commento flussi migratori dal XVI secolo

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LE GRANDI MIGRAZIONI STORICHE INTERNAZIONALI DEL XVI E XX SECOLO
PERIODO STORICO
XVI - XVII sec.
Fine XVII-metà XVIII sec.
XIX-XX sec.
1830-1914
PAESI D’ORIGINE & PUSH FACTORS
PAESI DI DESTINAZIONE & PULL FACTORS
Spagna, Portogallo, Inghilterra, Olanda
L’ America: I colonizzatori cercano territori
ricchi di materie prime e risorse da
conquistare e sfruttare per incrementare il
loro commercio e per arricchire la
Madrepatria.
Colonizzazione
Africa
(circa 16 milioni di persone fra il XVI-XIX sec.)
America.
Si tratta della “famosa” tratta degli schiavi.
Esempio di migrazione forzata/coatta.
Europa ( 9 milioni di Italiani)
Squilibri economici e stabilizzazione
demografica. Ricerca di lavoro e fortuna.
America Latina, USA, Canada e Australia.
La rivoluzione industriale attrae
manodopera.
Europa ( più di 40 milioni )
(più di 4 milioni )
Disoccupazione e squilibri economici in
generale. Esodo di Massa a causa della
Carestia irlandese(1840)
America Latina, Usa, Canada
Australia e Africa
Opportunità di un futuro migliore.
Sviluppo e modernizzazione.
Imperialismo
Cina e Giappone.
La guerra dell’Oppio e le sue conseguenze,
periodo di disordine benché la Cina apre le
porte allo “straniero” (le concessioni)
Usa, Sud est asiatico.
XX sec.
1947
India, Pakistan.
Squilibri economici(povertà e disoccupazione).
Conflitti in seguito all’indipendenza e alla
divisione fra India e Pakistan per motivi
religiosi
UK, Repubblica Sudafricana.
Migliori condizioni.
No persecuzioni religiose.
1948-1950
Europa, America, Africa settentrionale
Stato d’Israele.
Più di 330.000 ebrei lasciano l’Europa per
ritornare in “patria”.
1950-1967
Europa mediterranea, Algeria, Turchia.
Ricerca di lavoro
Europa nord-occidentale,
America settentrionale.
Forte domanda di lavoro nel periodo
post-bellico.
Le migrazioni sono a carattere temporaneo:
solo il capofamiglia si sposta.
1970-2000
Messico.
America settentrionale.
Afghanistan.
Guerra e intervento sovietico
Iran e Pakistan
(2 milioni di persone)
Decolonizzazione e superamento del
Bipolarismo.
Aumento delle migrazioni clandestine
(soprattutto dopo l’apertura dell’Europa verso
l’est)
la crisi economica del 1967.
Nelle tradizionali aree di attrazione il problema
della disoccupazione è causato da due
fenomeni: sviluppo tecnologico, e spostamento
della produzione nei P.V.S.
La penisola arabica diventa il nuovo polo di
attrazione.
Una delle cause socio-economiche che provoca un aumento nel numero e nelle composizioni della popolazione di una determinata area vi
sono i movimenti migratori, ossia spostamenti di gruppi umani da una regione socio-economica all’altra.
La presenza dell’uomo in tutte le zone abitabili del pianeta (ECUMENE) è il risultato dei continui spostamenti avvenuti nel corso del tempo.
Sin dall’antichità, infatti, intere popolazioni sono migrate in cerca di migliori condizioni di vita, terre da conquistare, risorse da sfruttare. Nel
Paleolitico, i cacciatori seguivano le mandrie nelle loro migrazioni stagionali e i popoli indoeuropei hanno lasciato le fredde pianure asiatiche
per dirigersi verso le fasce temperate, quindi più calde e più adatte all’insediamento umano.
Le migrazioni, quindi, rappresentano una costante nella storia dell’umanità; tuttavia esse tendono ad assumere finalità e
caratteristiche diverse a seconda dei periodi storici presi in considerazione.
Per MIGRANTE si intende: colui che trasferisce la propria residenza da una località all’altra, all’interno dello stesso paese o in un altro
Stato.
Nell’ambito della migrazione si distinguono due momenti essenziali: EMIGRAZIONE, ossia l’abbandono della terra d’origine;
IMMIGRAZIONE, ossia il processo di inserimento nella società d’arrivo.
La differenza tra immigrati ed emigrati, calcolata in riferimento ad un determinato periodo, rappresenta il SALDO MIGRATORIO, che
sommato al SALDO NATURALE, fornisce il SALDO DI CRESCITA DELLA POPOLAZIONE.
TIPI DI EMIGRAZIONE
I flussi possono essere: INTERNAZIONALI e INTERNI.
La migrazione internazionale è il movimento di un gruppo della popolazione da un Paese ad un altro per lavorare, stabilirsi
(ricongiungimento familiare) o trovare rifugio. Una tipologia differenzia i migranti in base al motivo/causa della loro migrazione.
Migranti che fuggono da una situazione di estrema povertà e disoccupazione.
