spettro autistico sottosoglia e spettro post

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA
TESI DI LAUREA
SPETTRO AUTISTICO SOTTOSOGLIA E
SPETTRO POST-TRAUMATICO DA STRESS
IN UN CAMPIONE DI PAZIENTI FIBROMIALGICI
CANDIDATO
Chiara Portulano
RELATORE
Chiar.ma Prof.ssa Liliana Dell’Osso
ANNO ACCADEMICO 2015/2016
INDICE
1. RIASSUNTO
2. INTRODUZIONE
2.1 Fibromialgia
2.1.1 Definizione ed evoluzione diagnostica
2.1.2 Incidenza, caratteristiche cliniche e fisiopatologia
2.1.3 Comorbidità psichiatriche
2.2 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD)
2.2.1 Definizione, epidemiologia e comorbidità
2.2.2 Evoluzione dei criteri diagnostici: dal DSM-IV al DSM-5
2.2.3 PTSD sottosoglia e lo Spettro Post-Traumatico da Stress
2.3 Fibromialgia e PTSD: quale rapporto?
2.4 Spettro dell’Autismo Sottosoglia: un approccio transdiagnostico
2.5 Obiettivi dello studio
3. MATERIALI E METODO
3.1 Selezione del campione
3.2 Strumenti di valutazione
3.2.1 Il TALS-SR
3.2.2 L’AdAS Spectrum
3.3 Analisi statistiche
4. RISULTATI
5. DISCUSSIONE
6. TABELLE E FIGURE
7. APPENDICE: TALS-SR e AdAS Spectrum
8. BIBLIOGRAFIA
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1.RIASSUNTO
La fibromialgia è una patologia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, cronico,
spesso accompagnato da affaticamento, disturbi cognitivi e sintomi psichiatrici. I pazienti
lamentano astenia, disturbi del sonno, ansia, depressione, problemi di concentrazione e di
memoria, indolenzimento, aumentata sensibilità al dolore con allodinia e iperalgesia, rigidità
in tutto il corpo, senza che vi sia evidenza di anormalità “strutturali” in muscoli, legamenti
o articolazioni. La fibromialgia è stata correlata ad una più grave disabilità nelle attività
quotidiane rispetto ad altre malattie reumatiche, oltre ad avere un impatto negativo su quasi
tutti gli aspetti della qualità vita connessi alla salute.
Nonostante numerose ricerche, la patogenesi del dolore nella sindrome fibromialgica non è
stata completamente compresa, e un crescente interesse è stato dedicato al ruolo delle
comorbidità psichiatriche. I pazienti con fibromialgia, infatti, presentano multipli disturbi
mentali, tra cui il Disturbo Depressivo Maggiore, il Disturbo Bipolare, il Disturbo di Panico
e la Fobia Sociale, riportando tassi di prevalenza rispettivamente del 62%, 11%, 29% e 19%.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una particolare condizione psicopatologica
che insorge in seguito all’esposizione, sia diretta che indiretta, ad avvenimenti traumatici,
portando alla comparsa e alla persistenza, ad almeno un mese di distanza dall’esposizione
stessa, di una costellazione di sintomi clinici che si rivelano essere, spesso, profondamente
invalidanti e tendenzialmente cronici. Il PTSD si struttura in 4 cluster sintomatologici,
rappresentati da sintomi intrusivi (rievocazione dell’evento traumatico), condotte di
evitamento riguardanti situazioni associate al trauma, ottundimento emotivo ed affettivo e
iperarousal, ad esempio sottoforma di insonnia e ipervigilanza (APA 2013). Numerosi studi
hanno evidenziato l’importanza anche di forme parziali di PTSD che, pur non soddisfacendo
completamente i criteri diagnostici di PTSD, sono caratterizzate da un profondo malessere
soggettivo e compromissione significativa del funzionamento socio-lavorativo. Proprio per
questo, è stato introdotto il concetto di PTSD parziale (partial PTSD) o sottosoglia
(“subthreshold”
o
“subsyndromal”).
Recentemente, all’interno di
un progetto
internazionale di collaborazione tra ricercatori di Pisa e della Columbia University di New
York, del Western Psychiatric Institute and Clinic dell'Università di Pittsburgh e
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dell'Università della California S. Diego, denominato “Spectrum Project”, è stato sviluppato
lo Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; L.
Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008), un approccio
multidimensionale al PTSD che esplora non solo gli eventi potenzialmente traumatici,
inclusi gli eventi “low magnitude”, ma anche la reazione acuta o peri-traumatica e la
dimensione dei sintomi post-traumatici, ponendo attenzione alle condizioni sottosoglia e ai
tratti temperamentali e di personalità come fattori di rischio per lo sviluppo del disturbo.
Moltissimi studi hanno descritto una maggiore frequenza e una più grave sintomatologia
della fibromialgia tra i pazienti con PTSD, e viceversa, molti studi hanno indagato
esposizioni a traumi e PTSD in campioni di pazienti affetti da fibromialgia, mostrando una
notevole percentuale (il 57%) di pazienti che abbracciava i criteri per il PTSD (Cohen et al.,
2002; Sherman, Turk, & Okifuji, 2000). Gli eventi traumatici, quindi, sono stati fortemente
associati all’insorgenza ed esacerbazione della malattia, nonché predisponenti a più alti
livelli di disagio e disabilità funzionale tra i pazienti. Uno studio recente, utilizzando un
campione molto ampio di pazienti fibromialgici, ha dimostrato che in circa il 66% di essi
l’evento traumatico e il PTSD erano antecedenti all’insorgenza della sintomatologia, nel
30% erano seguenti e nel restante 4% erano concomitanti ad essa (Hauser et al., 2013).
Ad oggi, l’ipotesi più accreditata afferma che l’esposizione ad un trauma costituisca
l’elemento scatenante la sintomatologia nei soggetti predisposti geneticamente, in
particolare eventi traumatici precoci possono influenzare i circuiti cerebrali di modulazione
del dolore e delle emozioni determinando l’aumentata risposta al dolore e i sintomi
concomitanti, riferiti dai pazienti con fibromialgia (L. A. Bradley, 2008; Crofford, 2007;
Schweinhardt, Sauro, & Bushnell, 2008). In varie ricerche è stato osservato che alcuni aspetti
nella fisiopatologia del PTSD si sovrappongono a quelli della fibromialgia, come ad esempio
le alterazioni neuroendocrine. Queste caratteristiche analoghe nei due disturbi potrebbero
suggerire un’origine comune, riflettendo differenti aspetti di comportamento adattativo e di
somatizzazione in risposta a un evento traumatico. Una delle interpretazioni più recenti è
che non si tratterebbe di una semplice comorbidità tra PTSD e fibromialgia, ma che esse
rappresentino una differente espressione clinica in reazione ad un episodio traumatico.
Questa ipotesi avrebbe senso soprattutto considerando che i sintomi fisici sono più
“accettati”, dal punto di vista socio-culturale, rispetto ai sintomi emotivi e mentali. Sotto
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quest’ottica, quindi, la fibromialgia rappresenterebbe un’espressione fisica delle turbolenze
psicologiche, cioè una forma somatizzata di PTSD (Cohen et al., 2002).
Recenti studi evidenziano un’associazione tra PTSD e i Disturbo dello Spettro dell’Autismo
(ASD). Questo sarebbe correlato, da un lato, al fatto che i soggetti con ASD, sono
maggiormente suscettibili nel corso della loro vita a subire eventi traumatici, per le loro
difficoltà di espressione, empatia e comprensione di codici condivisi di comunicazione;
dall’altro lato, su questo substrato, un trauma può provocare con maggiore frequenza
conseguenze più intense e più croniche per le difficoltà di elaborazione dell’evento stesso
dovute al peculiare funzionamento cognitivo di questi soggetti (alterazione dei meccanismi
dell’oblio, rimuginazioni, fenomeni dissociativi, distacco dalla realtà, ritiro e isolamento).
Recentemente, presso l’Università di Pisa, è stato sviluppato lo Spettro Sottosoglia
dell’Autismo dell’Adulto (AdAS Spectrum), il cui ruolo è stato evidenziato come potenziale
base fisiopatologica transdiagnostica sottostante i vari disturbi mentali. L’alta percentuale,
infatti, di comorbidità psichiatriche, ha suggerito che un’alterazione del neurosviluppo di
matrice multifattoriale rappresenti un substrato comune di vulnerabilità per la maggior parte
dei disturbi mentali e ha posto la necessità di individuare una “dimensione” di Spettro che
comprenda una sintomatologia sottosoglia sottostante alle varie manifestazioni
psicopatologiche, le quali condividono sintomi, fattori di rischio genetici e ambientali e
verosimilmente anche substrati neurali (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016), assumendo un
ruolo unificante tra le diverse categorie diagnostiche.
Vista l’esigua quantità di dati presenti in letteratura e le caratteristiche peculiari e controverse
della sindrome fibromialgica, in questa tesi è stata indagata la presenza sia di PTSD,
diagnosticato in accordo con i criteri del DSM-5, che dello Spettro Post-Traumatico da
Stress, in un campione di 61 pazienti affetti da fibromialgia e seguiti presso gli ambulatori
dell’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P. Tutti i partecipanti sono stati indagati per mezzo
di interviste cliniche strutturate e strumenti di autovalutazione. In particolare, i pazienti sono
stati intervistati mediante la SCID-5 per la diagnosi psichiatrica secondo il DSM-5. I pazienti
hanno inoltre compilato il TALS-SR (Trauma and Loss Spectrum-Self Report), questionario
che indaga la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress che può svilupparsi nel
corso della vita di un individuo in seguito all’esposizione a un’ampia gamma di eventi
potenzialmente traumatici e di perdita (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al.,
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2009), e l’AdAS Spectrum (Adult Autism Subthreshold Spectrum) per lo Spettro Sottosoglia
dell’Autismo dell’Adulto (Dell’Osso et al,. In press).
Dei 61 pazienti fibromialgici intervistati, 7 erano maschi e 54 femmine, di età media pari a
49,78 ±12,00 anni. La diagnosi di fibromialgia è stata effettuata in accordo con i criteri
dell’American College of Rheumatology (ACR). Tutti i pazienti sono stati reclutati presso
gli ambulatori dell’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P.
Andando a valutare la presenza di PTSD sintomatologico secondo i criteri diagnostici del
DSM-5 è emersa una diagnosi del disturbo nel 18% (n=11) dei soggetti, con un ulteriore
34,4% (n=21) del campione totale che soddisfa i criteri per PTSD parziale. Andando a
sommare questi dati, i tassi di prevalenza di PTSD in soggetti affetti da fibromialgia si
allineano con la letteratura pregressa, evidenziando l’importanza di rilevare clinicamente le
forme di PTSD sottosoglia o parziali. Analizzando nel dettaglio il tipo di evento traumatico
riferito dai pazienti fibromialgici con PTSD, il più frequente è risultato la morte di una
persona cara. Nel confronto dei punteggi medi dei domini del TALS-SR, i pazienti
fibromialgici con PTSD e PTSD parziale hanno riportato un numero di eventi di perdita e di
eventi potenzialmente traumatici significativamente superiore rispetto ai soggetti senza
PTSD. Il cluster sintomatologico del DSM-5 più frequentemente soddisfatto nel campione
in esame è rappresentato dal cluster B (sintomi intrusivi e di rievocazione). Inoltre il nostro
studio, in linea con la letteratura, grazie alla maggiore sensibilità dello strumento
autovalutativo TALS-SR, ha dimostrato una differenza statisticamente significativa nella
positività a quasi tutti gli items maladattativi tra il sottogruppo con diagnosi di PTSD e quello
senza.
Andando ad analizzare l’AdAS Spectrum abbiamo riscontrato punteggi significativamente
superiori in quasi tutti i domini nei soggetti con PTSD rispetto ai soggetti con PTSD parziale
o senza PTSD. Correlazioni da moderate a buone sono emerse tra quasi tutti i domini del
TALS-SR e dell’AdAS-Spectrum. Interessante sottolineare una correlazione moderata tra il
Dominio VI del AdAS Spectrum (interessi ristretti e ruminazioni) e il dominio V del TALSSR (rievocazione). Questo potrebbe essere in linea con recenti ipotesi le quali hanno
evidenziato che i pensieri ruminativi siano fortemente associati con il PTSD, e con alcune
delle sue manifestazioni principali, come l’interruzione del sonno, suggerendo un possibile
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ruolo delle caratteristiche dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto in queste
relazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L. Dell'Osso et al., 2015).
Tuttavia nel nostro studio dobbiamo considerare alcune limitazioni tra cui il numero limitato
dei soggetti, il fatto che il TALS-SR è uno strumento lifetime, e quindi non mi permette di
stimare la correlazione temporale tra l’evento traumatico e la sintomatologia fibromialgica,
e l’assenza della valutazione del funzionamento socio-lavorativo e della gravità della
sintomatologia nei soggetti con fibromialgia.
Nonostante le limitazioni suddette, il nostro studio evidenzia un tasso rilevante di PTSD,
diagnosticato per la prima volta in letteratura secondo i criteri del DSM-5 in un campione
pazienti con diagnosi di fibromialgia, e riporta correlazioni significative tra la sintomatologia
dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto e quella di Spettro Post-Traumatico da
Stress. Sebbene siano necessari ulteriori studi, si evidenzia l’originalità di questi dati.
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2. INTRODUZIONE
2.1 La Fibromialgia
2.1.1Definizione ed evoluzione diagnostica
La fibromialgia è una patologia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, cronico,
spesso accompagnato da affaticamento, disturbi cognitivi e sintomi psichiatrici (R. M.
Bennett, 2009; Valdes et al., 2010). I pazienti lamentano astenia, disturbi del sonno, ansia,
depressione, problemi di concentrazione e di memoria, indolenzimento, aumentata
sensibilità al dolore con allodinia e iperalgesia, rigidità in tutto il corpo, senza che vi sia
evidenza di anormalità “strutturali” in muscoli, legamenti o articolazioni (White & Harth,
2001).
Inizialmente denominata “fibrosite” (Inanici & Yunus, 2004), la fibromialgia è stata
descritta in Francia e in Inghilterra nella metà del diciannovesimo secolo, ma è soltanto nel
ventesimo secolo che sono stati proposti i criteri di classificazione diagnostici, valutati e
quindi convalidati. La diagnosi e le caratteristiche cliniche sono state a lungo controverse, e
la fibromialgia è stata spesso considerata di natura psicogena o psicosomatica. Tuttavia è
stato dimostrato che vi è un disordine nella regolazione del dolore, classificato sotto il
termine di “sensibilizzazione centrale”(Staud, 2009).
La diagnosi di sindrome fibromialgica era basata essenzialmente sui criteri dell’American
College of Rheumatology (ACR) del 1990, che prevedono la presenza di dolore
muscoloscheletrico diffuso (cioè che interessa entrambi i lati del corpo sia nella parte
superiore che inferiore, e che coinvolge tutta la colonna vertebrale) da almeno 3 mesi,
associato al riscontro di aree dolorabili alla digitopressione, i Tender Points (almeno 11 su
18) (Wolfe et al., 1990). Tali criteri presentano tuttavia dei limiti. Non vi era accordo sul
numero minimo e sulla precisa localizzazione anatomica dei Tender Points (Okifuji, Turk,
Sinclair, Starz, & Marcus, 1997): oltre ai 18 descritti esistono, nei singoli pazienti, molte
altre aree dolorabili; in genere ogni inserzione tendinea e ogni muscolo sono potenzialmente
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dolenti. La dolorabilità dei Tender Points varia anche da un giorno all’altro nello stesso
paziente, e stabilire un limite netto negli 11 Tender Points può comportare che un giorno il
paziente rientri nei criteri ed il giorno dopo non sia più cosi Non vi era accordo, inoltre, sul
fatto che la valutazione dei Tender Points dovesse essere eseguita manualmente o con
l’ausilio di un algometro a pressione, il primo metodo di più facile esecuzione ma il secondo
più riproducibile e meno influenzato dall’esperienza del medico esecutore. I criteri ACR del
1990, infine, non consideravano la presenza di altri sintomi di accompagnamento extra
scheletrici molto frequenti nella sindrome fibromialgica, come le alterazioni del sonno,
l’astenia o le alterazioni neuro-cognitive. Per superare queste criticità, nel 2010 sono stati
pubblicati i nuovi criteri ACR per la diagnosi di fibromialgia, i quali permettono di porre
diagnosi in assenza della valutazione dei Tender Points, ponendo l’accento su una lista di
altri sintomi quali l’affaticamento, il sonno non ristoratore e i sintomi cognitivi, cosi come
anche cefalea, depressione e dolore addominale. Tali criteri valutano le aree dolorose riferite
dal paziente su un’immagine corporea (Widespread Pain Index – WPI) e i sintomi associati
(Symptom Scale – SS). Il punteggio totale ottenuto in ognuna di queste due scale (WPI ≥ 7
e SS ≥ 5 o WPI 3-6 e SS>9) permette di porre diagnosi di sindrome fibromialgica (Wolfe,
2010). Come i criteri ACR 1990, anche nei criteri del 2010 deve essere esclusa qualsiasi
altra causa di dolore cronico, ma la presenza di altre patologie non esclude la sindrome
fibromialgica che può coesistere con esse. I nuovi criteri includono, in associazione al dolore
muscolo-scheletrico diffuso, molti sintomi associati che possono contribuire in maniera
significativa all’impatto della malattia sul paziente.
La diagnosi clinica è resa più semplice ed è essenzialmente basata sui sintomi clinici.
Tuttavia, i nuovi criteri, basati sulla valutazione soggettiva del medico sull’entità e la severità
dei sintomi somatici del paziente, non permettono un’auto-valutazione dei sintomi da parte
del paziente. A tale scopo, nel 2011, è stata proposta una modifica dei criteri ACR 2010, in
cui le aree del dolore e la presenza/assenza di 3 sintomi nella SS (cefalea, dolore o crampi
addominali e sintomi depressivi) sono auto-valutati dal paziente (Wolfe et al., 2011).
Nel 2013, i criteri del 2010 sono stati ulteriormente modificati, incrementando le aree di
localizzazione del dolore e il numero di sintomi di cui il paziente valuta la severità,
migliorando la specificità dei criteri e permettendo una diagnosi di fibromialgia
indipendentemente da un’altra sindrome dolorosa (Bennett et al., 2014). È importante
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sottolineare, tuttavia, che sia i criteri 2010, che le versioni successive 2011 e 2013, pur
essendo di più facile e veloce esecuzione, non prevedono il riscontro di segni clinici
evidenziati dal medico tramite l’esame obiettivo del paziente.
2.1.2 Incidenza, caratteristiche cliniche e fisiopatologia
La prevalenza della fibromialgia è stata stimata essere intorno al 2% della popolazione
generale, sette volte più comune nelle donne che negli uomini. La prevalenza aumenta con
l’età, con un picco intorno tra i 60 e i 70 anni, in cui può raggiungere il 7% della popolazione
generale delle donne (Wolfe, Ross, Anderson, Russell, & Hebert, 1995). La fibromialgia è
una patologia estremamente invalidante. Dal 10% al 30% dei pazienti riferisce una disabilità
nelle attività lavorative, una percentuale più alta rispetto a quella di chi soffre di altre forme
di dolore cronico, come dimostrato da uno studio canadese (White, Speechley, Harth, &
Ostbye, 1999) e uno statunitense (Walitt, Nahin, Katz, Bergman, & Wolfe, 2015).
Fattori demografici e psicosociali influenzano significativamente la prognosi e l’esito della
fibromialgia. Il sesso femminile, un basso livello socioeconomico e l’assenza di un impiego
lavorativo sembra abbiano un impatto negativo sull’outcome della malattia (Castro-Sanchez
et al., 2012; Reisine, Fifield, Walsh, & Forrest, 2008). Anche l’obesità è stata associata ad
una maggiore intensità della sintomatologia nelle donne fibromialgiche (Kim, Luedtke,
Vincent, Thompson, & Oh, 2012). Tuttavia, gli elementi che sembrano avere un peso
maggiore nell’influenzare l’esito della malattia sono disturbi psichiatrici come ad esempio
una sindrome depressiva, una storia di abusi ed esperienze traumatizzanti vissute durante il
corso della vita (Edwards, Bingham, Bathon, & Haythornthwaite, 2006; Mundal, Grawe,
Bjorngaard, Linaker, & Fors, 2014; Toussaint, Vincent, McAllister, Oh, & Hassett, 2014).
I tassi globali di mortalità non sembrano essere aumentati nei pazienti con fibromialgia, ma
un maggior rischio di suicidio può essere presente in questi pazienti, come mostrato da alcuni
studi sul dolore cronico di origine non cancerogena (Dreyer, Kendall, Danneskiold-Samsoe,
Bartels, & Bliddal, 2010; Gilbert et al., 2009; Ratcliffe, Enns, Belik, & Sareen, 2008).
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Le caratteristiche cliniche della fibromialgia includono un dolore cronico muscoloscheletrico diffuso, anomalie della sensibilità quali intorpidimento e formicolii, stanchezza
e sonno non ristoratore, disturbi cognitivi e psichiatrici e cefalea.
Il dolore è il sintomo predominante della fibromialgia. Generalmente si manifesta in tutto il
corpo, sebbene possa iniziare in una sede localizzata, come il rachide cervicale e le spalle, e
successivamente diffondersi in altre sedi col passare del tempo. Il dolore fibromialgico viene
descritto in una varietà di modi comprendenti le sensazioni di bruciore, rigidità, contrattura,
tensione; i pazienti riferiscono frequentemente di sentirsi “come se avessero sempre
l’influenza” e usano espressioni come “mi fa male tutto” (Goldenberg, 1998). La
sintomatologia dolorosa viene caratteristicamente accentuata dal freddo, dall’umidità, ma
anche da eventi stressanti e periodi di inattività. Il dolore viene avvertito principalmente ai
muscoli, anche se a volte può colpire anche le articolazioni, che vengono descritte come
gonfie, sebbene poi non venga clinicamente riscontrato un quadro di sinovite (Bjorkegren,
Wallander, Johansson, & Svardsudd, 2009; Goldenberg, 2009).
In particolare, ci sono 18 aree algogene, specifiche e simmetriche, tra le quali, secondo i
criteri del 1990 dell’American College of Rheumatology (ACR), almeno 11 dovrebbero
rispondere alla digito-pressione applicando una forza approssimativamente di 4 kg/cm^2.
Queste aree comprendono la metà superiore del muscolo trapezio, l’inserzione del muscolo
suboccipitale, il quadrante supero-esterno del area gluteale, l’epicondilo laterale, la seconda
costa al livello della giunzione costo-condrale e il grande troncantere, posteriormente alla
prominenza trocanterica (Wolfe et al., 1990).
Un quadro di astenia talora intenso e uno stato generale di affaticamento sono presenti nel
75-90% dei casi. I pazienti riferiscono una sensazione di spossatezza, stanchezza e mancanza
di energie. L’astenia è nettamente più accentuata al risveglio, ma è anche tipica a metà
pomeriggio. Spesso i pazienti presentano una rigidità muscolare al mattino e non si sentono
riposati, nonostante abbiano dormito 8/10 ore. Riferiscono un sonno leggero, caratterizzato
da continui risvegli notturni e difficoltà a riaddormentarsi. La stanchezza viene descritta
come estenuante, sia fisicamente che mentalmente (Goldenberg, 1998). Alcune volte si
associano altri disturbi quali la sleep-apnea o la sindrome delle gambe senza riposo (Chervin
et al., 2009).
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I pazienti con fibromialgia spesso riferiscono una intensa rigidità mattutina, la quale può
essere molto disabilitante e durare da 45 minuti a 4 ore. Nel 2005, un questionario composto
da 121 elementi è stato sviluppato dalla Associazione Nazionale della Fibromialgia (NFA)
ed è stato somministrato a 2569 pazienti. I risultati hanno mostrato che la rigidità mattutina
è il sintomo più problematico, seguito dall’astenia e dal sonno non ristoratore (Bennett,
Jones, Turk, Russell, & Matallana, 2007). Uno studio ha evidenziato che la rigidità
muscolare può peggiorare il danno muscolare che incorre durante esercizi faticosi (McHugh
et al., 1999). E’ stato provato che la contrazione muscolare concentrica e l’allungamento
passivo possano migliorare la rigidità, quindi, una maggiore attività fisica, evitando esercizi
faticosi, potrebbe attenuare questo sintomo.
