capitolo 25 (647-674) :Cap. 01 Brealey

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capitolo 25 (647-674) :Cap. 01 Brealey
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CAPITOLO
PARTE OTTAVA
24
FINANZIAMENTO TRAMITE DEBITI
Rischio di credito
b
Beta (misura del rischio sistematico)
VA
Valore attuale
D
Valore di mercato del debito di un’impresa
E
Valore di mercato dell’equity di un’impresa
V
Valore di mercato delle attività di un’impresa
Quando il Tesoro statunitense emette del debito, potete confidare sul fatto che questo verrà rimborsato
completamente e nei tempi stabiliti. Non si può dire lo
stesso nel caso delle obbligazioni emesse dalle imprese
(corporate bond). Guardate per esempio la figura
XX. Nel 2009 1, a seguito della crisi finanziaria, il
valore totale dei debiti insoluti ha toccato la cifra
record di $ 628 miliardi. 2 Gli investitori sono consapevoli del pericolo di non essere rimborsati e perciò richiedono un tasso di interesse più elevato quando prestano denaro alle imprese invece che allo Stato.
Cominceremo questo capitolo esaminando come il valore del debito emesso dalle imprese sia influenzato
battività = bdebito(D/V ) + bequity(E/V )
dal rischio di insolvenza (default). Proseguiremo considerando i rating obbligazionari e alcune delle tecniche che vengono utilizzate per stimare la probabilità di insolvenza dei debitori. Mostreremo che l’insolvenza è un’opzione: in altri termini, se le cose vanno
male un’impresa possiede l’opzione di smettere di pagare i creditori. Sappiamo che cosa determina il valore di un’opzione, dunque conosciamo le variabili
che devono essere utilizzate per valutarla. Infine, discuteremo il modo di misurare le probabilità di perdita relative a un singolo creditore o a un portafoglio
di prestiti.
1 Il mercato dei corporate bond in Italia ha visto una espansione nel corso degli anni recenti, un trend positivo evidenziato anche a livello
degli altri Paesi europei, la cui motivazione può essere ricercata sia nella maggiore domanda da parte dei risparmiatori, sia nella difficoltà delle
aziende a reperire risorse finanziarie derivanti da credito bancario. Si tratta tendenzialmente di un mercato in cui i maggiori emittenti sono stati
per lo più banche e utility, espressione del nostro tessuto industriale a maggiore capitalizzazione. Dal 2003 al 2008, infatti, il mercato è stato
dominato da colossi come Telecom, Enel ed Eni, a causa della sfiducia da parte degli investitori “scottati” dai fallimenti di aziende molto famose
tra il 2002 e il 2004 (Cirio e Parmalat per esempio). Nel 2009, invece, l’inversione di tendenza ha portato a emettere corporate bond per quasi
€ 34 miliardi (contro i soli 5 miliardi dell’anno precedente), con l’entrata sul mercato anche di altri gruppi che non l’avevano mai fatto (come
Campari) o che non lo facevano da tempo (come Fiat). Il trend positivo è continuato: nel 2013 ci sono state 72 emissioni, per un controvalore di
quasi 30 miliardi di euro, in linea con il 2012.
2 Standard & Poor’s, Default, Transition and Recovery: 2008 Annual Global Corporate Default Study and Rating Transitions, 2 aprile 2009.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
24.1 Valore dei corporate bond
Nel 2003, Avado Brands, la società proprietaria dei ristoranti Don Pablo’s Mexican Kitchen, si trovava in difficoltà. Le sue obbligazioni 11.75% con scadenza 2009 avevano un
prezzo di 13 e offrivano un rendimento del 92%. Un investitore ingenuo che avesse confrontato questi titoli con il rendimento del 3% dei titoli di Stato a lungo termine avrebbe
potuto concludere che il debito emesso da Avado Brands era un buon investimento. Ma
l’investitore non avrebbe ottenuto un rendimento del 92% se l’impresa non fosse riuscita
a raccogliere la liquidità necessaria a ripagare interamente le obbligazioni. Poiché esisteva un rischio concreto di insolvenza, il rendimento atteso sulle obbligazioni era minore del 92%.
I corporate bond, come quelli di Avado Brands, offrono un rendimento promesso più
alto di quello dei titoli di Stato. Ma offrono necessariamente un rendimento atteso più
alto? Possiamo rispondere a questa domanda attraverso un semplice esempio numerico.
Supponete che il tasso di interesse a un anno di un titolo privo di rischio sia il 5%. La società ZenitChimica ha emesso titoli al 5%, valore nominale € 1000 e scadenza a 1 anno.
A che prezzo verranno venduti questi titoli? La risposta è semplice: se i titoli sono senza
rischio, semplicemente attualizzate il capitale (€ 1000) e gli interessi (€ 50) al 5%:
VA del titolo =
1000 + 50
= € 1000
1.05
Supponete invece che vi sia una probabilità del 20% che ZenitChimica sia insolvente. Se
l’insolvenza si verifica, i creditori riceveranno metà del valore nominale del titolo, ovvero
€ 500. In questo caso, i possibili ritorni monetari del possessore dell’obbligazione sono i
seguenti:
Ritorno monetario
€ 1050
500
Rimborso totale
Insolvenza
Probabilità
0.8
0.2
Il ritorno monetario atteso è 0.8 (€ 1050) + 0.2 (€ 500) = € 940.
Possiamo valutare i titoli di ZenitChimica come qualsiasi altro titolo rischioso, attualizzando il ritorno atteso (€ 940) all’appropriato costo opportunità del capitale. Possiamo
utilizzare il tasso di interesse privo di rischio (5%), se la possibile insolvenza di ZenitChimica è completamente non correlata con gli altri eventi nell’economia. In questo caso, il
rischio di insolvenza è interamente diversificabile e il beta dei titoli è uguale a zero. I titoli
verrebbero venduti a:
VA del titolo =
€ 940
= € 895
1.05
Un investitore che abbia comprato questi titoli a € 895 avrebbe in cambio un tasso di interesse promesso pari al 17.3%:
rendimento promesso =
€ 1050
− 1 = 0.173
€ 895
Cioè, un investitore che acquista i titoli al prezzo di € 895 otterrebbe un tasso del 17.3%
se ZenitChimica non dovesse essere insolvente. Gli operatori dunque potrebbero dire che
i titoli di ZenitChimica “rendono il 17.3%’’. Ma l’investitore accorto capirebbe che il rendimento atteso di tali titoli è solo il 5%, lo stesso dei titoli privi di rischio.
Questa conclusione ovviamente ipotizza che il rischio di insolvenza implicito in questi
titoli sia interamente diversificabile, in modo che non abbiano alcun rischio di mercato. In
generale, i titoli rischiosi hanno un rischio di mercato (cioè, un beta positivo), perché l’insolvenza è molto più probabile che si verifichi durante una recessione, quando tutte le imprese si comportano mediocremente. Supponete che gli investitori domandino un premio
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Capitolo 24
• Rischio di credito
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per il rischio del 3% e un tasso di interesse atteso dell’8%. Allora, i titoli di ZenitChimica
saranno venduti a 940/1.08 = € 870 e offriranno un tasso di interesse promesso di
(1050/870) – 1= 0.207, circa il 20.7%.
24.1.1
Che cosa determina la differenza fra i rendimenti?
La Figura 25.1 mostra come la differenza fra i rendimenti dei corporate bond statunitensi
varia con il rischio a essi associato. Le obbligazioni societarie classificate Aaa da Moody’s rappresentano quelle di maggiore qualità e sono emesse soltanto dalle imprese cosiddette “blue chip”. Il rendimento promesso su questi titoli è stato in media un punto
percentuale superiore a quello dei titoli di Stato. Le obbligazioni classificate Baa si collocano a tre livelli più in basso di classificazione; il loro differenziale di rendimento rispetto ai titoli di Stato è risultato mediamente pari al 2%. Al livello ancora inferiore si situano le obbligazioni ad alto rendimento o “junk bond” (si veda il Paragrafo 24.3). Esiste
una considerevole variazione nei differenziali di rendimento dei junk bond; un differenziale tipico può essere costituito da un 5% circa sopra il rendimento dei titoli di Stato
(anche se in molti casi i differenziali possono salire alle stelle più le imprese si avvicinano al dissesto).
Non dovete comunque dimenticare che questi sono rendimenti promessi e che non
sempre le imprese mantengono le loro promesse. Molte obbligazioni ad alto rendimento
si sono rivelate insolventi, mentre alcune delle imprese emittenti che hanno riscosso
maggior successo presso il pubblico degli investitori hanno rimborsato anticipatamente il
loro debito, privando così i detentori di tali titoli della prospettiva di un flusso continuo
di cedole elevate. Dunque, mentre il rendimento promesso sui junk bond è risultato in
media superiore di un 5% nei confronti dei titoli di Stato, il rendimento annuo effettivo di
queste obbligazioni societarie ha superato quello dei titoli di Stato (nel periodo compreso
fra il 1980 e il 2011) per un valore inferiore al 3%.
La Figura 24.1 mostra anche che i differenziali di rendimento possono variare alquanto bruscamente da un anno all’altro. Per esempio, essi sono stati insolitamente elevati nel 1990-1991, nel 2002 e nel 2008. Perché? Il motivo principale risiede nel fatto che
questi sono stati periodi caratterizzati da scarsa redditività aziendale e alta probabilità di
insolvenza. Tuttavia, le fluttuazioni dei differenziali appaiono troppo ampie per essere
attribuite semplicemente a variazioni nelle probabilità di insolvenza. Sembra che esistano
momenti storici nei quali gli investitori sono particolarmente riluttanti a tollerare il
rischio di detenere obbligazioni di bassa qualità e quindi corrono a rifugiarsi fra le
braccia sicure del debito governativo.3
Figura 24.1
16
Rendimento, %
14
12
10
8
Aaa
Baa
Junk bond
Junk Bond
Differenza fra i rendimenti annui dei
corporate bond e dei titoli di Stato a
10 anni statunitensi, 1980-2011.
