Prima di addentrarci in quello che sarà il tema principe della traccia

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Stretching e Calcio: letteratura e considerazioni
INTRODUZIONE, CENNI SULLA POSTURA
Prima di addentrarci in quello che sarà il tema primario della traccia, è bene
spiegare e dare una nozione della postura, sopratutto legata al calciatore, giovane o
senior che sia, professionista o abile dilettante.
La postura è regolata da meccanismi nervosi di feed-forward e di feed-back, il
primo è un meccanismo anticipatore, il secondo è un meccanismo correttore del
movimento volontario.
Le risposte di feed-forward (o anticipatorie) vengono evocate dal sistema
nervoso centrale SNC prima dell’inizio dei movimenti, modificate dall’esperienza e la
loro efficacia migliora con l’esercizio; le risposte di feed-back (o compensatorie)
vengono evocate da stimoli sensoriali a seguito della perdita di equilibrio o
qualsivoglia altra perturbazione che subisce il nostro corpo.
Quindi, la presa di coscienza, in forma statica e poi dinamica, dello schema
posturale deve rappresentare un lavoro decisivo per la formazione del giovane
calciatore.
Il calcio è uno sport essenzialmente asimmetrico che privilegia l’utilizzo degli
arti inferiori. Il calciatore professionista ma anche il “semplice” dilettante, acquisiscono
nel corso degli anni una postura caratteristica in considerazione della tecnica
specifica e dei carichi di lavoro a cui sono sottoposti.
La postura del calciatore viene influenzata da diversi fattori, come il grado di
mobilità articolare e di estendibilità muscolare. Così ad esempio, il ginocchio varo
rappresenta un’evidente caratteristica posturale con ripercussioni a livello del bacino
e del rachide
Un aggiustamento posturale deve prevedere quindi, una perfetta integrazione
delle informazioni proprio ed esterocettive ed in particolare di quelle visive ed uditive,
indispensabili per il mantenimento ed il ripristino dell’equilibrio.
Docente: prof. Marella Mario
Preparatore Atletico: Delmorgine Francesco
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L’organo preposto al mantenimento dell’equilibrio è il sistema vestibolare,
dislocato all’interno dell’orecchio. Formato da tre canali semicircolari e dagli organi
otolitici (utricolo e sacculo), i primi vengono stimolati dalle accelerazioni angolari, i
secondi da quelle lineari.
Le catene muscolari invece, rappresentano circuiti di continuità di direzione e
di piano attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo, ricordandoci
sempre che il muscolo è un mero effettore alla fine della catena organizzata da
processi mentali complessi e meno complessi. Infatti, il cervello non conosce i
muscoli ma i movimenti e su questo si deve basare ogni metodologia d’allenamento,
che sia lo stretching o quella puramente condizionale.
Quindi, l’organizzazione e la coordinazione delle diverse catene muscolari
governa la dinamica di movimento e l’equilibrio posturale.
Dunque partiamo dal concetto che lo stretching è efficace quando mette in
tensione le catene...
La letteratura citata nel testo sono per lo più tutte Review, libera scelta per due
semplici motivi, il primo, non ci sono lavori relativamente recenti (e attendibili)
chiaramente in base alle mie ricerche, specie nel calcio; il secondo, ho creduto
opportuno che le “rivisitazioni” hanno sempre qualcosa da offrire in più rispetto agli
articoli originali.
Lo stretching è utilizzato da un lato per l’allenamento della mobilità articolare,
dall’altro come metodo di riscaldamento e/o cooling-down (raffredamento).
Come metodo di allenamento efficace per l’aumento dell’ampiezza del
movimento si è affermato da tempo (ricordiamoci delle catene muscolari...), invece,
come metodo di riscaldamento è sempre più messo in discussione.
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Nella letteratura degli anni passati si affermava che gli esercizi di
allungamento influenzavano positivamente la prestazione sportiva. Nel 1978 Mirkin e
Hoffmann scrivevano: “if you stretch your muscles, you can run faster...”.
Con lo stretching dunque, si perseguono due scopi
fondamentali del riscaldamento: aumento della capacità di
lavoro e profilassi dei traumi.
Di conseguenza, gli esercizi di stretching sono regolarmente inclusi nel pregara e nel post-gara o come semplice riscaldamento prima dell’allenamento, per
migliorare la prestazione sportiva (?), come protezione ai traumi (?) e come riduzione
del dolore muscolare (?).
