Lezione 4 - Home page Mathesis di Lanciano e Ortona

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Quadrimpulso. Il secondo principio della dinamica – L’energia e la problematica
dell’equazione E = m c2.
Quadrivettori e dinamica nello spazio di Minkowski.
Relazioni tra grandezze fisiche relativistiche e classiche.
Massa ed energia: esempi.
Dinamica relativistica.
Abbiamo visto, parlando di cinematica, che le definizioni delle grandezze fisiche non possono
essere estese direttamente dall’ambito classico (galileiano-newtoniano) a quello relativistico.
In effetti, le trasformazioni galileiane tra SRI in moto l’uno rispetto all’altro, grazie all’assunto
fondamentale dell’invarianza del tempo, permettono di associare a ciascun SRI fisico un sistema di
coordinate cartesiane ortogonali, in maniera tale che la trasformazione stessa risulti, per ogni fissato
istante, una traslazione, con la conseguente invarianza della
DISTANZA EUCLIDEA TRA DUE PUNTI.
In maniera più formale, abbiamo introdotto una struttura di spazio vettoriale, associando a ogni
coppia ordinata di punti un vettore cui abbiamo dato il significato fisico-geometrico di spostamento.
Per ogni fissato SRCO abbiamo definito il prodotto scalare tra due vettori ( somma dei prodotti
delle componenti omonime) che, applicato allo stesso vettore, ci dà la norma euclidea ( quadrato
della distanza tra i due punti estremi del vettore) che risulta invariante per trasformazioni galileiane.
Uno spazio vettoriale con queste proprietà si chiama uno spazio euclideo: possiamo quindi
affermare che lo spazio della fisica classica è euclideo.
Le trasformazioni di Lorentz , compatibili con i postulati della RR (relatività ristretta), in particolare
con la costanza e invarianza del valore della velocità della luce nel vuoto, rendono la grandezza
fisica Tempo dipendente dal particolare SRI.
Un’immediata estensione della definizione delle grandezze cinematiche fondamentali fa perdere in
generale a queste ultime (si pensi all’accelerazione) la proprietà dell’invarianza.
Due SRI in moto l’uno rispetto all’altro determinano una trasformazione di Lorentz, nel senso che,
fissata una particolare terna (x1,x2,x3) di assi cartesiani e un istante t in S, le coordinate spaziotemporali di un evento E (t,x1,x2,x3) determinano le coordinate di E in S’ di in maniera tale che
risulti
–(ct)2+ x12+ x22 x32=–(ct’)’2+ x1’2+ x2’2 x3’2.
v
 '
t
=
γ(t
−
x)

c2
 '
 x = γ(x − vt)
 y' = y

 z ' = z
ct = x0



(*)