6
4
2
Fonti: www.federalreserve.gov e
Datastream.
0
3 Per evidenze empiriche circa l’effetto che una mutevole avversione al rischio provoca sui differenziali di
rendimento fra i titoli obbligazionari, si veda Berndt, A., Douglas, R., Duffie, D., Ferguson, M. e Schranzk, D.,
“Measuring Default Risck Premia from Default Swap Rates and EDFs”, paper non pubblicato, Graduate School of
Business, Stanford University, novembre 2005.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
Per comprendere più precisamente che cosa misura il differenziale di rendimento, compariamo queste due strategie.
• Strategia 1: investire € 1000 in un’obbligazione a tasso variabile priva di rischio di
insolvenza (floating-rate default-free) che rende il 9%.4
• Strategia 2: investire € 1000 in un’analoga obbligazione a tasso variabile che rende il
10%. Contemporaneamente, stipulare una polizza assicurativa per proteggersi contro
la possibilità di insolvenza. Il premio di assicurazione annuo è pari all’1%, ma in caso
di insolvenza si viene risarciti per qualunque perdita di valore dell’obbligazione.
Entrambe le strategie forniscono esattamente lo stesso risultato. Adottando la strategia
2, otterreste un 1% in più di rendimento, ma ciò sarebbe precisamente compensato
dall’1% corrispondente al pagamento del premio assicurativo annuo. Perché tale premio
deve essere uguale al differenziale di rendimento? Perché, se non lo fosse, una strategia
prevarrebbe sull’altra ed esisterebbe un’opportunità di arbitraggio. La legge del prezzo
unico ci dice che due equivalenti investimenti privi di rischio devono avere lo stesso
costo.
L’esempio appena proposto ci indica come interpretare la differenza fra i rendimenti
dei corporate bond. Essa è uguale al premio annuo che bisognerebbe pagare per assicurare un’obbligazione dal rischio di insolvenza.5
In realtà, non è possibile assicurare un corporate bond; lo si può fare indirettamente
mediate un contratto chiamato CDS (Credit Default Swap). Se acquistate un CDS, vi impegnate a pagare un premio assicurativo periodico (o spread).6 In cambio, se in seguito
l’impresa si rivela insolvente sul suo debito, il venditore del CDS vi paga la differenza
fra il valore nominale del debito e il suo valore di mercato. Per esempio, quando nel
2009 General Motors dichiarò default sul debito emesso, le sue obbligazioni non garantite furono offerte in asta al 12.5% del valore nominale. Perciò i venditori dei CDS dovettero sborsare $ 0.875 su ogni dollaro di debito GM che avevano assicurato.
I CDS si sono dimostrati molto popolari, in particolare per le banche che hanno bisogno di ridurre il rischio dei loro portafogli crediti. Da un ammontare pressoché nullo
nel 2000, il valore nozionale dei CDS e dei prodotti collegati è aumentato rapidamente
fino a raggiungere $ 62 miliardi nel 2007 (e crollare rapidamente nei due anni
seguenti).7
La Figura 24.2 mostra il costo annuo per assicurare le obbligazioni a 10 anni di un
campione di imprese statunitensi molto note. Osservate il brusco incremento nel costo
dei CDS durante la seconda metà del 2008 e nel 2009. Alla fine di settembre 2008,
assicurare $ 100 del debito di General Electric costava $ 5.50 all’anno.
Molti di questi CDS sono stati venduti da imprese assicurative monolinea (monoline
insurer), specializzate nella fornitura di servizi ai mercati finanziari. Queste imprese,
tradizionalmente concentrate sull’assicurazione del (relativamente sicuro) debito degli
enti locali (municipal bond), via via hanno esteso il loro campo di azione all’assicurazione dei corporate bond, compresi molti titoli garantiti da mutui subprime. Nel 2008,
le imprese assicurative hanno venduto coperture su $ 2.4 trilioni di obbligazioni.
Quando le prospettive di queste obbligazioni si sono deteriorate, gli investitori hanno
4 Il pagamento degli interessi sulle obbligazioni a tasso variabile segue i cambiamenti del livello generale dei
tassi di interesse. Quindi un titolo floating-rate default-free sarà venduto al prezzo vicino al valore nominale
raggiunto a ogni data di stacco delle cedole. Molti Governi emettono titoli simili. Il Tesoro statunitense non lo fa,
sebbene lo facciano alcune agenzie governative statunitensi.
5 Abbiamo usato l’esempio di un’obbligazione a tasso variabile per dimostrare l’equivalenza fra il differenziale di rendimento e il costo di un’assicurazione contro l’eventualità di insolvenza. Ma lo spread sarebbe stato
lo stesso considerando un’obbligazione a tasso fisso.
6 Nel caso di obbligazioni di bassa qualità, laddove lo spread periodico non protegga sufficientemente il
venditore contro la possibilità di un’imminente insolvenza, all’acquirente del CDS può anche essere chiesto di
pagare un premio anticipato (up-front fee).
7 I derivati del credito collegati includono le credit-linked note, i total return swap e le credit option. Per
un’utile indagine sul mercato dei derivati del credito, si veda J.P. Morgan, “The J.P. Morgan Guide to Credit
Derivatives”, in www.investinginbonds.com/assets/files/intro_to_credit_derivatives.pdf.
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Capitolo 24
• Rischio di credito
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Figura 24.2
700
Punti base, %
600
500
400
Boeing
GE
Diensey
Dow Chemical
300
200
100
0
I CDS assicurano i detentori di
corporate bond contro il
rischio di insolvenza. La figura
mostra il costo di un CDS su
obbligazioni senior a 10 anni
di quattro imprese
statunitensi.
Fonte: Datastream.
cominciato a chiedersi se le stesse imprese avessero capitale sufficiente a far fronte ai
propri impegni. Uno dei maggiori fornitori di protezione dal rischio di credito era AIG
Financial Products, appartenente al gigante assicurativo AIG, con un portafoglio di oltre
$440 miliardi. AIG era classificata come un’impresa del tutto solvibile (il rating era
tripla A), e inoltre avrebbe dovuto versare ingenti ammontari di denaro ai propri clienti
qualora il proprio merito creditizio si fosse deteriorato. Nel settembre 2008, tuttavia,
l’imprevedibile è accaduto: il merito di credito di AIG è stato abbassato bruscamente, e
l’assicurazione si è trovata nella condizione di dover effettuare versamenti a garanzia per
$32 miliardi entro 15 giorni. Se AIG fosse fallita, tutti coloro che avevano assicurato
strumenti finanziari presso di essa si sarebbero ritrovati scoperti. Anche per questo, la
Federal Reserve ha salvato il gigante assicurativo con un intervento (fortemente
controverso) da $85 miliardi.
24.2 Opzione di essere insolvente
La differenza fondamentale fra un corporate bond e un titolo di Stato comparabile risiede
nel fatto che un’impresa ha l’opzione di essere insolvente, mentre presumibilmente lo
Stato non ce l’ha.8 Si tratta di un’opzione di non poco conto. Se non ci credete, provate a
immaginare se (a parità di altre condizioni) preferireste essere azionisti di una società a
responsabilità limitata o di una società a responsabilità illimitata. Naturalmente, preferireste avere l’opzione di non restare coinvolti nei debiti della vostra impresa. Sfortunatamente, ogni medaglia ha il suo rovescio, e l’inconveniente in questo caso consiste nel
fatto che i possessori di corporate bond si aspettano di venire compensati per avervi dato
un’opzione di insolvenza. Ecco perché i corporate bond sono venduti a prezzi più bassi e
offrono rendimenti più alti dei titoli di Stato.
Possiamo illustrare la natura dell’opzione di insolvenza ritornando alle difficoltà di
Cestino SPA discusse nel Capitolo 18. Cestino SPA si era indebitata nella misura di €
50 per azione, ma la crisi che era seguita aveva portato il valore di mercato delle sue attività a € 30. Il prezzo delle sue obbligazioni e azioni era sceso, rispettivamente, a € 25
e a € 5. A questo punto, il bilancio di Cestino SPA a valori di mercato può essere così
sintetizzato:
8 Tuttavia, i Governi non possono stampare valuta di altri Paesi. Perciò, possono essere indotti all’insolvenza
sul loro debito in valuta straniera. Per esempio, nel dicembre 2001 l’Argentina risultò insolvente sul debito in valuta
straniera per un valore di $ 155 miliardi. Alcune rarissime volte, i Governi si sono trovati a essere insolventi persino
sul debito emesso nella loro stessa valuta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Governo della Repubblica Federale
Tedesca avrebbe potuto stampare valuta per rimborsare le proprie obbligazioni, ma scelse l’insolvenza piuttosto che
correre il rischio di un’iperinflazione. Del “caso Grecia” vi abbiamo già parlato nel capitolo precedente.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
Cestino SPA
(valori di mercato)
Valore delle attività
€ 30
€ 25
5
Obbligazioni
Azioni
€ 30
€ 30
Valore dell’impresa
Se il debito di Cestino SPA scadesse ora, l’impresa non potrebbe rimborsare gli € 50 che
all’inizio si era fatta prestare e fallirebbe; gli obbligazionisti riceverebbero attività per un
valore di € 30 e gli azionisti non riceverebbero nulla. L’azione ha un valore di mercato di
€ 5 perché il debito di Cestino SPA non è dovuto adesso, ma fra un anno, ed è ancora possibile che un’evoluzione favorevole faccia salire il valore dell’impresa abbastanza da potere rimborsare il debito e conservare un margine per gli azionisti.
