Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dottorato di Ricerca in

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Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Dottorato di Ricerca in Chirurgia
XXIII Ciclo
Coordinatore
Prof. Antonio Bolognese
Tesi di Dottorato di Ricerca
IPOTESI DI DEFINIZIONE
DI NUOVI FATTORI PROGNOSTICI NEL CARCINOMA
GASTRICO: RUOLO DELL’INFILTRATO
LINFOPLASMACELLULARE
Tutor
Prof. Antonio BOLOGNESE
Dottorando
Dott. Gabriele D’Amata
Un ringraziamento particolare al Dott. Francesco Borrini
ed al Prof Marco Sacchi per il fondamentale contributo
INDICE
INTRODUZIONE
pag. 3
LO STOMACO
Anatomia macroscopica
pag. 4
Vascolarizzazione
pag. 9
Drenaggio linfatico
pag. 11
Innervazione
pag. 12
Anatomia microscopica
pag. 14
IL CARCINOMA DELLO STOMACO
Epidemiologia
pag. 17
Eziopatogenesi
pag. 19
Localizzazione
pag. 26
Anatomia patologica
pag. 27
Classificazione e stadiazione
pag. 31
Terapia
pag. 34
Sopravvivenza
pag. 37
STATO DELL’ARTE
pag. 38
OBIETTIVO DELLA RICERCA
pag. 49
MATERIALI E METODI
pag. 50
Immunoistochimica
pag. 53
Analisi statistica
pag. 56
RISULTATI
pag. 57
CONCLUSIONI
pag. 62
APPENDICE
pag. 70
BIBLIOGRAFIA
pag. 97
INTRODUZIONE
L’adenocarcinoma dello stomaco è una patologia di grande
rilevanza a livello mondiale: rappresenta, infatti, la seconda
causa di morte per neoplasia in entrambi i sessi (dopo quella
polmonare) ed il quarto tumore per incidenza.
Come in tutte le neoplasie, anche nel carcinoma gastrico si
sviluppa una risposta immunitaria da parte dell’organismo che si
manifesta come un’infiltrazione del tumore da parte di cellule
immunocompetenti, ovvero macrofagi, cellule NK, neutrofili,
linfociti T helper e T citotossici, linfociti B e plasmacellule. Tale
infiltrato si può localizzare all’interno della neoplasia o lungo il
suo margine di invasione ed ognuna delle sottopopolazioni
cellulari che lo costituiscono ha una diversa funzione ed una
diversa importanza nel limitarne la crescita e la diffusione.
L’impiego di anticorpi monoclonali specifici permette di
effettuare una caratterizzazione morfologica e quantitativa di
queste sottopopolazioni e di studiare la loro localizzazione nel
contesto della neoplasia; correlando i risultati con
le
3
caratteristiche cliniche ed istopatologiche dei pazienti, è
possibile arrivare a definire nuovi fattori prognostici per il
carcinoma dello stomaco.
LO STOMACO
Anatomia macroscopica
Lo stomaco è una dilatazione sacciforme della parte superiore
dell’apparato gastrointestinale, che funge da serbatoio in cui
viene immagazzinato il cibo ingerito (Fig. 1). Si localizza
prevalentemente in epigastrio e ipocondrio sinistro ed è in
continuità con l’esofago a livello prossimale e con il duodeno a
livello distale. La giunzione gastroesofagea è situata circa 2 cm
al di sotto dello hiatus diaframmatico, a sinistra rispetto alla
colonna vertebrale. La giunzione gastroduodenale si trova,
invece, a livello della prima vertebra lombare, a destra della
linea mediana. La posizione dello stomaco, in realtà, può variare
molto a seconda della posizione del corpo e della quantità del
contenuto gastrico, fino a raggiungere posizioni molto basse
4
nell’addome. Tramite le sue secrezioni, quest’organo è in grado
di mescolare il bolo alimentare fino a formare il chimo e con
movimenti peristaltici può allontanare quest’ultimo verso il
duodeno ad una velocità che permette una buona digestione e
assorbimento da parte dell’intestino tenue. Le funzioni dello
stomaco sono, pertanto, fondamentali perché gli alimenti
subiscano quelle modificazioni preliminari necessarie per i
processi digestivi veri e propri.
Anatomicamente, tra la giunzione gastroesofagea e il piloro si
possono riconoscere la piccola curva, che forma il margine
destro, o concavo, e la grande curva, che forma il margine
sinistro e inferiore, o convesso, dello stomaco.
L’intera superficie di quest’organo è ricoperta dal peritoneo, ad
eccezione di una piccola area situata posteriormente in
prossimità del cardias, delimitata dalle linee di inserzione del
legamento gastrofrenico ed in contatto diretto con il diaframma
e spesso anche con il surrene di sinistra. Tale rivestimento
peritoneale si estende, inoltre, dallo stomaco verso gli organi
circostanti sotto forma di legamenti, derivanti dall’accollamento
5
delle lamine peritoneali anteriore e posteriore: tra la piccola
curvatura ed il fegato si forma il legamento gastroepatico, che
continua verso destra con il legamento epatoduodenale, a
formare il piccolo omento, che si inserisce a livello del solco
trasverso del fegato; dalla grande curva al colon trasverso si
estende il legamento gastrocolico, che costituisce la radice del
grande omento; quest’ultimo, infatti, è formato da una porzione
fissa, corrispondente al legamento gastrocolico, e da una
porzione libera, il grembiule omentale, che riveste le anse
intestinali e termina con un margine sfrangiato nella parte
inferiore dell’addome.
Lo stomaco può essere suddiviso in quattro regioni anatomiche,
che non corrispondono necessariamente a differenti funzioni
motorie o secretorie (Fig. 1). Il cardias rappresenta una piccola
porzione situata in prossimità della giunzione gastroesofagea,
leggermente a sinistra della linea mediana, ed è la parte più fissa
dell’organo. Il fondo è rappresentato dall’area che si porta in alto
al di sopra del piano orizzontale che passa a livello del margine
superiore del cardias, in diretto contatto con l’emidiaframma
6
sinistro. Il corpo è la porzione più larga dello stomaco: inizia
immediatamente sotto e in continuità con il fondo e si dirige in
basso quasi verticalmente, restringendosi. L’antro gastrico,
infine, è la regione più distale dello stomaco, situata tra il corpo
e il piloro, che continua direttamente con il duodeno. In un punto
della piccola curva, più vicino al piloro che alla giunzione
esofagogastrica, è possibile notare un’incisura - definita incisura
angularis - che divide lo stomaco in una porzione destra ed una
sinistra; se si traccia una linea a partire da tale incisura fino a
raggiungere un punto della grande curva situato a circa quattro
quinti della distanza tra giunzione esofagogastrica e piloro, si
può definire arbitrariamente il confine tra corpo e antro.
La parete dello stomaco è formata da quattro tonache: mucosa,
sottomucosa, muscolare propria e sierosa (Fig. 2). La mucosa,
più interna, tappezza il lume del viscere e contiene la maggior
parte delle strutture secernenti dello stomaco. Il confine tra
mucosa e sottomucosa è rappresentato dalla muscularis
mucosae, formata da cellule muscolari lisce organizzate in una
componente interna, circolare, ed una esterna, longitudinale. La
7
sottomucosa è composta da tessuto connettivo lasso e presenta
nel suo contesto vasi sanguigni e linfatici. Mucosa e
sottomucosa formano, nella parete interna dello stomaco, delle
estroflessioni - definite pliche - orientate in senso longitudinale
ed in grado di appiattirsi in seguito alla distensione dell’organo.
La muscolare propria è formata da tre strati muscolari: interno,
medio ed esterno. Le fibre dello strato interno, orientate in senso
obliquo, sono presenti principalmente all’estremità cardiale dello
stomaco e da qui si estendono lungo le pareti anteriore e
posteriore. Le fibre muscolari intermedie, circolari, circondano
tutto il corpo dello stomaco e a livello distale si ispessiscono a
formare il piloro. Lo strato esterno, longitudinale, è poco
uniforme ed è prevalentemente rappresentato lungo la piccola e
la grande curva. La sierosa, infine, è lo strato più esterno della
parete dello stomaco e rappresenta la continuazione del
peritoneo viscerale: contiene alcuni dei principali vasi sanguigni
e linfatici.
8
Vascolarizzazione
Lo stomaco è un organo riccamente vascolarizzato e possiede
un’importante rete anastomotica che protegge la vitalità della
mucosa. L’apporto arterioso deriva dai rami del tronco celiaco
(arterie epatica, gastrica sinistra e splenica) che formano due
arcate arteriose lungo la piccola e la grande curva, deputate
all’irrorazione della maggior parte dell’organo (Fig. 3). Sulla
piccola curva è possibile riconoscere in alto l’arteria gastrica
sinistra, che deriva direttamente dal tronco celiaco, e in basso
l’arteria gastrica destra, ramo dell’arteria epatica: le due arterie
gastriche decorrono una verso l’altra fino ad anastomizzarsi a
pieno canale. Sulla grande curva sono presenti, invece, in alto
l’arteria gastroepiploica sinistra, ramo dell’arteria splenica, e in
basso l’arteria gastroepiploica destra, ramo dell’arteria
gastroduodenale, a sua volta derivante dall’arteria epatica; le due
arterie gastroepiploiche si incontrano, quindi, a completare
l’arcata anastomotica della grande curva. La vascolarizzazione
del fondo gastrico e del tratto prossimale della grande curva,
infine, è sostenuta dalle arterie gastriche brevi, che originano
9
dall’arteria splenica. Tutti questi vasi arteriosi irrorano la tonaca
muscolare, si distribuiscono nella sottomucosa ed infine nella
mucosa gastrica con arteriole di tipo terminale. Questi ultimi,
ramificandosi,
formano
un’importante
rete
capillare
subepiteliale.
Le vene dello stomaco hanno origine proprio da questo plesso
capillare, che dalla mucosa - attraverso vasi retti - raggiunge la
sottomucosa, per formare in questa sede un plesso capillare
ancora più cospicuo. Le vene efferenti, quindi, attraversano la
muscolare
propria
e
si
fanno
sottosierose,
decorrendo
parallelamente alle arterie. Lungo la piccola curva i vasi venosi
confluiscono nella vena gastrica sinistra o vena coronaria dello
stomaco e nella vena gastrica destra, affluenti dirette della vena
porta. La parte inferiore dello stomaco e la grande curva sono
drenate dalle vene gastroepiploiche destra e sinistra; la vena
gastroepiploica destra, in seguito alla confluenza di altre vene
più distali, diventa la vena gastrocolica e affluisce, infine, nella
vena mesenterica superiore, mentre la vena gastroepiploica
sinistra confluisce nella vena splenica. Le vene gastriche brevi,
10
infine, drenano il fondo e la parte più prossimale della grande
curva, scaricando anch’esse nella vena splenica. La vena
mesenterica superiore e la vena splenica, che rappresentano
quindi i principali vasi di scarico del sangue venoso refluo dello
stomaco, costituiscono, insieme alla vena mesenterica inferiore,
le radici della vena porta.
Drenaggio linfatico
La circolazione linfatica dello stomaco, analogamente a quella
sanguigna, presenta ampie comunicazioni anastomotiche intra ed
extramurali nella parete gastrica e segue generalmente il decorso
del circolo venoso. I vasi linfatici formano un abbondante plesso
nella sottomucosa, da cui originano vasi efferenti, che
attraversano la tonaca muscolare fino a diventare sottosierosi,
confluendo in vasi di calibro sempre maggiore (Fig. 4). I vasi
linfatici drenanti il territorio della piccola curva si dirigono verso
i linfonodi gastrici superiori, che circondano l’arteria gastrica
sinistra e che comprendono anche i linfonodi cardiali. I collettori
derivanti dalla grande curva si portano ai linfonodi gastrici
11
inferiori - satelliti dell’arteria gastroepiploica destra e situati tra i
due foglietti del legamento gastrocolico - ed ai linfonodi pilorici.
I vasi linfatici della porzione prossimale della grande curva e del
fondo gastrico drenano nei linfonodi splenici. Da tutte queste
stazioni linfonodali, infine, la linfa viene drenata ai linfonodi del
tripode celiaco.