v
c
= β
x0'   γ − γβ
 
'
γ
x1   − γβ
=

0
x'2   0

0
x'3   0
 x0' =

 x1' =

 x2' =
 x3' =
0 0 
 
0 0 
∗
1 0  

0 1  
γ(x0 − βx1 )
γ(x1 − βx0 )
x2
x3
x0 

x1 

x2 
x3 
Le ultime formule rappresentano una trasformazione, di punti o quadrivettori, in uno spazio di
Minkowski.
Abbiamo anche visto come estendere le principali grandezze cinematiche della fisica classica allo
spazio-tempo di Minkowski. Non possiamo aspettarci, naturalmente, che il loro significato fisico si
conservi inalterato.
Esiste IL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA, introdotto originariamente per la fisica
quantistica, che può costituire un utile strumento di verifica per la bontà delle nostre estensioni.
Le nuove grandezze introdotte, cioè, devono ridursi a quelle della fisica classica quando le velocità
in gioco sono piccole rispetto a quella della luce: β 2 < < 1
Lo spazio-tempo di Minkowski, i cui punti sono gli eventi, permette d’introdurre, a partire da
coppie ordinate di eventi, il quadrivettore “spostamento”.
Abbiamo introdotto il tempo proprio τ che, pur avendo le dimensioni di un tempo, ha un diverso
significato fisico-geometrico.
Una particella che si muove nello spazio-tempo tra due eventi ha linee d’universo differenti a
seconda della sua traiettoria spaziale e della legge oraria.
A ciascuna linea d’universo congiungente due eventi corrisponde un diverso intervallo di tempo ∆ τ
che assume (moltiplicato per la costante c) il significato di lunghezza della particolare linea che ha
come estremi i due eventi.
Tutte le linee d’universo che congiungono due fissati eventi hanno in comune, nello spazio, la
stessa velocità vettoriale media, per cui il moto rettilineo uniforme, corrispondendo al più breve
tratto spaziale percorso nello stesso intervallo di tempo, sarà caratterizzato da velocità scalare v
minima e l’intervallo di tempo proprio ∆ τ = ∆ t γ relativo al segmento avente come estremi i due
v
eventi sarà massimo, dato che γ v è funzione crescente di v.
Il quadrivettore velocità U ( γ u c , γ u u) definito come rapporto tra il quadrivettore spostamento
infinitesimo dL( cdt , dr ) e il corrispondente intervallo dτ , si caratterizza nello spazio-tempo di
Minkowski per avere norma costante
|| U ||M = − γ u2 c 2 + γ u2 v 2 = − γ u2 ( c 2 − u 2 ) = − c 2
Come si può constatare, la sua componente spaziale non coincide con l’usuale velocità, ma tende ad
essa quando γ ( u ) → 1 .
Applichiamo le (*) al quadrivettore velocità U, le cui componenti nei due SR dello spazio di
'
Minkowski sono, rispettivamente, ( γ u c , γ u u) e ( γ u' c , γ u' u ) .
 γ u' c   γ v
− γv β



'
γv
 γ u' u x   − γ v β
(**) 
'  = 
γ u
0
 u' 'y   0
 γ ' uz   0
0
 u  
0 0  γ uc 

 
0 0   γ uux 
∗
1 0   γ uu y 

 


0 1   γ u u z 
Si può agevolmente verificare, effettuando la moltiplicazione righe per colonne, l’invarianza della
2
'2
2
2
2
2
norma minkowskiana di U: γ u' (u − c ) = γ u (u − c ) .
Vediamo come dalle (**) si possano ricavare anche le formule relativistiche di trasformazione della
velocità di una particella da S a S’.
Sia v la velocità (costante) di S’ rispetto a S; u(t) e u’(t’) le velocità della particella rispetto a S e
S’, rispettivamente.
La prima della (**) di dà γ u' c = γ u γ v (c − β u x ) che, dopo qualche semplice passaggio. diventa
γu
1
γu γ v (u x − v)
=
'
u x v . La seconda della(**) ci fornisce u x' =
che, sfruttando la relazione
γ u'
γ u'
γ v (1 − 2 )
c
(u − v)
u 'x' = x
u v . Quest’ultima è appunto la formula di
ricavata dalla prima, si può scrivere
1 − x2
c
trasformazione relativistica della componente x della velocità. Si procede in maniera perfettamente
analoga per le altre.
t
U1
E1
U0
E0
E0
x
In figura sono
rappresentati due
punti-evento E0, E1
della linea d’universo
di una particella con
le rispettive
quadrivelocità U0,U1.
In rosso sono
rappresentate
rispettivamente la
somma U1+U0 e la
differenza U1-U0 che
non sono
quadrivelocità.
Questi quadrivettori
sono “ortogonali”, nel
senso che il loro
prodotto scalare è
zero.
z
Siano date una particella di massa m e una linea d’universo curva dello spazio di Minkowski
Nel punto-evento E0 il quadrivettore velocità U0 è parallelo all’asse x0, cioè U0=(c,0), mentre nel
punto-evento E1 il quadrivettore velocità Uu ha componenti ( γ u c , γ u u) .
_______________________
Nello spazio di Minkowski la somma ( o la differenza ) U1+U2 non è una quadrivelocità.
U 1 + U 2 = (c( γ 1 + γ 2 ) , γ 1 u1 + γ 2 u2 )
e, ponendo
u=
γ1
γ2
u1 +
u2 , γ ( u ) = γ
γ1+ γ2
γ1+ γ2
U1 + U2 =
si ha
(γ 1 + γ 2 )
( γ c , γ u) = k U
γ
Analogamente si ha
U1 − U2 =
(γ 1 − γ 2 )
( γ c , γ u' ) = k ' U ' .
γ
Per quanto riguarda le leggi della dinamica, la prima legge è senz’altro verificata, in quanto
U = COST ⇔ u = cost.
La prima grandezza dinamica che possiamo introdurre è la naturale estensione della quantità di
moto p=mv , il quadrivettore impulso
P=mU ovvero P = ( mγ c , mγ u) .
Precisiamo che m è la massa newtoniana, che misura l’inerzia di un corpo. Notiamo, inoltre, che la
norma invariante
( P ⋅ P )M = − m 2 c 2
richiede che m sia invariante.
Per quanto riguarda la componente spaziale di P, mγ u , possiamo osservare che è soddisfatto il
principio di corrispondenza, in quanto, per piccole velocità, essa tende al valore della quantità di
moto classica. Si pone, di solito, p = mγ u .
Consideriamo, per il momento, particelle con massa m costante, ossia prive di struttura interna.
La seconda legge può essere espressa alla maniera seguente:
F = dP
dτ
Il quadrivettore forza, che esprime l’influenza dell’ambiente sulla particella (sistema), seguirà una
certa legge fisica, ma sarà sempre formalmente uguale alla derivata del quadrivettore impulso
rispetto al tempo proprio τ .
Potremmo essere soddisfatti della nostra estensione di forza dalla dinamica classica a quella
relativistica, anche perché la relazione classica f=ma è equivalente a f= dp/dt nel caso di massa
costante, ma, secondo il nostro programma, dobbiamo verificare la validità dell’estensione in base
al principio di corrispondenza.
Abbiamo già calcolato il quadrivettore accelerazione
 γ4

