.FERNANDO BOCCHINI

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“ILLECITO E
RESPONSABILITÀ”
PROF. FERNANDO BOCCHINI
Università Telematica Pegaso
Illecito e responsabilità
Indice
1
LA CONTRARIETÀ AL DIRITTO NORME E MODELLI DI SANZIONE ------------------------------------- 3
2
ILLECITO PENALE E ILLECITO AMMINISTRATIVO ----------------------------------------------------------- 6
3
ILLECITO CIVILE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4
DIVARI DI DISCIPLINA --------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Illecito e responsabilità
1 La contrarietà al diritto
Norme e modelli di sanzione
Di regola le norme giuridiche si presentano come c.d. norme perfette (anche dette norme
sanzionatorie o coercitive), formate da un precetto, che fissa la regola di comportamento (c.d.
norma primaria), e da una sanzione, che stabilisce la conseguenza della inosservanza del precetto
(c.d. norma secondaria): all’antigiuridicità del comportamento è correlata la conseguenza della
relativa violazione.
Più spesso i due profili (precetto e sanzione) sono contenuti nel medesimo articolo (ad es.,
chi cagiona ad altri un danno ingiusto è obbligato a risarcirlo: art. 2043); il debitore che non esegue
esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno (art. 1218). Talvolta però i due
profili sono regolati da norme distinte (ad es., gli artt. 1325 ss. prescrivono i requisiti di validità del
contratto; gli artt. 1418 ss. e 1425 ss. dispongono, rispettivamente, la nullità e l’annullabilità del
contratto per la violazione dei primi). Non è peraltro raro che ad una norma primaria si connettano più
norme secondarie, sia di diritto civile che di diritto penale (con formula di gergo, opera il
“combinato disposto” di più norme): ad es. il comportamento (colposo o doloso) che cagiona ad
altri un danno ingiusto, mentre integra l’illecito civile ex art. 2043, con l’obbligo di risarcimento del
danno a carico dell’autore, può integrare anche un illecito penale (reato), con le relative pene
afflittive imposte 1.
Non mancano poi c.d. norme premiali cioè norme la cui osservanza, invece di essere
affidata alla funzione intimidatoria della sanzione, è rimessa alla prospettiva di un vantaggio (tipici
esempi sono le norme che prevedono incentivi e sussidi per chi investe in aree depresse o
agevolazioni tributarie per chi reinveste nell’impresa gli utili prodotti).
Sono rare le c.d. norme imperfette che si limitano ad una mera indicazione della
condotta, senza prevedere conseguenze, né per la violazione né per l’osservanza. Non si connette al
precetto una conseguenza immediata e diretta della sua violazione, ma solo una funzione di ordine
morale (es. l’art. 315 che impone ai figli il dovere di rispettare i genitori).
In particolare la sanzione è espressione della imperatività dell’ordinamento giuridico, in
1
È il terreno proprio delle sanzioni civili in sede penale: per l’art. 185 c.p. “ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili; se
abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili,
debbono rispondere per il fatto di lui” (ai sensi degli artt. 2043-2059 c.c.).
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quanto in grado di imporre con la forza l’osservanza della norma e dunque la tenuta della stessa
organizzazione sociale (c.d. coercibilità o coattività). La sanzione ha una funzione punitiva per chi
viola il precetto (con la comminazione di una pena a carico del trasgressore), e perciò stesso ha
anche una funzione dissuasiva della violazione (inducendo la minaccia della pena all’osservanza
della norma).
Esiste una tipologia di sanzioni in funzione della ragione della comminatoria della stessa,
che si svolge in una fondamentale dicotomia: norme di diritto materiale e norme di diritto
strumentale. E’ una distinzione di fondamentale importanza per cogliere le diversificate reazioni
dell’ordinamento agli atti contrari allo stesso e cogliere il senso e la portata della responsabilità
civile.
Sono norme di diritto strumentale o formale (anche dette ordinative) quelle di presidio della
organizzazione sociale e dell’attività giuridica, tra le quali rientrano anche tutte le norme
processuali per far valere in giudizio i propri diritti. Sono norme che disciplinano l’attività umana
nelle sue espressioni giuridiche o come tali sono considerate. La reazione dell’ordinamento per
inosservanza di tali norme è la inefficacia in senso ampio dell’atto compiuto (per invalidità o altre
ragioni): non si producono o vengono eliminati gli effetti, sicché il risultato perseguito con l’atto
non è realizzato (es. la nullità degli atti compiuti in assenza di un elemento considerato essenziale
dalla legge o per violazione di norme imperative: artt. 1325 e 1418; la inopponibilità degli atti ai
terzi per inosservanza della pubblicità dovuta artt. 2643 ss.).