Innervazione
L’innervazione autonoma dello stomaco è fornita sia dal sistema
simpatico
che
dal
parasimpatico.
Quest’ultimo
esercita
un’importante attività di stimolo sulla secrezione gastrica e sui
movimenti
peristaltici;
l’ortosimpatico
provvede
ad
antagonizzare gli stimoli parasimpatici, inibendoli.
L’innervazione parasimpatica è rappresentata dai nervi vaghi,
destro e sinistro, costituiti da due tronchi che nascono dal plesso
esofageo distale e che si distribuiscono lungo la piccola curva
gastrica (Fig. 3). Il tronco anteriore, che deriva prevalentemente
dal vago sinistro, dà origine - cranialmente rispetto al cardias ad un ramo epatico, continua il suo decorso lungo la piccola
12
curvatura passando tra i foglietti del piccolo omento (nervo di
Latarjet anteriore) ed invia rami che si portano alla parete
anteriore dello stomaco, formando
il plesso gastrico
anteriore. Il tronco posteriore, che origina principalmente dal
vago destro, dopo aver emesso un ramo celiaco subito al di sotto
dello hiatus diaframmatico, si porta sulla parete posteriore dello
stomaco (nervo di Latarjet posteriore), dividendosi in piccoli
rami che si anastomizzano tra loro a formare il plesso gastrico
posteriore.
L’innervazione ortosimpatica deriva da fibre pre-gangliari
provenienti dal 5°-8° nervo toracico, si portano al plesso celiaco;
da questo hanno origine fibre post-gangliari, che seguono il
decorso dell’arteria gastrica sinistra lungo la piccola curva e
delle arterie gastroepiploiche lungo la grande curva e si
ramificano a formare il plesso gastrico superiore e quello
inferiore.
13
Anatomia microscopica
La superficie mucosa dello stomaco è composta da un epitelio di
rivestimento cilindrico monostratificato e produce il succo
gastrico (1,5-2 litri al giorno), necessario per l’iniziale
digestione degli alimenti. Le cellule epiteliali sono per lo più
cellule mucipare; il muco da esse prodotto si distribuisce sulla
parete interna del viscere a formare un sottile strato necessario
alla protezione della mucosa dall’acidità del succo gastrico, dalla
pepsina e dagli altri enzimi proteolitici, nonché da sostanze
ingerite e agenti patogeni.
L’epitelio appare sollevato in piccoli rilievi di circa 2-4 mm di
diametro, definiti areole gastriche. Sulla loro superficie è
possibile notare l’apertura di minuscole cavità derivanti
dall’invaginazione dell’epitelio stesso, le fossette gastriche; nel
fondo di ciascuna fossetta si aprono le ghiandole gastriche, che
da qui riversano il loro secreto nel lume (Fig. 2). Queste
ghiandole presentano caratteristiche strutturali differenti nelle
diverse regioni dello stomaco.
14
Le ghiandole cardiali sono ghiandole tubulari composte, che
sono formate da cellule mucipare, cellule endocrine e cellule
indifferenziate, e secernono per lo più glicoproteine neutre.
Le ghiandole principali o ossintiche, che si trovano nel fondo e
nel corpo dello stomaco, sono le più numerose e le più tipiche.
Sono ghiandole tubulari semplici, responsabili della secrezione
di acido cloridrico, fattore intrinseco, pepsina ed altri enzimi
proteolitici. Le cellule principali sono localizzate nelle aree più
profonde delle ghiandole ossintiche e sono fondamentali per la
sintesi e la secrezione del pepsinogeno, precursore della pepsina.
Il tipo di cellule maggiormente rappresentato è, invece,
rappresentato dalle cellule parietali, situate sulla superficie più
esterna dei tubuli ghiandolari e responsabili della secrezione di
ioni idrogeno e di fattore intrinseco. Gli ioni idrogeno,
combinandosi con ioni cloro, determinano la formazione
dell’acido cloridrico, necessario per mantenere il pH gastrico a
valori < 3; questo permette la formazione della pepsina dal
pepsinogeno e crea un ambiente ottimale per l’azione
proteolitica di questo enzima. Il fattore intrinseco è una
15
glicoproteina che si lega alla vitamina B12 assunta con gli
alimenti e ne permette l’assorbimento a livello della parte distale
dell’ileo. Strettamente associate alle cellule parietali sono le
cellule del colletto, cellule mucipare localizzate a livello del
collo delle ghiandole principali. Queste ultime differiscono da
quelle dell’epitelio di superficie in quanto producono un muco
ricco di proteoglicani acidi, rispetto al muco neutro secreto dalle
cellule superficiali. Varie cellule endocrine o argentaffini secernenti serotonina ed altri neuropeptidi - sono sparse, infine,
tra le cellule delle ghiandole ossintiche.
Nell’antro sono contenute le ghiandole piloriche, formate da
cellule endocrine, cellule mucipare e cellule G. Queste ultime
sono particolarmente importanti perché responsabili della
produzione di gastrina, ormone necessario per stimolare la
produzione di acido cloridrico da parte delle cellule parietali e,
pertanto, fondamentale nel controllo della secrezione acida dello
stomaco.
16
IL CARCINOMA DELLO STOMACO
Epidemiologia
Il carcinoma dello stomaco è una patologia estremamente diffusa
a livello mondiale: rappresenta la seconda causa di morte per
neoplasia in entrambi i sessi (dopo quella polmonare), il quarto
tumore in ordine di frequenza e ne vengono diagnosticati circa
un milione di nuovi casi l’anno.1
Negli anni ’30 esso rappresentava la prima causa di morte per
neoplasia nel sesso maschile e la seconda in quello femminile
(dopo il tumore della mammella).2 Negli ultimi settanta anni si è
assistito, in tutto il mondo, ad una progressiva diminuzione dei
tassi di incidenza e mortalità di questo tumore (1)(2)(3).
Rimangono, tuttavia, sostanziali differenze tra le diverse aree.
Quelle a maggiore endemia sono il Sud-Est asiatico, in
particolare il Giappone e la Corea, l’America centro-meridionale
1
Fonte dati: Crew KD, Neugut A. Epidemiology of gastric cancer, World J Gastroenterol, 2006,
Jan 21; 12(3): 354-362.
2
Fonte dati: Harrison TR, Principi di Medicina Interna, XV Edizione, Milano, McGraw-Hill,
2002.
17
e l’Europa dell’Est. Il Giappone è il Paese con l’incidenza più
elevata, con 75-80 nuovi casi l’anno per 100.000 abitanti.3
L’Italia è considerata un Paese a media endemia, con circa 30
nuovi casi l’anno ogni 10.000 abitanti. Il tasso di mortalità nella
popolazione generale è di 1,91 decessi l’anno ogni 10.000
abitanti, con valori più elevati nel Nord Italia, nel sesso maschile
e soprattutto nei soggetti di età superiore a 65 anni (per i quali il
tasso di mortalità aumenta di quattro volte).4
Il tumore dello stomaco compare più frequentemente negli
uomini (rapporto maschi/femmine di 1,5-2:1) e sia il tasso di
incidenza che quello di mortalità aumentano con l’età 5; il picco
di incidenza coincide con la quarta-sesta decade di vita e la
mortalità massima si ha nella settima-ottava decade di vita in
entrambi i sessi (Fig. 5).6
3
Fonte dati: Parkin DM et al. Cancer incidence in five continents, Lione, IARC Scientific
Publication, 1997.
4
Fonte dati: ISTAT, 2006.
5
Fonte dati: Crew KD, Neugut A. Epidemiology of gastric cancer, World J Gastroenterol, 2006,
Jan 21; 12(3): 354-362.
6
Fonte dati: OMS, 2006.
18
Eziopatogenesi
L’eziologia del carcinoma gastrico è di tipo multifattoriale; sono
stati individuati, infatti, numerosi fattori di rischio - genetici e
ambientali - che concorrono in maniera variabile allo sviluppo
del tumore (Tab. 1).
Per questa patologia esiste una predisposizione genetica,
dimostrata dalla maggiore frequenza della neoplasia all’interno
di alcune famiglie (4). È stato calcolato che i familiari di 1o
grado dei pazienti con adenocarcinoma gastrico hanno una
probabilità di sviluppare il tumore da 2 a 4 volte superiore
rispetto alla popolazione generale.7 Nonostante le modificazioni
genetiche alla base della familiarità siano ancora sconosciute,
esse non rappresentano una causa sufficiente per lo sviluppo
della malattia. Si è visto, infatti, che individui emigrati da Paesi
ad elevata incidenza di questo tumore verso Paesi ad incidenza
più bassa presentano lo stesso rischio del Paese di origine. Una
diminuita frequenza del tumore si osserva, invece, intorno alla
seconda-terza generazione, negli individui nati nel Paese di
7
Fonte dati: Palli D et al. Family history and risk of stomach cancer in Italy. Cancer Epidemiol
Biomarkers Prev. 1994; 3: 15-18.
19
arrivo (da 100 casi/anno/100.000 abitanti in Giappone, a
70/100.000 nella prima generazione negli Stati Uniti, fino a
35/100.000 nella seconda generazione).8
Questi dati suggeriscono, pertanto, che i fattori ambientali
rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo del carcinoma
dello stomaco.
Con l’eccezione del Giappone che, nonostante sia un Paese
industrializzato, presenta un’elevata incidenza di cancro
gastrico, l’incidenza di questa neoplasia sembra essere
inversamente correlata con le condizioni socio-economiche della
popolazione, dato che probabilmente riflette l’influenza di fattori
dietetici, culturali e occupazionali (5)(6).
I fattori dietetici sono considerati tra i fattori di rischio più
importanti. L’incidenza del cancro gastrico è in rapporto diretto
con un’elevata assunzione di sale nella dieta e con un alto
consumo di carne e pesce conservati (soprattutto se affumicati,
essiccati o conservati sotto sale); questi alimenti contengono
infatti un’elevata concentrazione di idrocarburi aromatici
8
Fonte dati: Yamamoto S. Stomach cancer incidence in the world. Jpn J Clin Oncol, 2001; 31:
471.
20
policiclici, nitrati e nitriti, che sono sostanze irritanti per lo
stomaco e note sostanze cancerogene (7)(8).
La diffusione della refrigerazione del cibo, riducendo la
necessità di conservare gli alimenti con dette tecniche, ha
parallelamente contenuto l’esposizione a questi cancerogeni e
potrebbe essere, almeno in parte, responsabile della diminuita
incidenza di cancro gastrico osservata negli ultimi decenni.9
È ormai assodato, invece, che diete ricche di frutta e verdura
cruda si associano ad un basso rischio di sviluppare il tumore,
grazie all’elevato contenuto di sostanze antiossidanti in questi
alimenti, come l’acido ascorbico e il beta-carotene: tali sostanze
determinano, infatti, l’induzione di enzimi detossificanti e
l’inibizione della formazione di nitrosammine (9).
Per quanto riguarda i fattori di rischio individuali, anche il fumo
di sigaretta e l’obesità sono indicati come responsabili
dell’aumento del rischio relativo di cancro gastrico. La durata
dell’abitudine del fumo e il numero di sigarette fumate sono
direttamente correlati con un rischio aumentato di sviluppare il
9
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
21
tumore dello stomaco, soprattutto a livello del cardias (10); un
Indice di Massa Corporea (BMI) superiore a 25 favorisce lo
sviluppo di ernia iatale e di reflusso gastroesofageo, condizioni
che determinano una stimolazione cronica nella regione del
cardias, aumentando la probabilità di sviluppare un cancro in
questa regione (11)(12). Il consumo di alcool non sembra avere
la stessa importanza rispetto ai fattori appena menzionati,
nonostante il suo ruolo non sia stato ancora chiarito in maniera
definitiva. È stato, infatti, indicato come causa favorente lo
sviluppo di adenocarcinomi del colon-retto, ma non è stato
dimostrata la stessa associazione negli altri organi dell’apparato
digerente (8)(13).
L’assunzione cronica e regolare di acido acetilsalicilico e di altri
FANS (almeno 1/settimana per almeno 6 mesi) rappresenta un
fattore di rischio per lo sviluppo di un cancro della regione
cardiale: questa classe di farmaci è, infatti, in grado di inibire la
formazione
delle
prostaglandine,
molecole
dotate
di
un’importante attività di stimolo sulla risposta immunitaria
22
antitumorale, determinando, quindi, immunosoppressione e
blocco dell’apoptosi delle cellule tumorali (14).
