economia e società - Università del Salento

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Smelser, Manuale di sociologia, il Mulino, 2011
Capitolo XVI. ECONOMIA E SOCIETÀ
TIPI DI SISTEMA ECONOMICO
• La nostra società si basa sull’economia di mercato,
ossia sulla compravendita di beni e servizi contro un
prezzo in denaro.
• In Occidente, negli ultimi due secoli è stata
propugnata l’idea che l’economia di mercato sia
l’unico modo naturale di organizzare gli scambi.
Tuttavia antropologi e sociologi dell’economia hanno
mostrato che tale naturalizzazione è impropria e tra le
varie centinaia di sistemi economici è possibile
distinguere almeno tre istanze principali: capitalismo,
socialismo e comunismo.
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Capitolo XVI. ECONOMIA E SOCIETÀ
IL CAPITALISMO
• Il capitalismo è un sistema economico che riconosce il
diritto alla proprietà privata e al suo investimento, sotto
forma di capitale, in imprese produttive concorrenti con
altre imprese attive sul mercato.
• La condizione fondamentale del sistema capitalistico è
quindi la libera concorrenza tra soggetti. Le figure umane
principali del capitalismo sono gli imprenditori: questi
reperiscono un capitale, proprio o altrui, e lo investono in
un’impresa con l’intento di recuperare quanto investito
con l’aggiunta di un profitto. Nella loro azione, gli
imprenditori sono soggetti a un rischio di impresa.
• La rapida crescita del capitalismo nei secoli XVIII e XIX fu
possibile anche grazie all’intenso sfruttamento della
manodopera e ciò provocò tensioni, spinte, e nel tempo
l’emergere di movimenti riformatori e rivoluzionari.
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Capitolo XVI. ECONOMIA E SOCIETÀ
IL CAPITALISMO
• Al crescere delle forme di opposizione, i capitalisti
mutarono atteggiamento nei confronti dello Stato. Se
prima avevano chiesto benevola indifferenza nei
confronti della libera impresa, ora chiedevano protezione
e sostegno.
• La risposta degli Stati si esplicò in forme diverse, tra cui
preminenti i programmi di welfare promossi nella
maggior parte dei paesi occidentali del dopoguerra.
Attraverso il welfare il reddito veniva in parte
redistribuito tra le fasce di popolazione, attraverso
previdenza sociale, indennità di disoccupazione,
assistenza sanitaria.
• I programmi di welfare erano ispirati a una filosofia
economica denominata keynesismo (dal nome
dell’economista John Maynard Keynes). Il keynesismo,
nelle sue linee fondamentali, prevede che i governi
abbiano il compito di stabilizzare la domanda economica
e, in caso di crisi, sostenere la domanda aggregata. 3
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Capitolo XVI. ECONOMIA E SOCIETÀ
IL CAPITALISMO
• Le politiche keynesiane di regolazione del sistema
capitalistico hanno cominciato a entrare in crisi a partire
dagli anni Settanta, in corrispondenza con una fase di
stagnazione economica e inflazione monetaria. A quel
tempo, diversi governi cominciarono ad attribuire alle
politiche di welfare la responsabilità dei deficit nei bilanci
pubblici e dei livelli eccessivi di inflazione.
• Gli attacchi ai sistemi di welfare, iniziati da Ronald
Reagan negli Stati Uniti e Margaret Tatcher in
Inghilterrra, portarono alla progressiva affermazione
delle politiche e istituzioni c.d. neoliberiste.
• Basi del neoliberismo, oggi prevalente in tutto il mondo
occidentale, sono gli istituti della deregulation e della
privatizzazione dei beni pubblici.
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Capitolo XVI. ECONOMIA E SOCIETÀ
IL SOCIALISMO
• Il socialismo non è una ideologia rigidamente definita, e
sono variabili i modi con cui esso è stato tradotto in
politiche. In questo senso, il “socialismo” è altrettanto ben
associabile alla semplice gestione pubblica dei servizi
essenziali, così come a forme di controllo esteso dello Stato
sull’attività economica attraverso la programmazione.
• La teoria socialista affonda le sue radici in un vasto
movimento sviluppatosi tra il XVIII e il XIX secolo in
reazione alla durezza dei cambiamenti sociali prodotti con la
Rivoluzione industriale.
• Nel pensiero socialista esistono due anime: da una parte i
rivoluzionari, che interpretano la realtà politica come
scontro di classe e vedono nella rivoluzione l’unico modo di
superamento del sistema capitalistico; dall’altra gli utopisti,
che aspirano a una nuova organizzazione di vita basata su
piccole unità cooperative. Tra il XIX e il XX secolo il
movimento socialista si frammentò: in Russia prevalse
l’approccio rivoluzionario, in Inghilterra e altrove una forma
maggiormente gradualista di pensiero e azione.
