, l'assistenza fornita e i trasporti e viene definita dalle diverse strutture, approvata e aggiornata annualmente da parte della Giunta regionale. Essa è interamente a carico dell’utente o del suo comune di residenza. Nel 2014 il valore delle rette, approvate con la DGR n. 1408 del 2013, oscillava fra 9,05 €/die a 54 €/die per utenti autosufficienti, e fra 29,13 €/die a 39,17 €/die per utenti non autosufficienti. Comunità alloggio (DPGR n. 83 del 1990) La comunità alloggio costituisce nel territorio dell’AAS n. 4 Friuli Centrale un servizio di tipo residenziale organizzato funzionalmente come comunità a carattere familiare, che offre assistenza alle principali funzioni di base degli ospiti assicurando prestazioni di carattere educativo, assistenziale, sanitario, riabilitativo. Vengono qui ospitati anziani o persone adulte con disabilità, sostanzialmente autosufficienti e che presentano bisogni sanitari di mediobassa complessità e problematiche omogenee o compatibili. In casi eccezionali e su valutazione dell'equipe multidisciplinare per l'handicap, possono essere accolti anche minori con disabilità, in ogni caso non al di sotto dei quattordici anni. L’obiettivo perseguito dalla struttura è il recupero e/o il mantenimento delle capacità residue anche se l'autonomia per le attività della vita quotidiana è fortemente compromessa. Relativamente agli standard di personale è possibile notare che non è richiesta un’assistenza continuativa poiché appare sufficiente il sostegno interno ai membri della comunità stessa; è tuttavia previsto il collegamento continuo e garantito dei servizi domiciliari e degli altri servizi socioassistenziali del territorio. All’interno della struttura possono essere presenti da un minimo di 5 ad un massimo di 14 posti letto (compresi i posti riservati all’emergenza). Può essere autorizzata la realizzazione di due strutture contigue per una capacità ricettiva complessiva di massimo 28 posti. La retta giornaliera applicata può variare in base ad elementi come le caratteristiche dell'appartamento o all'assistenza igienica e viene definita dalle diverse strutture, approvata e aggiornata annualmente da parte della Giunta regionale. Essa è interamente a carico dell’utente o del suo comune di residenza. Nel il 2014 il valore delle rette, approvate con la DGR n. 1408 del 2013, oscillava fra 23,34 €/die a 33,33 €/die. 193 SAD Il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD) è erogato dagli Ambiti socioassistenziali, i quali costituiscono la modalità ottimale di aggregazione di Comuni come previsto dalla LR 6/2006. E’ un servizio rivolto a persone e/o nuclei familiari residenti nel territorio del Servizio Sociale dei Comuni che necessitino di sostegno, in via temporanea o continuativa, in relazione al verificarsi di situazioni di limitata autonomia o di condizioni che comportino il rischio di emarginazione. Gli interventi relativi al servizio di assistenza domiciliare di base e ai servizi socioassistenziali di sostegno e promozione della domiciliarità sono rivolti in via prioritaria a: • persone in condizione di limitata autonomia prive di reti familiari significative; • persone in condizione di limitata autonomia a rischio di istituzionalizzazione; • persone/nuclei familiari con presenza di individui in condizione di limitata autonomia che si trovino a fronteggiare eventi critici, improvvisamente insorti, con bisogni aventi la natura dell’urgenza sotto il profilo sociale; • nuclei familiari con presenza di persone in condizione di limitata autonomia che necessitino di supporto a causa della gravosità del carico assistenziale da loro sostenuto. Il SAD non è quindi esclusivamente dedicato all’assistenza domiciliare degli anziani, i quali costituiscono comunque una quota rilevante degli utenti del servizio, ma è rivolto anche a minori e nuclei familiari. L’accesso ai servizi avviene a seguito della presentazione di una domanda di accesso. L’assistente sociale di riferimento avvia il procedimento per l’accertamento dei requisiti e valuta la situazione del richiedente o del nucleo familiare dal punto di vista psico-sociale, anche attraverso una visita domiciliare, ed economico. L’assistente sociale definisce un progetto personalizzato che specifica: i bisogni socio-assistenziali; gli obiettivi prefissati; la durata del progetto personalizzato; i soggetti coinvolti nella realizzazione; gli interventi previsti e la fascia oraria di realizzazione; durata e periodicità degli stessi; le modalità ed i tempi della valutazione. Il servizio è prevalentemente erogato attraverso cooperative sociali e in qualche ambito (San Daniele e Tarcento) anche con operatori dipendenti. I costi sono a carico del Comune di residenza dell’assistito, con eventuale compartecipazione dell’utente, sulla base di regolamenti approvati dall’Assemblea dei Sindaci dell’Ambito. L’analisi dei Piani di zona 2013-2015, in modo specifico delle sezioni “Nomenclatore degli interventi e dei servizi sociali, sanitari e sociosanitari” e “Indicatori sulle prestazione del Servizio Sociale dei Comuni” dei 5 Ambiti, mostra un dato di utenti in carico complessivo nell’anno di circa 2.650 utenti. 194 Prestazioni economiche domiciliari (LR n. 6 del 2006; DGPR n. 7 del 2015) La normativa regionale, con particolare riferimento alla Legge Regionale n. 6 del 2006 e al Decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia n. 7 del 2015, prevede due diversi interventi economici erogati dagli Ambiti Distrettuali e indirizzati a sostegno delle situazioni di non autosufficienza, in particolare degli anziani, trattate a domicilio; essi sono: 1. L’Assegno Per l’Autonomia (APA), un intervento economico a favore delle persone con grave non autosufficienza e dei familiari che se ne prendono cura; 2. Il Contributo per l’Aiuto Familiare (CAF), un beneficio economico avente lo scopo di sostenere le situazioni in cui, per assistere persone in condizione di grave non autosufficienza, ci si avvale dell’aiuto di addetti all’assistenza familiare con regolare contratto di lavoro, per un monte ore non inferiore a 20 alla settimana, formato anche dalla somma oraria di due o più contratti. Questi due interventi fanno parte del Fondo per l’Autonomia Possibile (FAP) insieme al sostegno alla vita indipendente (SVI), in favore delle persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni in condizione di grave disabilità ma in grado di autodeterminarsi, e al sostegno ad altre forme di emancipazione e di inserimento sociale, indirizzato a persone in condizione di grave disabilità di età compresa tra i 12 e i 64 anni. Il FAP è quindi un intervento economico rivolto a persone che, per la loro condizione di non autosufficienza, non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri. Esso viene utilizzato a sostegno delle situazioni di non autosufficienza trattate a domicilio e di progetti sperimentali nel settore della salute mentale. I due interventi sono finalizzati a: a. rafforzare il sostegno pubblico all’area della non autosufficienza; b. favorire la permanenza delle persone non autosufficienti al proprio domicilio, attivando o potenziando la rete di assistenza domiciliare integrata; c. garantire alle persone con disabilità adeguata assistenza personale per la vita indipendente; d. sostenere la capacità di risoluzione autonoma delle famiglie; e. contribuire al miglioramento del governo del sistema territoriale; f. favorire il superamento dell’eterogeneità esistente nella Regione per quantità e qualità dell’offerta; g. contribuire all’incremento dei livelli di integrazione sociosanitaria. Essi, al fine di rappresentarne le specificità, verranno trattati separatamente. 195 Tabella 64: Assegno Per l’Autonomia (APA) e Contributo per l’Aiuto Familiare (CAF) Assegno (APA) Per l’Autonomia Contributo per Familiare (CAF) l’Aiuto Requisiti di È richiesta la redazione di un progetto personalizzato condiviso con ingresso l’assistito, o con chi ne fa le veci, e il suo medico curante attraverso l'intervento di un’équipe multiprofessionale integrata (Unità di Valutazione Multiprofessionale - UVM) Possono ricevere il contributo: a) persone non autosufficienti di età pari o superiore a 65 anni; b) persone di età inferiore ai 65 anni in condizioni di grave disabilità, come definita dall’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104; c) persone di età inferiore ai 65 anni in condizione di grave non autosufficienza temporanea; d) persone affette da gravi patologie dementigene; e) minori in condizioni di grave disabilità come definita dall’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992; f) persone con grave disabilità come definita dall’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992, conseguente a gravissimi deficit sensoriali. I requisiti per l’ammissibilità al contributo sono: a) appartenenza ad una delle categorie di beneficiari definite per l’APA; b) ISEE del nucleo familiare dell’assistito non superiore ai 30.000 euro; c) presenza di un regolare contratto per almeno 20 ore settimanali stipulato con addetti all’assistenza assunti direttamente dagli assistiti/dalle loro famiglie o messi a disposizione da agenzie interinali e da soggetti, operanti nell’ambito dei servizi alla persona, appartenenti al settore pubblico, privato e del privato sociale, o da soggetti costituiti in forme associative che agiscono nel campo dell’assistenza a domicilio. Infine, l’ISEE del nucleo familiare non deve superare i 30.000 €. Valore del Gli importi annui variano, a Gli importi annuali variano, a contributo seconda della gravità, dell’ISEE e seconda della gravità e dell’ISEE, da un minimo di 1.548 € a un massimo di 6.204 € per la generalità dei casi e da un minimo di 1.548 € a un massimo di 6.816 € per le gravi demenze. del numero di ore settimanali, da un minimo di 2.760 € a un massimo di 10.920 € per la generalità dei casi e da un minimo di 2.760 € a un massimo di 12.000 € per le gravi demenze. Fonte: elaborazione su informazioni contenute nella LR n. 6 del 2006 e DGPR n. 7 del 2015 196 I dati della filiera sociale Tabella 65: Dati di attività dei servizi sociali residenziali (anno 2014) AAS 4 Erogatori Posti letto Comunità alloggio Tot. n. 5 strutture: - 4 private - 1 pubblica Tot. n. 67 posti letto: - 43 appartenenti a strutture private - 24 appartenenti a strutture pubbliche Casa albergo Tot n. 5 strutture: - 1 privata - 4 pubbliche Tot. n. 431 posti letto: - 45 appartenenti a strutture private - 386 appartenenti a strutture pubbliche Fonte: Elaborazione su dati al 09.08.2013 contenuti all’interno dell’allegato alla DGR n. 1408 del 2013 Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto La modalità con cui avviene il primo contatto con l’utente è diversa nel caso in cui quest’ultimo si trovi presso il proprio domicilio o in ospedale, in procinto di essere dimesso. Nel primo caso, infatti, qualora venga riscontrata la necessità di inserimento in struttura, l’utente o la sua famiglia si rivolgono solitamente al medico di medicina generale o al servizio sociale dei comuni. L’utente quindi, su indicazione del medico o del servizio sociale, richiede l’inserimento in una casa di riposo; il Distretto di residenza provvederà ad attivare l’UVD. Nel secondo caso invece è l’ospedale stesso che contatta il Distretto di Residenza (in particolare l’ufficio che si occupa delle dimissioni protette) per l’attivazione dell’UVD. Selezione dell’utenza e primo accesso L'UVD è stabilmente composta dal medico di medicina generale dell’assistito, da un assistente sociale, di norma dipendente degli enti locali, e da una figura infermieristica; in relazione al singolo caso esaminato essa viene di volta in volta integrata da altre figure professionali il cui apporto si renda necessario. Definizione del piano di cura ed erogazione del servizio L’UVD attribuisce un punteggio al singolo caso sulla base della compilazione della scheda di valutazione multidimensionale BINA, redatta da parte degli operatori recatisi presso il domicilio dell’utente al fine di valutarne le condizioni sociosanitarie. Contestualmente viene inoltre compilata la scheda Val.Graf, che dovrà essere aggiornata da parte della struttura all’ingresso dell’utente. L’accesso ai servizi risulta quindi orientato dal servizio pubblico 197 (sia aziendale che di ambito sociale) tramite l’utilizzo di strumenti di valutazione multidimensionali che prevedono anche accessi domiciliari per favorire la conoscenze del contesto e proporre soluzioni personalizzate. Sulla base della compilazione delle schede viene attribuito un ordine di priorità agli utenti, derivante della gravità della loro condizione di salute. Le case di riposo possono aggiungere punti sulla base di specifici requisiti (per esempio in alcuni casi possono essere privilegiati i residenti). Nelle singole strutture identificate si genera una graduatoria; appena vi è disponibilità del posto in una delle strutture, l’utente viene contattato direttamente da quest’ultima per la proposta di accoglimento. In funzione del profilo di bisogno delineato, l’UVD elabora un sintetico Piano di Assistenza Individuale, che verrà integrato e sviluppato da parte della struttura di accoglienza, sulla base del quale vengono attuati gli interventi terapeutici, sanitari e socioassistenziali. Una volta attuato, qualora necessario, il PAI può essere modificato dalle strutture senza coinvolgimento dell’UVD così da venire incontro alle nuove esigenze degli utenti. Criticità e Punti di forza Uno dei punti di forza del sistema in analisi è la ricchezza dell’offerta per la popolazione anziana e la possibilità di scelta di diverse soluzioni che sostengono i nuclei familiari sia nell’inserimento presso strutture residenziali diversificate per intensità di bisogno e cura, sia nella permanenza al domicilio degli assistiti. Quest’ultima è supportata tramite i servizi domiciliari, che rappresentano una parte importante dell’offerta territoriale, erogati sia direttamente (SAD, ADI), sia attraverso l’assegnazione di un contributo o assegno di cura. Si segnala inoltre che viene promossa una solidarietà trasversale attraverso l’individuazione di meccanismi di compartecipazione ai costi assistenziali per tipologia di struttura residenziale. Una delle principali criticità del sistema è l’assenza di momenti in cui venga effettuata una lettura integrata del bisogno dell’utente, che attualmente viene demandata esclusivamente all’attività svolta dall’UVD. Tale problematica viene alimentata dall’assenza di budget integrati, che favorirebbero una collaborazione fra i diversi attori in gioco. Ulteriore criticità è legata agli stati vegetativi o a situazioni complesse che prevedono un incremento di costi non solo sanitari ma anche della quota a carico delle famiglie, oggi in gravi difficoltà economiche, motivo per cui si attende la riclassificazione delle strutture che potrà ridisegnare l’organizzazione