Il rischio di sviluppare un carcinoma dello stomaco risulta,
inoltre, essere 3-6 volte superiore nei pazienti con infezione da
Helicobacter pylori rispetto alla popolazione generale sana
(15)(16). Questo rischio appare ancora più elevato negli
individui di sesso femminile e di razza nera (17). Il tasso di
infezione da H. pylori nelle varie popolazioni appare
direttamente proporzionale al tasso di incidenza del cancro dello
stomaco, con l’eccezione dell’Africa, dove l’infezione da H.
pylori è molto comune, mentre questo tipo di tumore risulta
generalmente poco frequente.10
L’H. pylori è presente e documentabile in una percentuale
elevata, ma non in tutti gli individui con cancro gastrico e/o
lesioni precancerose. Il ruolo e l’importanza patogenetica di
questo batterio, quindi, non sono ancora chiari: secondo una
delle ipotesi, l’infezione potrebbe rappresentare una causa diretta
dello sviluppo del tumore (18); un’altra ipotesi sostiene, invece,
10
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
23
che l’H. pylori possa determinare modificazioni a livello della
mucosa gastrica, sia in senso infiammatorio che eventualmente
atrofico, in grado di rendere la fattori di rischio, principalmente
delle sostanze cancerogene contenute negli alimenti (19). Lavori
recenti (20) hanno evidenziato come la risposta infiammatoria
alla presenza dell’H.P. determini un infiltrato infiammatorio
costituito da macrofagi. Il TNF- prodotto dai macrofagi attivati
stimola le cellule epiteliali circostanti a promuovere l’attività del
segnale Wingless/Wnt oltre il normale livello basale e potrebbe
quindi contribuire alla tumorigenesi.
L’adenocarcinoma dello stomaco si sviluppa più facilmente
(rischio aumentato di 2-4 volte) su monconi gastrici in individui
precedentemente sottoposti a gastrectomia parziale per una
malattia benigna (21). Questo tipo di carcinoma si caratterizza
per la prognosi particolarmente infausta: tale dato può essere
spiegato in parte per l’età più avanzata di questi pazienti e lo
stadio generalmente più avanzato del tumore al momento della
presentazione clinica, ma anche per la maggiore aggressività del
24
tumore stesso rispetto a quello che insorge su uno stomaco
intatto.11
Il rischio di cancro gastrico appare, infine, aumentato anche nei
pazienti con lesioni precancerose. La principale tra queste
lesioni è la gastrite cronica atrofica associata ad anemia
perniciosa, caratterizzata da atrofia della mucosa, perdita di
cellule parietali, ipocloridria ed eventuale metaplasia intestinale
della mucosa stessa. In questi pazienti sembra che il rischio di
sviluppare il tumore sia doppio rispetto a quello della
popolazione generale.12 Altre lesioni precancerose che possono
intervenire nel processo di cancerogenesi sono la malattia di
Ménétrier o gastrite ipertrofica gigante, i polipi gastrici
adenomatosi e l’ulcera peptica. Un discorso a parte merita
l’esofago di Barrett, condizione caratterizzata da metaplasia
dell’epitelio squamoso pluristratificato della parte distale
dell’esofago con epitelio cilindrico, tipico del tratto inferiore
dell’apparato digerente: in questi casi è sempre presente un
11
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
12
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
25
grado variabile di displasia, da cui può originare un carcinoma
dell’esofago o del cardias (22).
Localizzazione
Tutte le zone dello stomaco possono essere interessate dal
tumore. La regione antro-pilorica è quella colpita più
frequentemente (50% dei casi), seguita dalla piccola curvatura
(20%), dalla regione cardiale (9%), ed infine dalla grande
curvatura (7%) (Fig. 5).13
La distinzione più importante è, però, quella tra il carcinoma
gastrico prossimale, che interessa la giunzione gastroesofagea ed
il cardias, e quello distale, che può riguardare tutto l’organo in
maniera diffusa, anche se interessa prevalentemente il corpo e
l’antro, risparmiando la regione cardiale.
L’adenocarcinoma gastrico prossimale è tipico di popolazioni
con elevato livello socio-economico, ovvero i Paesi occidentali,
ed è strettamente associato a fattori di rischio quali la dieta ricca
di cibi conservati e povera di frutta e verdura, l’obesità, il fumo,
13
Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.
26
la malattia da reflusso gastroesofageo (per i tumori della
giunzione).
Il cancro distale è più frequente, invece, nei Paesi in via di
sviluppo, caratterizzati da un basso livello socio-economico, ed
in Giappone, ed appare associato solo con l’infezione da H.
pylori (Tab. 1).
Questo tipo di distinzione è di fondamentale importanza. Le
marcate differenze tra queste due localizzazioni inducono,
infatti, a ritenere che il carcinoma gastrico prossimale e quello
distale siano, in realtà, due entità nosologiche distinte, con
un’eziologia e una patogenesi diversa, e quindi anche con un
comportamento e soprattutto una prognosi diversa. 14
Anatomia patologica
I tumori maligni dello stomaco possono originare dalla
componente ghiandolare o dal tessuto connettivo: più del 90% di
tutti questi tumori è costituito da adenocarcinomi, mentre il
14
Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.
27
restante 10% è rappresentato da linfomi non-Hodgkin e da
leiomiosarcomi. 15
A livello macroscopico, secondo la classificazione di Borrmann,
si possono riconoscere quattro tipi di cancro gastrico: polipoide
o vegetante (I), ulcerato (II), ulcerato ed infiltrante (III),
diffusamente infiltrante (IV) (Fig. 7). Tale classificazione ha
anche un valore prognostico. I diversi tipi morfologici
corrispondono, infatti, ad un grado di differenziazione cellulare
progressivamente minore, con aumento dell’aggressività clinica
del tumore e diminuzione della probabilità di sopravvivenza. Le
forme ulcerate (III) pongono frequentemente problemi di
diagnosi differenziale con l’ulcera peptica. I tumori diffusamente
infiltranti (IV grado) possono provocare l’insorgenza di una
marcata reazione scirrosa nell’ambito della neoplasia, che può
estendersi a tutto il viscere, determinando il quadro della linite
plastica, che ha quasi sempre una prognosi infausta.
Da un punto di vista microscopico, la classificazione
dell’adenocarcinoma dello stomaco proposta da Lauren nel 1965
15
Fonte dati: Harrison TR, Principi di Medicina Interna, XV Edizione, Milano, McGraw-Hill,
2002.
28
consente di comprendere meglio la patogenesi e la distribuzione
epidemiologica di questa neoplasia (23). In base ad essa si
distinguono due principali sottotipi tumorali.
Il sottotipo intestinale, definito anche epidemico, espansivo, o
ben differenziato, si contraddistingue per la presenza di cellule
neoplastiche organizzate in strutture simil-ghiandolari; interessa
più frequentemente l’antro e la piccola curva dello stomaco e la
sua insorgenza è spesso preceduta da lesioni precancerose e si
riscontra, soprattutto nelle aree a maggiore endemia, in individui
di sesso maschile, razza nera ed età superiore a 40 anni.
Nel sottotipo diffuso, definito anche endemico, infiltrante, o
scarsamente differenziato, si ritrova invece un’infiltrazione
diffusa di cellule neoplastiche isolate, che presentano spesso una
morfologia “ad anello con castone” (2), senza formazione di
masse tumorali. Esso può interessare tutto l’organo, compreso il
cardias, e nella maggior parte dei casi non si evidenziano lesioni
precancerose
precedenti
l’insorgenza
del
tumore.
Uniformemente distribuito tra i sessi, le razze ed i diversi Paesi,
interessa individui più giovani rispetto al tipo intestinale.
29
La diminuzione dell’incidenza del cancro gastrico - riscontrata
negli ultimi settanta anni - si rispecchia, istologicamente, in una
diminuzione del sottotipo intestinale, con progressivo aumento
del sottotipo diffuso, tanto nelle popolazioni a basso rischio, che
in alcune di quelle ad alto rischio (Fig. 6) (1)(24)(25). In base
alla localizzazione del tumore, si è assistito, inoltre, ad un
aumento dei casi di cancro gastrico prossimale rispetto a quello
distale (1)(12).
Queste modificazioni epidemiologiche possono essere spiegate
con le modificazioni dello stile di vita avvenute negli ultimi
decenni soprattutto nei Paesi occidentali, in cui il livello socioeconomico è più elevato: i cambiamenti nella dieta, la diffusione
del fumo, l’obesità, l’infezione dell’H. pylori, che ha ormai
raggiunto quasi proporzioni epidemiche, rappresentano tutti
fattori di rischio per lo sviluppo di un adenocarcinoma gastrico a
localizzazione prossimale e prevalentemente di tipo istologico
diffuso. 16
16
Fonte dati: Crew KD, Neugut A. Epidemiology of gastric cancer, World J Gastroenterol, 2006,
Jan 21; 12(3): 354-362.
30
Classificazione e stadiazione
Il
metodo
più
utilizzato
per
la
classificazione
dell’adenocarcinoma dello stomaco è il TNM (Tumor-NodeMetastasis) (Tab. 2).
Il parametro T valuta la profondità di invasione della parete
gastrica: se il tumore rimane confinato a livello della mucosa e
della sottomucosa, senza interessare la muscolare propria,
indipendentemente dall’infiltrazione linfonodale, viene definito
“early gastric cancer” o carcinoma gastrico “precoce”; se,
invece, supera la muscolare propria, si parla di carcinoma
gastrico “avanzato” (Fig. 8). L’“early gastric cancer” ha una
particolare importanza, in quanto presenta una prognosi
notevolmente migliore rispetto alle forme più avanzate; tuttavia,
non ha ancora una definizione anatomo-clinica precisa:
potrebbe, infatti, rappresentare un’entità biologica a sé stante
oppure una forma particolare della malattia.17
Il parametro N descrive il coinvolgimento dei linfonodi regionali
in termini quantitativi, ovvero sulla base del numero di linfonodi
17
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
31
coinvolti dal processo neoplastico. Non vengono, invece, distinte
le stazioni linfonodali colpite in base alla localizzazione, in
quanto questo dato non costituisce un fattore prognostico utile
per la stadiazione. Coerentemente con lo scorrimento linfatico,
comunque, le prime stazioni linfonodali interessate sono quelle
situate lungo la piccola e la grande curvatura gastrica.
Successivamente vengono coinvolti i linfonodi situati a livello
del tripode celiaco e delle sue diramazioni principali. Solo in
fase avanzata vengono interessati i linfonodi epatoduodenali,
retropancreatici, mesenterici, paraortici e quello sovraclaveare
sinistro (linfonodo di Troisier); in questo caso vengono
considerati, da un punto di vista prognostico, metastasi a
distanza.
Per quanto riguarda le metastasi ad altri organi (parametro M), il
fegato rappresenta la sede più spesso coinvolta, in quanto il
drenaggio venoso dello stomaco raggiunge il sistema portale;
meno frequentemente sono interessati il polmone, la milza, le
ossa e il sistema nervoso centrale. In alcuni casi si può verificare
la diffusione transcelomatica del tumore, con possibile
32
coinvolgimento dell’omento, del peritoneo viscerale e/o
parietale, talora del cavo di Douglas e delle ovaie (tumore di
Krukenberg), fino al possibile sviluppo di una carcinosi
peritoneale.
La stadiazione del carcinoma dello stomaco attualmente
utilizzata a livello internazionale è stata definita nel 2002 dalla
AJCC (American Joint Committee on Cancer), sulla base della
classificazione
TNM, in seguito adottata anche dalla UICC
(Union Internationale Contre le Cancer) e dalla JRSGC
(Japanese Research Society for Gastric Cancer).18
Una corretta stadiazione è fondamentale, perché rappresenta il
fattore prognostico più rilevante ai fini della sopravvivenza. La
prognosi è condizionata anche da altri fattori, tra cui l’età del
paziente, il tipo istologico del tumore, la sua localizzazione, la
presenza di alterazioni genetiche, la precocità della diagnosi e
del trattamento, l’eventuale residuo tumorale, l’invasione
vascolare, linfonodale e sierosa (26)(27)(28)(29).
