07 10 10 Intervento sulla multiculturalità di Marco Gentili

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Ben trovati amici ed amiche di Frazione Handicap.
Oggi, torno a parlarvi io Marco Gentili, colui che ha dato l’avvio ad un progetto che man mano,
con la valida collaborazione di un eccellente team, sta gradualmente riscontrando un grande
successo e che spero possa nel tempo raccogliere un bacino sempre più ampio di ascoltatori. Il
nostro obiettivo è quello di condividere con voi temi di rilevante spessore sociale che possano
evidenziare il valore costante e prezioso insito nella diversità.
Il tema che caratterizzerà la puntata di oggi è di estremo interesse per tutti noi in quanto fa
inevitabilmente parte integrante della società in cui viviamo:la multiculturalità. Prima di capire
insieme quali effetti ha la diversità etnica e culturale sulle nostre vite procediamo in primis a
dare una definizione il più possibile esauriente di multiculturalità: “il termine multiculturalismo
si ricollega all’idea di una pari dignità da riconoscersi alle espressioni culturali dei gruppi e delle
comunità che convivono in una società democratica e all’idea che ciascun essere umano ha
diritto a crescere dentro una cultura che sia la propria e non quella contingentemente
maggioritaria nel contesto socio–politico entro cui si trova a vivere”.
È infatti evidente che la società multietnica in cui ci troviamo a vivere si configura come un
sistema sociale strutturato con identità etniche diverse, sia dal punto di vista culturale che da
quello religioso, e inevitabilmente connesso con questo tipo di realtà si riscontra il problema
sempre più attuale della convivenza tra minoranze e maggioranza, o più specificatamente tra
immigrati e contesto di accoglienza, tutela e integrazione.
Certo è che questo di cui stiamo parlando è un argomento che non appartiene esclusivamente
ai giorni nostri ma risale addirittura all’epoca classica. Le società multietniche sono sempre
esistite, è sufficiente pensare ai grandi imperi del passato ovvero alle “invasioni barbariche”
per capirci, e nell’arco del tempo a tutte le ondate migratorie di massa che hanno
caratterizzato le diverse società fino all’età contemporanea. Forse ad essere più recente è
proprio il termine “multiculturalismo” e su quest’ultimo si dibatte malgrado l’ignoranza che
quotidianamente possiamo riscontrare nelle opinioni di molte persone, in TV, nelle piazze e
nelle sedi istituzionali quali Il Parlamento o il Senato.
La realtà italiana, come tutti ben sappiamo, è caratterizzata da un contesto sociale
multiculturale e proprio da questo deriva la rilevanza del dibattito. In base ad una ricerca
condotta dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” su un campione di 2200 ragazzi con
un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, soltanto il 40% degli intervistati ritiene che gli immigrati
che fanno parte della nostra società costituiscano un valore aggiunto in termini di ricchezza
sociale, contribuendo alla crescita e alla sostenibilità economica del Paese. Più del 30% invece
si dice contrario al multiculturalismo dal momento che va a complicare, se non a sconvolgere,
la convivenza culturale nazionale. In questo senso si pensi all’insicurezza sociale collettiva che
è derivata dagli episodi di terrorismo, di crimine quotidiano e lavoro nero. Ma attenzione alle
generalizzazioni!
Chiunque si avvicini al tema così ampio e delicato del multiculturalismo non deve dimenticare
che più di 100.000 donne straniere in tutta Italia lavorano nel ruolo di badanti o governanti al
posto nostro, perché evidentemente non vogliamo vivere più la pesantezza di certi compiti. Lo
stesso vale per il mondo dell’edilizia in cui a faticare moltissimo sono le braccia di immigrati di
diversa nazionalità che si prestano come risorse a basso costo pur di sopravvivere.
La convinzione che un immigrato sia un pericolo o qualcosa di negativamente “altro” è una
convinzione che nasce dall’idea sbagliata che si ha di religione. Quest’ultima non descrive delle
differenze ma è solo un grande contenitore di tanti altri aspetti e caratteristiche. C’è la
possibilità per tutti noi di trovare molte più affinità con una persona che viene dall’India di
religione diversa dalle nostre, che vive qui da anni, studia e che ha gusti ed interessi simili ai
nostri nella musica, che ama il calcio e magari odiare chi vive nel nostro stesso paese. Il
problema quindi non è l’immigrato ma siamo proprio noi. Fin quando il multiculturalismo sarà
visto come un attacco e un problema e non come una realtà da condividere, fin quando si
continuano a creare pubbliche convinzioni e discriminazioni, e continuiamo a cullarci nell’idea
che l’immigrato è “diverso” e solo per questo non deve essere accettato, allora smettiamola
anche di chiamare l’Italia “paese liberale” perché diremmo una grande sciocchezza!
Cominciamo a pensare con le proprie teste e a far valere la mentalità di ognuno e forse solo
allora le cose potranno cambiare.