Migranti che desiderano migliorare il loro reddito e lo standard di vita.
Migranti in fuga da persecuzione in conflitti o guerre.
Migranti in fuga da una catastrofe ecologica o da una lenta distruzione dell’ambiente.
La migrazione interna è il movimento di un gruppo della popolazione da una regione all’altra all’interno dei confini nazionali, con lo scopo
di trasferirsi a tempo determinato o indeterminato in un nuovo posto.
I concetti di “immigrazione” ed “emigrazione” non vengono applicati alla migrazione interna.
Così come mostra la Tabella, prendendo in considerazione l’età moderna, durante la quale le scoperte di nuove terre è all’origine delle prime
ondate migratorie transoceaniche, è possibile rilevare come a partire dalla metà del XVI° sec., gli Europei, avventurandosi lungo le nuove
rotte nautiche, scoprono e occupano terre sino ad allora sconosciute. Questa prima fase dell’espansionismo europeo è dovuto all’incremento
demografico, alla ripresa dell’ urbanizzazione e in seguito alla nascita degli Sati nazionali.
L’emigrazione, si ha dapprima verso l’intero profilo costiero africano- Costa d’Avorio- Guinea, le Americhe, l’Oceania, l’Antartide; in
seguito , seconda fase dell’espansionismo europeo, anche verso India, Cina, Giappone ( Oriente).
A emigrare (dalla Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra, Olanda) sono: mercanti, conquistatori, missionari, individui perseguitati per
motivi politici, religiosi.
Diverso è invece, il flusso che partiva dal Golfo Di Guinea, questa può considerarsi l’area del continente che più ha contribuito, dal punto di
vista numerico, ad alimentare il commercio degli schiavi; infatti, si calcola che su un totale di 16 milioni di schiavi, oltre la metà ( 8
milioni) proveniva da questa zona dell’Africa. Degli europei impegnati a condurre questo traffico, i portoghesi furono a lungo gli specialisti
del settore ( Scheda Lisbona). E’ comunque bene precisare che lo schiavismo era una istituzione che le regioni a sud del Sahara
conoscevano da tempo perché tenuta in vita dalla domanda del mondo arabo.
A partire dagli anni ’50 ( XX° sec.), le emigrazioni transoceaniche europee subiscono una netta flessione contemporaneamente aumentano
gli spostamenti dai Paesi poveri verso i Paesi ricchi, seguendo la direttrice Sud/Nord. Questi flussi richiamano alla mente le emigrazioni
europee verso le Americhe e sono animate da cause non del tutto dissimili: carenze di lavoro, povertà diffusa, persecuzioni politiche,
religiose, etniche, instabilità politica. Queste cause sono state accelerate dalla de-colonizzazione, dalla fine della guerra fredda, da numerosi
conflitti in corso in molti Paesi d’origine, tutte cause che hanno determinato l’esodo di milioni di individui da un paese all’altro ( Algerini
emigrati in Francia, Ebrei in Palestina, ai rifugiati politici).
A compiere “i viaggi della speranza”, come sono definiti i flussi migratori del XXI° sec., sono soprattutto asiatici e africani, diretti verso Stati
Uniti ed Europa ( Vedi Flussi migratori XXI° sec.).
Gli studiosi hanno evidenziato svariate motivazioni che inducono ad abbandonare il paese, i fattori di espulsioni ( push factors)
identificati sono i seguenti: squilibri economici ( povertà, disoccupazione),
elevati incrementi demografici,
microconflitti ( etnici, religiosi, persecuzioni politiche),
violazione diritti umani,
l’instabilità politica.
E’ bene precisare che la povertà da sola, non costringe le persone ad emigrare. Le persone dei ceti sociali medi emigrano più frequentemente
in un altro paese delle persone più emarginate: la loro posizione economica meno precaria, in concomitanza con una migliore formazione e
un migliore accesso all’informazione, facilita l’emigrazione. Spesso i più poveri sono gli ultimi a partire; le sole situazioni di immiserimento
economico non hanno di regola determinato ondate d’emigrazione. Alcuni studiosi hanno addirittura constatato che, negli anni settanta, si
sono rafforzate le emigrazioni dai PVS in cui il prodotto sociale lordo è aumentato, è il caso dei Paesi del Sud est asiatico.
Inoltre, le guerre esterne e civili, i disordini politici e rivoluzioni, terrorismo, conflitti, forte crescita demografica, dislocamento della
popolazione in seguito alla meccanizzazione dell’agricoltura o alla costruzione di centrali idroelettriche, riforme agrarie e programmi di
deportazione, fame e altre catastrofi naturali ma anche violazioni dei diritti umani da parte dei regimi, costituiscono un ampio spettro di
cause per migrazioni e fuga.
Anche la persecuzione per motivi religiosi è causa di migrazione, specialmente quando la persecuzione è violenta, determina fughe di
massa. Nel 1947 l’India e il Pakistan sono stati divisi per ridurre il crescente attrito tra indù e musulmani. Dato che i due gruppi religiosi
erano geograficamente in parte sovrapposti, nei due nuovi stati sono risultate minoranze dell’una o dell’altra religione. Gli indù sono fuggiti
dal Pakistan verso l’India e i musulmani nella direzione opposta, dall’India verso il Pakistan.