γ4
A =  ( a⋅ u ), 2 ( a⋅ u ) u+ γ 2 a 
c
 c

Si può constatare che, per valori trascurabili di u rispetto a c, la componente spaziale del
quadrivettore A si riduce all’usuale accelerazione, tuttavia il suo significato fisico è diverso.
Inoltre possiamo scrivere, raccogliendo opportunamente,
γ3
( a⋅ u )(γ c, γ u ) + ( 0 , γ 2 a ) .
2
c
Il quadrivettore A ( e quindi anche F nel caso m costante) si può esprimere come somma di due
quadrivettori: uno nella direzione di U e l’altro, puramente spaziale, nella direzione di a.
Se moltiplichiamo scalarmene entrambi i membri della (1) per mU otteniamo
(1) A =
(2) m(A⋅ U )M = − mγ 3( a⋅ u ) + mγ 3( a⋅ u ) = 0
Osserviamo ancora dalla (2) che mγ 3 (a⋅ u) , la potenza corrispondente al componente puramente
spaziale del quadrivettore forza, è la derivata rispetto al tempo di E = mγ c 2 + cos t .
Quindi, secondo il principio di corrispondenza, ∆ E = mγ c 2 − mc 2 dovrebbe avere il significato ,
per γ → 1 , di variazione dell’energia cinetica.
___________
Per comprendere il significato della componente temporale del quadrivettore impulso possiamo
procedere in diversi modi, sostanzialmente equivalenti.
Per fissare le idee, consideriamo una particella di massa m che, in un certo intervallo ∆ t , percorre
un tratto rettilineo con moto accelerato, partendo da ferma, fino a raggiungere una velocità v.
Nello spazio-tempo avremo due eventi e una linea d’universo (curva) che li congiunge di lunghezza
c∆ τ , con velocità iniziale e finale risp. U 0 ( c ,0 ) e U u ( γ c , γ u ) .
1) Ricordiamo che da (U.U)M=-c2 si ottiene, derivando rispetto a τ ,
(A.U)M =0 da cui (mA.U)M =0 e, se m è costante, (F.U)M =0
Nella fisica newtoniana il prodotto scalare della forza per la velocità f⋅u rappresenta la potenza,
che è in media il lavoro fatto dalla forza nell’unità di tempo, o, con linguaggio più adatto ai
nostri scopi, la derivata del lavoro rispetto al tempo.
Sappiamo anche che il lavoro fatto dalla forza sulla particella è uguale alla variazione della sua
energia cinetica.
2) Nella RR Il lavoro elementare fatto dal quadrivettore forza è nullo, in quanto
dP
(F ⋅ dL)M = ( F ⋅ U)M dτ = (
⋅ Udτ )M = 0 e quindi
dτ
la variazione dell’energia cinetica totale T della particella.
dT = (dP.U)M = 0.
3) Se consideriamo l’intervallo finito ∆ τ risultano “ortogonali” i vettori
∆P=P-P0 e (U+U0)
ΔP
come si può verificare effettuando il prodotto scalare. Inoltre
∆ τ rappresenta un
quadrivettore forza e ( U + U 0 )∆ τ un quadrivettore spostamento.
(∆ P ⋅ (U + U 0 ) )M = m(( U − U 0 ) ⋅ ( U + U 0 ))M = m(U 2 − U 02 ) = 0
quindi (∆ P ⋅ U )M + (∆ P ⋅ U 0 )M = 0
Le quantità (∆ P ⋅ U )M e (∆ P ⋅ U 0 )M rappresentano, quindi, ciascuna una variazione di energia
cinetica, tra loro opposte. La seconda è dovuta a uno spostamento puramente temporale ed è
negativa. Consideriamo la prima.
4)
∆ P⋅ U = m U ⋅ U − m U 0 ⋅ U = ∆ E
ΔE = (mγ c 2 − mc 2 ) = mc 2 (γ − 1 ) = mc 2
per β < < 1 si ha ΔE ≈
γ2 − 1
mu 2
=
γ + 1 ( 1 − β 2 )(γ + 1 )
1
mu 2 è soddisfatto, quindi, il principio di corrispondenza .
2
5) Possiamo allora definire l’energia di una particella di massa m e velocità spaziale v
E v = mγ c 2 da cui
E0 = mc 2
In altre parole, associamo a una particella di massa m spazialmente in quiete una energia che
dipende dalla sua massa.
___________________
Riprendiamo la definizione del quadrivettore impulso P = (mγ c , mγ u )
E
Possiamo scrivere anche P = ( u , mγ u ) e cogliere il significato fisico della componente
c
temporale del quadrivettore impulso.
F = dP
Inoltre, da
dτ si ha F=0 ⇒ P=COST.