Un altro elemento clinico spesso presente in questi pazienti è un disfunzione cognitiva,
denominata “Fibrofog”, che ha un forte impatto sulla vita di questi soggetti anche se
relativamente meno studiata rispetto ad altri aspetti della malattia (Arnold et al., 2008; Katz,
Heard, Mills, & Leavitt, 2004). Con il termine “Fibrofog” si intende una riduzione della
lucidità mentale (una sorta di “nebbia cognitiva”, come suggerisce il termine), e
un’alterazione dei processi attentivi e mnemonici che caratterizza i pazienti fibromialgici. In
particolare essi riferiscono una perdita della memoria a breve termine, una scarsa capacità
di concentrazione e una difficoltà nel fare più cose contemporaneamente (Glass, 2006; Glass,
Park, Minear, & Crofford, 2005; Grace, Nielson, Hopkins, & Berg, 1999; Kravitz & Katz,
2015).
Una storia di cefalea è presente in più del 50% delle pazienti con fibromialgia, e include
emicrania e cefalea muscolo-tensiva (Marcus, Bernstein, & Rudy, 2005). In una clinica
ambulatoriale di cefalee, un anamnesi di fibromialgia è stata riscontrata nel 20% dei pazienti,
tra cui il 44% di coloro che soffrivano di cefalea cronica muscolo-tensiva (de Tommaso et
al., 2011). Le comorbidità della malattia sono strettamente correlate con la frequenza degli
episodi di cefalea.
I pazienti con fibromialgia spesso riferiscono parestesie, tra cui intorpidimento, formicolio,
bruciore, o brividi, soprattutto al livello di entrambe le braccia e le gambe. Tuttavia, a meno
che non ci sia un disordine neurologico concomitante, come la sindrome del tunnel carpale
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o una radicolopatia cervicale, una valutazione neurologica approfondita non mostra nulla di
rilevante.
Inoltre, la maggior parte dei pazienti riferisce un sonno non ristoratore, che contribuisce
notevolmente ad una compromissione nel funzionamento delle attività giornaliere. I pazienti
si sentono privi di energia e affaticati la maggior parte del giorno.
Spesso la fibromialgia coesiste con altre comuni malattie somatiche, come la Malattia
d’Intolleranza allo Sforzo Sistemico (SEID), meglio conosciuta come Sindrome da Fatica
Cronica (CFS), la Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS), l’emicrania, il Disordine
Temporomandibolare (TMD), la Sindrome della Vescica Cronica e la Sindrome del Dolore
Pelvico (Aaron & Buchwald, 2001; Aaron, Burke, & Buchwald, 2000; Almansa, Rey,
Sanchez, Sanchez, & Diaz-Rubio, 2009; Cole, Rothman, Cabral, Zhang, & Farraye, 2006;
Fukuda et al., 1994; D. L. Goldenberg, Simms, Geiger, & Komaroff, 1990). La prevalenza
della fibromialgia in questi disordini varia dal 20 al 50 %, e in particolare il 30-70% dei
pazienti risponde ai criteri della CFS e IBD (Cole et al., 2006; Fraga et al., 2012; Kato,
Sullivan, Evengard, & Pedersen, 2006; Rodriguez, Afari, & Buchwald, 2009).
Circa il 12 % dei pazienti con fibromialgia soddisfa i criteri per la sindrome uretrale
femminile, che è caratterizzata da pollachiuria, dolore uretrale, tensione sovrapubica e
disuria. Inoltre il 60% dei pazienti con fibromialgia riferisce urgenza minzionale (Wallace,
1990). La fibromialgia sembra anche avere una sovrapposizione clinica con la cistite
interstiziale (Clauw et al., 1997).
Altri problemi comuni che vengono spesso riscontrati in questi pazienti sono: secchezza
oculare, sensibilità a molte sostanze chimiche, sintomi “allergici”, palpitazioni, dispnea,
vulvodinia, dismenorrea, disfunzioni sessuali, fluttuazioni di peso, sudorazione notturna,
disfagia, disgeusia e intolleranza ortostatica (Aydin et al., 2006; Glass, 2006; Rhodus,
Fricton, Carlson, & Messner, 2003).
Inoltre, da molti studi è emerso che la fibromialgia è associata, molto frequentemente, ad
alterazioni nella produzione di ormoni tiroidei o nel loro utilizzo (Lowe, 1995). Uno studio
portato a termine dall’Unità di Reumatologia dell’Università di Pisa, ha indagato la presenza
di anormalità e processi autoimmuni della tiroide in 120 pazienti affetti da fibromialgia: i
risultati hanno evidenziato che i livelli basali di ormoni tiroidei rientravano nel normale
range, mentre nel 41% dei pazienti è stata riscontrata la presenza di anticorpi anti-tiroidei,
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in particolare gli anticorpi anti-tireoperossidasi (TPOAb), più frequenti degli anticorpi antitireoglobulina (TGAb) (Bazzichi, Rossi, Giuliano, et al., 2007). Questi risultati si sono
rivelati in linea con studi condotti precedentemente (Akkaya, Akkaya, Atalay, Balci, &
Sahin, 2012; Pamuk & Cakir, 2007; Ribeiro & Proietti, 2004).
E’ interessante notare che i pazienti con autoimmunità tiroidea hanno mostrato una
percentuale più alta di sintomi quali: occhi secchi, bruciore o stranguria, allodinia, visione
offuscata e faringite, mentre non è stata trovata alcuna correlazione positiva con sintomi
psichiatrici quali depressione e disturbi d’ansia (Bazzichi, Rossi, Giuliano, et al., 2007),
come invece altri studi avevano dimostrato (Pamuk & Cakir, 2007; Ribeiro & Proietti, 2004).
In conclusione, è emerso che i disordini autoimmuni rappresentano un marker di severità nei
pazienti fibromialgici, soprattutto nell’età post-menopausale, in cui la loro frequenza risulta
più alta rispetto ai pazienti pre-menopausali (Bazzichi, Rossi, Giuliano, et al., 2007), anche
se i meccanismi patogeni alla base di questa associazione sono ancora sconosciuti e
necessitano di ulteriori studi.
La fisiopatologia della fibromialgia non è legata ad alterazioni del sistema muscoloscheletrico, ma ad anormalità nei meccanismi che regolano l’elaborazione centrale del
dolore (R. Bennett, 2005), portando ad una “sensibilizzazione centrale del dolore” (Gracely,
Petzke, Wolf, & Clauw, 2002; Staud & Rodriguez, 2006; Woolf, 2004) e ad anomalie
nell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene. I neurotrasmettitori coinvolti in questi processi sono gli
stessi di quelli che regolano l’umore, il sonno e le funzioni cognitive, fornendo un “razionale
neurochimico” per l’ampia gamma di sintomi presenti nella fibromialgia.
E’ stato ipotizzato che ci sia un’anormale elaborazione sensoriale nella neurotrasmissione
mediata dai recettori NMDA del glutammato nelle fibre amieliniche che trasportano impulsi
dolorifici, e anche un’anomala neurotrasmissione mediata dalla sostanza P; è stato anche
supposto che i meccanismi neurochimici coinvolti nella via noradrenergica e serotoninergica
possano essere un comune denominatore del dolore e della depressione. Ci si aspetta, quindi,
che i farmaci che agiscono sul sistema serotoninergico e noradrenergico, come gli
antidepressivi con doppio meccanismo d’azione (SNRI), migliorino non soltanto l’umore e
gli altri sintomi psicologici della depressione, ma anche sintomi fisici come il dolore cronico.
(Bazzichi, Da Valle, et al., 2013; Briley & Moret, 2008; Clauw, 2008; Huynh, Yanni, &
Morgan, 2008; Stahl, Grady, Moret, & Briley, 2005).
13
La Sickness behaviour (Dantzer, 2004) è un insieme di cambiamenti comportamentali e
psicologici che i pazienti mostrano nel corso di un’infezione: questi sono considerati come
una “risposta adattativa” al fine di mantenere l’omeostasi e fronteggiare le sollecitazioni del
sistema immunitario durante un’infezione. E’ stato dimostrato che i cambiamenti del
comportamento, quali ad esempio la riduzione dell’attività, e lo scarso interesse per
l’ambiente siano dovuti agli effetti delle citochine pro-infiammatorie sui bersagli cellulari
cerebrali. In seguito a un insulto, infatti, il sistema immunitario secerne citochine proinfiammatorie che trasmettono il messaggio al cervello e riorganizzano le attività
comportamentali per ristabilire le priorità (Kent, Bluthe, Kelley, & Dantzer, 1992). Poiché i
pazienti con fibromialgia riferiscono alcuni sintomi analoghi a quelli riscontrati nella
Sickness behaviour, per quanto riguarda cambiamenti emotivi e psicologici, è stato
ipotizzato che le citochine possano avere un ruolo nel legame tra il sistema immunitario e
neuronale. Infatti nella fibromialgia è stato riscontrato un aumento delle citochine (Gur,
Karakoc, Nas, et al., 2002; Wallace et al., 2001; Zhang et al., 2008). Alcuni studi hanno
evidenziato che le citochine siano coinvolte nell’insorgenza del dolore generalizzato e
nell’iperalgesia nelle condizioni infiammatorie e neuropatiche. Quindi, uno stato di subinfiammazione cronica e un’alterata risposta del sistema immunitario agli insulti potrebbe
essere presente nella fibromialgia (Bazzichi, Rossi, Massimetti, et al., 2007). La recente
teoria secondo la quale le citochine trasmettono messaggi dalla periferia al Sistema Nervoso
Centrale mediante percorsi umorali e neurali potrebbe spiegare i disturbi dell’umore (ansia,
depressione) osservati nei pazienti fibromialgici (Bazzichi, Rossi, et al., 2013; Pernambuco,
Schetino, Viana, Carvalho, & d'Avila Reis, 2015; Yener et al., 2015).
Uno studio (Bazzichi, Rossi, Massimetti, et al., 2007) ha rivelato più alti livelli di IL-10 e
IL-8 in tutti i pazienti con fibromialgia, indipendentemente dalla presenza o assenza di
comorbidità psichiatriche, rispetto ai controlli. Un altro studio ha messo in evidenza rare
varianti missenso del gene MEFV nel 15% dei pazienti con fibromialgia che presentavano
livelli più alti di IL-1B paragonati ai controlli (Feng et al., 2009). L’elevazione dell’attività
infiammatoria potrebbe essere un fenomeno generalizzato nella fibromialgia, come ha messo
in luce uno studio che ha riportato TNF-alfa, IL-1 e IL-6 nella maggioranza dei pazienti ma
in nessun controllo (Salemi et al., 2003). L’aumento dell’IL-8 sembra essere uno dei dati più
rilevanti nei pazienti affetti da fibromialgia (Bowley, Drevets, Ongur, & Price, 2002;
Wallace et al., 2001; L. Wang et al., 2008).
14
Molti studi biologici hanno evidenziato che il dolore cronico generalizzato e la fibromialgia
abbiano, in parte, una predisposizione genetica (Buskila & Sarzi-Puttini, 2006). Infatti i
parenti di primo grado dei pazienti fibromialgici hanno un rischio 8.5 volte maggiore di
avere la malattia rispetto ai parenti di pazienti con artrite reumatoide (Arnold et al., 2004).
La capacità di alcuni farmaci antidepressivi di migliorare i sintomi ha suggerito che i geni
coinvolti nel metabolismo della serotonina e/o delle catecolammine o nella trasmissione del
segnale potrebbero conferire una suscettibilità genetica. Il primo ampio studio riguardo tale
argomento ha valutato 496 pazienti con fibromialgia e 348 controlli; differenze significative
nella frequenza di alleli tra i casi e i controlli sono stati osservate per tre geni: GABRB3,
TAAR1 e GBP1 (Smith et al., 2012).
Un fattore che è stato associato alla predisposizione a sviluppare una sindrome fibromialgica
è il polimorfismo dell’enzima Catecol-O-metiltransferasi (COMT), che degrada le
catecolammine come la dopamina e la norepinefrina, e anche l’endorfina. Quest’alterazione
genetica era già stata associata alla depressione e al dolore cronico, e ora anche alla
fibromialgia (Gursoy et al., 2003). E' interessante notare che è stato dimostrato un livello
maggiore di oppioidi endogeni nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli. Tuttavia,
confrontando la saturazione dei recettori degli oppiodi di tipo μ (MOR), con l’ausilio della
tomografia ad emissione di positroni (PET), tra 17 pazienti con fibromialgia e 17 controlli
della stessa età e sesso, è emerso che il potenziale di legame risultava inferiore nei pazienti
con fibromialgia. Questa potrebbe essere una possibile spiegazione per la mancanza di
risposta ai farmaci oppioidi nei pazienti fibromialgici (Harris et al., 2007).
Nella fibromialgia sono presenti alterazioni nell’elaborazione centrale del dolore e di altri
stimoli sensitivi (Dadabhoy, Crofford, Spaeth, Russell, & Clauw, 2008). I pazienti
percepiscono come dolorosi stimoli nocicettivi quali calore, corrente elettrica o pressione, a
livelli più bassi di stimolazione rispetto ai controlli sani (Meeus & Nijs, 2007; Sarzi-Puttini,
Atzeni, & Mease, 2011; Schmidt-Wilcke & Clauw, 2011). Vi sono delle prove che
confermano questa alterazione nella modulazione del dolore, come ad esempio la
sommazione temporale del dolore: quando vengono rapidamente somministrati brevi e
ripetitivi stimoli dolorosi, i pazienti fibromialgici percepiscono un incremento dell’intensità
del dolore in misura maggiore del normale (Staud, 2004). E’ interessante notare che i
pazienti con fibromialgia sembrano avere una ipersensibilità agli stimoli visivi e uditivi,
15
suggerendo che essi abbiamo una alterata regolazione degli stimoli sentivi globali, e non
specifica soltanto per gli stimoli dolorosi (Geisser, 2008).
E’ stato dimostrato che i pazienti con fibromialgia abbiano un deficit nella via discendente
inibitoria di modulazione del dolore del Sistema Nervoso Centrale. Normalmente, lo stimolo
dolorifico è trasmesso dai recettori periferici al livello centrale mediante il tratto talamocorticale. Le fibre discendenti inibitorie rilasciano i neurotrasmettitori al livello spinale al
fine di evitare il fenomeno del wind up, cioè un aumento del dolore per stimoli ripetuti della
medesima intensità, che cessa con la fine della stimolazione. Alcuni studi, analizzando il
liquido cerebro spinale dei pazienti fibromialgici, hanno riscontrato un aumento della
quantità dei neurotrasmettitori associati alla nocicezione come la sostanza P, gli
amminoacidi eccitatori (ad esempio la glutammina, la glicina, l’arginina e l’acido
glutammico) e il fattore di crescita neuronale (NGF). Inoltre c’è una quantità ridotta di
neurotrasmettitori antinocicettivi come le ammine biogene (ad esempio la serotonina, la
norepinefrina e la dopamina). Questo potrebbe spiegare l’attenuazione delle vie discendenti
antinocicettive e l’aumentata attivazione di quelle ascendenti nocicettive nei pazienti con
fibromialgia (Giovengo, Russell, & Larson, 1999; Russell, Vaeroy, Javors, & Nyberg, 1992).
Attraverso le tecniche di neuroimaging funzionale, come la Risonanza Magnetica funzionale
(fMRI), è stata dimostrata una maggiore attivazione dopo lo stesso stimolo doloroso di
alcune aree del cervello nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli, come la corteccia
somatosensoriale secondaria, l’insula e la corteccia cingolata anteriore (Dadabhoy et al.,
2008). Dati più limitati, utilizzando la tomografia ad emissione di positroni (PET), hanno
dimostrato una ridotta attività dopaminergica nella risposta al dolore dei pazienti
fibromialgici rispetto ai controlli (Wood et al., 2007).
Come già accennato, sia fattori umorali che cognitivi influenzano l’elaborazione del dolore
nel Sistema Nervoso Centrale. I pazienti con fibromialgia e comorbidità depressiva hanno
un aumento del flusso sanguigno cerebrale nell’amigdala e nell’insula anteriore, aree
coinvolte nella risposta affettiva del dolore (Giesecke et al., 2005). Inoltre, questi soggetti
sono stati studiati per quanto riguarda l’eccitabilità corticale e la modulazione intracorticale
usando la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) della corteccia motoria: i pazienti
con fibromialgia, rispetto ai controlli, avevano dei deficit nella modulazione intracorticale
16
dei meccanismi GABAergici e glutammatergici (Mhalla, de Andrade, Baudic, Perrot, &
Bouhassira, 2010). Usando la Risonanza Magnetica Spettroscopica, i pazienti con
fibromialgia hanno mostrato livelli più alti di glutammato e un più alto rapporto glutamminaglutammato/creatina nell’amigdala rispetto ai controlli (Valdes et al., 2010), mentre i livelli
del GABA nell’insula anteriore destra erano significativamente più bassi (Foerster et al.,
2012). Una revisione sistemica degli studi di Imaging nella fibromialgia ha messo in luce
che la sensibilizzazione centrale sia correlata ad un decremento del volume della sostanza
grigia in alcune aree cerebrali specifiche, in particolare la corteccia cingolata anteriore e la
corteccia prefrontale (Cagnie et al., 2014). Questi studi hanno evidenziato una ridotta
connettività funzionale del sistema discendente di modulazione del dolore nei pazienti
fibromialgici.
Per quanto riguarda le alterazioni neurormonali, nei pazienti fibromialgici vi è una
iperattività della risposta allo stress, dimostrata da anormalità dell’asse Ipotalamo-IpofisiSurrene (HPA) (Adler, Kinsley, Hurwitz, Mossey, & Goldenberg, 1999; Torpy et al., 2000).
Una correlazione tra i livelli di fattore rilasciante la corticotropina, nel liquido cerebrospinale, dolore sensitivo e variazione del sistema autonomo è stata riscontata nei pazienti
fibromialgici e non nei pazienti con la Sindrome della Fatica Cronica (McLean et al., 2006).
E’ stato ipotizzato che un’alterazione dell’asse HPA potrebbe essere connessa a traumi
infantili, specialmente abusi fisici (Weissbecker, Floyd, Dedert, Salmon, & Sephton, 2006).
Inoltre, è stata dimostrata una stretta correlazione tra i livelli di cortisolo e il dolore al
risveglio e dopo un’ora da esso, presente nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli
(McLean, Williams, Harris, et al., 2005).
Anche una disfunzione del Sistema Nervoso Autonomo è stata suggerita da una serie di studi.
E’ risultato che i pazienti con fibromialgia soffrono di ipotensione ortostatica e un
incremento del dolore è stato osservato in risposta al tilt-test. I pazienti fibromialgici hanno
anche valori significativamente anormali in una serie di test autonomici, come determinato
dalla Composite Autonomic Syntom Scale (COMPASS) (Solano et al., 2009).
Un decremento della risposta alla stimolazione beta-adrenergica è stata dimostrata da test
in vitro valutando la generazione di AMP ciclico (Maekawa, Twe, Lotaif, Chiappelli, &
Clark, 2003). In uno studio che ha coinvolto 58 donne, tra cui pazienti affetti da fibromialgia
17
e controlli di pari età in buona salute, sono state valutate, per un periodo di 24 ore, le
catecolammine urinarie e la frequenza cardiaca in un ambiente ospedaliero controllato e
durante le attività quotidiane (Riva, Mork, Westgaard, Okkenhaug Johansen, & Lundberg,
2012). I livelli di catecolammine sono risultati inferiori nei pazienti con fibromialgia rispetto
ai controlli: in particolare, sono stati trovati livelli significativamente più bassi di adrenalina
durante la notte e di dopamina durante il primo giorno, la notte, e il secondo giorno. Nel
complesso, invece, la frequenza cardiaca era significativamente più alta nei pazienti rispetto
ai controlli.
Altri studi hanno evidenziato cambiamenti neuropatici periferici, come una riduzione della
densità delle fibre nervose epidermiche alla biopsia cutanea, suggestiva di una neuropatia
delle piccole fibre (Caro & Winter, 2014; Giannoccaro, Donadio, Incensi, Avoni, & Liguori,
2014; Oaklander, Herzog, Downs, & Klein, 2013; Uceyler & Sommer, 2015). Ad esempio,
uno studio che ha coinvolto 27 pazienti con fibromialgia e 30 controlli ha trovato che una
percentuale significativamente maggiore di pazienti con fibromialgia aveva biopsie cutanee
anomale (41 rispetto al 3%), suggerendo che una sottostante polineuropatia delle piccole
fibre potrebbe causare sintomi talvolta attribuiti alla fibromialgia. Altri studi invece hanno
ipotizzato che possono essere presenti alterazioni metaboliche nei muscoli dei pazienti con
fibromialgia. Ad esempio, uno studio che ha paragonato 19 pazienti con fibromialgia e 14
controlli, le concentrazioni di adenosina trifosfato (ATP) e fosfocreatinina (PCr) si sono
rivelate significativamente più basse nei muscoli quadricipiti dei pazienti fibromialgici
(Gerdle et al., 2013). Questi risultati potrebbero essere coerenti con cambiamenti derivanti
da una combinazione di inattività fisica legata al dolore e disfunzione mitocondriale
muscolare.
Infine, uno studio ha suggerito che alterazioni nel muscolo scheletrico, in particolare
un’alterata distribuzione della dimensione delle fibre muscolari e una riduzione della densità
capillare potrebbe contribuire alla fatica post sforzo nei pazienti fibromialgici (Srikuea et al.,
2013).
18
2.1.3 Comorbidità psichiatriche
La fibromialgia è stata correlata ad una più grave disabilità nelle attività quotidiane rispetto
ad altre malattie reumatiche, oltre ad avere un impatto negativo su quasi tutti gli aspetti della
qualità vita connessi alla salute (Health-related quality of life, HRQoL) (Mas, Carmona,
Valverde, & Ribas, 2008). Nonostante numerose ricerche, la patogenesi del dolore nella
sindrome fibromialgica non è stata completamente compresa (Staud & Rodriguez, 2006), e
un crescente interesse è stato dedicato al ruolo delle comorbidità psichiatriche (Epstein et
al., 1999).
I pazienti con fibromialgia, infatti, presentano multipli disordini mentali, tra cui il Disturbo
Depressivo Maggiore, il Disturbo Bipolare, il Disturbo di Panico e la Fobia Sociale,
riportando tassi di prevalenza rispettivamente del 62%, 11%, 29 % e 19%. (Arnold et al.,
2006; L. Dell'Osso, Bazzichi, et al., 2009; Janssens, Zijlema, Joustra, & Rosmalen, 2015).
Un recente studio, ad esempio, ha dimostrato che un anamnesi patologica di Disturbo di
Panico (DP) in pazienti fibromialgici incrementa notevolmente la disabilità in moltissime
attività quotidiane, come mostrato dal questionario di valutazione della salute, (health
assestment questionnaire, HAQ), senza intaccare negativamente le altre “dimensioni
cliniche” della malattia (Alciati et al., 2016). Inoltre è stato dimostrato che i sintomi del
Disturbo Post-Traumatico da Stress e dei Disturbi dell’Umore Sottosoglia abbiano un ruolo
rilevante nei pazienti fibromialgici (L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011; Veltri et
al., 2012).
La Depressione Maggiore risulta essere la diagnosi più frequente (Nordahl & Stiles, 2007).