LETTERATURA INTERNAZIONALE
JC Andersen – review di Herbert e Gabriel; il protocollo utilizzato consisteva
in esercizi di stretching statico per 20 secondi dei muscoli gastrocnemio, soleo,
flessori del ginocchio, quadricipite, adduttori dell’anca e flessori dell’anca di ogni lato,
svolgendo 40 esercizi per sessione per 12 settimane, indicando una riduzione del
rischio di tutti i traumi del 5%.
Ci sono argomenti teorici tuttavia, che mostrano che la prevenzione dei traumi
è talmente minima ed irrilevante rispetto alla perdita di forza dovuta proprio alla
pratica dello stretching.
Il primo argomento è il concetto della flessibilità muscolare. Sembrerebbe che
l’incremento della flessibilità è associata ad un forte decremento ad assorbire energia
da parte del muscolo a riposo, di fatto un muscolo contratto è meno flessibile ma può
assorbire più energia.
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Un secondo concetto è relazionato al fatto che la lunghezza del sarcomero in
un muscolo attivo è differente. Importante durante l’attività del muscolo poiché in un
sarcomero allungato al punto che i filamenti di actina e miosina non sono più
sovrapposti, la forza che viene assorbita danneggia le fibre. Per cui un muscolo
flessibile può essere irrilevante per i traumi dal momento che la perdita della capacità
di assorbire forza a causa del sovra-allungamento dei sarcomeri è più rilevante.
Un ultima osservazione potrebbe essere quella che l’incremento del ROM con
esercizi di stretching sia dovuto solo ad una maggiore tolleranza all’allungamento. Nel
senso che lo stretching non migliora la flessibilità ma appunto, solo, la tolleranza
all’allungamento.
In conclusione, i risultati mostrano che esercizi prima e dopo una gara e/o
allenamento, non supportano il ruolo dello stretching come ausilio alla prevenzione
dei traumi.
S Turbanski – l’autore parte dagli effetti meccanici dello stretching, che
probabilmente limitano la capacità di produrre forza. Questa ipotesi e supportata da
molte ricerche, in quanto dopo lo stretching si presenta una diminuzione della
stiffness dell’unità muscolo-tendinea.
Con stiffness intendiamo la rigidità del muscolo, intendendo con essa lo sforzo
di un muscolo rapidamente allungato di riaccorciarsi di nuovo, come è noto questa
forma di contrazione è definita ciclo allungameto-accorciamento (SSC).
Anche l’elettromiografia (EMG) ci permette di rappresentare l’attività
muscolare durante i movimenti e anche con questo metodo si possono provare gli
effetti negativi dello stretching, che si manifestano in una minore attività EMG, che , a
sua volta fornisce informazioni su una minore attività muscolare e riflessa.
Da considerare, secondo l’autore, che gli effetti negativi dello stretching
possono essere compensati da contrazioni massime finali. Inoltre, va rilevato che gli
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effetti negativi dello stretching cessano dopo un periodo di tempo relativamente
breve, perciò la riduzione della prestazione è più evidente immediatamente dopo
l’esecuzione dello stretching stesso.
L’autore prende in esame alcune ricerche facendone un quadro riassuntivo sui
risultati dello stretching statico sulla prestazione.
Obiettivo della ricerca
Risultato
Confronto dell’effetto di metodi diversi di
riscaldamento sulla prestazione di salto verticale
(Henning, Podzielny 1994)
Notevoli peggioramenti della prestazione
nell’altezza di salto dopo lo stretching
influenza dello stretching sulla capacità di
prestazione nei salti reattivi, nel Drop Jump
(Künnemayer, Schmidtbleicher 1997)
Riduzione dell’altezza di salto e rallentamento
del contatto al suolo
Effetti sulla forza reattiva dell’utilizzazione nel
riscaldamento di metodi di allungamento diversi
(stretching vs allungamento dinamico) (Begert,
Hillebrecht 2003)
Riduzione della prestazione di salto dall’8% al
10% (rilevata attraverso l’indice di reattività,
calcolato in base all’altezza di salto e il tempo di
contatto a terra)
Influenza di metodi diversi di riscaldamento sui
tempi di sprint su 35mt (Klee, Wiemann 1991)
Peggioramento medio di 0,14’’ dei tempi di
sprint dopo un programma di 15’ di stretching
Effetto di metodi diversi di riscaldamento sulla
prestazione di salto (Baum et al. 1990)
Le altezze minori di salto sono state registrate
dopo lo stretching
Effetto di riscaldamento dello stretching sulla
prestazione di salto (Wiemeier 2002)
Riduzione delle prestazioni dal 3,1% al 2,6%
Confronto tra stretching e rilassamento psicofisico
(Wiemeier 2003)
Dopo lo stretching, riduzione del 2,6%
dell’altezza di salto
Esame della forza massima (estensori e flessori
della gamba) dopo allungamento passivo statico e
attivo (Kokkonen et al. 1998)
Valori di forza dal 7,3% all 8,1% minori
Confronto dell’effetto di riscaldamento tra stretching
e contract-release-stretch (Young, Elliot 2001)
Rallentamento dei tempi di contatto, altezze di
salto minori dopo lo stretching
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Quanto detto finora porta alle tesi sullo stretching secondo l’autore e cioè: a)
gli esercizi di stretching eseguiti prima di prestazioni di forza veloce possono portare
ad un peggioramento delle prestazioni; b) non ci si può aspettare che lo stretching
abbia un effetto di prevenzione dei traumi; c) nel programma di riscaldamento degli
sport che dipendono dalla forza veloce gli esercizi dinamici di allungamento vanno
preferiti a quelli di stretching; d) se si usano esercizi statici di allungamento, subito
dopo e prima che inizi la gara, a essi debbono fare seguito movimenti che prevedono
contrazioni massimali.
