5. La spiegazione del funzionamento del sistema economico

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La spiegazione del funzionamento del sistema economico secondo Keynes. Appunti.
Da: J. M. Keynes, Teoria Generale, capitolo 18
“Cerchiamo ora di riassumere il ragionamento dei capitoli precedenti, esaminando i
singoli fattori nell’ordine inverso a quello nel quale li abbiamo introdotti.
Vi sarà un incentivo a spingere l’ammontare dell’investimento per unità di tempo fino al
punto in cui … l’efficienza marginale del capitale divenga approssimativamente uguale al saggio
di interesse. In altre parole, le condizioni fisiche dell’offerta nelle industrie che producono
beni capitali, lo stato della fiducia riguardo al rendimento futuro, l’atteggiamento psicologico
nei confronti della liquidità e la quantità di moneta determinano congiuntamente l’ammontare
degli investimenti.
Ma un aumento (diminuzione) degli investimenti dovrà portare con sé un aumento
(diminuzione) dei consumi, poiché il comportamento della collettività è in genere tale che essa
è disposta ad allargare (restringere) il divario tra reddito e consumo (in altre parole, il
risparmio) soltanto se il suo reddito va aumentando (diminuendo)… La relazione tra
l’incremento del consumo e l’incremento del reddito è data dalla propensione marginale a
consumare. Il rapporto fra un incremento dell’investimento e l’incremento corrispondente del
reddito complessivo è dato dal moltiplicatore dell’investimento.”
La determinazione del livello del reddito (e, data la stretta relazione esistente tra le
due variabili, del livello di occupazione) avviene dunque, secondo la spiegazione keynesiana del
funzionamento del sistema economico, nel seguente modo:
la quantità di moneta (stabilita dalle autorità monetarie) e la preferenza per la liquidità
da parte degli operatori contribuiscono a determinare il tasso di interesse;
il tasso di interesse e il complesso di fattori riassunti nello “stato delle aspettative a
lungo termine” contribuiscono a determinare l’ammontare degli investimenti;
l’ammontare degli investimenti, sulla base della propensione al consumo della
collettività, determina la domanda aggregata e il reddito. Ogni variazione nel livello degli
investimenti agisce sul livello di reddito mediante il moltiplicatore;
le variazioni nel livello del reddito determinano variazioni (nella stessa direzione) nel
livello dell’occupazione.
Normalmente, il livello di investimenti che si genera nel sistema e di conseguenza il livello
complessivo di domanda aggregata non saranno sufficienti ad assorbire il reddito nazionale
teoricamente producibile utilizzando pienamente la forza-lavoro disponibile. Il sistema
tenderà a situarsi in equilibri stabili caratterizzati da disoccupazione del lavoro.
La teoria della produzione keynesiana implica una teoria dell’occupazione. La causa della
disoccupazione risiede in un insufficiente livello di domanda aggregata. Il sistema lasciato a se
stesso tende a equilibri di non piena occupazione. La politica economica risulta necessaria per
perseguire l’obiettivo della piena occupazione.
Il ruolo delle politiche macroeconomiche:
-
la politica fiscale (es., variazioni della spesa pubblica) agisce direttamente sulla
domanda aggregata. La sua efficacia è diretta.
La politica monetaria agisce sulla domanda aggregata attraverso un meccanismo
indiretto. Aumenti dello stock di moneta da parte della Banca Centrale dovrebbero
comportare riduzioni del tasso di interesse, aumenti degli investimenti, e quindi della
domanda aggregata, del reddito e dell’occupazione. Tuttavia,
o espansioni nella quantità di moneta non sempre sono sufficienti ad ottenere
riduzioni del tasso di interesse (la preferenza per la liquidità può diventare
assoluta, rendendo inefficaci le azioni della Banca Centrale);
o riduzioni (eventuali) del tasso di interesse non sempre sono sufficienti ad
ottenere aumenti nel volume degli investimenti (a causa del peso degli altri
fattori, riassunti nelle aspettative sulla domanda futura, nel determinare le
decisioni di investimento)
Ne segue che l’efficacia della politica monetaria nell’espandere il livello di reddito è
dubbia. La politica monetaria è potenzialmente più efficace in senso restrittivo.
Effetti di una diminuzione del salario monetario
Keynes dedica il capitolo 19 della Teoria Generale a confutare la tesi tradizionale
secondo cui la disoccupazione sarebbe riassorbita se fosse garantita una sufficiente
flessibilità del salario.
Argomenta in primo luogo che una diminuzione del salario monetario non può avere
alcun effetto positivo sull’occupazione a meno che non incida positivamente sulle componenti
della domanda aggregata. Se infatti a seguito di una diminuzione del salario monetario la
domanda rimanesse invariata in termini reali, l’eventuale aumento di produzione non sarebbe
sostenibile e avrebbe come unico effetto una riduzione dei prezzi.
Riguardo al possibile effetto di una riduzione del salario monetario sulla domanda
aggregata, Keynes argomenta che l’unico potenziale effetto positivo sarebbe quello che passa
per una riduzione della domanda di moneta, una diminuzione del tasso di interesse, un aumento
degli investimenti e del reddito. La riduzione del salario monetario avrebbe dunque lo stesso
‘meccanismo di trasmissione’ che caratterizza la politica monetaria espansiva, e gli stessi
probabili ostacoli al suo funzionamento.
In più, una riduzione generalizzata del salario monetario avrebbe l’effetto di innescare
un processo di deflazione, con tutte le possibili conseguenze negative (in alcune circostanze,
devastanti) di tale processo: crollo degli acquisti, crollo degli investimenti, crollo della
domanda aggregata, recessione, aumento del valore reale dei debiti, fallimenti; in sostanza,
effetti contrari a quelli desiderati e potenzialmente tali da generare una spirale di
deflazione-recessione da cui l’economia faticherebbe ad uscire.
Una tendenziale rigidità verso il basso del salario monetario è dunque una
caratteristica auspicabile del sistema economico, in quanto conferisce stabilità ai valori
monetari.
La riduzione del salario monetario sarebbe in genere non solo inefficace ma anche
dannosa. Keynes conclude che il sistema economico non è dotato di meccanismi autoregolatori
che garantiscano il ripristino automatico della tendenza al pieno impiego
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