Pochi studi invece hanno esaminato il Disturbo Bipolare come comorbidità psichiatrica,
riportando tassi di prevalenza che vanno dall’ 1,3% al 12,8% (Arnold et al., 2006), mentre è
stato dimostrato un numero significativo di sintomi maniacali nei pazienti fibromialgici,
indipendentemente dalla diagnosi di Disturbo Bipolare (Carta et al., 2006). Uno studio
portato a termine presso la Clinica Psichiatrica e il dipartimento di Medicina Interna, unità
di Reumatologia, dell’Università di Pisa, ha messo in evidenza una correlazione positiva tra
il numero di sintomi dello spettro maniacale lifetime e una maggiore gravità del dolore e
compromissione della HRQoL, anche in assenza di Disturbo Bipolare (L. Dell'Osso,
Bazzichi, et al., 2009). Analogamente è stato dimostrato l’impatto negativo dei disturbi
19
mentali, in particolare i Disturbi d’Ansia e la Depressione Maggiore, sulla HRQoL nei
pazienti fibromialgici (Walker et al., 1997). Nello studio di Pisa è stato utilizzato un
questionario, il Mood Spectrum-Self Report (MOODS-SR), sviluppato e validato da una
collaborazione italo-americana, che esplora l’intero spettro della fenomenologia dell’umore,
focalizzandosi sui sintomi maniacali e depressivi e le loro caratteristiche, presenti durante
tutto il corso della vita sia come sindrome “completa”, che come disturbi dell’umore
sottosoglia (L. Dell'Osso et al., 2002). Un’importante ragione per identificare i sintomi
maniacali sottosoglia durante la valutazione del trattamento è quella di evitare il rischio di
switch in un vero e proprio episodio maniacale o ipomaniacale in pazienti con “diatesi”
bipolare, che si potrebbe verificare soprattutto durante il trattamento con antidepressivi, i
quali sono molto utilizzati off-label nei pazienti fibromialgici per la loro efficacia e buona
tollerabilità (L. Dell'Osso, Bazzichi, et al., 2009).
Negli ultimi anni, infatti, un crescente interesse è stato focalizzato sulla psicopatologia
sottosoglia, poiché sembra produrre un impatto negativo sulla qualità della vita e nel suo
funzionamento (Sherbourne et al., 1994). Uno studio portato a termine dalla Clinica
Psichiatrica e dall’Unita di Reumatologia dell’Università di Pisa ha dimostrato che i pazienti
fibromialgici hanno più sintomi affettivi sottosoglia, in particolare sintomi depressivi,
rispetto ai pazienti con Artrite Reumatoide (Piccinni et al., 2011). Gli autori hanno ipotizzato
che questo diverso peso della psicopatologia sottosoglia nelle due malattie possa spiegare la
peggiore qualità di vita e la maggiore percezione del dolore che caratterizza la fibromialgia.
Anche in questo studio è stato utilizzato come strumento di valutazione il MOODS-SR
versione lifetime, particolarmente adatto per lo screening dei pazienti fibromialgici, perchè
permette di riconoscere caratteristiche sottosoglia, attenuate e atipiche, e di valutare
differenti domini della fenomenologia dell’umore, senza o con una minima contaminazione
dei sintomi “somatici” correlati alla malattia, quali disturbi del sonno, astenia, riduzione
delle attività, che potrebbero rendere difficoltosa la valutazione psichiatrica (Veltri et al.,
2012). Tutti questi risultati sono in linea con un recente studio in cui gli autori hanno
paragonato i punteggi della qualità della vita in 30 pazienti con fibromialgia, 30 con Artrite
Reumatoide e 30 soggetti di controllo. Tutti i domini della qualità della vita sono risultati
peggiori nei pazienti con fibromialgia rispetto agli altri due gruppi, suggerendo che i sintomi
depressivi siano fortemente correlati a una peggiore qualità della vita in questi pazienti
(Tander et al., 2008).
20
L’alta frequenza di sintomi depressivi nei pazienti fibromialgici permette di ipotizzare che
la fibromialgia debba essere considerata all’interno dei “Disturbi dello Spettro Affettivo”
(Hudson, Arnold, Keck, Auchenbach, & Pope, 2004). Infatti, l’ipotesi che i sintomi
depressivi possano essere semplicemente interpretati come reazione a una malattia cronica
e invalidante non è supportata dall’evidenza che la percentuale di pazienti fibromialgici con
sintomi depressivi sia significativamente superiore a quella riscontrata in altre malattie
croniche gravi (Arnold et al., 2006). Il legame tra la fibromialgia e la depressione è
confermato dall’evidenza di alterazioni comuni, come ad esempio la disfunzione dell’asse
Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, con elevati livelli di ormone rilasciante le corticotropine (Neeck,
2000); la disregolazione delle vie noradrenergiche e serotoninergiche, centrali e periferiche
(Legangneux et al., 2001); l’alterazione della sostanza P e dei neurosteroidi (Herpfer & Lieb,
2003). Inoltre, l’alterata funzione delle citochine è stata ipotizzata essere un altro comune
fattore sottostante: in particolare l’IL-6 induce sia iperalgesia che depressione (Maes et al.,
1999) e l’IL-8 è stata correlata con l’intensità del dolore nei pazienti fibromialgici con
comorbidità depressiva (Gur, Karakoc, Erdogan, et al., 2002). In più, la depressione
determina una riduzione della soglia del dolore grazie all’alterazione della funzionalità di
strutture che modulano il dolore, come la corteccia prefrontale e insulare, l’amigdala,
l’ippocampo e la sostanza grigia periacqueduttale (Burgmer et al., 2009; Fitzgerald, Laird,
Maller, & Daskalakis, 2008). Un’altra spiegazione per la maggiore percezione del dolore nei
pazienti fibromialgici con sintomi depressivi è la tendenza ad adottare uno “stile cognitivo”
definito “catastrofico”, cioè a percepire il dolore come terribile ed insopportabile, a causa
della modificazione dei livelli attentivi e dell’anticipazione del dolore stesso, portando ad
enfatizzare le risposte emotive (Borsbo, Peolsson, & Gerdle, 2009; Gracely et al., 2004).
Anche i disturbi del sonno sono strettamente correlati alla fibromialgia, tanto che l’American
College of Rheumatology ha incluso sintomi quali sonno non ristoratore, affaticamento,
astenia e insonnia nei criteri diagnostici del 2010 (Roizenblatt, Neto, & Tufik, 2011; Wolfe
et al., 2010). Uno studio portato a termine dalla Clinica Psichiatrica e dall’Unità di
Reumatologia dell’Università di Pisa, ha proposto un modello in cui i disturbi del sonno
giocano un ruolo centrale come “dimensione transdiagnostica” tra i disturbi d’ansia,
dell’umore e la sintomatologia della fibromialgia, in particolare il dolore e la fatica. Poiché
alterazioni del sonno, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, sono correlate
all’iperattivazione dello “stress-system”, incluso il sistema infiammatorio, questo
21
meccanismo potrebbe essere comune ai disturbi mentali, ai disturbi del sonno e alla
sintomatologia dolorosa, spiegando in parte l’alto livello di comorbidità tra essi nei pazienti
fibromialgici (Palagini et al., 2016). In questi pazienti è stata dimostrata la presenza di uno
stato di ipervigilanza generalizzata, dovuta a una attivazione cognitiva e psicologica
dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (HPA) (Roehrs et al., 2013). Un sonno insoddisfacente
ha una relazione reciproca con il dolore (Abad, Sarinas, & Guilleminault, 2008; L. Dell'Osso
et al., 2014; Irwin et al., 2012; Okifuji & Hare, 2011): infatti è sia una conseguenza (Nicassio,
Moxham, Schuman, & Gevirtz, 2002) che una causa o un meccanismo di mantenimento
(Affleck, Urrows, Tennen, Higgins, & Abeles, 1996; Arnold et al., 2005) di una condizione
dolorosa cronica.
La teoria dell’attivazione cognitiva dello stress (Eriksen & Ursin, 2004) potrebbe offrire un
quadro teorico per capire la possibile comorbidità tra dolore/fatica e i disturbi del sonno nella
fibromialgia. La teoria propone che, attraverso l’eccitazione cronica, lo stress, e la mancanza
di sonno ristoratore, esistano cambiamenti nel funzionamento dell’asse HPA e del Sistema
Nervoso Centrale, che portino a una maggiore sensibilità alla stimolazione dolorosa. Ecco
perché i disturbi del sonno potrebbero giocare un ruolo importante nel mantenimento del
dolore cronico nella fibromialgia. Infatti, l’ipervigilanza, vale a dire l’iperattivazione del
sistema dello stress è stata descritta come una caratteristica chiave delle persone affette da
disturbi del sonno (Riemann et al., 2015). Inoltre, ricerche sulla relazione tra l’insonnia e i
disturbi psichiatrici hanno dimostrato che essa è un processo meccanicistico transdiagnostico
correlato all’insorgenza e al mantenimento del Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbo
Bipolare e Disturbi d’Ansia (Dolsen, Asarnow, & Harvey, 2014). Questo tipo di relazione
potrebbe spiegare anche gli effetti negativi sull’umore nei pazienti con fibromialgia (Bigatti,
Hernandez, Cronan, & Rand, 2008; Hamilton et al., 2008). Anche in questo caso, la teoria
dell’attivazione cognitiva dello stress (Eriksen & Ursin, 2004) potrebbe offrire un quadro
teorico per capire le possibili comorbidità tra i disturbi mentali e i disturbi del sonno nella
fibromialgia.
Recenti ipotesi hanno evidenziato che i pensieri ruminativi siano fortemente associati con
il Disturbo Post-Traumatico da Stress, e con alcune delle sue manifestazioni principali, come
l’interruzione del sonno, suggerendo un possibile ruolo delle caratteristiche dello Spettro
Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto in queste relazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016;
L. Dell'Osso et al., 2015). Considerando l’alta incidenza di traumi multipli in individui affetti
22
da fibromialgia, possiamo ipotizzare che le caratteristiche autistiche siano un fattore di
vulnerabilità per i sintomi da stress post-traumatico, insonnia e dolore in questi pazienti
(Palagini et al., 2016), ma questo verrà discusso ampiamente più avanti.
2.2 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD)
2.2.1 Definizione, epidemiologia e comorbidità
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una particolare condizione psicopatologica
che insorge in seguito all’esposizione, sia diretta che venendone a conoscenza, ad
avvenimenti traumatici, portando alla comparsa e alla persistenza, ad almeno un mese di
distanza dall’esposizione stessa, di una costellazione di sintomi clinici che si rivelano essere,
spesso, profondamente invalidanti e tendenzialmente cronici. Qualora tale sindrome si
risolva entro un mese dal momento in cui è avvenuto l’episodio traumatico, bisogna porre la
diagnosi, in base alla nosologia psichiatrica, di Disturbo Acuto da Stress.
Il PTSD si struttura in 4 cluster sintomatologici, rappresentati da sintomi intrusivi
(rievocazione dell’evento traumatico), condotte di evitamento riguardanti situazioni
associate al trauma, ottundimento emotivo ed affettivo e iperarousal, ad esempio sottoforma
di insonnia e ipervigilanza (APA 2013).
Il PTSD si contraddistingue per un andamento tendenzialmente cronico, una risposta alla
terapia farmacologica variabile e spesso parziale, portando ad una compromissione
significativa della qualità di vita, del funzionamento sociale e lavorativo. Si presume che
questo decorso cronico possa essere attribuito al ripresentarsi di vividi pensieri rievocativi,
e al persistere dell’iperarousal che determinano il mantenimento delle alterazioni
psicobiologiche seguenti il trauma; in questo modo viene influenzato negativamente il
ritorno all’omeostasi precedente l’evento (Yehuda et al., 2000).
Diversi studi hanno ricercato le alterazioni neurobiologiche alla base del PTSD,
evidenziando dei cambiamenti su base genetica, biochimica e morfologica. In particolare, le
strutture aventi un ruolo più rilevante risultano essere il sistema noradrenergico nel locus
23
coeruleus, nelle aree limbiche e nella corteccia cerebrale, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il
sistema serotoninergico nella sua componente modulatoria sul locus coeruleus, e il sistema
oppioide endogeno, la cui alterazione sembra causare i sintomi di “numbing”, cioè
l’appiattimento emotivo (Sherin & Nemeroff, 2011). Una ricerca condotta dalla Clinica
Psichiatrica dell’Università di Pisa, ha studiato il livello plasmatico di Brain-derived
Neurotrophic factor (BDNF), che è risultato significativamente inferiore rispetto a quello dei
controlli sani (L. Dell'Osso, Carmassi, Del Debbio, et al., 2009). Il BDNF è una molecola
neurotrofica che ha un ruolo come “stimolatore” della sopravvivenza neuronale e come
regolatore della proliferazione e della differenziazione delle cellule nervose, sia nel Sistema
Nervoso Centrale che Periferico (Hartmann, Heumann, & Lessmann, 2001), i cui livelli sono
state ritrovati inferiori alla norma in alcune patologie psichiatriche, come il Disturbo
Bipolare (Piccinni et al., 2015). Un altro studio interessante ha dimostrato che, nei soggetti
affetti da PTSD, vi sia un livello significativamente inferiore di proteine CREB totali nei
monociti e nei linfociti plasmatici (Martini et al., 2013). Le proteine CREB (cAMP
responsive element binding) sono fattori di trascrizione, attivati da neurotrasmettitori come
serotonina e noradrenalina, che modulano l’espressione genica a livello neuronale e sono
coinvolti in processi complessi quali l’apprendimento, la neuroplasticità e la regolazione
della risposta allo stress. Un’anomalia nella via di trasduzione in cui sono coinvolte le
proteine CREB era già stata osservata nel SNC e nel sangue periferico di pazienti affetti da
depressione o alcolisti.
La prevalenza globale del PTSD ha visto cambiamenti notevoli nel corso degli anni, ma
questo probabilmente è dovuto all’evoluzione dei criteri diagnostici e a differenze nei metodi
di reclutamento. Infatti, la prevalenza lifetime del PTSD, oggi corrispondente a circa l’8 %
della popolazione generale, è andata incontro ad un incremento progressivo rispetto a quanto
era stato descritto sui reduci della guerra del Vietnam. Lo studio National Comorbidity
Survey (NCS), analizzando la popolazione degli Stati Uniti, ha riscontrato tassi di prevalenza
di PTSD lifetime del 7,8%, di cui 5,0% maschi e 10,4 % femmine (Kessler, Sonnega,
Bromet, Hughes, & Nelson, 1995). Circa 10 anni dopo è stata fatta una riedizione dello
studio, dimostrando un leggero calo della prevalenza lifetime del disturbo, che risultava
essere del 6,9 % (Kessler, Berglund, et al., 2005). Per quanto riguarda la popolazione
italiana, i dati dello studio ESEMeD hanno evidenziato una prevalenza globale del PTSD
24
pari al 2,3 % nel corso della vita, quindi sostanzialmente inferiore rispetto a quella riscontrata
negli Stati Uniti (de Girolamo, Alonso, & Vilagut, 2006; de Girolamo et al., 2005). In
particolare, uno studio portato a termine dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa,
esaminando successivamente il campione ESEMeD, ha rilevato che il 56,1 % degli italiani
è stato esposto ad un evento potenzialmente traumatico, con un rischio di PTSD che oscillava
tra il 12,2% per quanto riguarda traumi bellici, allo 0,8% per quanto riguarda la violenza
sessuale (Carmassi et al., 2014). Si può ipotizzare che tale discrepanza sia legata al fatto che
la popolazione italiana è stata esposta in misura minore ad eventi potenzialmente
traumatizzanti, come catastrofi naturali, episodi di delinquenza come aggressioni, stupri e
rapine. I dati europei sono in linea con quelli italiani, confermando le differenze messe in
luce tra la popolazione europea e quella statunitense.
In letteratura abbiamo a disposizione diversi studi su determinati campioni di popolazione,
esposti a specifici eventi traumatici, come catastrofi naturali (alluvioni, incendi, terremoti)
che riportano, come prevedibile, dei tassi di prevalenza di PTSD più elevati rispetto alla
popolazione generale, mostrando un’ampia variabilità in base a fattori quali la gravità,
oggettiva e percepita, dell’episodio a cui erano stati esposti (Basoglu, Salcioglu, & Livanou,
2002; Bodvarsdottir & Elklit, 2004; Cairo et al., 2010; Priebe et al., 2009; W. Wang et al.,
2012). E’ necessario sottolineare che, in tutti gli studi portati a termine, è sempre presente
una percentuale importante del campione in esame la quale, sebbene sia stata esposta ad
trauma, non ha sviluppato PTSD. Aver subito un trauma, quindi, rappresenta una condizione
necessaria ma non sufficiente per la comparsa di questa patologia.
Molti studi effettuati nel corso degli anni hanno individuato alcuni potenziali fattori di
rischio nell’insorgenza del disturbo, quali il sesso, l’etnia, la personalità premorbosa,
l’anamnesi psichiatrica, la gravità dell’evento traumatico e i fattori socioeconomici (Breslau
et al., 1998; L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011). Nel DSM-5, questi fattori di
rischio sono divisi secondo un criterio temporale rispetto al trauma, in pretraumatici
(temperamentali, ambientali, genetici e fisiologici), peritraumatici (ambientali) e posttraumatici (temperamentali e ambientali).
Uno dei fattori di rischio pre-traumatici di maggiore rilevanza sembra essere il sesso
femminile. In generale, è ormai un dato assodato la più frequente incidenza nel genere
25
femminile della maggioranza delle patologie psichiatriche (de Girolamo et al., 2006;
Kessler, Berglund, et al., 2005; Kessler, Chiu, Demler, Merikangas, & Walters, 2005). Per
dimostrare come questo risultato sia indipendente dal fatto che gli eventi traumatici di
maggiore impatto sono pressochè esclusivi del sesso femminile, si pensi a stupro e grave
violenza domestica, sono stati effettuati degli studi sulla prevalenza del disturbo nei due sessi
in seguito ad un medesimo evento traumatico. Le due maggiori ricerche in quest’ottica hanno
utilizzato ampi campioni di adolescenti e giovani adulti sopravvissuti a due dei più gravi
eventi tellurici degli ultimi anni: il terremoto del Sichuan del 2008 e il terremoto de L’Aquila
del 2009. Nel primo studio si è evinta una prevalenza globale della patologia, secondo i
criteri del DSM-IV-TR, del 28,4% su un campione di 1841 soggetti, mostrando una
differenza statisticamente significativa tra maschi (23,8%) e femmine (32,7 %) (W. Wang
et al., 2012). Nello studio italiano invece, le donne sono risultate doppiamente colpite dal
disturbo: su un totale di 512 individui, infatti, è stata evidenziata una prevalenza di PTSD
del 37,5 % (51,7% nelle donne e 27,5 % negli uomini), secondo i criteri del DSM-IV (L.
Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011), e del 39,84 % (54,7 % nelle femmine e 27,5
nei maschi) in base ai criteri del DSM-5 (Carmassi et al., 2013).
Una serie di studi, inoltre, ha messo in evidenza che la giovane età rappresenti un fattore di
rischio importante per lo sviluppo del PTSD, in linea con la maggiore esposizione ad episodi
traumatici, più tipica di questa fascia di età (Ali, Farooq, Bhatti, & Kuroiwa, 2012; Pratchett,
Pelcovitz, & Yehuda, 2010; Punamaki, Komproe, Qouta, El-Masri, & de Jong, 2005). Uno
studio effettuato dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa su un campione di
popolazione colpito dal terremoto di L’Aquila del 2009, ha riconosciuto un legame tra la
giovane età ed un aumentato rischio di PTSD, sebbene tali risultati si riferiscano solo al sesso
femminile e non a quello maschile (L. Dell'Osso et al., 2013; L. Dell'osso et al., 2012). Il
tipo di trauma è variabile in base all’età, essendo più frequente la violenza fisica in una fascia
d’età giovanile, mentre la morte inattesa di una persona cara colpisce più spesso l’età adulta
(Breslau, 2002).
Per quanto riguarda i fattori sociali e culturali, sono stati riportati tassi più elevati di PTSD
nella popolazione latinoamericana e afroamericana statunitense rispetto agli individui
caucasici (Breslau et al., 1998), anche se questi ultimi, in studi precedenti, siano stati ritenuti
a maggior rischio di esposizione ad eventi traumatici (Norris, 1992). Anche i fattori socio-
26
economici quali basso reddito e un modesto livello di scolarità, rappresentano dei fattori di
rischio per l’insorgenza del PTSD (Breslau et al., 1998). Questi risultati sono stati confermati
da una revisione sistematica del 2007 in cui è stato dimostrato che un basso livello socioeconomico, l’appartenenza ad una minoranza razziale e ad una fascia d’età giovane-adulta
erano associati ad un aumentato rischio di esposizione agli eventi traumatici. Inoltre in
questo studio è emerso che gli uomini e le donne differiscono nella tipologia di episodi
traumatici a cui possono andare incontro: gli uomini riferiscono più spesso infortuni,
incidenti ed aggressioni fisiche, le donne più frequentemente violenza fisica (Hatch &
Dohrenwend, 2007). E’ importante il ruolo del supporto sociale, inteso come supporto
familiare
e della comunità, in seguito all’ evento traumatico: se inadeguato, infatti,
contribuisce in maniera significativa allo sviluppo del PTSD (Brewin, Andrews, Rose, &
Kirk, 1999); invece la rete di rapporti interpersonali preesistenti all’esposizione all’evento
traumatico, se sufficiente, rappresenta un fattore protettivo.
Un altro importante fattore predittivo per lo sviluppo di PTSD, dopo aver vissuto
un’esperienza traumatica, è la pregressa comorbidità psichiatrica. In particolare è stato
riscontrato che i soggetti con Disturbo Bipolare, sia conclamato che subclinico, abbiano nella
loro storia clinica una maggiore frequenza di eventi traumatici, ad esempio abusi sessuali in
età infantile (Goldberg & Garno, 2005), e quando esposti tendano a sviluppare il PTSD più
facilmente, anche con un maggior rischio di condotte anticonservative (L. Dell'Osso,
Carmassi, Consoli, et al., 2011; L. Dell'osso, Carmassi, Rucci, et al., 2011; Freeman,
Freeman, & McElroy, 2002; Otto et al., 2004; Pollack et al., 2006; Strawn et al., 2010). Uno
studio ha evidenziato una serie di disturbi psichiatrici, come i Disturbi dell’Umore, il
Disturbo di Personalità Antisociale, l’Agorafobia e le Fobie specifiche come possibili fattori
predisponenti per lo sviluppo del PTSD (Mellman, Randolph, Brawman-Mintzer, Flores, &
Milanes, 1992). La pregressa comorbidità psichiatrica, oltre a costituire un importante fattore
predittivo per l’insorgenza del PTSD, sembra anche influenzarne negativamente la prognosi.
Nello specifico, i disturbi dello spettro panico/agorafobico hanno una stretta correlazione
con il PTSD, con un andamento tendenzialmente cronico e non responsivo alla terapia
(Breslau, Davis, Andreski, & Peterson, 1991; McFarlane & Papay, 1992; Zlotnick et al.,
1999). Anche i tratti di personalità, in particolare le forme di evitamento, antisociali e
borderline, sembrerebbero avere un ruolo significativo nello sviluppo delle caratteristiche
27
del PTSD, per esempio il dominio dell’evitamento sembra essere condizionato in particolare
da una pregressa personalità antisociale o borderline (Dixon-Gordon, Gratz, & Tull, 2013;
Schnurr, Friedman, & Rosenberg, 1993). Alcuni studiosi hanno ipotizzato, recentemente,
che il Disturbo Borderline di Personalità (BPD) non sia altro che una forma cronica e
complessa di PTSD (cPTSD) in quanto vi è una parziale sovrapposizione dei criteri
diagnostici dei due disturbi (Chalavi et al., 2015; Cloitre, Garvert, Weiss, Carlson, & Bryant,
2014; Dell'Osso & Dalle Luche, 2016).
Ritornando alla suddivisione temporale dei fattori di rischio, i fattori peri-traumatici, a
differenza di quelli pre-traumatici, sembrano essere più strettamente correlati al trauma
stesso, e più slegati dalla persona che ha subito il trauma. E’ stato provato, infatti, che alcuni
eventi traumatici, di maggiore impatto, portino più frequentemente alla comparsa del
disturbo, sebbene le caratteristiche cliniche del PTSD non siano particolarmente differenti
in base al tipo di trauma considerato. Si è a lungo discusso circa la definizione di trauma.
Secondo alcuni autori, gli eventi a basso impatto, “low magnitude events”, avrebbero un
ruolo rilevante, anche considerando l’approccio secondo il modello di spettro; in
quest’ottica, la suscettibilità e la vulnerabilità pregressa dell’individuo rappresentano gli
aspetti più importanti nel determinare le conseguenze dell’evento traumatico sulla persona;
altri autori invece, appoggiano una definizione di trauma più restrittiva, sostenuti dal
riscontro epidemiologico che i traumi interpersonali più gravi (stupro, eventi bellici) oltre ad
essere a maggior rischio di sviluppare PTSD, si associano anche a forme più severe dal punto
di vista clinico, spesso con andamento cronico e una prognosi peggiore (Darves-Bornoz et
al., 2008; Favaro, Tenconi, Colombo, & Santonastaso, 2006; Hien & Ruglass, 2009). E’
necessario considerare, anche, in quale misura, intesa come differente gravità, uno stesso
evento traumatico colpisca diverse persone, oltre all’aspetto puramente “qualitativo”. E’
stato dimostrato che anche questa variabile rappresenti un importante fattore predittivo per
lo sviluppo del PTSD. Un altro studio sul terremoto dell’Aquila, ad esempio, ha messo in
evidenza una forte correlazione positiva tra la distanza dall’epicentro e la possibilità di
sviluppare forme conclamate di PTSD (L. Dell'Osso et al., 2013).
