Secchi S-F

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Scienza e Fede in P. Secchi
Grottaferrata
ott. 2009
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Di P.Sabino Maffeo, s.j.
A dire il vero, il discorso su come p. Angelo Secchi, (e con lui qualunque altro
scienziato credente) ha vissuto (o vive) il rapporto scienza-fede potrebbe esaurirsi molto
semplicemente dicendo: il fatto stesso che egli era un vero credente e un vero scienziato
dimostra da solo la perfetta compatibilità tra scienza e fede. I problemi di incompatibilità
nascono solo quando alla scienza o alla fede si attribuiscono ambiti che non
appartengono ai loro campi specifici.
Nel caso del p. Secchi però, la pacifica coesistenza di scienza e fede è messa in
particolare evidenza dalla grande apertura e libertà di spirito che egli mostrò nei riguardi
delle nuove idee che al suo tempo si facevano strada sia nel campo della fisica che in
quello della biologia, ed è interessante notare come, nel presentare queste nuove idee,
egli non trascuri mai di menzionare come, all’origine di tutto, ci sia sempre Dio creatore,
causa Prima di tutte le cose.
Per quanto riguarda il campo della fisica egli espose con entusiasmo le nuove idee
pubblicando “L’Unità delle forze fisiche - Saggio di filosofia naturale”.
Il p. Secchi presenta il volume dicendo: In quest’opera io non ho la pretensione di
creare una novella filosofia della natura, ma solo di esporre quella che oggidì va
prevalendo dietro lo studio dei fenomeni.
.... Il risultato fondamentale della nostra analisi si formula in poche righe. Tutte le
tendenze astratte, le qualità occulte dei corpi, i numerosi fluidi immaginati fin qui col
proposito di spiegare gli agenti fisici, debbono essere banditi dal dominio della
fisica, perché tutte le forze della natura dipendono dal moto della materia
ponderabile e della materia imponderabile o etere.
E a conclusione dell’opera: Ma l’investigare questi principii e il ravvisare queste
cause dirette de’ fenomeni non dispensa dalla causa Prima, dalla cui sola volontà
dipende la prima limitazione delle azioni in intensità e direzione definita. L’uomo
non può far altro che indagare quella prima volontà del Creatore da cui come effetto
mediatamente dipende tutto ciò che si presenta al suo sguardo. Se tanto più rifulge
l’abilità di un artista quanto più semplice è il suo principio di azione o quanto più si
dispensa dall’intervento della mano che lo introdusse, altrettanto sarà da dirsi
dell’opera dell’Eterno Artefice.
Questa pubblicazione procurò al p. Secchi non pochi dispiaceri e amarezze. Ci fu
infatti chi, anche tra i suoi confratelli gesuiti, vide in essa delle tendenze di carattere
filosofico ritenute pericolose per l’ortodossia della fede cattolica. Non bastava che il p.
Secchi venisse osteggiato, perché prete e gesuita, da laicisti anticlericali e massoni, ma
dovette difendersi anche da cattolici ultraconservatori e intransigenti.
Le parole che seguono con le quali p. Secchi si difendeva da questi attacchi,
dimostrano la sua grande apertura mentale che faceva di lui un precursore dei nostri
tempi.
Mentre alcuni vedono l’incredulità e l’ateismo nei
miei scritti, altri vi vede invece un’esaltata teologia
che falsifica la fisica per appoggiare la bibbia [...]. Chi
si
lamenta di non trovarvi le scoperte che aspettava,
chi non vi trova la fisica di S. Tommaso. A questi
dirò solo che la fisica dopo S. Tommaso ha
camminato un poco, e che se S. Tommaso fosse stato
a’ tempi nostri, non avrebbe adottato la fisica che
adottò ma avrebbe preso quella adesso in uso nelle
scuole ai tempi nostri, come allora prese quella in
uso al tempo suo. [...] Coi suoi progressi però la
scienza non è arrivata a fare a meno di Dio, né
quelli che speravano che la scienza vi arrivi
avranno mai, né essi né i loro successori, questo.
Leggendo queste parole non possono non venire in mente concetti simili espressi
da Giovanni Paolo II nell’importante messaggio sul rapporto tra scienza e fede che egli
inviò, nel 1988, al p. George Coyne, S.J., Direttore della Specola Vaticana, alla chiusura
del convegno tenutosi a Castelgandolfo in occasione del 300° anniversario dei
Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton:
“Il problema è urgente. Gli sviluppi odierni della scienza provocano la teologia molto più
profondamente di quanto fece nel tredicesimo secolo l’introduzione di Aristotele nell’Europa
occidentale. Inoltre questi sviluppi offrono alla teologia una risorsa potenziale importante.
Proprio come la filosofia aristotelica, per il tramite di eminenti studiosi come s. Tommaso
d’Aquino, riuscì finalmente a dar forma ad alcune delle più profonde espressioni della
dottrina teologica, perché non potremmo sperare che le scienze di oggi, unitamente a tutte le
forme del sapere umano, possano corroborare e dar forma a quelle parti della teologia
riguardanti i rapporti tra natura, umanità e Dio?