Quando Cestino SPA si è indebitata, ha acquistato un’opzione di insolvenza. Ciò significa che essa non è obbligata a rimborsare il debito alla scadenza. Se il valore delle sue
attività è minore di € 50, sceglierà di essere insolvente su quel debito e gli obbligazionisti
riusciranno a entrare in possesso delle attività. In altri termini, quando Cestino SPA si è
indebitata, gli obbligazionisti hanno di fatto acquistato le attività dell’impresa e gli azionisti hanno ottenuto l’opzione di riacquistarle rimborsando il debito. In effetti, gli azionisti hanno acquistato un’opzione call sulle attività dell’impresa. Secondo questa interpretazione, il bilancio di Cestino SPA può essere espresso nel modo seguente:
La Figura 24.3 mostra i possibili risultati degli azionisti di Cestino SPA quando il debito
giunge a scadenza alla fine dell’anno. Se il valore futuro delle attività è inferiore a € 50,
l’impresa fallirà e l’azione sarà priva di valore; se invece il valore delle attività è superiore a
€ 50, gli azionisti riceveranno la parte di questo valore che eccede il valore nominale del debito. La Figura 24.3 dovrebbe risultarvi familiare, in quanto rimanda al Capitolo 20 nel
quale abbiamo introdotto le opzioni. Il profilo della posizione illustrata nella figura è identico a quello di un’opzione call sulle attività dell’impresa con un prezzo di esercizio di € 50.
Nel Capitolo 20 abbiamo anche esposto la relazione fondamentale fra valore di una call e
valore di una put:
valore della call + valore attuale del prezzo di esercizio =
= valore della put + valore dell’azione
Per applicare questa equazione al caso di Cestino SPA, dobbiamo interpretare il “valore
dell’azione” come “valore delle attività”, in quanto l’azione è un’opzione call sulle attività dell’impresa. Il “valore attuale del prezzo di esercizio” va invece interpretato come
“valore attuale del rimborso”, dato per certo, del debito agli obbligazionisti. Pertanto:
valore della call + valore attuale del pagamento promesso agli obbligazionisti =
=valore della put + valore delle attività
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Capitolo 24
• Rischio di credito
Figura 24.3
Valore futuro
dell’azione
Il valore di un’azione di Cestino SPA è
uguale al valore di un’opzione call sulle
attività dell’impresa con un prezzo di
esercizio di € 50.
€0
€ 50
Valore futuro
delle attività
dell’impresa
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valore del titolo
ipotizzando
valore dell’obbligazione =
l’assenza del rischio
di insolvenza
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–
valore dell’opzione
put sulle attività
La prima fase è abbastanza semplice: calcolate il valore del titolo ipotizzando che non vi
sia rischio di insolvenza. (Occorre attualizzare i pagamenti degli interessi promessi e il
capitale al rendimento di titoli di Stato confrontabili.) La seconda fase è costituita dal calcolo del valore di un’opzione put sulle attività dell’impresa, la cui scadenza sia uguale a
quella del titolo e il cui prezzo di esercizio sia uguale ai pagamenti promessi agli obbligazionisti.
Possedere un’obbligazione di un’impresa equivale anche a possedere le attività dell’impresa, cedendo però un’opzione call su queste attività agli azionisti:
valore dell’obbligazione = valore delle attività
–
valore dell’opzione
call sulle attività
Dunque, potete anche calcolare il valore di un’obbligazione, dato il valore delle attività
dell’impresa, valutando un’opzione call su queste attività e sottraendo il valore di questa
opzione dal valore delle attività. (Ricordate: il valore dell’opzione call è semplicemente il
valore delle azioni dell’impresa.) Quindi, se potete valutare il prezzo delle opzioni put e
call sulle attività di un’impresa, potete valutare il suo debito.9
24.2.1
Come l’opzione di insolvenza influenza il rischio
e il rendimento di un’obbligazione
Se il debito dell’impresa è privo di rischio, gli azionisti sopportano tutto il rischio delle
attività sottostanti. Ma quando l’impresa ha una responsabilità limitata, gli obbligazio9 In ogni caso, le tecniche di valutazione delle opzioni non possono essere utilizzate per valutare le attività
dell’impresa. Le opzioni put e call devono essere valutate in relazione al valore delle attività. Per esempio, notate che
la formula di Black e Scholes (Paragrafo 22.3) richiede il prezzo dell’azione per potere calcolare il valore di
un’opzione call.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
nisti condividono questo rischio con gli azionisti. Abbiamo visto che l’equity di un’impresa con responsabilità limitata è equivalente a un’opzione call sulle attività dell’impresa
stessa. Così, se siamo in grado di calcolare il rischio di questa call, possiamo trovare il
modo in cui il rischio dell’impresa viene ripartito fra azionisti e obbligazionisti.10
Ripensate al Capitolo 21, in cui avete imparato come calcolare il rischio di un’opzione
call. I passi da compiere sono due.
• Passo 1: trovare la combinazione di attività sottostante e di debito privo di rischio che
fornisca gli stessi ritorni dell’opzione call (nel caso presente, l’opzione call è il leveraged equity).
• Passo 2: calcolare il beta di questo portafoglio equivalente.
La Figura 24.4 considera un’ipotetica impresa le cui attività sottostanti hanno un beta di
1.0 e mostra come il beta di tali attività sia ripartito fra azionisti e obbligazionisti. Se l’impresa avesse una responsabilità illimitata, gli azionisti sopporterebbero tutto il rischio
delle attività e il debito sarebbe privo di rischio. Ma in presenza di responsabilità limitata,
gli obbligazionisti condividerebbero parte del rischio. Più elevata è la leva finanziaria e
più lunga è la scadenza del debito, maggiore è la frazione di rischio che viene assunta
dagli obbligazionisti. Per esempio, supponiamo che la nostra ipotetica impresa sia finanziata al 60% da un debito a 25 anni. Con una responsabilità illimitata, il debito avrebbe un
beta pari a zero e l’equity avrebbe un beta pari a 2.5.11 Ma, quando il rischio di queste attività viene ripartito, il debito ha un beta di 0.7 e l’equity un beta di 1.4.
La Figura 24.5 rappresenta la stessa ipotetica impresa e mostra come il rendimento
promesso sul suo debito varia al variare della leva finanziaria e della scadenza dell’obbligazione. Per esempio, potete vedere che, se l’impresa ha un rapporto di indebitamento del
20% e tutto il suo debito scade dopo 25 anni, allora dovrebbe pagare circa mezzo punto
percentuale sopra il rendimento dei titoli di Stato per compensare il rischio di insolvenza.
Figura 24.4
3.0
2.5
2.0
Beta
Come variano i beta del debito e
dell’equity al variare della leva finanziaria e
della scadenza del debito. Queste curve
sono calcolate utilizzando la teoria della
valutazione delle opzioni in base alle
seguenti ipotesi semplificatrici: (1) il tasso
di interesse privo di rischio è costante per
tutte le scadenze; (2) lo scarto quadratico
medio dei rendimenti delle attività
dell’impresa è pari al 25% annuo; (3) il
beta delle attività è 1.0; (4) il debito è nella
forma di obbligazioni senza cedola; (5) la
leva finanziaria è misurata da D/V, dove D
è il valore nominale del debito attualizzato
al tasso di interesse privo di rischio e V è il
valore di mercato delle attività.
1.5
βE: D/V = 0.6
βE: D/V = 0.4
βE: D/V = 0.2
1.0
βD: D/V = 0.6
0.5
βD: D/V = 0.2
βD: D/V = 0.4
0.0
1
3
5
7
9
11
13
15
17
19
21
23
25
Scadenza del debito, anni
10 Il classico articolo dedicato alla valutazione dell’opzione di insolvenza è quello di Merton, R., “On the Pricing
of Corporate Debt: The Risk Structure of Interest Rates”, in Journal of Finance, 29, pp. 449-470, maggio 1974.
11 Ricordate che il beta delle attività è una media ponderata del beta del debito e di quello dell’equity:
battività = bdebito(D/V) + bequity(E/V)
Se battività = 1.0 e bdebito = 0, allora con il 60% di leva finanziaria:
1.0 = (0 × 0.6) + (bequity × 0.4)
bequity = 2.5
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Capitolo 24
• Rischio di credito
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Differenza fra il rendimento promesso
su un’ipotetica obbligazione e il tasso
di interesse privo di rischio, %
Figura 24.5
1.8
1.6
Leva finanziaria = 0.2
Leva finanziaria = 0.4
Leva finanziaria = 0.6
1.4
1.2
Come variano i tassi di interesse
sul debito rischioso dell’impresa
al variare della leva finanziaria e
della scadenza.
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
1
3
5
7
9
11
13
15
17
19
21
23
25
Scadenza del debito, anni
Notate che, come aumenta il rischio all’aumentare della scadenza, così aumenta il rendimento promesso. Ciò ha senso in quanto, più a lungo dovete aspettare il rimborso, maggiori saranno le probabilità che qualcosa possa andare storto.12
Potete osservare che, nel costruire la Figura 24.5, abbiamo fatto diverse ipotesi. Una di
queste è che l’impresa non paghi dividendi o riacquisti le proprie azioni. Se distribuisse
regolarmente parte del valore delle sue attività agli azionisti, sarebbero disponibili meno
attività per proteggere gli obbligazionisti nei momenti di difficoltà. In questo caso, il mercato richiederebbe (con giusta ragione) un rendimento più elevato per le obbligazioni dell’impresa. Ci sono altre complicazioni che rendono la valutazione dei corporate bond più
complessa di quanto sembri a prima vista. Per esempio, la Figura 24.5 ipotizza che
l’impresa emetta solo un’obbligazione zero-coupon. Ma supponiamo invece che emetta
un’obbligazione a 10 anni che paga interessi con cadenza annuale. Possiamo ancora
pensare all’azione dell’impresa come a un’opzione call che può essere esercitata
rispettando i pagamenti promessi. Ma in questo caso ci sono 10 pagamenti e non uno
solo. Per valutare l’azione, dovremmo valutare 10 opzioni call in successione. La prima
opzione può essere esercitata effettuando il primo pagamento di interessi, quando dovuto.
