Nuovi italiani: i giovani immigrati cambieranno il nostro paese

INSIEME
Scuola, famiglie, integrazione
L’immigrazione mette radici
Sintesi dell’intervento di Gianpiero Dalla Zuanna
Professore di Demografia – Università di Padova
In Italia la popolazione straniera residente al 1° gennaio 2012 è di 4 milioni e 859 mila (dati anagrafici
rilevati dall’Istat). Anche i minori stranieri e le nascite di straniere sono cresciute in modo poderoso (fig. 1).
Il fenomeno migratorio pone alla società italiana numerosi interrogativi sulle nuove dinamiche relazionali
che derivano da tali flussi e permanenze. Si tratta non solo di comprendere in che modo ciò possa influenzare
la società, ma di analizzare anche il rapporto che si viene a creare tra i giovani autoctoni ed i giovani
immigrati o figli di immigrati che vivono in Italia. La principale necessità sembra essere proporre un
incontro basato non solo sull’interesse reciproco, ma anche sulla condivisione di valori.
Fig. 1. Nati con i due genitori stranieri (A) e minori stranieri (B) in Italia 1991-2010. Dati in migliaia
1000
100
934
80
77
800
60
600
40
400
20
200
284
5
(A)
0
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
59
0
(B)
Convergenze
I giovani stranieri socializzati in Italia sono simili ai coetanei italiani, specialmente a quelli appartenenti alle
classi sociali basse o medio-basse. Questa contiguità non è limitata a dimensioni esteriori, come le
dichiarazioni di rapporti d’amicizia, oppure il modo di trascorrere il tempo libero, ma si realizza anche per
aspetti valoriali intimi: la religiosità, il modo di atteggiarsi di fronte alla vita, i sogni per il futuro, le
aspettative lavorative, i ruoli di genere. Per tutti questi aspetti, i ragazzi stranieri socializzati in Italia sono
assai più simili ai coetanei italiani piuttosto che ai coetanei provenienti dal loro stesso paese, ma arrivati in
Italia più grandicelli. Questi ultimi – da preadolescenti – presentano tratti di diversità più marcati rispetto ai
coetanei italiani, si mostrano più chiusi nella loro cerchia etnica e sono più religiosi. Essi hanno inoltre meno
possibilità per impiegare il loro tempo libero e sono più orientati verso la famiglia.
Dai dati raccolti attraverso l’indagine ITAGEN2 si evince in modo palese un processo di convergenza
(assimilazione = diventare simili) degli stranieri verso gli italiani. Ad esempio, per quanto riguarda la
religiosità (la domanda era “quanto preghi?”), i ragazzi arrivati da poco in Italia hanno dichiarato un senso
religioso molto più forte dei coetanei italiani, mentre i ragazzi stranieri nati in Italia hanno esibito lo stesso
1
livello di religiosità degli italiani. Tali esempi mostrano quindi un processo di convergenza, una progressiva
consonanza di atteggiamenti, sogni, ideali e valori. Tale processo di convergenza aumenta con il passare del
tempo di permanenza in Italia.
Il problema della scuola
Il vero problema che emerge dalla ricerca è quello scolastico: i risultati scolastici degli stranieri sono in
media nettamente peggiori rispetto a quelli degli italiani. Questo non è un processo “necessario”, una sorta
di dazio inevitabile da pagare allo strappo migratorio. Ad esempio gli italiani figli di emigrati in Australia
hanno avuto mediamente risultati migliori rispetto ai loro coetanei australiani. In Svezia il risultato scolastico
degli immigrati non è peggiore di quello dei loro coetanei svedesi. Qual è dunque il problema?