18
Fonte dati: AJCC Cancer Staging Manual, V edizione, Philadelphia, Lippincott-Raven, 1997.
33
Terapia
La chirurgia rappresenta la terapia di elezione per il carcinoma
dello stomaco: la radioterapia è, infatti, inefficace, vista la
scarsa radiosensibilità di questo tumore; la chemioterapia viene,
invece,
utilizzata
di
routine
in
sede
postoperatoria
(chemioterapia adiuvante), anche se complessivamente fornisce
risultati modesti, con rari casi di remissione completa e più
frequenti risposte parziali al trattamento.
È ancora da definire il ruolo della chemioterapia neoadiuvante:
questo tipo di trattamento, utilizzato in sede preoperatoria, è in
grado di ridurre le dimensioni della neoplasia e di renderla
resecabile in maniera radicale anche in pazienti giudicati
inizialmente inoperabili, il che si traduce in un prolungamento
della sopravvivenza media dei pazienti stessi. Sono necessari,
tuttavia, altri studi per definire con precisione gli schemi di
trattamento e la loro durata e per conoscere i risultati effettivi a
lungo termine: per tale motivo questo tipo di approccio non è
ancora utilizzato a pieno titolo nella terapia del cancro gastrico.19
19
Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.
34
Generalmente, la scelta del tipo di intervento chirurgico e della
sua estensione è determinata dalla localizzazione del tumore
primitivo nel contesto dello stomaco e dalla necessità di ottenere
ampi margini di tessuto libero da malattia. Per i carcinomi della
parte distale si può eseguire una gastrectomia subtotale o totale,
nonostante quest’ultima non migliori significativamente la
sopravvivenza dei pazienti, ma anzi ne può aumentare la
morbilità postoperatoria. Le lesioni del terzo medio richiedono
quasi sempre la gastrectomia totale, mentre per le lesioni
prossimali si effettua la gastrectomia totale con esofagectomia
distale (Fig. 9). In quest’ultimo caso la ricostruzione con ansa ad
Y secondo Roux post-gastrectomia fornisce risultati funzionali
migliori rispetto alla gastrectomia subtotale prossimale con
moncone gastrico distale, e perciò è preferita per il trattamento
di queste lesioni
(Fig. 10).
A livello internazionale non è stato ancora raggiunto, tuttavia, un
accordo riguardo l’estensione della resezione gastrica (30). In
Giappone, ad esempio, vengono utilizzate per lo più tecniche di
resezione estesa, quindi gastrectomie totali o subtotali, con
35
dissezione linfonodale in blocco. I risultati in termini di
sopravvivenza sono ottimi, ma occorre tenere presente che in
questo Paese esistono programmi di screening di massa per il
cancro gastrico, che viene di solito diagnosticato in una fase
precoce di sviluppo ed è perciò più facilmente aggredibile.20
In Europa e negli Stati Uniti non esistono programmi di
screening analoghi e la neoplasia è, pertanto, scoperta spesso in
fase avanzata; viene solitamente effettuata, quindi, una resezione
gastrica più o meno ampia, comprendente il tumore, ampi
margini di tessuto libero da malattia (almeno 5 cm), ed i
linfonodi regionali di drenaggio.21
È sempre necessario valutare, in sede pre- o intraoperatoria,
l’eventuale coinvolgimento dei linfonodi e degli organi
circostanti, soprattutto la milza ed il pancreas, da parte della
neoplasia. In questi casi la resezione chirurgica comprenderà
anche la linfadenectomia (la cui estensione dipenderà dalla
20
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
21
Fonte dati: Harrison TR, Principi di Medicina Interna, XV Edizione, Milano, McGraw-Hill,
2002.
36
localizzazione dei linfonodi coinvolti), la splenectomia o la
pancreasectomia distale o totale (Fig. 9).
Sopravvivenza
A 5 anni dalla diagnosi, la sopravvivenza globale dei pazienti
varia tra il 5% ed il 20% , mentre, esaminando solo i soggetti
sottoposti ad intervento chirurgico radicale, essa raggiunge il 2530%.22
I pazienti con “early gastric cancer” ottengono la
guarigione in più dell’80% dei casi, mentre quelli con tumore
“avanzato” in meno del 10%, e questo testimonia l’importanza
di una diagnosi precoce.23 La prognosi, inoltre, è migliore per i
tumori localizzati in sede distale rispetto a quelli prossimali (2025% e 10% rispettivamente), e di tipo intestinale rispetto al tipo
diffuso (25% e 15% rispettivamente) (Fig. 11). 24
22
Fonte dati: Rugarli C, Medicina Interna Sistematica, IV Edizione, Roma, Ed. Masson, 2000.
Fonte dati: Dionigi R, Chirurgia, III edizione, Masson, 2003.
24
Fonte dati: Sabiston DC, Trattato di chirurgia. Le basi biologiche della moderna pratica
chirurgica. Edizione italiana sulla 16a americana, Roma, Angelo Delfino Editore, 2003.
23
37
STATO DELL’ARTE
Nell’ambito dell’immunoistochimica, l’orientamento attuale
della ricerca è diretto allo studio dell’impatto prognostico di
peculiari
modificazioni
genetiche
nei
pazienti
con
adenocarcinoma dello stomaco (31).
I
primi
studi
di
immunoistochimica,
effettuati
prevalentemente su tumori del colon retto, hanno quantificato le
cellule
immunitarie
su
sezioni
tessutali
colorate
con
ematossilina-eosina, sottostimando il vero numero di leucociti
presenti nel tessuto tumorale. Con tale metodica, inoltre, non è
stato possibile caratterizzare morfologicamente le singole
sottopopolazioni dell’infiltrato linfoplasmacellulare, ed in
particolare i linfociti T helper, i T citotossici, le cellule Natural
Killer ed i macrofagi, che svolgono tutte un ruolo fondamentale
nella risposta immunitaria dell’ospite contro il tumore
(32)(33)(34)(35).
Allo stato attuale, sono state ormai chiarite le modalità di
interazione tra le cellule linfoplasmacellulari e l’importanza che
38
esse hanno nella sorveglianza anti-tumorale e nei processi di
invasione e diffusione del cancro (36)(37). Tale caratteristica
anti-tumorale dipende molto dall’immunogenicità del tumore,
che a sua volta è subordinata alla quantità di mutazioni presenti
nelle cellule neoplastiche. Tumori come quelli del colon-retto
presentano
numerose
mutazioni,
che
sono
correlate
prevalentemente all’instabilità dei microsatelliti, mentre i tumori
dello stomaco ne sarebbero poveri, risultando pertanto capaci di
sfuggire alla risposta immunitaria dell’ospite (38).
Considerando
singolarmente
il
ruolo
delle
diverse
sottopopolazioni linfocitarie nella sorveglianza antitumorale, i
macrofagi
(TAM,
“tumor-associated
macrophages”),
riconosciuti per la presenza dell’antigene CD68 sulla loro
superficie, sono responsabili, direttamente o indirettamente,
dell’effetto soppressore nei confronti dei linfociti T attivati
contro le cellule tumorali (38). I macrofagi associati al tumore
rappresentano
una
componente
essenziale
dell’infiltrato
leucocitario tumorale e rappresentano una sorta di arma a doppio
taglio, con la potenzialità di esprimere sia attività pro tumorale
39
che anti tumorale, con la prima che prevale nelle neoplasie (39).
Da molto tempo è noto che i macrofagi e alcuni dei loro prodotti
(IL-1, TNF, IL-6) incrementano le metastasi. La plasticità è una
caratteristica di tutti i fagociti mononucleati, e in risposta a
diversi segnali i macrofagi vanno incontro ad una attivazione
polarizzata. Classicamente i macrofagi attivati (M1) in seguito
all’esposizione dell’interferon hanno attività antitumorale. In
risposta all’interleuchina 4 o interleuchina 13 i macrofagi si
sottopongono ad una attivazione alternativa (M2) (40). Le
cellule M2 sono orientate al rimodellamento e riparazione
tumorale, all’immunoregolazione e alla promozione tumorale.
Nella maggior parte dei tumori i macrofagi hanno un fenotipo
M2 (41) . L’acquisizione delle funzioni pro tumorali M2 è
stimolata da alcune citochine prodotte dal microambiente
tumorale, in particolare IL-10, PGE2, TGF- e CSF-1
(42)(Figura 15). L’analisi delle basi molecolari del fenotipo dei
TAM ha identificato il fattore di trascrizione NF-kB e l’HIF
(Hypoxia inducible Factor) come i principali regolatori del loro
programma trascrizionale e dell’attività di promozione del
40
tumore e delle metastasi (43). Una condizioni micro ambientale
importante che sembra influenzare il segnale NF-kB nei TAM è
l’ipossia. La presenza di molte aree di ipossia è una caratteristica
della maggior parte dei tumori solidi e i macrofagi associati al
tumore si accumulano in queste aree dove l’ipossia promuove il
loro fenotipo pro-tumorale (44). I tumori solidi contengono
livelli aumentati di HIF-1 e HIF-2hypoxia-inducible
transcription factor) e questi livelli incrementati sono correlati
con un aumento della mortalità (45).
Uno studio effettuato su cavie transgeniche suggerisce che i
macrofagi attivati hanno un importante ruolo nella tumorigenesi
gastrica attraverso la promozione del segnale Wnt/beta catenina
(46).
La via regolatrice che parte da Wnt e coinvolge la β-catenina
è definita “canonica” per il fatto che è stata la prima ad essere
identificata e per gli importanti meccanismi in cui essa è
coinvolta.
In assenza di un segnale mitotico proveniente dall’esterno, la
β-catenina viene sequestrata in un complesso formato da diverse
41
sub
unità
proteiche
comprendente
le
proteine
APC
(Adenomatous Polyposis Coli), la glicogeno-sintasi-chinasi 3β
(GSK-3β), la fosfoprotein-fosfatasi 2A (PP-2A) e l’axina.
Quando questo complesso è assemblato, la GSK-3β catalizza la
fosforilazione della β-catenina.
In seguito alla fosforilazione multipla, le molecole di βcatenina vengono distrutte, inviandole al proteosoma. Questo
meccanismo, in sinergia con il legame della β-catenina all’Ecaderina, causa la presenza di bassi livelli di β-catenina libera a
livello citosolico. Quando il ligando Wnt lega il proprio recettore
“frizzled” viene attivata, secondo un meccanismo non ancora del
tutto chiaro, una proteina intracellulare (Dsh) la quale viene
reclutata sulla membrana e destabilizza il complesso APC, GSK3β, axina, che non è più in grado di fosforilare la β-catenina. In
conseguenza della diminuita fosforilazione della β-catenina
aumenta la quantità citosolica della proteina, che si trasferisce
nel nucleo legandosi ai fattori di trascrizione Lef-1 (Lymphocyte
Enhaucer Factor) e TCF (T-cell Factor). In seguito a queste
interazioni viene regolata l’espressione di geni coinvolti nella
42
migrazione cellulare (Figura 14). Il segnale Wnt-beta catenina
ha un’importante funzione nel mantenimento delle cellule
staminali intestinali e la sua attivazione causa lo sviluppo di
tumori gastrointestinali (47).
L’accumulo di beta catenina nucleare è stato osservato
soprattutto nel fronte di invasione del carcinoma del colon
rispetto all’area tumorale non invasiva (48). Inoltre la sensibilità
delle cellule staminali embrionali per la differenziazione è
inibita dall’aumento dell’attività del segnale Wnt- beta catenina
(49). Questi risultati presi insieme suggeriscono che la
promozione del segnale Wnt-beta catenina oltre il livello basale
è necessaria per la tumorigenesi, l’invasione tumorale ed il
mantenimento delle cellule staminali. Il cancro gastrico è
strettamente associato all’infezione da Helicobacter Pylori, che
comporta un’infiammazione cronica. Inoltre, l’attivazione del
segnale Wnt-beta catenina è riportato in circa il 30% dei cancri
gastrici (50). La cooperazione del segnale Wnt-beta catenina e
del percorso prostaglandine E2 (PGE2) provoca lo sviluppo del
cancro gastrico in un modello murino transgenico (51). Il TNF-
43
derivato dai macrofagi attivati promuove l’attività del segnale
Wnt-beta catenina nelle cellule del cancro gastrico attraverso la
soppressione della GSK3. Inoltre, l’infezione da Helicobacter
nelle cavie transgeniche provoca un’infiltrazione di macrofagi e
l’attivazione del segnale Wnt-beta catenina nella mucosa
gastrica, portando quindi alla tumorigenesi (52). Le mutazioni
dei
geni
APC
e
della
beta-catenina
possono
attivare
costituzionalmente il segnale Wnt e causare la poliposi
intestinale (53). L’attivazione del segnale Wnt rientra tra la
cause principali del cancro gastrico e l’accumulo nucleare di
beta-catenina, un marchio di attivazione del segnale Wnt, è
riscontrabile nel 30-50% dei casi di cancro gastrico (54) e sono
state riscontrate anche mutazioni del gene della beta catenina
(55). E’ stato ipotizzato che la soppressione dell’infiltrazione
dei macrofagi e della loro attivazione attraverso farmaci
antinfiammatori o inibitori delle PGE2 possa essere un possibile
strategia di chemio prevenzione del cancro gastrico.