A Zakas, G Doganis, C Galazoulas, E Vamvakoudis – l’obiettivo dello studio
era quello di esaminare gli effetti dello stretching statico acuto sulla produzione
isocinetica del peak torque e sul ROM del ginocchio in giovani calciatori.
Sedici talentuosi calciatori di sesso maschile parteciparono allo studio con un
età media di 13,0 ± 0,5 anni; altezza di 158,7 ± 4,3 cm; peso 50,4 ± 5,0 Kg e con 4,0
± 0,5 anni di allenamenti alle spalle di calcio. Nessuna patologia a carico dei sistemi
muscolo-scheletrico e neurologico diagnosticati.
Il protocollo consisteva in due sessioni non consecutive, tutti i ragazzi
eseguivano due protocolli di stretching statico di differente durata del muscolo
quadricipite e test isocinetico a diverse velocità angolari (30°/s, 60°/s, 120°/s, 180°/s,
300°/s) dello stesso gruppo muscolare (quadricipite). La prima sessione era eseguita
per 3 volte per 15 secondi (3 X 15’’) e la seconda sessione per 20 volte per 15
secondi (20 X 15’’). Gli esercizi di stretching per entrambi i protocolli consistevano in
allungamenti statici del muscolo, mantenuto per 15 secondi nella posizione di
massimo allungamento. Questa posizione di massimo allungamento era la posizione
terminale nella quale i partecipanti sentivano l’allungamento senza dolore.
Nella prima sessione, ogni partecipante eseguiva esercizi di stretching statico
senza assistenza esterna, in posizione eretta con una mano contro un muro per non
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perdere l’equilibrio. Quindi, i ragazzi flettevano l’arto dominante ad un angolo del
ginocchio di 90°. La mano dello stesso lato afferrava l’anca della gamba flessa e il
piede alzato in modo tale che il tallone si avvicinava ai glutei. Alla fine
dell’allungamento, la gamba ritornava in posizione neutrale per 15 secondi per poi
allungarla di nuovo per altre due volte.
La seconda sessione consisteva in due attività di stretching statico dello
stesso gruppo muscolare. Il primo (3 X 15’’) constava di un allungamento senza
assistenza (come la prima sessione) e il secondo (17 X 15’’) con assistenza passiva
allo stretching, per un totale di 5 minuti (20 X 15’’).
In conclusione, lo studio mostrava che 15 secondi di stretching statico, ripetuto
per 3 volte, non causava significanti perdite del peak torque isocinetico sia a basse
che ad alte velocità angolari.
Di contro, lo stretching statico eseguito per 5 minuti (seconda sessione),
causava significanti perdite nella produzione concentrica del peak torque a tutte le
velocità angolari.
Entrambe
le
sessioni
incrementavano
significativamente
il
ROM
dell’articolazione.
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T Little, AG Williams – gli autori esaminano gli effetti di differenti tipi di
stretching durante il riscaldamento per eseguire, dopo, alte velocità di azioni
importanti nel gioco del calcio.
Presero parte 18 calciatori professionisti testati con: contromovimento jump
(CMJ), 10mt sprint, 20mt sprint lanciati e prestazione di agilità (?) dopo differenti
riscaldamenti: stretching statico, stretching dinamico e nessun tipo di stretching.
Statico
Dinamico
No stretch
CMJ (cm)
39,4 ± 4,5
40,2 ± 4,5
40,4 ± 4,9
10mt (sec)
1,85 ± 0,08
1,87 ± 0,09
1,83 ± 0,08
20mt/L (sec)
2,37 ± 0,12
2,37 ± 0,13
2,41 ± 0,13
Agilità (sec)
5,22 ± 0,18
5,14 ± 0,17
5,20 ± 0,16
Dalla tabella dei risultati dello studio dei due autori, ci appare che lo stretching
statico non sia nocivo per le prestazioni di “alte velocità” quando incluso in un
riscaldamento di calciatori professionisti.