I fattori di rischio post-traumatici per lo sviluppo del Disturbo Post-Traumatico da Stress,
comprendono sia i fattori ambientali, di ordine socio-demografico e parzialmente
sovrapponibili ai fattori pre-traumatici visti in precedenza, che individuali. Questi ultimi
28
sono dati principalmente dai processi di coping, ovvero l’insieme delle strategie cognitive e
comportamentali messe in atto per fronteggiare le situazioni stressanti. E’ stato dimostrato
che esse influenzano non solo l’insorgenza del PTSD ma anche alcune delle sue complicanze
successive, come il suicidio (Ghorbani, Dolatian, Shams, Alavi-Majd, & Tavakolian, 2014;
Krause, Kaltman, Goodman, & Dutton, 2008; Stoppelbein, Greening, & Wells, 2013).
Tutti questi fattori si mescolano tra loro risultando in una grossa variabilità interindividuale
nell’andamento clinico del Disturbo Post-Traumatico da Stress. Negli individui esposti ad
un evento traumatico si riscontra frequentemente, ma non sempre, un quadro
sintomatologico
caratterizzato
da
sintomi
dissociativi,
alterazioni
psicomotorie,
comportamento disorganizzato e talvolta paranoia. Quando presenti, questi sintomi spesso
si inseriscono in un contesto di Disturbo da Stress Acuto e di solito tendono a risolversi entro
un mese. Qualora persistano invece, come accade in una percentuale variabile, ma
significativa, di persone, portano allo sviluppo di un vero e proprio PTSD (Javidi &
Yadollahie, 2012). Una volta presentatosi, l’andamento clinico del PTSD è variabile: nella
maggior parte dei casi tende dal avere un decorso fluttuante nel medio/lungo termine più o
meno evidente, con periodi di remissione intervallati da riesacerbazioni; raramente
regredisce dopo un periodo più o meno lungo e, meno frequentemente, assume un andamento
ingravescente che si associa ad un grave disfunzionamento nel lungo termine con un
importante impatto sulla qualità della vita e con un più alto rischio suicidario (L. Dell'osso,
Carmassi, Rucci, Ciapparelli, et al., 2009; Marshall et al., 2001).
Un grosso studio è stato portato a termine recentemente, in cui è stata stimata la prevalenza
ed esaminate le correlazioni sociodemografiche di un’ampia gamma di eventi traumatici in
un campione combinato di 68894 persone distribuiti in 6 continenti e appartenenti a 24 paesi
diversi, cercando di individuare i fattori predittivi di esposizione ad un evento traumatico,
ad esempio un precedente episodio traumatico, che possano orientare a degli interventi
preventivi (Benjet et al., 2016). Quello che è emerso è che: oltre il 70 % degli intervistati ha
riferito almeno un evento traumatico, quattro o più nel 30,5 % del campione ; cinque eventi
traumatici (essere testimoni di una morte, morte improvvisa di una persona cara, essere
aggrediti, fare un grave incidente d’auto ed essere colpiti da una malattia grave) hanno
rappresentato oltre la metà di tutti quelli riferiti; l’esposizione varia in base al paese, alle
caratteristiche sociodemografiche e a una storia di precedenti eventi traumatici, che
29
rappresenta un rilevante fattore di rischio per una successiva esposizione, in linea con studi
precedenti (Sledjeski, Speisman, & Dierker, 2008), sebbene questa associazione dipenda dal
tipo di evento traumatico subito. In particolare è emerso che una storia di violenza
interpersonale rappresenti una fattore di rischio per episodi successivi di aggressione fisica
e sessuale, confermando alcuni studi precedenti sull’essere vittime di molteplici episodi di
questo tipo (Rich, Gidycz, Warkentin, Loh, & Weiland, 2005; Testa, VanZile-Tamsen, &
Livingston, 2007). Ci sono diverse ipotesi interessanti per spiegare questa associazione. Da
un lato, le conseguenze psicologiche di subire una violenza possono incrementare la
vulnerabilità a futuri eventi traumatici. Per esempio è stato suggerito che gli autori di questi
gesti prendano di mira proprio chi è psicologicamente “fragile”, vale a dire chi ha una bassa
autostima, è socialmente isolato o si sente impotente (Grauerholz, 2000). Ci sono anche delle
prove dimostranti che una sorta di “paralisi psicologica” e comportamenti rischiosi in
soggetti che hanno subito abusi sessuali, possano contribuire al rischio di subire nuovamente
un evento di questo tipo, a causa di una diminuita capacità di essere risoluti nel rifiutare
proposte sessuali (Ullman, Najdowski, & Filipas, 2009). Dall’altro lato, alcune
caratteristiche individuali, quali l’impulsività o comportamenti rischiosi come l’abuso di
alcolici, possono più facilmente aumentare il rischio di multipli eventi traumatici come
incidenti, ferite o relazioni violente (Bogstrand, Gjerde, Normann, Rossow, & Ekeberg,
2012; Foran & O'Leary, 2008; Vingilis & Wilk, 2007). Analogamente, fattori ambientali,
come vivere in un quartiere pericoloso, aumenta il rischio di essere aggredito o violentato,
oppure le zone di guerra rendono più probabili eventi traumatici come vedere dei corpi morti,
essere testimoni di atrocità e perdere persone care. Inoltre per quanto riguarda i fattori
sociodemografici, diversamente da uno studio precedente (Hatch & Dohrenwend, 2007) che
aveva riportato una più frequente esposizioni ad eventi traumatici in gruppi economicamente
e culturalmente svantaggiati, è emerso che un’associazione tra il livello di educazione e
l’esposizione varia in base al tipo di evento traumatico. Per esempio i soggetti con un più
basso livello culturale hanno un maggior rischio di causare o essere testimoni di ferite e
violenza personale, forse per la loro maggiore attitudine a far parte del servizio militare,
incidenti e sfortuni, rispetto ad altri nello stesso paese, ma meno esposti ad esempio ad
episodi di violenza collettiva. Il risultato più consistente e meno sfumato che è emerso da
questo grosso studio è che essere sposati, escludendo una situazione di convivenza in una
relazione simil-matrimoniale, rappresenti un fattore protettivo contro i potenziali eventi
30
traumatici. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che le persone sposate passano meno
tempo fuori casa e in ore tardive, non accompagnati, e in situazioni potenzialmente
pericolose (ad esempio feste, bar) rispetto a quelli non sposati. Per quanto riguarda la
violenza sessuale, un dato interessate mostrato da questo studio è che i differenti tassi di
prevalenza riscontrati tra i vari paesi sono dovuti a una combinazione di fattori culturali che
riguardano la predisposizione individuale al rivelare determinati episodi, e ad etichettare
queste esperienze come “stupro” o “contatto sessuale inappropriato/indesiderato” a causa
delle differenze nella percezione dell’autonomia sul proprio corpo e nel diritto di negare
avances sessuali. Coerentemente con quanto detto, i risultati hanno mostrato che la violenza
sessuale è riferita più spesso in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, in linea con due
recenti pubblicazioni (Abrahams et al., 2014; Stoltenborgh, van Ijzendoorn, Euser, &
Bakermans-Kranenburg, 2011). Poiché la violenza interpersonale, riguardante soprattutto
eventi vissuti durante l’infanzia, sembra avere la più forte correlazione con una successiva
esperienza traumatica, gli autori dello studio concludono che interventi preventivi precoci,
basati su un approccio familiare, potrebbero essere utili per prevenire una nuova esposizione
ad un evento traumatico, anche se sarebbero necessari ulteriori studi per comprendere meglio
i meccanismi sottostanti.
2.2.2 Evoluzione dei criteri diagnostici: dal DSM-IV al DSM-5
Con la pubblicazione del DSM-III è stato definito, per la prima volta, il disturbo PostTraumatico da Stress (APA 1980), nonostante descrizioni di quadri psicopatologici, con
caratteristiche molto simili a quelle dell’attuale PTSD, erano già state riferite a soldati della
Prima e Seconda Guerra Mondiale. In particolare, a seguito della guerra del Vietnam la
prevalenza delle sindromi post-traumatiche da stress, inizialmente denominate “Sindromi
Post-Vietnam” iniziò ad emergere con ampie proporzioni, portandosi all’attenzione della
comunità scientifica, fino alla sua definizione con l’avvento del DSM-III (Figley, 1978).
La diagnosi di PTSD nel DSM-III si fondava sul Criterio A (l’evento stressante è
riconoscibile come una causa che “evocherebbe significativi sintomi di malessere in quasi
tutti gli individui”). Gli episodi traumatici devono essere riconoscibili come qualcosa che
vada “al di fuori della normale esperienza di un essere umano”, come la guerra o lo stupro.
31
Inoltre, deve esserci la positività per 12 sintomi, suddivisi in tre criteri sintomatologici: il
Criterio B (sintomi di rievocazione), il Criterio C (sintomi di ottundimento affettivo) e il
criterio D (miscellanea). Nella revisione del 1987 del DSM-III, è stato inserito il concetto di
“reazione peri-traumatica”, intesa come uno condizione di forte paura, terrore o senso di
impotenza, che il soggetto prova durante l’esposizione al trauma. Inoltre, si iniziò a
considerare come potenzialmente traumatici anche i traumi subiti da persone care, di cui
l’individuo stesso sia venuto a conoscenza (Friedman, Resick, Bryant, & Brewin, 2011).
Con la pubblicazione del DSM-IV (APA 1994) si eliminò la necessità di “un evento
stressante riconoscibile che evocherebbe significativi sintomi di malessere in quasi tutti gli
individui” e si suddivise il criterio A in due componenti, una puramente oggettiva e l’altra
soggettiva, denominate rispettivamente A1 (eventi traumatici) e A2 (reazione peritraumatica), strutturando meglio i concetti già enunciati nel DSM-III.
Fino al 2013, i criteri diagnostici di riferimento rimasero quelli del DSM-IV-TR (APA 2000)
che includeva, oltre ai criteri A1 e A2 del DSM-IV, altri 17 sintomi per la diagnosi di PTSD
suddivisi in sintomi da rievocazione (criterio B), da evitamento o ottundimento affettivo
(criterio C) e da incremento dell’arousal (criterio D).
Nel 2013, con la pubblicazione del DSM-5 (APA 2013) il PTSD è passato dall’ampio
capitolo dei disturbi d’ansia, in cui era inserito, ad un capitolo appositamente dedicato:
“Trauma e disturbi Stress-correlati” (Friedman, Resick, Bryant, Strain, et al., 2011) e, inoltre
sono stati modificati alcuni criteri diagnostici. Le differenze più rilevanti da evidenziare nel
passaggio dal DSM-IV-TR al DSM-5 sono: la ridefinizione del criterio A, con l’eliminazione
del criterio A2 (“sensazione di paura intensa, impotenza, orrore esperiti durante l’esperienza
traumatica”), in quanto ritenuto di difficile valutazione, soprattutto a distanza di tempo, e
l’introduzione del criterio A4 (“fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a
dettagli crudi dell’ evento/i traumatici”); la ridefinizione degli eventi traumatici possibili,
escludendo gli eventi “a basso impatto” e la suddivisione del criterio C del DSM-IV-TR nei
criteri C (condotte di evitamento) e criterio D (alterazioni negative nella cognitività e
nell’umore) del DSM-5. Inoltre, al nuovo criterio D sono stati aggiunti due nuovi item
sintomatici: una senso di colpa persistente e distorto verso se stessi o altri (D3) e uno stato
emotivo negativo pervasivo (D4). I comportamenti maladattativi o autodistruttivi sono stati
32
inclusi nel criterio E, corrispondente al precedente criterio D del DSM-IV (sintomi da
aumento dell’arousal). Per quanto riguarda il criterio temporale (criterio F), viene meno la
differenza tra PTSD Acuto e Cronico, ma per diagnosticare un Disturbo Post-Traumatico da
Stress è necessario che i sintomi siano presenti per almeno un mese, altrimenti si parla di
Disturbo da Stress Acuto.
Nel complesso siamo di fronte a questo quadro:

CRITERIO A: Una persona è stata esposta a uno o più eventi che hanno implicato
morte o minaccia di morte, gravi lesioni, o violenza sessuale in uno o più dei seguenti
modi:
1. L’evento è stato vissuto dalla persona;
2. La persona ha assistito all’evento che ha colpito qualcun altro;
3. La persona è venuta a conoscenza di un evento che ha colpito un parente stretto
o un amico. Nel caso in cui l’evento sia rappresentato da morte o minaccia di
morte, questo deve essere avvenuto in maniera violenta od accidentale;
4. La persona ha subito un’esposizione estrema o ripetuta a dettagli angoscianti di
un evento (es., primo soccorritore che ha dovuto raccogliere resti umani; agente
di polizia esposto ripetutamente a dettagli su abusi di minori).

CRITERIO B: la persona presenta almeno uno dei seguenti sintomi intrusivi legati
all’evento traumatico che compaiono successivamente all’esposizione all’evento
stesso:
1. Ricordi spiacevoli, ricorrenti, involontari ed intrusivi dell’evento traumatico;
2. Sogni spiacevoli ricorrenti il cui contenuto e/o il significato sono correlati
all’evento traumatico;
3. Reazioni dissociative (ad es. flashbacks) in cui la persona agisce o si sente come
se l’evento traumatico si stesse ripresentando;
4. Malessere psicologico intenso e prolungato all’esposizione a stimoli interni o
esterni che rappresentano o simboleggiano un qualche aspetto dell’evento
traumatico;
5. Marcata reattività fisiologica all’esposizione a stimoli interni o esterni che
rappresentano o simboleggiano un qualche aspetto dell’evento traumatico;
33

CRITERIO C: evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico,
che compare a seguito dell’esposizione all’evento stesso, come dimostrato da almeno
uno tra:
1. Evitamento di ricordi, sentimenti o sensazioni spiacevoli che riguardano o sono
strettamente associati all’evento traumatico;
2. Evitamento di stimoli esterni (persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti,
situazioni) che rievocano ricordi, sentimenti o sensazioni spiacevoli che
riguardano o sono strettamente associati all’evento traumatico;

CRITERIO D: alterazioni negative nella cognitività o nell’umore associate
all’evento traumatico che compaiono o peggiorano a seguito dell’evento traumatico
come evidenziato da almeno due tra:
1. Incapacità di ricordare un aspetto importante dell’evento traumatico (tipicamente
amnesia dissociativa, e non determinata da altri fattori come traumi cranici,
alcool o droghe);
2. Giudizi ed aspettative esageratamente negativi verso se stesso, gli altri o il mondo
(ad esempio “sono una cattiva persona”, “non posso fidarmi di nessuno”, “il
mondo è un posto pericoloso”, “il mio sistema nervoso è rovinato per sempre”);
3. Pensieri persistenti e distorti riguardo le cause o le conseguenze dell’evento
traumatico che portano la persona a provare vergogna per se stesso o altri;
4. Stato emotivo negativo persistente (ad es. paura, orrore, rabbia, colpa o
vergogna);
5. Marcata diminuzione dell’interesse o della partecipazione ad attività
significative;
6. Sentimenti di distacco ed estraneità verso gli altri;
7. Incapacità persistente di sperimentare emozioni positive (ad es. incapacità di
provare gioia, soddisfazione o sentimenti d’amore);

CRITERIO E: alterazioni significative nell’arousal e nella reattività associate
all’evento traumatico, che compaiono o peggiorano a seguito dell’evento stesso,
come testimoniato da due o più dei seguenti:
34
1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia, spontanee o a seguito di
minime provocazioni, espresse tipicamente attraverso l’aggressione verbale o
fisica verso cose o persone;
2. Comportamenti impulsivi od autodistruttivi;
3. Ipervigilanza;
4. Esagerate risposte di allarme;
5. Difficoltà di concentrazione;
6. Disturbi del sonno.

CRITERIO F: i sintomi precedenti persistono per almeno un mese.

CRITERIO G: i sintomi comportano un disagio significativo e/o interferiscono
pesantemente con l’adattamento sociale, lavorativo o di altre importanti aree di
funzionamento.
Questa revisione del manuale di riferimento ha portato a tutta a una serie di effetti
sull’epidemiologia del PTSD e sul suo inquadramento clinico e diagnostico. Riguardo tale
argomento, una delle ricerche più interessanti, data la consistenza significativa del campione,
è uno studio retrospettivo su un gruppo di 512 adolescenti sopravvissuti al terremoto
dell’Aquila nel 2009 (Carmassi et al., 2013). E’ stata infatti confrontata la prevalenza del
PTSD secondo i criteri diagnostici di entrambe le versioni del DSM e analizzato l’effetto dei
nuovi item diagnostici D3, D4 ed E2, utilizzando come strumento di valutazione il Trauma
and Loss Spectrum-Self Report, un questionario strutturato in 116 domande e concepito
appositamente per inquadrare dal punto di vista diagnostico l’intero Spettro Post-Traumatico
da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Il 37,5 % dell’intero
campione rispondeva pienamente ai vecchi criteri diagnostici, mentre la prevalenza
complessiva del disturbo è risultata essere del 39,84 % secondo i criteri del DSM-5, con una
concordanza complessiva dell’87,11 % fra i due gruppi. In particolare, 39 persone (19,1%)
che avevano soddisfatto i criteri più recenti, non soddisfacevano quelli del DSM-IV-TR e,
più nello specifico, la maggioranza non rispondeva al criterio C della vecchia edizione.
Invece, 27 soggetti (14%) fra le 192 persone che, in base al DSM-IV rientravano nel quadro
di PTSD, non rispondevano ai criteri fissati dal DSM-5, in particolare non soddisfacevano il
nuovo criterio C, che coincideva con le condotte di evitamento. Inoltre 7 (3,44%) e 151
(74%) individui inquadrati come PTSD erano positive agli item D3 o D4 rispettivamente,
35
invece quasi il 14% li soddisfaceva entrambi; più di 1/3 dei soggetti affetti da PTSD
conclamato soddisfaceva l’item E2, riferito ai comportamenti impulsivi o autodistruttivi. Il
32,84 % dei positivi cioè 67 persone, rispondeva alla presenza di almeno uno dei 3 sintomi
introdotti con l’ultima edizione del DSM-5, e pertanto poteva essere inquadrato come PTSD
franco.
2.2.3 PTSD sottosoglia e lo Spettro Post-Traumatico da Stress
Vari studi hanno evidenziato che, una gran parte di soggetti che ha subito un trauma, non
soddisfi pienamente i criteri del DSM per la diagnosi di PTSD, nonostante sia comunque
affetta da un profondo malessere soggettivo e compromissione significativa della sfera
sociale e/o lavorativa (Hepp et al., 2006; Lai, Chang, Connor, Lee, & Davidson, 2004;
Marshall et al., 2001). Proprio per questo è stato introdotto il concetto di PTSD parziale
(partial PTSD) o sottosoglia (“subthreshold” o “subsyndromal”). Con le diverse edizioni
del DSM, c’è stata una profonda evoluzione nel concetto di PTSD parziale. In accordo con
i criteri del DSM-IV-TR, per diagnosticare il PTSD parziale era necessario soddisfare i
criteri A e B e uno tra i criteri C e D, con la presenza di almeno un sintomo appartenente al
criterio non soddisfatto, per altri autori, invece, bisognava soddisfare il criterio A e soltanto
due su tre criteri sintomatologici. In base a quali criteri si utilizzavano, quindi, vi era una
grossa variabilità nella prevalenza delle forme di PTSD parziale o sottosoglia (Breslau,
Lucia, & Davis, 2004; Mylle & Maes, 2004). Lo studio World Mental Health Survey
dell’Organizzazione mondale della sanità ha introdotto il concetto di PTSD sottosoglia, in
base ai nuovi criteri diagnostici del DSM-5. In particolare, utilizzando un vastissimo
campione di 24.000 persone sottoposte ad un evento traumatico, è stato ridefinito in modo
più appropriato il PTSD sottosoglia: era necessaria la presenza di almeno un sintomo
appartenente a tutti e 4 i domini B-E, oppure la presenza di 3 criteri positivi su 4 (ad esempio
B, C e D), oppure la presenza di 2 criteri positivi su 4 (per esempio B e C) o, di 1 criterio
positivo su 4 (ad esempio solo B) (McLaughlin et al., 2015). Inoltre è stato osservato che, in
base al tipo di evento stressogeno subito, vi è una grossa variabilità nella prevalenza del
PTSD e del PTSD sottosoglia; in particolare le forme sottosoglia si sviluppano più spesso in
36
seguito ad eventi che accadono ad una persona amata, mentre le forme di PTSD franco
riguardano più spesso episodi di violenza personale (McLaughlin et al., 2015). Nonostante i
risultati ottenuti da questo grosso studio, gli autori stessi affermano che sia necessaria una
più precisa definizione diagnostica del PTSD sottosoglia, e propongono che il PTSD
dovrebbe essere considerato in presenza, contemporaneamente, di 2 o 3 domini
sintomatologici principali del DSM-5.
L’Introduzione del concetto di Spettro, uno dei maggiori contributi della clinica universitaria
pisana all’attività clinica e di ricerca in ambito psichiatrico, ha consentito, in parte, di
superare queste problematiche. Presso la Clinica Psichiatrica dell’Università degli Studi di
Pisa, in collaborazione con i ricercatori della Columbia University di New York (Shear MK,
Endicott J) del Western Psychiatric Institute and Clinic dell'Università di Pittsburgh (Frank
E, Kupfer DJ) e dell'Università della California S. Diego (Maser J), è stato proposto un
nuovo modello di approccio al PTSD: lo Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso,
Carmassi, Massimetti, et al., 2011; L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009;
L. Dell'osso et al., 2008). Il concetto di “Spettro” prevede che la sintomatologia, di
qualunque tipo di disturbo psichiatrico, non debba necessariamente rispondere a una sorta di
codice binario (assente/presente), come avviene nella maggior parte dei manuali diagnostici
e statistici, ma possa invece collocarsi lungo un continuum di alterazioni psicopatologiche.
Viene cioè espressa una continuità tra il disturbo psichiatrico conclamato e i tratti
temperamentali e le modalità di comportamento, che collega le forme atipiche, attenuate e
sottosoglia (talora espressione di tratti stabili di personalità) al disturbo conclamato previsto
dal DSM (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008;
Moreau & Zisook, 2002). Secondo il modello di Spettro Post-Traumatico da Stress, il
termine trauma si associa ad un’ampia gamma di eventi, che vanno da traumi estremi che
comportano minaccia di morte propria o altrui, a episodi della vita meno gravi ma comunque
per alcuni soggetti ugualmente traumatici, severi e disfunzionali, che necessitano di essere
inquadrati dal punto di vista diagnostico ed, eventualmente, trattati terapeuticamente. Il
termine “trauma”, quindi, può assumere diversi significati in base al tipo di evento, quando,
come e chi colpisce (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Un campo
molto importante in cui tale approccio trova impiego è, ad esempio, quello dei disturbi
dell’umore (L. Dell'Osso et al., 2002).
37
Ma ancor di più tale modello si addice al PTSD, che non è stato ancora inquadrato nella sua
complessità, a causa dei continui cambiamenti dei criteri diagnostici nel corso degli anni,
soprattutto se consideriamo che il DSM-5 ha ampliato il criterio A includendo come episodio
traumatico anche il solo venire a conoscenza di un evento (APA 2013).
Molti autori sostengono che un fattore imprescindibile che caratterizza lo Spettro delle
Sindromi Post-Traumatiche da Stress sia rappresentato dalla entità dell’episodio traumatico.
L’esposizione diretta a conflitti militari rappresenterebbe, ad esempio, uno degli eventi
traumatici più significativi per lo sviluppo di una forma grave di PTSD e con decorso cronico
(Prigerson, Maciejewski, & Rosenheck, 2001; Solomon & Mikulincer, 2006).