e anche le tariffe. Lo spostamento degli ospiti da strutture per autosufficienti a strutture per non autosufficienti in seguito ad un peggioramento delle condizioni complessive di salute risulta frequentemente molto complesso, per motivi diversi (la volontà 198 di non sradicare l’anziano da un ambiente che conosce ormai da diverso tempo, la necessità di venire incontro alle esigenze delle famiglie etc.). Ciò porta ad una rivalutazione costante del carico assistenziale e sanitario, mostrando come sia sempre meno diffuso l’utilizzo di posti letto per autosufficienti. Box 2 L’evoluzione della normativa La normativa relativa ai servizi residenziali e semiresidenziali per anziani è, in Friuli Venezia Giulia, al momento della redazione di questo Rapporto, in forte evoluzione. È infatti stata approvata il 26 giugno 2015 in via definitiva la DGR n. 1226, che contiene in allegato il “Regolamento di definizione dei requisiti, dei criteri e delle evidenze minimi strutturali, tecnologici e organizzativi per la realizzazione e per l’esercizio di servizi semiresidenziali e residenziali per anziani”. Essa, inoltre, rinvia a successivi provvedimenti la determinazione degli ulteriori requisiti per l’accreditamento di tali servizi, nonché delle procedure per il rilascio e il mantenimento dell’accreditamento, la determinazione delle procedure attuative per la stipula degli accordi contrattuali, l’adozione di uno schema di convenzione/accordo contrattuale tipo per il riconoscimento delle prestazioni sanitarie. Verranno descritte le principali novità introdotte suddividendo i servizi tra: servizi residenziali per anziani autosufficienti, servizi residenziali per anziani non autosufficienti e servizi semiresidenziali per anziani. Servizi residenziali per anziani autosufficienti In questo caso la riqualificazione della rete di offerta avviene per singolo servizio. Vengono infatti definiti dei requisiti comuni a tutte le strutture (Case albergo e Comunità alloggio, rinominate Residenza assistenziale alberghiera e Comunità di tipo familiare per anziani autosufficienti) e dei requisiti specifici per ciascuna di esse. I requisiti si differenziano a seconda che le strutture siano di nuova realizzazione o già funzionati ai sensi della normativa in vigore. Servizi residenziali per anziani non autosufficienti La DGR n. 1226 del 2015 non stabilisce, diversamente dai servizi residenziali per anziani autosufficienti, dei requisiti specifici per struttura (ovvero Residenza protetta, Residenza polifunzionale, Residenza ad utenza diversificata, etc., precedentemente descritte), ma dei requisiti specifici per combinazione di categoria di struttura e tipologie di nucleo strutturale presenti. Più precisamente, la categoria di struttura è data dal numero di posti letto complessivi e dalle dotazioni tecnologiche, strumentali e di personale (avremo quindi livello base, primo livello, secondo livello e terzo livello, di nuova realizzazione o già funzionanti ai sensi della normativa vigente). 199 Per nucleo strutturale s’intende invece un’area di degenza autonoma dotata di specifiche caratteristiche strutturali e di dotazioni strumentali, collocata su uno stesso piano dell’edificio sede dell’attività residenziale (di tipologia N1, N2, N3, o N1nr e N3nr se collocati in strutture di nuova realizzazione). Come già affermato, dalla combinazione di questi elementi scaturiranno i requisiti minimi da applicare. Servizi semiresidenziali per anziani In quest’ultimo caso i requisiti minimi richiesti variano in base alla struttura considerata, ovvero se essa sia indirizzata ad anziani autosufficienti o non autosufficienti. Da ultimo è interessante notare che la DGR in oggetto stabilisce dei profili di bisogno delle persone accolte, correlati all’omogeneo assorbimento di risorse sanitarie e assistenziali, non sempre direttamente proporzionali alla gravità clinica o alla compromissione funzionale. I profili sono generati dal sistema di valutazione multidimensionale e vengono associati dalla delibera alle diverse strutture di assistenza precedentemente indicate. Essi sono: Profilo A star Comprende persone che presentano bisogni complessi a elevatissima rilevanza sanitaria e sociosanitaria, richiedenti trattamenti intensivi, essenziali per il supporto alle funzioni vitali. Nello specifico, trovano collocazione all’interno di questo profilo persone che hanno bisogno di aiuto per una totale compromissione della capacità di svolgere le attività di base della vita quotidiana e che, per il soddisfacimento dei loro bisogni clinico-assistenziali, necessitano per lo più di monitoraggi clinici pluriquotidiani di tipo specialistico e di trattamenti terapeutici intensivi a supporto delle funzioni vitali. Profilo A Comprende persone che presentano per lo più bisogni sanitari a elevata rilevanza associati a bisogni sociosanitari complessi. In particolare trovano collocazione all’interno di questo profilo persone che necessitano di monitoraggi clinici quotidiani e trattamenti continui, qualificati, specialistici e presentano spesso una severa limitazione della capacità di svolgere le attività di base della vita quotidiana. Profilo B Comprende persone che presentano per lo più bisogni sanitari di complessità medio-bassa associati a elevati bisogni sociosanitari. Si tratta di una gamma piuttosto ampia di utenza che spazia da soggetti con bisogni sanitari, seppur di media complessità, fino a giungere a utenti con prevalenti o esclusivi bisogni sociosanitari correlati, a prescindere dal fattore causale, a una progressiva perdita dell’autosufficienza funzionale (a partire da quella motoria). 200 Profilo B Comportamentale Comprende persone che presentano elevati bisogni sociosanitari, associati o meno a bisogni sanitari di complessità media o bassa, correlati a rilevanti disturbi del comportamento che complicano malattie mentali o quadri di deterioramento cognitivo moderato-grave su base dementigena. Nello specifico, le modalità di sorveglianza e la tipologia di assistenza di cui necessitano queste persone non sono vincolate alla frequenza di comparsa dei disturbi comportamentali, ma sono più strettamente collegate al genere e alla gravità delle problematiche foriere di azioni pericolose per sé e per gli altri. Profilo C Comprende persone - a rischio di precipitazioni funzionali - richiedenti una presa in carico tempestiva, che presentano bisogni sociosanitari di mediobassa complessità, bisogni clinico-sanitari di solito lievi (o, più raramente, di media rilevanza) e bisogni sanitari infermieristici di grado diverso, con ampia variabilità interindividuale. Profilo E Comprende persone che presentano bisogni sociosanitari di grado lieve e solitamente limitati nel tempo, nonché bisogni sanitari per lo più lievi od occasionali. 201 2.9 AULSS di Venezia46 Il contesto aziendale L’ambito territoriale di competenza dell’Azienda ULSS (AULSS) 12 Veneziana comprende i Comuni di Venezia, Cavallino-Treporti, Marcon e Quarto D’Altino, per un’area di 462,4 kmq con una popolazione residente di 303.732 abitanti al 31 dicembre 201447. Tale territorio si articola in due Distretti sociosanitari, ovvero: • Distretto 1: Venezia Centro Storico, Estuario e Cavallino-Treporti; • Distretto 2: Venezia Terraferma, Quarto d’Altino e Marcon. Il Distretto Socio Sanitario viene identificato all’interno dell’Azienda AULSS 12 Veneziana come il luogo d’integrazione tra i servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali, con l’obiettivo di assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione. Esso si pone quale punto di accesso per tutti i servizi offerti e come sede di coordinamento e gestione dell’intera filiera dell’assistenza territoriale. Il coordinamento di tali Distretti viene assicurato nell’AULSS 12 Veneziana da una figura specifica, il Direttore dei Servizi Sociali e della Funzione Territoriale, in collaborazione con il Direttore Sanitario. Più in particolare, il Direttore dei Servizi Sociali e della Funzione Territoriale è nominato dal Direttore Generale, sentita la Conferenza dei Sindaci, al fine di concorrere al processo di pianificazione strategica per la propria materia di competenza, ovvero allo svolgimento della funzione di programmazione, allocazione e committenza. Elabora quindi la pianificazione della rete dei servizi, curando i rapporti istituzionali con le Amministrazioni comunali per le scelte attinenti alla definizione delle linee strategiche di indirizzo. Dirige e coordina, in riferimento agli aspetti organizzativi dei servizi sanitari, socio sanitari e socio assistenziali del territorio, nonché per quel che riguarda i servizi sociali, i programmi di intervento di area specifica ed i responsabili delle strutture dell’Azienda. Fornisce, infine, le informazioni e realizza le attività necessarie per il controllo di gestione dell’Azienda ed il controllo di qualità dei servizi e delle prestazioni erogate. Il presente caso è stato redatto grazie al prezioso contributo della Dott.ssa Giovanna Busso, Dirigente presso la Direzione dei Servizi Sociali dell’Aulss 12 veneziana, e del Dott. Antonio Aggio, Direzione regionale Attuazione Programmazione Sanitaria. La responsabilità di quanto scritto resta comunque in capo agli autori. 47 Dati forniti dall’UOC Controllo di Gestione dell’Azienda ULSS 12 Veneziana. 46 202 Tabella 66: Popolazione di riferimento AULSS 12 veneziana Popolazione al 31/12/2014 Popolazione totale Popolazione 65-74 Popolazione over 75 Totale popolazione Anziana (over 65) % popolazione over 65-74 % popolazione over 75 % popolazione Anziana (over 65) AULSS 12 303.732 39.043 41.297 80.340 12,85% 13,60% 26,45% Stima popolazione non autosufficiente over 65 (18,5%)∗ 14.863 Fonte: Dati forniti dall’UOC Controllo di Gestione dell’Azienda AULSS 12 Veneziana I servizi offerti Un primo elemento che emerge dall’analisi del caso veneto è che vengono offerti, nel territorio dell’AULSS 12 “Veneziana”, quasi tutti i servizi residenziali (mancano infatti le Comunità alloggio per persone anziane, successivamente descritte nel Box 9) e tutti i servizi semiresidenziali e domiciliari per anziani previsti dalla vigente normativa regionale. Si origina così una gamma molto ampia di prestazioni sociali e sociosanitarie a disposizione della popolazione anziana, più precisamente: Per i servizi residenziali sono presenti, in ordine di intensità di cura, Sezione per gli Stati Vegetativi Permanenti (SVP), Sezioni ad Alta Protezione Alzheimer (SAPA), Centro di servizi per anziani non autosufficienti (con distinte unità di offerta per anziani con maggior bisogno assistenziale e per anziani con ridotto/minimo bisogno assistenziale), Casa Albergo/Mini Alloggio, Casa per persone anziane autosufficienti. Per i servizi semiresidenziali possono essere invece identificati i Centri diurni per persone anziane non autosufficienti. ∗ La stima della popolazione Non Autosufficiente Over65 è stata calcolata applicando la % di incidenza della condizione di non autosufficienza per la popolazione over65 come da rilevazione ISTAT (valore medio nazionale pari a 18,5%) al totale della popolazione over65 residente nell’AULSS 12 (nella tabella precedente alla voce “Totale popolazione Anziana (over 65)”. Per ulteriori riferimenti ed approfondimenti sui limiti e vantaggi del metodo utilizzato si veda: Fosti, Notarnicola (2014), Il welfare e la Long Term Care in Europa, Egea, Milano. 203 Infine, nel caso dei servizi domiciliari, riscontriamo la presenza del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata, del Servizio di Assistenza Domiciliare e dell’Impegnativa di Cura Domiciliare (ICD). I servizi presenti nel territorio dell’AULSS 12 Veneziana: la filiera sociosanitaria Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’AULSS 12 “Veneziana” afferenti alla filiera sociosanitaria. Sezione per gli Stati Vegetativi Permanenti (SVP) (DGR n. 702 del 2001, DGR n. 2501 del 2004) Le SVP sono specifiche strutture di ricovero ed assistenza per Stati Vegetativi Permanenti, il cui obiettivo è garantire un elevato livello di assistenza sanitaria ed infermieristica senza gravare le famiglie e le altre maglie della rete assistenziale. Più specificatamente, è compito delle SVP mantenere la stabilizzazione dello stato clinico generale e le funzioni vitali, prevenire le complicazioni, avviare e sviluppare, qualora possibile, un sistema individuale di comunicazione con l’ambiente, supportare la famiglia, stimolare e favorire la riabilitazione del paziente. Gli utenti accolti in queste strutture sono persone che si trovano in condizione di “stato vegetativo” a seguito di gravi lesioni celebrali. La valutazione per l’ammissione alle sezioni per i pazienti in stato vegetativo è svolta dalla UVMD, su proposta del medico dimettente ospedaliero o del medico di medicina generale in accordo con il responsabile della struttura accogliente. Il personale previsto per questa tipologia di strutture è: • Medico: 6 ore/settimana per ogni nucleo; • Fisiatra: 2 ore/settimana per ogni nucleo al fine di sovraintendere al progetto/programma riabilitativo; • IP, OSS e fisioterapista: 4 ore/die complessive per ciascun paziente per sette giorni; • Psicologo: 3 ore/settimana per ogni nucleo per la valutazione neuropsicologica del soggetto e sostegno psicoterapeutico per la famiglia. Le SVP si articolano in sezioni composte di nuclei da 4 posti letto per un totale massimo di 10 posti letto per sezione. 