Possiamo enunciare un unico principio di conservazione del quadrivettore impulso, che riunisce i
principi di conservazione dell’energia e della quantità di moto.
______________________________________
A questo punto si rendono necessarie alcune riflessioni utili a cogliere in maniera corretta il
significato fisico delle grandezze che andiamo via via introducendo. Abbiamo
− E2
|| P ||=
+ m 2 γ 2u 2 = − m 2c 2
2
c
Moltiplicando per –c2 e scrivendo p = mγ u , la relazione precedente diventa
E2-c2p2=m2c4.
Dobbiamo approfondire la relazione tra massa ed energia.
Consideriamo ora la massa invariante, ma non costante.Osserviamo che da F = dP dτ si ha, in
generale, F = dm dτ U + m A da cui ( F ⋅ U dτ )M = dm(U ⋅ U)M + m(A⋅ U)M dτ
( F ⋅ U dτ )M = − d ( mc 2 ) = − dE0
Ossia
La relazione E0=mc2 può essere, pertanto, interpretata alla maniera seguente:
in un riferimento in cui il centro di massa è in quiete a una variazione di energia che non sposta il
centro di massa corrisponde una equivalente variazione di massa.
Facciamo qualche esempio.
Consideriamo due particelle A e B entrambe di massa m che si muovono lungo la direzione x con
velocità +u e –u. Ammettiamo che queste particelle collidano frontalmente e diano origine ad una
particella C di massa M con velocità v’.
A
B
u
C
x
-u
x
I quadrivettori impulso delle particelle A e B sono, rispettivamente,
P ( A) = (mγ u c , mγ u u) e P ( B ) = (mγ u c ,− mγ u u)
'
Il quadrivettore impulso della particella C deve essere del tipo P (C ) = ( Mγ u' c , mγ u' u )
Il principio di conservazione dell’impulso si traduce nelle relazioni
(1) 2 mγ u c = Mγ u' c
(2) mγ u u− mγ u u = Mγ u' u'
La (2) ci dice che u’=0 e, quindi, γ u' = 1 . Dalla (1) ricaviamo M = 2 mγ u .
Quindi nell'urto frontale di due particelle identiche la particella dopo l’urto è in quiete e la sua
massa è superiore alla somma delle masse iniziali.
Consideriamo ora una particella di massa M inizialmente a riposo. Essa decade in due particelle di
massa identica m secondo la reazione: C→A+B
Cosa ci dice il principio di conservazione dell’impulso?
Applichiamo la (2) e otteniamo
(γ A(u A ))2 = (γ B (u B ))2 ⇔
(u A ) 2
(u B ) 2
=
⇔ (u A ) 2 = (u B ) 2
c 2 − (u A ) 2 c 2 − (u B ) 2
applicando la (1) e ponendo |uA|=|uB|=|u| otteniamo
γ (u ) =
M
( c )2
M2
c
⇔ 2
=
⇔ u=
2
2
2m
M
c −u
4m
M 2 − 4m 2
da cui si vede che la reazione è possibile solo se M>2m.
_________________________
Rimanendo nell’ambito della meccanica classica, possiamo considerare due carrelli uguali, dotati
di respingenti (sostanzialmente molloni che funzionano da ammortizzatori), che viaggiano in senso
opposto con la stessa velocità fino a urtarsi e rimanere incastrati e immobili. La quantità di moto è
nulla prima e dopo l’urto, il centro di massa non subisce spostamenti, l’energia cinetica iniziale si
converte in energia potenziale elastica del sistema.
Si può vedere la cosa anche da un altro punto di vista: l’energia cinetica prima dell’urto si trasforma
in massa dopo l’urto.
Vi sono numerosissime conferme sperimentali di questa trasformazione nell’ambito della fisica
delle particelle.
A noi, per il momento, interessa capire che, in generale, la massa è una grandezza fisica invariante,
ma non costante, nel senso che un trasferimento di energia che non si traduce in variazione del moto
del centro di massa fa aumentare la massa e, viceversa, un corpo può cedere energia a prezzo di una
diminuzione della sua massa.
Insomma, la massa è energia di riposo. Anzi per cogliere la differenza tra massa ed energia è