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Capitolo XVI. ECONOMIA E SOCIETÀ
IL COMUNISMO
• L’ideale politico del comunismo è il raggiungimento di un
sistema economico, sociale e politico incentrato sui seguenti
caratteri:
–
–
–
–
proprietà collettiva dei mezzi di produzione;
struttura sociale senza classi;
assenza di sfruttamento;
abolizione della gerarchia tra lavoro intellettuale e manuale.
• I regimi comunisti presentano specificità ben riconoscibili: il
controllo politico è esercitato da un partito unico; l’intero
sistema economico è regolato e controllato da una rigida
pianificazione di natura generalmente pluriennale; i prezzi
sono regolati da soggetti politici che ignorano la legge della
domanda e dell’offerta.
• Storicamente, i sistemi comunisti europei hanno incontrato
un successo evidente. Un discorso parzialmente diverso vale
per la Cina, che anche nella sua fase di transizione al
mercato sta mantenendo diversi caratteri del suo
comunismo tradizionale.
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L’APPROCCIO DI LINDBLOM
• Alcuni economisti, insoddisfatti della tripartizione appena
proposta, hanno cercato di costruire modelli alternativi.
• Le relazioni tra sistema politico e sistema economico sono
state classificate all’interno di due polarità:
– autonomia, quando l’attività economica procede senza
interferenze politiche;
– dipendenza, quando l’attività economica è controllata da
soggetti politici.
• Basandosi su questo approccio, Lindblom (1977) ha
classificato i sistemi economici a seconda che siano
fondati sull’impresa privata o pubblica e a seconda che la
produzione risponda alle esigenze dei consumatori o dei
pianificatori.
• Le categorie di Lindblom hanno il vantaggio di evidenziare
che tutti i sistemi economici presentano una mescolanza
di elementi diversi. Inoltre tale impostazione consente di
far oscillare l’attenzione dal versante della produzione a
quello del consumo.
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SCIENTIFIC MANAGEMENT E FORDISMO
• All’inizio del XX secolo il mondo industriale fu rivoluzionato
da un approccio organizzativo e produttivo rivoluzionario: lo
scientific management. Lo scientific management è basato
sull’analisi scientifica dei tempi e modi di lavoro industriale
e sulla suddivisione dei compiti in unità elementari.
• Perfezionato da Henry Ford, lo scientific management trova
la sua espressione material-simbolica più alta nella catena
di montaggio. Dalle catene di montaggio, le grandi quantità
di beni prodotti vengono portate su mercati di massa.
• Dal nome di Ford, tale movimento ha da allora assunto il
nome di fordismo.
• Il fordismo, nelle sue varie espressioni locali, ha avuto uno
straordinario successo sia in Occidente che nei sistemi
socialisti dell’Europa orientale, e ha costituito, fino agli
ultimi decenni del XX secolo, il perno organizzativo di tutte
le economie avanzate.
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LE NUOVE FORME DI PRODUZIONE E DI CONSUMO
• Negli ultimi anni del Novecento, in Occidente hanno
preso a manifestarsi tendenze diverse da quelle proprie
dell’economia e organizzazione fordista.
• Prima di tutto, è emersa una nuova forma di
organizzazione del lavoro incentrata sulla produzione
flessibile. Questa non è più affidata a una catena di
montaggio, ma a gruppi produttivi di dimensioni ridotte
e composizione mutevole.
• La produzione flessibile prevede il coinvolgimento di
lavoratori altamente specializzati, che impiegano
tecnologie avanzate per la produzione di piccole
quantità di merci da destinare a mercati di nicchia.
• Per differenziarlo da quelli delle età precedenti, a tale
nuovo regime è stato dato il nome di postfordismo.
• Altra novità contemporanea è data dall’accresciuta
centralità dei processi di produzione e consumo di beni
immateriali. Si parla in questo senso di economia della
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conoscenza.
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I CONTESTI DEL LAVORO E DELLO SCAMBIO
• L’interazione economica si basa, in Occidente, su assunti
base ormai naturalizzati da cittadini e decisori:
– nella maggior parte dei casi il lavoro extradomestico trova un
corrispettivo in denaro;
– simmetricamente, per acquisire beni e servizi sul mercato è
necessario versare del denaro.