Il numero di profughi per motivi ambientali si stima tra i 10/100 milioni di persone senza contare coloro che sono costretti ad abbandonare
la propria terra temporaneamente per inondazioni, terremoti, o eruzioni vulcaniche. Privati della terra e delle risorse, i profughi ambientali
devono lascare il proprio ambiente di vita ancestrale per cercare altrove nuove possibilità di sopravvivenza.
Solo quando governi e istituzioni umanitarie intervengono in tempo, possono essere trattenuti.
Mentre i fattori di attrazione (pull factors) sono: l’opportunità di lavoro,
il rispetto/garanzia dei diritti umani e della libertà,
la modernizzazione e lo sviluppo tecnologico/investimenti in ricerca,
la migliore qualità della vita per sé e per i propri figli.
Non è insolito che i fattori di attrazione e di espulsione si combinino tra loro, così come è possibile che uno stesso individuo sia spinta a
migrare da più fattori di attrazione e di espulsione.
Conseguenze per il Paese d’emigrazione.
Il Paese di accoglienza tende a reclutare la manodopera più ambiziosa e meglio qualificata, quindi gli investimenti nella formazione che i
Paesi d’emigrazione fanno, si perdono in quanto devono sostituire la manodopera qualificata partita di volta in volta. Non beneficiano così
dei costi di formazione sostenuti e delle prestazioni che avrebbero potuto avere. Gli studenti dei Paesi poveri sono attratti dalle Università
dei PA per opportunità di lavoro, prospettive professionali e di vita; inoltre la disoccupazione nel proprio paese incrementa il trasferimento
all’estero di altre persone.
Conseguenze per i Paesi d’accoglienza.
Il vantaggio è quello di poter usufruire di una manodopera a buon mercato e di poter avere una fascia di popolazione giovane, formata nel
proprio paese d’origine. Contributo alla ricchezza nazionale.
Politiche migratorie.
Naturalmente non tutti gli Stati, relativamente alle politiche migratorie, si comportano nello stesso modo; la scelta ricade tra un’opzione
“conservatrice” e un’opzione “cosmopolita”. La prima prevede l’esclusione di stranieri a propria discrezione e in funzione di specifici bisogni;
la seconda rappresenta il punto di vista di chi ritiene che in una società mondiale sempre più interdipendente i diritti di esclusione sovrani
per Stati nazionali (e le loro società) siano diventati discutibili.
Sia i migranti che le società d’accoglienza devono adattarsi nel “processo di incorporation”.
Gli studiosi hanno identificato quattro strategie di accoglienza fondamentali: SEGREGAZIONE-ASSIMILAZIONE-INTEGRAZIONECOESISTENZA MULTICULTURALE.
Segregazione designa il processo per cui i migranti vengono accolti solamente in certi settori della società e viene loro impedita la
partecipazione in altri ambiti. Questo può anche avvenire per una determinata politica migratoria statale che vieta agli immigrati l’accesso a
prestazioni sociali, alla partecipazione politica e alla cittadinanza.
Gli immigrati segregati dalla vita sociale diventano minoranze etniche, economicamente sfavorite, con diritti umani minimi e pressochè privi
di diritti civili. Gli Stati con una strategia basata sull’emarginazione trattano i migranti come dimoranti temporanei e ostacolano
l’acquisizione della cittadinanza.
Assimilazione designa l’accoglienza dei migranti tramite un processo di adattamento unilaterale. In questo caso la politica migratoria
statale esige che gli immigrati assumano la lingua, le tradizioni, la fede, e i comportamenti culturali del Paese d’accoglienza. L’assimilazione
presuppone dagli immigrati la disponibilità a rinunciare ad alcuni tratti della propria cultura; una strategia d’assimilazione statale richiede
l’adattamento e non ammette gruppi culturali diversi. Vengono organizzati corsi di lingua e servizi di consulenza per trasmettere ai migranti
i valori della cultura di maggioranza e permettere loro l’adattamento.
Integrazione significa un processo di adattamento reciproco tra immigrati e società d’accoglienza. Le persone di diversa cultura imparano
gli uni dagli altri e assumono determinati aspetti dell’altra cultura. L’individuo e il gruppo etnico mantengono il riferimento alla propria
eredità culturale. La società d’accoglienza rimane cultura di maggioranza, ma accetta l’esistenza di gruppi etnici autonomi e la loro
partecipazione alla vita sociale.
Coesistenza multiculturale/plurietnico perché concede agli immigrati gli stessi diritti e doveri, senza chiedere o imporre loro la rinuncia
all’autonomia culturale. La società d’accoglienza pretende dagli immigrati che accettino determinate norme e determinati valori, ma tollera e
promuove l’autonomia culturale ed è anche disposta ad adattare il proprio comportamento sociale e le strutture delle proprie istituzioni in
modo da permettere lo sviluppo della differenza culturale.
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