La valutazione quantitativa dei macrofagi nel contesto del
tumore ha dimostrato che un’elevata rappresentanza è correlata
44
ad una minore sopravvivenza dei pazienti. Questo è dovuto alla
creazione, da parte di queste cellule, di un microambiente che
favorisce la neo-vascolarizzazione e lo sviluppo di una reazione
fibrotica, mediante la produzione di fattori fibro-angiogenetici,
quali il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), il bFGF
(basic Fibroblast Growth Factor) e il TNF-α (Tumor Necrosis
Factor-α) (57)(58)(59) ed alla promozione del segnale Wnt-beta
catenina. In vitro, invece, i macrofagi mostrano un’attività
prevalentemente anti-tumorale, che si sviluppa attraverso un
contatto
cellula-cellula,
non
mediato
da
un’attività
immunologica. In vivo, l’infiltrazione dei macrofagi si correla
positivamente con la profondità di infiltrazione del tumore, il
coinvolgimento linfonodale e lo stadio clinico, con una
sopravvivenza a 5 anni peggiore nel gruppo di pazienti con un
infiltrato maggiore (60). I macrofagi, inoltre, secernono
citochine immunosoppressive, che influiscono indirettamente sui
linfociti infiltranti il tumore (56).
In un recente studio, suddividendo la popolazione dei
macrofagi in due sottogruppi, di cui uno periferico ed uno nel
45
contesto del tumore, è stato dimostrato che, nel gruppo con un
numero maggiore di macrofagi intratumorali, la sopravvivenza è
risultata essere migliore: ciò indica, probabilmente, che il ruolo
dei macrofagi potrebbe essere diverso a seconda della loro
localizzazione rispetto al tumore, ma sono comunque necessari
altri studi per avvalorare questa ipotesi (60).
Per quanto riguarda le cellule dendritiche (CD83+), che sono
cellule che presentano gli antigeni ai linfociti T CD4+ (APC), il
loro numero nel contesto della neoplasia è inversamente
correlato con la profondità di invasione tumorale e con la
presenza di metastasi linfonodali. Un ridotto numero di DC è,
infatti, correlato con una prognosi peggiore (61)(62)(63).
Le cellule T regolatrici (CD4+/CD25+) hanno un effetto
inibitorio nei confronti della risposta immunitaria mediata dalle
cellule T CD4+/CD25- e T CD8+, in quanto non producono
INF e secernono in grandi quantità IL-10, uno dei fattori
maggiormente responsabili dell’immunosoppressione (64).
Le cellule Natural Killer (CD57+) sono cellule del sistema
immunitario che agiscono in maniera aspecifica nei confronti dei
46
tumori. Un alto numero di cellule NK infiltranti è stato
riscontrato più frequentemente in pazienti affetti da “early
gastric cancer”, con coinvolgimento linfonodale basso o assente.
In questi casi, le cellule NK appaiono in numero minore nel
contesto del tumore, mentre sono maggiormente rappresentate
intorno alla neoplasia; nei tumori di grandi dimensioni ed
infiltrativi,
invece, sono
poco
numerose sia a livello
intratumorale che peritumorale. L’infiltrazione da parte delle
cellule NK risulta, quindi, inversamente correlata alla profondità
di invasione tumorale, lo stadio clinico ed l’invasione venosa e
linfatica.
Anche
significativamente
la
sopravvivenza
migliore
in
sembra
pazienti
con
essere
maggiore
infiltrazione di cellule NK (65)(66)(67).
I linfociti T citotossici (CD8+) hanno un ruolo fondamentale
nel limitare la crescita e la diffusione del tumore. Il grado di
infiltrazione
tumorale
da
parte
di
queste
cellule
è
quantitativamente diverso nei due tipi istologici, intestinale e
diffuso. Nel sottotipo intestinale, esse appaiono ampiamente
rappresentate a livello dell’infiltrato; nel caso del sottotipo
47
diffuso, invece, l’immunosoppressione è generalmente più
pronunciata ed il numero delle cellule CD8+ presenti è basso. È
stato dimostrato, inoltre, che i linfociti localizzati nell’epitelio
tumorale possono avere un effetto prognostico positivo, mentre
quelli localizzati nello stroma o lungo il margine del tumore non
hanno nessun effetto sulla prognosi (38)(64)(68).
Se si considera esclusivamente l’entità globale dell’infiltrato
linfoplasmacellulare, non si può dimostrare una significativa
differenza in termini di prognosi tra i vari pazienti.
Tra i parametri da considerare, uno dei più importanti, su cui
si stanno concentrando tutti i recenti studi, è la localizzazione
delle cellule immunitarie rispetto al tessuto tumorale, che
vengono
distinte, pertanto,
in
intratumorali/intraepiteliali,
peritumorali e dello stroma (Figg. 12, 13). Si ritiene, infatti, che,
a seconda della localizzazione, le singole sottopopolazioni
cellulari possano essere esposte all’azione di molteplici sostanze,
soprattutto mediatori dell’infiammazione, che ne alterano la
funzione, producendo un determinato effetto prognostico (69).
48
OBIETTIVO DELLA RICERCA
L’infiltrazione del carcinoma dello stomaco da parte di cellule
immunocompetenti rappresenta l’espressione di una risposta
immune dell’organismo nei confronti del tumore: il suo studio è,
pertanto, di fondamentale importanza per comprendere le
modalità di sviluppo di questa risposta e la sua efficacia.
La nostra ricerca si è basata sulla valutazione delle
sottopopolazioni cellulari presenti nel contesto di una neoplasia
gastrica.
Utilizzando
anticorpi
monoclonali,
sono
stati
caratterizzati morfologicamente e quantificati i diversi tipi di
cellule costituenti tale infiltrato.
L’obiettivo del presente studio è di correlare i risultati ottenuti
con le caratteristiche clinico-istologiche dei pazienti (età,
estensione del tumore primitivo, presenza di metastasi
linfonodali, grado di differenziazione e tipo istologico delle
cellule neoplastiche, presenza di cellule ad anello con castone)
per valutarne l’effetto finale sulla prognosi ed eventualmente
definire nuovi fattori prognostici.
49
MATERIALI E METODI
Per il nostro studio retrospettivo sono stati analizzati 300
pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per neoplasia
gastrica, con relativa asportazione di almeno 15 linfonodi
regionali, presso il Dipartimento di Chirurgia “Pietro Valdoni” e
l’ospedale civile di Latina “Santa Maria Goretti”, nell'intervallo
di tempo compreso tra il 1998 e il 2008. Da questa popolazione
è stato estrapolato un campione di 46 pazienti, individuati in
base ai criteri di selezione prefissati: presenza di carcinoma
gastrico (sia di tipo intestinale che di tipo diffuso), allo stadio
iniziale (T1 e T2), in assenza di metastasi linfonodali (N0) o con
coinvolgimento di meno di 8 linfonodi (N1) e assenza di
metastasi a distanza (M0), stadio I e II. (Tab. 3)
Il campione comprende 28 maschi e 18 femmine, compresi in
una classe d’età che va dai 41 ai 92 anni, con una media di 64,9
anni (maschi 41-83 anni, età media 64,8 anni; femmine 40-92
anni, età media 65 anni).
50
Il follow-up ha avuto una durata media di 57,53 mesi, con un
minimo di 24 ed un massimo di 88 mesi. Dei 46 pazienti, 17
sono deceduti (37%, 11 maschi e 6 femmine), 11 dei quali
(24%) per recidiva della neoplasia e/o per la comparsa di
metastasi e 6 (13%) per cause non correlate alla neoplasia: la
sopravvivenza è stata di 1-84 mesi, con una media di 30,91
mesi; l’età media totale era di 64,93 anni, con 64 anni per i
maschi e 65 anni per le femmine.
In tutto il campione, soltanto 6 pazienti sono stati sottoposti a
chemioterapia adiuvante in seguito all’intervento chirurgico: di
questi, uno è deceduto a 24 mesi dall’intervento, mentre gli altri
cinque sono stati seguiti, rispettivamente, per 36, 40, 84, 85 e 88
mesi dopo l’intervento chirurgico.
I preparati del tumore primitivo, precedentemente incluso in
paraffina, sono stati sezionati con uno spessore di 4 μm, quindi
sottoposti a rilevazione immunoistochimica con l’utilizzo di
anticorpi monoclonali specifici, al fine di identificare e studiare
le
diverse
sottopopolazioni
presenti
nell’infiltrato
linfoplasmacellulare peri- ed intratumorale.
51
Queste sottopopolazioni sono costituite prevalentemente da
cellule immunocompetenti che vengono suddivise, in base
all’espressione di molecole di adesione sulla membrana, in
CD20+ (linfociti B), CD4+ (linfociti T helper), CD8+ (linfociti
T citotossici), CD68+ (macrofagi) e CD57+ (cellule Natural
Killer).
La colorazione dei vetrini è stata effettuata con la
diaminobenzidina. Sono state, quindi, quantificate le cellule
marcate con un ingrandimento 400x in 15 diversi campi.
E’ stata inoltre valutata l’espressione della beta catenina a
livello nelle cellule tumorali a livello di membrana, citoplasma e
nucleo e correlata con l’infiltrazione dei macrofagi associati al
tumore.
I pazienti, infine, sono stati suddivisi in due sottogruppi in
base al numero di cellule di ciascuna sottopopolazione,
rispettivamente inferiore o superiore alla mediana (gruppo A <
n, gruppo B ≥ n).
52
L’infiltrato linfoplasmacellulare è stato distinto, sulla base
della localizzazione, in peritumorale (lungo il margine di
infiltrazione) ed intratumorale/intraepiteliale.
Immunoistochimica
Per l’analisi immunoistochimica sono stati utilizzati i seguenti
anticorpi:
- anti-CD4 (monoclonale, clone 4B12, diluizione
1:20, Novocastra);
- anti-CD8 (monoclonale, clone 1A5, diluizione
1:20, Novocastra);
- anti-CD20 (monoclonale, clone L26, diluizione
1:400, Novocastra);
- anti-CD57 (monoclonale, clone NK-1, diluizione
1:50, Novocastra);
- anti-CD68 (monoclonale, clone KP1, diluizione
1:400, Novocastra);
- anti-betacatenina
(monoclonale,
clone
14,
diluizione di 1:500, Lexington, KY, USA)
53
Lo studio immunoistochimico è stato effettuato sulle sezioni
istologiche fissate in formalina ed incluse in paraffina.
Queste sezioni sono state raccolte su vetrini portaoggetti a
carica positiva, poste in stufa per 5 minuti a 50° C, sparaffinate
in xilolo e quindi reidratate, utilizzando alcool con gradazione a
scalare fino a giungere all’acqua corrente.
È stato effettuato il blocco delle perossidasi endogene con un
bagno di 5 minuti in acqua ossigenata al 3% per tutti i campioni,
fatta eccezione per l’anticorpo anti-CD4, per cui la stessa
operazione è stata eseguita con un bagno di 5 minuti in acqua
ossigenata/metanolo 0.5%.
I siti antigenici sono stati messi in evidenza per tutti gli
anticorpi mediante trattamento al calore, utilizzando il forno a
microonde a 750 W, per 3 cicli da 5 minuti ciascuno, in una
soluzione di tampone citrato a pH 6, seguito poi da un periodo di
raffreddamento di 20 minuti a temperatura ambiente.