• Gli studi degli antropologi (ad es. Malinowski, 1922)
mostrano per contro come i meccanismi di funzionamento
economico di altre società possano anche essere basati su
assunti completamente diversi. La logica che guida le
azioni dei melanesiani, studiati da Malinowski, è quella del
benessere del clan, e non quella della massimizzazione
dell’utile.
• Inoltre Malinowski mostrò la rilevanza sociale di forme di
scambio irriducibili e inspiegabili attraverso la teoria della
domanda e dell’offerta: si tratta delle transazioni
riconducibili all’economia del dono.
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IL LAVORO NELLE SOCIETA’ SVILUPPATE
• Nelle società contemporanee, lo sviluppo economico si
accompagna ad alcune forme di cambiamento ricorrenti:
– la fusione di piccole unità produttive locali in organizzazioni
di scala maggiore;
– il passaggio dal lavoro agricolo a quello non agricolo;
– la tendenziale prevalenza della produzione di servizi
(amministrativi, bancari, assicurativi e simili) rispetto a
quella di beni.
• In un periodo recente, a queste tendenze di lungo periodo
se ne è affiancata una emergente, che va sotto il nome di
“lavoro atipico”. Tale espressione individua forme di lavoro
tra loro diverse, come il part-time, il lavoro temporaneo, il
lavoro para-subordinato, che sono poste in opposizione al
lavoro a tempo pieno e indeterminato.
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LE PRESSIONI SUI LAVORATORI
LEGATE ALLE NUOVE FORME DI LAVORO
• Con il progresso delle tecnologie impiegate per produzione
e distribuzione, cambia radicalmente il ruolo del lavoro.
Alcuni compiti prima “umani” vengono automatizzati, altri
compiti vengono supportati tecnologicamente e coloro che
li eseguono si trovano spossessati del proprio controllo sul
processo lavorativo (deskilling). Tali tendenze investono
tanto il settore manufatturiero che quello dei servizi.
• Associata alla questione della pressione sui lavoratori è
anche quella dell’alienazione, nella quale rientrano diversi
aspetti:
– la sensazione di impotenza associata alla perdita di controllo
sugli strumenti e i processi di lavoro;
– la perdita di senso associata alla parcellizzazione del lavoro, che
impedisce al soggetto di vedere l’interno processo;
– l’estraniazione, derivante dal venir meno dell’occupazione come
possibilità di promozione professionale e sociale.
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LE PRESSIONI SUI MANAGER
LEGATE ALLE NUOVE FORME DI LAVORO
• Con l’espandersi delle organizzazioni, i manager sono
soggetti a pressioni crescenti e devono assumersi compiti
nuovi, sommariamente riconducibili a due categorie
principali:
– acquisizione e circolazione di informazioni;
– conciliazione tra esigenze organizzative conflittuali
• La centralità dei processi informativi e la complessificazione
dei processi decisionali portano con sé alcune forme di
tensione precipue. Secondo i sociologi, i problemi principali
per i manager sono legati all’esigenza di:
– fronteggiare esigenze contrastanti, spesso non conciliabili tra loro
nell’unità di tempo;
– assumere decisioni strategiche in breve tempo, spesso senza
possedere tutte le informazioni all’uopo necessarie;
– assumere atteggiamenti impersonali, a volte privi di scrupoli.
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LE PRESSIONI SUI PROFESSIONISTI LEGATE ALLE NUOVE
FORME DI LAVORO
• La centralità delle libere professioni è un carattere
riconosciuto delle società economicamente sviluppate:
medici, avvocati, notai, ingegneri, architetti sono tipici
“eroi” contemporanei.
• I semiprofessionisti, come, ad esempio, i paramedici,
occupano uno status intermedio e avvertono spesso un
forte disagio per tale collocazione. Per far fronte a tale
situazione, i semiprofessionisti battono spesso la strada
della professionalizzazione, attuata a partire dalla
creazione di percorsi formativi o di certificazione ad hoc.
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TENDENZE ATTUALI DELL’ECONOMIA MONDIALE
• Negli ultimi decenni, il grado di internazionalizzazione degli
scambi economici è cresciuto in maniera radicale.
• In una prima fase, tale processo si è realizzato a partire
dalla creazione, crescita e moltiplicazione delle cosiddette
multinazionali, cioé imprese che pur essendo basate in un
certo paese operano in una varietà di stati-nazione diversi.
• In una seconda fase, l’internazionalizzazione ha assunto più
compiutamente le forme di quella che ci stiamo abituando a
chiamare globalizzazione, e cioé il processo di crescente
integrazione planetaria a tutti i livelli: economico, culturale,
politico e tecnologico.
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