204 La tariffa giornaliera stabilita dalla DGR n. 2621 del 2012, allegato D, per l’assistenza prestata dalle SVP è 153,00 €/die. La normativa stabilisce inoltre una differenziazione della quota sanitaria e della quota alberghiera a seconda della durata della permanenza dell’utente presso la struttura; si avranno quindi: • Per i primi 6 mesi: 153,00 €/die a carico AULSS (quindi la quota sanitaria è pari al 100%); • Dopo i primi 6 mesi: 130,00 €/die a carico AULSS e 23,00 €/die a carico dell’utente con eventuale integrazione a carico del Comune di residenza. Sezione Alta Protezione Alzheimer (DGR n. 702 del 2001, DGR n. 2501 del 2004) Le SAPA sono strutture destinate ad accogliere persone affette da demenza di grado moderato o severo che, per il livello del deficit cognitivo e per la presenza di significative alterazioni comportamentali, non trovino una risposta adeguata con l’assistenza domiciliare o in altre forme di residenzialità. Si tratta di una risposta limitata nel tempo, rivolta a coloro che necessitano di un particolare approccio clinico-assistenziale durante una o più fasi della loro malattia. In termini generali, l’istituzione di questa tipologia assistenziale era finalizzata alla creazione di nuovi nodi nella rete delle strutture extraospedaliere, con la volontà di sostenere tramite un’assistenza più specifica e specializzata i pazienti e i loro caregiver. Più specificatamente, particolare attenzione veniva prestata ad obiettivi quali: • realizzazione di progetti terapeutici specifici per i disturbi cognitivi, i disturbi del comportamento, i disturbi della motricità, la gestione dei disturbi sfinterali; • attuazione di programmi di riattivazione e di ricondizionamento cognitivo; • formazione del caregiver parentale e del personale di assistenza; • utilizzo e verifica del caso attraverso scale validate per i disturbi cognitivi, comportamentali e funzionali; • gestione della criticità che ha motivato l'accoglienza in una sezione residenziale ad alta protezione, compresa la ridefinizione del peso delle problematiche sociali e della progettazione dei relativi interventi; L’accesso si realizza previa valutazione da parte della UVMD, su proposta del medico dimettente ospedaliero o del medico di medicina generale, sentito il responsabile della struttura di accoglienza. La permanenza sarà limitata al periodo necessario ad effettuare il programma assistenziale e clinico, con predisposizione ed individuazione della successiva risposta che potrà essere il 205 rientro a domicilio, eventualmente con assistenza domiciliare integrata o l’accoglimento in residenza protetta. Il personale previsto dalla normativa regionale vigente per questa tipologia di strutture è: • 1 Infermiere Professionale ogni 8 ospiti; • 1 OSS ogni 2 ospiti; • Educatore/animatore: 1 ogni 15 ospiti comprensiva dei caregiver; • Personale fisioterapista: 0,5 ogni 15 ospiti; • Sono assicurati 30 minuti die pro ospite di attività svolta dallo psicologo comprensiva dei caregiver (presa in carico dei disturbi cognitivi del comportamento e alle connesse attività formative ed educazionali); • è prevista l'assistenza medica da parte dei MMG Si articola in sezioni composte da un minimo di 10 posti letto ad un massimo di 15; la permanenza in queste strutture non può durare più di 60 giorni. Il valore della retta giornaliera stabilito dalla DGR n. 2621 del 2012, allegato D, è complessivamente 128,00 €/die, così suddiviso: • 92,00 €/die a carico AULSS • 36,00 €/die a carico dell’utente/Comune di residenza Centro di servizi per anziani non autosufficienti (DGR n. 84 del 2007) Il Centro di servizi è un presidio che offre a persone non autosufficienti di norma anziani, con esiti di patologie fisici, psichici, sensoriali e misti non curabili a domicilio, un livello di assistenza medica, infermieristica, riabilitativa, tutelare e alberghiera organizzate in base alla specifica unità di offerta. Gli utenti cui questo servizio è rivolto sono gli anziani non autosufficienti con un bisogno assistenziale non gestibile al domicilio L’accesso al servizio è garantito previa individuazione dello specifico profilo assistenziale da parte della UVMD. Deve essere inoltre definito e documentato un PAI sulla base: • delle condizioni dell'utente, dei suoi bisogni e del suo contesto familiare e sociale • dei risultati che si vogliono ottenere • della capacità di risposta dell'ente in termini organizzativi interni e di eventuale integrazione e ricorso ai servizi della rete. In particolare il PAI deve comprendere la valutazione multidimensionale dell'utente, l’individuazione degli obiettivi specifici d’intervento, 206 l’individuazione dell’operatore referente del PAI, l’informazione, il coinvolgimento e la condivisione con l’utente e/o dei suoi familiari nella definizione del PAI e la sua formalizzazione con la descrizione delle attività specifiche, dei tempi indicativi di realizzazione, la frequenza e la titolarità degli interventi, la realizzazione di attività di verifica (procedure, tempi e strumenti) e altri elementi significativi. La struttura può avere una capacità ricettiva massimo di 120 posti letto, organizzati in nuclei di massimo 30. I centri di servizi per anziani non autosufficienti si suddividono inoltre in due unità di offerta, a seconda dello specifico profilo assistenziale degli utenti che vengono ospitati. Tali unità di offerta, si differenziano, fra gli altri, per gli standard di personale adottati e le tariffe applicate, di seguito descritti. Unità di offerta per anziani non autosufficienti con maggior bisogno assistenziale Il personale previsto dalla DGR n. 84 del 2007 per l’area sociosanitaria è: • 1 coordinatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 unità di personale48 con funzione di assistenza sociosanitaria ogni 2,4 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 infermiere professionale ogni 12 ospiti presenti in media nell’anno (gli infermieri generici e/o gli operatori con la qualifica di OSS sono previsti al massimo per il 30%); deve essere garantito il servizio infermieristico nell’arco delle 24 ore, con la presenza notturna in sede di almeno 1 infermiere ogni 60 ospiti. Per l’area sociale vengono invece previsti: • 1 educatore-animatore ogni 60 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 assistente sociale ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 psicologo ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno; • altro personale sanitario (medici, psicologi, terapisti della riabilitazione, etc.) deve essere garantito dall'AULSS di riferimento; • deve essere prevista la presenza di adeguato personale ausiliario o servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico. Non è possibile identificare una retta giornaliera complessiva comune a tutte le strutture della Regione, in quanto la quota sociale a carico dell’utente/Comune di residenza dipende dalla numerosità e dalla modalità di gestione dei servizi alberghieri offerti nelle diverse sedi e non è definita dalla normativa vigente. È possibile però riportare la quota sanitaria, che la DGR n. 1673 del 2010 stabilisce in 56,00 €/die; ad ogni modo, tale quota, visti gli 48 1 unità personale corrisponde a 1 persona con contratto di lavoro full time (36 ore) 207 obiettivi e le attività del Centro di servizi, rappresenta circa il 50% del valore totale della retta. Unità di offerta per anziani non autosufficienti con ridotto/minimo bisogno assistenziale La DGR n. 84 del 2007 individua come personale preposto all’assistenza nell’area sociosanitaria: • 1 coordinatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 unità di personale con funzione di assistenza sociosanitaria ogni 2,5 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 infermiere professionale ogni 15 ospiti presenti in media nell’anno (gli infermieri generici e/o gli operatori con la qualifica di OSS sono previsti al massimo per il 30%); deve inoltre essere garantito il servizio infermieristico nell’arco delle 24 ore, anche mediante il ricorso alla reperibilità notturna. Per l’area sociale invece vengono previsti: • 1 educatore-animatore ogni 60 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 assistente sociale ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 psicologo ogni 120 ospiti presenti in media nell’anno; • altro personale sanitario (medici, psicologi, terapisti della riabilitazione, etc.) deve essere garantito dall'AULSS di riferimento; • deve essere prevista la presenza di adeguato personale ausiliario o servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico. Anche in questo caso non è possibile identificare una retta giornaliera complessiva comune a tutte le strutture della Regione, in quanto la quota sociale a carico dell’utente/Comune di residenza dipende dalla numerosità e dalla modalità di gestione dei servizi alberghieri offerti nelle diverse sedi e non è definita dalla normativa vigente. È possibile però riportare la quota sanitaria, che la DGR n. 1673 del 2010 stabilisce in 49,00 €/die; ad ogni modo, tale quota, visti gli obiettivi e le attività del Centro di servizi, rappresenta circa il 50% del valore totale della retta. Centro diurno per persone anziane non autosufficienti (DGR n. 84 del 2007) Il centro diurno per persone anziane non autosufficienti è un servizio complesso a carattere diurno che fornisce interventi sanitari (prevenzione, terapia e riabilitazione), assistenziali (cura della persona, autonomia personale) e sociali (animazione, terapia occupazionale, socializzazione) ad anziani non autosufficienti residenti presso il proprio domicilio. 208 Le finalità perseguite tramite l’istituzione e l’operato dei centri diurni sono: • Ritardare l’istituzionalizzazione e il decadimento psico-fisico dell’anziano, fornire sostegno e sollievo alle persone anziane non autosufficienti e/o alle loro famiglie; • Concorrere al mantenimento della persona anziana nel proprio ambiente familiare e sociale; • Dare conveniente risposta ai bisogni di cura delle persone anziane dimesse dall’ospedale, riducendo così le giornate di ricovero e alleviando l’onere assistenziale delle famiglie. L’accesso richiede una valutazione multidimensionale delle condizioni della persona effettuata dall’UVMD attraverso la compilazione della SVaMA per l’individuazione del profilo di non autosufficienza ed il successivo inserimento della persona richiedente nel registro della residenzialità. L’accoglienza in struttura viene poi autorizzata a seconda del punteggio di gravità, del profilo individuato e della scelta del Centro di Servizi. Gli standard di personale definiti dalla DGR n. 84 del 2007 prevedono la presenza di: • 1 OSS ogni 4 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 infermiere professionale part time al 75% ogni 30 ospiti presenti in media nell’ anno • deve essere prevista la presenza di adeguato personale ausiliario o servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico Il centro diurno può inoltre avvalersi della collaborazione di uno psicologo, di un assistente sociale o di un educatore; la presenza di altro personale sanitario (medici, psicologi, riabilitatori, etc.) deve essere garantita dall’Azienda AULSS di riferimento Il numero massimo di ospiti, in termini di presenze medie giornaliere, che possono frequentare il Centro diurno sono 30. Dal punto di vista del finanziamento, la tariffa sociosanitaria giornaliera prevista dalla DGR n. 1673 del 2010 per i centri diurni si compone di una quota sanitaria pari a 27,99 €/die e di una compartecipazione dell’utente/Comune di residenza tramite quota sociale. Quest’ultima non viene esplicitata nella DGR, ma viene definita dall’ente gestore in base all’andamento del mercato, e si attesta a circa 29 €/die. 209 Cure Domiciliari (DGR n. 5273 del 1998, DGR n. 1722 del 2004, DGR n. 39 del 2006, DGR n. 2372 del 2011) Per Cure domiciliari si intende nella Regione Veneto l’assistenza sanitaria resa a casa del paziente dagli operatori sanitari delle Cure Domiciliari: MMG, Infermiere, fisioterapista, Medico Specialista Geriatra, Medico Palliativista, altro Medico Specialista, Medico di Continuità (non come unica figura ma in integrazione con gli altri operatori), Operatore Sociosanitario (se dipendente del Distretto Sociosanitario). Le Cure Domiciliari costituiscono la parte più strettamente sanitaria dell’assistenza domiciliare; ad esse possono concorrere anche i familiari, l’assistenza privata a pagamento e gli altri componenti della rete socioassistenziale (ad esempio: Operatori Sociosanitari del Comune o del Distretto). In questo contesto l’acronimo ADI, usato in altre realtà, può essere sostituito dal termine “Cure Domiciliari”. L’obiettivo che le CD perseguono è di permettere al cittadino di rimanere presso il proprio domicilio e nel proprio contesto familiare per ricevere le cure e l’assistenza necessarie, senza dover essere ricoverato in strutture ospedaliere o residenziali. Gli utenti del servizio sono persone di tutte le età, che si trovano in condizioni di dipendenza fisica o sociale o sociosanitaria. La DGR n. 2372 del 2011 identifica alcuni standard di riferimento di servizio per le Cure domiciliari che vengono qui riportati: Figura 16: Standard di riferimento per le Cure domiciliari Fonte: DGR n. 2372 del 2011 I costi sanitari sono totalmente a carico dell’AULSS; il valore della quota alberghiera versata dall’utente, o dal comune qualora egli si trovi al di sotto di 210 determinate soglie di reddito definite da ciascun comune nei propri regolamenti, dipende invece dal reddito della persona e viene definito all’interno dei singoli regolamenti comunali Impegnativa di Cura Domiciliare (ICD) (DGR n. 1338 del 2013) L’Impegnativa di Cura Domiciliare è un contributo erogato per l’assistenza delle persone non autosufficienti anziane o disabili al proprio domicilio ad integrazione delle attività di assistenza prestate dai Comuni e dall’AULSS. Essa mira a garantire la permanenza a domicilio delle persone non autosufficienti sia attraverso l’assegnazione di un contributo economico, sia attraverso l’assegnazione di un monte ore di prestazioni o di servizi di pari valore. L’ICD infatti, introdotta nel 2013, viene utilizzata nella Regione Veneto per riunire in un unico contesto tutti gli interventi previsti dal Fondo regionale per la non autosufficienza in ambito domiciliare, già programmati come Assegno di cura (ADC), Aiuto personale e vita indipendente, ADI-SAD e Sostegno alla grave disabilità con necessità di assistenza domiciliare nelle 24h (compresa SLA); vengono inoltre ricondotti all’ICD gli assegni badanti e i contributi per Alzheimer e demenze. Tale provvedimento si è reso opportuno anche al fine di adattare il contenuto delle prestazioni domiciliari nell'ambito dell’erogazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza aggiuntivi regionali (DGR 154/CR del 2012 e DGR 37/CR del 2013). L’ICD persegue quindi l’ottica della presa in carico, da parte dei servizi sociali e sociosanitari di Comuni, enti delegati e Aziende AULSS, delle situazioni di disagio dovute alla non autosufficienza, al fine di supportare le azioni con un insieme di interventi integrati tra loro. Le attività che generalmente ricevono assistenza sono: a. Supervisione e sorveglianza a soggetti con mobilità conservata o ridotta ma con presenza di decadimento cognitivo e/o disturbi del comportamento che potrebbero originare comportamenti a rischio per l’incolumità personale e dei conviventi oltre che la fuga; b. Assistenza nelle attività strumentali della vita quotidiana (iADL) ovvero assumere i farmaci in sequenza e dosi corrette, fare la spesa, preparare i pasti, fare il bucato, eseguire i lavori domestici, gestire piccole somme di denaro, usare il telefono per comunicare, utilizzare i mezzi di trasporto; c. Assistenza nelle attività della vita quotidiana (ADL) in genere riassunte, in ordine di priorità, in: lavarsi, usare il WC, camminare in una stanza, spostarsi dal letto ad una poltrona/sedia, vestirsi e svestirsi, mangiare. 