Recentemente però è stato evidenziato che si poteva sviluppare un quadro sintomatologico
comparabile con quello del PTSD anche in seguito a traumi di minori entità, come ad
esempio aborto, divorzio, rottura di relazioni sentimentali o di amicizie importanti, trasloco,
cambiamenti e fallimenti ripetuti nella scuola o nel lavoro, gravi e frequenti discussioni in
famiglia, molestie psicologiche, avances sessuali indesiderate, denunce o azioni disciplinari,
arresto, furti in casa o scippi. Si è cercato di sottolineare, quindi, quanto sia importante
l’impatto soggettivo di questi eventi, definiti “low magnitude”, sull’individuo (Avina &
O'Donohue, 2002; Moreau & Zisook, 2002; Olde, van der Hart, Kleber, & van Son, 2006;
Olff, Koeter, Van Haaften, Kersten, & Gersons, 2005; Zatzick, Russo, & Katon, 2003).
Nonostante ciò, nel DSM-5 non sono stati inclusi gli eventi “a basso impatto” nella categoria
di eventi che potevano potenzialmente far insorgere un PTSD. Tale struttura rigida, da una
parte risultava adeguata a mantenere una maggiore omogeneità diagnostica globale,
dall’altra poneva la necessità di utilizzare il modello di Spettro per una maggiore
corrispondenza con la realtà quotidiana e con il confronto con i pazienti. Ecco che
l’introduzione dello Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci,
Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008) come nuovo modo di approcciarsi al
PTSD ha permesso in parte di risolvere queste problematiche.
Per “Spettro” si indica un approccio multidimensionale al PTSD, costituito dalla natura degli
eventi potenzialmente traumatici, inclusi gli eventi “low magnitude”, la reazione acuta o
peri-traumatica e la dimensione dei sintomi post-traumatici, ponendo attenzione alle
condizioni sottosoglia e ai tratti temperamentali e di personalità come fattori di rischio per
lo sviluppo del disturbo. Per valutare lo Spettro Post-Traumatico è stato sviluppato,
nell’ambito dello “Spectrum Project” e validato, dal Dipartimento di Psichiatria
38
dell’Università di Pisa, un questionario apposito: il Trauma and Loss Spectrum-Self Report
(TALS-SR) (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Il questionario indaga
lo stress post-traumatico, correlato con la suscettibilità agli eventi di perdita e traumatici che
determinano l’insorgenza dei sintomi tipici, dissociativi, di rievocazione, di evitamento e
comportamenti maladattativi a lungo termine. Esso studia anche la vulnerabilità al lutto e
agli altri eventi di perdita (Dell’Osso e Dalle Luche 2015).
Questo strumento, nonostante sia auto-somministrato, rispecchia un vero e proprio colloquio
clinico in quanto la prima parte si riferisce ad esperienze e sentimenti comuni, per poi
arrivare alle caratteristiche che costituiscono il core sintomatologico del disturbo (L.
Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009).
Un aspetto innovativo del modello di Spettro sta nel fatto che i sintomi e i tratti inclusi nella
valutazione possono verificarsi in modo isolato, invece che essere parte di una sindrome
clinica temporanea. Come è già stato ampiamente discusso, alcune ricerche hanno mostrato
che le caratteristiche dello Spettro sono associate a un notevole disfunzionamento e risposta
tardiva al trattamento (Frank et al., 2002) e che i sintomi sottosoglia potrebbero predire
l’insorgenza di disordini conclamati anche in pazienti non psichiatrici (L. Dell'Osso et al.,
2007).
2.3. Fibromialgia e PTSD: quale rapporto?
La fibromialgia è considerata una sindrome reumatologica, che ruota intorno alla sensazione
somatica di dolore, mentre il PTSD nasce nel campo della clinica psichiatrica e sembrerebbe
essere una risposta emozionale e psico-patologica a stimoli puramente ambientali.
Nonostante sembrino due origini apparentemente disparate, è stata messa in evidenza una
correlazione tra le due patologie, sia dal punto di vista epidemiologico che clinico e
fisiopatologico (Ablin, Cohen, Neumann, Kaplan, & Buskila, 2008).
Moltissimi studi hanno descritto una maggiore frequenza della fibromialgia tra i pazienti con
PTSD, i quali presentavano un quadro sintomatologico più grave, con astenia, dolore,
invalidità e una peggiore qualità di vita (Amir et al., 1997). In uno studio del 2002 (Cohen
et al., 2002) è stata applicata una valutazione clinica strutturata di esposizione al trauma e
PTSD a un gruppo di pazienti con fibromialgia, rilevando una notevole percentuale (il 57%)
39
di pazienti che abbracciava i criteri per il PTSD. Risultati analoghi erano stati riportati già
in precedenza (Sherman et al., 2000). In un altro studio (Raphael, Natelson, Janal, & Nayak,
2002) è stato studiato lo sviluppo del PTSD tra gli abitanti di New York e del New Jersey
esposti agli attacchi terroristici dell’11 settembre, ponendo attenzione alle donne che
avevano riferito sintomi suggestivi di fibromialgia in un sondaggio telefonico condotto
prima degli attacchi: le probabilità di sviluppare PTSD erano tre volte superiori in queste
donne, dimostrando una relazione tra la fibromialgia e la reazione al trauma e allo stress.
Tutti questi risultati sembrano indicare una chiara associazione tra PTSD e fibromialgia,
sebbene quale delle due sia causa o conseguenza non è ancora chiaro (Sherman et al., 2000).
Rimanendo su questo tema, questa patologia è spesso stata descritta come innescata da eventi
traumatici, sia fisici che emotivi, portando all’evoluzione del concetto di “Fibromialgia posttraumatica” (Waylonis & Perkins, 1994; Wolfe, 1994). In particolare, alcuni studi hanno
descritto sia la fibromialgia (McLean, Clauw, Abelson, & Liberzon, 2005; McLean,
Williams, & Clauw, 2005) che il PTSD (Blanchard et al., 1996; Green, McFarlane, Hunter,
& Griggs, 1993) come conseguenza di incidenti automobilistici
Gli eventi traumatici sono stati fortemente associati all’insorgenza ed esacerbazione della
malattia, nonché predisponenti a più alti livelli di disagio e disabilità funzionale tra i pazienti.
In uno studio comparativo è stato mostrato che i pazienti con fibromialgia avevano un tasso
di prevalenza lifetime significativamente più alto di tutti i tipi di eventi traumatici sia nell’età
adulta che in quella giovanile, rispetto ai pazienti con Artrite Reumatoide (Walker et al.,
1997). Esperienze di aggressione fisica nell’età adulta hanno mostrato una forte e specifica
relazione con il dolore inspiegato. La gravità del trauma è stata correlata in modo
significativo con il grado di disabilità fisica, problemi psichiatrici, andamento della malattia
e qualità del sonno nei pazienti fibromialgici, ma non in quelli con Artrite Reumatoide.
Uno studio (Bennett, 1993) ha messo in luce che i sintomi della fibromialgia, qualora si
verifichino, siano in grado di svilupparsi fino a 18 mesi dall’evento traumatico. Uno studio
più recente, invece, ha dimostrato che in circa il 66% dei soggetti l’evento traumatico e il
PTSD erano precedenti all’insorgenza della sintomatologia della fibromialgia, nel 30%
erano conseguenti e nel 4% erano concomitanti ad essa (Hauser et al., 2013). Inoltre, è stato
dimostrato che episodi traumatici e/o fattori di stress durante il corso della vita
predispongano i soggetti sia alla fibromialgia che a disturbi d’ansia e dell’umore. Infatti,
nello studio del 2002 (Cohen et al., 2002) i pazienti con fibromialgia e PTSD soffrivano di
40
Disturbi di Ansia e Depressione in misura maggiore rispetto a quelli con fibromialgia ma
senza PTSD. Tuttavia, è importante notare che questi ultimi comunque superavano i livelli
di cut-off di ansia e depressione nelle scale utilizzate (HAM-D, The Hamilton Depression
Rating Scale e HAM-A, The Hamilton Anxiety Rating Scale). Questo ha sollevato la
questione se il dolore o la natura cronica della malattia e la disabilità che ne consegue
producano una sorta di depressione “reattiva”, o viceversa. Non meno importante notare che
il disagio psicologico nei pazienti con fibromialgia appare all’incirca nello stesso momento
dei sintomi (Cohen et al., 2002). Ad oggi, l’ipotesi più accreditata afferma che l’esposizione
ad un trauma costituisca l’elemento scatenante la sintomatologia nei soggetti predisposti
geneticamente, in particolare eventi traumatici precoci possono influenzare i circuiti
cerebrali di modulazione del dolore e delle emozioni determinando l’aumentata risposta al
dolore e i sintomi concomitanti, riferiti dai pazienti con fibromialgia (L. A. Bradley, 2008;
Crofford, 2007; Schweinhardt et al., 2008).
In varie ricerche è stato osservato come alcuni aspetti nella fisiopatologia del PTSD si
sovrappongano a quelli della fibromialgia, ad esempio bassi livelli di cortisolo urinario,
indicativo di un adattamento dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene a una condizione di stress
cronico (Yehuda et al., 1990), con risultati simili a quelli ottenuti in pazienti fibromialgici
(Crofford, 1998); una disfunzione serotoninergica (Davis, Suris, Lambert, Heimberg, &
Petty, 1997) confermata dal fatto che gli antidepressivi, ad esempio gli inibitori del re-uptake
della serotonina (SSRI), mostrano un beneficio clinico sia nel trattamento della fibromialgia
(O'Malley et al., 2000) che del PTSD (Davidson, Weisler, Malik, & Connor, 1998). Inoltre
è stata riscontrata un’elevata attività del sistema adrenergico in entrambi i disordini
(Southwick et al., 2003; S. Wang et al., 1997) (Martinez-Lavin, 2004). Vi è anche una
sovrapposizione della prevalenza del genere: la fibromialgia colpisce le donne più
frequentemente degli uomini, con un tasso approssimativamente del 7% nelle donne tra i 70
e i 79 anni (Wolfe et al., 1990); il PTSD è anche più frequente nel sesso femminile,
sviluppandosi nel 20% delle donne e nell’8% degli uomini esposti ad eventi traumatici (M.
B. Stein, Walker, & Forde, 2000). Simili alterazioni neuroendocrine sono state coinvolte
nella patogenesi della fibromialgia e del PTSD. Una perturbazione del sistema circadiano
potrebbe contribuire alla loro eziologia. In particolare, una secrezione irregolare della
melatonina, ormone pineale, nonché un importante fattore che sincronizza il sistema
autonomo circadiano, potrebbe portare, sia a disturbi del sonno che a una sintomatologia
41
dolorosa diffusa (Dagan, 2002; Mayo et al., 2005). E’ stato riconosciuto che la melatonina
abbia un’azione analgesica legandosi a recettori che aumentano il rilascio di β-endorfina
(Dagan, 2002). La melatonina è strettamente influenzata dai neurotrasmettitori. La sua
struttura chimica è simile a quella della serotonina, e diversi sistemi neuronali prendono
parte alla sua regolazione, come l’acido γ-amminobutirrico, che è coinvolto nelle funzioni
comportamentali. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se la fibromialgia, il PTSD, gli
antidepressivi, le benzodiazepine e i disturbi del sonno siano strettamente associati (AcunaCastroviejo, Escames, & Reiter, 2006; Citera et al., 2000; von Bahr et al., 2000). Integrazioni
con melatonina hanno dato risultati incoraggianti, come alleviazione del dolore e
miglioramento dei disturbi del sonno, nei pazienti fibromialgici (Citera et al., 2000).
Queste alterazioni analoghe nei due disordini forse potrebbero suggerire un’origine comune,
riflettendo differenti aspetti di comportamento adattativo e di somatizzazione in risposta a
un evento traumatico. Una delle interpretazioni più recenti è che non si tratterebbe di una
semplice comorbidità tra PTSD e fibromialgia, ma che esse rappresentino una differente
espressione clinica in reazione ad un episodio traumatico. In parole più semplici,
l’esperienza traumatica porterebbe, in alcuni individui (i pazienti fibromialgici) allo sviluppo
di sintomi somatici, come il dolore fisico, e in altri (i pazienti con PTSD) a disturbi
psichiatrici. Questa ipotesi avrebbe senso soprattutto considerando che i sintomi fisici sono
più “accettati”, dal punto di vista socio-culturale, rispetto ai sintomi emotivi e mentali. Sotto
quest’ottica, quindi, la fibromialgia rappresenterebbe una espressione fisica delle turbolenze
psicologiche, cioè una forma somatizzata di PTSD (Cohen et al., 2002).
Uno studio portato a termine dal Dipartimento di Psichiatria e il Dipartimento di Medicina
Interna, Unità di Reumatologia dell’Università di Pisa, ha studiato l’impatto di eventi
lifetime potenzialmente traumatici, inclusi eventi di perdita, e dei sintomi di stress posttraumatico sulla gravità della malattia e sulla qualità di vita “connessa alla salute” (healthrelated quality of life HRQoL) in pazienti con fibromialgia. I risultati mostrano una
significativa correlazione tra l’impatto globale della fibromialgia sulla HRQoL, come
misurato dal punteggio totale FiQ (Fibromialgya Impact Questionnaire), e il numero degli
eventi traumatici che i pazienti potrebbero aver provato durante la loro vita, valutato dal
TALS-SR (L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011). In particolare, correlazioni
significative che vanno da “moderate” a “buone” sono state trovate tra i sintomi della
reazione al dolore (TALS-SR Dominio II) e il punteggio della scala VAS (Visual Analogue
42
Scale) del FiQ e i punteggi del BP (Bodily Pain) e MCS (Mental Component Summary)
appartenenti al MOS SF-36 (the Medical Outcomes Study Short Form-36). Per capire
meglio, è necessario analizzare gli strumenti utilizzati: il FiQ è un breve strumento autosomministrato, progettato per valutare l’impatto complessivo della fibromialgia su molte
dimensioni della HRQoL (funzionamento fisico, status lavorativo, depressione, disturbi
d’ansia e del sonno, dolore, rigidità, affaticamento e benessere). Le dimensioni del dolore e
della fatica sono misurate da una scala analogica visiva (VAS) in cui i pazienti riferiscono
la gravità del dolore e della stanchezza con un punteggio che va da 0 (corrispondente ad
“assenza”) a 10 (corrispondente a “molto grave”). Il MOS SF-36 è un questionario autosomministrato, utilizzato per valutare lo stato di salute generale e il HRQoL, che consiste di
36 items, 35 dei quali sono aggregati in 8 scale “multi-items”, tra cui anche la Bodily Pain
(BP): l’insieme delle prime quattro scale rappresenta il punteggio della somma delle
componenti fisiche (PCS) del MOS SF-36, mentre l’insieme delle ultime quattro rappresenta
il punteggio della somma delle componenti mentali (MCS). Nello studio effettuato è stato
considerato il punteggio MCS e PCS per indagare l’impatto globale sul HRQoL e la scala
BP per valutare l’intensità del dolore e il suo impatto specifico sull’attività lavorativa. Poichè
è emerso che l’item BP, ma non i punteggi della scala VAS del dolore, sono correlati con i
domini I (eventi di perdita) e II (reazioni al dolore) del TALS-SR, sembrerebbe che gli eventi
traumatici e la sintomatologia da stress post-traumatico influenzino non tanto il dolore
riferito per sé, ma la compromissione funzionale relativa ai sintomi dolorosi della
fibromialgia e, di conseguenza, al HRQoL globale. Correlazioni significative sono state
trovate tra il numero di eventi potenzialmente traumatici (TALS-SR, Dominio III) e i
punteggi del BP e del MCS. Questo dominio include non solo i traumi “maggiori”, ma anche
i cosiddetti “low magnitude events” (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al.,
2009; L. Dell'osso et al., 2008; A. L. Stein et al., 2005), il cui ruolo è stato recentemente
valutato come potenziale nell’insorgenza dei sintomi da stress post- traumatico. Si è evinta,
quindi, una correlazione tra l’esperienza di questi eventi e l’impatto sul HRQoL. Vale la
pena notare le significative correlazioni tra quasi tutti i domini del TALS-SR e il punteggio
MCS del MOS-SF 36, confermando l’influenza negativa dei sintomi da stress posttraumatico, anche se sottosoglia. In particolare, i sintomi dello stress post-traumatico sono
legati a punteggi più bassi del MCS, che include diminuzione della vitalità e del
funzionamento sociale secondari a problemi mentali ed emotivi. La significativa, sebbene
43
più debole, correlazione tra quasi tutti i domini del TALS-SR e la componente BP del MOS
SF-36, conferma ulteriormente l’impatto di questi sintomi sull’attività lavorativa. Da quanto
è emerso, si è concluso che l’interazione tra la gravità della malattia e un peggiore HRQoL
colpisce soprattutto la componente relativa allo stato di salute mentale (L. Dell'Osso,
Carmassi, Consoli, et al., 2011).
2.4 Spettro Autistico Sottosoglia: un approccio transdiagnostico
Il concetto di Spettro, precedentemente citato per il PTSD, con la stesura del DSM-5 è stato
recentemente ampliato anche ad un’altra condizione psicopatologica, definendo il Disturbo
dello Spettro dell’Autismo (Autism Spectrum Disorder, ASD). Esso viene inserito nel
capitolo dei disturbi del Neurosviluppo ed è definito come una condizione neurologica
eterogenea e persistente caratterizzata da deficit della funzione comunicativa e da difficoltà
nell’interazione sociale, oltre che da comportamenti stereotipati e interessi ristretti.
Questa condizione, fino a pochi anni fa, era classificata come Sindrome di Asperger, e
apparteneva al capitolo dei “Disturbi pervasivi dello sviluppo”, insieme all’Autismo
Infantile e ai Disturbi pervasivi dello sviluppo non altrimenti specificati (APA,2000). Con il
DSM-5 si è cercato di colmare il divario esistente tra le categorie diagnostiche riunendo
questi sottotipi in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASDAutism Spectrum Disorder) (APA, 2013). I sintomi sono stati raggruppati in due categorie:
deficit persistente della funzione comunicativa e difficoltà nell’interazione sociale, pattern
di interessi, comportamenti e attività ristretti e ripetitivi (Lord & Bishop, 2015). I deficit di
comunicazione possono essere sia verbali che non verbali, ad esempio anormalità nel
linguaggio oculare e nel linguaggio del corpo, come anche deficit nella reciprocità socioemotiva attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e
reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell’interazione sociale. In questo pattern di
comportamenti sono compresi anche i deficit nella creazione e mantenimento di relazioni
appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver), che vanno
da difficoltà nell’adattare il comportamento in diversi contesti sociali fino all’apparente
mancanza di interesse per le persone. Gli interessi e le attività ristrette e ripetitive possono
44
manifestarsi sia come linguaggio, movimenti o uso di oggetti sterotipati e ripetitivi, sia come
esagerata fedeltà alla routine, con eccessiva riluttanza ai cambiamenti.
Su queste basi l’autismo di solito viene diagnosticato nell’infanzia, tuttavia i criteri
diagnostici dell’ASD rimangono piuttosto generici e carenti nell’indagare le forme lievi
dell’adulto, senza disabilità intellettive e del linguaggio, anzi in alcuni casi sviluppando
eccellenti capacità in aree ristrette e raggiungendo alti livelli di funzionamento, i quali
rimangono misconosciuti da un punto di vista diagnostico fino all’età adulta, o vengono
erroneamente inquadrati come aventi un Disturbo di Personalità (ad esempio Borderline,
Schizoide, Dipendente), oppure Schizofrenia o altri disturbi psicotici (Dell'Osso & Dalle
Luche, 2016). Per esempio questi soggetti arrivano all’attenzione clinica solo quando si
manifestano altri disturbi psicopatologici, magari insorti a seguito di eventi precipitanti,
quali la rottura improvvisa di una relazione, l’elaborazione di un lutto o altri cambiamenti
significativi (Kamio et al., 2013). Questo è il caso di pazienti con ASD con una comorbidità
di Disturbo Post Traumatico da Stress complex (cPTSD), che potrebbero essere inquadrati
nell’ambito di un Disturbo di Personalità Borderline (King, 2010).
Studi recenti hanno individuato, infatti, tratti autistici in molti pazienti affetti da vari disturbi
mentali (psicosi, Disturbo Bipolare, Disturbo Post-Traumatico da Stress), arrivando a parlare
di “autistic like traits” e “broader autistic spectrum” (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L.
Dell'Osso et al., 2015; Kato et al., 2013; Storch et al., 2013), con cui si intendono i deficit
empatici e delle capacità relazionali, della memoria verbale e del lavoro e del problem
solving (Channon, Crawford, Orlowska, Parikh, & Thoma, 2014), oltre all’eccessiva attività
ruminativa.
Recentemente, presso l’Università di Pisa, è stato sviluppato lo Spettro Sottosoglia
dell’Autismo dell’Adulto (AdAS Spectrum) (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016): utilizzando
questo modello, oltre alle forme conclamate dell’infanzia, nell’inquadramento diagnostico
dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto vengono incluse anche le forme atipiche
o attenuate, i tratti comportamentali e le caratteristiche della personalità, soddisfacendo solo
parzialmente i criteri sintomatologici dei Disturbi dello Spettro Autistico descritti nel DSM5. Questo quadro potrebbe da un lato compromettere il funzionamento globale e la qualità
di vita, dall’altro potrebbe essere talmente sottosoglia da sfumare nella normalità, o potrebbe
dimostrarsi persino adattativo nel raggiungimento di obiettivi particolari in precisi ambiti
artistici, scientifici o letterari (Baron-Cohen, Richler, Bisarya, Gurunathan, & Wheelwright,
45
2003) inserendosi, quindi, in un continuum sintomatologico in termini di severità di
compromissione. Da un punto di vista clinico viene ipotizzato che l’uso del modello di
Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto aiuterebbe sia a rilevare soggetti ad alto rischio
prima che essi sviluppino altri disturbi mentali, sia a identificare manifestazioni cliniche
“colorate” se è presente uno Spettro dell’Autismo lieve e sottosoglia (Dell'Osso & Dalle
Luche, 2016).
L’alta percentuale di comorbidità psichiatriche ha suggerito, infatti, che un’alterazione del
neurosviluppo di matrice multifattoriale rappresenti un substrato comune di vulnerabilità per
la maggior parte dei disturbi mentali e ha posto la necessità di individuare una “dimensione”
di Spettro che comprenda una sintomatologia sottosoglia sottostante alle varie
manifestazioni psicopatologiche, le quali condividono tra loro sintomi, fattori di rischio
genetici e ambientali e verosimilmente anche substrati neurali (Dell'Osso & Dalle Luche,
2016) assumendo un ruolo unificante tra le diverse categorie diagnostiche. In quest’ambito,
la dimensione che sembra prestarsi meglio al ruolo di “spettro-matrice” sembra essere
proprio quella dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, costituendo una sorta di
base fisiopatologica transdiagnostica sottostante ai vari disturbi mentali (Dell'Osso & Dalle
Luche, 2016). In questa prospettiva, alcune condizioni sottostanti la sintomatologia autistica
(ad esempio fobie sociali, ritiro sociale, predisposizione alla ruminazione, perfezionismo
ossessivo, rigidità, difficoltà di empatia, anedonia) costituirebbero una sorta di “core”
autistico comune a molte patologie mentali, spiegando anche la frequente comorbidità tra
queste e l’ASD (Chanachev & Berney, 2010; Chevallier, Grezes, Molesworth, Berthoz, &
Happe, 2012; Del-Monte et al., 2013). Ad esempio, i processi ruminativi sono stati spesso
associati al PTSD (Ben-Sasson et al., 2008; Foley Nicpon, Doobay, & Assouline, 2010), e
la letteratura indica un’alta incidenza di traumi multipli in individui con ASD, tanto che
alcuni autori hanno ipotizzato il ruolo del ASD come fattore di vulnerabilità nello sviluppo
del PTSD dopo l’esposizione ad un trauma (King, 2010).