necessario pensare a un riferimento rispetto al quale l’oggetto di cui vogliamo misurare la massa sia
in quiete.
Quando diciamo che la luce è formata di quanti di energia chiamati fotoni che hanno massa nulla,
intendiamo proprio che non possiamo trovare nessun SR in cui un fotone è fermo.
Sappiamo tutti che la luce trasporta energia, meno noto è il fatto che la luce ha un impulso. Noi
siamo abituati a pensare alla quantità di moto legata alla massa e alla velocità di un corpo.
Gli esperimenti ci costringono a rivedere i nostri concetti.
Riassumiamo.
1) La luce trasporta energia e impulso ( se la luce colpisce un oggetto, non solo aumenta la
temperatura di quest’ultimo ma, se esso è sufficientemente leggero e libero di muoversi, si
sposta).
2) Ci sono numerosi esperimenti che confermano l’ipotesi che la luce sia formata da quanti di
energia .
Il quanto di energia sfida la nostra intuizione. Peraltro, non possiamo applicare la relazione E0=mc2
perché, come già affermato, avremmo bisogno di trovare un riferimento in cui i fotoni sono in
quiete, ma sappiamo che essi viaggiano a velocità c in qualsiasi SRI.
2
Inoltre, dalla relazione E v = mγ c si può vedere che qualsiasi valore della massa diverso da zero
implica Ec infinita. Dobbiamo rivedere e ampliare la definizione d’impulso.
Riprendiamo in considerazione la relazione E2-c2p2=m2c4 e supponiamo in essa m=0.
Ricaviamo l’impulso p ( componente spaziale del quadrimpulso), in funzione delle altre grandezze.
Otteniamo p=E/c che è sperimentalmente verificata.
Altro esempio.
Quando riscaldiamo un gas contenuto in un recipiente, noi diciamo che cediamo energia al gas.
Riscontriamo l’aumento di energia a livello macroscopico ( aumento della pressione sulle pareti del
recipiente e della temperatura).
Anzi, in opportune condizioni, prendendo in considerazione le molecole di cui è fatto il gas, ( che
hanno una loro massa inerziale e una velocità, quindi un’energia cinetica), possiamo spiegare
l’aumento di energia proprio come aumento dell’energia cinetica media delle particelle. Ma che
cosa possiamo dire della massa del gas?
Affermiamo che, detta m’ la massa di ciascuna molecola, se vi sono N molecole, la massa m del gas
non è esattamente m=Nm’ e risulta m> Nm’, perché bisogna considerare l’energia che ha ogni
singola molecola. Insomma, in questo caso,
LA MASSA DEL SISTEMA È MAGGIORE DELLA MASSA DEI COSTITUENTI.
Quando riscaldiamo il gas, la massa dei costituenti rimane la stessa, la massa del sistema aumenta,
perché è aumentata l’energia cinetica delle singole molecole.
Possiamo giustificare le nostre affermazioni considerando l’energia del sistema
E v = mγ c 2
Dove v è la velocità del centro di massa. Se ci mettiamo nel SR del centro di massa otteniamo
E0= mc2. Ora se riscaldiamo il gas, siamo tutti d’accordo sul fatto che la sua energia aumenta, cioè
aumenta il primo membro della relazione e, quindi, deve aumentare anche il secondo membro, cioè
la massa.
Se, per esempio, fornisco al gas 9*106 J di energia, l’aumento di massa del sistema sarà
∆m=9*106/9*1016=10-10Kg.
È chiaro che questi calcoli ci danno qualche informazione solo se consideriamo il rapporto ∆m/m.
____________________________________
Se consideriamo le particelle elementari, la misura delle loro masse è espressa in MeV (1 MeV
equivale a 1.782678*10-30 kg ). Un elettrone da 1 MeV è già relativistico, essendo la sua massa di
circa 0.5 MeV, mentre un protone non lo è, essendo la sua massa di circa 940 MeV.
Calcoliamo la velocità dall’energia, esprimendola in funzione dell’energia cinetica T.
1
2 2