Esercitando la prima opzione, gli azionisti ottengono una seconda opzione call la quale
può essere esercitata rispettando il secondo pagamento di interessi. Ciò che si ottiene con
l’esercizio è che agli azionisti viene assegnata una terza opzione call e così via. Infine, nel
decimo anno gli azionisti possono esercitare la decima opzione. Pagando sia il capitale
nominale sia gli interessi dell’ultimo anno, gli azionisti rientrano in possesso della piena
proprietà delle attività dell’impresa.
Naturalmente, se l’impresa non rimborsa nessuna di queste rate alla scadenza, i creditori assumono il controllo e gli azionisti vengono lasciati con niente in mano. In altri termini, non esercitando una qualsiasi delle opzioni, gli azionisti perdono il diritto all’esercizio di tutte quelle successive.
Valutare l’equity al momento dell’emissione obbligazionaria a 10 anni equivale a valutare la prima delle 10 opzioni d’acquisto. Ma non potete valutare la prima opzione senza
12 Il prezzo dell’obbligazione diminuisce sempre con la scadenza e la leva finanziaria. (Ricordate che il valore di
un’opzione put aumenta con la scadenza e con il prezzo di esercizio.) Tuttavia, con scadenze molto lunghe e alti rapporti
di indebitamento il rendimento annuo dell’obbligazione comincerà a scendere.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
valutare le 9 opzioni successive.13 Ciononostante, questo esempio sottovaluta le difficoltà
pratiche, poiché le grandi imprese possono avere dozzine di emissioni ancora in vita con
differenti tassi di interesse e scadenze, e prima che il debito corrente giunga a scadenza
possono fare ulteriori emissioni. Di conseguenza, quando i trader in obbligazioni valutano
un corporate bond, non si mettono immediatamente a effettuare valutazioni complesse.
Più probabilmente, per prima cosa cercheranno di identificare le obbligazioni che presentano un analogo rischio di insolvenza ed esamineranno i differenziali di rendimento offerti da questi titoli.
In pratica, i differenziali dei tassi di interesse tendono a essere maggiori di quelli mostrati nella Figura 24.5. I titoli emessi dalle imprese più solide tipicamente offrono rendimenti promessi di circa un punto percentuale più alti di quelli dei titoli di Stato. È molto
difficile giustificare differenziali di rendimento di queste dimensioni solo in termini di rischio di insolvenza.14 Quindi che cosa sta veramente accadendo? Potrebbe darsi che le
imprese stiano pagando troppo per il loro debito, ma sembra probabile che gli alti rendimenti dei corporate bond derivino in parte da qualche altro loro punto debole. Una possibilità è che gli investitori domandino un rendimento addizionale che li compensi per la illiquidità dei mercati delle obbligazioni societarie.15 Non ci sono dubbi che gli investitori
preferiscano titoli che si comprano e si vendono con facilità. Possiamo persino osservare
differenze di rendimento nel mercato delle obbligazioni del Tesoro, dove i titoli emessi
più recentemente (noti come on-the-run bond) sono molto più trattati degli altri e rendono
solitamente qualche punto base in meno rispetto ai titoli più vecchi (e meno trattati).
24.2.2
Valutazione dei prestiti garantiti dallo Stato
Nel 2002, America West Airlines aveva un disperato bisogno di liquidità. La diminuzione
del traffico aereo che era seguita agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 aveva
causato una brusca caduta dei ricavi di AWA e le banche erano riluttanti a estendere la
loro esposizione nei confronti di un’impresa a così alto rischio. Per venire in soccorso alla
compagnia aerea, il Governo degli Stati Uniti accettò di garantire fino a $ 380 milioni di
nuovi prestiti bancari. Se AWA fosse stata insolvente su questi prestiti, gli investitori
avrebbero potuto rivolgersi direttamente al Governo per il rimborso.
La garanzia sul prestito rappresentava un aiuto – un sussidio – per fare superare ad
America West un periodo difficile. Nel caso in cui l’impresa non fosse stata in grado di ripagare il suo debito, il Governo statunitense sarebbe dovuto intervenire e compensare qualunque ammanco. Tenendo conto di tale eventualità e al fine di calcolare il costo della garanzia fornita ad America West, il Governo stimò la probabilità di dovere procedere al rimborso coperto dalla garanzia e attualizzò i pagamenti attesi al tasso di interesse dei titoli di
Stato. Questa procedura di calcolo indicò un costo della garanzia di circa $ 85 milioni.
Purtroppo tale stima ignorava il fatto che, offrendo la garanzia, il Governo si assumeva il rischio che altrimenti avrebbero sostenuto gli obbligazionisti. La garanzia cambiava la natura dei prestiti forniti ad AWA: in sostanza, trasformava un debito rischioso in
un debito sicuro. Il suo valore attuale era perciò la differenza fra il valore di un titolo di
Stato privo di rischio e il valore di un prestito con un rischio di insolvenza. Questa garanzia può avere un valore significativo quando l’importo del prestito è elevato e la probabilità di insolvenza dell’impresa è alta.
Risulta dunque che una garanzia su un prestito può essere valutata come un’opzione
put sulle attività dell’impresa, in cui la scadenza dell’opzione è uguale alla scadenza del
13 L’altro approccio per valutare il debito di un’impresa (sottrarre il valore dell’opzione put dal valore del
titolo privo di rischio) non è più semplice. L’analista dovrebbe valutare non una singola opzione put, ma un pacchetto
di 10 opzioni put consecutive.
14 Si veda, per esempio, Huang, J. e Haung, M., “How Much of the Corporate-Treasury Yield is Due to Credit
Risk? Results from a New Calibration Approach”, The Review of Asset Pricing Studies, in corso di pubblicazione.
.
15 Per evidenze a riguardo del fatto che i corporate bond più liquidi hanno rendimenti più bassi di quelli meno
liquidi, si veda Elton, E.J., Gruber, M.J., Agrawal, D. e Mann, C., “Factors Affecting the Valuation of Corporate
Bonds”, in Journal of Banking and Finance, 28, pp. 2747-2767, novembre 2006.
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• Rischio di credito
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prestito stesso e il suo prezzo di esercizio è uguale ai pagamenti degli interessi e del capitale promessi ai creditori. Possiamo facilmente dimostrare l’equivalenza iniziando a definire il valore della garanzia:
valore della garanzia = valore del prestito garantito – valore del prestito non garantito
Con la garanzia, il prestito è sicuro quanto un titolo di Stato; senza la garanzia, il prestito
diviene un prestito obbligazionario ordinario.
Sappiamo già a che cosa corrisponde la differenza fra il valore di un’obbligazione sicura e quello di un’obbligazione rischiosa. Corrisponde al valore del diritto degli azionisti
a non restare coinvolti nei debiti della loro impresa in cambio della consegna delle attività
dell’impresa ai suoi creditori. Perciò il valore del prestito garantito è uguale al valore di
questa opzione put.
In uno studio preparato per il Congressional Budget Office, Deborah Lucas, Marvin
Phaup e Ravi Prasad utilizzano l’esempio di America West per mostrare come i modelli di
valutazione delle opzioni possano essere impiegati per ottenere misure più precise del
costo dei prestiti garantiti.16 Le loro stime suggeriscono che il vero costo della garanzia
AWA fosse pari a $ 133 milioni; in altri termini, bisognava aggiungere altri $ 48 milioni
alla stima effettuata dal Governo.17
24.3 Rating delle obbligazioni e probabilità di insolvenza
Le banche e gli altri intermediari finanziari non vogliono solo conoscere il valore dei prestiti che hanno concesso, ma devono anche conoscere il rischio che stanno correndo. Alcuni fanno affidamento sui giudizi emessi da società specializzate nel rating delle obbligazioni. Altri hanno sviluppato dei propri modelli per misurare la probabilità di insolvenza di un’impresa indebitata. Descriveremo innanzitutto i rating delle obbligazioni,
quindi discuteremo due modelli per prevedere l’insolvenza.
La qualità relativa della maggior parte dei titoli obbligazionari negoziati può essere valutata grazie al rating offerto da Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch. La Tabella 24.1
riassume questi rating. Per esempio, Moody’s classifica le obbligazioni di maggiore qualità
con una tripla A (Aaa), vengono quindi le obbligazioni con una doppia A (Aa) e così via. I
titoli classificati come Baa o superiori rientrano nell’investment grade (non sono cioè considerati titoli speculativi).18 Le banche commerciali, molti fondi pensione e altri intermediari finanziari non possono investire in titoli che non rientrano in questa categoria.
Le obbligazioni classificate a un livello inferiore a Baa sono conosciute come obbligazioni ad alto rendimento o junk bond (letteralmente, “obbligazioni spazzatura’’). Fino
a poco tempo fa, i junk bond erano per la maggior parte fallen angel, cioè obbligazioni di
imprese che erano finite nei guai. Durante gli anni Ottanta del secolo scorso però le
nuove emissioni di junk bond aumentarono di dieci volte, poiché un numero crescente di
imprese emetteva grandi quantitativi di debiti con un basso rating per finanziare acquisizioni o per non essere acquisite. Il risultato fu che per la prima volta i moscerini furono
capaci di assumere il controllo di giganti aziendali e poterono finanziare questa attività
16 “Estimating the Values of Subsidies for Federal Loans and Loan Guarantees”, Congress of the United
States, Congressional Budget Office, Washington, DC, agosto 2004.
17 Questo costo era parzialmente controbilanciato dal fatto che il Governo avesse chiesto ad America West un
compenso per la fornitura della garanzia e inoltre ricevesse delle opzioni a lungo termine per acquistare azioni della
compagnia. Lucas, Phaup e Prasad hanno stimato un costo netto per il Governo pari a $ 26 milioni.