211 Le tipologie di Impegnativa di Cura Domiciliare sono cinque e ciascuna di esse risponde a diverse intensità di bisogno assistenziale; si avranno quindi: - Utenti con basso bisogno assistenziale (ICDb, riuniscono gli assegni di cura base e badanti e il contributo ADI-SAD erogato in forma di servizio e non di contributo economico), verificato dalla rete dei servizi sociali e dal Medico di Medicina Generale, con ISEE familiare inferiore a 16.631,71€. Il valore della quota mensile riconosciuta è di 120€ per ICDb ex ADC e 100€ per ICDb ex ADI-SAD, ripartibile ai Comuni49. - Utenti con medio bisogno assistenziale (ICDm che sostituiscono ADC demenze con disturbo comportamentale), verificato dal Distretto Socio Sanitario, con presenza di demenze di tutti i tipi accompagnate da gravi disturbi comportamentali o con maggior bisogno assistenziale rilevabile dal profilo SVaMA, con ISEE familiare inferiore a 16.631,71€. Il contributo mensile previsto in questo caso è pari a 400,00€49. - Utenti con alto bisogno assistenziale (ICDa, che assorbono la DGR sulla SLA e gli altri interventi domiciliari per assistenza continuativa h24), verificato dal Distretto Socio Sanitario, con disabilità gravissime e in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continua nelle 24 ore, con ISEE familiare inferiore a 60.000,00€. Il valore mensile dell’ICDa è pari a 800,00€49. - Utenti con grave disabilità psichica e intellettiva (ICDp), già interventi di promozione dell’autonomia personale e di aiuto personale; il valore medio mensile dell’ICDp è pari a 225,00€. - Utenti con grave disabilità fisico-motoria (ICDf, già progetti di vita indipendente). Questa tipologia di Impegnativa di Cura Domiciliare viene utilizzata per sovvenzionare dei progetti nei quali la persona in età adulta con disabilità fisico-motoria, non dipendente da deficit sensoriali e non correlata a deficit cognitivi, in grado di autodeterminare la propria volontà, propone e gestisce il proprio piano personalizzato di assistenza, al fine di conseguire obiettivi di vita autonoma, parità di opportunità ed integrazione sociale. L’assistenza personale autogestita permette di vivere autonomamente presso il proprio domicilio e consente alle famiglie di essere più libere da obblighi assistenziali. La persona con disabilità infatti sceglie il/i proprio/i assistente/i, ne cura la formazione, ne concorda direttamente mansioni, orari e retribuzione; inoltre, il soggetto con disabilità può, con il finanziamento ricevuto, acquistare attrezzature specifiche per l’autonomia personale. Il contributo presenta un 49Per queste ICD gli importi del contributo sono variabili in funzione del reddito o del progetto assistenziale. 212 ammontare variabile determinato dal progetto personalizzato, con un limite massimo di 1.000,00€ mensili, mentre il riparto per AULSS è effettuato su una quota media mensile di 550,00€. Infine, la DGR n. 1338 del 2013 stabilisce il riparto delle risorse per il Sollievo che ciascuna Azienda, informata la Conferenza dei Sindaci e la Direzione regionale Servizi sociali, può utilizzare ad integrazione delle ICD o per impegnative di residenzialità temporanee e comunque nell’ambito delle attività definite come LEA. In generale, il riconoscimento del diritto all’ICD è condizionato dall’accertamento di: • Una condizione di non autosufficienza sotto i profili sanitario e sociale che evidenzia la necessità di un particolare supporto attraverso l’aiuto da altra persona in una o più attività della vita quotidiana; • Sufficiente adeguatezza del supporto erogato dalla famiglia, direttamente o indirettamente, e/o dalla rete sociale a copertura delle esigenze della persona; • Una condizione economica della famiglia (o della persona per ICDp e ICDf) di cui fa parte la persona non autosufficiente contenuta entro certi limiti ISEE, precedentemente descritti. Oltre a ciò si aggiungono i requisiti specifici relativi a ciascuna tipologia di ICD. Box 8 Le cure intermedie e i sevizi per anziani (DGR n. 2718 del 2012; DGR n. 2122 del 2013; DGR n. 2108 del 2014; DGR n. 2683 del 2014) Si ritiene opportuno inserire all’interno della presente trattazione un riferimento a due strutture che non vengono normalmente attribuite alla rete dei servizi per anziani, bensì alla rete delle cure intermedie, ovvero gli Ospedali di Comunità (ODC) e le Unità Riabilitative Territoriali (URT). Tale decisione viene assunta perché, in sede di intervista, è stata segnalata una forte presenza di over65 fra i pazienti ospitati, elemento che testimonia come queste strutture siano un punto di riferimento fondamentale nel percorso di cura degli anziani 213 Box 8 Le cure intermedie e i sevizi per anziani Ospedali di Comunità: L’ODC (derivante dall’evoluzione e dall’affinamento delle RSD - Residenze Sanitarie Distrettuali, attualmente presenti nel territorio dell’ULSS n. 12 Veneziana nel numero di 40 per un totale di 175 utenti in carico e di 66 giorni di degenza media) è una struttura di residenzialità extra-ospedaliera a carattere temporaneo per l’erogazione di prestazioni prevalentemente di tipo sanitario. Essa è finalizzata a garantire le cure intermedie, ovvero le cure necessarie per quei pazienti post-acuti o cronici riacutizzati che sono stabilizzati dal punto di vista medico, ma sono ancora troppo instabili per poter essere trattati in regime ambulatoriale o residenziale; l’ODC si rivolge, inoltre, a problemi che si risolvono in un periodo limitato di tempo (indicativamente 4-6 settimane). Al suo interno vengono svolti principalmente tre tipi di attività: recupero funzionale, stabilizzazione/adattamento alla disabilità e palliazione. I pazienti possono essere inviati sia dall’ospedale che dal territorio dopo la formulazione del progetto assistenziale con UVMD; per i pazienti provenienti dall’ospedale o dal PS con accettazione rapida essa deve essere eseguita entro 7 giorni dall’ingresso in ODC. L’accesso è solitamente rivolto a pazienti adulti/anziani con profilo SVAMA superiore a 2 e necessità variabili di cure sanitarie, mentre i pazienti con demenza e disturbi comportamentali non ben controllati dalla terapia dovrebbero essere assistiti in nuclei SAPA idealmente contigui o in collegamento funzionale con l‘ODC. La SVAMA dovrà essere eseguita anche alla dimissione; quest’ultima dovrà realizzarsi entro 30 giorni dall’ingresso in struttura, tranne in casi particolari che dovranno essere rivalutati in sede di UVMD. All’interno dell’ODC deve essere garantita una media di 1850 minuti settimanali di assistenza comprensivi dell’assistenza infermieristica e OSS per paziente. Per un nucleo di 24 persone vengono quindi considerati (DGR n. 2718 del 2012): • 1 coordinatore infermieristico; • 7,5 infermieri (5,5 turnisti per H24, 2 infermieri case manager diurni); • 12 OSS (2 mattino, 2 pomeriggio, 1 la notte); • 1 fisioterapista o terapista occupazionale part-time solo per i pazienti da mobilizzare (circa il 50%); • 1 accesso dell’assistente sociale secondo necessità; • 214 Devono essere assicurate le principali consulenze specialistiche in loco tra cui il palliativista, il fisiatra, il geriatra e lo psicologo (cure palliative). Va inoltre garantita l’attività di punto prelievo e la possibilità di eseguire esami radiologici tradizionali in loco. In merito all’assistenza medica, in caso di ODC da riconversione ospedaliera essa deve essere organizzata con medici e personale proveniente dall’area geriatrica o internistica riconvertita; in caso di ODC gestito dalla medicina di famiglia, è compito della Medicina convenzionata garantire la presenza del medico di medicina generale nella struttura; come ulteriore ipotesi, è possibile che l’assistenza medica sia affidata a medici con specifiche capacità professionali della struttura o del Centro Servizi. Il costo è intermedio tra quello della lungo degenza ospedaliera e quello delle strutture residenziali: può essere suddiviso in una quota di rilievo sanitario (92 euro) ed una alberghiera (25 euro) che è a carico dell’utente a partire dal 31.mo giorno e che diventa di 45 euro dopo il 60.mo giorno di presenza. Se la struttura eroga autonomamente l’assistenza medica H24, vengono aggiunti 10 euro al giorno per paziente. Unità Riabilitative Territoriali: Come l’ODC, anche l’URT è una struttura di residenzialità extra-ospedaliera a carattere temporaneo per l’erogazione di prestazioni prevalentemente di tipo sanitario e anch’essa è finalizzata a garantire la nascita e il futuro consolidamento della rete delle cure intermedie in Veneto. Al suo interno viene offerta una risposta polifunzionale a carattere temporaneo (massimo 8 settimane) principalmente per la riabilitazione neurologica e motoria finalizzata alla riduzione della disabilità residua dopo eventi acuti o riacutizzazioni di patologie croniche. I pazienti possono essere inviati sia dall’ospedale che dal territorio dopo la formulazione del progetto assistenziale con UVMD; per i pazienti provenienti dall’ospedale o dal PS con accettazione rapida essa deve essere eseguita entro 7 giorni dall’ingresso in URT. Qualora si configuri quest’ultima ipotesi, il paziente effettua comunque il proprio ingresso con un progetto sanitario, che verrà poi sostituito da un progetto integrato. L’accesso è solitamente rivolto a pazienti adulti/anziani con profilo SVAMA superiore a 2 e necessità variabili di cure sanitarie, mentre i pazienti con decadimento cognitivo e gravi disturbi del comportamento devono essere assistiti in nuclei SAPA idealmente contigui o in collegamento funzionale con l‘URT, dove non sarebbero adeguatamente protetti. 215 La SVAMA dovrà essere eseguita anche alla dimissione; quest’ultima dovrà realizzarsi entro 8 settimane dall’ingresso in struttura, tranne in casi particolari che dovranno essere rivalutati in sede di UVMD. All’interno dell’URT deve essere garantita una media di 1850 minuti settimanali di assistenza comprensivi dell’assistenza infermieristica e OSS per paziente. Per un nucleo di 24 persone vengono quindi considerati (DGR n. 2718 del 2012): • 1 coordinatore infermieristico part-time; • 7,5 infermieri (5,5 turnisti per H24, 2 infermieri case manager diurni); • 12 OSS (2 mattino, 2 pomeriggio, 1 la notte); • 2 fisioterapisti o terapisti occupazionali TPE ogni 24 posti letto; • 1 accesso dell’assistente sociale secondo necessità; Devono essere assicurate le principali consulenze specialistiche (es. ortopedico, neurologo etc.) e l’accesso regolare di un logopedista. Va inoltre garantita l’attività di punto prelievo e la possibilità di eseguire esami radiologici tradizionali in loco. Infine, l’Azienda ULSS resta responsabile della fornitura di farmaci, dispositivi, presidi e ausili personalizzati. In merito all’assistenza medica, in caso di URT da riconversione ospedaliera essa deve essere organizzata con medici e personale proveniente dall’area geriatrica o internistica riconvertita; in caso di URT gestito dalla medicina di famiglia, è compito della Medicina convenzionata garantire la presenza del medico di medicina generale nella struttura; come ulteriore ipotesi, è possibile che l’assistenza medica sia affidata a medici con specifiche capacità professionali della struttura o del Centro Servizi. La presenza fisiatrica viene invece assicurata dal Dipartimento/UOC di Riabilitazione Il costo è intermedio tra quello della riabilitazione ospedaliera e quello delle strutture residenziali: può essere suddiviso in una quota di rilievo sanitario (96 euro) ed una alberghiera (25 euro) che è a carico dell’utente a partire dal primo fino al 60.mo giorno. Dopo tale soglia, la quota alberghiera sarà di 45 euro. Se la struttura eroga autonomamente l’assistenza medica H24, vengono aggiunti 10 euro al giorno per paziente. I dati della filiera sociosanitaria50: I dati di attività relativi alla filiera sociosanitaria dei servizi per la LTC offerti nel territorio dell’AULSS 12 vengono qui presentati in due momenti 50 Dati al 29 giugno 2015 forniti dall’ULSS 12 Veneziana 216 successivi: prima vengono riportati prima alcuni valori relativi ai servizi di tipo residenziale; in seguito e vengono trattati contemporaneamente quelli di tipo semiresidenziale e domiciliare. La seguente tabella mostra quindi alcuni dati di attività relativi ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti descritti nei paragrafi precedenti: Tabella 67: Dati di attività dei servizi sociosanitari residenziali (anno 2014) AULSS 12 Veneziana Erogatori Posti letto Utenti in carico nell’anno 2014 Giornate di degenza erogate SVP Tot. n. 4 di cui 1 pubblica 3 private SAPA 12 10 2.056 15 51 3.24951 4.119 2.328 692.735 1 privato Centro Servizi Tot. n. 16 di cui 5 pubbliche 11 private Fonte: Dati al 29 giugno 2015 forniti dall’ULSS 12 Veneziana È possibile utilizzare ulteriori misure per rappresentare la rete di offerta dei servizi residenziali per la LTC sin qui descritta e per ritrarne le attività svolte. Più specificatamente, risultano di particolare interesse il tasso di occupazione dei posti letto, l’indice di rotazione dei posti letto e la degenza media. Risulta quindi che nell’anno 2014 i posti letto afferenti alle Sezioni per gli Stati Vegetativi Permanenti hanno registrato un tasso di occupazione medio pari all’88% e un indice di rotazione pari a 1,25 utenti per p.l.; la degenza media è stata invece pari a 275 giorni. Valori comparabili sono stati registrati anche dai Centri Servizi, che presentano un uguale tasso di occupazione (88%), un indice di rotazione dei posti letto lievemente più elevato (1,6 utenti/p.l.) cui corrisponde una degenza media di durata lievemente inferiore, pari a 213 giorni. Si differenziano invece le Sezioni Alta Protezione Alzheimer dove il tasso di occupazione è minore, pari al 64%, e dove un indice di rotazione più elevato (5,1 utenti/p.l.) si associa ad una durata media della degenza di molto inferiore, pari a 46 giorni. Utilizzando i valori sinora riportati è possibile calcolare il rapporto fra il numero di posti letto convenzionati appartenenti a strutture residenziali per non autosufficienti e la popolazione anziana non autosufficiente come stimata all’interno della Tabella 66 all’inizio del presente caso, calcolo che origina un tasso di copertura pari a 13,98%. 51Il valore è comprensivo degli utenti inseriti all’interno di strutture ubicate in altre ULSS per i quali l’ULSS n. 12 Veneziana versa l’impegnativa di residenzialità. Più precisamente, gli utenti sono 3.022 in strutture sul territorio dell’ULSS n. 12 e 227 in strutture extra ULSS n. 12. 