Sono norme di diritto materiale o sostanziale (anche dette proibitive) quelle attributive di
situazioni giuridiche soggettive di interessi individuali o di gruppi. La reazione dell’ordinamento
per la lesione di un interesse giuridicamente protetto (alterum non laedere) è la imposizione
dell’obbligo di risarcimento dei danni prodotti, attraverso la costituzione di una obbligazione di
risarcimento a carico del soggetto cui ricondurre la responsabilità della lesione (es. l’obbligo di
risarcimento del danno per lesione di un diritto altrui: artt. 1218 e 2043; l’obbligo di restituire le
cose sottratte al proprietario o al possessore: artt. 948 e 1168).
Sono frequenti ipotesi in cui un medesimo atto dà luogo alla violazione sia di una norma
strumentale (ordinativa) che di una norma materiale (proibitiva), così operando le sanzione
connesse a entrambi i tipi di norme violate: ad es., a fronte di un atto che manca di uno degli
elementi costitutivi per la sua validità, consegue senz’altro la nullità e dunque la inefficacia dell’atto
(art. 1418); se però una delle parti conosceva la causa della nullità e non ne ha dato notizia all’altra,
è tenuta a risarcire il danno da questa risentito (art. 1338). E’ anche possibile che un atto sia
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conforme alla norma strumentale e quindi valido, ma il comportamento di una di esse sia in
contrasto con una norma materiale per risultare lesivo di un interesse giuridicamente protetto, così
da dare luogo all’obbligo di risarcimento del danno: ad es., il dolo incidente non è causa di
annullamento del contratto ma obbliga l’autore dei raggiri al risarcimento dei danni (art. 1440 c.c.).
Peraltro, come si è anticipato, in tempi più recenti, si tende a favorire il rispetto della norma
attraverso, non solo misure di repressione, ma anche di vigilanza preventiva; e sempre maggiore è il
ricorso a misure di incentivazione verso determinati comportamenti. Si parla di un diritto
sanzionatorio e di un diritto premiale.
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2 Illecito penale e illecito amministrativo
Nella sua generale accezione il termine “illecito” indica una contrarietà all’ordinamento
giuridico (antigiuridicità). Tale contrarietà può riguardare, anzitutto, il comportamento tenuto, in
quanto violazione di un dovere o di un obbligo posto dall’ordinamento giuridico; come può inerire
anche solo al danno arrecato. In relazione al contenuto, il comportamento che integra l’illecito può
consistere in un’azione (comportamento commissivo), violandosi un obbligo o un dovere negativo
di non fare; come può svolgersi in una omissione (comportamento omissivo), quando si viola un
obbligo o dovere positivo di fare o di dare.
Si tende più spesso a parlare di “atto illecito”, anziché di “fatto illecito”, volendosi con ciò
alludere che il fatto giuridicamente rilevante è sempre un comportamento umano che deve
rispondere a precisi requisiti soggettivi, non potendo sussistere una responsabilità senza una
condotta generalmente colpevole dell’autore del comportamento. Come si vedrà, tale generale
ricostruzione opera sempre meno con riguardo alla responsabilità civile la cui area di estensione
tende progressivamente a dilatarsi rispetto a quella dell’atto illecito, ricollegandosi la responsabilità
civile a ulteriori criteri di imputazione oltre quello (generale) della colpevolezza.
Tradizionalmente sono emersi tre tipi fondamentali di illecito: illecito penale, illecito
amministrativo e illecito civile, in ragione della natura degli interessi tutelati, della tipologia di
norme violate, della sanzione che ne consegue o della modalità della sua comminatoria.
L’illecito penale (c.d. reato), che dà luogo a responsabilità penale, si caratterizza per la
violazione di interessi della generalità dei cittadini (interessi pubblici), la cui violazione comporta
un allarme sociale per involgere i valori della persona umana ovvero inerire all'ordine etico,
politico, economico e sociale della società. In ogni società maturano storicamente fondamentali
interessi e valori ritenuti quali essenziali presupposti e connotati della stessa convivenza sociale.