Si tratta di una questione banale: il sistema scolastico italiano non è pensato per gli immigrati, così come
non lo è per gli indigenti e per chi proviene da famiglie con genitori poco istruiti. È invece concepito per i
figli delle classi più agiate, per coloro che possiedono tutti gli strumenti affinché il figlio riproduca lo stato
sociale genitoriale. Gli immigrati, ovviamente, questi strumenti non li possiedono. Il sistema scolastico è
basato sui compiti a casa, ma non solo, anche su qualcuno che ti aiuti a farli. Solo uno straniero su 10
dichiara di avere un aiuto per i compiti a casa, contro 4 italiani su 10 (7 su 10 fra i figli di due genitori
laureati). La scuola non colma il gap di capitale sociale umano tra giovani figli di immigrati ed i loro
coetanei italiani, così come non colma le differenze fra gli italiani appartenenti alle diverse classi sociali.
Per quanto riguarda gli stranieri, le differenze in base all’età di arrivo nel nostro Paese sono molto
marcate. I nati in Italia sono in ritardo scolastico come i coetanei italiani provenienti da famiglie con basso
titolo di studio, mentre per quelli giunti successivamente il divario è notevole e fortemente crescente a
seconda dell’età dell’arrivo. Inoltre, i giovani stranieri, oltre a condividere lo svantaggio competitivo con i
figli degli italiani delle classi sociali più sfavorite, debbono superare ulteriori ostacoli legati alla loro
condizione di immigrati. Non è un caso che anche i giovani stranieri che terminano le scuole medie inferiori
con buoni risultati tendano comunque a intraprendere cicli scolastici brevi, volti a favorire un più rapido
inserimento sul mercato del lavoro.
Questo non significa che la scuola italiana deve ridurre le proprie richieste di rendimento né abbassare i
propri standard, vuole invece evidenziare che ci vuole più scuola per chi ne ha più bisogno, per chi parte più
svantaggiato rispetto la media. Il sistema scolastico dovrebbe aiutare questi discenti a giocare i propri talenti,
a tirar fuori quelle le proprie capacità, mentre invece non è così. Si è discusso a lungo, e probabilmente si
discuterà ancora, dell’art. 34 della nostra Costituzione che recita quanto segue: “La scuola è aperta a tutti”;
“L’istruzione, impartita per almeno 8 anni, è obbligatoria e gratuita”; specificando che “I capaci e i
meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Tale articolo fa
inoltre presente che “La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed
altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Soffermandoci ad analizzare le suddette
affermazioni possiamo constatare che la realtà presente nella nostra società non appare né così limpida e né
così semplice. Quante sono le famiglie in Italia che possono permettersi l’istruzione dei figli anche se
versano in condizioni di vero disagio? Quante di queste vengono aiutate interamente dallo Stato?
Si dovrebbe anche ripensare criticamente alla consuetudine di inserire i ragazzi stranieri, che giungono in
Italia più grandi, una o due classi indietro rispetto alla loro età; spesso questo conduce a frustrazioni, al
desiderio di chiudere l’affaire scuola il più presto possibile.
Purtroppo mancano precise linee nazionali, paragonabili, per alcuni versi, a quelle da tempo esistenti, pur
fra difficoltà e contraddizioni, per favorire l’inserimento scolastico degli studenti disabili. È possibile quindi
che un giovane studente straniero si trovi bene in un istituto scolastico, ma che dopo un eventuale
trasferimento imposto, possa vivere un forte disagio; questo perché non sono presenti linee guide nazionali
ed il tutto è lasciato al dinamismo delle singoli istituti.
La scuola – quindi – è “il problema”, nel senso che se in una società ricca non studi, non aspiri al
massimo livello, rischi di fare poca strada. Gli stranieri iscritti all’università sono relativamente numerosi,
ma quasi tutti immatricolati in Facoltà nelle quali faranno fatica a trovare lavoro dopo la laurea. La scuola,
pur svolgendo un lavoro prezioso di socializzazione e di integrazione interclassista ed interculturale, spesso
perpetua da una generazione all’altra le diseguaglianze.