217 Relativamente ai servizi semiresidenziali identifichiamo invece 4 Centri diurni per persone anziane non autosufficienti, di natura pubblica, che contano una capienza massima di 98 posti e i cui utenti in carico nel corso del 2014 sono stati complessivamente 293. Per quanto riguarda invece i servizi domiciliari, gli utenti in carico all’AULSS nell’anno 2014 sono stati 3.948 per le Cure Domiciliari (ex ADI) e 2.199 per le Impegnative di Cura Domiciliare I servizi presenti nel territorio dell’AULSS 12 Veneziana: la filiera sociale Vengono in seguito descritti, in ordine di intensità di cura, i servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani offerti nell’AULSS 12 “Veneziana” afferenti alla filiera sociale. Box 9 Le comunità alloggio per persone anziane Si decide di inserire in questo punto della trattazione la descrizione delle comunità alloggio per persone anziane per due motivazioni principali: per rispettare nell’esposizione l’ordine dettato dall’intensità di cura e per rappresentare compiutamente tutti i servizi residenziali per anziani appartenenti alla filiera sociale regionale. Questo tipo di struttura non è infatti attualmente presente nell’ULSS n. 12 Veneziana, ma lo sarà a breve, in quanto una Struttura per anziani autosufficienti si trova al momento della redazione di questo caso (settembre 2015) in fase di transizione e adattamento dei propri standard a quelli definiti per questa categoria di strutture. La comunità alloggio, regolata dalla DGR n. 84 del 2007, è un servizio socio assistenziale, di tipo residenziale, di ridotte dimensioni, funzionalmente collegato ad altri servizi della rete o ad altre strutture per anziani di maggiori dimensioni e complessità organizzativa. La struttura è finalizzata a offrire ospitalità ed assistenza; l’obiettivo è quello di cercare una vita comunitaria parzialmente autogestita, stimolando atteggiamenti solidaristici e di auto aiuto, con l’appoggio dei servizi territoriali per il mantenimento dei livelli di autodeterminazione e di autonomia, e per il reinserimento sociale. Gli utenti che usufruiscono del servizio sono anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti, ma in grado di gestire in modo quasi autonomo la loro vita quotidiana. 218 La struttura può però continuare ad assistere ospiti che abbiano perduto la loro autonomia, per periodi limitati di tempo, e in attesa del loro trasferimento ad altra struttura adeguatamente attrezzata. La dotazione organica della comunità deve essere flessibile rispetto alle esigenze dell'utenza; deve essere prevista la presenza programmata di figure con funzione di animazione e/o assistenza e la presenza di un operatore di notte. La capacità massima della struttura è stabilita a 10 posti letto e la retta viene versata dall’utente stesso o dal Comune di residenza Casa Albergo/Mini Alloggio (DGR n. 84 del 2007) La casa albergo, denominata anche Mini alloggio, è una residenza collettiva costituita da un insieme di alloggi di piccola dimensione dotati di tutti gli accessori per consentire una vita autonoma, obiettivo ultimo del servizio. Vengono qui ospitate persone in età pensionabile, che non necessitano di particolare assistenza e scelgono di condurre una vita autonoma Gli alloggi sono variamente raggruppati in unità residenziali, dotate di servizi collettivi (servizio ristorante e tempo libero) atti a consentire una scelta tra un tipo di vita autonoma o comunitaria. La capienza massima è di 100 posti letto e vengono ospitati al massimo 1 o 2 anziani per alloggio. La retta giornaliera viene fissata dall’ente gestore e viene versata dall’utente o dal Comune di residenza. Casa per persone anziane autosufficienti (DGR n. 84 del 2007) La casa per persone anziane autosufficienti è un servizio residenziale per persone anziane con buona autonomia, che vengono accolte e supportate nella vita quotidiana, delle quali viene tutelata dell’autonomia residua. In questo caso vengono previsti dalla DGR n. 84 del 2007 dei requisiti di personale che vengono suddivisi fra area sociale e area sociosanitaria. In particolare, si stabilisce per l’area sociosanitaria la presenza di: • 1 coordinatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 OSS ogni 12,5 ospiti presenti in media nell’anno; • 1 infermiere professionale ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno; 219 • 1 educatore-animatore ogni 90 ospiti presenti in media nell’anno. Per l’area sociale invece la normativa stabilisce che devono essere garantite agli ospiti attività ludica, di segretariato sociale e/o di supporto psicologico con adeguate professionalità secondo i seguenti parametri: • 1 unità di personale con funzione di educatore-animatore ogni 60 ospiti presenti in media nell’ anno, e/o 1 assistente sociale ogni 120 ospiti presenti in media nell’ anno, e/o 1 psicologo ogni 120 ospiti presenti in media nell’ anno. Deve essere prevista inoltre la presenza di adeguato personale con funzioni amministrative e personale ausiliario o servizio equivalente, comprese le attività di pronto intervento tecnico flessibile Queste strutture possono ospitare al massimo 90 posti letto articolati in nuclei funzionali che possono contenere da un minimo di 10 a un massimo di 30 persone. Anche in questo caso la retta giornaliera viene fissata dall’ente gestore e viene versata dall’utente o dal Comune di residenza. Servizio di Assistenza Domiciliare (DGR n. 39 del 2006, DGR n. 2372 del 2011) L’assistenza domiciliare fornita in maniera formale dai Comuni è denominata Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD). Il SAD è un servizio di carattere socio-assistenziale finalizzato alla prevenzione, al mantenimento e al recupero delle potenzialità residue che permettono alla persona di rimanere nel proprio domicilio e nel proprio contesto di relazione. È rivolto alla cura della persona e dell’ambiente e comprende prestazioni che aiutano la persona nel disbrigo delle attività quotidiane, quali la fornitura dei pasti, la lavanderia, l’aiuto domiciliare nella cura e nell’igiene personale, etc., sollevando in parte la famiglia dal carico assistenziale. Particolare attenzione va posta inoltre alla necessità di sostenere il caregiver, sia esso appartenente o meno alla rete parentale, attraverso il supporto educativo dell'operatore sociosanitario, che offre il proprio sostegno alle iniziative di assistenza privata che le famiglie auto organizzano. Più specificatamente, le prestazioni di Assistenza Domiciliare vengono offerte a persone o a nuclei familiari che, a causa di particolari contingenze o per la non completa autosufficienza, non sono in grado di garantire il soddisfacimento delle esigenze personali e domestiche, allo scopo di: • evitare l’istituzionalizzazione o l’ospedalizzazione delle persone anziane o disabili, garantendo la loro permanenza nel proprio ambito di vita anche attraverso il supporto dei servizi diurni territoriali; • promuovere la responsabilità della famiglia, senza sostituirsi ad essa; 220 • contribuire con le altre risorse del territorio ad elevare la qualità della vita delle persone e ad evitare il fenomeno dell’isolamento; • svolgere attività di prevenzione per consentire un’esistenza autonoma evitando, ritardando o riducendo i processi involutivi fisici-psichici e sociali. I Comuni disciplinano con appositi regolamenti i criteri e le modalità di erogazione dei servizi domiciliari, comprensivi delle modalità di partecipazione alla spesa da parte dei cittadini. La Conferenza dei Sindaci, nell’ambito del Piano Locale per la Domiciliarità (PLD; previsti dalla DGR n. 39 del 2006, oggi confluiscono nei Piani di Zona), individua criteri omogenei ma non vincolanti per la predisposizione dei regolamenti delle Amministrazioni Locali, con particolare riferimento a: a. modalità di accesso e di valutazione dei bisogni; b. criteri per la definizione delle priorità; c. soglie di ISEE per l’eventuale compartecipazione al costo da parte degli utenti; d. indicatori e metodi per la verifica e la valutazione dei risultati. Di fatto tali criteri spesso non vengono utilizzati, dando origine a numerosi regolamenti comunali con contenuti anche molto differenti. Infine, per la valutazione dei bisogni, vengono utilizzate le modalità della valutazione multidimensionale e il tempo della prestazione è stabilito dal progetto personalizzato che viene rivalutato almeno annualmente. Si riporta successivamente la tabella che, all’interno del Piano di Zona 20102015 del territorio afferente all’AULSS n. 12 Veneziana, indica le percentuali di utenti che usufruiscono dei servizi SAD nei Comuni di riferimento: Figura 17: Utenti SAD Fonte: Piano di Zona 2010-2015 http://www.ulss12.ve.it/docs/file/pubbl_utenti/Piano%20di%20Zona%2020112015_post%20visto%20di%20congruit%C3%83%C2%A0.pdf 221 Il percorso degli utenti per l’accesso ai servizi Primo contatto Il percorso che l’utente segue nell’accesso alla rete dei servizi semiresidenziali e residenziali per anziani presente nell’AULSS 12 Veneziana si differenzia a seconda che quest’ultimo si trovi presso il proprio domicilio o in ospedale, in procinto di essere dimesso. Nel primo caso, una volta riscontrata la necessità dell’anziano di ricorrere ai servizi offerti sul proprio territorio, l’utente o la sua famiglia si rivolgono al medico di medicina generale o agli assistenti sociali operanti presso lo sportello integrato del distretto, così da essere indirizzati sulle successive azioni da intraprendere. Accade infatti frequentemente che tale sportello sia già conosciuto all’interno del nucleo familiare, in quanto esso costituisce un punto di riferimento per l’intero territorio per servizi che vanno: dall'informazione, l'orientamento e la distribuzione della modulistica; all'accoglienza della domanda e l'inoltro ad eventuali altri servizi di competenza; alla fornitura di presidi, ausili e protesica; ai prelievi ematici a domicilio; a consulenze fisioterapiche/fisiatriche a domicilio. L’accesso ai servizi conseguente alle dimissioni ospedaliere è, al contrario di quello non appena descritto, un processo continuativo, che vede interfacciarsi attori e famiglie senza lunghi periodi di attesa. In questo caso, infatti, gli anziani effettuano il loro ingresso presso gli Ospedali di comunità o gli URT (per i quali la lista di attesa è quasi nulla) senza rientrare al proprio domicilio. Per le altre strutture invece gli utenti possono soggiornare temporaneamente presso i Centri servizi o presso l’ospedale stesso così da garantire la continuità del loro percorso. Il percorso ospedaliero è molto più rapido rispetto a quello che si origina presso il domicilio dell’anziano, in quanto vi è l’incentivo a liberare rapidamente i posti letto per acuti per accogliere nuovi pazienti e ridurre i costi dei ricoveri. In questo secondo caso quindi non è la famiglia a rivolgersi ai servizi, ma sono gli assistenti sociali già presenti all’interno dell’azienda ospedaliera a ricercare il contatto. In particolare, soprattutto per i reparti di medicina interna, ortopedia, neurologia e geriatria, sono i medici stessi ad attivare il processo, segnalando la presenza di anziani il cui percorso di cura continuerà sul territorio. Ad ogni modo, indipendentemente dalla provenienza dell’utente (ospedale, domicilio, strutture extra-ospedaliere, etc.) ed eccettuati i casi di assoluta urgenza sociale (ovvero stati di documentato “abbandono sociale”), l’iter procedurale per l’ammissione di un assistito alla rete dei servizi richiede la presentazione di una domanda di valutazione presso l’Unità di Valutazione Multidimensionale Distrettuale (UVMD). Tale richiesta deve essere inoltrata dall’interessato, da un familiare o da un qualsiasi operatore che sia a conoscenza del bisogno, in ogni caso garantendo il consenso informato della persona interessata e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali, al Distretto di competenza territoriale dell’assistito. Il cittadino potrà modificare 222 in qualsiasi momento le preferenze registrate all’atto della domanda tramite comunicazione in forma scritta da far pervenire presso le Segreterie UVMD. Selezione dell’utenza e primo accesso La UVMD, ricevuta la domanda di accoglimento presso i servizi, analizza le problematiche assistenziali sociali e sanitarie presentate dall’utente tramite scheda SVaMA (Scheda di Valutazione Multidimensionale dell’Anziano). Generalmente tale scheda viene compilata dal Medico di medicina generale per la parte sanitaria e cognitivo-funzionale e dall’assistente sociale del Comune competente per territorio; in caso di necessità il responsabile della UVMD può coinvolgere altri specialisti. Partecipano infatti alle attività dell’UVMD il Direttore del Distretto o suo delegato, il Medico curante, l’Assistente Sociale referente per area di intervento e ogni altro operatore o professionista che si renda necessario, in base alle esigenze particolari della situazione valutata. Viene così definito il profilo di non autosufficienza della persona, in relazione al quale possono essere stabilite le diverse articolazioni dei livelli assistenziali, e successivamente il relativo PAI. Una situazione particolare si verifica nel caso di dimissioni ospedaliere, dove grazie alla relazione fra personale sanitario e assistenti sociali presenti nella struttura (e facenti parte della UVMO, Unità di Valutazione Multidimensionale Ospedaliera) vengono compilate sia la parte sanitaria che quella sociale della scheda SVaMA per la redazione del PAI. A seguito della dimissione quindi, l’utente potrà direttamente accedere alle strutture. Definizione del piano di cura In seguito alla redazione del PAI, l’utente viene inserito nella graduatoria unica per la Residenzialità dell’Azienda AULSS di residenza; il suo posizionamento viene determinato dall’unione del punteggio derivante dal completamento della scheda, dal tempo trascorso in lista d’attesa e dall’età dell’utente. Nel caso in cui quest’ultimo richieda un trasferimento da una struttura all’altra e sia quindi già titolare di un’impegnativa di residenzialità (il titolo che viene rilasciato al cittadino per l’accesso alle prestazioni rese presso servizi residenziali e diurni autorizzati all’esercizio e accreditati, comportante il riconoscimento della quota di rilevo sociosanitario regionale determinata annualmente dalla Giunta Regionale), questo elemento verrà considerato come un fattore di priorità. La figura sottostante, derivante dal piano di zona 2010-2015, riporta il totale delle persone in lista d’attesa al 31/20/2010. 