Ritornando al concetto di neurosviluppo, molti studi hanno dimostrato che i sintomi di
Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’ Adulto rappresentino alterazioni del funzionamento
cerebrale nel rapporto tra meccanismi neurobiologici e manifestazioni psichiche elementari
(Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). Secondo questa ipotesi, quindi, fattori genetici e
ambientali agirebbero insieme nel determinare una “deviazione” dello sviluppo neurologico,
in cui la differente età cronologica del soggetto, la gravità e il grado di sviluppo
46
determinerebbero un livello diverso di neuroatipie, alla base delle varie malattie
psichiatriche, portando a quadri molto eterogenei per compromissione socio-lavorativa ed
espressività clinica, ma mantenendo comunque uno stesso nucleo sintomatologico,
espressione di un unico continuum (Doherty & Owen, 2014). E’ stato suggerito, in linea con
queste teorie, che i disturbi mentali dovrebbero essere riformulati come patologie che
interessano estesi circuiti cerebrali, piuttosto che singole e specifiche reti neurali, potendo
essere definiti come “globoapatie” (Peled, 2013; Peled & Geva, 2014).
In parole più semplici, possiamo desumere che un individuo, in base al proprio assetto
cerebrale/neurobiologico ed al grado della neuroatipia, nasca con una serie di predisposizioni
genetiche che da una parte ne esprimono l’individualità, e dall’altra, a seconda dei fattori
ambientali a cui sono esposte, possono portare a quadri psicopatologici fenotipicamente
differenti l’uno con l’altro (L. Dell'Osso et al., 2015).
In linea con quanto detto, possiamo concludere che esiste uno “spettro-matrice autistico”
sottosoglia, una condizione pre-esistente, che non assume un particolare significato clinicodiagnostico, né necessita un trattamento specifico, ma per le sue caratteristiche
fisiopatologiche rappresenta un terreno fertile su cui si possono sviluppare altri disturbi
psicopatologici complesse e difficili da trattare, come disturbi d’ansia, dell’umore, ossessivi,
psicotici o post-traumatici, fino a pensieri e condotte suicidarie (Dell'Osso & Dalle Luche,
2016). Per questo motivo, la sua individuazione precoce tramite specifici strumenti
diagnostici potrebbe rendere più semplice il riconoscimento dei casi a rischio, il loro
monitoraggio, e, se necessario, portare ad un intervento terapeutico tempestivo, oltre a
contribuire enormemente alla ricerca riguardo la comprensione e il trattamento dei pazienti
“difficili” (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016) che ad oggi hanno bisogno di procedure
diagnostiche impegnative (Kamio et al., 2013; Takara & Kondo, 2014). Il riconoscimento
precoce di questi soggetti assume un ruolo ancor più rilevante alla luce di alcuni studi che
hanno mostrato come, i soggetti adulti con Disturbo dello Spettro Autistico hanno anche una
prevalenza maggiore di ideazioni e tentativi suicidari (Croen et al., 2015). In uno studio,
infatti, è stato osservato che più del 35% dei soggetti con Sindrome di Asperger ha riportato
tentativi di suicidio e i soggetti che avevano riferito questi episodi mostravano una forma
più grave di Spettro Autistico (Paquette-Smith, Weiss, & Lunsky, 2014). Anche un altro
studio ha evidenziato che i tratti autistici atipici costituiscono un fattore di rischio potenziale
per i tentativi di suicidi tra gli adulti depressi (Takara & Kondo, 2014).
47
Si era già accennato come le pregresse comorbidità psichiatriche potessero costituire un
fattore di rischio per lo sviluppo di un Disturbo Post-Traumatico da Stress. A tal proposito,
sarebbe opportuno valutare la relazione tra ASD e PTSD, un campo che in letteratura è
rimasto abbastanza inesplorato. Alcuni studi hanno dimostrato che individui con disabilità
intellettive abbiano maggiori probabilità di subire un trauma ed essere maggiormente esposti
ai suoi effetti dirompenti (Mevissen & de Jongh, 2010). Nonostante la relazione tra ASD e
disabilità intellettive sia stata a lungo oggetto di dibattito (E. A. Bradley, Summers, Wood,
& Bryson, 2004), uno studio condotto sulla risposta adattativa, nel lungo termine, dei
soggetti con Disordine dello Spettro Autistico in seguito al terremoto de L’Aquila del 2009,
ha dimostrato che era significativamente più compromessa rispetto ai controlli con ASD che
non erano stati esposti al trauma (Valenti et al., 2012). Pochi studi hanno valutato invece la
frequenza di PTSD in individui con ASD, con risultati inferiori a quelli attesi (Hofvander et
al., 2009) e, viceversa, mancano nella letteratura studi che abbiano indagato componenti
ASD, magari sottosoglia, in pazienti affetti da PTSD.
E’ stato ipotizzato che tra i disturbi “secondari” alla “matrice autistica” sia compreso anche
il Disturbo Post-Traumatico da Stress, che secondo alcuni autori (Dell'Osso & Dalle Luche,
2016) sembra sovrapporsi più frequentemente allo Spettro Autistico per una duplice ragione.
Da un lato, infatti, i soggetti con ASD, a causa del loro assetto di base, sono maggiormente
suscettibili nel corso della loro vita a subire eventi traumatici, come suggerito anche da King
(King, 2010) il quale sottolinea che le loro difficoltà di espressione, di empatia e di
comprensione di codici condivisi di comunicazione siano fattori “predisponenti” alla cronica
esposizione di traumi; dall’altro lato, su questo substrato, un trauma può provocare con
maggiore frequenza conseguenze più intense e più croniche per le difficoltà di elaborazione
dell’evento stesso dovute al peculiare funzionamento cognitivo di questi soggetti
(alterazione dei meccanismi dell’oblio, rimuginazioni, fenomeni dissociativi, distacco dalla
realtà, ritiro e isolamento) (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016).
In particolare sarebbero soggetti a una sorta di “micro-traumatismi” continui, e propensi a
sviluppare una particolare forma di PTSD: il complex PTSD. Questo è un quadro
sintomatologico più grave e persistente, che si sviluppa in seguito a traumi ripetuti e
prolungati, ad esempio episodi di bullismo o ripetuti abusi sessuali, caratterizzato da una
compromissione a lungo termine della regolazione delle emozioni e della percezione di sé,
difficoltà nei rapporti con gli altri e sintomi dissociativi (Bryant, 2010; Cloitre, Garvert,
48
Brewin, Bryant, & Maercker, 2013; Maercker et al., 2013; Resick et al., 2012; Sar, 2011).
Se protratti, questi sintomi portano a una instabilità delle relazioni interpersonali, labilità
emotiva, percezione del sé instabile e comportamenti maladattativi, come l’abuso di sostanze
(King, 2010). Si tratterebbe, quindi, di un quadro analogo al Disturbo Borderline di
Personalità. Una teoria proposta da alcuni autori che giustificherebbe la bassa incidenza di
PTSD in soggetti con ASD, afferma che l’alterata capacità degli individui con ASD di capire,
interiorizzare e successivamente esprimere l’esperienza traumatica renda difficoltoso far
emergere l’episodio traumatico, portando più facilmente ad una diagnosi di Disturbo
Borderline di Personalità piuttosto che di Disturbo Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso
et al., 2015). Con il DSM-5 (APA 2013) sono state inserite le condotte disadattative tra i
possibili sintomi del PTSD (Sar, 2011) portando ad una parziale sovrapposizione tra il
PTSD, con la sua variante complex, e il Disturbo Borderline della Personalità (Cloitre et al.,
2014). Inoltre, vale la pena notare che la connessione con i Disturbi dello Spettro Autistico
viene confermata anche dal fatto che il DSM-5 ha tolto il PTSD dal capitolo dei Disturbi
d’Ansia e lo ha inserito nel capitolo dei disturbi correlati allo stress e al trauma, dove sono
inclusi anche i Disturbi dell’Adattamento. Molti studi hanno valutato che una significativa
percentuale di Disturbi dello Spettro Autistico misconosciuti, inclusi Disturbi
dell’Adattamento, siano presenti in soggetti con episodi depressivi o ricoverati per tentato
suicidio (Kato et al., 2013; Takara & Kondo, 2014).
Altri studi hanno mostrato che il PTSD predisponga allo sviluppo di un pensiero ruminativo,
una sorta di pensiero circolare, inconcludente, continuo, sempre uguale e fine a se stesso
(Ben-Sasson et al., 2008; Lecavalier, Gadow, Devincent, Houts, & Edwards, 2011). E’ stato
valutato un possibile ruolo della ruminazione come elemento centrale dello Spettro
Autistico, suggerendo che le ruminazioni innescate da difficoltà interpersonali, dai conflitti
e dai traumi potrebbero rappresentare una dimensione transdiagnostica tra molti disturbi
psichiatrici, tra cui il PTSD, aumentando il rischio di metter in atto comportamenti suicidari
nel contesto di varie comorbidità psichiatriche (Kato et al., 2013; Storch et al., 2013; Takara
& Kondo, 2014). Secondo questa ipotesi, lo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto
potrebbe predisporre allo sviluppo di disturbi stress-correlati proprio per la sua maggior
tendenza alle ruminazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016).
Sulla base di questi risultati emergenti, sulla particolarità del ASD e sulla esiguità dei dati
presenti in letteratura circa l’associazione tra PTSD e ASD, uno degli obiettivi del nostro
49
studio è quello di mettere in evidenza la presenza, nel campione di soggetti affetti da
fibromialgia, di forme sottosoglia e/o misconosciute di ASD. Per questo scopo è stato
somministrato un questionario appositamente costruito: l’Adult Autism Subtreshold
Spectrum (AdAS Spectrum) (Dell’Osso et al, in press), uno strumento di autovalutazione
composto da 160 items a risposta dicotomica che esplora la sintomatologia attribuibile allo
Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, inclusi i sintomi atipici, i tratti personologici
e i quadri sottosoglia. Tale questionario, quindi, valuta la presenza/assenza di una vasta
gamma di sintomi e manifestazioni associate con la diagnosi di ASD rintracciabili anche in
soggetti che non soddisfano appieno i criteri diagnostici.
2.5 Obiettivi dello studio
Obiettivo della presente tesi è di valutare la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da
Stress, oltre alla diagnosi sintomatologica di PTSD sia in forma conclamata che parziale
secondo i criteri del DSM-5, in un campione di pazienti fibromialgici in cura presso l’Unità
di Reumatologia dell’A.O.U.P.
Inoltre, obiettivo secondario di questa tesi è stato di esplorare la sintomatologia di Spettro
Autistico Sottosoglia dell’Adulto nel campione preso in esame, e le possibili correlazioni di
quest’ultima con la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress.
50
3. MATERIALI E METODO
3.1 Selezione del campione
La popolazione indagata è costituita da un totale di 61 pazienti, di cui 7 maschi e 54 femmine,
di età compresa tra i 18 e i 77 anni, con diagnosi di fibromialgia in accordo con i criteri
dell’American College of Rheumatology (ACR). Tutti i pazienti sono stati reclutati presso
gli ambulatori dell’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P e valutati da psichiatri della Clinica
Psichiatrica dell’Università di Pisa.
3.2 Strumenti di valutazione
Ognuno dei pazienti arruolati è stato intervistato mediante Structured Clinical Interview for
Mental Disorders according to DSM-5 criteria (SCID-5), l’intervista clinica strutturata per
la valutazione dei disturbi mentali di Asse I in accordo con i criteri diagnostici previsti dal
DSM-5. L’intervista, disponibile nella versione inglese, è stata condotta da medici psichiatri
con conoscenza ottima della lingua inglese e quindi bilingue (italiano-inglese),
opportunamente addestrati della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa.
Il protocollo generale di studio prevedeva inoltre la somministrazione dei seguenti strumenti:
il Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR), l’Adult Autism Subthreshold
Spectrum (AdAS Spectrum), il Mood Spectrum-Self Report (MOODS-SR), la 14-item Ritvo
Autism and Asperger Diagnostic Scale (RAADS-14), The Autism Spectrum Quotient (AQ),
The Ruminative Response Scale (RRS).
In particolare:
-
Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR), versione lifetime (L.
Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008), è
un questionario di autovalutazione costituito da 116 domande a risposta dicotomica
(SI/NO) che indaga i sintomi dello Spettro Post-Traumatico, riferiti a tutto l’arco
51
della vita, e gli eventi traumatici o lutti traumatici cui questi sintomi sono
conseguiti.
-
Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum) (Dell’Osso et al., in
press) è questionario composto da 160 items a risposta dicotomica (SI/NO), volto
a esplorare l’intera gamma di sintomi attribuibili allo Spettro Sottosoglia
dell’Autismo dell’Adulto, compresi i sintomi atipici, i tratti personologici e i
quadri clinici sottosoglia.
-
Mood Spectrum-Self Report (MOODS-SR), versione lifetime (L. Dell'Osso et
al., 2002), è un questionario validato per la valutazione dei sintomi dello Spettro
dell’Umore Sottosoglia, che include 161 items a risposta dicotomica (SI/NO), per
uno o più periodi durati almeno 3-5 giorni nell’arco della vita. Gli articoli sono
organizzati in tre domini maniacali (umore maniacale, energia maniacale e sfera
cognitiva maniacale), e tre depressivi (umore depressivo, energia depressiva e sfera
cognitiva depressiva), oltre ad un dominio che indaga le alterazioni della ritmicità
e delle funzioni vegetative. Il punteggio totale di ogni dominio corrisponde alla
somma degli items la cui risposta è stata positiva. La somma dei punteggi dei tre
domini maniacali costituisce la “componente maniacale” (62 articoli), mentre
quella dei tre domini depressivi corrisponde alla “componente depressiva” (63
articoli). La componente maniacale individua specifiche caratteristiche maniacali,
sia come sintomi isolati che come cluster sintomatologici tipici o atipici, tratti di
personalità e stili di vita che possono rappresentare l’espressione di alterazioni del
temperamento affettivo, presenti sia nelle forme conclamate che in quelle
sottosoglia, dei disturbi dell’umore. Il dominio della ritmicità, invece, valuta la
presenza di disregolazioni dei ritmi circadiani e delle funzioni vegetative,
comprendendo variazioni nell’energia, nella sensazione di benessere fisico,
efficienza mentale e fisica in base al clima e alla stagione, cambiamenti
dell’appetito, del sonno e dell’attività sessuale. Questo questionario, sviluppato e
validato nell’ambito dello Spectrum Project, a cui hanno aderito un gruppo
internazionale di ricercatori e clinici, si propone, quindi, di valutare i sintomi
centrali, tipici e atipici, ma anche subclinici e attenuati, appartenenti all’ampio
spettro dei disturbi dell’umore.
52
-
14-item Ritvo Autism and Asperger Diagnostic Scale (RAADS-14), sviluppata
da Eriksson et al. (Eriksson, Andersen, & Bejerot, 2013). E’ una versione più corta
della scala diagnostica Ritvo per autismo e sindrome di Asperger rivisitata
(RAADS-R) e fornisce un aiuto nell’identificare i pazienti che potrebbero avere un
Disturbo dello Spettro Autistico non diagnosticato.
-
The Autism Spectrum Quotient (AQ): un nuovo strumento auto-somministrato
che misura a che livello ogni singola persona adulta, con Quoziente Intellettivo
normale, si collochi all’interno del continuum di disabilità socio-comunicativa
autistica, quanto, cioè, ogni individuo presenti “tratti autistici”. L’AQ si compone
di 50 domande, articolare in 5 domini, che valutano 5 diverse aree: 1) abilità
sociali; 2) capacità di variare l’attenzione; 3) attenzione ai dettagli; 4)
comunicazione; 5) capacità immaginative. Per ciascuna domanda sono previste 4
possibili risposte (totalmente d’accordo, parzialmente d’accordo, parzialmente in
disaccordo, totalmente in disaccordo). I tratti autistici vengono considerati
potenzialmente clinicamente significativi quando viene riportato un punteggio
totale maggiore o uguale a 32 (Baron-Cohen, Wheelwright, Skinner, Martin, &
Clubley, 2001).
-
The Ruminative Response Scale (RRS) (Nolen-Hoeksema & Morrow, 1991) è
uno strumento di autovalutazione che indaga la tendenza alla ruminazione
attraverso 22 domande articolate in due componenti, rimuginazione e riflessione,
più una terza componente che indaga la ruminazione depressiva. Per ciascuna
domanda sono previste quattro possibili risposte (mai, a volte, spesso, sempre)
codificate secondo una scala likert 4, con punteggi totali che vanno da 22 a 66. Gli
studi condotti mostrano che la scala è in grado di dare una misura affidabile della
tendenza stabile alla ruminazione.
Ai fini degli obiettivi della presente tesi sono stati indagati i questionari TALS-SR e AdAS
Spectrum, per i quali è stata fornita una descrizione dettagliata nel capitolo seguente.
I dati demografici e clinici sono stati raccolti attraverso una scheda specifica che comprende:
stato civile, attività lavorativa, livello d’istruzione, tipo di famiglia, provenienza, disturbi del
neuro-sviluppo, eventuali trattamenti psicofarmacologici in corso e/o pregressi.
53
Il reclutamento dei pazienti è avvenuto al momento della prima visita o della visita di
controllo reumatologica. Il tempo necessario per la compilazione dei questionari e
l’esecuzione dell’intervista clinica strutturata è stato di circa un’ora e trenta minuti.
3.2.1 Il TALS-SR
Il TALS-SR è uno strumento sviluppato nell’ambito dello Spectrum Project, un progetto di
collaborazione internazionale cui hanno aderito ricercatori italiani, dell’Università di Pisa, e
statunitensi, appartenenti alla Columbia University di New York, al Western Psychiatric
Institute and Clinic dell'Università di Pittsburgh e all'Università della California S. Diego
(L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008).
Il TALS-SR indaga la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress che può
svilupparsi nel corso della vita di un individuo in seguito all’esposizione a un’ampia gamma
di eventi potenzialmente traumatici e di perdita. Il TALS-SR non è stato progettato per
sostituire un’intervista clinica strutturata come la SCID, ma rappresenta uno strumento
complementare al DSM per la diagnosi di PTSD. Esso, infatti, fornisce un più completo
approccio dimensionale alla psicopatologia del paziente che considera clinicamente rilevanti
non solo le manifestazioni del PTSD “al livello soglia”, ma anche quelle sottosoglia, i
sintomi atipici, i tratti comportamentali e le caratteristiche temperamentali associati al
trauma e agli eventi di perdita (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009).
Il TALS-SR è strutturato in 116 items, raggruppati in 9 domini, che indagano lo Spettro PostTraumatico con un approccio multidimensionale. Esso esplora, infatti: la dimensione degli
eventi potenzialmente traumatici e/o di perdita; la dimensione della reazione acuta peritraumatica; la dimensione dei sintomi post-traumatici da stress, compresi sintomi atipici,
subclinici, così come di comportamenti e di caratteristiche individuali che potrebbero
rappresentare manifestazioni e/o fattori di rischio per lo sviluppo di una sindrome stress
correlata. Le risposte agli items sono codificate in modo dicotomico (SI/NO), e i punteggi
di ogni dominio sono ottenuti sommando il numero delle risposte positive.
I 9 domini includono quindi: eventi di perdita (I); reazioni agli eventi di perdita (II); eventi
potenzialmente traumatici (III); reazioni a eventi di perdita o potenzialmente traumatici (IV);
54
rievocazione (V); evitamento e appiattimento emotivo (VI); comportamenti maladattativi
(VII); iperarousal (VIII); caratteristiche personali/fattori di rischio (IX).
In questa tesi sono stati esaminati tutti i domini del TALS-SR per esplorare i sintomi di
Spettro Post-traumatico da Stress esperiti dai soggetti e, analogamente a quanto era già stato
fatto in altri studi (L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; L. Dell'osso et al., 2012),
è stata valutata la prevalenza del PTSD considerando le risposte positive ai sintomi TALSSR, secondo i criteri diagnostici DSM-5.
3.2.2 L’AdAS Spectrum
L’Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum) è uno strumento di
autovalutazione, recentemente validato (Dell'Osso, in press), nato da una collaborazione tra
la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa e l’Università di Napoli, Siena, Pavia, Brescia,
Catania e Firenze e con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Tale questionario si propone
di indagare, utilizzando 160 domande a risposta dicotomica (SI/NO), la sintomatologia dello
Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto durante tutto il corso della vita, inclusi i
sintomi atipici, i tratti personologici e i quadri sottosoglia che possono caratterizzare forme
“attenuate” e parziali del disturbo.
I 160 items sono strutturati in 7 domini che esplorano rispettivamente:
1) I sintomi presenti durante l’infanzia e adolescenza, caratteristici di bambini
timidi, introversi, refrattari alle manifestazioni affettive, che mostrano
precocemente
difficoltà
nell’integrazione
sociale
e
spesso
subiscono
discriminazioni o atti di bullismo da parte dei compagni
2) La comunicazione verbale: anomalie nell’interazione verbale dovute a una
particolare processazione del linguaggio
3) La comunicazione non verbale: aspetti comportamentali atipici e non
convenzionali, alterazioni psicomotorie e tendenza all’isolamento
4) Empatia: deficit empatici cognitivi ed emotivi
5) Routinarietà e inflessibilità: comportamenti rigidi, stereotipati, manierismi e
atteggiamenti artificiosi
55
6) Interessi ristretti e ruminazioni: caratteristiche cognitive che generano
manifestazioni ripetitive e focalizzazione degli interessi in ambiti limitati
7) Ipo-o iperreattività agli stimoli: alterazioni del sensorio sia in senso di riduzione
che di accentuazione.
La recente validazione di questo strumento ha rappresentato l’approvazione, sul piano
clinico, del concetto di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto come matrice di
vulnerabilità alla maggior parte dei disturbi mentali su base neuroevolutiva, costituendo una
sorta di substrato fisiopatologico transdiagnostico ai vari disturbi mentali (Dell'Osso & Dalle
Luche, 2016)
3.3 Analisi Statistiche
Per descrivere le caratteristiche cliniche e demografiche del campione abbiamo calcolato per
le variabili quantitative la media e la Deviazione Standard (SD), per quelle categoriali
abbiamo indicato le frequenze assolute e relative.
Per il confronto dei punteggi medi dei singoli domini e del totale TALS-SR e AdAS
Spectrum fra i sottogruppi contraddistinti dalla presenza di PTSD conclamato, PTSD
parziale o assenza di esso, abbiamo utilizzato l’analisi della varianza (ANOVA), seguita dal
t-test di Bonferroni per i confronti post-hoc a coppie.
Per studiare le relazioni fra i punteggi dei domini TALS-SR e AdAS Spectrum su tutto il
campione abbiamo calcolato i coefficenti di correlazione di Pearson.
Per il confronto dei gruppi sulle variabili categoriali è stato utilizzato il test del Chi Quadrato,
o di Fisher quando appropriato.
56
4.RISULTATI
Il campione preso in esame in questa tesi è composto da 61 soggetti affetti da fibromialgia,
di cui 7 (11,5 %) maschi e 54 (88,5 %) femmine (Tabella 1). L’età media del campione totale
è 49,78 ± 12 anni. In particolare, l’età media dei soggetti di sesso femminile (n=54) è di
51,67 ± 10,76 anni, mentre quella dei soggetti di sesso maschile (n=7) è di 35,71± 12,05
anni, con una differenza statisticamente significativa (p=,001).
Per quanto riguarda lo stato civile oltre il 50% dei soggetti sono coniugati (52,4%; n= 32),
seguiti dai celibi o nubili, che costituiscono un quarto circa del campione, e la restante parte
sono separati o vedovi. Il 36% del campione ha una licenza di scuola dell’obbligo, più del
50% ha un diploma di scuola media superiore e i restanti sono laureati. Per quanto riguarda
il tipo di famiglia, la maggior parte dei pazienti vive in una famiglia coniugale o parentale
(83,6%; n=46), mentre una minoranza del campione (10,5%; n=6) vive da sola. In sede
anamnestica è stato riferito che circa il 10% ha avuto problemi nello sviluppo
neurolinguistico e motorio, una percentuale analoga (10,3%, n=6) ha riferito problemi
scolastici. Per quanto riguarda l’uso di farmaci è emerso che oltre i 2/3 del campione
riportava un uso in atto o pregresso di antidepressivi (68,9% n=42), una percentuale di circa
il 30% riferiva un uso di anticonvulsivanti o benzodiazepine, mentre i restanti circa 3% dei
soggetti faceva uso di farmaci antipsicotici.