Dopo risciacquo con acqua distillata, le sezioni sono state
ricoperte con siero normale diluito (R.T.U. Normal Horse
54
Serum, Vector) per 10 minuti e poi incubate con 100 l di
anticorpo primario per 60 minuti a temperatura ambiente.
È stato effettuato il risciacquo con PBS (Phosphate buffered
saline, Tampone Fosfato in soluzione salina), per 2 volte da 5
minuti ciascuna, e quindi le sezioni sono state messe ad incubare
per 30 minuti con due/tre gocce di anticorpo secondario
biotilinato (R.T.U. Biotinylated Universal Antibody, Vector);
dopo ulteriore risciacquo con PBS, ogni vetrino è stato messo ad
incubare per 30 minuti a temperatura ambiente con due/tre gocce
di siero contenente il complesso Avidina/Biotina (R.T.U.
VECTASTAIN® Elite ABC Reagent, Vector).
Le sezioni, nuovamente risciacquate con PBS per 2 volte da 5
minuti ciascuna, sono state incubate per 5-10 minuti con
soluzione di substrato cromogeno, diaminobenzidina (DAB), ed
infine controcolorate in ematossilina di Meyer (MERCK) per 7
secondi, deidratate in serie alcolica crescente, chiarificate in
xilolo e montate in resina sintetica.
55
Analisi statistica
Le sottopopolazioni linfocitarie intratumorali e peritumorali
sono state ulteriormente suddivise in 2 sottogruppi, in base alla
bassa o alta densità di cellule nell’infiltrato linfoplasmacellulare,
scegliendo come valore di riferimento la mediana di ciascun
gruppo (gruppo A < n, gruppo B ≥ n).
Con l’ausilio di test statistici computerizzati, inoltre, è stata
effettuata una analisi multivariata, utilizzando il test t di Student
ed il 2-test (Tab. 6-9).
È stato valutato, infine, l’impatto prognostico delle varie
sottopopolazioni cellulari con il metodo di Kaplan-Meier e del
Log-Rank test (Tab. 10, Figg. 14, 15).
La significatività statistica è stata presa in considerazione nei
casi con p < 0.05.
56
RISULTATI
L’infiltrato
linfoplasmacellulare
è
stato
caratterizzato
morfologicamente, utilizzando anticorpi monoclonali, in cellule
CD4+ (linfociti Th), CD8+ (linfociti Tc), CD20+ (linfociti B),
CD57+
(cellule
Natural
Killer)
e CD68+ (macrofagi);
successivamente è stata effettuata un’ulteriore suddivisione, in
base
alla
localizzazione,
in
peritumorale
ed
intratumorale/intraepiteliale (Figg. 12, 13). E’ stata inoltre
valutata l’espressione della beta-catenina allo scopo di cercare
una correlazione soprattutto con l’infiltrato dei macrofagi
associati al tumore.
Previa valutazione quantitativa del numero di cellule marcate
con ingrandimento 400x in 15 diversi campi per ciascuno dei
due gruppi, il campione è stato suddiviso in due sottogruppi,
rispettivamente
inferiore
e
superiore
alla
mediana
(n)
(sottogruppo A < n, sottogruppo B ≥ n) (Tab. 5).
57
La conta delle cellule CD4+ si è resa impossibile a causa della
cross-reattività
dell’anticorpo
specifico
con
l’equivalente
specifico per i macrofagi.
La conta delle cellule CD20+, inoltre, si è rivelata molto bassa
e, quando presenti, queste cellule non erano situate in prossimità
del tumore, ma erano associate ai tessuti MALT (Mucosal
Associated Lymphoid Tissue).
Lo studio è stato focalizzato, pertanto, sulle cellule CD8+,
CD57+ e CD68+ e sull’espressione della beta catenina. In alcuni
pazienti con tumore di tipo diffuso è stato impossibile
quantificare le cellule a distribuzione intratumorale: in questi
casi,
pertanto,
alcuni
criteri
non
sono
stati
presi
in
considerazione nella valutazione.
La distribuzione intra- e peritumorale delle cellule CD8+,
CD57+ e CD68+ (Tab. 6, 7), ciascuna distinta nei sottogruppi A
e B, è stata messa in relazione con i seguenti parametri clinici ed
istologici: l’età dei pazienti, l’estensione del tumore primitivo, la
presenza di metastasi linfonodali, il grado di differenziazione
delle cellule neoplastiche, il tipo istologico tumorale in base alla
58
classificazione di Lauren, la presenza di cellule ad anello con
castone (Tab. 8, 9).
Queste stesse distribuzioni sono state confrontate con i dati di
sopravvivenza (Tab. 10) ed è stata costruita la curva di
sopravvivenza dei pazienti con il metodo di Kaplan-Meier (Fig.
16). Infine, sono state confrontate le curve di sopravvivenza dei
gruppi A e B per le singole sottopopolazioni linfocitarie intra- e
peritumorali tramite il Log-Rank test (Fig. 16).
Risultati dei sottogruppi
Le cellule CD8+ (Linfociti T citotossici)
La maggior parte delle cellule CD8+ sono distribuite lungo il
margine di invasione tumorale, mentre nel contesto del tumore
sono presenti in scarsa quantità (media 185.96 cellule e 17.24
cellule rispettivamente, per 15 campi).
L’analisi statistica non ha rivelato nessuna significatività nei
confronti dei fattori presi in considerazione, sia per le cellule
peritumorali, sia per quelle intratumorali (Tab. 6, 8; Figg. 17).
59
Le cellule CD57+ (Natural Killer)
Anche per le cellule Natural Killer la distribuzione è maggiore
lungo il margine di infiltrazione (58.27cellule per 15 campi)
rispetto al contesto del tumore (5.67 cellule per 15 campi).
L’analisi statistica non ha dimostrato differenze significative tra
i parametri presi in considerazione.
Le cellule CD68+ (Macrofagi)
Lo schema di distribuzione delle cellule CD68+ è analogo a
quello delle cellule CD8+ e CD57+ (224.39 cellule lungo il
margine di infiltrazione tumorale, 16.04 cellule nel contesto del
tumore).
E’ stata riscontrata una significatività statistica per il
carcinoma diffuso rispetto al carcinoma intestinale per i
macrofagi
intratumorali,
che
sono
risultati
quindi
significativamente aumentati nel carcinoma diffuso (p=0.003,
test t di Student ), ed anche l’espressione della beta catenina
60
risulta significativamente aumentata in relazione al numero dei
macrofagi intratumorali (p=0.021, test t di Student).
Comparando, invece, le curve di sopravvivenza dei singoli
sottogruppi, è stato evidenziato un migliore outcome nei pazienti
con basso grado di infiltrazione da parte delle cellule CD68+ a
localizzazione peritumorale, nonostante il valore non raggiunga
livelli significativi (p=0.179) (Tab. 7, 9; Figg. 17-VI). Inoltre è
stato evidenziato un miglior outcome nei pazienti con minore
rappresentazione dei macrofagi ed espressione conservata della
beta catenina (figura 18), ma anche in questo caso senza
significatività statistica (p=0.394).
61
CONCLUSIONI
Lo scopo di questo studio è analizzare le sottopopolazioni
cellulari infiltranti l’adenocarcinoma dello stomaco, valutando la
risposta
immunitaria
dell’organismo
nei
confronti
della
neoplasia ed eventualmente la possibilità di definire nuovi fattori
prognostici e di sviluppare una nuova modalità di trattamento
fondata su basi immunologiche.
Esaminando i risultati ottenuti, le cellule immunocompetenti
che costituiscono questo infiltrato risultano distribuite sia lungo
il margine di infiltrazione del tumore stesso che nel suo contesto,
con una prevalenza delle sottopopolazioni presenti a livello
peritumorale.
La presenza di linfociti T CD8+ peritumorali sembra essere
indicativa dell’importanza di queste cellule nel limitare
l’invasione neoplastica.
L’effetto di tali linfociti è correlato alla presenza dei
macrofagi. Queste cellule, che esprimono sulla membrana il
CD68, sono cellule presentanti l’antigene (APC): dopo aver
62
fagocitato l’antigene stesso, lo processano e lo espongono sulla
loro superficie affinché sia riconosciuto dalle cellule T CD4+,
che a loro volta determinano l’induzione di una risposta
citotossica da parte dei linfociti CD8+.
Come già dimostrato da Ohno et al. (60) ed evidenziato anche
da questo studio, nei pazienti affetti da cancro gastrico il grado
di infiltrazione delle cellule CD8+ intratumorali è direttamente
proporzionale al numero dei macrofagi intratumorali.
Ishigami et al. (56) hanno dimostrato che una maggiore
aggressività clinica è legata alla presenza di un elevato numero
di macrofagi associati al tumore (TAM), pur senza distinguere
tra cellule intratumorali e peritumorali. Nel nostro studio,
invece, abbiamo potuto evidenziare che un elevato numero di
TAM lungo il margine di infiltrazione del tumore è correlato ad
un peggior outcome dei pazienti, pur senza raggiungere una
significatività statistica.
Questo risultato appare in accordo con altri studi effettuati su
neoplasie di pertinenza non esclusivamente gastrica, in cui un
alto numero di TAM è associato ad un’alta probabilità di
63
coinvolgimento linfonodale, ad un’infiltrazione tumorale più
profonda e ad uno stadio clinico più avanzato (71)(72)(73). Ad
esempio, Leek et al. (73) hanno dimostrato una correlazione
diretta tra TAM e neoangiogenesi in pazienti affetti da cancro
della mammella, con riduzione della sopravvivenza libera da
malattia e di quella globale, indicando i CD68+ come fattore
prognostico
indipendente.
Pertanto,
il
comportamento
aggressivo di un cancro gastrico potrebbe essere attribuito
all’effetto angiogenetico dei TAM, evidenziato dall’aumento dei
microvasi all’interno della massa tumorale (57). Un aumento
della secrezione di citochine immunosoppressive da parte dei
TAM, inoltre, potrebbe influenzare indirettamente anche
l’azione delle cellule T citotossiche, determinando alterazione
del segnale di trasduzione della risposta immunologica
antitumorale da parte delle cellule T stesse.
Questi risultati stabiliscono che le cellule TAM distribuite
lungo il margine di invasione tumorale e vicino ad aree di
necrosi contribuiscono alla neoangiogenesi e sono correlate ad
una prognosi peggiore (63). Il nostro studio inoltre sembra
64
evidenziare, pur senza significatività statistica, che i macrofagi
associati al tumore promuovono l’espressione della beta
catenina. La beta-catenina è una subunità del complesso proteico
della caderina. Tale proteina è importante per la stabilizzazione
del citoscheletro, per la stabilità delle giunzioni intercellulari e
per la via di segnalazione denominata wingless/Wnt. In
riferimento a quest'ultimo aspetto, il gene che codifica per la
beta-catenina è considerato un oncogene.
In disaccordo con questi dati appaiono i risultati di Ohno et al.
(60), che hanno preso in considerazione, nel loro studio, soltanto
le cellule CD68+ intratumorali ed hanno dimostrato l’esistenza
di una correlazione significativa tra il numero di tali cellule e la
frequenza di apoptosi delle cellule tumorali, nonché l’evidenza
di una maggior sopravvivenza libera da malattia per questi
pazienti. Non hanno però potuto confermare tale correlazione
anche per i macrofagi distribuiti lungo il margine del tumore.
Un altro aspetto molto importante da considerare nello studio
della risposta dell’organismo nei confronti del carcinoma dello
stomaco è la soppressione dell’immunità cellulo-mediata
65
dell’ospite contro il tumore (36)(37)(68)(69). Questa può essere
dovuta a varie condizioni come la scarsa presentazione degli
antigeni da parte delle cellule APC per una down regulation dei
recettori MHC-I, la riduzione o la perdita completa degli epitopi
delle cellule T sulle cellule tumorali, la secrezione di fattori
immunosoppressivi da parte delle cellule tumorali stesse e la
disfunzione delle cellule T (ad esempio IL10 e TGF-), da
attribuire ad una riduzione delle molecole-segnale oppure
all’induzione dell’apoptosi delle cellule T stesse. Nonostante
ciò, non sono ancora chiari i meccanismi di regolazione delle
cellule immunocompetenti nell’ambito dell’immunosorveglianza
tumorale (78)(79).
