Nuove armi anti-sclerosi

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m f p er s on a l@cl a s s . it
Investire nella Qualità della vita
n n Ricerca Molecole con meccanismi di azione selettivi per la cura della malattia infiammatoria
Nuove armi anti-sclerosi
Test su anticorpi intelligenti e immunosoppressori da assumere oralmente
di Silvia Fabiole Nicoletto
I
mmunosoppressori da assumere per via orale e per pochi giorni,
anticorpi monoclonali con meccanismi d’azione molto selettivi
e nuovi bersagli molecolari da colpire: sono queste alcune delle
novità che propone oggi la ricerca scientifica sulla sclerosi multipla, malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale che
costituisce il più comune disturbo neurologico di origine non traumatica nei giovani adulti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità
la sclerosi multipla (SM) colpisce circa 2,5 milioni di persone in tutto il
mondo; sebbene la sintomatologia possa variare, i sintomi più comuni
comprendono disturbi focali, intorpidimento o formicolio degli arti e
problemi legati alla forza e al coordinamento. «Ciò che sappiamo oggi
riguardo le basi della sclerosi multipla è che, per un motivo sconosciuto ma più probabilmente per una serie di fattori tra
cui una predisposizione genetica, fattori ambientali
o un’infezione virale, si ha un’attivazione dei linfociti
T che raggiungono la barriera ematoencefalica», premette Claudio Gasperini, del Centro Sclerosi Multipla
dell’Ospedale San Camillo di Roma e docente universitario. «Qui i linfociti, attaccandosi a molecole
di adesione dette alfa integrine, penetrano
all’interno del sistema nervoso centrale dove
scatenano una cascata immunitaria che
porta infine alla degradazione della mielina».
Tra le terapie standard figurano due farmaci immunomodulanti che hanno cioè un’azione riequilibrante sul
sistema immunitario riducendo le cellule infiammatorie
e aumentando quelle antinfiammatorie e un anticorpo
monoclonale il cui meccanismo d’azione è piuttosto specifico.
«Questo farmaco è potente e riduce le ricadute del 66%, porta però
a una serie di complicanze e il suo utilizzo è stato limitato ai casi in
cui non si abbia risposta alla terapia immunomodulante o nel caso
di un esordio aggressivo», precisa Gasperini. Sempre nel gruppo dei
farmaci di seconda linea rientra un immunosoppressore che distrugge
i linfociti T e che ha le stesse indicazioni di Natalizumab: una spiccata
tossicità cardiaca ne limita però l’utilizzo entro un certo dosaggio
massimo. In questo contesto gli stessi medici guardano con estremo
interesse alle terapie in via di sperimentazione, pur con la dovuta cautela trattandosi di terapie non ancora consolidate. In fase III figurano
gli immunosoppressori orali tra cui cladribrina, una piccola molecola
che interferisce con il comportamento e la proliferazione di alcuni
globuli bianchi, in particolare i linfociti, che sono coinvolti nel processo
patologico della SM. La somministrazione orale sarebbe un bel passo
in avanti rispetto ai farmaci attuali che si somministrano sottocute o
endovena; inoltre, un’assunzione per soli quattro-cinque
giorni intervallata da lunghi periodi senza assunzione
garantirebbe un netto miglioramento della qualità
di vita del paziente.
Di recente è stato annunciato anche l’avvio di uno studio
clinico di fase II per valutare la sicurezza e l’efficacia di
un nuovo anticorpo monoclonale, atacicept, nei pazienti
con sclerosi multipla recidivante remittente (RMS). La
molecola va a colpire il fattore di necrosi tumorale (TNF) che
favorisce la sopravvivenza e la produzione di anticorpi
associate ad alcune patologie autoimmuni come
la sclerosi multipla. Lo studio clinico in corso
ne valuterà la sicurezza e l’efficacia nei pazienti
con sclerosi multipla fino a 36 settimane di trattamento.
Mentre in questi giorni è stato annunciato un accordo
tra Merck Serono e Bionomics per lo sviluppo e la commercializzazione di nuovi trattamenti per la sclerosi multipla.
Le molecole su cui si focalizzerà la collaborazione mirano al
canale ionico di potassio Kv1.3, un nuovo bersaglio presente sulle
cellule immunitarie: è stato infatti dimostrato che gli inibitori del Kv1.3
bloccano la proliferazione di queste cellule e possono dunque trovare
un’applicazione nel trattamento della SM e, potenzialmente, anche in
altre patologie autoimmuni tra cui l’artrite. (riproduzione riservata)
n n Salute Messi a punto strumenti per l’osservazione interna sempre più governabili ed efficaci
Intestino senza più segreti
con le fotocamere in pillole
di Galeazzo Santini
L
a macchina fotografica
contenuta in una pillola
che il paziente inghiotte
per consentire al medico di riprendere e osservare gli eventuali aspetti negativi dell’esofago
e dell’intestino non rappresenta una novità perché
l’invenzione degli scienziati
britannici e israeliani risale
al 2000. Purtroppo, però,
l’euforia generata da questa soluzione teoricamente
brillante svanì ben presto
quando i medici si accorsero che
la minicamera scorreva troppo
velocemente nell’apparato digerente perdipiù con movimenti incontrollati. Ovviamente in
pochissimi secondi si potevano
scattare solo pochi fotogrammi,
insufficienti per poter effettuare
una diagnosi precisa. Oggi però
i ricercatori dell’istituto tedesco Frauenhofer per la tecnica
biomedicale (IBMT) insieme a
scienziati israeliani e britannici
hanno perfezionato lo strumento per l’osservazione di esofago e intestino. Oggi, infatti, gli
specialisti possono arrestare
il movimento della macchina
fotografica in qualsiasi zona
e muoverla avanti e indietro
per una perfetta osservazione.
L’apparecchio viene controllato
da una speciale attrezzatura magnetica della grandezza di una
tavoletta di cioccolato che crea
un campo magnetico modificabile. Dopo i primi esperimenti
sui maiali, gli scienziati sono
riusciti a ottenere ottimi risultati anche sull’uomo. In un caso
sono riusciti a mantenere ferma
nell’esofago la fotocamera per
dieci minuti mentre il paziente
si trovava in posizione eretta.
(riproduzione riservata)
Lampi
nel buio
Il referto del medico
vale quanto un biglietto
della lotteria:
può essere quello giusto
Arthur Schopenhauer
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