Sono valori della cui tutela l’ordinamento si fa garante e custode, attribuendo agli organi dello stato
la relativa attuazione. Ciò spiega la irrogazione di sanzioni più aspre fino a quelle restrittive della
libertà personale.
Dalla violazione della norma consegue una sanzione punitiva, c.d. pena,
finalizzata all'afflizione del trasgressore, irrogata dal giudice nell'ambito della giurisdizione penale.
L’illecito penale e quindi il reato è dunque caratterizzato dal principio di tipicità, per cui
“nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso” (art. 25 Cost.).
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Altro essenziale carattere è il principio di personalità, per cui “la responsabilità penale è
personale” e “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva” (art. 27 Cost.).
E’ prevista sempre la presenza del Pubblico Ministero (come rappresentante dello Stato),
che “ha l’obbligo di esercitare l’azione penale” (art. 112 Cost.).
La giurisdizione deve essere sempre attuata “mediante il giusto processo regolato dalla
legge” (art. 1112 Cost.). Del resto ogni processo deve svolgersi “nel contraddittorio tra le parti, in
condizioni di parità, davanti al giudice terzo e imparziale” (art. 1112 Cost.).
L’illecito amministrativo si caratterizza per la violazione di norme, egualmente poste a tutela
dell'interesse pubblico, ma che non coinvolgono i valori fondamentali della società. Sono dunque in
gioco violazioni e fatti che, seppur illeciti, non sono tali da destare allarme sociale. Un ampio
settore è segnato dal dovere dei pubblici uffici di “organizzarsi secondo disposizioni di legge in
modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” (art. 97 Cost.).
Con l'entrata in vigore della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante "Modifiche al sistema
penale", è stato introdotto un sistema strutturato di illecito amministrativo: con tale legge è stata
realizzata la prima grande opera di depenalizzazione, attribuendosi la verifica dell'illecito
amministrativo e l'irrogazione della relativa sanzione alla pubblica amministrazione anziché al
giudice. Altre leggi sono succedute con medesima ispirazione, come il D. Lgs. n. 758/1994 e il D.
Lgs. 507/1999. Un campo ampio di illeciti amministrativi è presente nel codice della strada e nel
campo della circolazione ferroviaria, marittima ed aerea; diffusi illeciti amministrativi sono ormai
rinvenibili in più settori, come le attività economiche e commerciali, le attività di affissione e di
pubblicità sul territorio, l’igiene e la sanità pubblica, l’ambiente, gli esercizi pubblici, il commercio,
il lavoro, l’urbanistica e l’edilizia, la sicurezza alimentare, i carichi tributari, tranne che non siano
compiute violazioni sì gravi da integrare illeciti penali (reati). La sanzione amministrativa, più
spesso, consiste nel pagamento di una somma di danaro (che può essere fissa o variare secondo
specifici parametri); frequenti sono anche provvedimenti interdittivi (sospensione dell’attività,
pubblicazione del provvedimento), provvedimenti che limitano il godimento di beni (es. fermi
amministrativi). Una sanzione amministrativa più grave è la confisca amministrativa. E’ anzi
proprio il ricorrere di una sanzione amministrativa a principalmente caratterizzare l’illecito
amministrativo, distinguendolo dall’illecito penale.
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3 Illecito civile
Carattere peculiare dell’illecito civile è la contrarietà di un fatto ad una norma di diritto
materiale di tutela di interessi individuali. Il dato comune e costante sta nella lesione di un interesse
giuridicamente protetto.
Esistono due modelli di illecito civile: illecito contrattuale e illecito extra contrattuale a
seconda che tra l’autore del danno e il soggetto danneggiato sussista o meno un rapporto giuridico
di cui l’atto illecito costituisce lesione.
L’illecito contrattuale consiste nell’inadempimento dell’obbligazione contratta (art.
1218). L’inadempimento dell’obbligazione integra un fatto illecito per tenere il debitore un
comportamento (negativo) contra legem lesivo del diritto del creditore: l’inattuazione dell’obbligazione assunta dà luogo alla responsabilità civile del debitore. Tale responsabilità per inadempimento
dell’obbligazione è propriamente responsabilità da inadempimento; e del resto la legge la
definisce appunto come “responsabilità del debitore” (art. 1218). Si è soliti indicarla anche (e più
spesso) come responsabilità contrattuale per essere il contratto la più diffusa fonte di obbligazioni;
così si parla anche indifferentemente di illecito da inadempimento o di illecito contrattuale. A
seguito dell’inadempimento sorge a carico del debitore inadempiente l’obbligo di risarcimento del
danno. L’illecito contrattuale presuppone dunque l’esistenza di un rapporto obbligatorio
precostituito tra due soggetti, e cioè di una obbligazione (primaria), rispetto alla quale
l’obbligazione di risarcimento del danno è succedanea e sorge in ragione dell’inadempimento
dell’obbligazione preesistente, che è l’obbligazione primaria.