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Comunque, sottolinea l’autore, lo stretching dinamico durante il warm-up
risulta più efficace come preparazione alla prestazione del gioco del calcio.
E Witvrouw, N Mahieu, L Danneels, P McNair – gli autori, in questa review,
studiano il ruolo dello stretching partendo dal lavoro meccanico dell’unità muscolotendinea (Umt) durante i movimenti.
I sistemi muscolo-tendinei possono generare forze in due distinte vie: a) come
forza elastica tipo “molla” nel movimento di allungamento-accorciamento (durante i
balzi per esempio); e b) come convertitore di energia metabolica nel lavoro
meccanico tipico delle contrazioni concentriche (il nuoto e lo jogging per esempio).
L’Umt può immagazzinare lavoro meccanico come energia elastica durante
contrazione eccentrica. L’immagazzinamento e il successivo rilascio di energia
elastica durante il ciclo di allungamento-accorciamento (SSCs) è stato generalmente
considerato come un meccanismo “economizzatore d’energia”.
La flessibilità dell’Umt concede più immagazzinamento e rilascio dell’energia
elastica in serie, ma sembra meno adatto per lavori con una predominanza di lavoro
ciclico positivo.
Wilson et al. nei loro studi definivano che la rigidità Umt era significativamente
relazionata alle prestazioni concentriche ed isometriche ma non alla prestazione
eccentrica. Questa rigidità (denominata stiffness), trasmette più velocemente le forze
alle ossa e di conseguenza, i movimenti risultano più rapidi.
Di contro troviamo però che in sport con un alta intensità di SSC, una buona
flessibilità dell’Umt può essere richiesta per l’immagazzinamento e il rilascio di
energia elastica.
Da qui, il transitorio o cronico incremento della flessibilità del tendine come
adattamento allo stretching, teoricamente, caricherà ad una più alta abilità del tendine
ad assorbire energia. Per cui, in casi di alta intensità di movimenti di SSC la più alta
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capacità di assorbire energia da parte del tendine si riverserà nel più basso rischio di
traumi muscolari.
Altri autori, Ekstrand et al., studiarono un gruppo di calciatori professionisti,
che in una routine di riscaldamento e stretching prima della gara, protezioni della
gamba (credo si riferisse ai parastinchi), scarpe speciali, taping alla caviglia,
riabilitazione controllata e supervisione accurata avevano diminuito del 75% i traumi
rispetto al gruppo di controllo, che non ricevevano nessun tipo di intervento.
Gli stessi autori, ipotizzavano quindi, che un riscaldamento con più enfasi sullo
stretching riducevano il rischio di traumi.
CONSIDERAZIONI
Come possiamo notare dalla letteratura presentata, non esiste la verità o
meglio, una verità sullo stretching. Sicuramente quella di cui ho parlato è solo una
minima parte di ciò che possiamo trovare nelle varie MEDline su internet, ma già
questa ci fa capire che passerà ancora del tempo fino a quando qualcuno possa darci
delle linee guide su cosa fare o non fare.
Molto lavoro (secondo me) si dovrebbe indirizzare sui recettori muscolari e
tendinei, i fusi neuromuscolari e gli organi del Golgi, perchè se parliamo di
“sensazioni”, allora, loro sono gli unici che potrebbero dirci qualcosa in più.
È sicuramente vero, che, tutto dipende molto da quale tipo di sport si pratica e
fino a che grado di flessibilità o stiffness muscolare hanno bisogno i nostri atleti.
Nei miei allenamenti, utilizzo molto poco lo stretching analitico, preferisco
sempre lo stretching globale (per tornare al discorso delle catene muscolari...) a fine o
ad inizio allenamento. A modo mio, credo, di poter risolvere molto di più su questa
linea, specie su calciatori che tutto sono tranne armonici tra i vari gruppi muscolari.
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Dovremmo comunque capire se quello che fanno i calciatori durante il
riscaldamento possa, in qualche modo, avvicinarsi ad una pratica vera e propria di
stretching (controllo della respirazione...), o solo un grande fattore di ordine
psicologico, perchè se fosse così, allora non ci dovremmo nemmeno preoccupare
con quale grado il nostro calciatore possa perdere forza durante l’incontro.
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BIBLIOGRAFIA
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stretching duration on isokinetic peak torque in pubescent soccer players”.
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