Se non forniamo ai figli degli stranieri gli strumenti per avere un livello socioeconomico superiore
rispetto ai loro genitori assisteremo ad un processo di downward assimilation, ossia l’integrazione dei
ragazzi di seconda generazione nelle parti oscure della società, nei circoli viziosi della criminalità.
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Diffidenze e pregiudizi
La diffidenza verso gli immigrati espressa dai giovani italiani è persistente, ma fortemente legata allo status
dei genitori (figure 2-4). Molti italiani temono che il numero elevato di immigrati possa ritardare la
modernizzazione culturale ed economica frenando l’innovazione. Queste paure sono confutate dal fatto che i
giovani immigrati sono spinti dalla voglia di migliorarsi, di trovare la propria realizzazione socio-lavorativa,
e che di conseguenza il loro contributo all’economia italiana sarà positivo, a condizione che vengano messi
in grado di realizzare i loro sogni. Il timore di uno snaturamento della società italiana appare altrettanto
infondato poiché, come si è rilevato, l’assimilazione dei giovani immigrati verso aspirazioni e
comportamenti dei giovani autoctoni è sempre più evidente e tendenzialmente in crescita.
Fig. 2. Accordo su alcune frasi sulla presunta superiorità degli italiani o degli stranieri. Valori
percentuali
60
Stranieri
50
Italiani
40
30
Italiani
Stranieri
20
10
0
Gli stranieri si sentono superiori agli italiani
Gli italiani si sentono superiori agli stranieri
Fig. 3. Ragazzi italiani che si esprimono in modo positivo sul comportamento degli stranieri, secondo le opinioni
sugli stranieri espresse dai loro genitori. Valori percentuali
70
60
50
40
30
20
10
0
Mai
A volte
Spesso o molto spesso
I genitori si lamentano del comportamento degli stranieri?
3
Fig. 4. Studenti italiani “molto d’accordo” o “abbastanza d’accordo” con la frase “Gli stranieri si sentono
superiori agli italiani”, secondo alcune caratteristiche dei genitori
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
Istruzione
Lavoro
Entrambi italiano
Uno dialetto, uno
italiano
Entrambi dialetto
Entrambi
intellettuale
Lui intellettuale,
lei non lavora
Lui manuale, lei
non lavora
Entrambi
manuale
Alta
Media
Bassa
20
Lingua
Per concludere
Una società realmente interculturale fatica a nascere, sia a causa di atteggiamenti di forte diffidenza
verso gli stranieri da parte degli italiani, specialmente quelli meno scolarizzati, sia perché i giovani
stranieri assimilano sempre spesso, e rapidamente, gli aspetti culturali della società italiana.
Numerosi problemi vanno ancora risolti. In primo luogo, la necessità di diminuire le
disuguaglianze, specialmente nella scuola, per dare a tutti i ragazzi pari opportunità, al fine di non
sprecare un’immensa risorsa, spingere verso l’alto la mobilità sociale e favorire la costruzione del
capitale umano e sociale. Questo anche per evitare che gruppi significativi di seconde generazioni
entrino nella spirale del rancore sociale, così come successo in molti altri paesi occidentali e dove il
tasso di criminalità dei giovani è maggiore rispetto a quello dei genitori.
La paura che le migrazioni “snaturino” la società italiana è infondata. Fra i ragazzi prevalgono
processi di assimilazione, il rischio è semmai l’opposto: la perdita di identità culturale dei migranti.
Per approfondire lo studio delle condizioni delle seconde generazioni in Italia si vedano i risultati dell’indagine Itagen2,
sintetizzati da Gianpiero Dalla Zuanna, Patrizia Farina e Salvatore Strozza: Nuovi italiani. I figli degli immigrati
cambieranno il nostro paese? (il Mulino, 2009). Si veda anche il capitolo intitolato: “Nel nostro paese ci sono troppi
immigrati” nel volume: Cose da non credere (G. Dalla Zuanna e G. Weber, Laterza, 2011).
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