In conclusione, il contatto tra le cellule dell’immunità
aspecifica (macrofagi, cellule NK, granulociti neutrofili) e quelle
dell’immunità specifica (linfociti T helper e T citotossici,
linfociti B e plasmacellule) costituisce un quadro ultrastrutturale
ricorrente a livello dell’infiltrato linfoplasmacellulare del
tumore, in particolare nel tumore dello stomaco, elemento che
suggerisce l’esistenza di un’intensa interazione intercellulare,
66
tramite la quale i leucociti ricevono e inviano messaggi
regolatori, polarizzando in tal modo la secrezione di citochine e
di altri fattori.
Questa interazione potrebbe rivelarsi importante nel regolare
la risposta immunitaria dell’ospite nei confronti del cancro
gastrico, soprattutto negli stadi iniziali, in cui la crescita del
tumore può ancora essere bloccata (80)(81). In particolar modo
risulta interessante il ruolo dei macrofagi associati al tumore, che
nel loro fenotipo M2 sembrerebbero, come già detto in
precedenza, favorire la tumorigenesi e la progressione
neoplastica. Il Tumor Necrosis Factor prodotto dai macrofagi
attivati, a dispetto del suo nome, sembra essere una citochina
attraverso la quale l’infiammazione promuove lo sviluppo dei
tumori, in particolare attraverso la promozione del segnale Wntbeta catenina mediante la soppressione della fosforilazione della
betacatenina. Gli anticorpi anti-TNF-, già da tempo utilizzati in
malattie infiammatorie croniche (82), rappresentano una
possibile strategia terapeutica nel cancro. Anche la soppressione
dell’infiltrazione dei macrofagi e della loro attivazione
67
attraverso farmaci anti-infiammatori o inibitori delle PGE2 è una
possibile chemio prevenzione nei confronti del cancro gastrico.
Sono necessari, tuttavia, ulteriori studi per esaminare fino in
fondo la natura di questa interazione, che può costituire il
principio essenziale per lo sviluppo di una immunoterapia,
basata sull’utilizzo di sostanze in grado di stimolare in maniera
specifica la risposta immunitaria antitumorale.
I dati dei vari studi non sono facilmente confrontabili in
quanto la conta delle cellule non segue delle regole ben precise
(ingrandimento
distinzione
tra
microscopico,
cellule
numero
peritumorali,
campi
visionati,
intratumorali
ed
intraepiteliali) e molti di questi studi non hanno preso in
considerazione le cellule intratumorali/intraepiteliali.
Tra le ricerche inerenti l’oggetto d’indagine, la nostra, anche
se limitata dalla ridotto numero di pazienti arruolati e dalla
mancanza di risultati statisticamente significativi, può costituire
il punto di partenza per nuovi studi che, impiegando tecniche
immunoistochimiche sempre più innovative e prendendo in
esame campioni più ampi, potranno avallare i nostri risultati e
68
confermare quanto già evidenziato negli altri studi. Tale studio
non ha pretesa di esaustività, ma rappresenta un ulteriore
contributo al panorama terapeutico per la cura delle neoplasie.
69
APPENDICE
Tabella 1
Differenze epidemiologiche tra cancro dello stomaco prossimale
(cardias) e distale (corpo e antro).
PROSSIMALE
DISTALE
In aumento
In diminuzione
Paesi Occidentali
+
-
Asia Orientale
-
+
Paesi in via di sviluppo
-
+
Età
++
++
Sesso Maschile
++
+
Razza Caucasica
+
-
Basso livello socio-economico
-
+
Infezione da H. pylori
?
+
Cibi conservati
+
+
Frutta/Verdura
-
-
Obesità
+
?
Fumo
+
+
Incidenza
Localizzazione geografica
Dieta
70
Tabella 2
Classificazione TNM dell’adenocarcinoma gastrico (UICC 2002).
TUMORE
Tx
T0
Tis
T1
T2
T3
T4
LINFONODI
Nx
N0
N1
N2
N3
METASTASI
Mx
M0
M1
STADIAZIONE
0
IA
IB
II
IIIA
IIIB
IV
Impossibilità di stabilire l’estensione del tumore primitivo
Nessuna evidenza del tumore primitivo
Carcinoma in situ
Invade la lamina propria e la sottomucosa
Invade la muscolare propria
Invade l’avventizia
Invade le strutture adiacenti
Impossibilità di valutare l’estensione ai linfonodi regionali
Linfonodi regionali indenni
Da 1 a 6 metastasi linfonodali regionali
Da 7 a 15 metastasi linfonodali regionali
Oltre 15 metastasi linfonodali regionali
Impossibilità di valutare la presenza di metastasi a distanza
Assenza di metastasi a distanza
Presenza di metastasi a distanza
Tis,N0,M0
T1,N0,M0
T1,N1,M0 oppure T2,N0,M0
T1,N2,M0 oppure T2,N1,M0 oppure T3,N0,M0
T2,N2,M0 oppure T3,N1,M0 oppure T4,N0,M0
T3,N2,M0 oppure T4,N1,M0
T4,N2,M0 oppure ogni T,ogni N,M1
71
Tabella 3
Caratteristiche istopatologiche dei pazienti (totale 46)
Caratteristiche
Sesso
Maschi
Femmine
Tumore
T1
T2
T3
Linfonodi
NN+
Differenziazione
G1
G2
G3
Infiltrato linfoplasmacellulare
Scarso
Moderato
Marcato
Classificazione sec Lauren
Intestinale
Diffuso
Misto
Cellule ad anello con castone
Si
No
Pazienti n (%)
28 (60)
18 (40)
11 (24)
33 (72)
2 (4)
21 (45,6)
25 (55,4))
4 (8)
18 (30)
24 (52)
14 (30)
22 (48)
10 (21)
29 (63)
14 (30)
3 (7)
16 (34)
30 (66)
72
Tabella 4
Caratteristiche del campione.
PAZIENTI
N
Classe d’età
(anni)
Età media
(anni)
Maschi
28
41-83
64,8
Femmine
18
40-92
65
Totale
46
41-92
64,9
73
Tabella 5
Immunoistochimica: suddivisione in gruppi dei pazienti sulla base
della localizzazione delle cellule marcate in intratumorale e
peritumorale e i singoli valori (somma di 15 campi del conteggio
delle cellule per campo a 400x di ingrandimento).
CD8
peritumorale
intratumorale
CD57 peritumorale
intratumorale
CD68 peritumorale
intratumorale
min max mediana
media
29
1
1
1
5
1
185.96
17.24
58.27
5.67
224.39
16.04
486
120
143
31
465
42
194
9
41.50
4
237
14
Deviazione
standard (DS)
108.92
25.76
39.50
5.76
121.86
11.95
74
Tabella 6
Distribuzione delle cellule CD8+ e caratteristiche clinicopatologiche dei pazienti (media ± deviazione standard, test t di
Student). (p < 0.05)
CD8+
Variabili (n)
Intra
Peri
p*
Età (anni)
< 65
≥ 65
Sesso
Maschi
Femmine
Tumore
pT1
pT2
pT3
Differenziazione
G1
G2
G3
Linfonodi
Negativi
Positivi
Classificazione di Lauren
Intestinale
Diffuso
Misto
Infiltrato Linfoplasmacellulare
Scarso
Moderato
Marcato
Cellule ad anello con castone
Si
No
p*
20.23 ± 30.56 (10)
10.50 ± 11.38 (6)
0.224
196,94 ± 117,32 (175,5)
194,13 ± 113,83 (205,5)
0.942
17.23 ± 25.76 (10)
11.29 ± 13.34 (5.50)
0.432
196.19 ± 105.71 (189.00)
175.00 ± 121.53 (163.50)
0.538
0.647
229.70 ± 138.32 (224)
174.52 ± 104.69 (152)
195.50
0.183
120.33±92.59(104)
170.83 ± 101.03 (172)
208.79 ± 119.12 (194)
0.283
14
16.81 ± 17.98 (9.50)
13.37 ± 17.39 (7)
0.653
19.80 ± 28.53 (12)
11.43 ± 15.08 (7)
0.485
209.66 ± 100.66 (219)
168.33 ± 118.68 (146)
0.216
19.57 ± 25.97 (13)
7.64 ± 5.30 (9)
7.64 ± 5.30 (1.5)
0.478
188.14 ± 118.41 (200.5)
185 ± 99.15 (170)
196 ± 141.26 (244)
0.932
22 ± 34.17 (8)
12.13 ± 12.20 (10.50)
9.88 ± 8.89 (9.50)
0.293
158.53 ± 96.08 (125)
184.80 ± 100.98 (204)
237.20 ± 143.82 (242)
0.442
12 ± 12.06 (9.50)
16 ± 24.61 (8.50)
0.637
190.44 ± 120.33 (164.50)
186.17 ± 108.42 (202)
0.904
18.71 ± 11.16 (14)
14.36 ± 24.02 (5.50)
75
Tabella 7
Distribuzione delle cellule CD57+ e CD68+ peritumorali ed
intraepiteliali e caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti
(media ± deviazione standard, test t di Student). (p < 0,05)
CD57+
Variabili (n)
Intra
CD68+
Peri
p*
Intra
p*
Peri
p*
p*
Età (anni)
< 65
≥ 65
7.08 ±
8.22 (5)
4.33 ±
4.22 (3)
0.206
70.71 ±
38.66 (72)
54.74±
41.58 (36)
0.224
21.20 ±
14.38 (16)
17.27 ±
12.04
(14.50)
0.436
176.23 ±
126.48 (158)
220.09 ±
113.85
(212.50)
0.311
Sesso
Maschi
Femmine
4.08 ±
3.98 (3)
6.86 ±
8.01
(4.50)
0.161
52.42 ±
36.40 (39)
70.07 ±
43.03 (72)
0.146
20 ± 11.52
(18)
16 ± 14.68
(13.50)
0.398
198.35 ±
129.44 (170)
213.64 ±
104.81 (217)
0.665
Tumore
pT1
6.6 ± 9.66
(3)
pT2
4.63 ±
3.84 (4)
pT3
Differenziazione
G1
G2
G3
3
6.40 ±
8.30 (3)
4.45 ±
3.59 (4)
5.65 ±
7.52 (3)
4.67 ±
4.19 (4)
59.91 ±
49.03 (31)
0.374
58.97 ±
37.34 (47)
0.352
50.50
69.53 ±
42.31 (73)
53 ± 34.04
(44)
0.614
62.71 ±
40.13 (51)
55.79 ±
39.55 (39)
0.065
66.32 ±
42.51 (55)
48.93 ±
29.22 (41.5)
38 ± 47.82
(21)
0.947
15.63 ±
13.04
(10.50)
19.41 ±
13.20
(15.50)
20
0.174
11
16.42 ±
13.36 (14)
21.94 ±
12.21 (19)
0.564
17.36 ±
13.48 (13)
19.39 ±
12.41 (17)
141.63 ± 95.73
(101)
0.492
229.88 ±
124.17 (239)
0.076
241.50
0.266
91.25
205.09 ± 85.75
(268)
237.10 ±
135.39 (315)
0.485
0.662
211.35 ±
139.87 (190)
209.44 ±
105.45 (217)
0.964
0.003
201.05 ±
113.36 (235)
233.46 ±
135.92 (199)
169.33 ±
129.96 (104)
0.470
0.371
220.82 ±
132.15 (171)
174.81 ±
116.46 (180)
267.13 ±
104.72
(186.50)
0.349
Linfonodi
Negativi
Positivi
Classificazione di
Lauren
Intestinale
Diffuso
Misto
6.52 ±
7.00 (5)
2.58 ±
1.62 (2.5)
4.33 ±
4.16 (3)
0.177
14.44 ±
10.30 (14)
28,27 ±
12.08 (28)
7 ± 2 (7)
Infiltrato
Linfoplasmacellulare
Scarso
Moderato
Marcato
5.86 ±
7.55 (4)
4.76 ±
5.29 (3)
4.43 ±
3.26 (5)
0.638
66.32 ±
42.51 (55)
48.93 ±
29.22 (41.5)
38 ± 47.82
(21)
0.177
23.27 ±
14.75 (26)
18.53 ±
11.80 (16)
9.67 ± 5.82
(8.50)
Cellule ad anello con
castone
Si
No
6.75 ±
8.75
(3.50)
4.35± 3.88
(4)
0.245
67.50 ±
39.40
(61.50)
54.34±
39.48 (37)
0.290
19.90 ±
14.18
(13.50)