Si ha illecito extracontrattuale (un tempo indicato come delitto civile) quando manca
un pregresso vincolo tra l’autore del danno e il soggetto leso ovvero si prescinda dallo stesso. Si è
solo in presenza di una situazione giuridica o in generale di un interesse giuridicamente protetto,
con il conseguente dovere di tutti i consociati di rispettare e non ledere (alterum non laedere). La
lesione dell’interesse protetto dà luogo alla c.d. responsabilità extracontrattuale (o aquiliana), che fa
sorgere a carico del soggetto responsabile l’obbligazione (primaria) di risarcire il danno (art. 2043
c.c.). Ciò spiega perché il codice civile costruisce e colloca il “fatto illecito” tra le fonti
dell’obbligazione (art. 1173 c.c.). Ed è significativo che la relativa disciplina sia contenuta a
conclusione della disciplina del Libro Quarto del codice civile, dedicato alle obbligazioni, dove
trova collocazione anche la normativa sul contratto (artt. 2043 ss.).
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Per una inveterata tradizione si tende ad indicare con la formula “fatto illecito” l’illecito
extracontrattuale e lo stesso codice civile utilizzata la formula “fatti illeciti” (art. 2043). Nel passato
si è precisato che bisognerebbe più appropriatamente parlare di “atti illeciti” volendosi alludere che
la sanzione del risarcimento del danno presuppone uno stato soggettivo e dunque un atto colpevole
dell’autore del danno. Ma già nel codice civile, e maggiormente sono emerse in seguito, esistono
varie ipotesi di responsabilità civile che non sono connesse al comportamento colposo di un
soggetto ma si ricollegano ad una situazione in cui un soggetto oggettivamente si trova (come si
vedrà diffusamente nella prossima lezione). Può perciò confermarsi la perdurante validità della
formula del codice civile, risultando la formula “fatti illeciti” in grado di comprendere tutte le
ipotesi di produzione di danni, indipendentemente dai criteri di riconduzione della responsabilità.
A differenza dell’illecito penale, che è contraddistinto dal principio di tipicità dei fatti
costituenti reato, l’illecito civile si considera contemplato dalla clausola generale del neminem
laedere: è connotato da un principio di atipicità. Vige cioè un principio generale di atipicità
dell’illecito civile (art. 2043), cui si affiancano ipotesi tipiche di illecito.
Avviene spesso che un medesimo fatto possa essere valutato e qualificato come illecito sia
sul piano civilistico, e quindi rappresentare un illecito civile, che sul piano penalistico e quindi
integrare un illecito penale e considerato cioè come reato per involgere valori fondamentali
dell’ordinamento: così, all’unico fatto illecito, si connette sia l’obbligo di risarcimento del danno
che l’irrogazione della pena. In tal senso opera il generale principio fissato dall’art. 185 c.p.,
intitolato appunto “Restituzioni e risarcimento del danno”: per il 1° comma, ogni reato obbliga alle
restituzioni, a norma delle leggi civili (si pensi alle azioni possessorie ex artt. 1168 e 1169 c.c.); per
il 2° comma, ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al
risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto
di lui (si pensi alla clausola generale di responsabilità civile ex art. 2043 e alle ipotesi tipiche degli
artt. 2044 ss. c.c. e segnatamente al danno non patrimoniale menzionato dall’art. 2059 c.c.).
Da entrambi gli illeciti consegue la responsabilità civile per i danni prodotti, con il
conseguente obbligo di risarcimento del danno per il soggetto responsabile. Il risarcimento del
danno ha una funzione riparatoria del danno sofferto dal soggetto danneggiato; ed è proprio tale
essenza a renderlo compatibile con la pena irrogata per il medesimo fatto.