A tal proposito vorrei darvi qualche cifra indicativa sulla presenza straniera in Italia. In base ai
dati ISTAT più recenti, relativi al I° gennaio 2010, gli stranieri sul territorio italiano
raggiungono il numero di 4.279.000 stranieri, pari al 7,1% della popolazione totale, con un
incremento, rispetto all'anno precedente, del 10% (ovvero 388.000 persone, valore inferiore
sia al 2007 che al 2008). Tale popolazione presenta un'età media decisamente più bassa di
quella italiana; i minorenni sono 862 mila mentre gli stranieri nati in Italia (le cosiddette
seconde generazioni) sono ormai 519 mila, cioè il 13,3% del totale degli stranieri.
Ovviamente i dati ufficiali non comprendono i numerosi stranieri che si trovano sul territorio
italiano in condizione illegale ma vi apporto le informazioni che ci fornisce la Fondazione IsmuIniziative e studi sulla multietnicità con una sua ricerca del 1º gennaio 2008 in cui è stata
stimata la presenza di un 17,9% in più di immigrati irregolari presenti sul territorio italiano che
sono più di 600 mila.
Per quanto invece riguarda i territori di provenienza, i dati attestano un deciso incremento
negli ultimi anni del flusso di immigrati provenienti dall’Europa Orientale, numeri che hanno
superato la quota di immigrati dal NordAfrica, che hanno caratterizzato le ondate migratorie
degli anni Novanta. È del resto sotto gli occhi di tutti come decisivo e incisivo sia stato in questi
anni l’incremento della comunità rumena che nel 2007, con l’ingresso della Romania
nell’Unione Europea, è passata da 342.000 a 625.000 persone, rappresentando quindi la
principale comunità straniera in Italia. Seguono le comunità albanese, marocchina, cinese ed
ucraina.
Uno spaccato ancora più determinante a favore della valorizzazione del multiculturalismo lo
possiamo dedurre anche dal mondo della scuola. In dieci anni gli alunni stranieri sono passati
dall’1,1% al 6,4% della popolazione scolastica e ciò indica un incremento che non può non
essere preso seriamente in considerazione; anzi deve farci capire e deve far capire che la
scuola deve valorizzare continuamente l’integrazione per chi crede nei valori civili della
solidarietà, nella promozione della pluralità delle culture e nello sviluppo di rapporti orizzontali
tra culture. È importante che la scuola si faccia promotrice di una cultura educativa fondata
sull’uguaglianza, sul rispetto delle multiculturalità e sul riconoscimento della differenza. Proprio
il rispetto della diversità è il concetto chiave che deve guidare l’insegnamento e di conseguenza
l’apprendimento del valore dell’ “altro”, con cui dobbiamo interagire perché facciamo tutti parte
integrante di un modello di società in cui l’arricchimento culturale può condurre ad un reciproco
e costruttivo scambio di esperienze. Quindi puntare all’omogenizzazione culturale è lo sbaglio
più grande che possiamo commettere, spinti magari da pregiudizi futili, paure infondate e
insicurezze collettive.
Il genere umano possiede risorse e capacità creative inesauribili nella possibilità di una nuova
creazione di cittadinanza planetaria, cosmopolita, internazionale attraverso l’educazione della
trasmissione del passato, nel recupero della memoria storica e, al contempo, apertura della
mente per accogliere il nuovo, il cambiamento, la diversità, l’anormalità, al centro della
innovativa missione di una progressiva progettualità interculturale del pensiero delle
differenze.
Nessun popolo può arrogarsi il diritto di una priorità cronologica e superiorità qualitativa,
perché ogni civiltà si costituisce su un terreno interculturale, ossia come la risultante di
interazioni transculturali, in quanto ogni cultura si è sempre formata grazie alla complessiva
intermediazione con altri saperì, linguaggi, valori, fedi e culture diversi e differenti da sè.
A voi che ci state ascoltando, spero con tutto il cuore che la puntata di oggi possa servirvi da
spunto di riflessione e far nascere in voi i più disparati interrogativi sulla convivenza
multiculturale, perché alimentare insieme il dibattito attraverso il nostro profilo facebook di
Frazione Handicap può incentivare il confronto di idee, obiettivo prioritario che ci siamo
prefissati fin dall’inizio di questa nostra straordinaria avventura. Se avete esperienze relative al
tema di oggi da condividere con noi scriveteci pure a: [email protected] o
lasciate un vostro commento sul post della puntata di oggi, sul nostro blog. Saremo lieti di
leggere opinioni positive e negative e di rispondere alle vostre domande.
Grazie a tutti coloro che ci hanno seguito, mi auguro davvero che davanti al vostro pc possiate
ascoltarci e condividere con noi un percorso di crescita formativo-personale oltre che collettivo
su determinati fenomeni sociali, progetti e temi come questo che riguardano il vissuto
quotidiano di tutti noi.
Mi avvio alla conclusione: il nostro lavoro qui in radio ci auguriamo possa contribuire a
migliorare la società, la nostra società. Partiamo dal piccolo ma le grandi sfide si vincono
sempre sviluppando passo per passo le potenzialità altrui.
Con l’invito di seguirci ogni giovedì dalle 16.30 alle 17.00, vi auguriamo un buon
proseguimento di serata e alla prossima!
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