17.86 ±
12.30
(15.50)
213.09 ±
144.26 (145)
0.681
209.13 ±
113.02 (237)
0.930
Espressione beta
catenina
Conservata
Alterata
6.10 ±
5.22
(4.50)
4.88 ±
6.30
(3.50)
0.590
68.25 ±
47.29
(58.50)
54.31 ±
36.27
(41.50)
11.75 ± 7.72
(11.50)
0.303
22.05 ±
13.39
(18.00)
223,55 ±
100.78 (190)
0.021
213 ± 127.25
(239)
0.811
76
Tabella 8
Suddivisione in gruppi della distribuzione delle cellule CD8+ e
correlazione con le caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti
(test 2). (p < 0,05)
CD8
Variabili
A
Età (anni)
< 65
≥ 65
Totale
Sesso
Maschi
Femmine
Totale
Tumore
pT1
pT2
pT3
Totale
Differenziazione
G1
G2
G3
Totale
Linfonodi
Negativi
Positivi
Totale
Classificazione di Lauren
Intestinale
Diffuso
Misto
Totale
Infiltrato Linfoplasmacellulare
Scarso
Moderato
Marcato
Totale
Cellule ad anello con Castone
Si
No
Totale
Peritumorale
B
Tot p*
A
Intraepiteliale
B
Tot p*
9
9
18
6
14
20
15
23
38
0.354
10
9
19
3
7
10
13
16
29
0.440
11
6
17
10
8
18
21
14
35
0.836
11
4
15
4
6
10
15
10
25
0.211
4
6
1
11
4
11
1
16
8
17
2
27
0.793
0
12
1
13
6
9
0
15
6
21
1
28
0.026
1
8
9
18
2
4
11
17
3
12
20
35
0.399
1
7
7
15
0
4
9
13
1
11
16
28
0.380
8
10
18
8
9
17
16
19
35
0.854
4
9
13
4
10
14
8
19
27
0.767
7
9
1
17
12
4
2
18
19
13
3
35
0.170
6
5
2
13
9
5
0
14
15
10
2
27
0.277
8
8
2
18
4
8
6
18
12
16
8
36
0.189
6
5
2
13
3
9
3
15
9
14
5
28
0.331
8
9
17
5
13
18
13
22
35
0.407
4
9
13
4
11
15
8
20
28
0.857
77
Tabella 9
Suddivisione in gruppi della distribuzione delle cellule CD57+ e
CD68+ peritumorali ed intraepiteliali e correlazione con le
caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti (test 2). (p < 0,05)
CD57
CD68
Variabili
Peritumorale
Età (anni)
< 65
≥ 65
Totale
Sesso
Maschi
Femmine
Totale
Tumore
pT1
pT2
pT3
Totale
Differenziazione
G1
G2
G3
Totale
Linfonodi
Negativi
Positivi
Totale
Classificazione di Lauren
Intestinale
Diffuso
Misto
Totale
Infiltrato Linfoplasmacellulare
Scarso
Moderato
Marcato
Totale
Cellule ad anello con Castone
Si
No
Totale
Espressione Beta catenina
Conservata
Alterata
Totale
Intraepiteliale
Peritumorale
Intraepiteliale
A
B
Tot
p*
A
B
Tot
p*
A
B
Tot
p*
A
B
Tot
p*
6
10
16
7
9
16
13
19
32
1
3
11
14
4
13
17
7
24
31
0.770
7
10
17
6
12
18
13
22
35
0.897
5
7
12
5
11
16
10
18
28
0.864
13
4
17
9
9
18
22
13
35
0.204
10
4
14
9
8
17
19
12
31
0.496
11
6
17
11
7
18
8
7
35
0.897
9
7
16
11
5
16
20
12
32
0.715
5
10
0
15
3
14
1
18
8
24
1
33
0.385
4
9
1
14
4
12
0
16
8
21
1
30
0.522
6
10
1
17
2
15
1
18
8
25
2
35
0.226
5
10
1
16
3
12
1
16
8
22
2
32
0.711
3
4
10
17
1
7
10
18
4
11
20
35
0.408
2
5
7
14
1
6
10
17
3
11
17
31
0.715
4
5
8
17
0
7
11
18
4
12
19
35
0.092
3
7
6
16
1
5
10
16
4
12
16
32
0.311
7
10
17
9
9
18
16
19
35
0.854
6
8
14
7
10
17
13
18
31
0.786
9
8
17
7
11
18
16
19
35
0.621
8
8
16
5
11
16
13
19
32
0.472
8
7
2
17
11
6
1
18
19
13
3
35
0.652
5
7
2
14
12
4
1
17
17
11
3
31
0.151
9
6
2
17
10
7
1
18
19
13
6
35
0.805
10
3
3
16
8
8
0
16
18
11
3
32
0.064
6
8
3
17
6
9
3
18
12
17
6
35
0.985
4
8
2
14
7
7
3
17
11
15
5
31
0.670
7
9
1
17
5
7
6
18
12
16
7
35
0.127
5
6
5
16
6
9
1
16
11
15
6
32
0.187
5
12
17
8
10
18
13
22
35
0.569
5
9
14
5
12
17
10
21
31
0.990
7
10
17
5
13
18
12
23
35
0.632
6
10
16
4
12
16
10
22
32
0.703
7
15
22
7
16
23
14
31
45
0.824
6
12
18
7
13
20
13
25
38
0.815
7
10
17
5
13
15
12
23
35
0.632
8
8
16
3
12
15
11
20
31
0.171
78
Tabella 10
Correlazione tra distribuzione delle cellule CD8+, CD57+ e
CD68+ e sopravvivenza (Log-Rank test).
CD8+
Peri
A
Media di
sopravvivenza 27.13
(46)
in mesi
(n° pazienti)
p
CD57+
Intra
Peri
CD68+
Intra
Peri
Intra
B
A
B
A
B
A
B
A
B
A
B
34.69
(46)
25.81
(46)
35.58
(46)
26
(46)
36.60
(46)
22.88
(46)
36.07
(46)
45.64
(46)
23
(46)
40.45
(46)
32.5
(46)
0.131
0.132
0.074
0.048
0.179
0.291
79
Figura 1
Anatomia macroscopica dello stomaco.
Figura 2
Anatomia microscopica dello stomaco.
80
Figura 3
Vascolarizzazione ed innervazione dello stomaco.
Figura 4
Drenaggio linfatico dello stomaco.
1. Linfonodi cardiali. 2. Linf. gastrici superiori. 3. Linf. gastrici inferiori.
4. Linf. pilorici. 5. Linf. dell’arteria gastrica sinistra. 6. Linf. dell’arteria
epatica. 7. Linf. del tripode celiaco. 8. Linf. dell’ilo splenico. 9. Linf.
dell’arteria slpenica.
81
Figura 5
Incidenza del carcinoma gastrico in base all’età dei pazienti ed
alla localizzazione nelle varie aree dello stomaco.
Figura 6
Incidenza del carcinoma gastrico intestinale e di quello diffuso
nell’intervallo di tempo 1973-2000.
82
Figura 7
Classificazione istologica del carcinoma dello stomaco secondo
Bormann.
Figura 8
Stadiazione del carcinoma gastrico in base al grado di
infiltrazione della parete gastrica da parte del tumore.
83
Figura 9
Tecniche più utilizzate di resezione chirurgica dello stomaco.
a
b
c
d
e
f
g
a) Neoplasia circoscritta dell’antro: resezione distale. b) Neoplasia dell’antro con
diffusione ai linfonodi situati lungo l’arteria gastrica sinistra: gastrectomia totale e
linfoadenectomia. c) Neoplasia dell’antro con diffusione ai linfonodi del tripode celiaco
e dell’ilo splenico ed infiltrazione del pancreas: gastrectomia totale, linfoadenectomia,
spleno-pancreasectomia. d) Neoplasia circoscritta del corpo: gastrectomia totale. e)
Neoplasia del corpo con diffusione ai linfonodi del tripode celiaco ed infiltrazione del
pancreas: gastrectomia totale, linfoadenectomia, spleno-pancreasectomia. f) Neoplasia
circoscritta del cardias: resezione polare superiore con o senza splenectomia. g)
Neoplasia del cardias con diffusione ai linfonodi del tripode celiaco ed infiltrazione del
pancreas: gastrectomia totale, linfoadenectomia, spleno-pancreasectomia.
84
Figura 10
Tecniche più utilizzate di ricostruzione chirurgica postgastrectomia.
a
b
d
e
c
a) Esofago-digiunostomia terminolaterale con entero-enteroanastomosi
distale. b) Ricostruzione su ansa ad Y secondo Roux. c) Ricostruzione su ansa
ad Y secondo Roux con reservoir secondo Hunt-Lawrence. d) Interposizione
di un reservoir digiunale. e) Gastro-enteroanastomosi a scopo palliativo per
neoplasie gastriche in operabili.
Figura 11
Sopravvivenza post-operatoria dei pazienti in relazione allo
stadio della neoplasia.
85
Figura 12
Schematizzazione di un adenocarcinoma e della distribuzione
dell’infiltrato linfoplasmacellulare. Le cellule intratumorali (per il
tipo diffuso) e/o intraepiteliali (per il tipo intestinale) sono indicate
come “Nest”; le cellule peritumorali e/o marginali sono indicate
come “Margin”. La maggior parte delle cellule è distribuita lungo
il margine del tumore e in zone con segni di necrosi (“Hot spot”),
invece solo una minima parte è presente nel contesto del tumore.
86
Figura 13
A. Rappresentazione schematica dei linfociti T CD8+ in tre
differenti patterns di localizzazione:
lungo il margine di
invasione;
nello
stroma
tumorale;
intraepiteliali/intratumorali.
B. Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi
anti-CD8+; linfociti CD8+ sono distribuiti nello stroma e nel
contesto del tumore.
C. Immunoistochimica per cellule positive al granzima B, con
pattern granulare diffuso.
D. Immunoistochimica per linfociti CD8+ (rosso) e Ki67+
(marrone).
87
Figura 14
Schema del segnale Wnt-beta catenina
88
Figura 15: polarizzazione della funzione dei macrofagi (ripreso
da Solinas G. et al. Journal of Leukocyte Biology 2009)
I macrofagi costituiscono una popolazione molto eterogenea, che
può essere schematicamente divisa in due classi: M1 e M2.
89
Figura 16
Curva di sopravvivenza dei pazienti a 88 mesi dall’intervento
chirurgico, calcolata secondo il metodo di Kaplan-Meier.
90
Figura 17
Confronto tra curve di sopravvivenza dei gruppi A (n° cellule <
mediana) e B (n° cellule ≥ mediana) delle sottopopolazioni
linfocitarie CD8+ intratumorali (diagramma I), CD8+ peritumorali
(II), CD57+ intratumorali (III), CD57+ peritumorali (IV), CD68+
intratumorali (V) e CD68+ peritumorali (VI). (p calcolato con LogRank test)
I
II
III
IV
V
VI
91
Figura 18
Curva di sopravvivenza tra pazienti con bassa numerosità di
macrofagi e espressione di beta catenina conservata (gruppo 1) e
pazienti con macrofagi ad alta numerosità ed espressione di beta
catenina alterata (gruppo 2)
92
Figura 19
Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi
anti-CD8 (ingrandimento 400x), cellula intraepiteliale (freccia).
Figura 20
Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi
anti-CD8 (ingrandimento 200x); linfociti CD8+ intratumorali.
93
Figura 21
Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi
anti-CD57 (ingrandimento 400x); linfocita CD57+ (freccia).
Figura 22
Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi
anti CD68 (ingrandimento 400x); linfocita CD68+ (freccia).
94
Figura 23
Immunoistochimica di adenocarcinoma gastrico con anticorpi
anti betacatenina (ingrandimento 10x).
La molecola è maggiormente espressa sulla componente
intestinale, nella quale si trovano focalmente anche nuclei positivi
95
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