18 Le agenzie di rating forniscono anche un’analisi stratificata più approfondita. Così, un’obbligazione può
essere classificata A-1, A-2 o A-3 (il più basso livello della classe A). Inoltre, le agenzie di rating possono annunciare
Rating
Valutazione della qualità dei titoli
obbligazionari (e, in specifico,
della loro probabilità di insolvenza)
fatta da soggetti indipendenti.
Investment grade
Titolo che si colloca nella classe di
rating Baa o superiore.
Junk bond
Obbligazione di bassa qualità che
non rientra nell’investment grade
e che per questo motivo offre alte
cedole.
Fallen angel
Junk bond che all’epoca dell’emissione rientrava nell’investment grade.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
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Tabella 24.1
Categorie dei rating obbligazionari. Le obbligazioni di maggiore qualità sono classificate
con una tripla A (Aaa). Le obbligazioni che rientrano nell’investment grade devono avere
un rating Baa o superiore. Le obbligazioni con un rating inferiore sono chiamate “obbligazioni
ad alto rendimento” o “junk bond”
Rating di Moody’s
Rating di Standard & Poor’s
Aaa
Aa
AAA
AA A
A
BBB
Investment grade:
Baa
Junk bond:
Ba
BB B
B
CCC
CC
C
Caa
Ca
C
attraverso i debiti. Le imprese che emettevano junk bond avevano spesso rapporti di indebitamento del 90 o 95%. Molti si preoccupavano che ciò potesse minacciare la salute
dell’intero sistema delle imprese statunitensi e, quando il tasso di insolvenza dei junk
bond salì nei primi anni Novanta del secolo scorso, il mercato per le nuove emissioni di
questi titoli si ridusse molto. Verso il finire di quel decennio, con il crescere della prosperità economica, il tasso annuo di insolvenza scese al di sotto del 2% e i junk bond tornarono di moda. Ancora una volta, gli anni del boom non durarono. Nel 2001, il 10% delle
emissioni di junk bond statunitensi risultò insoluta e per le imprese fu nuovamente difficile negoziare questo tipo di titoli.
I rating obbligazionari sono giudizi intorno alle prospettive commerciali e finanziarie
delle imprese. Non vi è alcuna formula fissa tramite cui classificare i titoli. Nondimeno, i
responsabili delle banche di investimento, i gestori di portafogli e gli altri operatori che
seguono da vicino il mercato obbligazionario possono avere una buona idea di come un
titolo verrà classificato esaminando alcuni numeri chiave, come il rapporto di indebitamento, il rapporto fra utili e interessi e il rendimento delle attività. La Tabella 24.2 mostra
come questi rapporti variano al variare del rating dei corporate bond.
La Figura 24.6 mostra che i rating delle obbligazioni riflettono la probabilità di insolvenza. Dal 1981 solo tre obbligazioni su 10 000 che avevano inizialmente ottenuto un rating tripla A da Standard & Poor’s non sono state rimborsate entro 10 anni dall’emissione.
All’altro estremo, la metà delle obbligazioni con un rating CCC non è stata rimborsata 10
anni dopo. Naturalmente, le obbligazioni non cadono quasi mai improvvisamente in diTabella 24.2
Come i quozienti finanziari differiscono a seconda del rating di un corporate bond. Rapporti mediani su due anni (2008-2009)
Ratio
Aaa
Aa
A
Baa
Ba
B
Operation margin, &
Debt ratio
Debiti/debiti + equity, %
21.6
30.8
21.2
21.1
50.8
12.3
14.5
43.7
8.1
12.5
50.0
4.5
11.0
53.9
3.2
7.9
76.1
1.4
ª A debt ratio greater than 100% means that book equity is negative.
Source: Moody’s Financial Metrics: Key Ratios by Rating and Industry for Global Non-Financial Corporations, December 2009.
di avere posto sotto osservazione un titolo in vista di un suo possibile passaggio a una classe superiore o inferiore.
C
2.1
103.6a
0.4
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• Rischio di credito
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Tasso cumulato di insolvenza, %
Figura 24.6
60
Percentuali di corporate bond insoluti.
Periodo 1981-2010 e rating di
Standard & Poor’s al momento
dell’emissione.
50
40
30
Fonte: Standard & Poor’s, “Default,
Transition, and Recovery: 2010 Global
Annual Corporate Default Study and
Rating Transitions”, febbraio 2011,
www.standardandpoors.com.
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
Anni dopo l’emissione
8
9
10
sgrazia. Mentre, con il passare del tempo, l’impresa diventa progressivamente più rischiosa e traballante, le agenzie rivedono verso il basso il rating delle obbligazioni per segnalare l’accresciuta probabilità di insolvenza.
Tuttavia, l'enorme ritardo con cui le agenzie di rating hanno corretto al ribasso la
qualità di molti strumenti finanziari durante la recente crisi finanziaria ha suscitato
diverse critiche e ha contribuito ad aprire il dibattito sulla reale capacità delle agenzie di
rating di anticipare i default.
24.4 Prevedere la probabilità di insolvenza
24.4.1
Credit scoring
Chi fa richiesta di una carta di credito o di un prestito bancario, probabilmente, sarà tenuto a compilare un questionario che fornisca dettagli in merito alla sua posizione lavorativa e finanziaria. Queste informazioni verranno quindi utilizzate per calcolare un
credit score complessivo. I richiedenti che non riescono a totalizzare un determinato
punteggio non saranno ammessi al credito o, perlomeno, saranno sottoposti a ulteriori
accertamenti. Per lo stesso motivo, le banche impiegano sistemi standardizzati di credit
scoring per valutare il rischio dei prestiti erogabili alle imprese. Per esempio, ipotizzate
di volere costruire un sistema di scoring mediante il quale decidere se finanziare una
piccola impresa. Dalla Tabella 24.2 rilevate che vi sia una probabilità sopra la media che
un’impresa con un basso rendimento delle attività e una bassa copertura degli interessi
risulti insolvente.
Il vostro passo successivo consiste nel combinare queste due misure in un unico parametro che indichi la probabilità di insolvenza. A questo scopo, potete prendere un campione di prestiti passati e costruire un diagramma che metta in relazione il rendimento
delle attività e la copertura degli interessi (si veda la Figura 24.7). Le imprese che pagano
i loro debiti sono rappresentate con una croce scura; quelle insolventi con una croce
chiara. Ora, cercate di tracciare una linea di separazione fra i due gruppi. Non potete separarli completamente, ma la linea nel nostro grafico riesce a discriminarli nel modo migliore possibile (notate che ci sono soltanto tre croci scure sotto la linea e tre croci chiare
sopra). Questa linea ci dice che, se volete distinguere i rischi positivi da quelli negativi,
dovete dare un peso alla copertura degli interessi 5 volte superiore a quello dato al rendimento delle attività. L’indice che misura la qualità del credito è:
Z = rendimento delle attività + 5 (copertura degli interessi)
Credit scoring Procedura
con cui si classifica (tramite un
punteggio) un’impresa sulla base
del suo rischio di insol- venza.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
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Figura 24.7
Rendimento delle attività, %
x
Le croci scure rappresentano un ipotetico
gruppo di imprese che hanno pagato i loro
debiti; le croci chiare rappresentano le
imprese che sono risultate insolventi. La linea
inclinata separa i due gruppi sulla base del
rendimento delle attività e della copertura
degli interessi. La linea è tracciata in
riferimento all’equazione: Z = rendimento
delle attività + 5 (copertura degli interessi) =
5. Le imprese che giacciono sopra la linea
hanno uno Z-score maggiore di 5.
7
6
x
x
5
x
x
+
x
4
x
Misura della probabilità di un fallimento.
Analisi discriminante
multivariata (MDA)
Tecnica statistica utilizzata per
distinguere due gruppi
sulla base delle loro caratteristiche osservate.
x
x
3
+
+
2
1
x
+
+
+
+
x
x
+
x
+
+
0
Z-score
x
x
+
x
+
0.5
1.0
Copertura
degli interessi
Riuscirete a minimizzare il grado di errore nella classificazione prevedendo che le imprese che chiedono credito con uno Z-score sopra 5 pagheranno i loro debiti e quelle con
uno Z-score inferiore a 5 non lo faranno.19
In pratica, non siete vincolati a considerare soltanto due variabili, così come non dovete stimare a occhio l’equazione. L’analisi discriminante multivariata (MDA, Multiple
Discriminant Analysis) è una semplice tecnica statistica per calcolare quanto peso debba
essere dato a ciascuna variabile al fine di separare le imprese a cui si può concedere credito da quelle a cui conviene rifiutarlo.
Edward Altman ha usato l’analisi discriminante per ottenere il seguente indice di qualità del credito:20
Z = 0.72
capitale circolante netto
attività totali
+ 0.42
+ 0.85
utili trattenuti
attività totali
+ 3.1
EBIT
+
attività totali
equity
vendite
+1.0
passività totali
attività totali
La previsione era che le imprese con uno Z-score inferiore a 1.20 fallissero e che le imprese con uno Z-score compreso fra 1.20 e 2.90 coprissero l’area grigia fra il declino e la
ripresa.
Versioni aggiornate e varianti del modello di Altman sono regolarmente usate da
banche e società di consulenza. Ci piacerebbe mostrarvi uno di questi recenti sviluppi
dell’analisi discriminante, ma sono tutti rigorosamente coperti dal segreto. Chi, infatti,
possiede un metodo migliore per identificare i clienti affidabili e quelli non affidabili dispone di un significativo vantaggio competitivo, e difficilmente vorrà annullare tale vantaggio divulgando lo strumento che gli ha consentito di ottenerlo.
