India: l`economia cresce ma la sfida è la povertà

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7 novembre 2011
India: l’economia cresce ma la sfida è la povertà
Rodolfo Helg(*)
Il reddito pro capite indiano è raddoppiato negli ultimi dieci anni. Altri paesi hanno compiuto questo
salto più velocemente (la Cina, per esempio), ma nessun grande stato democratico ha mai fatto
nulla del genere. Prima della recente crisi economica mondiale, la crescita annua del Pil indiano si
era assestata stabilmente sopra il 9%. Diversamente da altri paesi emergenti dell’area, la crescita
economica non è stata trainata principalmente dalle esportazioni, ma dalla domanda interna. Al
suo interno sono stati gli investimenti privati e, in secondo luogo, i consumi privati le componenti
più dinamiche.
L’India non è stata evitata dall’ondata di crisi economica partita dagli Stati Uniti, ma l’economia,
meno dipendente dal commercio con l’estero, ha risposto meglio che da altre parti. Nel 2008 e
2009 c’è stato un rallentamento della crescita attorno al 6%, per poi sperimentare un immediato
salto al 10% nel 2010.
Quest’anno la crescita è di nuovo rallentata. Oltre al ciclo economico internazionale, anche la politica monetaria restrittiva ha contribuito al raffreddamento. In controtendenza con quanto avviene in
altre parti del mondo, a fine ottobre la Reserve Bank of India ha alzato il tasso di interesse di riferimento. È stato il tredicesimo rialzo dal marzo 2010. La principale preoccupazione delle autorità
monetarie indiane è l’alto tasso di inflazione, nel 2010 pari al 12%, il più alto tra tutte le principali
nazioni emergenti. L’aspetto più preoccupante è che l’inflazione è particolarmente elevata nel
comparto dei beni alimentari e questo colpisce maggiormente le fasce deboli della società indiana.
Questa attenzione è particolarmente giustificata in un paese in cui, secondo le nuove stime, nel
2005 il 37,2% della popolazione era in condizioni di povertà estrema. Sebbene siano stati fatti importanti passi in avanti (nel 1994, la percentuale di popolazione in condizioni di povertà estrema
era pari al 45,3) è opinione diffusa che dati gli elevati tassi di crescita economica, si sarebbe potuto
fare di più.
Recenti studi, hanno mostrato come in un confronto con il Brasile, questo paese sia riuscito, a
parità di condizioni, ad avere una maggiore efficacia nella riduzione della povertà estrema. Una
differenza importante tra questi due grandi paesi emergenti è l’evoluzione della diseguaglianza che
è cresciuta molto in India diversamente dal Brasile. Partendo da livelli di diseguaglianza molto elevati. Negli ultimi 20 anni in Brasile, a differenza dell’India, sono state adottate politiche economiche
per la riduzione della diseguaglianza che hanno amplificato gli effetti positivi della crescita economica sulla riduzione della povertà estrema.
Non è facile ideare politiche redistributive del reddito che non danneggino il meccanismo di incentivi che sta dietro una forte crescita economica. Recentemente in India sono stati fatti alcuni passi
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI.
(*) Rodolfo Helg, professore ordinario di Economia Politica, Università Carlo Cattaneo, Castellanza; professore a contratto di Applied International Economics, Università Bocconi, Milano.
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in questa direzione. Per esempio, il National Rural Employment
Gurantee Scheme (NREGS) che prevede il diritto per i lavoratori
delle zone rurali a cento giorni di lavoro all’anno a un salario determinato dal governo. Non sono mancate critiche (i poveri urbani non
sono inclusi, il salario non deve essere fissato a livelli troppo alti per
non attrarre persone che troverebbero autonomamente un lavoro),
ma è un segnale che il governo indiano si sta muovendo nella giusta direzione. C’è molto da fare anche nel settore della salute dove
l’India è tra gli otto paesi al mondo che hanno la più bassa spesa
pubblica per la salute in proporzione al Pil.
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