La stessa apertura il p. Secchi dimostra in campo biologico nei confronti di quella
che, al suo tempo, era la nuovissima teoria di Darwin sull’evoluzione dei viventi. Secchi,
da uomo di scienza, non condivideva l’ipotesi evoluzionista poiché non ne vedeva le
prove chiare ed evidenti: tuttavia si mostrava molto aperto per quei tempi in quanto non
la escludeva a priori. Ecco che cosa si legge a proposito nelle sue “Lezioni di Fisica
Terrestre”:
L’idea delle successive trasformazioni prese con debita moderazione non è punto
inconciliabile colla ragione. Infatti ove non si voglia tutto eseguito per pure forze innate e
proprie della materia bruta, ma si ammette che queste forze non d’altronde derivassero che
dalla cagione prima che creò la materia, e ad essa diede la potenza di produrre certi effetti,
non vi è nessuna intrinseca repugnanza per credere che, fino a tanto che non interviene
nessuna forza nuova, possano svilupparsi certi organismi in un modo piuttosto che un altro,
e dar origine così a differenti esseri.
Nella vita di p. Secchi fede e scienza non furono semplicemente compatibili, ma
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l’una fu di stimolo per la crescita dell’altra. Se, in più di un’occasione, egli manifesta la
sua ferma convinzione dell’esistenza di vita intelligente anche in altri mondi, ciò è
dovuto al modo come egli, contemplando la natura e riflettendo sui risultati della
scienza, non poteva fare a meno di considerare, alla luce della fede, il loro significato più
profondo.
Il p. Secchi manifestò con chiarezza questa sua impostazione di vita fin dall’inizio
della sua chiamata a dirigere il nuovo osservatorio del Collegio Romano: ecco infatti
come si espresse riguardo alla missione che gli era stata appena affidata:
“Religioni et Bonis Artibus” è il motto che volle scolpito in fronte a questo collegio il suo
fondatore a provare col fatto che la vera fede non è ostile alla scienza, ma che ambedue sono
raggi di uno stesso Sole diretti ad illuminare le nostre cieche e deboli menti alla via della
Verità. Senza quest’alto scopo, tali studi sono una mera curiosità, e spesso solamente
fruttiferi di pene o almeno di non rimunerate fatiche. Il pensare quanto sia magnifico il
manifestare le opere del Creatore è uno stimolo che sprona anche quando vien meno ogni
altro eccitamento; questo solleva la mente sopra la materialità delle cifre, e forma di queste
fatiche un’opera sublime e divina. A chi contempla il cielo, ..... gl’inonda il cuore un dolce
senso di gioia in pensare a que’mondi senza numero, nei quali ogni stella è un sole benefico
che, ministro della Divina Bontà, sparge vita e giocondità su altri esseri innumerabili
riempiti della benedizione della mano dell’Onnipotente, e al vedersi far parte di quel
privilegiato ordine di creature intelligenti che, dalla profondità dei cieli, sciolgono un inno di
lode al loro fattore. Possa l’augusto concetto che mercé della moderna scienza il creato
c’ispira della Divina Potenza, Immensità, e Bontà, sublimare i nostri affetti e desiderii, e
togliendoli dalla piccolezza di questa vita meschina indurli a cercare la loro piena
soddisfazione soltanto in Colui che è solo fonte puro e perenne di ogni felicità.
Andando avanti negli anni il p. Secchi maturò sempre più la convinzione che la
scienza è dono di Dio: un dono che va invocato con la preghiera al fine di comprendere
l’opera creatrice di Dio e glorificarne la grandezza: Ricorriamo dunque al Signore di tutte le
scienze .... e in special modo alla SS. Persona della SS. Trinità a cui è specialmente per
appropriazione attribuito il rischiarare il nostro intelletto, ricorriamo a Lui perché ci
illumini giacché noi non vogliamo questa intelligenza per nostra vanità ... Perché da questa
cognizione di Lui e delle sue opere noi impariamo ad amarlo e servirlo.
Mi piace concludere con le parole di Ileana Chinnici: In un momento storico nel
quale la cultura e l’opinione pubblica sperimentavano quel divario tra scienza e fede che
avrebbe incontrato anni marcatamente polemici fra fine Ottocento e primo Novecento,
Secchi ha la consapevolezza di incarnare una sintesi tra lo scienziato e l’uomo di fede; egli
si rende conto dell’importante valore della sua testimonianza, egli che - come scrissero il p.
Ferrari e il fr. Marchetti, suoi stretti collaboratori, nel suo elogio funebre - «in tutta la
sua vita e carriera scientifica altro non aveva cercato che l’onore e la difesa della Chiesa
Cattolica, mostrando ad evidenza come ben si possono congiungere la Scienza e la Cristiana
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Pietà».
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