223 Figura 18: Utenti in lista d’attesa per accoglienza residenziale al 31/10/2010 Fonte: Piano di Zona 2010-2015 http://www.ulss12.ve.it/docs/file/pubbl_utenti/Piano%20di%20Zona%2020112015_post%20visto%20di%20congruit%C3%83%C2%A0.pdf Dall’analisi delle liste d’attesa effettuata all’interno del Piano di Zona emerge che circa l’80% del totale delle domande riguarda le persone ultra ottantenni, in maggior parte donne, e che le condizioni di decadimento cognitivo e demenza sono causa della maggior parte della domanda di residenzialità (più dell'80% sul totale) Erogazione del servizio La lista d’attesa si configura quindi come unica per ogni tipologia di unità di offerta (SVP, SAPA etc, ma anche strutture appartenenti alla filiera sanitaria come Hospice o Ospedali di comunità) con opzioni di scelta. Gli utenti sono liberi di esprimere una preferenza rispetto agli erogatori dei servizi residenziali e semiresidenziali presenti sul territorio, esplicitando la propria scelta nel momento di presentazione della domanda di accoglimento. Nel caso dei servizi domiciliari, invece, non sempre il cittadino ha la possibilità di scegliere un erogatore presso cui impiegare i propri Buoni Servizio, i titoli conferiti dai Comuni per l'acquisto di prestazioni socio-assistenziali di aiuto e sostegno alla persona presso Soggetti accreditati dall'Amministrazione Comunale e iscritti in appositi Albi. Ciò accade per esempio nel Comune di Venezia, dove le attività di assistenza tutelare inserite nell’ambito delle Cure Domiciliari e del SAD sono demandate ad un’unica Fondazione nata dall’unione di due precedenti IPAB (IPAB dell’IRE e di Santa Maria dei Battuti), al momento unico soggetto accreditato per questo tipo di assistenza. L’utente può inoltre richiedere contemporaneamente l’accesso a servizi diversi purché non incompatibili (per esempio può richiedere l’ADI nell’attesa dell’ingresso in un Centro di servizi). Qualora si liberi un posto letto (e quindi un’impegnativa di residenzialità) anche se non nella struttura prescelta dal primo in graduatoria e avente diritto alla emissione dell'impegnativa, 224 l’interessato verrà ugualmente contattato per esprimere la propria scelta; nel caso non venga accettata la disponibilità l’utente rimane comunque in graduatoria fino alla disponibilità della struttura richiesta. Nonostante questa possibilità, sono molti gli utenti che accettano la proposta di ingresso, richiedendo in seguito un trasferimento. La posizione in graduatoria viene aggiornata solo in caso di aggravamento della condizione complessiva di non autosufficienza; tale aggravamento può essere valutato dall’UVMD, di norma dopo almeno sei mesi dall’ultima valutazione. Il profilo di non autosufficienza degli utenti inseriti in struttura dovrebbe invece avvenire ogni tre mesi, periodicità che frequentemente non viene applicata a causa dell’elevato numero di utenti in carico; nel caso invece degli utenti che usufruiscono delle Cure Domiciliari, la verifica viene effettuata periodicamente. Attualmente sono circa 400 le persone in lista nell’AULSS 12 Veneziana per 2083 impegnative totali. Nelle strutture di tipo sociale, invece, è l’ente gestore della struttura che dispone l’accesso degli utenti, in quanto il Comune non gestisce liste d’attesa per i servizi sociali residenziali e semiresidenziali. Criticità e Punti di forza Il sistema precedentemente descritto presenta alcune criticità e punti di debolezza derivanti sia dalle peculiarità del territorio che dalle modalità organizzative dei servizi attualmente applicate. In primo luogo ci viene segnalata la difficile gestione delle liste di attesa per i servizi residenziali e semiresidenziali; gli utenti che ottengono dalla compilazione della scheda SVaMA un punteggio medio-basso, infatti, non accedono rapidamente ai servizi, rimanendo a lungo in graduatoria. Di conseguenza, la necessità di rispondere nell’immediato al bisogno assistenziale emerso fa si che le famiglie si organizzino autonomamente attivando dei meccanismi di riproduzione sociale completamente a loro carico. In secondo luogo, emerge nel territorio dell’AULSS 12 una certa variabilità nelle quote alberghiere applicate dalle diverse strutture, da imputarsi prevalentemente alla differente ricchezza e dimensione dei Comuni (in Comuni piccoli è infatti più difficile incrementare tali quote in ragione del maggior controllo sociale presente). Si ritiene però che questo elemento verrà a mutare nel prossimo futuro, a causa della maggiore mobilità dei cittadini che si sposteranno nelle strutture con le rette più convenienti, portando ad un generale abbassamento delle quote alberghiere e all’uscita dal mercato delle strutture meno efficienti. Un ulteriore elemento di debolezza che emerge dall’analisi del sistema è legato all’interazione esistente fra la filiera sociale e la filiera sociosanitaria, 225 caratterizzata da scarsa flessibilità e contatti. Un problema che si configura frequentemente è, infatti, la gestione di quegli anziani che, al termine di un ricovero, non possono più utilizzare il precedente alloggio sociale avendo perso i requisiti di autosufficienza. Questi utenti sono costretti a rientrare presso le proprie famiglie e ad attivare il percorso di ingresso in lista d’attesa e successivamente in una struttura appartenente alla filiera sociosanitaria. Solo nei casi di assoluta urgenza sociale (es. l’utente è privo del sostegno familiare e non dispone di un immobile, magari venduto in previsione dell’ingresso nel nuovo alloggio) è infatti possibile l’accesso immediato. In relazione al sistema della domiciliarità si evidenzia una ridotta incisività degli interventi, dovuta ad accessi brevi e non sempre coordinati, rispetto all’assistenza che potenzialmente potrebbe essere offerta. Relativamente, invece, al sistema della semiresidenzialità, si evidenzia una difficoltà dell’anziano nel raggiungere il centro diurno prescelto, che porta l’utente ad autoselezionarsi rinunciando al servizio; una possibile soluzione viene identificata in questo caso nella possibilità di definire un servizio di trasporto garantito dal Comune che permetta di raggiungere la struttura Un punto di forza del sistema si può invece identificare nella presenza delle UVMD che, relativamente alla pianificazione degli interventi, costituiscono un funzionale strumento di integrazione e di garanzia della continuità ospedaleterritorio. Tale coordinamento viene però meno nella gestione coordinata degli interventi sanitari e sociali, che non risulta unificata. Questo elemento è stato enfatizzato dal trasferimento in capo all’AULSS di alcune funzioni obbligatorie precedentemente appartenenti ai Comuni, che non sono state riconosciute tramite un aumento delle rispettive quote generando un disallineamento. Alcune soluzioni vengono proposte per il risanamento di alcuni punti di debolezza non appena descritti. In primo luogo si ritiene opportuno attuare delle politiche che impattino sul futuro degli anziani, agendo sugli adulti e sui giovani anziani. Contestualmente una possibile proposta è quella di incentivare il sistema della domiciliarità, rafforzandone i servizi (per esempio tramite l’aumento del valore delle ICD) e operando sulle politiche abitative così da favorire la permanenza di nuclei familiari allargati in una stessa abitazione. Da ultimo, si propone di superare il sistema delle impegnative di residenzialità, attribuendo un budget ad ogni struttura così da incentivarne l’efficienza e contrattando con esse alcuni standard di servizio. 226 3. Considerazioni conclusive L’obiettivo che ha orientato la ricerca è stato quello di comprendere le caratteristiche degli interventi di Long Term Care per gli anziani non autosufficienti, sotto il profilo dei differenti setting assistenziali, delle reti di servizi sociosanitari, delle capacità di copertura dei bisogni e degli standard assistenziali offerti. L’analisi è stata condotta assumendo come riferimento le aziende sanitarie, con la metodologia dell’analisi di caso (v. cap. 1.2.). Il tracciato istituzionale in cui ogni azienda opera, definito dai modelli di intervento regionali per la long term care, è molto rilevante nel definire le scelte aziendali, perché i modelli regionali identificano target, standard, strumenti. Tuttavia, ai fini di riconoscere i sistemi “in atto”, si è privilegiata un’ottica di analisi focalizzata sulle singole aziende. L’analisi, in questo modo, non si è limitata al tracciato istituzionale definito ex ante, ma ha approfondito i dati relativi ai volumi di offerta nel territorio, agli utenti in carico, ai tassi di copertura della popolazione, per comprendere l’offerta a disposizione degli anziani non autosufficienti dal punto di vista dell’articolazione territoriale, senza limitarsi alle intenzioni di policy. Le aziende analizzate sono state 9: • • • • • • • • • ASL Biella; ASL Chiavari ASL Lecce ASL Lodi AUSL Piacenza ASL Roma E ASL Siena AULSS 12 veneziana ASS 4 Udine 227 Quali sono le considerazioni che si ritiene possibile trarre sulla base dei casi considerati, rispetto al posizionamento degli interventi di long term care per la popolazione anziana non autosufficiente? I casi analizzati evidenziano significativi elementi di analogia, e altrettanto rilevanti tratti di eterogeneità: dopo aver riassunto le caratteristiche dei servizi e dei modelli di accesso, la presente sintesi richiama sia gli aspetti di convergenza, sia quelli di divergenza, prima di proporre alcune considerazioni conclusive. 3.1 Caratteristiche dei modelli di offerta per la long term care La struttura di ognuno dei casi è stata articolata con una descrizione del contesto aziendale, una presentazione dei servizi offerti, dei relativi standard e meccanismi di tariffazione, e dei modelli di accesso. Prima di analizzare i tratti di convergenza e divergenza dei modelli, si richiamano alcuni dei principali elementi descrittivi emersi nell’analisi. I servizi offerti dalle 9 aziende considerate esprimono un’ampia articolazione, che in ognuno dei casi è stata rappresentata e approfondita. A solo scopo di sintesi, si richiama un quadro sinottico della nomenclatura dei servizi offerti sia in ambito residenziale, semiresidenziale, domiciliare. Il quadro sinottico ordina i servizi residenziali, per ogni caso, in relazione al grado di intensità del fabbisogno assistenziale del target relativo ai medesimi servizi, e all’intensità assistenziale erogata negli stessi. Tuttavia, occorre precisare che, considerando le differenti regioni, le graduazioni di intensità non corrispondono, nel senso che la massima o la minima intensità assistenziale possono fare riferimento a standard assistenziali tra loro differenti, con mix professionali non omogenei, per utenti selezionati con differenti criteri di valutazione. 228 Tabella 68: I servizi per la Long Term Care nelle 9 aziende Residenziale alta Biella Chiavari NAT/RSA media bassa RSA/RAF RSA/RAF e serv. Sociali RSA/Residenza Residenze protette con funzioni Protetta con di trattamenti di lunga assistenza e funzioni di serv. Sociali mantenimento RSSA e serv. Sociali Semiresidenziale Domiciliare CDA/CDI ADI CD I livello e II livello Cure domiciliari integrate Centro diurno integrato per il supporto cognitivo e comportamentale ai soggetti affetti da demenza / CDI Cure domiciliari integrate Lecce RSA Lodi RSA RSA RSA CDI ADI Piacenza CRA CRA CRA CD ADI Roma E RSA (Trattamento Intensivo ed Estensivo) CDA/CEDAF ADI RSA (Trattamento di Mantenimento A e B) Siena RSA Comportament ale stati vegetativi RSA Motoria RSA Base (media) CD ADI Udine RSA (cure intermedie) / Residenze protette Residenze polifunzionali / Residenze polifunzionali con modulo di fascia A Residenza ad utenza diversificata Strutture semiresidenziali per anziani non autosufficienti ADI Venezia SVP/SAPA e Centro servizi anziani non autosufficienti (a maggior bisogno assistenziale) CD per anziani non autosufficienti Cure domiciliari Centro servizi anziani non autosufficienti (con ridotto/minimo bisogno assistenziale) Fonte: Rielaborazioni sui casi aziendali Anche il quadro dei servizi offerti è molto eterogeneo, con modalità di identificazione delle relative mission molto differenti. Considerando i servizi con maggiore intensità assistenziale proposti nei diversi modelli regionali, 229 emergono differenze significative sotto il profilo delle mission e dei relativi target, degli standard assistenziali, dei meccanismi di finanziamento. Dal punto di vista della mission e dei target del servizio, pur con un riferimento generale alla popolazione anziana non autosufficiente, alcuni servizi esprimono una funzione di cura e mantenimento, altri esprimono obiettivi espliciti di ritorno al proprio domicilio, alcuni esplicitano il riferimento alle dimissioni ospedaliere, altri ancora rispondono a fabbisogni connessi a deficit cognitivi. Anche gli standard assistenziali, di conseguenza, sono disegnati con significative differenze, e delineano mix di professionalità e tempi di intervento piuttosto diversi, con maggiori propensioni verso le professionalità sociali o verso quelle sanitarie. Considerazioni sugli elementi di analogia e differenziazione tra i modelli saranno svolte nei paragrafi successivi; tuttavia si ritiene opportuno sottolineare sin d’ora la loro limitata comparabilità. In particolare, dal punto di vista dei modelli di finanziamento, le significative differenze nei valori delle tariffe devono essere lette nel quadro più complessivo dei modelli di finanziamento specifici di ogni regione: nei differenti contesti analizzati, infatti, è molto diverso il mix formato dalle componenti della prestazione che vengono finanziate con la tariffa dalle componenti che vengono direttamente finanziate dalle aziende (dispositivi, farmaci, prestazioni sanitarie) ed esulano quindi dalla tariffa versata agli erogatori. Di conseguenza, a tariffe maggiori o minori non corrisponde necessariamente un maggiore o minore valore del finanziamento pubblico di quello specifico servizio, perché devono essere considerate anche le altre componenti della prestazione all’utente che i differenti modelli regionali mettono a disposizione, e la cui valorizzazione è molto meno comparabile. Dal confronto emerge dunque un quadro complessivo della programmazione regionale in cui la mission dei servizi, i relativi target, i correlati modelli assistenziali e i modelli di tariffazione sono molto diversi. Se il quadro dell’offerta costituisce l’elemento di fondo che nei diversi territori i cittadini hanno a disposizione, il percorso di accesso è cruciale nel definire i meccanismi che presiedono alla selezione degli utenti. Ai fini di esplorare le modalità con cui nei diversi modelli regionali vengono progettati i meccanismi di selezione degli utenti, alla ricognizione dell’offerta disponibile si è accompagnata l’esplorazione dei modelli di accesso ai servizi, con particolare riferimento al luogo del primo contatto, agli strumenti di valutazione, alla composizione degli organismi per la valutazione degli utenti. Nella Tabella 69 si richiama un quadro sinottico che riepiloga gli strumenti di valutazione utilizzati, i luoghi di primo contatto e la composizione degli organismi di valutazione. Emerge un quadro piuttosto eterogeneo: se la composizione degli organismi di valutazione è piuttosto simile, sono invece molto differenti le scelte sotto il profilo dell’integrazione tra interventi sociali e 230 sanitari nella definizione del luogo di primo accesso, così come diverse sono le scale di valutazione utilizzate. Tabella 69: Accesso ai servizi: contatto, strumenti e attori della valutazione I contatto Valutazione Organismo per la valutazione dell’utente Biella Servizi sociali del Comune, Sportelli Unici Socio Sanitari (gestiti dai Distretti e dai Consorzi) UVG Devono essere presenti l’assistente sociale e almeno tre delle seguenti figure professionali: geriatra, medico dell’assistenza sanitaria territoriale, fisiatra, Assistente