I modelli di credit scoring dovrebbero essere utilizzati con una certa cautela. Quando
costruite un indice di rischio, siete portati a sperimentare diverse combinazioni di variabili
19 Il numero 5 è una costante arbitraria. Potremmo utilizzare 50. In questo caso, lo Z-score sarebbe:
Z=10 (rendimento percentuale delle attività)+50 (copertura degli interessi)
20 Per una descrizione del modello Z-score, leggete Altman, E.I., Corporate Financial Distress and Bankruptcy,
terza edizione, John Wiley, New York, 2005, p. 29.
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• Rischio di credito
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finché non trovate l’equazione che, rispetto al passato, si è rivelata più efficace. Sfortunatamente, ricavando i dati in questo modo, otterrete probabilmente un modello che, rispetto al
futuro, non funziona altrettanto bene. Se vi fate ingannare dai successi conseguiti nell’interpretazione del passato e ponente troppa fiducia nel modello che avete costruito, potreste
rifiutare la concessione di credito a un certo numero di clienti potenzialmente affidabili. I
profitti a cui rinunciate allontanando questi clienti potrebbero essere superiori ai guadagni
che ottenete evitando i pochi clienti veramente inaffidabili. Come risultato, potreste trovarvi in condizioni peggiori di quelle che si sarebbero verificate se non aveste effettuato
nessuna distinzione fra la clientela e aveste concesso credito a tutti indiscriminatamente.
Questo non vuol dire che le banche non debbano utilizzare i modelli di credit scoring,
ma semplicemente che un buon modello non è di per sé sufficiente; occorre anche sapere
fino a che punto ci si possa basare su di esso.
25.4.2
Modelli di rischio basati sul mercato
I modelli di credit scoring si basano essenzialmente sui bilanci aziendali per stimare quali
sono le imprese che più probabilmente falliranno e quindi risulteranno insolventi sui loro
debiti. Per le piccole imprese, esistono poche alternative all’uso dei dati contabili, ma per
le grandi imprese quotate è anche possibile trarre vantaggio dalle informazioni relative ai
prezzi dei titoli negoziati. Queste tecniche si fondano sull’idea che gli azionisti eserciteranno la loro opzione di insolvenza se il valore di mercato delle attività scende al di sotto
dei pagamenti che devono essere effettuati sul debito.
Supponete che ZenitChimica abbia attività con un valore corrente di mercato pari a
€ 100 e che il suo debito abbia un valore nominale di € 60 (cioè un rapporto di indebitamento pari al 60%), da rimborsare tutto dopo 5 anni. La Figura 24.8 mostra il campo dei
possibili valori delle attività di ZenitChimica quando il prestito giunge alla scadenza. Il
valore atteso delle attività è € 120, ma questo valore non è affatto certo. C’è una probabilità del 20% che il valore delle attività possa scendere sotto € 60, nel qual caso l’impresa
sarà insolvente. Questa probabilità è evidenziata dall’area tratteggiata nella Figura 24.8.
Per calcolare la probabilità che ZenitChimica sia insolvente, dobbiamo conoscere la
crescita attesa nel valore di mercato delle sue attività, il valore nominale e la scadenza del
debito e la volatilità del valore futuro dell’attivo. I casi reali sono probabilmente più complessi del nostro esempio di ZenitChimica. Per esempio, le imprese possono avere diverse tipologie di debito che scadono in date diverse. In questo caso, gli azionisti hanno
un’opzione su un’opzione. Potrà valere la pena impiegare del denaro per rimborsare il
debito a breve e mantenere così in vita la speranza che le fortune dell’impresa migliorino
prima che il debito rimanente giunga a scadenza.
Figura 24.8
Probabilità
ZenitChimica ha emesso un debito
a 5 anni con un valore nominale di
€ 60. L’area tratteggiata mostra che
c’è un 20% di probabilità che il valore
delle attività dell’impresa nell’anno
5 sia inferiore a € 60, nel qual caso
l’impresa andrà in insolvenza sul
debito.
Punto di Valore
insolvenza atteso
= € 60 = € 120
Valore
delle attività
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
Figura 24.9
Valore, milioni di dollari
90
80
70
Il valore di mercato delle attività di
WorldCom si è avvicinato sempre più
al punto al quale l’impresa avrebbe
scelto di dichiarare l’insolvenza sul
debito.
60
50
Valore di mercato
delle attività
40
30
20
10
Fonte: Moody’s KMV.
0
A ogni modo, le banche e le società di consulenza stanno ora scoprendo che possono
usare queste idee per misurare il rischio dei prestiti. Considerate il caso di WorldCom.
Nel luglio 2002, WorldCom è diventata uno dei maggiori fallimenti della storia americana, con più di $ 100 miliardi di attività in bilancio. La vastità delle difficoltà attraversate dalla società era stata parzialmente occultata da un’enorme frode contabile, ma non
si poteva nascondere agli investitori il suo carico di debito, né i problemi posti dalla saturazione del settore delle fibre ottiche.
Come si è avvicinata all’insolvenza WorldCom? La Figura 24.8 offre una risposta. La
linea chiara mostra il valore di mercato delle attività di WorldCom, mentre la linea scura
mostra il valore delle attività al quale l’impresa avrebbe scelto l’insolvenza sul debito.
Potete osservare che, nel corso del 2002, il valore delle attività dell’impresa si è avvicinato sempre di più al punto di insolvenza.
Naturalmente, nessuno aveva una palla di cristallo con cui prevedere che cosa potesse
accadere a WorldCom, ma Moody’s KMV, una società di consulenza specializzata nella
valutazione del rischio di credito, aveva stimato in ogni periodo la probabilità che l’impresa andasse in insolvenza l’anno successivo. Per qualunque impresa, l’intervallo di
probabilità fornito da KMV può andare dallo 0.02% al 20%. La Figura 24.10 mostra
Figura 24.10
Probabilità di insolvenza
nel corso dell’anno successivo, %
Stima di Moody’s KMV della
probabilità che WorldCom andasse in
insolvenza sul suo debito entro un
anno.
Nota: l’intervallo di probabilità
stimato da KMV va da un valore
minimo di 0.02% a un valore
massimo del 20%.
25
20
15
10
5
0
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Capitolo 24
• Rischio di credito
APPLICAZIONE 24.1
Ogni crisi finanziaria trova le sue radici in un periodo di condiCrisi finanziaria
zioni favorevoli per la crescita della finanza e del debito. E la
crisi del “credito subprime” non fa eccezione. Il mercato
e crack di Lehman Brothers
immobiliare statunitense conobbe una crescita praticamente ininterrotta dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso al 2006, sospinta da aspettative di prezzi delle case
sempre più alti, redditi familiari mediamente in aumento e tassi di interesse relativamente bassi. Nel corso del periodo
2000-2007, l’importo del credito immobiliare erogato per l’acquisto di abitazioni raddoppiò, ma i mutui ipotecari cosiddetti
subprime – mutui per i quali il mutuatario pagava 200-300 punti base sopra i tassi applicati alla clientela “migliore” – sperimentarono un tasso di crescita dell’800%. Uno degli aspetti più interessanti legati alla crisi finanziaria, e certamente
anche una delle cause scatenanti, riguardava il fatto che il rischio di credito legato ai mutui subprime erogati fu cartolarizzato e venduto. Semplificando, le banche finanziatrici poterono cedere i propri crediti, derivanti dai mutui erogati ai clienti,
ad altre banche d’investimento. Queste ultime raccolsero tali crediti, li aggregarono in strumenti finanziari, (i cosiddetti
MBS, Mortgage-Backed Security) e li trasferirono, vendendoli. L’ingegneria finanziaria andò oltre: portafogli di MBS
vennero creati e “affettati” per essere venduti sul mercato a investitori con diverse preferenze per il rischio. Tali sottostrumenti, noti come CDO (Collateralised Debt Obligation), allontanarono sempre di più i flussi di cassa finali dai
fondamentali finanziari su cui essi si basavano (cioè, i pagamenti delle rate da parte dei mutuatari). Inoltre, il giudizio
favorevole assegnato dalle agenzie di rating a tali strumenti comportò che la loro diffusione venisse notevolmente
accelerata, tant’è che alla fine nessuno era più in grado di ricollegare lo strumento finanziario alle attività primarie, né di
stimare con precisione quanta parte di rischio stesse effettivamente sopportando. Nadauld e Sherlund documentano
come su un totale di 1257 operazioni di cartolarizzazione di mutui da essi analizzate nel periodo 1997-2007, più del 10%
delle stesse fosse originato da Lehman Brothers, una delle maggiori banche d’investimento statunitensi e uno dei
protagonisti più attivi in questo mercato. Quando nel 2007 la bolla immobiliare raggiunse il proprio apice e scoppiò, portò
con sé una serie di fallimenti illustri. Il 15 settembre 2008 Lehman Brothers richiese l’accesso al Chapter 11, la procedura
fallimentare prevista dalla legge statunitense. La bancarotta di Lehman Brothers rappresentò il maggiore default nella
storia degli Stati Uniti, con oltre $ 600 miliardi detenuti in attività, seguito da quello di Washington Mutual ($ 328 miliardi)
e WorldCom ($
104 miliardi). Prima del fallimento, il bilancio di Lehman Brothers mostrava un altissimo grado di leva finanziaria, cioè un
rapporto attività totali-patrimonio netto pari a oltre 30. Ciò significava che un decremento di valore dell’attivo pari ad appena 3.3% avrebbe eroso interamente l’equity della banca. La politica aggressiva e volta a livelli di rischio-rendimento elevatissimi si unì in Lehman Brothers a una forte dipendenza dal finanziamento a breve termine, anche per acquistare attività a lunga scadenza (oltre il 50% delle stesse all’inizio della crisi era stato finanziato da debito a breve). Ciò comportò
insormontabili problemi di liquidità per la banca, una volta che i dubbi sulla solvibilità della stessa (a causa della riduzione di valore degli strumenti finanziari presenti nel proprio attivo) pervasero il mercato e i cre- diti a breve non furono
rinnovati. L’indice di mercato statunitense reagì perdendo 504.48 punti indice (–4.4%) il giorno seguente l’annuncio del
crack di Lehman Brothers, il secondo maggiore rendimento negativo giornaliero dopo l’11 settembre 2001.