Tutti i soggetti reclutati nello studio hanno compilato i questionari TALS-SR (n=61) e AdAS
Spectrum (n=61). Andando a valutare la presenza di PTSD sintomatologico secondo i criteri
diagnostici del DSM-5 è emersa una diagnosi del disturbo nel 18% (n=11) dei soggetti,
inoltre il 34,4% (n=21) del totale soddisfa i criteri per il PTSD parziale. In particolare, 13
soggetti (21,3%) soddisfano i criteri per “partial a” (positività per tre domini
sintomatologici), mentre 8 soggetti (13,1%) per “partial b” (positività per due domini
sintomatologici). L’analisi dei singoli clusters sintomatologici del PTSD in accordo con il
DSM-5 (Figura 1) ha permesso di riscontrare il soddisfacimento del criterio B
(Rievocazione) in 35 soggetti (57,4%), del criterio C (Evitamento) in 26 soggetti (42,6%),
del criterio D (Alterazioni negative della cognitività e dell’umore) in 19 soggetti (31,1%), e
del criterio E (Alterazioni dell’arousal e della reattività) in 27 soggetti (44,3%).
57
Andando ad analizzare nel dettaglio il tipo di evento traumatico cui sono stati esposti i
pazienti con PTSD (n=11) è emerso che per il 63,6 % dei soggetti (n=7) esso è rappresentato
dalla morte di un caro amico o di un familiare, e per il 9,1% (n=1) dalla separazione da un
caro amico, partner sentimentale o familiare. Un’analoga percentuale di soggetti ha riferito
come evento traumatico l’esser stato trascurato o abbandonato, aver ricevuto abusi fisici o
sessuali e aver vissuto un evento che ha seriamente minacciato il benessere, impiego, livello
professionale, stato sociale o sicurezza economica (Figura 2).
I punteggi medi (± SD) dei domini del TALS-SR sono stati confrontati tra il sottogruppo di
soggetti che presentava il PTSD (n=11) e il sottogruppo con PTSD parziale (n=21) o senza
PTSD (n=29), rilevando una certa eterogeneità tra questi tre gruppi, con differenze
statisticamente significative nei punteggi medi di tutti i domini (Tabella 3). I pazienti
fibromialgici con diagnosi di PTSD e di PTSD parziale hanno riportato un numero di eventi
di perdita e di eventi potenzialmente traumatici significativamente superiore rispetto ai
soggetti senza diagnosi di PTSD. Andando ad analizzare il tipo di eventi riportati ai domini
I e III del TALS-SR, negli individui con diagnosi di PTSD (n=11), è emersa una proporzione
rilevante di soggetti che riferiva uno o più eventi con oltre il 90% che riportava la morte di
un caro amico o familiare, seguito dal 72% che riferiva la perdita o la morte di un animale
domestico, e un 63% che ha vissuto la separazione di un caro amico, partner sentimentale o
familiare, o un abbandono. Anche gli eventi potenzialmente traumatici riferiti sono stati
generalmente più di uno, tra cui oltre il 72% (n=8) dei soggetti riferiva ripetute e gravi
discussioni in famiglia, al pari di essere rimasti impressionati dal racconto di un evento
disturbante, seguiti dal 63,6% (n=7) del campione, che riportava di aver vissuto una grave
malattia, un importante intervento chirurgico o un’altra procedura medica stressante e dal
54,6% (n=6) che riferiva una storia di avances sessuali indesiderate o abusi fisici o sessuali
(Figure 3 e 4).
Per quanto riguarda il questionario AdAS Spectrum, è emerso un punteggio medio del totale
del campione pari a 36,16 ± 19,44. Inoltre, confrontando i punteggi medi totali e dei singoli
domini dell’AdAS Spectrum tra i soggetti con PTSD (n=11) e quelli con PTSD parziale
(n=21) o senza PTSD (n=29), è emersa una forte eterogeneità tra i tre gruppi: vi era una
58
differenza statisticamente significativa nei punteggi medi di tutti i domini, tranne il dominio
IV (Empatia), e nel punteggio totale dell’AdAS Spectrum tra i soggetti con PTSD e quelli
senza
PTSD.
Inoltre,
il
sottogruppo
con
PTSD
parziale
mostrava
punteggi
significativamente maggiori nel dominio 3 (Comunicazione non verbale) e nel totale AdAS
Spectrum rispetto ai soggetti senza PTSD (Tabella 4).
Correlando i punteggi dei domini TALS-SR e AdAS Spectrum nel campione totale (n=61),
sono emerse numerose correlazioni statisticamente significative (Tabella 5). In particolare,
sono emerse correlazioni da moderate a buone (indicate in rosso in tabella) tra il dominio III
del TALS-SR (Eventi potenzialmente traumatici) e il dominio III (Comunicazione non
verbale), V (Routinarietà e inflessibilità), VI (Interessi ristretti e ruminazioni) e VII (Iperiporeattività agli stimoli) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio IV del TALS-SR (Reazioni
alla perdita o traumi) e il dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà e
inflessibilità) e VI (Interessi ristretti e ruminazioni) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio V
del TALS-SR (Rievocazione) e il dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà
e inflessibilità), VII (Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio VI del TALSSR (Evitamento e ottundimento delle emozioni) e il dominio I (Infanzia), III (Comunicazione
non verbale), V (Routinarietà), VI (Interessi ristretti e ruminazioni), VII (Iper-iporeattività)
dell’AdAS Spectrum; tra il dominio VII del TALS-SR (Comportamenti maladattativi) e il
dominio I (Infanzia), III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà e inflessibilità), VII
(Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio VIII del TALS-SR (Arousal) e il
dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà), VI (Interessi ristretti e
ruminazioni) e VII (Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio IX
(Caratteristiche di personalità/Fattori di rischio) del TALS-SR e il dominio III
(Comunicazione non verbale) dell’AdAS Spectrum.
E’ interessante sottolineare che è emersa una correlazione forte (r ≥ 0,60), indicata in
grassetto nella tabella, tra il punteggio totale del TALS-SR e il dominio III (Comunicazione
non verbale) del AdAS Spectrum.
Infine, andando ad analizzare nel dettaglio gli items del dominio VII del TALS-SR
(Comportamenti Disadattativi) sono emerse molte differenze statisticamente significative
tra i pazienti con fibromialgia con e senza PTSD. In particolare, 3 pazienti (20,2%)
riferiscono almeno un tentato suicidio (item 104 del TALS-SR), dei quali 2 (18,2%) con
59
diagnosi di PTSD e 1 (2%) senza; 4 soggetti (22,2%) riportano di aver avuto ideazione
suicidaria nell’arco della vita in relazione all’esposizione all’evento traumatico (item 102
del TALS-SR), dei quali 2 con e 2 senza diagnosi di PTSD; 2 soggetti (18,2%) hanno
intenzionalmente provato a farsi del male (item 103 del TALS-SR), entrambi con diagnosi
di PTSD (Tabella 6).
60
5. DISCUSSIONE
I risultati di questa tesi evidenziano tassi rilevanti di PTSD conclamato e parziale,
diagnosticato per la prima volta nella letteratura in accordo con i criteri del DSM-5, in un
campione di pazienti con diagnosi di fibromialgia. Inoltre, in questo studio è stata per la
prima volta indagata, nello stesso campione, la sintomatologia dello Spettro Sottosoglia
dell’Autismo dell’Adulto e i risultati evidenziano associazioni significative di quest’ultima
con la sintomatologia di Spettro Post-traumatico da Stress.
Il campione preso in esame in questa tesi, è costituito per la maggior parte da soggetti di
sesso femminile, con un rapporto di circa 1:8, questo è in accordo con altri studi che
dimostrano che la fibromialgia rappresenta una patologia prevalente nel sesso femminile
(Buskila et al., 2001; Regal Ramos, 2016; Russell & Raphael, 2008; Yunus, 2002),
accompagnandosi ad un peggiore quadro sintomatologico e ad una maggiore frequenza di
comorbidità, come ad esempio la cefalea muscolo-tensiva, l’emicrania, la Sindrome
dell’Intestino
Irritabile,
la
Sindrome
della
Fatica
Cronica
e
il
Disordine
Temporomandibolare.. E’ stato ipotizzato che queste differenze di genere siano dovute a
un’interazione tra la biologia, la psicologia e fattori socio-culturali (Gran, 2003; Yunus,
2002), anche se ad oggi i meccanismi sottostanti non sono del tutto chiari.
Analogamente, l’età media del campione si attesta intorno ai cinquant’anni, coerentemente
con quanto riportato in studi precedenti (Regal Ramos, 2016). La prevalenza della
fibromialgia, infatti, tende ad aumentare con l’età, raggiungendo un picco tra i 60 e i 70 anni,
in cui può raggiungere il 7% della popolazione generale delle donne (Wolfe et al., 1995).
I nostri risultati hanno evidenziato tassi di PTSD, diagnosticato secondo i criteri del DSM5, nei pazienti esaminati attorno al 18%, con un ulteriore 34,4% dei soggetti che presenta
una forma parziale, definita come il soddisfacimento sia di 2 (partial b) che di 3 (partial a)
criteri sintomatologici (McLaughlin et al., 2015). Studi precedenti, elaborati adottando i
criteri del PTSD in accordo con il DSM-IV, in una popolazione di analoga età media,
avevano riportato tassi di PTSD intorno al 45% (Hauser et al., 2013). E’ interessante
osservare che, sebbene le nostre percentuali siano inferiori, andando a sommare anche le
forme partial a e partial b, queste cifre diventano confrontabili. Crescenti evidenze in
letteratura dimostrano la rilevanza clinica delle forma sottosoglia o parziali del PTSD, che
61
necessitano la stessa attenzione delle forme conclamate, in quanto si rivelano altrettanto
invalidanti, accompagnandosi spesso ad un elevato grado di malessere soggettivo e ad una
compromissione nel funzionamento sociale e/o lavorativo, come è stato riportato in
precedenti studi (Breslau et al., 2004; L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; Lai
et al., 2004; Mylle & Maes, 2004). McLaughlin, riprendendo la letteratura, che sottolineava
l’importanza delle forme di PTSD parziale indagate secondo i criteri DSM-IV-TR, ha fornito
il primo confronto globale delle diverse definizioni di PTSD sottosoglia individuate secondo
i criteri sintomatologici del DSM-5, che di fatto portano il numero dei clusters
sintomatologici dai precedenti 3 agli attuali 4. Questi autori hanno dimostrato che la
percentuale di profili sottosoglia che richiedono due o tre criteri secondo il DSM-5 è più o
meno paragonabile alla proporzione di soggetti che raggiunge la soglia per la diagnosi di
PTSD (McLaughlin et al., 2015).
In questo senso, inoltre, l’utilizzo di un modello di Spettro per indagare la sintomatologia
post-traumatica, come quello fornito dal TALS-SR che abbiamo adottato in questo studio,
ha concesso la possibilità di riconoscere e esplorare in modo più fine non solo le forme
parziali ma anche gli aspetti sintomatologici sottosoglia più sfumati. Questo si evince infatti
dai punteggi medi dei domini TALS-SR che, nel nostro studio, si sono dimostrati
perfettamente confrontabili con studi precedenti, effettuati presso la stessa Clinica
Psichiatrica dell’Università di Pisa, in pazienti con PTSD o meno, senza diagnosi di
fibromialgia (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009).
Per quanto riguarda la percentuale di soddisfacimento dei singoli cluster sintomatologici del
DSM-5 analizzati nel nostro studio, è emerso che quello più rappresentato sia il cluster B
(esplora i sintomi intrusivi e di rievocazione) in circa il 60% dei soggetti, seguito dal cluster
A e C in circa il 40% dei casi. La rievocazione risulta spesso correlata con le alterazioni del
pattern ipnico, tipico dei pazienti fibromialgici. A questo proposito i ricercatori della Clinica
Psichiatrica di Pisa hanno ipotizzato, in uno studio molto recente, che i disturbi del sonno, a
causa di una iperattivazione dello stress-system, incluso il sistema infiammatorio, giochino
un ruolo centrale come dimensione transdiagnostica tra i disturbi d’ansia, dell’umore e la
sintomatologia della fibromialgia, in particolare dolore e fatica (Palagini et al., 2016).
Inoltre, l’utilizzo di questo approccio multidimensionale ha permesso di considerare anche
la presenza degli eventi low magnitude come potenzialmente traumatici, esclusi dal DSM-5
in cui era stata mantenuta una impostazione più rigida. L’impatto di questi eventi di minore
62
entità è confermato anche dal nostro studio, in cui, tra i soggetti con PTSD, è emerso un
numero significativo di positività ad eventi considerati potenzialmente traumatici, quali ad
esempio ripetute e gravi discussioni in famiglia, una grave malattia, un importante evento
chirurgico o una procedura medica stressante e aver ricevuto avances sessuali indesiderate,
abusi fisici o sessuali. Analoghi risultati sono emersi dallo studio di validazione del TALSSR, effettuato dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, su un campione di pazienti
con PTSD e senza PTSD (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Inoltre,
confrontando questi due studi, i nostri risultati hanno evidenziato che i soggetti con
fibromialgia hanno in media un numero maggiore di eventi potenzialmente traumatici e lutti,
più frequenti rispetto ai controlli anche nel campione senza fibromialgia, riportando punteggi
più alti nei Domini I e III del TALS-SR.
Per quanto riguarda infatti la relazione tra fibromialgia ed eventi traumatici, ipotesi recenti
suggeriscono che l’esposizione ad episodi traumatici costituisca un elemento scatenante la
sintomatologia nei soggetti predisposti geneticamente. In particolare eventi traumatici
precoci possono influenzare i circuiti cerebrali di modulazione del dolore e delle emozioni
determinando l’aumentata risposta al dolore e i sintomi concomitanti, riferiti dai pazienti con
fibromialgia (L. A. Bradley, 2008; Crofford, 2007; Schweinhardt et al., 2008). A questo
proposito, sebbene con lo strumento di valutazione utilizzato in questo studio non abbiamo
avuto la possibilità di valutare la relazione temporale tra l’esposizione degli eventi traumatici
e lo scatenarsi della sintomatologia dolorosa nei pazienti fibromialgici, è emerso che i
pazienti fibromialgici con PTSD e riportano un numero maggiore di eventi traumatici
rispetto a quelli senza PTSD, dimostrando non solo la rilevanza dell’evento primario ma
anche l’importanza del numero di traumi subiti. Uno studio recente, utilizzando un campione
molto ampio di pazienti fibromialgici, ha dimostrato che in circa il 66% dei soggetti l’evento
traumatico e il PTSD erano antecedenti all’insorgenza della sintomatologia, nel 30% erano
seguenti e nel restante 4% erano concomitanti ad essa (Hauser et al., 2013).
E’ interessante notare che per quanto riguarda il tipo di eventi traumatici riportati nel nostro
studio dai pazienti fibromialgici con PTSD il più importante è stato la morte improvvisa di
una persona cara (64%), seguito dalla separazione da un caro amico, partner sentimentale o
familiare, da un sentimento di abbandono, da abusi fisici o sessuali e da un evento che ha
seriamente minacciato il benessere, impego, livello professionale, stato sociale o sicurezza
economica. Queste proporzioni riflettono quelle riportate in altri studi, tra cui uno condotto
63
dai ricercatori della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa sui dati del World Mental
Health Survey Initiatives in un campione epidemiologico rappresentativo della popolazione
italiana adulta, (Carmassi et al., 2014), che indagano il tipo di evento traumatico in termine
di prevalenza e rischio di sviluppare PTSD (Benjet et al., 2016; Breslau et al., 1998).
Un’altra interpretazione interessante è che non si tratterebbe di una semplice comorbidità tra
PTSD e fibromialgia, ma che esse rappresentino una differente espressione clinica in
reazione ad un episodio traumatico. Questa ipotesi avrebbe senso soprattutto considerando
che i sintomi fisici sono più “accettati”, dal punto di vista socio-culturale, rispetto ai sintomi
emotivi e mentali. Sotto quest’ottica, quindi, la fibromialgia rappresenterebbe
un’espressione fisica delle turbolenze psicologiche, cioè una forma somatizzata di PTSD
(Cohen et al., 2002).
Altro elemento presente nella letteratura è stata l’evidenza di spiccati comportamenti
maladattativi a carico dei pazienti con PTSD (L. Dell'osso et al., 2012). Il nostro studio,
infatti, in linea con la letteratura, ha dimostrato una differenza statisticamente significativa
nella positività a quasi tutti gli items maladattativi tra il sottogruppo che aveva il PTSD e
quello senza PTSD. Infatti, ben 4 soggetti (36,4%) tra gli 11 con PTSD hanno riferito
ideazione suicidaria o almeno un tentativo di suicidio (items 102-104). A questo proposito
il TALS-SR, in quanto strumento di autovalutazione, si è rivelato più sensibile dell’Intervista
Clinica Strutturata, a causa della sua impostazione più rigida, nell’esplorare i comportamenti
maladattativi, in quanto indaga uno spettro di sintomi più sfumati come la mancata
compliance alla terapia e alle indicazioni mediche, la scarsa cura di sé e l’intraprendere
comportamenti rischiosi.
Andando ad analizzare l’AdAS Spectrum abbiamo riscontrato punteggi significativamente
superiori in quasi tutti i domini nei soggetti con PTSD rispetto ai soggetti con PTSD parziale
o senza PTSD. Valutando le correlazioni tra la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico
da Stress e quella di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, abbiamo riscontrato come
il dominio dell’infanzia/adolescenza sia fortemente correlato con i comportamenti
maladattativi; inoltre la comunicazione non verbale è risultata correlata in maniera
statisticamente forte con gli eventi potenzialmente traumatici (dominio III), con la reazione
agli eventi di perdita o traumatici (dominio IV), con la rievocazione (dominio V), con
l’evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio VI), con i comportamenti
maladattativi (dominio VII), con l’arousal (dominio VII); il dominio della routinarietà,
64
invece, presenta una buona correlazione con gli eventi potenzialmente traumatizzanti
(dominio III), reazione agli eventi di perdita (dominio IV), rievocazione (dominio V),
evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio VI), comportamenti disadattativi
(dominio VII) e arousal (dominio VIII); gli interessi ristretti e ruminazioni correlano con gli
eventi potenzialmente traumatici (dominio III), reazione agli eventi di perdita (dominio IV),
evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio V), arousal (dominio VII);
l’iper/iporeattività agli stimoli invece correla in maniera significativa con la rievocazione
(dominio V), evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio VI), comportamenti
disadattativi (dominio VII) e arousal (dominio VIII). L’Empatia non sembra differire tra i
soggetti con PTSD e quelli senza. Interessante sottolineare che dallo studio è emersa una
correlazione moderata tra il Dominio VI dell’AdAS Spectrum (interessi ristretti e
ruminazioni) e il dominio V del TALS-SR (rievocazione). Questo potrebbe essere in linea
con recenti ipotesi le quali hanno evidenziato che i pensieri ruminativi siano fortemente
associati con il PTSD, e con alcune delle sue manifestazioni principali, come l’interruzione
del sonno, suggerendo un possibile ruolo delle caratteristiche dello Spettro Sottosoglia
dell’Autismo dell’Adulto in queste relazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L. Dell'Osso
et al., 2015).
Tutti i risultati emersi in questa tesi, confermano l’ipotesi recentemente sviluppata da alcuni
ricercatori (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; King, 2010), che la patologia di Spettro
Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto potrebbe costituire una condizione pre-esistente in
grado di determinare da un lato una maggiore suscettibilità all’esposizione ad eventi
traumatici, dall’altro una maggiore vulnerabilità agli effetti più intensi e cronici del trauma
stesso per le difficoltà di elaborazione dell’evento stesso dovute al peculiare funzionamento
cognitivo di questi soggetti.
Riguardo alla correlazione tra Autismo e fibromialgia attualmente esistono delle ipotesi che
suggeriscono che il sistema oppioide, che ha un ruolo sia nella modulazione dell’intensità
del dolore che nelle relazioni sociali, sarebbe ipoattivato nella fibromialgia e iperattivato
nell’Autismo (Johnson et al., 2014). Tuttavia in merito a questo argomento sono necessari
ulteriori studi.
Diversi sono i limiti del nostro studio. Il primo è rappresentato dall’ampiezza del campione,
che non ci permette di correlare TALS-SR e AdAS Spectrum non solo nel campione totale
ma anche nei sottogruppi. Altro limite è rappresentato dal fatto che il TALS-SR è uno
65
strumento lifetime, e quindi non solo non permette di valutare la distanza temporale dal
trauma ma non mi permette neanche di stimare la correlazione temporale tra l’evento
traumatico e la sintomatologia fibromialgica. Un ulteriore limite dello studio è l’assenza
della valutazione del funzionamento socio-lavorativo dei soggetti e della gravità della
sintomatologia della fibromialgia, che non ha permesso di valutare l’impatto negativo del
PTSD sull’outcome clinico della malattia, come invece molti altri studi hanno dimostrato
(Ablin et al., 2008; L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011; Hauser et al., 2013;
Sherman et al., 2000).
Nonostante le limitazioni suddette, il nostro studio evidenzia un tasso rilevante di PTSD,
diagnosticato per la prima volta in letteratura secondo i criteri del DSM-5 in un campione
pazienti con diagnosi di fibromialgia, e riporta correlazioni significative tra la sintomatologia
dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto e quella di Spettro Post-Traumatico da
Stress. Sebbene siano necessari ulteriori studi, si evidenzia l’originalità di questi dati.
66
6.TABELLE E FIGURE
Tabella 1: Caratteristiche demografiche e cliniche del campione totale (n=61)
Media ± DS
Età (anni)
Totale (N=61)
49,78± 12,00
Femmine (N=52)
51,67±10,76
Maschi (N=7)
35,71±12,05
p
,001
N (%)
Stato civile
Attività lavorativa
Celibi o nubili
15; 24,6%
Coniugati
32; 52,4,%
Separati o divorziati
11; 18%
Vedovi
3; 4,9%
Studenti
2; 3,3 %
Disoccupati
6; 9,8%
Casalinghe
15; 24,6%
Occupati (operai, commercianti, artigiani,
impegati, insegnanti, liberi professionisti)
Livello di istruzione
Tipo di famiglia
Invio da parte di
Disturbi nello sviluppo
Uso di farmaci in atto e/o pregressi
33; 73,8 %
Pensionati
5; 8,2%
Licenza elementare
3; 4,9 %
Licenza media
19; 31,1%
Diploma scuola media superiore
31; 50,8 %
Laureati
5; 8,2 %
Specializzazione post-laurea
2: 3,3 %
Famiglia parentale
16; 26,2 %
Famiglia coniugale
35; 57,4%
Soli
6; 9,8 %
Medico curante
24; 39,3%
Medico specialista
20: 32,8%
Amico/familiare/conoscente
8; 13,1 %
Spontanea
4; 6,6 %
Linguistico
1; 1,6 %
Motorio
5; 8,2%
Antidepressivi
42; 68,9%
Benzodiazepine
9; 14,8%
Anticonvulsivanti
10; 16,4%
Antipsicotici
2; 3,3%
67
Tabella 2: PTSD conclamato e parziale (a, b, a+b) e risposta ai criteri sintomatologici del
PTSD del DSM-5 nel campione totale (n= 61).
PTSD
Partial a
PTSD*
Partial b
PTSD**
Partial (a+b)
PTSD
Cluster
B
Cluster
C
Cluster
D
Cluster
E
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
Totale
11
13
8
21
35
26
19
27
(n= 61)
(18%)
(21,3%)
(13,1%)
(34,4%)
(57,4%)
(42,6%)
(31,1%)
(44,3%)
*Partial a = 3 criteri sintomatologici del DSM-5 soddisfatti; **Partial b = 2 criteri sintomatologici del DSM-5 soddisfatti
Figura 1: Percentuale di soggetti che soddisfano i criteri per PTSD, PTSD parziale o
singoli criteri sintomatologici del DSM-5 nel campione totale (n= 61).
60
50
40
30
20
10
0
PTSD (%)
Partial a
PTSD (%)
Partial b Partial (a Cluster B Cluster C Cluster D Cluster E (
PTSD (%) +b) PTSD
(%)
(%)
(%)
%)
(%)
68
Figura 2: Traumi riferiti dai pazienti fibromialgici con diagnosi di PTSD (n=11).