 mc 
 mc 2  
(mc + T )
2
2

 ⇔ β = 1 − 

T = m( γ − 1)c ⇔ γ =
⇔ 1 − β = 
2
2

mc 2
mc
+
T
mc
+
T



 

Sostituendo i valori nella formula si ottiene rispettivamente β e = 0.941 e β p = 0.046.
2
2
2
Si potrebbe erroneamente pensare che qualsiasi massa può trasformarsi in energia, ma questo è
proibito dalla conservazione di altre grandezze. Un elettrone, per esempio, non si può trasformare
in fotoni, perché non si conserverebbe la carica elettrica; un mesone π0( elettricamente neutro con
massa di circa 140 MeV), al contrario, decade rapidamente in due fotoni.
La massa del neutrone in un atomo è di 939.6 MeV, mentre quella del protone è di 938.3 MeV ,
con una differenza di 1.3 MeV, maggiore della massa dell’elettrone (0.5 MeV). La conservazione
dello spin impedisce che il neutrone decada in un protone e in un elettrone ( che non violerebbe la
conservazione della carica ).
Esiste un’altra particella, il neutrino, privo di carica, ma con lo spin necessario per garantire che
quest’ultimo si conservi nel decadimento di un neutrone libero in protone +elettrone + neutrino in
circa quindici minuti.
Un neutrone, in un nucleo, ha una certa energia di legame dovuta alle interazioni nucleari
attrattive con gli altri costituenti (neutroni e protoni). Se il suo decadimento comporta la
sostituzione nel nucleo di un neutrone con un protone di energia di legame minore, il processo non
ha luogo, perché energeticamente sfavorevole.
La condizione di stabilità di un nucleo rispetto a questo decadimento (decadimento β ) si può
esprimere confrontando la massa M del nucleo originario con la massa M’ del nucleo in cui un
protone sostituisce un neutrone.
La massa nucleare è determinata sia dalle masse dei costituenti ( protoni e neutroni), sia dalle loro
energie di legame: l’equivalenza massa-energia ha così un’applicazione immediata anche a un
problema che non coinvolge necessariamente particelle in moto a velocità confrontabili con quella
della luce. (sintesi da Carlo Bernardini enc.scienze fisiche Treccani).
.
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