A cura di Massimiliano Barbi.
Fonte: Nadauld, T.D. e Sherlund S.M., “The Role of the Securitization Process in the Expansion of Subprime Credit”,
Ohio State Working Paper, 2008.
come KMV avesse progressivamente aumentato la sua stima della probabilità di insolvenza di WorldCom, raggiungendo nel maggio 2002 il valore massimo dell’intervallo assunto come parametro.
* A cura di Luca Di Simone.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
24.5 VAR
Immaginate di essere nel gennaio 2012 e di possedere delle obbligazioni Starbucks al
6.25% con scadenza 2017. Questi titoli sono classificati BBB da Standard & Poor’s e
sono negoziati al prezzo corrente di 119.4 per offrire un rendimento alla scadenza promesso del 2.5%. Se programmate di tenere le obbligazioni per i prossimi 12 mesi, quanto
rischio vi state assumendo?
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Capitolo 24
• Rischio di credito
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APPLICAZIONE 24.2
Salvataggio di AIG: la “fine del capitalismo”?
La crisi finanziaria del colosso assicurativo AIG (American International Group) rappresenta, rispetto al default di Lehman
Brothers, l’altra faccia della stessa medaglia, e non solo per il
fatto che i due eventi sono stati pressoché contemporanei. Il 16 settembre 2008, nel mezzo della crisi finanziaria la
Federal Reserve ha annunciato un piano di salvataggio (bailout), attuato con il supporto del Dipartimento del Tesoro, al
fine di garantire ad AIG la liquidità necessaria al proseguimento della propria attività assicurativa. Le condizioni in cui
versava AIG immediatamente prima dell’annuncio della Fed erano decisamente preoccupanti. Ma che cosa causò un
tale declino nel valore delle attività del Gruppo? Alla fine dell’anno 2007 AIG veniva classificata decima nell’an- nuale
classifica delle maggiori 500 società statunitensi per fatturato (Fortune 500), con un valore totale di Borsa (capitalizzazione) attorno a $ 151 miliardi e un valore dell’attivo superiore a $ 1000 miliardi. In quanto impresa assicuratrice, AIG
offriva protezione contro eventi che potessero danneggiare i clienti assicurati. Una parte consistente del business di AIG
consisteva nel “proteggere” portafogli di banche d’investimento e di altre istituzioni finanziarie attraverso la vendita di strumenti finanziari di tipo assicurativo, i CDS (Credit Defaul Swap). Al 31 dicembre 2007 il bilancio del Gruppo indicava un
ammontare di capitale nozionale assicurato attraverso CDS venduti pari complessivamente a circa $ 527 miliardi. Finché
l’aumento del prezzo degli immobili continuava a sostenere (e ad autoalimentare) la bolla speculativa, semplicemente
AIG riceveva flussi di cassa dai soggetti assicurati, sopportando di fatto un rischio di esborso molto ridotto. Quando nel
2008 la crisi ha iniziato a mordere con ferocia, i primi fallimenti hanno comportato un innalzamento degli spread dei CDS,
conseguenti ad aspettative di fallimenti ancora maggiori in futuro. Dovendo accantonare ammontari di garanzia
(collateral) in percentuale del valore dei CDS detenuti, AIG si è trovata ben presto in deficit di liquidità. L’annuncio della
Fed di concedere un finanziamento pari a $ 85 miliardi ad AIG ha reso palesi le condizioni in cui versava il Gruppo. A
seguito di diversi interventi della Fed e del Governo, anche nell’ambito del pro- gramma di riacquisto degli asset tossici
da parte del Tesoro (TARP, Troubled Asset Relief Programme), AIG ha ricevuto un aiuto di Stato quantificabile in $ 126
miliardi. Diversi osservatori ed economisti h immediatamente e con asprezza il salvataggio. Uno dei più duri è stato
Luigi Zingales: in un editoriale apparso su Il Sole 24 ORE del 20 settembre 2008 l’economista di Chicago ha decretato
come tale intervento statale “abbia segnato la fine del capitalismo come lo abbiamo co- nosciuto finora”.
A cura di Massimiliano Barbi.
Fonte: Zingales, L., “Ma ora nulla sarà più come prima”, in Il Sole 24 ORE, 20 settembre 2008.
Potreste essere tentati di riconsiderare i tassi di insolvenza passati relativamente alle obbligazioni di classe BBB e concludere che, esistendo soltanto una probabilità trascurabile
che i titoli vadano in insolvenza nel corso del prossimo anno, il vostro investimento sia sicuro quasi quanto quello in un titolo di Stato. Ma questo ragionamento ignora la possibilità che, sebbene l’insolvenza sia improbabile nel breve termine, le prospettive di Starbucks potrebbero non essere così buone alla fine dell’anno come lo sono attualmente. Se
ciò accadesse, le obbligazioni verrebbero declassate e il loro valore scenderebbe.
Le banche e le società di consulenza hanno sviluppato una varietà di modi per misurare i rischi a cui vanno incontro i creditori rispetto a un deterioramento della qualità
del credito erogato. Per esempio, uno dei modelli più popolari, il CreditMetrics, considera il possibile impatto dei cambiamenti nel rating delle obbligazioni.21 La Tabella
24.3 mostra quanto frequentemente le obbligazioni sono state riclassificate nel periodo
1981-2010. Poiché le vostre obbligazioni Starbucks hanno un rating BBB, ci concentreremo sulla quarta riga della tabella. Potete notare che nel passato l’84.55% delle obbligazioni con rating BBB manteneva la stessa classe dopo un anno e alcune venivano
addirittura promosse alla doppia o tripla A. Tuttavia, più del 5% delle obbligazioni era
declassato a BB.
Se il debito di Starbucks fosse declassato a BB, gli investitori sicuramente domanderebbero un maggiore rendimento. Per esempio, nel 2012 il rendimento delle obbligazioni
classificate BB era circa 1.3 punti percentuali superiore al rendimento di quelle classifi21 Il CreditMetrics è stato proposto per la prima volta da J.P. Morgan. Per una descrizione del CreditMetrics,
si veda il manuale fornito in www.riskmetrics.com.
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
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Tabella 24.3
Percentuale globale di obbligazioni che, nel corso di un anno, sono passate da un rating all’altro (1981-2010)
Rating alla fine dell’anno (%)
Rating all’inizio
dell’anno (%)
AAA
AA
A
BBB
BB
B
CCC/C
AAA
AA
A
BBB
BB
88.39
0.58
0.04
0.01
0.02
0
0
7.63
87.02
2.04
0.15
0.05
0.05
0
0.53
7.79
87.19
3.87
0.19
0.15
0.23
0.06
0.54
5.35
84.28
5.3
0.26
0.34
0.08
0.06
0.4
4
75.74
5.68
0.97
B
0.03
0.09
0.16
0.69
7.22
73.02
11.84
CCC/C
Insolvenza
0.06
0.03
0.03
0.16
0.8
4.34
46.96
0
0.03
0.08
0.24
0.99
4.51
25.67
Senza
rating
3.23
3.86
4.72
6.6
9.68
12
14
Fonte: Standard & Poor’s, “Default, Transition, and Recovery: 2008 Annual Global Default Study and Rating Transitions”, febbraio 2009.
VAR (Value At Risk)
Perdita potenziale del valore di un
investimento dato un certo livello
di significatività statistica.
cate tripla B. Se il rendimento delle vostre obbligazioni Starbucks aumentasse di questo
ammontare, il prezzo calerebbe di circa il 7%. In altre parole, c’è circa un 5% di probabilità che il valore del vostro investimento diminuisca del 7% o più nel corso di un anno. Le
banche chiamano questo dato VAR (Value At Risk) delle obbligazioni Starbucks.
Ci sono molti modi attraverso i quali è possibile migliorare la nostra stima del VAR.
Per esempio, abbiamo ipotizzato che la probabilità di insolvenza e la percentuale di rimborso siano costanti. Ma in pratica, in periodi di recessione economica, le obbligazioni
hanno una probabilità di risultare insolute molto maggiore e agli obbligazionisti potrà
essere rimborsata una percentuale più piccola del loro investimento. Notate altresì che,
quando abbiamo calcolato il VAR di un investimento nelle obbligazioni Starbucks, abbiamo considerato soltanto come il prezzo delle obbligazioni venisse influenzato da un
cambiamento di rating o da un passaggio allo stato di insolvenza. In altri termini, ci
siamo concentrati esclusivamente sul rischio di credito. Se volessimo ottenere una misura
più esaustiva del VAR, dovremmo riconoscere che anche i tassi di interesse privi di rischio possono cambiare durante il prossimo anno.
Le banche e gli investitori in obbligazioni non sono solamente interessati al rischio
dei singoli prestiti; vorrebbero conoscere il rischio del loro intero portafoglio. Perciò, gli
specialisti in rischio di credito hanno bisogno di individuare la correlazione fra i vari risultati. Un portafoglio composto esclusivamente di prestiti concessi a negozi concentrati
nella periferia di una piccola città sarà con ogni probabilità più rischioso di un portafoglio
che contenga crediti erogati a differenti tipologie di soggetti.
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Capitolo 24
Le società di capitale godono di una responsabilità limitata. Se le imprese non sono in
grado di pagare i propri debiti, possono presentare istanza di fallimento. Chi presta denaro a un’impresa è consapevole di potere ricevere meno del capitale prestato e sa che
il rendimento atteso su un corporate bond è minore del rendimento promesso.