9%
9% (n=1)
(n=1)
9%
(n=1)
9%
(n=1)
64%
(n=7)
Esser trascurato o abbandonato
Separazione di un caro amico, partner sentimentale o familiare
Morte di un caro amico o familiare
Abusi fisici o sessuali
Evento che ha minacciato il benessere, impiego, stato sociale
69
Tabella 3: Punteggi medi (±SD) dei singoli domini del TALS-SR nel campione totale (n=61) e confronto tra il sottogruppo con diagnosi di PTSD
(n=11), con PTSD parziale (n=21) e quello senza PTSD (n=29).
I. Eventi di perdita
II. Reazione agli eventi di perdita
III. Eventi potenzialmente traumatici
IV. Reazione alla perdita o a eventi
Totale
PTSD
PTSD parziale
No PTSD
F (2,58);
Differenze significative
(Media ± SD)
(Media ± SD)
(Media ±SD)
(Media ±SD)
p
(p < .05)
4,08±1,97
4,45±1,43
4,85±1,45
3,37±2,25
4,01; .023
NoPTSD<PTSDparz
8,62±5,84
13,90±6,45
10,14±5,78
5,51±3,42
13,02; .000
NoPTSD<PTSDparz,
NoPTSD<PTSD
3,29±2,92
5,45±3,50
4,33 ± 2,95
1,72±1,60
11,42; .000
NoPTSD<PTSD
5,19±4,45
9,81±3,37
7,38±3,63
1,86±2,34
35,84; .000
VI. Evitamento e ottundimento delle
2,40±2,26
4,63±1,80
3,76±1,70
0,58±1,01
45,99; .000
VIII. Arousal
IX. Caratteristiche di personalità/fattori
NoPTSD<PTSDparz,
NoPTSD<PTSD
2,32±2,80
7,00±2,09
2,71±1,58
0,27±0,70
98,03; .000
NoPTSD<PTSDparz<
PTSD
emozioni
VII. Comportamenti disadattativi
NoPTSD<PTSDparz,
NoPTSD<PTSD
potenzialmente traumatici
V. Rievocazione
NoPTSD<PTSDparz,
0,68±1,44
2,27±2,24
0,80±1,28
0,00±0,00
14,48; .000
NoPTSD<PTSD,
PTSDparz<PTSD
1,70±1,88
4,09±0,94
2,61±1,56
0,13±0,35
71,60; .000
NoPTSD<PTSDparz<
PTSD
1,47±1,32
2,45±1,50
1,76±0,99
0,89±1,20
7,66; .001
NoPTSD<PTSDparz,
NoPTSD<PTSD
di rischio
70
Figura 3: Risposte positive agli items del Dominio I (Eventi di perdita) del TALS-SR nel
sottogruppo di soggetti con PTSD (n=11).
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Figura 4: Risposte positive agli items del Dominio III (Eventi potenzialmente traumatici)
del TALS-SR nel sottogruppo di pazienti fibromialgici con PTSD (n=11).
80
70
60
50
40
30
20
10
0
71
Tabella 4: Punteggi medi (± SD) totali e dei singoli domini dell’AdAS Spectrum nel
campione totale (n=61) e confronto tra pazienti con PTSD (n=11), PTSD parziale (n=21) e
no PTSD (n=29).
Totale
PTSD
PTSD
No PTSD
F(2,58),
parziale
(Media
I.
(Media
Differenze
significative
(Media
(Media
±SD)
±SD)
±SD)
±SD)
3,86±3,16
6,00±3,66
4,23±3,72
2,79±1,91
p
(p < .05)
4,87;
NoPTSD<PTSD
.011
Infanzia/adol
escenza
4,11±2,55
II.
6,18±2,48
4,04±2,39
3,37±2,32
5,57;
NoPTSD<PTSD
.006
Comunicazio
ne verbale
5,39±3,47
III.
8,45±3,17
6,28±3,14
3,58±2,74
Comunicazio
ne
12,2;
NoPTSD<PTSDp
.000
arz,
NoPTSD<PTSD
non
verbale
3,16±2,18
IV.
3,27±1,48
3,42±1,91
2,93±2,59
0,32;
Nessuna
.724
Empatia
10,37±6,42
V.
16,09±5,90
10,80±6,81
7,89±4,85
8,09;
NoPTSD<PTSD
.001
Routinarietà e
inflessibilità
4,81±3,89
VI.
6,90±4,18
5,61±4,38
3,44±2,88
NoPTSD<PTSD
.019
Interessi
ristretti
4,24;
e
ruminazioni
VII.
4,42±3,47
6,81±3,65
4,90±4,14
3,17±2,18
5,37;
NoPTSD<PTSD
.007
Iperiporeattività
agli stimoli
Totale
36,16±19,4
53,72±16,9
39,33±20,3
27,20±14,1
10,26;
NoPTSD<PTSDp
4
8
3
3
.000
arz,
NoPTSD<PTSD
72
Tabella 5: Correlazione tra i punteggi totali e dei singoli domini del TALS-SR e
dell’AdAS Spectrum nel campione totale (n=61).
TALS-SR
Eventi
Reazio
Eventi
Reazio
Rievocaz
Evitamento
Comporta
Aro
Caratteri
di
ni agli
potenz
ni alla
ione
e
menti
usal
stiche di
perdit
eventi
ialmen
perdit
ottundiment
maladattat
personali
a
di
te
a
o
ivi
tà/
AdAS
perdit
traum
traum
Spectrum
a
atici
a
r,p
r,p
r,p
r,p
r,p
r,p
r,p
r,p
r,p
r,p
Infanzia/adol
,116
,211
,333
,340
,340
,472
,542
,368
,178
,411
escenza
,372
,103
,009
,007
,007
,000
,000
,004
,169
,001
Comunicazio
,160
,299
,301
,356
,300
,381
,331
,372
,181
,408
ne verbale
,218
,019
,018
,005
,019
,002
,009
,003
,163
,001
Comunicazio
,184
,358
,555
,516
,550
,584
,516
,594
,440
,620
ne
,155
,005
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,190
-,089
,156
-,048
,040
,005
,090
,089
,082
,032
,143
,495
,229
,714
,759
,971
,488
,495
,529
,805
Routinarietà
,063
,383
,493
,447
,449
,492
,525
,546
,309
,551
e
,629
,002
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,015
,000
-,020
,342
,429
,414
,390
,416
,322
,425
,298
,464
,880
,007
,001
,001
,002
,001
,011
,001
,020
,000
Iper-
,036
,207
,436
,349
,436
,405
,469
,437
,198
,435
iporeattività
,783
,109
,000
,002
,000
,001
,000
,000
,126
,000
,118
,360
,537
,490
,502
,550
,556
,569
,338
,588
,367
,004
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,008
,000
non
o
delle
emozioni
Totale
Fattori di
rischio
verbale
Empatia
inflessibilità
Interessi
ristretti
e
ruminazioni
agli stimoli
Totale
Sono indicate in rosso le correlazioni da moderate a buone (r= 0.40-0.60), in verde le correlazioni da deboli a
moderate (r=0.20-0.40) e in grassetto le correlazioni forti (r= 0.60-0.80)
73
Tabella 6: Risposte positive agli items del Dominio VII (Comportamenti maladattativi) del
TALS-SR nel sottogruppo di soggetti con PTSD (n=11) e nel sottogruppo senza PTSD
(n=50).
Da quando si è
verificato la perdita
o l’evento, ha mai/si è
No PTSD (N, %)
PTSD (N, %)
p
3, 6,0 %
9, 81,8%
,000
4, 8,0 %
4, 36,4%
,029
2, 4,0%
3, 27,3 %
,037
0, 0,00%
1, 9,1%
,180
5, 10,0%
2, 18,2%
,599
2, 4,0 %
2, 18,2%
,146
0, 0,00%
2, 18,2 %
,030
1, 2,0%
2, 18,2 %
0,81
mai:
97) Smesso di prendersi
cura di se stesso/a
98) Smesso di assumere
le medicine che le erano
state
prescritte
o
di
eseguire le indicazioni
mediche
99) Assunto alcool o
droghe o medicinali da
banco
100)
Intrapreso
comportamenti rischiosi
101) Desiderato di non
essere sopravvissuto
102) Pensato di togliersi
la vita
103)
Intenzionalmente
graffiato/a,
tagliato/a,
bruciato/a
104) Tentato il suicidio
Sono indicate in grassetto le differenze statisticamente significative (p<.05)
74
Figura 5: Comorbidità psichiatriche in un sottogruppo (n=40) del campione in esame
intervistato mediante la Structured Clinical Interview for Mental Disorder according to
DSM-5 criteria (SCID-5).
100%
80%
60%
40%
20%
0%
Disturbo
Bipolare I e
II (n=15)
Percentuale
37,5%
Disturbo
Disturbo
Disturbo da
Disturbi del
d'Ansia
Fobia Sociale Ossessivo
Panico
sonno
Generalizzat
(n=4)
Compulsivo
(n=31)
(n=13)
o (n=25)
(n=18)
77,5%
62,5%
32,5%
75
10%
45%
Disturbo da
Uso di
Sostanze
(n=7)
17,5%
7. APPENDICE
TALS-SR
VERSIONE LIFETIME
Studio
Iniziali/codice pz
Data
Le domande che seguono si riferiscono ad eventi di perdita ed esperienze che possono
averla turbata ed esserLe accaduti in qualsiasi momento della vita, anche nel lontano
passato. La preghiamo di rispondere alle domande, tenendo conto del fatto che non tutte
si riferiscono a sintomi di una malattia, barrando “SI” o “NO”.
Le prime domande sono riferite ad eventi di perdita che possono esserle accaduti.
I DOMINIO: EVENTI DI PERDITA
Le è mai capitata una delle seguenti cose?
1
Un cambiamento di abitazione, scuola, lavoro, delle persone
che si prendevano cura di lei, etc. che non avrebbe voluto o No
di cui si è pentito?
Si
2
La separazione da un caro amico, partner sentimentale, o
familiare a causa di un trasloco, di un’ospedalizzazione, del
No
servizio militare, o a causa di una discussione o di un
disaccordo?
Si
3
Una rottura del rapporto con un partner sentimentale o con
No
un caro amico, che le ha provocato dolore?
Si
4
Un divorzio nella sua famiglia?
No
Si
5
La perdita o la morte di un animale domestico cui era
No
affezionato/a?
Si
6
Di essere trascurato/a o abbandonato/a?
No
Si
7
La morte di un caro amico o di un familiare?
No
Si
8
Un aborto (spontaneo o volontario) o una morte alla nascita? No
Si
9
Ha perso la vista, l'udito o è portatore di un grave handicap? No
Si
10
Ha avuto nessun’altra importante perdita o abbandono di
persone, luoghi o cose, di cui non le ho domandato? Quali? No
Specificare:
Si
Se ha risposto “NO” a tutte le domande passi direttamente al Dominio III (Eventi Traumatici).
76
II DOMINIO: REAZIONI AGLI EVENTI DI PERDITA
Da quando si sono verificate queste perdite, ha mai avuto un periodo in cui:
11
Aveva molta difficoltà nell'accettare la perdita?
No
Si
12
Rimpiangeva continuamente com’erano le cose prima che
accadessero questi eventi?
No
Si
13
Rimpiangeva o cercava una persona cara o un luogo familiare in
modo eccessivo e/o incontrollabile?
No
Si
14
Sognava spesso ad occhi aperti la persona o la cosa persa?
No
Si
15
Era tormentato/a dalla perdita più di quanto si aspettasse, o
provava frequentemente una stretta al cuore?
No
Si
16
Si sentiva come se la sua vita non avesse più senso senza la
persona o la cosa persa?
No
Si
17
Il dolore per il lutto interferiva con le sue capacità di azione?
No
Si
18
La sua famiglia o gli amici, le dicevano che era giunto il
momento di superare quello che era successo?
No
Si
Ha mai avuto un periodo di tempo in cui:
19
20
Sentiva un gran bisogno di evocare il ricordo della persona,
luogo o cosa che aveva perso?
Passava molto tempo con oggetti che le ricordavano la persona, il
luogo o la cosa che aveva perso, come foto, album, diari, ricordi,
etc.?
No
Si
No
Si
21
Si sentiva obbligato a visitare i luoghi che le ricordavano la
persona, il luogo o la cosa persa?
No
Si
22
Aveva immagini ricorrenti e dolorose della persona, luogo, o
cosa, che aveva perso?
No
Si
23
Era estremamente triste nel pensare quanto la persona, il luogo o
la cosa fossero speciali?
No
Si
77
24
Evitava di recarsi al cimitero o nel posto dove la persona era
morta o in qualunque altro luogo collegato alla morte?
No
Si
25
Non riusciva a ricordare le cose che più amava, ammirava, o che
apprezzava della persona persa?
No
Si
26
Pensava di vedere, udire o parlare con la persona(e) persa(e)?
No
Si
27
Continuava a pensare che avrebbe potuto far qualcosa per
impedire la separazione o la morte?
No
Si
28
Si rimproverava di aver o non aver fatto qualcosa che pensava
avrebbe potuto aiutare la persona(e) persa(e)?
No
Si
29
Aveva l’impressione che se avesse smesso di soffrire per il lutto
avrebbe perso la(e) persona(e) per sempre?
No
Si
30
Sentiva che in qualche modo sarebbe stato sbagliato se il suo
dolore fosse stato meno intenso, quasi come se stesse tradendo la
persona(e) persa(e)?
No
Si
Le domande che seguono si riferiscono a come si sente adesso.
Lei è il tipo di persona o qualcuno le ha detto che lei:
31
Ha piacere o prova soddisfazione nel prendersi cura delle
persone?
No
Si
32
Sente il bisogno di avere sempre qualcuno di cui prendersi cura
(o si sente perso/a o senza scopo se non c’è qualcuno di cui
prendersi cura)?
No
Si
33
Ha difficoltà a chiedere aiuto?
No
Si
34
Tende a pensare che le persone a lei care saranno sempre
presenti?
No
Si
35
Crea legami molto stretti con le persone e le cose?
No
Si
36
Ha la sensazione di non poter vivere senza le persone care?
No
Si
37
Si irrita o si turba molto quando perde le cose cui è affezionato?
No
Si
78
III DOMINIO: EVENTI POTENZIALMENTE TRUMATICI
Le domande che seguono si riferiscono ad eventi che possono averla turbata o sconvolta
Le è mai capitato uno qualsiasi dei seguenti eventi:
38
Ripetuti fallimenti a scuola o al lavoro?
No
Si
39
Ripetute e gravi discussioni nella sua famiglia?
No
Si
40
Di essere ripetutamente preso/a in giro o molestato/a?
No
Si
41
Essere picchiato/a o minacciato/a fisicamente?
No
Si
42
Ricevere “avances sessuali” indesiderate?
No
Si
43
Abusi fisici o sessuali?
No
Si
44
Stupro?
No
Si
45
Subire una denuncia o un’azione disciplinare?
No
Si
46
Essere arrestato/a o incriminato/a?
No
Si
47
Un evento che ha seriamente minacciato il suo benessere,
impiego, livello professionale, stato sociale o sicurezza
economica?
No
Si
48
Una grave malattia, un importante intervento chirurgico o un’
altra procedura medica stressante (epilessia del figlio/a) ?
No
Si
49
Un grave incidente o infortunio (per esempio, un incidente d’auto
o aereo)?
No
Si
50
Una calamità (per esempio un uragano, un’alluvione, un
incendio, un tornado, un terremoto, un’esplosione)?
No
Si
51
Essere minacciato da criminali o terroristi?
No
Si
52
Subire un crimine (per esempio essere derubato/a, assalito/a,
rapinato/a)?
No
Si
53
Trovarsi in una zona di guerra?
No
Si
79
54
55
Essere imprigionato/a, rapito/a, torturato/a, o tenuto/a in
ostaggio?
Ci sono stati degli eventi che l'hanno turbata che le sono accaduti
diversi da quelli elencati?
Quali?
Specificare:
No
Si
No
Si
56
E’ mai stato testimone di un evento disturbante (accaduto a
qualcun altro), come quelli elencati (epilessia figlio/a)?
No
Si
57
E’ mai rimasto molto impressionato quando qualcuno le ha
raccontato di aver subito uno di questi eventi disturbanti?
No
Si
Ci sono periodi della sua vita, dopo l’eta’ di 5 an ni, di cui non
No
riesce a ricordare assolutamente niente?
Se ha risposto “NO” a tutte le domande dalla 11 alla 58 passi direttamente al Dominio IX
(Caratteristiche Personali)
58
Si
IV DOMINIO: REAZIONI ALLA PERDITA O AGLI EVENTI POTENZIALMENTE
TRAUMATICI
Le domande che seguono si riferiscono ad alcune situazioni che può aver avuto nel corso della
sua vita in relazione agli eventi di perdita o agli eventi traumatici fin qui elencati e che Le sono
accaduti.
Se ha sperimentato più eventi di perdita o eventi potenzialmente traumatici, La preghiamo di fare
riferimento a quello che ritiene sia stato il peggiore o più grave per Lei nel rispondere alleseguenti
domande e di trascrivere qui di seguito il numero della domanda (dei Domini I o III)
corrispondente al trauma cui farà riferimento:
IL TRAUMA PER ME PIU’ GRAVE CUI FARO’ RIFERIMENTO N EL RISPONDERE ALLE
PROSSIME DOMANDE E’ QUELLO RIPORTATO ALLA DOMANDA N .___48-56_______
Questo evento o perdita l'ha fatta sentire estremamente:
59
Impaurito/a?
No
Si
60
Triste?
No
Si
61
Colpevole o pieno/a di vergogna?
No
Si
62
Amareggiato/a o arrabbiato/a?
No
Si
63
Senza speranza o impotente?
No
Si
64
Inorridito/a o disgustato/a?
No
Si
65
Fisicamente o emotivamente insensibile o paralizzato/a?
No
Si
80
Nel momento della perdita o dell'evento , ha mai avuto uno dei sintomi seguenti:
66
Batticuore, sudorazione, tremore?
No
Si
67
Mancanza di respiro o senso di soffocamento?
No
Si
68
Fastidio o dolore al petto?
No
Si
69
Nausea o dolore addominale?
No
Si
70
Sensazione di vertigini, instabilità, testa vuota o svenimento?
No
Si
Nel momento della perdita o dell'evento , si è sentito…
71
Come se l'evento non fosse reale, o come fosse in un sogno o
spettatore di quello che stava accadendo?
No
Si
72
Come se stesse facendo le cose automaticamente, senza pensarci?
No
Si
No
Si
No
Si
No
Si
No
Si
73
74
75
76
Come se la sua percezione del tempo cambiasse, cioè le cose
sembrassero accadere al rallentatore?
Confuso/a o insicuro/a su dove si stesse trovando o che ora
fosse?
Come se i colori, suoni, odori fossero stranamente intensi o
insopportabili?
Particolarmente vigile, con la mente lucida?
V DOMINIO: RIEVOCAZIONE
Da quando si è verificata la perdita o l'evento, le è mai capitato di:
77
78
79
80
Aver avuto brutti sogni o incubi ricorrenti che riguardavano la
perdita o l’evento, di svegliarsi terrorizzato?
Aver provato spiacevoli sentimenti, improvvisamente quando si
trovava in prossimità di determinati luoghi, odori, suoni o
persone?
Aver sentito o ha agito come se gli eventi stessero accadendo di
nuovo?
Avere pensieri, sentimenti o immagini angoscianti collegate alla
perdita o all'evento?
No
Si
No
Si
No
Si
No
Si
81
Sentirsi più angosciato/a in quei periodi dell’anno in cui la
perdita o l'evento era accaduto?
No
Si
82
Si è mai accorto/a che gli altri evitavano di parlare della perdita
o dell'evento perché ne rimaneva molto turbato/a?
No
Si
81
Pensando alla perdita o all'evento si è mai/ha mai:
83
Sentito turbato/a dall’emozione o provato un senso di vuoto alla
bocca dello stomaco?
No
Si
84
Avuto altre sensazioni fisiche, come dolore, palpitazioni,
sudorazione, mal di testa, etc.?
No
Si
85
Sentito/a in colpa, o ha provato sensazioni di vergogna o di
rimprovero per quello che era successo?
No
Si
VI DOMINIO: EVITAMENTO E OTTUNDIMENTO DELLE EMOZIONI
Ha mai evitato:
86
Di pensare o di parlare della perdita o dell'evento?
No
Si
87
Particolari luoghi, persone, o situazioni sociali che le
ricordavano la perdita o l'evento?
No
Si
88
Di leggere il giornale o di guardare certi programmi televisivi o
film perché le ricordavano la perdita o l'evento?
No
Si
89
Attività o cose che scatenavano sentimenti di solitudine, pianto
o altre emozioni spiacevoli legate alla perdita o all'evento?
No
Si
Da quando si è verificata la perdita o l'evento, le è mai capitato di:
90
Rendersi conto di essere incapace di ricordare le cose collegate
alla perdita o all'evento?
No
Si
91
Rendersi conto che certe attività o cose che in passato erano per
lei importanti o interessanti erano diventate inutili, senza senso
o futili?
No
Si
92
Sentirsi privo/a delle emozioni che era solito/a provare o come
se i suoi sentimenti fossero attutiti?
No
Si
93
Sentirsi tagliato/a fuori o distaccato/a o come se fosse diverso/a
dalle altre persone?
No
Si
94
Avere difficoltà a fidarsi delle persone, sia degli estranei, che
delle persone della sua famiglia, o degli amici?
No
Si
95
Sentire che non sarebbe vissuto/a a lungo o che non avrebbe
avuto una vita soddisfacente?
No
Si
96
Sentire che la sua vita era cambiata per sempre e che le cose
non sarebbero più state le stesse?
No
Si
82
VII DOMINIO: COMPORTAMENTI DISADATTIVI
Da quando si è verificata la perdita o l'evento, ha mai/si è mai:
97
Smesso di prendersi cura di se stesso/a, per esempio, non
riposarsi a sufficienza, non mangiare adeguatamente?
No
Si
98
Smesso di assumere le medicine che le erano state prescritte o
di seguire le indicazioni mediche, come presentarsi alle visite,
effettuare esami diagnostici, o seguire una dieta?
No
Si
99
Assunto alcool o droghe o medicinali da banco per calmarsi o
alleviare la sofferenza psicologica o fisica?
No
Si
100
Intrapreso comportamenti rischiosi, come guidare velocemente,
avere attività sessuali promiscue, o frequentare luoghi
pericolosi?
No
Si
101
Desiderato di non essere sopravissuto/a?
No
Si
102
Pensato di togliersi la vita?
No
Si
103
Intenzionalmente graffiato/a, tagliato/a, bruciato/a o fatto del
male?
No
Si
104
Tentato il suicidio?
No
Si
VIII DOMINIO: AROUSAL
Da quando si è verificata la perdita o l'evento, ha mai/si è mai:
105
Avuto problemi di concentrazione o di attenzione, per esempio,
nel seguire la trama di un programma televisivo o di un libro o
a ricordare ciò che aveva letto?
No
Si
106
Sentito come se non si potesse rilassare o abbassare la guardia?
No
Si
No
Si
No
Si
No
Si
107
108
109
Trasalito/a facilmente al suono di rumori improvvisi o quando
qualcuno la toccava, le parlava, o le si avvicinava
inaspettatamente?
Sentito/a più irritabile, ha avuto scoppi di rabbia o ira, o ha mai
perso il controllo anche per cose di poco conto?
Avuto più difficoltà rispetto a prima ad addormenta rsi o a
dormire o ha avuto il bisogno di tenere una luce accesa per
addormentarsi?
83
IX DOMINIO: CARATTERISTICHE DI PERSONALITA’/ FATTORI DI RISCHIO
Le domande che seguono si riferiscono a come si sente adesso.
Lei è il tipo di persona o qualcuno le ha detto che lei:
110
E’ estremamente sensibile allo stress e alla perdita?
No
Si
111
E’ provocatorio/a?
No
Si
112
Ha piacere di essere al centro dell’attenzione?
No
Si
113
Spesso segue l’istinto senza realmente pensare a cosa stia
facendo?
No
Si
114
Di solito trova eccitante ciò che ad altri farebbe paura?
No
Si
115
Spesso si lancia in attività avventate o pericolose ?
No
Si
116
Dopo la perdita o l'evento che le è accaduto, pensa che la sua
personalità sia cambiata?
No
Si
84
AdAS Spectrum
(Dell’Osso et al., in press)
85
86
87
88
89
90
91
92
93
8.BIBLIOGRAFIA
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