Il problema di qualificazione della responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) non è
meramente teorico, ma ha anche riflessi concreti, per operare discipline in parte differenti, specie
con riguardo ai criteri di responsabilità, alla prova del danno e alla prescrizione del diritto al
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risarcimento. Non mancano peraltro casi in cui, ad un stesso fatto si ricolleghino entrambe le
responsabilità: ad es., stipulato un contratto di trasporto di persone, il viaggiatore colpito da sinistri
può far valere sia la responsabilità contrattuale del vettore (ex art. 1681), sia la responsabilità
extracontrattuale del conducente il veicolo (art. 20541) ed eventualmente quella solidale del
proprietario (art. 20543).
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Divari di disciplina
Acquisita una comune base di rilevazione dell’illecito civile come tale, l’importanza di
distinguere tra i due modelli di illecito civile (contrattuale e extracontrattuale) e dunque tra i due
modelli di responsabilità è essenzialmente in funzione di alcuni tratti di disciplina, che peraltro col
tempo vanno attenuandosi.
Anzitutto in relazione all’onere della prova. Relativamente alla responsabilità contrattuale,
per l’art. 1218 il debitore è responsabile se non prova che l’inadempimento o l’inesatto
adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile. Opera pertanto un generale principio di inversione dell’onere della prova: non è il
creditore a dovere provare il fatto dell’inadempimento, ma è il debitore a dovere provare l’assenza
di responsabilità. In tal modo il creditore che agisce per l’inadempimento o per l’inesatto
adempimento della prestazione ha solo l’onere di provare la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto di credito e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione
dell’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto ad essere gravato dell’onere della
prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto esatto adempimento o dallo
specifico impedimento non imputabile che ha reso impossibile la prestazione (prova della
impossibilità liberatoria) 2. A quest’ultimo fine, talvolta, è richiesta la positiva identificazione
dell’evento incolpevole che ha prodotto l’impossibilità; più spesso, è sufficiente la dimostrazione
della condotta diligente, secondo il criterio soggettivo tipizzato, sopra indicato.
Diverso è il regime della prova nella responsabilità extracontrattuale, dove è il soggetto
danneggiato a dovere provare la responsabilità dell’autore del danno, anche se operano in materia
vari criteri legali di responsabilità e significativi indici di responsabilità di formazione
2
La Suprema Corte ha affermato l’unicità del regime probatorio, pervenendo al seguente principio: “il creditore che agisca per la
risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il
debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel
caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera
allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata
osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di
dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento. Tali principi trovano un limite nell’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni negative, nel
qual caso la prova dell’inadempimento stesso è sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per l’adempimento e non per la
risoluzione o il risarcimento (Cass., sez. un., 30-10-2001, n. 13533). Conformi Cass. 27-9-2007, n. 20326; Cass. 26-1-2007, n. 1743). Ancora
di recente si è stabilito che spetta al debitore, qualunque sia la posizione processuale assunta, provare l’esattezza dell’adempimento e
comunque il fatto estintivo dell’altrui pretesa (Cass. 1-4-2010, n. 7993; Cass. 20-1-2010, n. 936; Cass. 12-2-2010, n. 3373).
In applicazione di tale principio si è stabilito che, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità
professionale da contatto sociale del medico, il paziente danneggiato deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e
l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno
lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato
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giurisprudenziale, cui in seguito si avrà riguardo.
Quanto ai danni risarcibili, con riguardo alla responsabilità contrattuale sono di regola
risarcibili i danni prevedibili al momento della costituzione del rapporto obbligatorio; solo se
l’inadempimento o il ritardo dipendono da dolo del debitore, devono risarcirsi anche i danni
imprevedibili (art. 1225). Viceversa, nella responsabilità extracontrattuale, l’autore del danno
risponde sempre anche dei danni imprevedibili.
Quanto alla prescrizione, per la responsabilità contrattuale, il diritto al risarcimento del
danno si prescrive di regola nel termine ordinario di dieci anni (ex art. 2946), decorrente dal giorno
di esigibilità del credito. Invece il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si
prescrive di regola in cinque anni dal giorno in cui il fatto illecito si è verificato, salvo termini
ancora più brevi (art. 2947).
eziologicamente rilevante (Cass., sez. un., 11-1-2008, n. 577).
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Bibliografia
• M. S. Bianca, La responsabilità, in Diritto civile, 5, Milano, 1994;
• C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006;
• A. Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009;
• S. Rodota’, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964;
• P. Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961;
• AA. VV., Trattato della responsabilità civile diretto da M. Franzoni, Milano 2004;
• AA.VV., La responsabilità civile nel terzo millennio, a cura di R. Tommasini, Torino, 2011;
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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