• Rischio di credito 667
Riepilogo
L’effetto della possibile insolvenza è che il rendimento promesso di un corporate bond è
maggiore di quello di un titolo di Stato. Potete pensare che questo extra-rendimento
rappresenti quanto dovreste pagare per assicurarvi contro un default. C’è un mercato attivo per le polizze di assicurazione che proteggono i possessori di obbligazioni dall’insolvenza. Queste polizze vengono chiamate CDS (Credit Default Swap). Non ci sono
“pasti gratis” nei mercati finanziari. Perciò, l’extra-rendimento che ottenete comprando
un corporate bond è “mangiato” dal costo dell’assicurazione contro l’insolvenza.
L’opzione di insolvenza posseduta da un’impresa equivale a un’opzione put. Se il
valore delle attività è minore dell’ammontare del debito, all’impresa converrà essere insolvente e permettere ai creditori di acquisire la proprietà delle attività per
estinguere il debito. Questo ci indica ciò di cui abbiamo bisogno per valutare un debito rischioso: il valore delle attività di un’impresa che porterà alla sua insolvenza,
la volatilità del valore delle attività, le scadenze delle rate di rimborso e il tasso di
interesse privo di rischio. Sfortunatamente, la maggior parte delle imprese deve
confrontarsi con numerosi prestiti in circolazione che hanno scadenze diverse. Ciò
complica notevolmente il compito di valutare l’opzione put. A causa di queste complicazioni, gli investitori in obbligazioni non usano i modelli teorici per valutare
l’opzione di default che è associata a un corporate bond. Più di frequente fanno affidamento sulla loro esperienza per giudicare se lo spread fra il rendimento di un corporate bond e un titolo di Stato confrontabile compensa la possibilità dell’insolvenza. Gli spread possono cambiare rapidamente quando gli investitori ristimano le
probabilità di default o diventano più o meno avversi al rischio.
Quando gli investitori vogliono misurare il rischio di un corporate bond, solitamente
considerano il rating che è stato assegnato da Moody’s, Standard & Poor’s o Fitch.
Essi sanno che un’obbligazione con un rating di tripla A è molto meno probabile
che risulti insoluta rispetto a un junk bond.
Le banche, le agenzie di rating e le società di consulenza hanno messo a punto parecchi modelli per stimare la probabilità di insolvenza. I modelli di credit scoring, come il
famoso Z-score, prendono in considerazione diversi indici di bilancio o altri indicatori
dello stato di salute di un’azienda e li ponderano al fine di produrre un’unica misura di
insolvenza. Il modello KMV di Moody’s segue un’altra direzione e cerca di misurare
la probabilità che il valore di mercato delle attività dell’impresa scenda fino al punto in
cui l’impresa sceglierà l’insolvenza piuttosto che continuare a rimborsare il suo debito.
Non dovete ipotizzare un’assenza di rischio solo perché non esiste una prospettiva
imminente di insolvenza. Se la qualità di un’obbligazione si deteriora, gli investitori domanderanno un rendimento più elevato e il prezzo dell’obbligazione scenderà.
Un modo per calcolare il VAR (Value At Risk) di un prestito consiste nel considerare la probabilità dei possibili cambiamenti di rating e nello stimare il probabile effetto di questi cambiamenti sul prezzo delle obbligazioni.
Il classico articolo sulla valutazione dell’opzione di insolvenza sul debito emesso da un’impresa è:
Merton, R., “On the Pricing of Corporate Debt: The Risk Structure of Interest Rates”, in Journal
of Finance, 29, pp. 449-470, maggio 1974.
I siti web delle principali agenzie di credit scoring, compresa KMV di Moody’s, contengono molte utili analisi sul rischio di credito. Guardate in particolare:
www.moodys.com, www.standardandpoors.com, www.fitcm.com e www.moodyskmv.com.
Altman e Hotchkiss forniscono una rassegna dei modelli di credit scoring in:
Altman, E.I., Hotchkiss E., Corporate Financial Distress and Bankruptcy, terza edizione, John
Wiley, New York, 2006.
Letture
consigliate
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Parte 8 • Finanziamento tramite debiti
Esistono numerosi testi che si occupano di modelli per il calcolo del rischio di credito. Fra questi citiamo:
Saunders, A. e Allen, L. Credit Risk Measurement, terza edizione, John Wiley, New York, 2010.
Duffie, D. e Singleton, K.J., Credit Risk Pricing, Measurement and Management, Princeton University Press, Princeton, NJ, 2003.
Duffie D., Measuring Corporate Default Risk, Cambridge, UK Oxford University Press, 2011.
Caouette, J.B., Altman, E.I., Narayanan, P. e Nimmo, R., Managing Credit Risk, John Wiley,
New York, 2008.
Le ricerche che in Italia hanno applicato tecniche statistiche (analisi discriminante, probit, logit)
ai fini della previsione delle insolvenze sono numerose; ne citiamo due (il lavoro di Altman, Marco e Varetto si distingue per l’applicazione di tecniche innovative come quella delle reti neurali):
Laviola, S. e Trapanese, M., “Previsione delle insolvenze delle imprese e qualità del credito bancario: un’analisi statistica”, in Temi di discussione, Banca d’Italia, 318, settembre 1997.
Altman, E., Marco, G. e Varetto, F., “Corporate Distress Diagnosis: Comparisons Using Linear
Discriminant Analysis and Neural Networks (The Italian Experience)”, in Journal of Banking
and Finance, 18, pp. 505-529, 1994.
Domande
di ripasso
Problemi
1.
Perché il rendimento atteso di un corporate bond è diverso dal suo rendimento promesso?
2.
Spiegate perché è possibile considerare il valore di un’azione come il valore di un’opzione
call sulle attività dell’impresa. Qual è il prezzo di esercizio della call?
3.
Perché le cedole obbligazionarie rendono più difficoltosa la valutazione di un corporate bond
rischioso?
SEMPLICI
1.
Siete in possesso di un’obbligazione al 5% con scadenza a 2 anni e collocata all’87%. Ipotizzate che ci sia una probabilità del 10% che alla scadenza l’obbligazione sia insolvente e che
voi riceviate soltanto il 40% del pagamento promesso. Qual è il rendimento promesso dell’obbligazione? Qual è il suo rendimento atteso?
2.
La differenza fra il valore di un titolo di Stato e un semplice corporate bond è pari al valore di
un’opzione. Qual è questa opzione e quale il suo prezzo di esercizio?
3.
La seguente tabella riporta alcuni dati finanziari di due società:
www.ateneonline.it/brealey
A
Attività totali
Capitale circolante netto
Utili non distribuiti
EBIT
Equity
Passività totali
Fatturato
€ 1552.1
861.5
105.1
182.6
738.1
814.0
260.9
B
€ 1565.7
–58.5
7.3
41.3
28.6
1537.1
778.0
Utilizzate la formula indicata nel Paragrafo 25.4 per calcolare quale ha lo Z-score maggiore.
Si prevede che vada incontro a fallimento oppure che si trovi nell’area grigia fra il declino e
la ripresa?
4.
Siete in possesso di un’obbligazione con rating B. Sulla base dei dati relativi al passato, qual
è la probabilità che essa continui ad avere rating B fra un anno? Che probabilità c’è che le
venga assegnato un rating inferiore?
5.
Siete in possesso di un’obbligazione con rating A. La probabilità che il rating venga innalzato è maggiore rispetto a quella che esso venga abbassato? La vostra risposta sarebbe la
stessa se l’obbligazione avesse rating B?
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Capitolo 24
6.
• Rischio di credito
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Perché è più difficile stimare il VAR di un portafoglio di prestiti piuttosto che di un singolo
prestito?
INTERMEDI
7.
La società A ha emesso un’unica obbligazione zero-coupon con scadenza a 10 anni. La società B ha emesso una obbligazione con cedola e con scadenza a 10 anni. Spiegate perché è
più difficile valutare il debito di B piuttosto che quello di A.
8.
Discutete i problemi che implica lo sviluppo di un sistema numerico di credit scoring per la
valutazione dei prestiti personali. Potete soltanto testare il vostro sistema utilizzando dati di
candidati ai quali in passato è stato concesso il credito. Si tratta di un potenziale problema?
COMPLESSI
9.
Ritornate all’esempio di ZenitChimica proposto all’inizio del Paragrafo 25.1. Supponete che
lo stato patrimoniale a valori contabili dell’impresa sia il seguente:
ZenitChimica (valori contabili)
Capitale circolante netto
Attività fisse nette
Attività totali
€ 400
1600
2000
€ 1000
1000
2000
Debito
Equity (patrimonio netto)
Valore totale
Il debito ha scadenza a 1 anno e un pagamento di interessi promesso del 9%. Perciò, il pagamento promesso ai creditori di ZenitChimica è € 1090. Il valore di mercato delle attività è
€ 1200 e lo scarto quadratico medio del valore delle attività è il 45% all’anno. Il tasso di interesse privo di rischio è il 9%. Calcolate il valore di debito ed equity di ZenitChimica.
x
e cel
Visitate il
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www.ateneonline.it/brealey
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10. Utilizzate il modello di Black e Scholes e ridisegnate la Figura 25.4 ipotizzando che lo scarto
quadratico medio del rendimento delle attività dell’impresa sia il 40% all’anno. Effettuate i
calcoli soltanto per leve finanziarie del 60% e del 100%. (Suggerimento: il modo più semplice consiste nell’ipotizzare che il tasso di interesse privo di rischio sia pari a zero.) Che
cosa suggerisce questo circa l’effetto prodotto dalla variazione del rischio sullo scarto fra
corporate bond ad alto rendimento e a basso rendimento? (Potreste trovare utile ricorrere al
programma del modello di Black e Scholes sul foglio di calcolo relativo al Capitolo 22, che
potete trovare sul sito www.ateneonline.it/brealey.)
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