Sociale rappresentante dei due Enti Gestori delle funzioni socio assistenziali, Assistente Sociale Distrettuale, Responsabile Infermieristico Distrettuale, Segretario. Può partecipare l'MMG dell'assistito e altri medici dell'Asl qualora necessario Chiavari Servizi sociali del Comune Cartella Geriatrica (strumento che analizza la condizione sanitaria (ADL, iADL, disturbi cognitivi e comportamentali) e la condizione sociale (abitativa, economica, familiare, assistenziale) Scheda AGED Lecce PUA (Distretto con Comune o Ambito); la richiesta alla Pua può però essere inoltrata anche da MMG, PLS, Servizio Sociale Comunale e Unità Operative distrettuali ed extradistrettuali, Dipartimenti e Presidi ospedalieri che costituiscono di fatto tutti dei punti di accesso rsa, CDI, filtro (in un sistema in cui c'è libera scelta del paziente) Lodi SVAMA VAOR SOSIA UVM Direttore Sociale e Direttore Sanitario del distretto, Assistente Sociale del comune di residenza e MMG; a queste figure professionali possono aggiungersi tutti coloro che si occupano a qualsiasi titolo del cittadino dal medico specialista, allo psicologo, allo psichiatra, agli infermieri, all'O.S.A., all'educatore, al fisioterapista, al tutore o amministratore di sostegno, nonché il cittadino stesso o i suoi familiari. UVM Direttore del Distretto, MMG o PLS, Assistente Sociale dell’Ambito Territoriale/Comune di residenza della persona; possono partecipare inoltre: il responsabile del Servizio Sociale Professionale del Distretto, il medico specialista di riferimento (geriatra, neurologo, fisiatra, psichiatra, neuropsichiatra infantile, ecc.), l’infermiere professionale, il terapista della riabilitazione, o altre figure professionali I livello: triage (caregiver + filtro) II livello: IP, Medico, Assistente Sociale (questo per domiciliarità), per Residenzialità invece la valutazione viene effettuata dalle RSA 231 Piacenza Assistente Sociale BINA UVG geriatra, Assistente Sociale, IP Roma E Segretariato sociale del Municipio, PUA (Distretto con Municipio) Scheda RUG (residenziali) e strumenti di distretto (domiciliari) Siena Punto insieme Isogravità UVMD MMG, assistente sociale, infermiere e medico di distretto, integrati da altre figure professionali (medici specialisti, terapista della riabilitazione, psicologo, etc.) qualora necessario UVM Medico di Distretto, Assistente Sociale, IP e MMG del caso Udine Servizi sociali del Comune, MMG Scheda BINA e Val.Graf. UVD MMG dell'assistito, assistente sociale (di norma dipendente degli EE.LL) e figura infermieristica; può essere integrata da altre figure professionali. Venezia Sportello unico integrato (Distretto con Comune), MMG SVAMA UVMD Direttore del Distretto, MMG, Assistente Sociale referente per area di intervento e ogni altro operatore o professionista che si renda necessario Fonte: Rielaborazioni sui casi aziendali Per comprendere il ruolo esercitato dai soggetti pubblici e privati nei sistemi di offerta, si propone di seguito un quadro di sintesi in tabella 70, che evidenzia il numero di strutture residenziali pubbliche e private (profit e non profit) presenti nel territorio di ognuna delle aziende. In tutte le aziende considerate sono prevalenti le strutture private. Il mix pubblico-privato è frutto anche dei modelli di regolazione regionali, ma rappresenta soprattutto l’esito attuale di stratificazioni che si sono via via succedute per giungere alla situazione in atto. Tabella 70: Strutture residenziali pubbliche e private Strutture Pubbliche Strutture Private %pubblico %privato Biella 10 26 27,8% 72,2% Chiavari 1 35 2,8% 97,2% Lecce 4 13 23,5% 76,5% Lodi 3 13 18,8% 81,3% Piacenza 7 16 30,4% 69,6% Roma E 0 12 0,0% 100,0% Siena 10 17 37% 63% Udine 10 15 40,0% 60,0% Venezia 6 15 28,6% 71,4% Fonte: Rielaborazioni sui casi aziendali 232 Nell’analisi dei singoli casi, oltre al contesto programmatorio e agli strumenti e meccanismi utilizzati per il governo degli accessi, sono stati raccolti dati relativi ai tassi di copertura della popolazione in ognuna delle aziende considerate. La componente di popolazione in carico ai servizi residenziali non supera, nemmeno nei casi in cui la copertura è più elevata, il 26 % della popolazione che è possibile considerare non autosufficiente52. 3.2 Analogie L’analisi dei casi aziendali ha evidenziato alcuni tratti di fondo che ricorrono nei diversi modelli: • Tassi di copertura: un primo elemento di analogia è costituito dai tassi di copertura della popolazione non autosufficiente da parte dei servizi: in tutte le aziende considerate, pur in presenza di tassi di copertura eterogenei, la maggior parte della popolazione non autosufficiente non è in carico al sistema di offerta pubblico, e non più del 26% degli anziani non autosufficienti è in carico al sistema di offerta residenziale, che continua a costituire il cuore del sistema di interventi. • Centralità dell’offerta residenziale. Tutti i modelli prevedono una filiera che va dai servizi residenziali ad alta intensità sanitaria, fino agli interventi domiciliari. Tuttavia è innegabile che, trascorsi gli anni in cui lo sviluppo delle forme di assistenza domiciliare ha rappresentato una linea di innovazione, il core degli interventi per la non autosufficienza continui ad essere costituito dai servizi residenziali. In questo senso l’analisi conferma quanto emerge dalla letteratura (v. cap. 1.1). • Focus: un terzo elemento di convergenza potrebbe essere definito come un elemento di focalizzazione comune. Ci sono infatti alcuni temi su cui tutti i modelli evidenziano una forte attenzione, ed altri che in tutti i modelli non sono in primo piano o non sono trattati, pur essendo potenzialmente molto rilevanti. o Tra gli aspetti su cui tutti i modelli concentrano l’attenzione: forte attenzione nel definire le caratteristiche di ogni singolo elemento del sistema di offerta, di cui sono definiti in modo puntuale gli standard, definizione dei modelli di valutazione, La popolazione non autosufficiente è stata stimata sulla base del parametro del 18,5% della popolazione over 65 anni presente nel territorio di ogni azienda. Il parametro, pur con evidenti limiti (in particolare, è un dato medio nazionale che non tiene conto delle specificità territoriali, è limitato alla popolazione over 65 mentre sarebbe più opportuno fare riferimento alla popolazione over 75) è tuttavia un indice di riferimento per cogliere, pur in modo non puntuale, una indicazione segnaletica del posizionamento degli interventi rispetto al fabbisogno espresso dalla popolazione del territorio. 52 233 • • definizione dei meccanismi formali di accesso, tutti dettati dalla regolazione regionale. o Tra gli aspetti a cui i modelli, al contrario, non dedicano forte attenzione, vi è la definizione dei target di popolazione assistita, in termini di caratteristiche e di numeri obiettivo. Non si può sostenere che manchi una definizione dei target, ma poiché le definizioni sono estremamente lasche, la popolazione potenzialmente inclusa nei target definiti è molto più ampia di quella effettivamente presente nei servizi. Data l’opacità dei meccanismi di autoselezione della domanda53, tutti i modelli convergono nel non definire i criteri principali che generano la selezione degli utenti che avviene prima dell’avvio del percorso formalizzato di presa in carico. Il focus principale è quindi il disegno del sistema di offerta in termini di standard e volumi definibili ex ante, più che la definizione di target verificabili ex post in termini di mix di presenza nei servizi. In termini sintetici, si potrebbe affermare che il focus del sistema è più sull’offerta che sui bisogni. Integrazione al confine: mentre la maggior parte delle aziende evidenzia tentativi di integrazione della filiera sul fronte del confine con l’ospedale, è molto diffusa la difficoltà nei processi e meccanismi di integrazione con gli enti locali, che molte delle aziende analizzate hanno evidenziato come una delle principali criticità. Il presidio del confine con il sistema ospedaliero riesce nella maggior parte delle aziende analizzate a facilitare l’accesso per i casi caratterizzati da una particolare criticità di tipo clinico, mentre i casi fortemente connotati da una criticità di natura sociale, non necessariamente associata a una complessità clinica, possono trovare maggiori difficoltà nel proprio percorso di accesso. Natura degli erogatori: in quasi tutte le aziende analizzate la composizione dei soggetti dell’offerta residenziale vede una forte La domanda fa riferimento a quella parte di popolazione che ha manifestato le proprie esigenze nei confronti dei servizi. Perché alcuni soggetti abbiano espresso una domanda, e altri, portatori di bisogni simili, no, è oggetto di poca attenzione nell’analisi dei servizi, tipicamente più attente alla domanda e agli utenti in carico. Tuttavia, una maggiore attenzione a questo tema renderebbe evidente come le scelte di progettazione dei servizi producano una autoselezione della domanda tale da escludere dai servizi una significativa componente della popolazione, sulla base di scelte aziendali legate agli orari, ai meccanismi di accesso, alle forme di presentazione delle richieste, che nei fatti escludono dall’accesso ai servizi una quota significativa di popolazione, in modo implicito e prevalentemente ignoto, con effetti molto più forti di quelli riconducibili ai meccanismi formali quali le scale di valutazione, le scelte delle unità di valutazione o i regolamenti dei servizi. In questo senso, i meccanismi di autoselezione della domanda, rimangono “opachi” in quanto poco riconosciuti e compresi (Fosti, 2013). 53 234 prevalenza di erogatori di natura privata, in ragione di almeno tre soggetti privati per ogni soggetto pubblico presente. Il settore della Long Term Care appare, complessivamente, gestito soprattutto da attori privati, con un ruolo residuale, nella maggior parte delle aziende, degli attori pubblici. 3.3 Eterogeneità Dai quadri sinottici presentati (v. cap. 3.1) emergono anche alcune significative linee di divergenza tra i casi: • Nomenclatura dei servizi: le aziende (in diretta conseguenza dei modelli di regolazione regionali) definiscono in modo differente servizi che, pur non del tutto omogenei, presentano tratti importanti di analogia. L’autonomia regionale nel settore ha dato vita a impostazioni che divergono sia sul piano delle rappresentazioni (la nomenclatura dei servizi), sia sul piano sostanziale (le caratteristiche degli stessi servizi). Servizi con sigle analoghe possono in realtà fare riferimento a impostazioni molto differenti, così come servizi con definizioni differenti non necessariamente sono molto diversi dal punto di vista dei target e delle caratteristiche. La comprensione della geografia complessiva delle prestazioni per la Long Term Care offerte nel paese da questo punto di vista non è affatto semplice; • Articolazione dei servizi: i diversi modelli definiscono filiere di interventi più o meno articolate, anche se occorre riconoscere che in tutti i modelli sono presenti tentativi di definire un’offerta caratterizzata da differenti livelli di intensità, che possano corrispondere a esigenze differenti da parte della popolazione in condizioni di non autosufficienza. • Caratteristiche dei servizi: il confronto tra i servizi per gli anziani non autosufficienti con il massimo grado di intensità assistenziale offerti da ogni regione evidenzia standard assistenziali molto differenti, con un mix di prestazioni sanitarie e sociali piuttosto articolato. Anche in ambito domiciliare i servizi possono differenziarsi e fare riferimento a uno o più livelli di intervento domiciliare, caratterizzati da livelli di intensità tra loro differenti. • Modelli di tariffazione: le tariffe versate dalla regione agli erogatori sono molto differenti, con picchi massimi e minimi molto diversi. Tuttavia, i modelli di finanziamento pubblico delle tariffe non sono omogenei, perché il mix di prestazioni e tariffa con cui ogni modello regionale finanzia gli interventi è diverso. In alcuni casi prevale la componente tariffaria, mentre il altri casi molte prestazioni sono trasferite agli erogatori da parte del terzo pagante pubblico regionale (tramite le aziende). Le differenze tariffarie devono quindi essere lette 235 • tenendo presente che differenti tariffe possono pagare differenti mix di prestazioni offerte dal soggetto erogatore in combinazione con differenti mix di prestazioni che gli sono trasferiti dalle aziende. Poiché il tipo di prestazioni trasferite può essere differente, così come il costo per le aziende delle medesime prestazioni, eventuali considerazioni che tendano a distinguere i modelli regionali che finanziano di più o di meno appare poco robusto dal punto di vista dei dati a supporto. Percorsi di accesso e modelli di valutazione (attori e strumenti): i modelli regionali disegnano percorsi differenti che permettono agli utenti di essere presi in considerazione per l’erogazione di servizi. Il primo contatto può essere sia nei comuni, sia nelle aziende, sia nelle strutture residenziali, sia all’interno di ambiti di intervento integrati e dedicati appositamente all’accesso. Anche la valutazione viene effettuata con strumenti differenti (si rinvia al paragrafo 1. per la rassegna delle scale di valutazione), può vedere coinvolti professionisti diversi e attribuire un ruolo differente agli attori istituzionali coinvolti (aziende, comuni, ospedale, erogatori). 3.4 Considerazioni e prospettive Una prima e fondamentale considerazione che emerge dall’analisi svolta è l’evidente impossibilità di rappresentare in modo unitario l’offerta del paese per la popolazione non autosufficiente: nei servizi per la Long Term Care ogni contesto territoriale e aziendale è un mondo a sé. Tuttavia, un elemento di fondamentale importanza accomuna i casi analizzati ed è il loro carattere di selettività rispetto al bisogno. Tutti i modelli si collocano su tassi di copertura parziali della popolazione, che si attestano in un range che va dal 13 al 26% della popolazione over 65 anni in condizioni di non autosufficienza. In sostanza, in ognuno dei territori analizzati, la componente di popolazione non autosufficiente che non è in carico ai servizi per la long term care è di gran lunga superiore a quella in carico; anche nei territori con i maggiori tassi di copertura, circa ¾ della popolazione non autosufficiente non sono in carico al sistema di interventi pubblici per la Long Term Care54. Sebbene sia ben noto, va quindi ricordato e sottolineato che il principio universalistico, che impronta gli interventi in ambito sanitario, non caratterizza invece il sistema sociosanitario per la Long Term Care. Il dato è coerente con quanto emerso in una comparazione tra i modelli regionali dell’Emilia Romagna e della Lombardia (Calò et al., 2013) 54 236 I modelli regionali nei servizi per la Long Term Care, con le loro differenze, esprimono lo stato di fatto a cui è giunto questo ambito di intervento sociosanitario, che è stato progressivamente plasmato, per adattamenti successivi, di pari passo con le trasformazioni in atto nel paese. Se è evidente l’impatto della struttura della curva demografica sul fabbisogno di interventi per la Long Term Care, altre trasformazioni epocali sono in corso nei principali elementi che fanno da cornice ai bisogni connessi all’invecchiamento, dalla struttura della famiglia, al cambiamento nei ruoli di cura, alle trasformazioni nelle relazioni intergenerazionali. Ogni modello regionale, nell’esprimere l’autonomia dei propri decisori e l’adattamento alle specifiche esigenze del territorio, ha individuato proprie traiettorie di sviluppo che in parte rispondono alle trasformazioni in corso e al loro impatto sulle esigenze specifiche di ogni territorio, in parte alla storia e alla configurazione territoriale (path dependency), in parte alle differenti preferenze e visioni dei decisori istituzionali. Le differenze tra modelli, tuttavia, per quanto significative, riguardano non più del 25% della popolazione in condizioni di non autosufficienza, mentre non sono altrettanto rilevanti rispetto alla componente prevalente della popolazione non autosufficiente, che non è inclusa negli interventi. Da questo punto di vista colpisce un tratto che accomuna i modelli: pur esprimendo visioni differenti, il focus di tutti i modelli sembra essere molto più centrato sulla produzione e sul governo dell’offerta che sui bisogni e sulla copertura della popolazione non autosufficiente. Sia l’analisi del contesto normativo, sia l’analisi dei dati aziendali, fanno emergere in modo molto forte elementi interni e definiti del sistema (budget, posti letto, dotazioni strutturali, standard assistenziali, strumenti di valutazione), mentre sono più deboli elementi più “esterni”. Non si riscontrano stime esplicite della popolazione non autosufficiente, assunte a guida per le decisioni, né obiettivi espliciti di copertura della popolazione non autosufficiente, così come è difficile acquisire dati ex post sul funzionamento delle strutture: mentre i dati amministrativi (giornate di presenza degli utenti, ad esempio) sono articolati e puntuali, i dati di governo (ad esempio: la composizione effettiva del case mix per tipo di struttura, oppure la degenza media degli ospiti) sono stati di difficile acquisizione. L’utilizzo dei dati sembra orientato prevalentemente a finalità di tipo amministrativo o di rendicontazione, meno ad analisi di tipo strategico che possano evidenziare il posizionamento degli interventi rispetto ai bisogni della popolazione. Complessivamente, sia l’attenzione dei regolatori regionali che quella delle aziende sembrano focalizzate sul disegno dell’offerta, in termini di volumi, standard e costi: una volta definita l’offerta, i meccanismi di selezione hanno il compito di definire chi siano, tra i soggetti portatori di bisogni, coloro che potranno accedere ai servizi. L’attenzione al sistema di offerta prevale rispetto 237 alle energie messe sull’analisi dei bisogni: i modelli regionali chiedono alle aziende di dare attuazione ai sistemi di offerta così come disegnati, molto più che di esprimere una funzione di governo della non autosufficienza attribuendo risorse e target di popolazione da raggiungere. In sostanza, il driver per il disegno del sistema è rappresentato dalla disponibilità di risorse molto più che dalla rappresentazione dei bisogni. Le aziende stesse tendono a rappresentarsi molto più come soggetti che danno attuazione ai modelli definiti in ambito regionale, che come soggetti portatori di scelte rispetto alle priorità di intervento sulle persone anziane non autosufficienti. In realtà, esistono ampi spazi di azione per l’espressione delle specificità aziendali, e attengono a tutti quegli elementi che non possono essere oggetto di regolazione, ma “fanno la differenza” per i destinatari dei servizi. La logistica degli accessi, i dispositivi locali di integrazione sociosanitaria, i sistemi di relazione tra gli attori territoriali, gli interventi per la gestione delle situazioni critiche non sono che alcuni degli ambiti in cui le aziende recuperano spazio di manovra, esprimono le proprie specificità, in sostanza producono selezione dell’utenza e definiscono, nei fatti, le priorità perseguite. Una rappresentazione che vedesse nelle aziende dei meri attuatori dei modelli regionali, negandone il ruolo di “interpreti” autonomi, sarebbe molto riduttiva: dal confronto con le aziende è emerso come le persone impieghino le proprie competenze per allineare i modelli generali regionali e le esigenze specifiche emergenti dai territori. La criticità di questo adattamento risiede nel fatto che è più episodico, legato a singoli eventi e criticità, che governato sistematicamente sulla base di un’analisi di bisogni condivisa che generi patrimonio conoscitivo per le aziende stesse e per l’evoluzione dei modelli regionali. Tenendo presente che i fabbisogni dovuti all’invecchiamento e alle connesse condizioni di non autosufficienza sono in costante crescita, il tema dei tassi di copertura delle popolazione dovrebbe essere considerato prioritario, rispetto ai tratti di eterogeneità che pure caratterizzano i diversi modelli di intervento. La priorità per tutti gli interventi dovrebbe essere quella di giungere al disegno di sistemi più inclusivi, in grado di affrontare al meglio l’evoluzione della struttura demografica e della struttura sociale del nostro paese. Tuttavia, a questo scopo, la focalizzazione prevalente sul disegno dell’offerta, invece che sui bisogni, appare un limite fondamentale alle possibilità di evoluzione del sistema di interventi per la long term care. Il disegno dell’offerta trova un vincolo fondamentale nelle risorse, che consentono di ampliare la dotazione di offerta solo a fronte di una corrispondente crescita nella dotazione finanziaria. Una maggiore focalizzazione sull’esterno e sui bisogni della popolazione costituisce invece la principale priorità, per permettere di dare vita a forme di 238 integrazione dei servizi che non sono possibili senza una lettura condivisa dei bisogni della popolazione. Una postura strategica più orientata al governo del problema, e meno alla gestione della produzione, permetterebbe di dare vita a processi e servizi in grado di: • connettere le risorse disponibili nei territori (che sono in larga parte trasferite direttamente alle famiglie) • integrare la filiera di offerta e ottenere migliori livelli di governo dell’appropriatezza • ricomporre gli interventi in capo ai singoli destinatari. E’ utile infatti ricordare che la dotazione finanziaria che il nostro paese mette a disposizione per la popolazione non autosufficiente è in parte minima detenuta dagli enti locali, in misura parziale dalle aziende sanitarie, in misura maggiore trasferita direttamente alle famiglie da parte dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale. Le risorse detenute dalle aziende, quindi, rispetto al budget del territorio, non costituiscono la componente prevalente del budget pubblico per la Long Term Care ma, al tempo stesso, sono la quota maggiore di risorse detenute da un soggetto di policy. Sotto questo profilo, l’opzione di tentare strategie che ricompongano le risorse pubbliche detenute dalle aziende e dagli enti locali con quelle detenute dalle famiglie appare fondamentale per ridefinire, ampliare e riposizionare l’offerta del welfare per la non autosufficienza, e richiedono alle aziende e agli enti locali di formulare proposte di valore per la popolazione che rendano attrattiva anche per le famiglie la scelte di connettere le proprie risorse con quelle impiegate dagli attori pubblici. Ai fini di sviluppare questa azione di integrazione di risorse pubbliche e private, è di fondamentale importanza ricomporre gli interventi svolti dai soggetti pubblici, e in prima istanza è necessario ricomporre le conoscenze detenute dai diversi attori del sistema di interventi. I percorsi di integrazione non sono possibili se, come emerso nel corso della ricerca, ogni singola parte del sistema conosce solo la propria offerta, e non ha elementi conoscitivi che le permettono di sapere quali siano gli interventi di altri attori che convergono sugli stessi utenti. Per formulare una proposta di valore per gli utenti e le famiglie è necessaria una maggiore focalizzazione sui target, che porta con sé l’esigenza di sviluppare sistemi conoscitivi che, pur attenti al presidio delle dinamiche amministrative, siano orientati soprattutto a far emergere i potenziali vantaggi di possibili percorsi di integrazione. La parzialità nei tassi di copertura della popolazione rende particolarmente cruciale l’esigenza di integrare la filiera di offerta, perché nella frammentazione delle reti di offerta il rischio che il sistema perda di vista i più fragili tra i propri destinatari si amplificano, aggiungendo in questo modo ai problemi di limitata copertura dei potenziali rischi sul piano dell’equità. 239 Altrettanto cruciale è lo sviluppo di sistemi informativi che permettano di conoscere lo stato di attuazione degli interventi e consentano ai decisori di conoscere non solo il quadro dell’offerta disponibile, ma anche le informazioni rispetto al tipo di utilizzo dei servizi e alla coerenza tra il disegno ex ante e l’utilizzo ex post. Il rischio di un dibattito troppo concentrato sull’eterogeneità dei sistemi di offerta è quello di “accontentarsi” della presenza di tassi di copertura della popolazione limitati oggi, ancora più parziali in futuro (data la struttura demografica della popolazione). Inoltre, le differenze nei modelli locali in parte rispecchiano e rispettano le caratteristiche dei propri territori. Al tempo stesso, è opportuna una convergenza maggiore dei modelli di intervento, in coerenza con una cittadinanza comune dei destinatari dei servizi. Tuttavia, cosa è più efficace per facilitare questa convergenza? E’ bene dire in modo chiaro che di fronte all’eterogeneità nella geografia dell’offerta la tentazione di “normalizzare” non pare convincente. Da una parte, concentrare eccessivamente l’attenzione sui modelli di offerta rischierebbe di oscurare di nuovo il problema principale del sistema, che è rappresentato dalla copertura limitata della popolazione (la tentazione di rimuovere dall’agenda un problema di cui è difficile intravedere una soluzione è molto forte, e può apparire più concreto ed efficace concentrarsi quindi su tentativi più realistici, ma meno rilevanti, di omogeneizzare i modelli di intervento). Dall’altra, se qualche passo avanti verso la convergenza dei modelli regionali è auspicabile, difficilmente può essere ottenuto dal perseguimento di modelli burocratici e adempimentali. Dall’analisi svolta emerge una forte tendenza dei sistemi territoriali a sovrapporre e talvolta confondere la rappresentazione formale degli interventi con le dinamiche sostanziali. Per evitare che ai modelli regionali in essere si sovrapponga un modello unificante, ma limitato al piano formale, può essere più opportuno investire su processi di progettazione condivisa, e di apprendimento reciproco. Percorsi di benchmarking tra aziende e regioni, piuttosto che modelli prescrittivi di tipo razionale, possono apparire più aperti e indeterminati, ma costituiscono una via più efficace per evitare il rischio di trasformazioni puramente formali. L’aumento della formalizzazione, in assenza di un processo di apprendimento diffuso, è il rischio più probabile per un sistema che negli anni ha impegnato le proprie energie per attuare le regole di governo dell’offerta, ed è ancora poco abituato ad interpellarsi in modo condiviso, aperto e sostenibile, sui bisogni emergenti e sui target a cui fare riferimento. Le sfide della Long Term Care, sia sul piano della ricomposizione locale, sia sul piano della convergenza tra modelli regionali, richiedono un approccio all’intervento pubblico che riesca a superare le logiche più tradizionali per 240 assumere pienamente una prospettiva di public governance55. Per guidare la transizione verso un welfare per la non autosufficienza più inclusivo e sostenibile è necessario riconoscere l’autonomia dei differenti attori in gioco, e generare proposte di valore convincenti per le diverse parti, ai fini di attivare tutte le risorse disponibili per il governo di un problema destinato ad assumere sempre maggiore rilevanza negli anni a venire. Bibliografia Bonanomi, A., Fosti, G., Notarnicola, E., Tasselli, S., Un welfare che non sa scegliere, http://www.lavoce.info/archives/9394/un-welfare-che-non-sascegliere/ 21 maggio 2013; Borgonovi, E., Fattore, G., Longo, F., (2015), Management delle Istituzioni Pubbliche (4° ed.), Milano, Egea; De Donder, P. e Pestieau, P. (2013) Private, Social and Self-Insurance for Long-Term Care in the Presence of Family Help - A Political Economy Analysis, CESifo Working Paper Series No. 4352; Esping-Andersen, G. (1990). The three worlds of welfare capitalism, vol. 6, Cambridge: Polity press; Fattore, G. (2005) Metodi di ricerca in economia aziendale. Egea, Milano; Fosti, G. (a cura di) (2013), Rilanciare il welfare locale. Milano, Egea Fosti, G. e Notarnicola, E. (2014). Quattro paesi in comparazione, in Fosti, G. e Notarnicola, E. (a cura di) (2014), Il Welfare e la Long Term Care in Europa, pp. 139-158, Egea, Milano; Gori, C. (2013). L'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Maggioli Editore, Bologna; Karl Aiginger, Thomas Leoni (2009), Typologies of Social Models in Europe. Institute of Economic Research WIFO, Vienna. Calò, F., Fosti, G., Longo F., Notarnicola, E., Rotolo, A. e Tasselli, S., (2013), Sistemi sociali e sociosanitari a confronto: convergenze e divergenze tra i modelli regionali di Emilia-Romagna e Lombardia, in CeRGAS Rapporto OASI 2013, Milano, Egea; 55 Per approfondimenti sui modelli di public governance nelle pubbliche amministrazioni, si veda Borgonovi, Longo, Fattore, Management delle Istituzioni Pubbliche (Borgonovi et al., 2015). 241 Pavolini, E. e Ranci, C. (2013) Reforms in Long-Term Care Policies in Europe, Springer, Heidelberg; Pavolini, E. e Ranci, C. (2015). Le politiche di welfare. Il Mulino, Bologna Pasquinelli S. e Rusmini G. (2008), Badanti: la nuova generazione – Dossier per la ricerca “Qualificare”, Milano, Istituto per la ricerca sociale (IRS); Rodrigues, R., Huber, M. e Lamura, G. (eds.) (2012). Facts and Figures on Healthy Ageing and Long-term Care. European Centre for Social Welfare Policy and Research: Vienna. Yin, R. K. (2003). Case study research: Design and Methods. Sage 242 Fondazione Farmafactoring Via Domenichino 5 - 20149 Milano Tel. 02.49905204 Via Bertoloni, 1/E int. F - 00197 Roma Tel. 06.8091391 - fax 06.80913941 [email protected] fondazionefarmafactoring.it